Udienza 9 aprile 1888; Pres. Grimaldi, Est. Massimo; Banca Nazionale (avv. Berardi) c. BancaLomellina (avv. Cagnola)Source: Il Foro Italiano, Vol. 13, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1888), pp. 565/566-567/568Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23098756 .
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565 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 566
prova del perdurare del loro debito, dappoiché la pro nueia del tribunale, dichiarativa e non attributiva d1
diritti, come è di poter suo, non varrebbe a far sor
gere obbligazione che non esistesse.
Attesoché quanto fu detto del modo d'essere e della con
dizione giuridica della società anonima dimostri anche
errata la tesi accolta dalla sentenza denunciata, che, cioè, se non il fatto del fallimento, certamente il susseguito concordato debba addurre per effetto la risoluzione
dell'obbligazione degli azionisti per quanto è dei deci
mi non ancora versati. Infatti, se chi, in persona pro
pria e senza impegnare quella dei soci, contrae, falli
sce e concorda coi creditori è la società anonima; se
l'azionista, qualunque cosa avvenga, per l'intiera quota assunta verso la società, ha veste di debitore e nulla
più che di debitore dell'anzidetto determinato ammon
tare (imperocché la ragione corrispettiva di credito
per partecipazione proporzionale negli utili sorge so
lamente col verificarsi di lucri), è logico e rigorosa mente giuridico il dedurne che il concordato concluso
dalla società e nell'interesse della società coi creditori
non tocca per nulla ai rapporti intercedenti tra essa
ed i proprii azionisti, e nulla innova o può innovare
rispetto al debito che essi tengono verso la medesima, a quel modo che nulla immuta riguardo ad ogni altro
qualunque debitore della fallita.
Né è a dire che di tale maniera il concordato torni
illusorio per gli azionisti, valendo esclusivamente a
liberazione della società; perchè mentre anzitutto il
concordato per sò non è che un modo di accomoda
mento per transazione tra i creditori ed il fallito, e
di conseguenza non può contemplare che le due parti fra le quali intercedano cotali rapporti diretti di di
ritto; può dipendere poi unicamente dalle condizioni
varie, nelle quali in ogni singolo caso versi una società
concordataria per quanto è di continuazione, cessione
o liquidazione dell'impresa, l'utile o il danno maggiore o minore degli azionisti, non già in quanto debitori
del capitale assunto ed a liberazione di diritto delle
insolute quote relative, ma in quanto bensì hanno in
teresse nella società come partecipi (se ne avanzino) dei profitti e di una quota porzione del capitale so
ciale allo sciogliersi della società.
Per questi motivi, cassa ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 9 aprile 1888; Pres. Grimaldi, Est. Massimo;
Banca Nazionale (avv. Berardi) c. Banca Lomellina
(avv. Cagnolaj.
Fallimento - Ipoteche giudiziali dopo la cessazione
dei pagamenti - Validità (Cod. COHim., art. 709).
Le ipoteche giudiziali iscritte dopo la cessazione dei
pagamenti, ma prima della dichiarazione di fal
limento, in forza di sentenze ottenute nello stesso
periodo di tempo, non sono comprese nella pre sunzione di frode di cui all'art. 709 del codice di
commercio. (1)
La Corte ecc. — Considerato, che volendosi col nuovo
Codice di commercio temperare il disposto troppo as
soluto e rigoroso dell'art. 555 del codice del 1865, ed
in tal senso coordinare gli effetti della sentenza che
pronuncia il fallimento, si dichiararono nulli di pien diritto tutti gli atti eseguiti dal fallito posteriormente a quella sentenza, non che, rispetto alla massa dei cre
ditori, gli atti e le alienazioni a titolo gratuito ed i
pagamenti in qualsiasi modo operati per debiti non
scaduti, dopo la data della cessazione dei pagamenti; e dicendosi annullabili gli atti tutti ed in qualunque
tempo praticati, che si dimostrassero fatti in frode dei
creditori secondo la regola generale sancita dall'arti
colo 1235 e. c.,fu però stabilito riguardo a determinati
atti, contratti o fatti avvenuti nei 10 giorni anteriori
alla dichiarazione del fallimento doversi questi presu
mere per loro stessi come praticati in frode dei cre
ditori, oppure se avvenuti prima di quel tempo, ma
posteriormente alla data a cui si fosse fatta risalire la
cessazione dei pagamenti, doversi pure presumere frau
dolenti nel concorso di alcuna altre condizioni dalla
legge designate, salva ad ogni modo la prova contraria;
ed in ordine alle garanzie reali si volle doversi ravvi
sare come diretti a scopo di frode, in mancanza di una
prova contraria, i pegni, le anticresi, e le ipoteche co
stituite sui beni del debitore dopo la data della cessa
zione dei pagamenti, ma efficaci le iscrizioni ipotecarie
prese in virtù di un titolo riconosciuto valido purché
anteriore alla dichiarazione del fallimento (cod. comm.,
art. 707, 708, 709 e 710).
