Sentenza 27 dicembre 1956; Pres. Elia P., Est. Zappulli; Marini e Castelli (Avv. Marini) c.Ministero degli interni (Avv. dello Stato Ciardulli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 80, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1957), pp. 1871/1872-1875/1876Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23147091 .
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1871 PARTE PRIMA 1872
lativamente a quell'anno, per il disposto dell'art. 1 decreto
legisl. 5 agosto 1952, era stato fissato all'11 del mese di no vembre ; e non possono, parimenti, invocare alcun diritto
in virtù del 3° comma dell'art. 46, poiché, come già si è ri
levato, tale norma fu emanata al solo scopo di salvaguar dare i diritti dei conduttori a qualsiasi titolo.
Le domande attrici vanno in conseguenza respinte. Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI ROMA.
Sentenza 27 dicembre 1956 ; Pres. Elia P., Est. Zappulli ; Marini e Castelli (Avv. Marini) c. Ministero degli in
terni (Avv. dello Stato Ciardulli).
Proprietà — Immissioni provenienti da immobile
appartenente alla pubblica Amministrazione —
Competenza del giudice ordinario — f.imiti (Cod. civ., art. 844).
Luci e vedute — Patrimonio indisponibile dello Stato — Applicabilità delle norme del eodicc civile —
Competenza del giudice ordinario — Limiti (Cod. civ., 828, 900 segg.).
L'art. 844 cod. civ. trova applicazione anche quando i fatti
pregiudizievoli ivi preveduti derivino da un immobile ap
partenente alla pubblica Amministrazione o da questa destinato ad un servizio pubblico (nella specie, caserma
per reparti di polizia a cavallo con annessi maneggio e
scuderie, dai quali provenivano intollerabili esalazioni per le proprietà vicine) ; in tale ipotesi, non si contesta il
potere della pubblica Amministrazione di destinare l'im
mobile all'uso ritenuto più opportuno agli interessi pub blici ed è pertanto competente il giudice ordinario a di
chiarare la illegittimità dell'uso stesso nelle sue attuali
modalità, con la conseguente condanna della pubblica Am
ministrazione al risarcimento dei danni. (1) Anche per i beni del patrimonio indisponibile dello Stato
vanno osservate le comuni norme sulle distanze e sulle
vedute dettate dal codice civile ; è però improponibile da
vanti al giudice ordinario la domanda di condanna della
pubblica Amministrazione alla modifica della situazione
dei luoghi che violi dette norme, della quale situazione
detto giudice può solo dichiarare l'illegittimità. (2)
Il Tribunale, eco. — La domanda proposta dagli at
tori, quali comproprietari di un contiguo immobile, è di
retta ad ottenere dall'autorità giudiziaria ordinaria, come
precisato in citazione, la dichiarazione di « illegittimità dell'uso a scuderia e maneggio del fabbricato in Roma, Via Flaminia . . . perchè producente immissioni intollera bili nelle proprietà dei confinanti » e il conseguente risar cimento dei danni. Causa petendi è la dedotta violazione del diritto degli attori di non subire illecite immissioni nel loro immobile ; petitum è la dichiarazione di illegitti mità della condotta della pubblica Amministrazione e il risarcimento dei danni derivanti dalla stessa.
Eccepisce, invece, l'Amministrazione convenuta che l'autorità giudiziaria non può giudicare dell'uso che essa abbia fatto del suo potere discrezionale di destinare a ca serma e scuderia l'immobile in questione, costituente suo bene indisponibile, nel modo ritenuto più idoneo per le
esigenze del servizio di polizia. L'eccezione è infondata. Gli attori, con la domanda
come formulata nella citazione, non contestano il potere
(1) Nulla in termini. In genere, v. App. Bologna 31 marzo 1955, Foro it., 1955, I, 1739, con nota di richiami ; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1955, n. 609, id., 1956, III, 238, con nota di ri chiami. Di recente : Cass. 28 febbraio 1957 n. 730, retro, 549, con osservazione di Branca.
