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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 12 aprile 1990; Cons. istr....

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ordinanza 12 aprile 1990; Cons. istr. Antonucci; Vailati (Avv. De Leo) c. Pezzuto (Avv. Spagnolo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 1553/1554-1557/1558 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185472 . Accessed: 28/06/2014 07:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.103 on Sat, 28 Jun 2014 07:33:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 12 aprile 1990; Cons. istr. Antonucci; Vailati (Avv. De Leo) c. Pezzuto (Avv. Spagnolo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1553/1554-1557/1558Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185472 .

Accessed: 28/06/2014 07:33

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

accordi sindacali in concreto non si erano verificate. Il fatto

che il tribunale aveva rilevato la mancanza di prove in ordine

al successivo regolamento concordato delle modalità di svolgi mento dei corsi di formazione professionale ed alla stessa effet

tuazione di tali corsi, traendone il convincimento che la pro

gressione in carriera era in realtà rimessa al semplice decorso

del tempo, si era risolto in una indebita inversione dell'onere

della prova. Peraltro — continua la ricorrente — il tribunale aveva omes

so di esaminare le predette questioni, rilevabili di ufficio, e di

motivare sulle stesse.

I motivi innanzi esposti, che, esprimendo censure strettamen

te connesse, conviene esaminare congiuntamente, sono, nel loro

complesso, infondati.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, l'art. 6 1. 30 di

cembre 1971 n. 1204 (sulla tutela delle lavoratrici madri) — il

quale stabilisce che i periodi di astensione dal lavoro ai sensi

degli art. 4 e 5 della stessa legge «devono esser# computati nel

l'anzianità di servizio a tutti gli effetti» — assicura alle lavora

trici madri una tutela più ampia di quella di cui all'art. 14 della

precedente 1. 26 agosto 1950 n. 860 e all'art. 2110 c.c., renden

do computabili i periodi di astensione obbligatoria a tutti gli effetti legali e contrattuali legati alla permanenza del rapporto di lavoro e, quindi, anche ai fini del passaggio alla categoria

superiore, ove l'acquisizione di questa sia collegata, secondo la

disciplina collettiva, alla semplice durata della prestazione lavo

rativa (cfr. Cass. 9 settembre 1981, n. 5061, Foro it., Rep. 1981, voce Lavoro (rapporto), n. 586; 6 dicembre 1984, n. 6448, id.,

Rep. 1984, voce cit., n. 641; 5 novembre 1987, n. 8131, id.,

Rep. 1988, voce cit., n. 875). Alla stregua della surriportata interpretazione della predetta

norma di legge, il contratto collettivo finiva per essere la fonte

costitutiva diretta del diritto alla promozione per il semplice decorso del tempo (cfr., espressamente in tal senso, Cass. n.

6448 del 1984, la cui interpretazione dell'art. 6 1. n. 1204 del

1971 è condivisa dalle sentenze Cass. n. 6879 del 10 agosto 1987,

id., Rep. 1987, voce cit., n. 533 e n. 9082 del 5 dicembre 1987,

ibid., n. 531). L'art. 3, 2° comma, 1. 9 dicembre 1977 n. 903 (sulla parità

di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro) — il

quale stabilisce che «le assenze dal lavoro, previste dagli art.

4 e 5 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, sono considerate, ai fini

della progressione nella carriera, come attività lavorativa quan do i contratti collettivi non richiedono a tale scopo particolari

requisiti» — ha, secondo la medesima giurisprudenza di questa

corte, carattere innovativo rispetto all'art. 6 1. n. 1204 del 1971

e la portata innovativa consiste nel fatto che la nuova norma

ha elevato a criterio legale generale, suscettibile di deroga ad

opera di previsioni difformi o diverse dei contratti collettivi,

ciò che nell'ambito della ratio dell'art. 6 1. n. 1204 del 1971

costituiva l'effetto di una eventuale specifica previsione del con

tratto collettivo, il quale, pertanto, nella nuova normativa, «si

è trasformato da diretta fonte costitutiva del diritto alla promo

zione, come era nella precedente normativa, in causa eventual

mente limitativa del diritto stesso, che ora trae la sua fonte dal

la legge» (cfr. Cass. 6 dicembre 1984, n. 6448; 10 agosto 1987, n. 6879 e 5 dicembre 1987, n. 9082).

