Udienza 5 dicembre 1893; Pres. Ciampa P. P., Est. La Volpe; D'Aquino c. CrispiSource: Il Foro Italiano, Vol. 19, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1894), pp. 307/308-309/310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23099169 .
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307 PARTE PRIMA 308
sposizioni, mentre con l'art. 583 vieta le luci e finestre anche con invetriate fisse, e nell'articolo
seguente queste permette, ripetendo novellamente
le parole di luci e finestre con invetriate fisse, nel
586 poi avrebbe ritenuto bastevole di statuire ge nericamente il divieto di aperture per ricever luce
senza aggiungervi come nel 583 anche se munite
di ferriata od invetriata fissa e poste all'altezza
dinotata nell'art. 585. Questa differenza di locu
zione non può ritenersi certo un incosciente oblìo, ma sibbene indetta al fine di dinotare che in que sto caso, come nello identico contemplato dal 584, non si vollero permettere luci libere, ma condizio
nate con cancelli ed invetriate fisse e porle ad
altezza che impedisse qualsiasi visuale nel fondo del
vicino.
Ad ogni modo, trattandosi di disposizioni restrit
tive, non è dato ai giudici di ritenerle dove la
parola espressa dalla legge non dichiari le limita
zioni o divieti.
Egli è vero che la dottrina e la giurisprudenza non sono su questa quistione uniformi ; ma trattan
dosi di interpretare una disposizione non del tutto
chiara, è meglio intenderla nel senso razionale, che non valga cioè a privare un proprietario di
un diritto sulla sua cosa esercitato per modo che
non leda i dritti uè gl'interessi del vicino, a cui,
sempre che voglia fabbricare appoggiando sul muro
del vicino, è concesso il dritto di chiudere quelle
aperture, praticate solo per aver luce, non per
guardare nel fondo del vicino. E poiché a que sto modo la Corte di merito ha inteso di inter
pretare il suddetto art. 586, così anche l'ultimo
mezzo del ricorso va respinto. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.
Udienza 5 dicembre 1893; Pres. Ciampa P. P., Est.
La Volpe; D'Aquino c. Crispi.
Spese giudiziali — Onorari d'avvocato — Ordi
nanza presidenziale — Opposizione — Termi ni (Cod. proc. civ., art. 379, 476).
Il termine per fare opposizione all' ordinanza pre sidenziale che liquida gli onorari di avvocato a
tenore del disposto dell'art. 379 cod. proc. civ.
è quello stesso stabilito per fare opposizione alle
sentenze contumaciali. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché il cav. Francesco
Crispi, previo parere del Consiglio dell'ordine de
gli avvocati, ottenne dal presidente della Corte d'ap
pello di Traili decreto di tassazione dell'onorario
dovutogli dal proprio cliente conte Francesco D'A
quino, con ordine di pagamento entro trenta giorni. Siffatto decreto fu notificato al D'Aquino il 31
ottobre 1892 in mano propria, e l'opposizione ven
ne proposta nel dì 22 novembre, vale a dire oltre
il ventesimo giorno prescritto nell'art. 476 cod.
proc. civ. per fare opposizione a sentenza contu
maciale, tenuto calcolo della distanza.
La opposizione è stata dichiarata inammissibile, perchè proposta fuori termine, ritenendosi applica bile la disposizione contenuta nell'art. 476. Av verso di questa sentenza è ricorso da parte del
conte D'Aquino.
Attesoché coi primi due mezzi il ricorrente so
stiene di essersi illegalmente pronunziata l'inam
messibilità dell'opposizione proposta, perchè il de
creto che emette il presidente, in conformità del
l'art. 379 cod. proc. civ., non ha nulla di comune
colle sentenze contumaciali, e quindi male s'invoca l'art. 476 per determinare il termine entro il quale l'opposizione deve essere proposta.
Attesoché è ben vero che il decreto anzidetto non possa considerarsi come sentenza contumaciale, mancando l'esistenza d'un giudizio, e l'opposizione che la legge consente nel citato art. 379 non possa definirsi opposizione a sentenza contumaciale quan do la sentenza contumaciale non esiste.