(2) Non risultano precedenti specifici editi. In dottrina V. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, IV, Milano, 1955, pag. 141 seg.
discrezionale dell'Amministrazione di destinare a caserma, e più specificamente a sede di reparti a cavallo con le ne
cessarie scuderie, l'immobile attualmente occupato od al
tro, indipendentemente dalla sua ubicazione, ma lamen
tano le intollerabili e illegittime immissioni nella loro pro
prietà conseguenti da questo uso. E, infatti, non può di
sconoscersi il potere dell'Amministrazione convenuta di
costruire le caserme nei posti ritenuti più idonei e di di
stribuire nelle stesse i reparti secondo la maggiore corri
spondenza ai fini istituzionali della Pubblica sicurezza, nonché di adattare nel modo ritenuto più opportuno le
caserme alle esigenze dei reparti alloggiati. Né vi è alcuna
norma di legge che conferisca al proprietario di alcun im
mobile il diritto di non avere nelle vicinanze, e addirittura
al confine, caserme con relative scuderie, autorimesse, o
depositi e altri accessori.
Ma va tutelato, peraltro, il diritto, previsto dall'art.
844 cod. civ. e vantato dagli attori, del proprietario di un
fondo di non subire « le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori. . . derivanti dal fondo del vicino »
che « superino la normale tollerabilità » avendo riguardo allo stato dei luoghi. E, poiché non vi è alcuna norma di
legge che legittimi l'Amministrazione a imporre per i fondi
vicini a caserme l'obbligo di tollerare le suddette immissioni, è giustamente dedotta dagli attori, a fondamento della
loro domanda, la violazione del citato articolo.
Non può indurre a diversa soluzione la eccepita rela
tività della tutela di cui all'art. 844, per la quale le immis
sioni sono vietate solo nel caso che siano intollerabili e in relazione allo stato dei luoghi, nonché con l'obbligo pei l'autorità giudiziaria di « contemperare le esigenze della
produzione con le ragioni della proprietà » e con la facoltà di « tenere conto della priorità di un determinato uso » ;
questi criteri meno rigidi di valutazione sono posti dalla
citata norma in favore e in danno di qualsiasi soggetto giuridico e non specificamente nei confronti della pubblica Amministrazione, che non può, come tale, godere in simili
casi diritti maggiori di un qualsiasi privato proprietario confinante. Pertanto, la riduzione del diritto di escludere
le altrui immissioni, quando proprietario confinante sia la
pubblica Amministrazione, non avviene per una subordi nazione verso il potere della stessa, come nel caso dei di
ritti affievoliti, richiamati erroneamente dalla parte con
venuta, ma per un contemperamento espressamente pre visto dalla legge di diritti di pari natura, anche se di con tenuto inverso, di proprietari confinanti, quali essi siano.
Riconosciuta, pertanto, la sussistenza di un diritto de]
proprietario, non sottoposto a condizioni e limiti discrezio nali da parte della pubblica Amministrazione, di non subire le immissioni, ne consegue, per il considerato contenuto della domanda, la competenza del giudice ordinario ad accertare se sussista o meno la violazione di tale diritto. È principio costantemente affermato che « ricorre la com
petenza del giudice ordinario tutte le volte in cui si neghi che un potere discrezionale sia conferito alla pubblica Am ministrazione nella materia in contestazione, mentre si ha la competenza del giudice amministrativo ove, sul presup posto della esistenza di un potere discrezionale, si contro verta sull'esistenza di esso, che si assume scorretto sotto
l'aspetto della competenza, della forma o del contenuto »
(Cass, civ., Sez. un., 23 maggio 1955, n. 1514, Foro it., Rep. 1955, voce Competenza civile, n. 92).
