sentenza 30 dicembre 1987, n. 620 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 gennaio 1988, n. 1);Pres. Saja, Est. Casavola; Broussard e altri (Avv. Rienzi, Cassandro, Salberini) c. Min. pubblicaistruzione e altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Tallarida). Ord. T.A.R. Lazio 29maggio 1985 (due) (G.U., 1 a s.s., nn. 24 e 37 del 1986), 26 febbraio 1986 e 16 aprile 1986 (G.U.,1 a s.s., n. 19 del 1987), 5 n ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1815/1816-1819/1820Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181302 .
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1815 PARTE PRIMA 1816
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 1987, n. 620
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 gennaio 1988, n. 1); Pres.
Saia, Est. Casavola; Broussard e altri (Avv. Rienzi, Cassan
dra, Salberini) c. Min. pubblica istruzione e altri; interv. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Tallarida). Orci. T.A.R. La
zio 29 maggio 1985 (due) (G.U., la s.s., nn. 24 e 37 del 1986), 26 febbraio 1986 e 16 aprile 1986 (G.U., la s.s., n. 19 del
1987), 5 novembre 1986 (G.U., la s.s., n. 23 del 1987); T.A.R.
Umbria 30 ottobre 1986 (G.U., la s.s., n. 28 del 1987).
Istruzione pubblica — Università — Giudizi di idoneità a profes sore associato — Costituzione di più di una commissione giudi catrice — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art.
3, 24, 76, 97, 134, 136, 137; 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipendenza della Corte costituzionale, art. 1; 1. 21 feb
braio 1980 n. 28, delega al governo per il riordinamento della
docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la
sperimentazione organizzativa e didattica, art. 5; d.p.r. 11 lu
glio 1980 n. 382, riordinamento della docenza universitaria, re
lativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizza tiva e didattica, art. 51; 1. 9 dicembre 1985 n. 705, interpreta zione, modificazioni e integrazioni al d.p.r. 11 luglio 1980 n.
382, art. 10). Istruzione pubblica — Università — Giudizio di idoneità a pro
fessore associato — Candidati titolari e no di incarico di inse
gnamento — Identità di procedimento — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 21 febbraio 1980 n. 28, art. 5; d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, art. 50, 51, 52, 53).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, 2" comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in cui pre vede che, nell'ipotesi in cui i candidati al giudizio di idoneità a professore universitario associato siano per un raggruppa mento disciplinare più di ottanta, debbano essere costituite più commissioni giudicatrici, tra le quali i candidati debbano essere distribuiti in parti uguali mediante sorteggio, in riferimento agli art. 3, 76 e 97 Cost. (1)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 l. 9 dicembre 1985 n. 705, nella parte in cui interpreta autenti camente l'art. 51, 2° comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, ne! senso che questo prevede la formazione di più commissioni giu dicatrici per un solo raggruppamento disciplinare nell'ipotesi che siano più di ottanta i candidati al giudizio di idoneità a professore universitario associato, affermando la sua confor mità ai principi stabiliti in proposito dall'art. 5 della legge di delegazione 21 febbraio 1980 n. 28, in riferimento agli art. 24, 134, 136, 137 Cost, e all'art. 11, cost. 9 febbraio 1948 n. 1. (2)
(1-2) Tra le ordinanze di rimessione, T.A.R. Umbria è riportata in Fo ro it., 1987, III, 568, con nota di richiami, e T.A.R. Lazio è riassunta con la data 11 settembre 1985, n. 946, id.. Rep. 1986, voce Istruzione pubblica, n. 368.
La sentenza riguarda la soluzione adottata dall'art. 51 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, emanato in base alla legge di delegazione 21 febbraio 1980 n. 28, per stabilire un rapporto tra il numero dei componenti delle com missioni giudicatrici dei giudizi di idoneità a professore universitario as sociato e il numero dei candidati.
Che un rapporto del genere debba esistere, è principio affermato già per i concorsi a professore universitario ordinario (i c.d. professori di prima fascia): in particolare, l'art. 3 1. 7 febbraio 1979 n. 31, richiamato dall'art. 41 d.p.r. 382/80, ha adottato in proposito la soluzione di preve dere un numero minimo di commissari, cinque, nel caso nel quale i can didati non siano più di sessanta, aumentabile a due a due, fino ad un massimo di nove, per ogni venti candidati in più. E il d.p.r. stesso, che ha istituito la categoria dei professori associati (i c.d. professori di secon da fascia), ha adottato una soluzione analoga per i relativi concorsi, su puntuale indicazione dell'art. 5 1. 28/80.
