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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1989; Pres. Iannetti,...

Date post: 30-Jan-2017
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sentenza 25 febbraio 1989; Pres. Iannetti, Est. Fabiani; Banca popolare di Novara (Avv. Chiavegatti) c. Fall. soc. immob. Giovannoni (Avv. Simeoni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 1069/1070-1073/1074 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184597 . Accessed: 28/06/2014 15:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.144 on Sat, 28 Jun 2014 15:55:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 25 febbraio 1989; Pres. Iannetti, Est. Fabiani; Banca popolare di Novara (Avv.Chiavegatti) c. Fall. soc. immob. Giovannoni (Avv. Simeoni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1069/1070-1073/1074Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184597 .

Accessed: 28/06/2014 15:55

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

con esso una pretesa incompatibile solo con quella avanzata dalla

Caruso — litisconsortile, è ammissibile, restando ben dentro i limi

ti tracciati dalle parti originarie sul thema decidendum il cui nucleo

sostanziale è rappresentato dal rapporto negoziale (deposito di ti

toli a custodia) cointestato al loro dante causa e all'opposta.

Tanto premesso, non rimane che passare all'esame del merito.

In proposito devesi anzitutto osservare che l'opposizione è fon

data in quanto la pretesa della Caruso non avrebbe potuto essere

avanzata con le forme del ricorso per ingiunzione, o, il che è

10 stesso, non avrebbe potuto comunque formare oggetto di un

decreto ingiuntivo. È rimasto accertato che gli eredi del D'Agostino cointestatario

del deposito, con lettere raccomandate del 7 gennaio 1985, invita

rono perentoriamente il Banco di Roma ad astenersi da qualsiasi

operazione relativamente ai Bto con scadenza al 28 maggio suc

cessivo, senza il loro consenso.

Sussistendo dunque un conflitto reale ed effettivo tra più aven

ti diritto, viene ad esulare qualsivoglia connotazione illegittima

del diniego opposto dal Banco di Roma alle successive reiterate

richieste della Caruso di disporre da sola, in vario modo, dei

titoli suaccennati.

Per vero, coordinando la sia pur esigua disciplina normativa

del deposito con la regolamentazione assai più analitica delle nor

me interbancarie normalmente trasfuse nello schema di contratto

di adesione sottoscritto dagli interessati, si ha che in caso di vero

e proprio mancato accordo ossia di dichiarato dissenso tra gli

aventi diritto notificatole anche con lettera raccomandata da uno

solo di essi, la banca deve pretendere il concorso di tutti gli inte

ressati conintestatari del deposito e degli eventuali eredi. Laddo

ve tale intervento congiunto non si verifichi, la banca depositaria

non può in alcun modo eseguire l'ordine con cui si dispone della

cosa depositata da parte di uno solo degli intestatari.

Una tale situazione di «stallo» può essere superata soltanto da

un intervento dell'autorità giurisdizionale che stabilisca le moda

lità attraverso le quali deve avvenire la restituzione (o la disposi

zone che è un'ipotesi compresa nella precedente) della cosa depo

sitata.

È ovvio, però, che una simile statuizione, per non correre il

rischio di rivelarsi inutiliter data, deve essere emessa nei confron

ti di tutti gli intestatari del deposito e degli eventuali eredi posto

che, in base alla disciplina sopra richiamata, la banca depositaria

può procedere alla restituzione della cosa depositata solo in caso

di totale assenza di contrasto tra i codepositanti.

È noto infatti che ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessa

rio, tanto in senso processuale che sostanziale, allorquando è chie

sto l'adempimento di una prestazione inscindibile incidente sulla

situazione giuridica di un rapporto avente, come quello di ispe

cie, almeno da un lato, una pluralità di contraenti, si da esclude

re che, senza il contraddittorio di tutte le parti interessate all'esi

to del giudizio, la sentenza da emanare possa avere alcuna prati

ca utilità per taluna di esse.