E se è così — come non è contestabile, non essendovi motivo

alcuno per discostarsi dal suddetto orientamento giurispruden ziale — se cioè l'eventuale diversa previsione del contratto col

lettivo si pone e si configura come un fatto limitativo di un

diritto che deriva dalla legge, ne consegue che è il datore di

lavoro — il quale, invocando una diversa previsione contrattua

le, contesti il diritto della lavoratrice, nascente dalla legge, alla

promozione per il semplice decorso del tempo — ad avere l'o

nere di dimostrare l'esistenza di una pattuizione completa ed

operante, ai fini della realizzazione dell'ipotesi derogativa astratta

che l'art. 3 1. n. 903 del 1977 apporta alla regola generale, se

condo cui l'anzianità di servizio è efficace per la progressione nella carriera, e non già la lavoratrice — che tale diritto faccia

valere in giudizio — ad avere l'onere di dimostrare la mancata

concreta attuazione delle condizioni di praticabilità della diver

sa astratta previsione contrattuale e, quindi, la mancata realiz

zazione della causa limitativa del diritto stesso.

E da ciò, nel caso di specie, deriva che — per la rilevata

mancanza di prove del concreto verificarsi delle condizioni di

operatività della diversa astratta previsione contrattuale e della

Il Foro Italiano — 1991.

stessa organizzazione ed effettuazione dei corsi di formazione

professionale — è l'eccezione (in senso proprio) dell'Acea, con

venuta ed attuale ricorrente, a risultare basata su un assunto

indimostrato (in tal senso, Cass. 6 febbraio 1988, n. 1339, id.,

1988,1, 1132, e, anche se con una impostazione in qualche pun to diversa, Cass. 5 dicembre 1987, n. 9082. Con riferimento

alle sentenze citate nella memoria, il collegio osserva che si di

scosta dalle due sopra riportate solo la sentenza n. 8131 del

5 novembre 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 532; che ha ac

colto la tesi dell'Acea in ordine alla ripartizione dell'onere della

prova, anche se si deve rilevare che la soluzione risulta adotta

ta, con riferimento alle deduzioni delle ricorrenti, quali emerge vano dal ricorso introduttivo del giudizio e da altri atti difensi

vi, e non già con riguardo alla disciplina legislativa del diritto

in argomento contenuta nel 2° comma dell'art. 3 1. n. 903 del

1977. La sentenza n. 6879 del 10 agosto 1987, pure citata —

che accoglie il ricorso dell'Acea — in realtà valorizza una cen

sura concernente dei rilievi alla «restrittiva interpretazione», adot

tata dai giudici del merito, in ordine alla categoria dei «partico lari requisiti», di cui all'art. 3, 2° comma, 1. n. 903 del 1977, nonché altra censura relativa alla interpretazione di una clauso

la contrattuale). Alla stregua delle considerazioni innanzi esposte, è evidente

l'infondatezza delle censure, che fanno leva sul presupposto (er

rato), secondo cui le lavoratrici avrebbero avuto l'onere di pro vare la mancata concreta attuazione delle condizioni di operati vità della diversa astratta previsione contrattuale e, quindi, la

mancata realizzazione della causa limitativa del diritto nascente

dalla legge. Il ricorso dev'essere, pertanto, rigettato.

I

CORTE D'APPELLO DI BARI; ordinanza 12 aprile 1990; Cons,

istr. Antonucci; Vailati (Avv. De Leo) c. Pezzuto (Avv.

Spagnolo).