Ma è pure vero che il legislatore per un deter minato caso può dettare le norme a seguirsi, sia
specificandole come nell'art. 477 cod. proc. civ., sia riferendosi a quelle stabilite per un caso affine o
anche diverso, quando le reputi adeguate al caso
specifico, poiché l'unico intendimento è quello di
evitare una inutile ripetizione. Ora l'art. 379 ha
appunto per iscopo di determinare quali effetti in
tende attribuire al decreto in esso contemplato, e
nel mentre dichiara che « il provvedimento ha for
za di sentenza spedita in forma esecutiva», sta
bilisce in quali forme debba proporsi l'opposizione; il che importa che l'articolo medesimo attribuisce al provvedimento gli effetti d'una sentenza oppo nibile. E siccome soltanto le sentenze contumaciali
sono opponibili, il risultato è che la legge vuole
adottare, pel provvedimento in questione, le nor
me prescritte per le sentenze contumaciali in rap
porto alla esecutorietà ed alla opponibilità. Quindi il provvedimento non può essere eseguito durante
il termine per proporre opposizione a norma del
l'art. 475, qualora il termine stabilito pel pagamen to sia più breve, ed il termine per le opposizioni debba essere regolato dagli art. 476 e 477. Onde
chè l'articolo è completo e non offre lacuna di sor
ta sul termine per l'opposizione, quando nel risul
tato dà al provvedimento del presidente gli effetti
di una sentenza opponibile, spedita in forma ese
cutiva.
(1) V. in senso conforme la stessa Cassazione di Napoli 14 agosto 1892 (Foro it., 1893, I, 75) con nota in cui sono rias sunte le diverse opinioni relativo a questa dibattuta que stione.
Per la giurisprudenza posteriore vedi Cass. Roma 14 dicembre 1893 {retro, col. 65), ohe confermando la sua prece dente giurisprudenza ritenne ohe si può fare opposizione all'ordinanza presidenziale che tassa gli onorari di avvo cato fino a che essa non sia eseguita.
La sentenza della Corte d'appello di Trani 10 marzo 1893, ora confermata dalla Cassazione di Napoli, può leggersi nella Oiurispr. it., 1893, I, 1, 222.
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
L'opinione che ammette l'opposizione fino all'at
to di esecuzione manca di un principio, poiché o
si fonda sull'art. 477 cod. proc. ci v., ed allora si
estende arbitrariamente ad altro caso esplicitamen
te contemplato e regolato nell'art. 476, o si ricor
re alle norme stabilite in genere pei titoli esecutivi
negli art. 579 e 660 cod. proc. civ., e allora si con
fonde l'opposizione al precetto coll'opposizione al
titolo, in forza del quale può procedersi al precet
to (vedi art. 580 cod. proc. civ.). 1 principi svolti
innanzi sono stati costantemente seguiti da questo
supremo Collegio, ed i giudici di merito, essendo
visi confermati nella sentenza denunziata, hanno
fatto giusta applicazione della legge.
Per questi moti vi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 29 gennaio 1894; Pres. Cesarini P. P., Est.
Salucci, P. M. Manfredi; Foppiano Portolani
(Avv. Brini, Taranti) c. Farina (Avv. Puccioni).
Donna maritata — Sdebito del marito — Kspro
missione — Autorizzazione giudiziale (Cod. CÌV., art. 134, 136).
Per Vespromissione di un debito del marito non b
necessaria alla donna maritata l'autorizzazione
giudiziale. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché il ricorso sostiene che
l'obbligazione eccei ita di nullità è una espromis sione od una donazione, e così un atto per impli cito necessario, virtuale, inchiuso nell'art. 134, ed
ivi espressamente vietato. Ammette che non si trat
ti di un mutuo passivo, non avendo la ricorrente
ricercato né ricevuto denaro; per cui è da vedere
se il rilascio del vaglia all'ordine del Farina abbia
gli elementi di una donazione a favore del marito, e se la espromissione rientri nel divieto espresso di
costituire sicurtà.