Con ciò non vuol sostenersi ovviamente che ogni vicenda giuri

dica del rapporto di deposito con più depositanti o più depositari

dia luogo a litisconsorzio necessario, di guisa che esso risulti im

mutabile ove non vi sia la partecipazione di tutti i suoi titolari,

ma che trattasi di un rapporto plurisoggettivo nel quale i nessi

tra i vari soggetti e tra loro e l'oggetto comune possono atteg

giarsi in maniera diversa, con effetti conseguenzialmente diversi

in caso di lite sulla regolarità del contraddittorio. Cosi', ad esem

pio, non si contesta che non può certamente parlarsi di necessaria

partecipazione di tutti i soggetti al giudizio nel caso — diametral

mente opposto a quello che ne occupa — in cui la pluralità dei

depositanti fosse d'accordo sulla restituzione della res e tuttavia

la banca si rifiutasse di procedervi.

In sostanza può ben dirsi che la solidarietà dal lato attivo in

dubbiamente esistente tra i vari intestatari del deposito — nel

senso che ognuno di essi è legittimato ad agire con il consenso

degli altri, da considerarsi presunto fino a prova contraria, con

tro il depositario al fine di ottenere la restituzione della cosa —,

ed escludente la configurabilità del litisconsorzio necessario, vie

ne meno nell'ipotesi di effettivo dissenso tra i codepositanti sulla

disposizione della res, con conseguente necessità di dirimere tale

contrasto in presenza di tutti essi. Ora, si intende di leggieri come

ciò possa avvenire solo a seguito di un ordinario giudizio di co

gnizione e sia strutturalmente incompatibile con il procedimento

monitorio caratterizzato, per come è noto, da sommarietà di ac

certamento e assenza di contraddittorio.

11 Foro Italiano — 1990.

Discende dalle fatte considerazioni, la nullità del decreto in

giuntivo opposto emesso non in presanza di tutti gli interessati

al rapporto dedotto con il ricorso per ingiunzione. Il che, appare

di più ovvia esattezza ove si consideri che la pretesa ivi addotta

dalla Caruso, volta com'era all'accertamento di un diritto di di

sporre in via esclusiva dei titoli in deposito dichiaratamente nega

tole dagli altri codepositanti, non costituiva l'unico ostacolo alla

correlativa contestazione del banco, che, non causando da solo

lo stato di incertezza contro cui si dirigeva l'anzidetta pretesa

della ricorrente, non poteva di conseguenza esserne l'unico legit

timo contraddittore. (Omissis)

TRIBUNALE DI VERONA; sentenza 25 febbraio 1989; Pres.

Iannetti, Est. Fabiani; Banca popolare di Novara (Aw. Chia

vegatti) c. Fall. soc. immob. Giovannoni (Aw. Simeoni).

TRIBUNALE DI VERONA;

Fallimento — Ammissione al passivo — Credito fondato su cam

biale — Mancanza di data certa — Inopponibilità (Cod. civ.,

art. 2704; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento,

art. 43, 93).

Nella fase di verifica dei crediti il curatore agisce a tutela degli

interessi della massa fallimentare, rivestendo cosi la qualità di

terzo cui è inopponibile la cambiale sprovvista di data certa

ai sensi dell'art. 2704 c.c. (1)

(1) La pronuncia investe la nota querelle, tuttora irrisolta, riguardante

l'opponibilità o meno al fallimento della cambiale priva di data certa

ex art. 2704 c.c. La difficoltà nell'individuare un unico principio interpretativo sorge

dal diverso modo di inquadrare la posizione assunta dal curatore nella

fase di verificazione del passivo; difatti, secondo la corrente maggiorita

ria, cui si affianca la decisione in epigrafe, il curatore, nel contestare

la certezza della data rispetto al fallimento, agisce a tutela degli interessi

della massa, assumendo cosi la qualità di terzo estraneo alla circolazione

del titolo, cui, ai sensi dell'art. 2704 c.c., risulta inopponibile la cambiale

priva di data certa anteriore al fallimento.