Giova ricordare che, in analoga materia, è stata rite nuta dalla Corte di cassazione la risarcibilità del danno, e perciò la competenza dell'autorità giudiziaria, quando il medesimo sia stato cagionato a privati per difetti tecnici di un poligono di tiro, per non essersi adottati mezzi idonei ad evitare danni ai terzi nel corso di esercitazioni (Cass. civ. 25 febbraio 1943, n. 432, Foro it., Rep. 1943-45, voce Responsabilità civile, n. 162).
Essendo stato già precisato che la domanda di dichia razione di illegittimità non si riferisce all'atto amministra tivo che ha destinato l'immobile a caserma, ma all'uso
illegittimo, perchè fatto senza evitare l'immissione in alieno. deve il Collegio respingere l'eccezione di prescrizione op posta dall'Amministrazione, perchè, decorrendo il relativo
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1873 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CTVTLE 1874
termine dalla lesione del diritto, la stessa si rinnova ogni volta ohe per l'intollerabilità e l'intensità degli odori si verifica una illegittima immissione nella loro proprietà. Il permanente rinnovarsi della lesione, determinando sem
pre nuovi danni, non impedisce che possa prescriversi, col decorso del termine, il diritto al risarcimento per quelli
già cagionati in epoca corrispondente alla prescrizione ma
turata, ma produce quelli nuovi per i quali la stessa non
può essersi verificata.
Nel merito, ritiene il Collegio che sono state prodotte le lamentate lesioni in misura tale da essere intollerabili
per gli abitanti delle case vicine, come può evincersi dalle stesse ammissioni dell'Amministrazione convenuta e dalla
espletata consulenza tecnica. (Omissis) Ritenuto in conseguenza che le stesse (immissioni)
siano, in sè considerate, intollerabili per la persistenza e
l'intensità, rimane da accertare se i criteri correttivi in dicati dallo stesso art. 844 possano escludere il diritto degli attori a respingere le lamentate immissioni.
Per quanto riguarda la condizione dei luoghi e la prio rità dell'uso, può ben ritenersi, in assenza di contestazioni, che la destinazione dell'immobile a caserma per reparti a
cavallo fosse anteriore alla costruzione e destinazione ad
abitazione delle confinanti palazzine, ma va pure consi derato che la priorità dell'uso non può rendere permanente quella immissione nei fondi confinanti che, tollerabile fin
quando gli stessi erano destinati ad uso agricolo o erano
abbandonati, non può più esserlo quando i medesimi sono stati resi fabbricabili per gli ulteriori sviluppi della città. Potrà quest'elemento influire in sede di valutazione del danno risarcibile, ma non può tale priorità prevalere sul normale diritto di proprietà, in quanto non si tratta di una comune molestia limitata a poche ore o giorni, ma di una
immissione permanente per sua natura, anche se non sem
pre di uguale intensità, secondo le variazioni del vento e dello stato atmosferico, e che, d'altra parte, investe esi
genze fondamentali di igiene, nonché di decoro, per le
(piali il contemperamento previsto dall'art. 844 non è ap plicabile. Non va, infatti, dimenticato come il legislatore, nello stesso codice civile, ha così energicamente tutelato le esigenze dell'igiene, da escludere, in materia di locazioni, la validità pure della espressa rinunzia del conduttore alla
risoluzione per vizi della cosa locata pericolosi per la salute di lui o dei dipendenti e familiari (art. 1580). A maggior ragione le esigenze igieniche non possono essere trascurate nella valutazione rimessa al giudice per il contempera mento degli opposti diritti dei confinanti. - 1 Allo stesso criterio della priorità, già considerato, è
collegata l'eccezione proposta dall'Amministrazione per es sere stato l'immobile degli attori costruito e abitato con la consapevolezza della molestia lamentata. Ma, oltre
quanto rilevato in precedenza, va osservato che la cono scenza di un danno illecito non costituisce acquiescenza al medesimo e obbligo di sopportarlo in permanenza, men tre è da ritenere che in un primo tempo gli attori abbiano atteso che spontaneamente la pubblica Amministrazione