CORTE D'APPELLO DI BARI; c

Esecuzione provvisoria — Sentenza costitutiva — Clausola, di

provvisoria esecuzione — Esclusione (Cod. civ., art. 2932;

cod. proc. civ., art. 282, 283, 351).

Non può dichiararsi la provvisoria esecuzione di una sentenza

che, ai sensi dell'art. 2932 c.c., costituisca gli effetti del con

tratto non concluso in violazione degli obblighi derivanti dal

preliminare. (1)

II

CORTE D'APPELLO DI FIRENZE; ordinanza 13 aprile 1988; Pres. ed est. De Castello; Petri e Mancianti (Avv. Angella,

Borsacchi, Santarelli) c. Fedeli (Avv. Gala, Pucci).

Esecuzione provvisoria — Sentenza costitutiva — Clausola di

provvisoria esecuzione — Esclusione (Cod. civ., art. 2932; cod. proc. civ., art. 282, 283, 351).

Non può concedersi la clausola di provvisoria esecuzione ad

una sentenza costitutiva pronunciata in forza dell'art. 2932

c.c. (2)

(1-2) Le decisioni in epigrafe si inseriscono in un orientamento giuris

prudenziale ormai consolidato, secondo cui la sentenza pronunciata ai

sensi dell'art. 2932 c.c. non può produrre i propri effetti se non ex

nunc, dal momento del suo passaggio in giudicato: si vedano, in tal

senso, Cass. 12 aprile 1979, n. 2163, Foro it., Rep. 1979, voce Contrat

to in genere, n. 154; ed ancor prima Cass. 21 dicembre 1977, n. 5670,

id., Rep. 1977, voce cit., n. 218.

Da un punto di vista generale, è ius receptum tra i giudici di legitti mità e di merito che solo le sentenze di condanna siano suscettibili di

esecutorietà provvisoria, perché, a monte, solo queste esprimerebbero una sanzione capace di esecuzione forzata nelle forme tipiche previste dal terzo libro del c.p.c.: v., tra le altre, Cass. 21 giugno 1985, n. 3738,

id., 1986, I, 1013, con nota di N. Carrata; Trib. Torino 29 gennaio

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1555 PARTE PRIMA 1556

I

Ritenuto che l'esecuzione provvisoria della sentenza impugnata è stata concessa dal tribunale per essere la domanda «fondata

su scrittura privata» e per «il pericolo nel ritardo»;

Considerato che la clausola di provvisoria esecuzione di una

sentenza costitutiva (come quella appellata) emanata in forza

dell'art. 2932 c.c. non può essere concessa, in quanto il muta

mento giuridico che la sentenza comporta deve in concreto ope

rarsi solo dopo che sia divenuto definitivo il titolo che dispone e giustifica il suddetto mutamento:

— che, altresì, non sussiste nella specie il pericolo nel ritardo

necessario per la concessione della clausola, in quanto nella specie

l'appello comporta soltanto la normale dilazione dell'esecuzio

ne della sentenza, la quale — non pregiudicando il diritto al

risarcimento, ma incrementando soltanto i danni patrimoniali — non dà luogo ad una situazione tale da rendere inefficiente

ogni rimedio; — che, pertanto, la provvisoria esecuzione della sentenza ap

pellata è stata illegittimamente concessa; per cui va rinviata.

1985, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), nn. 345, 348 e Riv. it. dir. lav., 1985, II, 584; ma anche prima l'assunto ricorre

in Cass. 26 gennaio 1972, n. 185, Foro it., 1972, I, 2940; 14 giugno 1971, n. 1825, ibid.; App. Milano 28 giugno 1972, id., Rep. 1972, voce