Per la giurisprudenza di legittimità, v. Cass. 1° marzo 1986, n. 1304,

Foro it., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 296; 29 novembre 1985, n. 5956,

id., 1986, I, 451, con nota di richiami; per il merito, conformemente,

Trib. Verona 26 aprile 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 276; Trib. Na

poli 5 aprile 1988, Dir. fallirti., 1989, I, 485; Trib. Palermo 21 marzo

1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., nn. 473, 516; Trib. Milano 26 mag

gio 1986, ibid., n. 474; Trib. Forlì 11 marzo 1986, ibid., n. 475; App. Milano 25 febbraio 1986, ibid., n. 476; App. Napoli 30 ottobre 1985,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 278; Trib. Roma 20 dicembre 1983, id.,

1984, I, 1099, con ampia nota di richiami, cui adde, App. Milano 23

febbraio 1982, id.. Rep. 1983, voce cit., n. 441.

A queste si aggiungono numerose pronunce di merito che avallano il

medesimo indirizzo in relazione all'ammissione al passivo di crediti fon

dati su scritture private prive dei requisiti di certezza; v. App. Catania

28 marzo 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 468; Trib. Torino 19 feb

braio 1987, ibid., n. 469; Trib. Milano 23 giugno 1986, ibid., n. 472;

Trib. Milano 27 gennaio 1986, ibid., 470; Trib. Milano 17 marzo 1986,

ibid., n. 235; App. Milano 29 ottobre 1985, ibid., n. 467; Trib. Milano

7 aprile 1986, ibid., Rep. 1987, voce Fideiussione e mandato di credito,

n. 16; Trib. Milano 10 giugno 1985, id.. Rep. 1986, voce Fallimento,

n. 280; Trib. Milano 30 maggio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 459;

App. Milano 4 ottobre 1983, id.. Rep. 1984, voce cit., n. 336; Trib. Mila

no 1° dicembre 1983, ibid., n. 334; Trib. Milano 19 luglio 1982, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 443 e Banca, borsa, ecc., 1983, II, 219, con

nota di Dolmetta.

Per la dottrina, cfr. Di Lauro, Inopponibilità al curatore fallimentare della cambiale priva di data certa, in Dir. fallim., 1989, II, 485 ss.;

Provinciali-Ragusa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, 1988,

468 ss.; Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, 1986, 365 ss. e dello

stesso, La posizione del curatore con particolare riferimento all'accerta

mento dei crediti nonché alle opponibilità relative alla precedente esecu

zione individuale, in Dir. fallim., 1981, II, 577; Dolmetta, In tema di

rapporti tra regola della data certa ed ammissione al passivo fallimentare, in Giur. comm., 1986, II, 325; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare,

1986, 281; Lo Fiego, Il fallimento e le banche, in Fallimento, 1985, 1193;

Del Vecchio, Il curatore fallimentare come terzo ed avente causa del

fallito, in Dir. fallim., 1984, I, 240/43; oltre agli autori indicati in nota

a Trib. Roma 20 dicembre 1983, cit., cui adde, Castellano, La verifica

dei crediti. Accertamento del passivo. Effetti, in AA.W., Aspetti attuali del

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1071 PARTE PRIMA 1072

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data

25 maggio 1988, la Banca popolare di Novara soc. coop. r.l. in

terponeva opposizione ex art. 98 1. fall., lamentando che il giudi ce delegato al fallimento immobiliare Giovannoni s.p.a., in sede

di verifica, aveva ammesso il credito dell'istante in via chirogra faria per l'importo di lire 310.140.604 escludendo l'ulteriore som

ma di lire 86.000.000 sul presupposto dell'inopponibilità dei titoli cambiari privi di data certa anteriore al fallimento.