Senonché questa legislazione del 1980 si è posta lo scopo di facilitare la sistemazione in ruolo (sia pure solo dei docenti di seconda fascia) dei professori incaricati, e del personale universitario non avente la responsa bilità di corsi di insegnamento (assistenti ordinari, tecnici laureati, ecc.); e lo ha raggiunto prevedendo per questi un semplice giudizio di idoneità, ossia senza predeterminazione di un massimo di posti. Quanto al numero dei componenti delle relative commissioni giudicatrici, già l'art. 5 1. 28/80 l'aveva stabilito in modo fisso: tre componenti; e l'art. 51 d.p.r. 382/80, recependo questa indicazione, ha risolto il problema con la diversa solu zione della moltiplicazione delle commissioni giudicatrici, nel caso che i candidati fossero più di ottanta.
Il Foro Italiano — 1988.
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5
1. 21 febbraio 1980 n. 28 e degli art. 50, 51, 52 e 53 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in cui prevedono che i profes sori universitari incaricati siano sottoposti al giudizio di idonei
tà a professore universitario associato con le stesse modalità
stabilite per i candidati non titolari di corsi di insegnamento. (3)
Diritto. — 1. - Le ordinanze in epigrafe pongono questioni connesse che vanno decise con unica sentenza.
2. - Il T.A.R. per il Lazio, con ordinanze del 29 maggio 1985
(r.o. n. 131/86), del 29 maggio 1985 (r.o. n. 333/86), del 26 feb
Sono le questioni di costituzionalità di questa diversa soluzione che sono state sottoposte alla Corte costituzionale, sotto i profili dell'eccesso di delega (essa, a differenza dell'altra, non trova un puntuale riscontro nella legge di delegazione), della mancanza di garanzia della par condicio tra i candidati, e del rispetto del principio dell'imparzialità dell'ammini strazione. Ma la sentenza ha ritenuto tali questioni infondate: perché la soluzione della moltiplicazione delle commissioni giudicatrici, rispetto al
l'esigenza di mantenere un rapporto tra numero dei loro componenti e numero dei candidati, è da ritenersi già implicita nella scelta operata dal la legge di delegazione, di stabilire per tali commissioni il numero fisso di tre componenti; e perché l'imparzialità dell'amministrazione e la par condicio tra i candidati devono considerarsi assicurate dalla previsione da parte del legislatore delegato che essi vengano distribuiti in parti ugua li per sorteggio tra le varie commissioni.
La soluzione adottata dal legislatore delegato nel 1980 è stata confer mata dalla 1. 9 dicembre 1985 n. 705, con l'art. 10, che, all'inizio si
presenta come di interpretazione dell'art. 51 del d.p.r. delegato, ma che in realtà è di interpretazione dell'art. 5 della legge di delegazione: la por tata di questo viene ricostruita nel senso che già prevede la moltiplicazio ne delle commissioni giudicatrici. Anche della costituzionalità di questa norma si era dubitato, riproponendo nei suoi confronti la classica proble matica sulla costituzionalità delle leggi di interpretazione. Che la sentenza ha potuto evitare, perché aveva già attribuito alla legge di delegazione, sulla base della autonoma ricostruzione della sua portata, il significato che ha inteso conferirgli la norma di interpretazione autentica.
Per l'inquadramento delle disposizioni che la sentenza afferma non in
costituzionale, nella legislazione sui concorsi a professore universitario, v. la nota a Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 1988, n. 178, e a T.A.R.
Lazio, sez. I, 11 dicembre 1987, n. 1960 (in questo fascicolo, III, 269) che hanno affrontato questioni di legittimità di composizione di commis sioni giudicatrici di concorsi e di giudizi di idoneità a professore associato.
(3) In questa parte, la sentenza ha dovuto affrontare i dubbi di costitu zionalità degli art. 50 ss. d.p.r. 382/80 (e dell'art. 5 1. di delegazione 28/80), in quanto prevedono che i professori incaricati siano sottoposti al giudizio di idoneità a professore associato, con le stesse modalità di
sposte per le altre categorie di personale ammesso al medesimo giudizio, e non aventi responsabilità di insegnamento.