Esecuzione provvisoria, nn. 4, 5. Non potrebbero dunque produrre i propri effetti anteriormente al

momento del passaggio in giudicato le sentenze costitutive e quelle di

mero accertamento. Per quanto riguarda le seconde, cfr., da ultimo, Pret. Taranto 1° aprile 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 6 e Arch,

locazioni, 1988, 464, che ha dichiarato ineseguibile in via provvisoria la sentenza che accerta l'indennità dovuta al conduttore per la perdita dell'avviamento commerciale. Controversa è invece la possibilità di mu nire di clausola provvisionale la condanna generica ai danni dell'Inps: la si è negata per lungo tempo (v. Cass. 14 giugno 1971, n. 1825, cit.; Trib. Benevento 16 febbraio 1972, Foro it., Rep. 1973, voce Previdenza

sociale, n. 314 e Riv. it. prev. soc., 1972, 1095), ma si tende oggi ad ammetterla (v. Cass. 4 aprile 1978, n. 1543, Foro it., 1978, I, 1111; 28 febbraio 1980, n. 1396, id., 1980, I, 3050).

L'intrinseca inidoneità delle sentenze costitutive a produrre anticipa tamente l'effetto del mutamento giuridico sostanziale è stata ribadita — oltre che in occasione di pronunce ex art. 2932 c.c. — con particola re riferimento a sentenze di divorzio, nella parte in cui queste dispongo no l'assegno a favore di uno dei coniugi: v., in tal senso, Cass. 5 luglio 1984, n. 3943, id., Rep. 1984, voce Matrimonio, n. 147; 9 giugno 1983, n. 3946, id., Rep. 1983, voce cit., n. 268; 4 maggio 1983, n. 3048, ibid., n. 269; 6 gennaio 1983, n. 67, ibid., n. 270; 26 gennaio 1982, n. 502, id., Rep. 1982, voce cit., n. 167.

In senso contrario, e dunque favorevole alla concessione della prov visoria esecuzione a sentenze costitutive, si vedano però App. Genova, decr. 2 settembre 1958, id., 1959, I, 479, particolarmente interessante

perché concesse la clausola ad una sentenza costitutiva «pura», che ave va pronunciato l'annullamento di una delibera assembleare di aumento del capitale sociale; App. Bari, ord. 30 ottobre 1981, Fall. soc. Generali c. Comune di Molfetta, inedita, che confermò la provvisoria esecuzione della sentenza con la quale era stata rigettata l'opposizione all'esecuzio ne iniziata in sede fallimentare.

Più spesso la clausola provvisionale è stata concessa a pronunce di condanna conseguenti a provvedimenti costitutivi: cosi App. Firenze 16 ottobre 1953, id., Rep. 1954, voce Esecuzione provvisoria, n. 6 e Foro pad., 1954, I, 648, con nota dubitativa di Garbagnati; App. Mi

lano 13 dicembre 1963, Foro it., Rep. 1964, voce cit., n. 2 e voce Sepa razione di coniugi, n. 68; App. Roma 19 dicembre 1972, id., Rep. 1974, voce Esecuzione provvisoria, n. 4 e Temi, 1974, con nota di Silvetti, La provvisoria esecuzione e la classificazione delle sentenze.

La dottrina articola un ventaglio di soluzioni. Negano con decisione la possibilità di disporre la provvisoria esecuzione delle sentenze costi tutive (e di quelle di mero accertamento), Andrioli, Commento al co dice di procedura civile, Napoli, 1956, II, 274 ss.; Guarino, In tema di identificazione di sentenze costitutive e di provvisoria esecuzione del le stesse, in Dir. e giur., 1950, 200 ss.

Pur riconoscendo che in linea di principio la provvisoria esecuzione

possa afferire soltanto alle sentenze di condanna, alcuni autori (Reden ti, Diritto processuale civile, Milano, 1953, II, 263; Costa, Contributo allo studio della esecuzione provvisoria delle sentenze civili, in Studi

sass., 1949, 271 ss. e Manuale di diritto processuale civile, Torino, 1973; Zanucchi-Vocino, Diritto processuale civile, Milano, 1964, 149 ss.), ponendosi nella scia di Chiovenda (Principi di diritto processuale civi

le, Napoli, 1912-1923, 204), hanno sostenuto che la clausola possa con cedersi anche alle sentenze costitutive, ove venga comprovata l'esistenza di un pericolo nel ritardo.