L'opponente osservava che, in tema di opponibilità di titoli

di credito ex art. 2704 c.c. verso la procedura fallimentare, la

regola da applicare doveva ritrovarsi nella posizione assunta dal

curatore; poiché, nel caso di specie, il curatore si trovava nella

medesima posizione del fallito, la Banca popolare di Novara rite

neva che non potesse sorgere questione di opponibilità; osserva

va, poi, che delle scritture contabili la data certa poteva essere

ricavata aliunde, a prescindere dal protesto dei titoli; rilevava in

fine che era stato conteggiato in modo inesatto l'importo del cre

dito controverso, da computare per lire 78.000.000.

Autorizzato dal giudice delegato, si costituiva in giudizio il cu

ratore, rilevando che il fallimento, nella controversia in essere

assumeva una posizione di terzietà, talché i titoli non potevano essere opposti in mancanza di data certa.

Nelle successive difese l'opponente, pur non abbandonando la

tesi principale, insisteva nel dimostrare che l'annotazione dei tito

li nei libri dell'istituto, libri regolarmente tenuti e vidimati, ben

poteva costituire valida prova nella prospettiva di cui all'art. 2704

c.c. (Omissis) Motivi della decisione. — La presente controversia involge un'u

nica questione di diritto, la pretesa inopponibilità al fallimento

delle cambiali prive di data certa quando i titoli vengano azionati

nella fase di accertamento del passivo. Come è ben noto alle parti (che hanno ripetutamente menzio

nato i precedenti giurisprudenziali, reciprocamente favorevoli) la

questione è oggetto di un acceso dibattito dottrinale e giurispru denziale. Se la soluzione della causa dovesse risolversi in base

ai dati statistici, non v'è dubbio che prevarrebbe la tesi esposta

diritto fallimentare (problemi sostanziali e processuali), 1981, 131 ss.; Bu

colo, Orientamenti giurisprudenziali sul curatore-parte ed il curatore-terzo nell'ottica dell'interesse perseguito, in Fallimento, 1980, 826 ss.

L'indirizzo opposto, favorevole all'opponibilità del titolo di credito in

oggetto, è stato sviluppato da un cospicuo gruppo di sentenze ove, vice

versa, si sostiene che in sede di verifica dei crediti il curatore, al di fuori di alcune ipotesi quali, per es., l'esperimento dell'azione di simulazione 0 di quella revocatoria, subentri sempre nella stessa posizione del falli mento ed agisca cosi in qualità di parte utendo iuribus debitoris.

Si muovono su questa linea, Cass. 31 maggio 1986, n. 3696, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 275; 21 giugno 1984, n. 3657, id., Rep. 1985, voce cit., n. 264; 18 dicembre 1984, n. 6625, ibid., nn. 263, 431; fra 1 giudici di merito, cfr. App. Bologna 29 settembre 1988, Giur. it., 1989,

I, 2, 304; App. Bologna 8 luglio 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. All', Trib. Torino 20 febbraio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 211 e Fallimento, 1986, 1132, con nota contraria di Russo; App. Napoli 30 dicembre 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 278; App. Bologna 29

maggio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 458. Fra gli autori che concordano con questa tesi, v. Marchetti, Opponi

bilità al curatore della cambiale priva di data certa, in Fallimento, 1987, 434; Spano, La data certa della cambiale nel fallimento, in Banche e

banchieri, 1986, 201/2; Bonfatti, La formazione dello stato passivo nel

fallimento: dieci anni di giurisprudenza, 1981, 41 ss.; oltre ai riferimenti di dottrina e giurisprudenza inseriti in nota a Trib. Roma 20 dicembre

1983, cit. Per un'organica esposizione delle teorie sorte in relazione alla posizio

ne assunta dal curatore nella fase di verificazione dei crediti, cfr., per tutti, Dolmetta, La data certa. Conflitto fra creditori e disciplina d'im

presa, 1985, 51, 52, nota 34, e 109 ss. Va segnalato inoltre che recentemente la questione evidenziata è stata

rimessa all'esame delle sezioni unite dalla Corte di cassazione che final mente potranno por fine all'acceso dibattito esistente in materia.