La sollevazione della questione ha un sottofondo che deve essere espli citato. Essa si basa sullo scopo già rilevato della legislazione del 1980, di favorire l'immissione nel ruolo dei professori universitari (di seconda
fascia), di personale universitario piuttosto eterogeneo: di professori, ma non di ruolo, e di non professori, anche se di ruolo. Anzi, secondo la logica dominante in questi anni, soprattutto nel susseguirsi di leggi con cernenti gli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado e i sanitari ospedalieri, secondo la quale lo svolgimento a titolo comunque precario di una data funzione tende a legittimare l'acquisto della titolarità di un
corrispondente posto in ruolo aggirando le ordinarie procedure di selezio ne concorsuale (cfr. art. 97 Cost., il cui 3° comma è più raramente invo cato), i primi, ossia i professori incaricati, avrebbero dovuto acquisire l'immissione in ruolo già solo, o quasi, in forza dell'insegnamento svolto: ossia, con valorizzazione dei loro titoli didattici, e minore rigore di valu tazione della sufficienza dei loro titoli scientifici, a dimostrare la loro «idoneità scientifica», richiesta per i professori associati tanto nei concor si che nei giudizi di idoneità (art. 42 e 51 d.p.r. 382/80). Di qui il dubbio dì costituzionalità della previsione di una uguale procedura per tutte le
eterogenee categorie aventi accesso a questi ultimi. La sentenza ha respinto anche questa censura, affermando che sarebbe
stata irrazionale, viceversa, la previsione di diverse prove di idoneità per il raggiungimento dell'unico status di professore associato.
Per qualche riferimento nella giurisprudenza amministrativa, cfr. le pro nunce che hanno affermato che la specificità dei concorsi a professore universitario, rispetto ad altre selezioni concorsuali, risiede appunto nel valore prevalente da attribuire ai titoli scientifici dei candidati, rispetto ai loro titoli di servizio, in particolare didattici: fra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 1986, n. 319, Foro it., Rep. 1986, voce Istruzione pub blica, n. 343; 31 gennaio 1984, n. 33, id., Rep. 1984, voce cit., n. 281; T.A.R. Lazio, sez. I, 16 marzo 1983, n. 233, id., Rep. 1983, voce cit., n. 403. [A. Romano] [A. Romano]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
braio 1986 (r.o. n. 137/87), del 16 aprile 1986 (r.o. n. 138/87), del 5 novembre 1986 (r.o. n. 201/87), e il T.A.R. per l'Umbria,
con ordinanza del 30 ottobre 1986 (r.o. n. 258/87) sottopongono
a questa corte le seguenti questioni di costituzionalità:
I) Se l'art. 51, 2° comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nel
prevedere la costituzione di più commissioni qualora il numero
dei concorrenti al giudizio di idoneità per l'inquadramento nella
fascia dei professori associati superi le ottanta unità: a) contrasti
con l'art. 76 Cost., col discostarsi dal dettato dell'art. 5 1. (di
delega) 21 febbraio 1980 n. 28, ove (4° comma) si rinvia, in ma
teria di composizione delle commissioni per i giudizi idoneativi,
al sistema stabilito per il concorso a regime (2° comma); b) con
trasti con gli art. 3 e 97 Cost., non assicurando la costituzione
di più commissioni per un medesimo raggruppamento disciplina
re né la par condicio dei partecipanti né il criterio di imparzialità
cui deve ispirarsi l'azione della p.a.
II) Se l'art. 10 1. 9 dicembre 1985 n. 705, contenente interpre
tazione autentica dell'art. 51 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, contra
sti con gli art. 24, 134, 136, 137 Cost, e con l'art. 1 1. Cost,
n. 1 del 1948, non dovendo essere consentito al legislatore ordi
nario di rimuovere con legge interpretativa un possibile vizio (per
sospetta violazione dell'art. 76 Cost.) di norme delegate, specie
quando della questione sia già stata investita la Corte costitu
zionale.
Ili) Se l'art. 5 1. 21 febbraio 1980 n. 28 e gli art. 50, 51, 52
e 53 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in cui prevedono
che i professori universitari incaricati siano sottoposti, con le stesse
modalità previste per categorie non titolari di corso di insegna
mento, a giudizio di idoneità a professore associato, contrastino
con i principi di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di buon andamento
dell'amministrazione (art. 97 Cost.).