Altri, infine, hanno ritenuto l'istituto della provvisoria esecuzione ten denzialmente compatibile con le peculiarità strutturali delle sentenze co stitutive: cosi Satta, Commentario al codice di procedura civile, Mila

II Foro Italiano — 1991.

II

Ritenuto che nella specie trattasi di sentenza costitutiva, qua le è — rappresentandone la figura più tipica — la sentenza ex

art. 2932 c.c. che trasferisce la proprietà di immobili, in acco

glimento di domanda diretta ad ottenere il riconoscimento in

forma specifica dell'obbligo di contrarre assunto con il contrat

to preliminare di compravendita; che alla sentenza costitutiva — come anche, per la loro stessa

natura, per la sentenza di mero accertamento — non consegue l'esecuzione forzata, quale ulteriore fase di tutela giurisdiziona le diretta a far conseguire la pratica attuazione del diritto rima

sto riconosciuto dalla sentenza, in quanto l'esecuzione, avendo

tale funzione, presuppone una sentenza di condanna (in relazio

no, 1959-60, II, 346, il quale tuttavia ammette l'eseguibilità provvisoria solo delle sentenze costitutive che contengano anche provvedimenti or

dinatori e/o condannatori; De Stefano, Esecuzione provvisoria, voce

dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1956, XV, 511 ss.; Carpi, La prov visoria esecutorietà della sentenza, Milano, 1979, 59 ss., nonché, dello

stesso autore, Esecutorietà (dir. proc. civ.), voce dell' Enciclopedia giu ridica Treccani, Roma, 1988.

L'a. citato da ultimo, in particolare, giunge a siffatta conclusione

considerando che da un lato esisterebbero, accanto alle procedure ese

cutive previste dal terzo libro del c.p.c., forme di esecuzione cosi dette

improprie od atipiche, volte ad ottenere direttamente od indirettamente

l'adempimento dell'obbligato o l'adeguamento della realtà materiale al decisum (c.d. misure coercitive indirette, su cui v., anche per ulteriori

riferimenti bibliografici, Chiari.oni, Misure coercitive e tutela dei dirit

ti, Milano, 1980); e che, dall'altro, l'ordinamento mostrerebbe di cono

scere ipotesi di sentenze lato sensu costitutive, o comunque contenenti

una sanzione non strettamente condannatoria, esecutive ope legis in pen denza dei termini e dei giudizi di impugnazione: tra queste rientrerebbe

la sentenza dichiarativa di fallimento; la sentenza che ai sensi dell'art.

18 1. 300/70 ordina la reintegra del lavoratore illegittimamente licenzia

to; o ancora la sentenza pronunciata ex art. 28 1. cit. in sede di opposi zione al provvedimento che ordina la cessazione della condotta antisin

dacale. Particolarmente stimolante appare in verità il collegamento che una

parte della dottrina opera tra l'istituto della provvisoria esecutorietà

della sentenza e le misure cautelari. Già Chiovenda aveva ben chiara la funzione tipicamente cautelare

assolta dalla clausola provvisionale, al punto da definire l'istanza volta

ad ottenerla alla stregua di una pura azione (Principi, cit., 199), ed

inserire l'esame delle ipotesi in cui l'esecutorietà sia concessa per ragio ni di urgenza (art. 363, nn. da 2 a 9, e 409 c.p.c. del 1865) nell'ambito

della trattazione sistematica della «misure provvisorie cautelari» (v. Prin

cipi, cit., 224 ss.). E pur negando, in linea di principio, la riferibilità

della clausola alle sentenze costitutive (nonché a quelle di mero accerta

mento), riconobbe che «nell'ipotesi che urga ottenere l'effetto del mu

tamento giuridico, l'esecuzione provvisoria può concedersi, ma non in

applicazione del n. 1 [provvisoria esecuzione fondata su titolo autenti

co, scrittura privata riconosciuta o sentenza passata in giudicato], sì bene del n. 9 dell'art. 363 o dell'art. 409» (Principi, 204).