Si sottolinea, infine, come dottrina e giurisprudenza concordino nel ritenere che l'inopponibilità in oggetto non riguardi il negozio sottostante il titolo, bensì' la data del documento; da questo deriva che l'esistenza e l'anteriorità del negozio rispetto al fallimento possano essere provate con ogni mezzo compatibile con la natura e l'oggetto del negozio stesso. In questo senso si pronunciano buona parte delle sentenze succitate, cui

adde, Trib. Milano 13 aprile 1989, massimata in Fallimento, 1989, 957; Trib. Roma 10 agosto 1988, ibid., 109, e soprattutto Trib. Vicenza 10 marzo 1984, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 339. Per la dottrina, v. Di Lauro, op. cit., 487; Dolmetta, In tema di rapporti, ecc., cit., 1986, 328; Russo, op. cit., 1133.

Il Foro Italiano — 1990.

dalla difesa della curatela. Il tribunale non ritiene, peraltro, di

optare per l'una o l'altra scelta a «colpi di maggioranza», posto che dal sistema si possono ricavare sicuri elementi per pervenire ad un'opzione sufficientemente appagante.

La difesa della banca oppone la scarsa credibilità di un sistema

in cui il curatore (atteggiandosi come «Giano bifronte»), a secon

da della convenienza possa assumere, di volta in volta, la posizio ne di terzo, ovvero quella di avente causa dal fallito. La censura,

in sé, non è priva di pregio, laddove la collocazione del curatore

nell'una o nell'altra posizione è il frutto di una scelta di «oppor tunismo». Ma il collegio intende contestare proprio una siffatta

visione, nel senso che, dall'ordinamento, si devono poter ricavare

delle regole precise per poter assegnare al curatore la qualifica di terzo o di parte; solo una considerazione generale e astratta

della situazione in cui il curatore può porsi di fronte ai vari pro

blemi, può assicurare una certezza nei rapporti giuridici all'inter

no dell'ordinamento concorsuale.

In particolare, debbono essere tracciate delle sicure linee di con

fine: quando iL curatore agisce allo scopo di reintegrare la massa

attiva, mediante l'esperimento di azioni che il fallito non avrebbe

potuto porre in essere (azioni revocatone e di inefficacia ex art.

44, 64 e 67 1. fall.), in assoluto, ovvero alle stesse condizioni

(si pensi all'azione di simulazione), il curatore si colloca nella

posizione di terzo, con tutti gli effetti conseguenti in tema di art.

2704 c.c.

Quando il curatore agisce per reintegrare il patrimonio della

massa con azioni che sarebbero già spettate al fallito (si pensi a tutta l'attività di riscossione dei crediti), il curatore è un avente

causa del debitore e non può fruire dei benefici che ai terzi com

petono (Cass. 18 dicembre 1984, n. 6625, Foro it., Rep. 1985, voce Fallimento, nn. 263, 431). Aldilà di queste ipotesi estreme

e di più chiara lettura, v'è da chiedersi se non vi sia un parametro idoneo a discriminare la posizione del curatore con un rango di

sufficiente certezza. Il tribunale reputa che un argomento di si

gnificativa valenza sia costituito dal recepimento di quella non

recente dottrina, ad avviso della quale il curatore non è visto

né come rappresentante dei creditori, né del fallito, quanto piut tosto quale organo pubblico autonomo, rispetto al debitore: e ai

creditori.

Orbene, se tale tesi è valida (e molti sono gli argomenti che

sul punto si potrebbero addurre, basti pensare alla peculiarità della qualifica di pubblico ufficiale, mentre, ad esempio, il liqui datore è, nel concordato preventivo, un mandatario del ceto cre

ditorio), ne discende che, di regola, il curatore è terzo, rispetto ai rapporti intrattenuti dal fallito. Colui che tratta con la curatela

fallimentare si troverà, cioè, di fronte ad un soggetto che, nor

malmente, non rappresenta il fallito. Vero è che talora, i curatori

agiscono espressamente sostituendosi al debitore fallito; il colle

gio ritiene che il criterio guida per discernere, in via generale ed

astratta, la posizione del curatore sia quella di riconoscergli la

qualifica di avente causa del fallito ogni qualvolta subentra in

un rapporto del quale, comunque, avrebbe potuto essere parte il debitore, e ciò quando la successione giovi all'interesse del ter

zo (si pensi al caso del subentro nel contratto ex art. 72 ss. 1. fall.). Cosi posta la questione, si può ben compredere che il curatore