3. - Le questioni non sono fondate.
La 1. 21 febbraio 1980 n. 28 («delega al governo per il riordi
namento della docenza universitaria e relativa fascia di formazio
ne, e per la sperimentazione organizzativa e didattica») nel 2°
comma dell'art. 5 stabilisce i criteri della disciplina dell'accesso
al ruolo dei professori associati e, tra l'altro, per quanto attiene
al caso di specie, prevede che le commissioni di concorso, ordina
riamente di cinque membri, «... possono essere formate da un
numero superiore di commissari in rapporto al numero dei candi
dati». Nel 4° comma dello stesso art. 5 il rinvio «secondo le modalità
previste dal 2° comma» riguarda esclusivamente il procedimento
elettorale per la formazione delle commissioni, non già giudica
trici dei concorsi, ma delle due tornate dei giudizi di idoneità.
Queste commissioni sono composte da tre professori, mentre quelle
da cinque o più commissari «in rapporto al numero dei candidati».
Il tenore letterale della disposizione sub a) del 4° comma: «il
giudizio di idoneità è espresso, per ciascun raggruppamento di
discipline, da apposite commissioni nazionali composte da tre pro
fessori ordinari o straordinari, eletti secondo le modalità previste
dal 2° comma» non lascia alcun dubbio su come il legislatore
delegante abbia voluto porre in maniera diversa il regime del con
corso rispetto a quello dei giudizi di idoneità, quanto al problema
del numero dei candidati. Nel primo, le commissioni di cinque
membri possono accrescersi di un numero maggiore di commissa
ri in rapporto al numero dei candidati; nel secondo, le commis
sioni, essendo determinate nel numero fisso di tre componenti,
evidentemente debbono diventare plurime, per fronteggiare il nu
mero dei candidati al giudizio di idoneità, entro ciascun raggrup
pamento di discipline. Ne consegue che la normativa dell'art. 51 d.p.r. 11 luglio 1980
n. 382 («riordinamento della docenza universitaria, relativa fa
scia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didat
tica») risulta rispettosa del criterio enunciato nella legge di dele
gazione, quando al 1° comma riproduce il disposto dell'art. 5,
4° comma, sub a), 1. n. 28 del 1980, che cioè i giudizi sono espressi,
«per ciascun raggruppamento di discipline, da apposite commis
sioni nazionali composte da tre professori ordinari o straordinari».
Il successivo 2° comma impugnato del citato art. 51 d.p.r. n.
382 del 1980 è una deduzione rigorosamente logica dal criterio,
scelto dal legislatore delegante, della moltiplicazione delle com
missioni di tre membri per ciascun raggruppamento disciplinare
e non quello dell'unica commissione di cinque membri che si ac
cresce di commissari in proporzione del numero dei candidati,
riservato al concorso ordinario da indirsi successivamente alle due
tornate di giudizi idoneativi.
Il Foro Italiano — 1988.
4. - L'art. 10 1. 9 dicembre 1985 n. 705 («interpretazione, mo
dificazioni ed integrazioni al d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, sul rior dinamento della docenza universitaria, relativa fascia di forma
zione nonché sperimentazione organizzativa e didattica») recita:
«L'art. 51 deve essere interpretato nel senso che, ai fini dei giudi zi di idoneità ivi previsti, è consentita la costituzione di più com
missioni giudicatrici per lo stesso raggruppamento disciplinare,
in tal senso intendendosi il principio della diversa composizione
delle commissioni in relazione al numero dei partecipanti, conte
nuto nell'art. 5 1. 21 febbraio 1980 n. 28».
Appare di tutta evidenza che il legislatore-interprete non inno
va alcunché rispetto ai criteri enunciati nella legge di delegazione
n. 28 e correttamente recepiti nel decreto delegato. Ne consegue
che dinanzi ad un intervento interpretativo meramente tautologi
co e riproduttivo delle norme interpretate la verifica di costituzio
nalità in ordine ai parametri invocati resta assorbita dalla que
stione di costituzionalità della norma interpretata quando risulti — come qui risulta — infondata.
5. - La eventuale pluralità delle commissioni giudicatrici entro
uno stesso raggruppamento disciplinare non viola né il principio
di eguaglianza, né quello della imparzialità della p.a., dal mo
mento che il legislatore delegato ha inteso garantire la par condi
cio dei candidati dettando la norma di cui al 2° comma dell'art.