In tempi a noi più vicini, un punto di vista analogo è stato condiviso, tra gli altri, da Redenti e da Satta. Scrive il primo (op. cit., II, 263) che «quando si rifletta che in caso di urgenza il giudice può dare in

via cautelare tutti i provvedimenti utili ed opportuni per salvaguardare (veri o pretesi) diritti controversi (o le cose a cui essi si riferiscono) da un pregiudizio grave ed irreparabile (art. 700), se ne può concludere, a nostro avviso, che a questo scopo il tribunale possa anche attribuire, in via provvisoria ed anticipata, ai propri accertamenti, o, più spesso, ai propri provvedimenti costitutivi degli effetti modellati su quelli che

la sentenza avrebbe se passasse in giudicato. Cosi potrà avvenire, ad

esempio, quando il tribunale annulli o risolva un contratto o annulli

un testamento». Parimenti Satta (Commentario, cit., II, 347) si meravi

glia di come dopo l'introduzione della disposizione dell'art. 700 la que stione della concedibilità della clausola alle sentenze costitutive possa ancora sopravvivere, «perché appare del tutto strano che una assicura zione degli effetti della decisione futura (ed eventuale) possa essere con

cessa da un pretore quando vi sia pericolo di un pregiudizio e non

possa invece essere consentito al giudice della decisione già emanata

di concedere la clausola di provvisoria esecuzione della sentenza stessa!». Per un quadro completo della situazione si vedano, in aggiunta agli

autori ed ai titoli citati, Redenti, Revocabilità della clausola di provvi soria esecuzione, in Temi, 1947, 716 ss.; Coniglio, Riflessioni in tema di esecuzione provvisoria delle sentenze, in Scritti giuridici in onore di

F. Carnelutti, Padova, 1950, II, 284 ss.; Lancellotti, Esecuzione prov visoria, voce del Novissimo digesto, Torino, 1960, VI, 796 ss.; Garba

gnati, Cassazione con rinvio ed esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado, in Riv. dir. proc., 1972, 581; Frignani, L'«injunction» nella «common law» e l'inibitoria del diritto italiano, Milano, 1974.

[G. iMPAGNATffilXO]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ne ad un obbligo di dare oppure di fare o di non fare), dato che la sentenza di tale natura (di condanna), pur accertando il diritto alla prestazione e l'inadempimento del debitore non

garantisce, di per sé, la concreta attuazione del diritto, di fronte all'eventuale ulteriore inadempimento del debitore rendendo cosi necessario l'effettivo esercizio della coazione sul patrimonio del

l'obbligato (mediante, appunto, il procedimento di esecuzione); che nel caso, invece, della sentenza costitutiva, e in particolare di quella ex art. 2932 c.c., non si richiede una azione coattiva

per ottenere l'attuazione completa del diritto riconosciuto nella

sentenza, in quanto è la sentenza stessa che, una volta divenuta definitiva e acquisita efficacia di cosa giudicata, fa sorgere e crea tale diritto e la nuova situazione giuridica (come, appunto, il trasferimento della proprietà di un immobile); e per realizzare

appieno gli effetti della pubblicità dichiarativa e della opponibi lità ai terzi del diritto cosi costituito, è la parte interessata stessa che può procedere alle necessarie attività previste dall'ordina mento (come la trascrizione: art. 2643, n. 14, c.c.), salvo, poi, ovviamente, una volta divenuta definitiva la sentenza costituen te il titolo per l'acquisto della proprietà, l'agire eventualmente

anche in sede esecutiva per ottenere l'adempimento delle obbli

gazioni conseguenti al trasferimento della proprietà come il rila scio dell'immobile: art. 1476, n. 1, c.c.;

che, pertanto, potendo solo la sentenza di condanna acquisire effetto esecutivo (che dà adito all'esecuzione forzata), non può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva una sentenza costi

tutiva;

che, conseguentemente, per le considerazioni che precedono non può essere condivisa la decisione del tribunale, sul punto della concessione della clausola della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado, per essere la domanda fondata su pro va scritta (che era, poi, il contratto preliminare di vendita, che