è terzo nel procedimento di verifica dei crediti, posto che si tratta

di attività che mai il debitore avrebbe potuto porre in essere. Se

è vero che, durante la verifica dei crediti, allo stesso giudice dele

gato è consentito eccepire l'inefficacia di taluni atti, è chiaro che

il procedimento prescinde, completamente, da quella che era la

posizione del debitore, posto che viene in giuoco non la questione di validità degli atti, quanto, piuttosto, quella di opponibilità ed

efficacia. Ciò si spiega a maggior ragione per il fatto che i con

cetti di opponibilità ed efficacia acquisiscono un significato quando si ha a che fare con una pluralità di soggetti, come è tipico nelle

procedure concorsuali.

Chiarito in questi termini il motivo per il quale il curatore deve

ritenersi terzo nel procedimento di verifica dei crediti (nonché nella fase di opposizione ex art. 98 1. fall, che altro non è che

lo sviluppo in fase contenziosa della prima), possono essere ricor

dati i numerosi precedenti nei quali, in sede di accertamento del

passivo, è stata esclusa l'ammissione di crediti fondati su titoli

astratti (cambiali e assegni) non protestati. Ciò sul presupposto dell'estraneità del curatore ai soggetti che hanno partecipato alla

circolazione del titolo (Cass. 1° marzo 1986, n. 1304, id., Rep.

1986, voce cit., n. 296; 4 febbraio, 1981, n. 748, id., 1981, I,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1620, 28 giugno 1979, n. 3626, id., Rep. 1979, voce Prova docu

mentale, n. 24; 12 luglio 1965, n. 1465, id., 1965, I, 1414; 27 gennaio 1964, n. 186, id., 1964, I, 1195; 7 ottobre 1963, n. 2664,

ibid., 600; App. Milano 29 ottobre 1985, id., Rep. 1987, voce Fallimento, nn. 301, 467; App. Milano 25 febbraio 1984, ibid., n. 476; Trib. Torino 19 febbraio 1987, ibid., n. 469; Trib. Mila

no 26 maggio 1986, ibid., nn. 474, 488; Trib. Palermo 21 marzo

1986, ibid., nn. 473, 516; Trib. Milano 17 marzo 1986, ibid., n. 235; Trib. Forlì 11 marzo 1986, ibid., n. 475; Trib. Rimini 11 marzo 1986, ibid., n. 237).

In tale prospettiva, aderendo a tale orientamento, il tribunale

ritiene che non siano ammissibili i crediti cambiari non aventi

data certa anteriore al fallimento.

La Banca popolare di Novara, consapevole di siffatta possibile

opzione giurisprudenziale, deduce che i titoli avrebbero data cer

ta per essere stati annotati sui libri contabili della banca, libri

regolarmente tenuti, bollati e vidimati. Ebbene, tale difesa, nel

caso concreto, non può trovare spazio. La giurisprudenza, infat

ti, pur riconoscendo che la certezza della data è acquisibile indivi

duando, caso per caso, se c'è il fatto storico dal quale può ricavarsi

l'anteriorità della formazione del documento (Cass. 31 agosto 1984,

n. 4738, id., 1985, I, 505), ha escluso che la regola di cui all'art.