51: «Ove il numero dei concorrenti alla prova idoneativa per un
determinato raggruppamento disciplinare superi le ottanta unità,
si provvederà alla costituzione di più commissioni. I concorrenti
saranno distribuiti nelle commissioni in parti uguali, per sorteggio».
Il ricorso al sorteggio e all'assegnazione in parti uguali dei can
didati tra le commissioni plurime, infatti, è modalità idonea a
soddisfare entrambi i precetti di cui agli art. 3 e 97 Cost.
Non può valere come tertium comparationis il criterio dell'uni
ca commissione aumentata nel numero dei commissari in propor
zione del numero dei candidati, criterio presente già nel contesto
della legge di delegazione n. 28 del 1980, nel ricordato 2° comma
dell'art. 5, nonché, oggetto di dettagliata disciplina, nell'art. 4
d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077 («riordinamento delle carriere
degli impiegati civili dello Stato»). L'unica commissione è infatti adottata nelle procedure concor
suali, la cui peculiare finalità è quella di coprire posti in numero
limitato rispetto ai concorrenti, tra i quali devesi instaurare com
parazione e graduazione, per operare la scelta dei migliori in nu
mero corrispondente a quello dei posti disponibili.
I giudizi previsti nell'impugnato art. 51 d.p.r. n. 382 del 1980,
invece, non sono preordinati ad altro che alla ricognizione per
ogni candidato dei titoli didattici e scientifici sufficienti per il
conseguimento della idoneità all'ingresso nel ruolo dei professori
associati.
È pertanto evidente che siffatti giudizi di idoneità non invera
no una procedura concorsuale e che le modalità delle commissio
ni plurime per essi stabilite non è comparabile con quella della
commissione unica integrabile e articolabile in sottocommissioni
prevista per i concorsi ordinari.
Le discriminazioni che sarebbero state operate dalle commis
sioni plurime tra i candidati dello stesso raggruppamento, e di
cui si dolgono gli esclusi, attengono a circostanze di fatto in sede
applicativa — quali ad esempio il mancato coordinamento di cri
teri generali tra le varie commissioni — non riferibili con nesso
di conseguenzialità alla norma impugnata. Tali disparità di mero
fatto, dando luogo a pregiudizi e inconvenienti privi di rilievo
costituzionale, sono materia propria dell'osservazione dei giudici
di merito.
6. - Senza fondamento si rivela, infine, la censura sulla etero
geneità delle categorie ammesse ai giudizi di idoneità tra le quali
quella dei professori incaricati avrebbe potuto e dovuto aver tito
lo «ad un diverso tipo di giudizio». L'eterogeneità di status tra
a) professori incaricati, b) assistenti del ruolo ad esaurimento,
c) tecnici laureati, astronomi e ricercatori degli osservatori astro
nomici e Vesuviano, curatori di orti botanici, conservatori di mu
sei, cede alla reductio ad unum operata dalla documentata attivi
tà didattica e produzione scientifica nei diversi status realizzate.
Nelle università e nelle istituzioni culturali, se esistono doveri spe
cifici di insegnamento e di ricerca per talune figure, non sono
di fatto impedite e tanto meno formalmente vietate attività didat
tiche e scientifiche per tutte le altre.
È pertanto rispettoso della razionalità impostagli dal principio
costituzionale di eguaglianza il legislatore che, per verificare l'i
doneità all'accesso al nuovo ruolo dei professori associati, richie
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1819 PARTE PRIMA 1820
da a tutti i candidati, a qualunque categoria appartengano, attra verso uno stesso tipo di valutazione, il medesimo contenuto so
stanziale di competenza professionale richiesta dalle funzioni da
espletare, sulla base della pregressa esperienza didattica e di pub blicazione dei propri studi.
Tale rispetto sarebbe anzi mancato, se, al contrario, il legisla tore avesse predisposto tante e diverse modalità di giudizio quan te sono le categorie dei legittimati all'accesso al nuovo ruolo dei
professori associati; perché avrebbe realizzato nella diseguaglian za dei titoli di legittimazione, riverberata nella corrispondente di
versità delle prove di idoneità, una arbitraria eguaglianza nello status conclusivo di professore associato.