provvedesse ad eliminare il danno o a renderlo tollerabile. D'altra parte, anche su questo punto, si deve ricordare che non la destinazione dell'immobile a caserma con scu deria produce il danno lamentato, ma il corrispondente uso di essa senza l'osservanza dei mezzi necessari a esclu dere le immissioni, come tali danneggiarti i vicini e non strettamente inerenti all'attività svolta nella caserma stessa. Pertanto, anche ai fini della priorità, va considerato non la destinazione astratta dell'immobile ma l'uso effet tivamente fatto di essa, che nella specie non è stato con
forme alle esigenze e norme tecniche. Il ripetuto art. 844 si richiama anche alle « esigenze
della produzione » per la valutazione delle immissioni, ma
questo elemento di riferimento non può essere preso in
considerazione, perchè le citate esigenze non possono iden
tificarsi con l'interesse pubblico in genere inerente al buon
funzionamento dei servizi di polizia : non possono dette
attività considerarsi come una « produzione » per la loro
natura pubblica, per la diversità dei fini e del contenuto, e per l'assenza di diretti beneficiari, di un immediato pro
dotto e di un fine economico. Non può dubitarsi che la
esigenza di un efficiente servizio di polizia sia superiore a quella di una qualsiasi produzione privata, ma l'avere fatto il legislatore un espresso richiamo a un determinato criterio di valutazione fondato sull'esame della stessa non
consente di assumere a base della valutazione interessi
generali diversi, anche se di carattere superiore. Non è
da trascurare, infatti, che proprio in materia di diritti
reali il legislatore ha specificamente indicato gli interessi
privati che devono essere valutati dal giudice, mentre per
quelli pubblici ha rimesso, nei vari casi, in conformità
ai principi generali del nostro ordinamento, la loro valuta
zione a determinate autorità amministrative, pur facen
done derivare poi limitazioni e vincoli alla proprietà pri vata. Pertanto, non può il giudice prendere in considera
zione l'anzidetto interesse generale, in quanto ciò impor terebbe, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, una valutazione da parte sua dei fini perseguiti dalla pub blica Amministrazione, nonché dei mezzi e delle modalità
usate per il loro perseguimento, che gli è del tutto preclusa, sia in favore sia in danno dell'Amministrazione stessa.
Ritenuto, in conseguenza, che la rilevata gravità delle
immissioni prodotte dall'uso della scuderia in questione nei confronti della vicina proprietà degli attori rende in
tollerabili le medesime, senza che vi sia alcun vincolo della
stessa o alcuna giustificazione prevista dalla legge, deve
il Collegio dichiarare l'illegittimità dell'attuale uso delle
scuderie e del maneggio del fabbricato dell'Amministra
zione convenuta per le lamentate immissioni, condannando
la medesima al risarcimento dei danni da liquidarsi in
separato giudizio, come da domanda attrice. Occorre pre cisare che la dichiarazione di illegittimità è fatta in rela
zione all'uso attuale, non potendosi escludere in via as
soluta, per non esservi stata alcuna prova al riguardo, che migliori precauzioni e misure tecniche o una riduzione
del numero dei cavalli contenuti possano impedire total
mente o rendere tollerabili le lamentate immissioni.
Per la seconda domanda degli attori, relativa cioè alla
esclusione della possibilità di affaccio diretto dalla ter
razza posta sopra la scuderia alla proprietà dei medesimi, rileva il Collegio che non vi è necessità d'integrazione del
contraddittorio con gli altri condomini dello stabile, perchè i richiedenti agiscono a tutela dei loro diritti di proprietà esclusiva su una determinata parte del medesimo.
Deve, invece, riconoscersi fondata l'eccezione di im
proponibilità della domanda attrice diretta ad ottenere la
esecuzione di opere murarie per l'eliminazione delle vedute
in questione, perchè, ai sensi dell'art. 4 dell'ali. E legge 20 marzo 1865 n. 2248, non può l'Amministrazione essere
condannata nei giudizi innanzi l'autorità giudiziaria ordi
naria a fare ciò che sia ritenuto legittimo dalla stessa, la quale deve, invece, limitarsi « a conoscere degli effetti
dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio ».