2710 c.c. possa valere nei confronti del curatore, quando questi assuna la posizione di terzo (Cass. 26 maggio 1987, n. 4703, id.,

Rep. 1987, voce cit., nn. 313, 334). Quanto alla valenza dell'an

notazione dei titoli sui libri dell'istituto, non va trascurato che,

soltanto la vidimazione di chiusura del libro ad opera di un no

taio (atto da compiersi prima della dichiarazione di fallimento)

può conferire certezza all'annotazione (Trib. Milano 23 giugno

1986, ibid., n. 472). Per quanto attiene all'odierna fattispecie, non può venire taciuto che la vidimazione notarile è, certamente,

successiva al fallimento.

Sebbene entrambi gli argomenti sinora descritti appaiano en

trambi sufficienti a sostenere le tesi dell'opposto, per completez

za vanno esaminati due ulteriori profili. Per quel che riguarda la tesi della dimostrata certezza della data asseritamente esposta

dall'opponente, non possono venire trascurati gli argomenti di

fensivi della curatela che, esattamente, osserva come seppure si

ritenesse provata l'anteriorità dell'emissione della cambiale rispetto

al fallimento, nessuna prova di tal genere potrebbe valere, inve

ce, per l'obbligazione cartolare azionata, atteso che la immobilia

re Giovannoni ha assunto soltanto un'obbligazione di garanzia

(avallo), che potrebbe essere stata apposta in qualsiasi momento

(a prescindere dalle questoni di inefficacia dell'avallo, introdotte

dalla difesa della curatela solo in comparsa conclusionale).

Infine, con riferimento al tema della posizione del curatore,

va segnalata una questione di ordine pratico, peraltro di signifi

cato notevole: qualora si volesse assumere che il curatore, nel

corso del procedimento di verifica, assume la posizione di avente

causa dal fallito, si potrebbe, comunque, pervenire all'esclusione

dei crediti portati da cambiali non protestate mediante l'esperi

mento, surrettizio, dell'azione di impugnazione ex art. 100 1. fall.,

proposta da un qualsiasi creditore che, ad avviso della giurispru

denza, è certamente terzo (Cass. 4 giugno 1986, n. 3742, id., Rep.

1986, voce cit., n. 529). Un ultimo accenno va condotto con riguardo alla censura di

errato conteggio del credito escluso: effettivamente la prospetta

zione del conteggio, siccome esposta dal creditore opponente è

esatta; il credito portato dalle cambiali non protestate è stato in

sinuato solo per lire 78.000.000 più lire 1.677.994 per interessi;

in tale ottica, avuto riguardo alla cifra indicata in ricorso e alla

correzione da effettuare, il credito totale della Banca popolare

di Novara da ammettere allo stato passivo del fallimento immo

biliare Giovannoni s.p.a., ammonta a complesive lire 316.442.610.

Il Foro Italiano — 1990.

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 24 febbraio 1989; Pres. Lo

Turco, Est. Galbiati; Federazione nazionale stampa italiana

e Mafai (Avv. D'Amati) c. Pannella (Avv. Caiazza).

TRIBUNALE DI ROMA;

Responsabilità civile — Diffamazione col mezzo della stampa —

Diritto di critica — Modalità di esercizio — Uso di espressioni insultanti — Legittimità — Limiti (Cost., art. 21; cod. civ.,

art. 2043).

Il diritto di critica, inteso come estrinsecazione del più ampio diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, e postu lante la verità dei fatti su cui si esercita, non è escluso dall'uso

di espressioni in sé insultanti quando esse sono funzionalmente correlate ai giudizi profferiti, non avulse dal contesto critico

in cui sono pronunciate, congruenti al livello di polemica rag

giunto, nonché strumentali, nell'ottica del loro autore, all'e

nunciazione di significati concettuali od opinioni politiche. (1)

Svolgimetno del processo. — Con separati atti di citazione no

tificati in data 2-8 - 17 agosto 1984, la Federazione nazionale

stampa italiana e Maria Mafai convenivano in giudizio innanzi

al Tribunale di Roma l'on. Giacinto Marco Pannella.