Per i professori incaricati stabilizzati o complentati il triennio
di incarico al termine dell'anno accademico 1979-80, predisporre una prova diversa e ad essi specifica avrebbe violato il precetto di eguaglianza cosi come si è specificato nella razionalità della
scelta legislativa innanzi descritta. Farli transitare senza controllo di idoneità attuale, sulla base di titoli-prove, pubblicazioni, abili
tazioni — risalenti spesso a data remota — nel nuovo ruolo dei
professori associati avrebbe certamente violato il principio di buona
organizzazione e buon andamento della pubblica amministrazio
ne, di cui all'art. 97 Cost.
L'ipotesi di conservazione dello status di professore incaricato stabilizzato in analogia con quella dell'assistente ordinario, da
indirizzarsi peraltro alla discrezionalità legislativa, non al giudice della legittimità costituzionale, è devalorizzata dalle seguenti con
siderazioni. L'art. 4 d.l. 1° ottobre 1973 n. 580 («misure urgenti
per l'università»), convertito, con modificazioni, nella 1. 30 no
vembre 1973 n. 766, introduceva la stabilizzazione dell'incarico — precedentemente rinnovabile ad ogni anno accademico — «fi
no all'entrata in vigore della legge di riforma universitaria».
La stabilizzazione dunque non ha trasferito la figura precaria del professore incaricato in una posizione analoga ad un ruolo ordinario come quello degli assistenti. Per costoro la conserva
zione ad esaurimento trova giustificazione nella incardinazione,
quesita e non amovibile, in un ruolo non temporaneo. Per i pro fessori incaricati, invece, la scelta legislativa della loro stabilizza zione ad tempus, fino alla riforma universitaria, postula la totale
sostituzione della relativa figura con quella nuova del professore associato, nel contesto appunto del riordino generale del perso nale universitario.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 51, 2° comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382 («riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché
sperimentazione organizzativa e didattica»), sollevata, in relazio
ne all'art. 76 Cost., tenuto conto dell'art. 5, 4° comma, lett. a), e 2° comma, 1. 21 febbraio 1980 n. 28 («delega al governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di
formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica»), e in relazione agli art. 3, 1° comma, e 97 Cost., dal T.A.R. La
zio, con ordinanze del 29 maggio 1985 (r.o. n. 131/86 e n. 333/86) e del 26 febbraio 1986 (r.o. n. 137/87), nonché dal T.A.R. Um bria con ordinanza del 30 ottobre 1986 (r.o. n. 258/87); in rela zione anche all'art. 24 Cost, dal T.A.R. Lazio con ordinanze del
26 febbraio 1986 (r.o. n. 137/86), del 16 aprile 1986 (r.o. n.
138/87) e del 5 novembre 1986 (r.o. n. 201/87); ti) dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 1.
9 dicembre 1985 n. 705 («interpretazione, modificazioni ed inte
grazioni al d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, sul riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché speri mentazione organizzativa e didattica»), sollevata, in relazione agli art. 3, 24, 97, 134, 136 e 137 Cost, e dell'art. 1 1. cost. n. 1
del 1948, con riferimento agli art. 76 e 77 Cost., dal T.A.R. La zio con ordinanze del 26 febbraio 1986 (r.o. n. 137/87), del 16
aprile 1986 (r.o. n. 138/87), del 5 novembre 1986 (r.o. n. 201/87);
c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 5 1. 21 febbraio 1980 n. 28 («delega al governo per il
riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di for
mazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica»), sol
levata, in relazione agli art. 3 e 97 Cost., dal T.A.R. Umbria con ordinanza del 30 ottobre 1986 (r.o. n. 258/87).
Il Foro Italiano — 1988.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 dicembre 1987, n. 480
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 dicembre 1987, n. 54); Pres. Saja, Est. Corasaniti; Federici ed altri c. Impresa co
struzioni Don; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Tione
di Trento 25 novembre 1986 (G.U., la s.s., n. 12 del 1987).