Ciò premesso si rende palese che la legge ebbe ad
occuparsi in modo speciale della validità degli atti in
cui all'art. 709 all'intento soltanto di reprimere ed ov
viare le frodi, giusta quanto risulta pure dalla rela
zione ministeriale sul detto codice alla Camera dei de
putati, coll'essersi in quei casi voluto invertire l'onere
della prova presumendosi la frode insita nell'atto per
la natura di esso, e per l'epoca in cui avvenne, mentre
di regola la presunzione è che l'atto sia valido, e tocca
a chi Io impugna per dolo o frode di darne la prova;
come pure ne viene che, sotto un tale aspetto, quella
disposizione di indole singolare non può avere una in
terpretazione estensiva, e qualora fosse escluso nei casi
da essa contemplati l'elemento della frode, a nulla mon
terebbe certamente che la condizione di un creditore
si trovasse migliore in confronto di quella di altri cre
ditori del fallito stesso, perchè, tolta quella presun
zione di frode, ognuno può usare dei propri diritti, e
provvedere alla tutela dei suoi interessi nei modi con
sentiti dalla legge.
Ora, sia riguardo al testo della mentovata disposizione
come allo spirito di essa, non può dirsi che nulle abb'ano
da considerarsi le ipoteche iscritte tra la data della ces
sazione dei pagamenti, e la dichiarazione del fallimento
se dipendente da sentenza emanata dentro quel periodo
con riferimento però, come nella specie in esame, ad un
titolo di credito, e più precisamente ad un effetto cam
biario rilasciato, e stato quindi protestato alla scadenza
avvenutane sia pure di qualche giorno soltanto prima
della data della cessazione dei pagamenti del Crotti,
(1) V. da ultimo in senso contrario la sentenza della Cass. di Napoli 39 gennaio 1888 già riportata in questo stesso fascicolo a col. 545.
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567 PARTE PRIMA 568
Col n. 4 del detto art. 709 si noverano fra gli atti
presunti fatti in frode dei creditori i pegni, le anti
cresi, e le ipoteche costituite sui beni del debitore nel
mentovato intervallo di tempo; ma, come ben vedesi,
dette espressioni non solo cumulativamente accennano
agli effetti di quelli atti, poiché tutti e tre li mede
simi importano un diritto reale sui beni del debitore, ma contemplano in complesso pure e con unica frase
il titolo di loro costituzione come ad un fatto volon
tario delle parti per cui si concede il pegno, e si co
stituisce l'anticresi e l'ipoteca, nè può quindi la crea
zione volontaria di cotali titoli riferirsi ad altro che
ad un atto o ad una dichiarazione acconsentita da chi
addiviene alla stipulazione del pegno o delle anticresi
o da chi costituisce l'ipoteca che non potrehba per ciò
essere quella giudiziale, perchè prodotta da sentenza, e quel che più monta non avente base nel consenso
delle parti, ma nella sola disposizione della legge. L'art. 555 del cessato codice di commercio stato mo
dificato e surrogato dall'art. 709 dell'attuale, volendo
rendere nulle le iscrizioni giudiciali dipendenti da sen
tenza non usava le espressioni: i pegni, le anticresi e
le ipoteche costituite, ma dopo avere fatto cenno del
pegno e delle anticresi costituite sui beni del debitore
soggiungeva riguardo all'ipoteca « sono anche nulle le
iscrizioni di ipoteca prese sopra i beni del medesimo
dopo il tempo della cessazione dei pagamenti o nei
dieci giorni precedenti » mostrando così non volersi
riguardare all'originaria causa dell'ipoteca, ma al so'o
fatto materiale della data in cui fu presa l'iscrizione.
Anche la disposizione dell'art. 446 cod. comm., franc,
sulla nullità di alcuni determinati atti anteriori al fal
limento, volendo comprendere l'ipoteca giudiciale, ne fa
un cenno speciale e distinto.