Rappresentavano che la Federazione nazionale stampa italiana,

di cui Mafai era la presidente, in ogni occasione aveva difeso

la libertà dei giornalisti nell'esercizio della loro professione, spe

cie in relazione a recenti decisioni giudiziarie comportanti la con

danna in sede penale di giornalisti, ritenuti responsabili del reato

di diffamazione a mezzo stampa, a pesanti sanzioni patrimoniali a titolo di risarcimento del danno. In particolare, il segretario della Federazione della stampa Sergio Borsi (in un'intervista fatta

al quotidiano La Repubblica) aveva stigmatizzato il comporta

mento dei giudici del Tribunale di Terni i quali, con sentenza

in data 10 ottobre 1983, avevano condannato tre giornalisti al

pagamento di una provvisionale a titolo di risarcimento del dan

no di lire 100.000.000 per ciascuno perché ritenuti colpevoli di

avere diffamato i magistrati Achille Gallucci, Raffaele Vessichelli

ed il colonnello Federico Marzollo. Successivamente, con senten

za in data 27 marzo 1984, il Tribunale di Roma in sede civile

aveva condannato i giornalisti Giorgio Rossi ed Eugenio Scalfari

nonché la s.p.a. editoriale «La Repubblica» a risarcire il

(1) La pronuncia si inserisce nella delicata vicenda dei rapporti fra mondo

politico e potere giornalistico in modo inusuale, cioè a parti invertite,

poiché questa volta è un parlamentare, noto per la sua irruenza polemica, a doversi difendere dall'accusa di aver leso la reputazione di un'afferma

ta professionista della carta stampata. La sentenza trova un precedente in termini pressoché puntuali in Trib.

Roma 24 maggio 1985, Foro it., 1987, II, 253, con nota di richiami.

I giudici romani si sono espressamente richiamati alla triade di principi enunciata in due celebri sentenze della Suprema corte a cavallo dei primi anni ottanta: verità, pertinenza e continenza segnano l'ambito delle esi

menti costituite dall'esercizio del diritto di cronaca e di critica, entrambi

di derivazione costituzionale (v., da ultimo, Cass. 7 ottobre 1987, Alexis,

id., Rep. 1988, voce Ingiuria e diffamazione, n. 22; 15 gennaio 1987,

Albertario, ibid., n. 14; v. altresì Trib. Roma 25 ottobre 1988, id., 1989,

II, 40). Che l'esposizione dei fatti o l'affermazione dei giudizi in modo misura

to non escluda coloriture polemiche, toni aspri e financo l'uso di termini

oggettivamente offensivi che non abbiano equivalenti, purché npn ridon

danti ai fini del concetto da esprimere, è sostenuto da Cass. 23 aprile

1986, Emiliani, id., Rep. 1988, voce cit., n. 9; 3 maggio 1985, Ruschini,

id., Rep. 1987, voce cit., n. 24. In dottrina Garaventa, La diffamazione a mezzo stampa: un orientamento «liberale» del Tribunale di Genova, in Giust. pen., 1986, II, 732, giustifica il minor rigore nell'accezione di

continenza con la naturale tendenza del cronista alla partecipazione emotiva.

D'altro canto, una vivace e sana polemica, basata sulla contrapposizio ne anche violenta delle idee, è coessenziale all'esercizio del diritto di criti

ca: v. Cass. 12 dicembre 1986, Adami, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 11; Trib. Bologna 22 dicembre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 17;

e, per un'applicazione in materia artistica del principio per cui non difet

ta la continenza alla critica omogenea ai toni del dibattito in corso, v.

Trib. Milano 25 gennaio 1988, id., Rep. 1988, voce Responsabilità civile,

n. 82. Un profilo di novità della sentenza in rassegna può forse rinvenirsi

nel modo, accentuatamente soggettivo, in cui i giudici hanno inteso il

rapporto di congruità fra il concetto e le sue modalità di espressione; sicché viene adombrata la possibilità che taluno scelga la fraseologia che

gli pare più adeguata per comunicare il proprio pensiero restando sotto

l'ala protettrice della scriminante, ancorché su tale giudizio influisca una

certa attitudine alla polemica e veemenza temperamentale.

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