è, in realtà il presupposto per il trasferimento della proprietà creata, come nuova situazione giuridica, dalla sentenza), e la

disposta esecuzione provvisoria va revocata, in accoglimento del l'istanza proposta, ammissibile in quanto oggetto di specifico motivo nell'atto di appello;

che restano cosi assorbite tutte le altre considerazioni e dedu zioni delle parti, sia a sostegno dell'istanza di revoca (come quella sulla comparazione, quale criterio per la concessione della prov visoria esecuzione, tra il pregiudizio dell'una e dell'altra parte, in caso di ritardo nell'esecuzione della sentenza di primo grado, tenuto anche conto dell'avvenuta convalida di sequestro giudi

ziario) sia a sostegno della richiesta di rigetto dell'istanza predetta.

TRIBUNALE DI LATINA; sentenza 7 marzo 1991; Pres. Bon

tempo, Est. Poli; Gianolla e altri (Aw. A. Pietrosanti) c.

Comune di Latina (Aw. Veronese, Carfagna).

TRIBUNALE DI LATINA;

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione tempora nea e di urgenza — Irreversibile destinazione del fondo alla

realizzazione dell'opera pubblica durante l'occupazione legit tima — Indennità di occupazione (L. 25 giugno 1865 11. 2359,

espropriazione per causa di pubblica utilità, art. 72; 1. 22 ot

tobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia

residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubbli ca utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942

n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847 ed

autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore

dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 20).

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione tempora nea e di urgenza — Calcolo dell'indennità di occupazione —

Debito di valuta — Svalutazione monetaria — Esclusione —

Interessi moratori in misura legale (Cod. civ., art. 1224, 1277,

1284; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, art. 72).

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione appro

priativa — Risarcimento del danno al privato — Valore del

fondo — Natura edificatoria del suolo occupato — Rivalu

Ii Foro Italiano — 1991.

fazione monetaria — Interessi moratori in misura legale (Cod. civ., art. 1219, 1224, 2043).

Posto che l'irreversibile destinazione del fondo alla realizzazio ne dell'opera pubblica, avvenuta nel corso dell'occupazione legittima, importa l'immediato acquisto a titolo originario del diritto di proprietà sul suolo, da parte della pubblica ammini

strazione occupante, al privato compete, oltre al risarcimento del danno derivante dalla perdita della titolarità del bene, l'in dennità non per l'intero periodo di occupazione legittima del

fondo, ma solo fino al momento della sua irreversibile tras

formazione. (1) Poiché l'obbligazione dell'indennità di occupazione legittima,

da calcolare sulla base dell'interesse legale annuo sul valore venale del bene al momento dell'irreversibile destinazione del

fondo alla realizzazione dell'opera pubblica, ha natura di de bito di valuta, al proprietario, sulla somma dovuta dalla pub blica amministrazione a tale titolo, non compete la svaluta

zione monetaria, ma solo gli interessi moratori nella misura

legale, in difetto di prova del maggior danno da ritardo. (2)

Nell'ipotesi di c.d. occupazione appropriativa, il privato ha di ritto al risarcimento del danno per la perdita della titolarità del fondo, determinato con riferimento al suo valore al mo

mento dell'irreversibile destinazione, tenendo conto della na tura edificatoria del suolo occupato, accertata anche indiret

tamente; la somma dovuta a tale titolo deve essere rivalutata

secondo gli indici Istat e, sulla somma stessa, dovranno esse re corrisposti gli interessi moratori nella misura legale dalla

data del fatto illecito fino al soddisfo. (3)