Peraltro, nella domanda di costruzione o di modifica dello
stato attuale è implicitamente contenuta, come suo ele
mento necessario, quella di accertamento e dichiarazione
della illegittimità dello stato attuale per quanto riguarda il lamentato affaccio. Non potrebbe, infatti, in linea ge nerale concepirsi l'ordine a un qualsiasi soggetto di modifica
o demolizione delle opere esistenti senza la previa dichia
razione di illegittimità delle medesime, e, del resto, gli stessi attori, nella precisazione delle conclusioni, hanno
meglio specificato la domanda chiedendo che si dichiari
l'inesistenza di servitù di veduta sulla loro proprietà. Ritenuta la conseguente sostanziale pluralità dei capi
di domanda, nonostante l'apparente unità, deve il Collegio esaminare quale sia la causa petendi e se l'improponibilità in questa sede sussista per entrambi i capi suddetti.
Deducono gli attori, anche per questa domanda, che
causa petendi è la violazione dei loro diritti di proprietà sull'immobile confinante con la caserma.
Riconosce il Collegio che nessuna norma esonera i beni
indisponibili dello Stato dall'osservanza delle comuni norme
sulle distanze e sulle vedute, dirette o oblique, previste dal codice civile ; ciò è confermato implicitamente ma ine
quivocabilmente dall'art. 879, il quale ha stabilito espli
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1875 PARTE PRIMA 1876
oitamente la non assoggettabilità alla comunione forzosa
dei muri di cinta per « gli edifici appartenenti al demanio
pubblico e quelli soggetti allo stesso regime, nè gli edifici cbe sono riconosciuti di interesse storico, arcbeologico o artistico ». Agevolmente si rileva che l'eccezione di cui al
citato articolo non è applicabile nella specie, sia per essere
le caserme beni indisponibili diversi da quelli previsti, sia
per riferirsi il riportato articolo a oneri e servitù di altro
genere. E la citata eccezione non avrebbe avuto motivo
di essere prevista specificamente dal legislatore, ove i beni
indisponibili fossero stati esclusi in genere dall'osservanza
delle norme comuni sulla proprietà fondiaria.
L'applicabilità, così ritenuta, dell'art. 905 al bene indi
sponibile considerato, importa cbe la violazione del detto
articolo, conferente un diritto al proprietario confinante,
legittima la parte lesa a convenire per la medesima la
pubblica Amministrazione innanzi l'autorità giudiziaria or
dinaria. Sussiste, pertanto, la causa petendi richiesta per la
giurisdizione della medesima, e, anche se il petitum deve
concorrere per la determinazione della giurisdizione, è
principio ormai affermato dalla Corte di cassazione (15
gennaio 1954, n. 65, Foro it., 1954, I, 222) che elemento
preponderante è la causa petendi, onde « ove la domanda
sia costituita da più capi impostati sul fondamento della
lesione di un diritto, anche se taluno di essi trascende i
limiti segnati alla competenza dell'autorità giudiziaria . . .
non può farsi questione di difetto di giurisdizione del giu dice adito, ma di semplici limiti nei quali va contenuta la
pronuncia stessa ».
Ne consegue che la riportata pluralità sostanziale tlelle
domande attrici consente di ritenere la competenza del
giudice adito a conoscere la domanda di dichiarazione di
illegittimità dell'attuale sistemazione della terrazza e del
relativo parapetto, anche se deve dichiararsi l'improponi bilità della domanda di modifica della stessa. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI BOLOGNA.
Sentenza 28 luglio 1956 ; Pres. Accurso P., Est. Mar ziano ; Comune di Bologna (Avv. De Lauretis) c.