Previdenza sociale — Cassa integrazione guadagni — Sospensio ne dal lavoro, senza ammissione alla c.i.g., seguita entro tre
mesi da licenziamento — Trattamento di disoccupazione — De
correnza dal momento della sospensione — Questione infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3, 4; 1. 6 agosto 1975 n. 427, nor
me in materia di garanzia del salario e di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori dell'edilizia e affini, art. 11).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, 2° e 3° comma, I. 6 agosto 1975 n. 427, nella parte in cui
prevede che, qualora la richiesta di cassa integrazione guadagni sia respinta dall'Inps per motivi diversi dalla tardiva presenta zione ed il licenziamento sia avvenuto entro il periodo massimo
di tre mesi dall'inizio della sospensione del lavoro, il tratta
mento speciale di disoccupazione decorra dalla data di inizio della sospensione del lavoro e non da quella del licenziamento, in riferimento agli art. 3 e 4 Cost. (1)
Diritto. — 1. - È impugnato davanti a questa corte, in riferi
mento agli art. 3 e 4 Cost., l'art. 11, 2° e 3° comma, 1. 6 agosto 1975 n. 427 (norme in materia di garanzia del salario e di disoc
cupazione speciale in favore dei lavoratori dell'edilizia e affini). La suindicata disposizione prevede, per i lavoratori edili che
abbiano determinati requisiti assicurativi, l'applicazione del trat
tamento speciale di disoccupazione anche per il periodo di so
spensione dal lavoro verificatasi immediatamente prima del licen
ziamento, qualora il datore di lavoro abbia presentato richiesta
di integrazione salariale, ma questa sia stata respinta per motivi
diversi da quello della tardiva presentazione, ed il licenziamento
sia avvenuto entro il periodo massimo di tre mesi dall'inizio della
sospensione. In tal caso il trattamento speciale di disoccupazione decorre,
anche in mancanza dell'iscrizione nelle liste di collocamento, dal
la data di inizio della sospensione del lavoro, previa presentazio ne da parte del datore di lavoro dell'elenco dei lavoratori sospesi ai quali si riferiva la domanda di integrazione salariale.
2. - In particolare, la violazione dell'art. 3 Cost, dipenderebbe dal fatto che la normativa impugnata discrimina la posizione del
lavoratore sospeso e successivamente licenziato, nell'ipotesi di ri
getto dell'istanza di integrazione salariale, a seconda che il licen
ziamento avvenga entro il termine di tre mesi dall'inizio della
sospensione (con diritto, in tal caso, al solo trattamento speciale di disoccupazione per il periodo massimo di novanta giorni a far
data dall'inizio della sospensione) ovvero oltre il suddetto termi ne (con diritto, in tal caso, alla retribuzione normale per il perio do di sospensione, come sempre avviene in caso di reiezione della
domanda di integrazione salariale, ed inoltre al trattamento spe ciale di disoccupazione per i novanta giorni successivi al licenzia
mento). La censura non è fondata.
(1) Nel senso che rientra nell'ambito della norma di cui all'art. 1, 3° comma, 1. 297/82 la fattispecie particolare di cui all'art. 11,2° comma, 1. 427/75 per il quale, nel caso non venga concessa l'ammissione alla cassa integrazione, la sospensione anteriore al licenziamento si converte in disoccupazione speciale, v. Pret. Milano 14 marzo 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 1507. Sull'art. 11 1. 427/75, v. pure Pret. Milano 11 giugno 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1970, secondo cui in ipotesi di sospensione dal lavoro con richiesta di intervento della
c.i.g., permane l'obbligo del datore di lavoro di anticipare il trattamento di integrazione salariale anche se, respinta la richiesta di intervento della cassa integrazione, i dipendenti vengono successivamente licenziati e sia
corrisposto dall'Inps il trattamento di disoccupazione speciale. In ordine alla disciplina relativa al ricorso alla cassa integrazione gua
dagni, v., da ultimo, Corte cost., ord. 11 novembre 1987, n. 411, Lavoro e prev., 1988, 191, circa la spettanza del trattamento di integrazione sala riale agli apprendisti; Cass. 8 ottobre 1985, n. 4862, Foro it., 1986, I, 102, con nota di richiami, circa i termini entro cui l'imprenditore deve
presentare domanda all'Inps; Cass. 18 marzo 1986, n. 1876, ibid., 1871, con nota di richiami, sui limiti dei poteri del datore di lavoro nella scelta dei lavoratori da porre in c.i.g.; Cass. 6 febbraio 1985, n. 862, ibid., 217, con nota di richiami, con riguardo al se le avversità metereologiche possano costituire «evento oggettivamente non evitabile» ai fini dell'eso nero dal contributo addizionale ex art. 12 1. 164/75.
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