Il fatto clie la moglie obbligandosi a dimettere
e pagando poi il debito del marito, rimane di lui
creditrice e può esercitare l'azione surrogatola de
in rem verso o negotiorum gestorum, elimina l'ipo tesi della donazione, la quale a senso anche del
l'art. 1050 cod. civ. spoglia attualmente ed irre
vocabilmente il donante della cosa donata in fa
vore del donatario. B quindi, ristretta la quistio
ne a decidere se la espromissione semplice della
donna maritata sia un atto vietato alla pari della
fideiussione, occorre di ricordare che l'autorizzazio
ne giudiziale non è richiesta per tutti gli atti che
presentano un conflitto d'interesse fra moglie e
marito, ma per quelli soltanto che la moglie non
può porre in essere ex se, senza l'intervento o as
senso maritale, mentre per gli atti non ricordati
nell'art. 134 la donna è libera e capace di obbli
garsi a favore del marito, anche mutuando al me
desimo i propri denari, [n conseguenza la viola
zione dell'art. 136 può sussistere solo quando l'atto
compiuto dalla donna maritata sia uno di quelli che
non può fare senza il consenso del marito. Ora, la
vera e propria espromissione, per la quale a senso
dell'art. 1267 n. 2 cod. civ. resta liberato l'origi nario debitore mediante la novazione soggettiva senza delegazione, si perfeziona senza il consenso ed
intervento del debitore, e si opera anche suo mal
grado coll'accordo soltanto del creditore e del nuo
vo obbligato, per cui differisce dalla fideiussione, alla
quale può essere parificata negli effetti eventual
mente dannosi. Ma di questi non si può tener conto
Dell'intendere ed applicare una disposizione ecce
zionale, che contiene delle norme restrittive del li
bero esercizio dei diritti e della eguaglianza civile.
Che il disposto dell'art. 134, limitativo della capa cità della donna maritata, sia eccezionale, non se
ne può dubitare, avendo il codice italiano ricono
sciuto soggettivamente capace a tutti gli atti ci
vili la donna, salvo i casi riservati ed espressi per l'interesse esclusivo dell'unione coniugale negli art.
134, 1101 e 1743 cod. civ. E si sa che la legge eccezionale o di gius singolare, la quale dispone con
specialità, deve strettamente interpretarsi e non
si può estendere oltre i confini delineati dalla let
tera, che stabilisce e designa i casi e i modi delle
eccezioni, impedendo cos'i ogni estensi va interpreta zione da caso a caso, e di supplire alle tassative di
sposizioni per ragioni di equipollenza o di pregiudizi ed inconvenienti contingibili. E l'applicazione lette
rale dell'art. 134 è imposta dall'art. 4 disp. prelim, cod. civ., in cui è ricordato che le leggi restrittive
del libero esercizio dei diritti non si estendono oltre
i casi in esse espressi. E poiché il codice riconosce il
principio della capacità della donna, l'art. 134, che
la limita in certi e determinati casi, non può essere
applicato ai casi omessi. Altronde la giurisprudenza
ritenendo tassativo il disposto dell'art. 134, ha sta
bilito che alla donna maritata non occorre l'auto
rizzazione del marito per fare mutui attivi, come
le è necessaria per creare i mutui passivi, in mo
do che può mutuare allo stesso marito senza l'au
torizzazione giudiciale i propri capitali; per cui, se si
vuol guardare agli effetti, più che agli elementi co
stitutivi dell'una o dell'altra obbligazione, la espro
missione, che si vorrebbe vietata, potrebbe pari
ficarsi al mutuo attivo, escluso dal divieto e non com
preso fra gli atti enunciati tassativamente nell'art.
134. Tutto ciò persuade della esclusione dell'espro
(1) Conformi: App. Torino 20 dicembre 1886 (Foro it., Rep. 1887, voce Donna maritata, n. 8); App. Casale 18 marzo 1886 (id., Sep. 1886, voce predotta, n. 10); Cass. Torino 14 luglio 1885 (id., Rep. 1885, stessa voce, n. 6) e 18 febbraio 1884 (id., 1884, I, 566).
Contr.: App. Genova 15 febbraio 1882 (Foro it., Rep. 1882, voce Donna maritata, n. 12).
Consulta pure: App. Torino 24 novembre 1888 (Foro it., 1889, I, 376) e la nota.
Sul principio affermato dalla Corte che l'opposizione di interesse non obbliga all'autorizzazione giudiziaria se per la validità dell'atto non sarebbe stata necessaria l'autoriz zazione maritale, veggansi: Cass. Palermo 22 settembre 1892 (Foro it., 1893, I, 219); App. Milano 5 maggio 1892 (id., 1.892, I, 921); App. Macerata 15 dicembro 1885 (id., 1886, I, 353), e le rispettive note.
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