(1-3) La pronunzia fa propria la costruzione dell'occupazione espro priativa nella versione più aggiornata, inaugurata dalle sezioni unite con la sentenza 10 giugno 1988, n. 3940 (Foro it., 1988, I, 2262; sul feno meno, in generale, v., da ultimo, in dottrina, A. Gambaro, La proprie tà, Milano, 1990, 342, in Trattato di diritto privato diretto da Iudica e Zatti), che aveva ritenuto il fenomeno «caratterizzato quale suo inde fettibile punto di partenza da una dichiarazione di pubblica utilità del

l'opera e quale suo indefettibile punto di arrivo dalla realizzazione del

l'opera medesima». Inoltre, pur tenendo conto di Cass. 11 luglio 1990, n. 7210 (Foro it., 1990, I, 2789, con nota di G. De Marzo, Occupazio ne acquisitiva, credito a! controvalore e implicazioni in tema di tutela

possessoria), e di Cass. 20 giugno 1990, n. 6209 (ibid., 2808, con nota di G. De Marzo), le quali hanno deciso che, nell'ipotesi di c.d. espro priazione sostanziale, il privato ha diritto, non già al risarcimento del

danno, soggetto alla prescrizione quinquennale, bensì al controvalore del bene perduto, diritto assoggettato all'ordinario termine decennale di prescrizione, il collegio propende per la natura risarcitoria ex delieto del credito per la perdita del diritto di proprietà sul fondo occupato. Quindi, ne quantifica l'ammontare secondo il criterio della taxatio, ri valutando la somma dovuta a tale titolo secondo gli indici Istat, ma, nuovamente discostandosi da Cass. 6209/90, cit., decide che debbano essere corrisposti gli interessi, qualificati esplicitamente in sentenza co me moratori. Infine, il tribunale ritiene che, in sede di liquidazione del danno, si debba tener conto della natura edificatoria del suolo occu

pato, accertata anche indirettamente (in tema, v. Cass. 24 ottobre 1985, n. 5231, id., Rep. 1985, voce Espropriazione per p.i., n. 288; 8 luglio 1985, n. 4078, ibid., n. 277; 20 aprile 1985, n. 2617, id., Rep. 1986, voce cit., n. 290; 24 novembre 1983, n. 7022, id., Rep. 1983, voce cit., n. 321; sull'analogo problema, in tema di indennità di esproprazio ne, v., da ultimo, Cass. 22 marzo 1990, n. 2392, id., 1991, I, 550 e 16 giugno 1990, n. 6092, id., 1990, I, 3160, entrambe con nota di R.

Caso). Ma, soprattutto, la decisione in epigrafe si allontana dalla communis

opinio della giurisprudenza sul punto dell'indennità di occupazione (al la quale il collegio applica i principi dei debiti di valuta), dovuta dalla

pubblica amministrazione per il caso in cui l'irreversibile destinazione del fondo alla realizzazione dell'opera pubblica si compia all'interno del periodo di occupazione legittima, ovvero prima della scadenza dei termini di quest'ultima (in ordine ai criteri di quantificazione dell'in dennità di occupazione legittima, v., da ultimo, le osservazioni di R. Ca so a Corte cost. 8 febbraio 1991, n. 62, in questo fascicolo, I, 1340, e, ivi, richiami). Si osserva, infatti, che la citata sentenza 6209/90 non avrebbe considerato che, «essendo il bene destinato irreversibilmente alla cura del l'interesse pubblico generale, già di proprietà della pubblica amministra

zione, al privato, successivamente a tale momento, non spetterà più alcu na indennità per la perdita del possesso di una cosa che non è più sua; egli infatti non avrà più titolo per godere dei frutti, in astratto derivanti dal fondo, dopo che lo stesso è stato acquistato a titolo originario dal l'ente costruttore». Evidentemente, la suggestiva argomentazione va ben al di là del problema della quantificazione dell'indennità di occupazio ne legittima, non seguita dal decreto di esproprio, incidendo diretta

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