I.n.a.i.l. (Avv. Bezicheri, Manferrari, Giannelli) e Società immob. edilizia nord-S.i.e.n. (Avv. Candian,
Grossi).
Obbligazioni e contratti — Accollo — Condizione di liberazione «lei debitore — Adesione del creditore
Manca nza — Irrilevanza (Cod. civ,, art. 1273).
In tema di accollo di debito non è necessario che il creditore dichiari espressamente di liberare il debitore, qualora nella stipulazione dell'accollo sia stata inserita la con dizione della liberazione del debitore originario. (1)
(1) In tema di accollo privativo.
1. — Il caso esaminato dalla sentenza è il seguente : il Comune di Bologna aveva venduto all'I.n.a.i.l. un terreno edi ficabilc sul quale l'acquirente si obbligava a costruire edifici adeguati alla importanza della località. Successivamente l'I.n.a.i.l. vendeva il bene ad altro ente, il quale si assumeva l'obbligo del l'alienante.
In seguito all'inadempimento, il Comune chiamava in giu dizio il primo acquirente per ottenere la risoluzione del contratto, e intendeva inoltre esercitare un'azione surrogatola nei con fronti del successivo acquirente che si era accollato il debito.
Esattamente il Tribunale ha rilevato che l'indagine da svol gere per la decisione della controversia doveva tendere a preci sare : a) se il negozio col quale si era stipulato l'accollo fosse perfetto ed efficace ; b) se il debitore originario, primo acquirente, fosse ancora obbligato nonostante che il debito fosse stato or mai assunto dal successivo avente causa. L'accollo, infatti, può determinare una assunzione cumulativa oppure privativa del
l'obbligazione. Nel primo caso il debitore originario e l'assuntore
divengono obbligati solidali nei confronti del creditore, nel se
Il Tribunale, ecc. — (Omissis). Passando all'esame
della domanda attrice diretta, nei riguardi dell'I.n.a.i.l., alla risoluzione del contratto di compravendita 30 maggio 1940, per preteso inadempimento, da parte di detto Istituto,
dell'obbligo contrattuale, che secondo l'assunto dell'attore
sarebbe essenziale, di costruire sull'area compravenduta, nel termine all'uopo fissato, un edificio adeguato all'im
portanza della località, osserva il Collegio che, essendo
pacifico fra le parti che per tutto il periodo in cui l'Istituto
convenuto rimase proprietario dell'area esso si trovò nella
condo, invece, si opera una sostituzione nel lato passivo del rap porto obbligatorio nel senso che il debitore originario resta li berato, mentre obbligato diviene l'assuntore.
La soluzione del primo problema è, sotto un profilo pratico, rilevante per quanto riguarda la idoneità funzionale dell'accordo tra debitore e assuntore a determinare la vicenda del rapporto obbligatorio e per stabilire il ruolo che assume l'adesione del creditore rispetto alla stipulazione di accollo.
È opportuno precisare che tale indagine non era necessaria nel caso in esame. Infatti la ricerca non potrebbe condurre che a due risultati a seconda che i consideri o no l'adesione del cre ditore come elemento essenziale per la perfezione dell'accollo. Ma, posto che il creditore (Comune di Bologna) aveva aderito
all'accollo, non potevano sussistere dubbi sulla perfezione della
stipulazione convenuta tra l'I.n.a.i.l. ed il successivo acquirente. Così, mentre siamo sostanzialmente concordi con la con
clusione cui perviene il Tribunale in ordine alla perfezione del l'accollo ed alla sua completa efficacia, non possiamo condi videre le affermazioni relative alla configurazione dell'accollo. Nella motivazione si configura l'accollo come un contratto a fa vore di terzo e lo si considera, quindi, sempre perfetto con il
semplice accordo intervenuto tra accollante ed accollato (1). Il Tribunale si è in tal modo richiamato alla dottrina dominante (2), trascurando le obiezioni che contro questa configurazione sono state, di recente, avanzate (3).