Siccome poi l'ipoteca convenzionale potrebbe venire
costituita per atto disgiunto da quello costitutivo del
credito, così era necessario, pel concetto a cui si in
forma quella modificazione introdotta dal nuovo codice
prevedere il caso in cui, sebbene il titolo del credito
non fosse colpito dalla presunzione di nullità per non
cadere in alcuno dei casi di cui è menzione nell'articolo
709, potesse però una tale presunzione colpire l'atto j costitutivo dell'ipoteca convenzionale; ma questa di
stinzione non sarebbe possibile per l'ipoteca giudiciale, la quale mai potrebbe presumersi nulla per ragione di
frode, senza aversi a presumere nullo per eguale ra
gione il titolo stesso originario del credito a cui si ri
ferirebbe la ricognizione fattasene colla sentenza, dato
pure che questa potesse pareggiarsi ad un semplice altro
atto qualsiasi di cui alii nn. 1 e 2, o all'ultima parte di detto articolo, sebbene non sia un atto che emani dalle
parti e non sia che dichiarativo del credito, imperocché
proposto in giudicio un credito se viene a negarsi la con
danna, od a cadere questa come provocata da collusione fra le parti, più non può dirsi validamente stabilito, e
risonosciuto il titolo costitutivo del credito stesso.
Ma cotali documenti neppure potrebbero confondersi
allo scopo di cui in detto articolo, giusta la mente del
legislatore, p:rchè la presunzione iuris et de iure di !
yerità inerenti alla sentenza col transito di questa in
cosa giudicata, rimane incompatibile con quella con
traria di frode contemplata dalla detta disposizione, nè
del resto sono rescindibili le sentenze per causa di col
lusione o dolo dei contendenti, salvo in forza di ap
posita disposizione preveduta dalla legge nei termini
e modi specialmente stabiliti per l'azione rivocatoria,
o la opposizione concessa ai creditori dall'art. 512 c.
p. c., al che niuna espressa eccezione fu fatta dall'art.
709 cod. comm.
E notisi che se la presunzione di frode può attri
buirsi ad atti determinati da cui resulta la data im
mediata dei rapporti giuridici che possono essere sorti
tra le parti, lo stesso non è per le sentenze, le quali
non sono che il complemento del giudicio, nè la legge
avrebbe lasciato di tenere pure speciale conto della
data di cotali atti giudiciali anteriori stante l'intrinseca
loro possibilità in ciascun caso ad avere un'influenza
maggiore o minore, od anche contraria alla presunzione di dolo ed all'uopo pure della cognizione che avesse
colui che promuove il giudicio nello stato di cessa
zione dei pagamenti in cui già si trovasse il convenuto
suo debitore.
La presunzione a priori della collusione e della
frode delle parti per le sentenze emanate tra loro non
potrebbe ad ogni modo ammettersi, come giustamente
si osservò nella denunciata sentenza al pari che per
gli altri atti o fatti, che di loro natura presuppongono
sempre il consenso o la volontà di chi li eseguisce,
giacché se può darsi che il fatto volontario di conni
venza fra creditore e debitore concorra anche per gli
atti giudiciali, e per le sentenze a cui danno luogo,
non è però egualmente facile e naturale di supporre
ciò mentre il più spesso accade che la condanna del
debitore si ottenga malgrado le costui strenue difese;
oppure che eg'i si renda contumace unicamente per
evitare maggiori spese sapendo di non avere valide
opposizioni od eccezioni a fare contro la domanda del
l'attore, cosicché manca ogni plausibile ragione per
dire che si siano volute contemplare le sentenze tra
gli atti o fatti di cui nel sovra citato art. 709, ed agli
effetti in esso indicati.
Resta quindi per le sentenze od atti giudiziali da os
servare la norma generale secondo cui spetta a chi
li impugna per collusione o frode il darne la prova,
come pure a lui toccherebbe di provare la nullità del
titolo di credito che fosse anteriore alla data della
cessazione dei pagamenti del fallito ove si credesse di
impugnarlo a mente dell'art. 1235 c. c., e per conse
guenza dovendosi allo stato degli atti ritenere la va
lidità del titolo o della sentenza in cui relazione e di
pendenza potè per legge prendersi l'iscrizione ipote
caria giudiziale sui beni del Crotti, quando non era
ancora dichiarato il di lui fallimento, vuoisi quella
iscrizione considerare operativa di effetto anche a senso
dell'art. 710 dello stesso codice predetto di commercio,
e deve respingersi la domanda di annullamento della
pronuncia che dei summentovati principii giuridici ebbe
a fare esatta e retta applicazione.
Per tali motivi, rigetta il ricorso proposto contro
la sentenza della Corte d'appello di Casale, 7 marzo 1887.
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