Prescindendo da un esame accurato del problema, che ri chiederebbe una più ampia indagine, può agevolmente rilevarsi che il considerare la stipulazione perfetta con il semplice ac cordo tra debitore e assuntore implica una vi ione unitaria del l'istituto che sembra non del tutto accettabile perchè non ri
spondente alla realtà pratica del fenomeno economico. L'ob
bligo altrui può essere assunto con diversi intendimenti. Così, restando aderente alla motivazione, il Tribunale stesso accenna all'accollo semplice, a quello cumulativo ed a quello privativo.
Nell'accollo semplice la stipulazione produce effetti solo tra le parti — accollo con effetti interni — (4) e, ovviamente, il
(1) L'adesione del creditore viene considerata come un elemento esterno rispetto alla stipulazione di accollo. In tal senso la dottrina dominante. Cfr. : gli AA. citati nella nota seguente, cui adde : Fer rara, I negozi sul 'patrimonio altrui, in Riv. dir. comm., 1937, I, 179. Il Santoro Passarelli (Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1957, pag. 215 se?.) equipara i'adesione del terzo alla dichiarazione del de bitore che intende usufruire della remissione del debito.
(2) Cfr. per tutti: Giorgianni, Lezioni di diritto civile, 1952-1953, Catania, pag. 171 seg. ; Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1952, pag. 35, nota 8; Barassi, Teoria gen. delle obbligazioni, Milano, 1948, vol. I, pag. 324 e vol. II, pag. 207 ; sostanzialmente an che Mhjssinteo, Dottrina gen. del contratto, Milano, 1948, pag. 404 seg. Alla figura del contratto a favore di terzi si richiama pure la dottrina tedesca limitatamente, però, allo Schuldbeitritt o Schuldmitiibernahme. Cfr. Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts. Miinchen nnd Berlin, 1953, vol. I, pag. 2/6 ; Schmidt, Burgerliches Recht, II Schuldrecht, Berlin, 1953, pag. 71 ; Enneccerus Lehman^, Recht der Schuldcerhàltnisse, Tubin gen, 1954, pag. 326. Perla dottrina svizzera cfr.: Guhl, Das schwei zerische Obligationenrecht, Ziiricb, 1956, pagg. 144 seg. e 221 seg. Con particolare riferimento al sorgere immediato del diritto deJ terzo direttamente dalla stipulazione, cfr. inoltre : Flattet, Le rontrats pour le compte d'autrui, Paris, 1950, pag. 157 ; Baldawi, La stipulation pour autrui en droit suisse et frangais, Genève, 1954, pag. 87 segg. Per la giurisprudenza cfr.: Cass. 25 luglio 1950, n. 2078, Foro it., 1951, I, 312 ; App. Napoli 6 marzo 1953, id., Rep. 1953, voce Obbligazioni e contratti, n. 382; Cass. 7 maggio 1953, n. 1271 ibid., nn. 375-380 ; App. Genova 10 agosto 1955, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 388-391.
(3) Cfr.: Falzea, L'offerta reale e la liberazione coattiva del debi tore, Milano, 1947, pag. 305 segg.; Rescigno, Accollo e contratto a fa vore di terzo, in Banca, borsa, ecc., 1953, I, pag. 37 segg. (pubbl. anche in Atti del primo convegno nazionale di studi giuridico-comparativi Roma, 1953, pag. 606).
(4) Circa il criterio di distinzione tra accollo semplice e cumula tivo non vi è molta concordia in dottrina, nè la distinzione risulta sempre chiara. Cfr. : De Ruggiero, Accollo, in Dizionario pratico del dir. privato, vol. I, pag. 48. La distinzione accennata nel testo viene fondata sull'efficacia riflessa dell'accollo cumulativo, efficacia che man cherebbe nell'accollo semplice. Questa configurazione si giustifica per il rilievo che l'accollo disciplinato positivamente — art. 1273 — si at
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