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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 9 marzo 1989, n. 104 (Gazzetta...

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sentenza 9 marzo 1989, n. 104 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 marzo 1989, n. 11); Pres. Saja, Est. Greco; Regione Lombardia (Avv. Onida) c. Proc. gen. Corte conti (Avv. dello Stato Laporta). Conflitto di attribuzioni Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 1345/1346-1355/1356 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183949 . Accessed: 24/06/2014 23:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.125 on Tue, 24 Jun 2014 23:30:55 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 9 marzo 1989, n. 104 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 marzo 1989, n. 11);Pres. Saja, Est. Greco; Regione Lombardia (Avv. Onida) c. Proc. gen. Corte conti (Avv. delloStato Laporta). Conflitto di attribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1345/1346-1355/1356Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183949 .

Accessed: 24/06/2014 23:30

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sposizione immediata pertinente alla questione di causa e, pertan to la fonte della doglianza non è rinvenibile nella normativa im

pugnata. 9. - La previsione come obbligatoria di altra materia per i non

avvalentisi sarebbe patente discriminazione a loro danno, perché

proposta in luogo dell'insegnamento di religione cattolica, quasi corresse tra l'una e l'altro lo schema logico dell'obbligazione al

ternativa, quando dinanzi all'insegnamento di religione cattolica

si è chiamati ad esercitare un diritto di libertà costituzionale non

degradabile, nella sua serietà e impegnatività di coscienza, ad op zione tra equivalenti discipline scolastiche.

Lo Stato è obbligato, in forza dell'accordo con la Santa Sede,

ad assicurare l'insegnamento di religione cattolica. Per gli stu

denti e per le loro famiglie esso è facoltativo: solo l'esercizio del

diritto di avvalersene crea l'obbligo scolastico di frequentarlo. Per quanti decidano di non avvalersene l'alternativa è uno sta

to di non-obbligo. La previsione infatti di altro insegnamento

obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella in

terrogazione della coscienza, che deve essere conservata attenta

al suo unico oggetto: l'esercizio della libertà costituzionale di re

ligione. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costitu

zionale, in riferimento agli art. 2, 3 e 19 Cost., dell'art. 9, punto

(recte: n.) 2, 1. 25 marzo 1985 n. 121 (ratifica ed esecuzione del

l'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 feb

braio 1984, che apporta modificazioni al concordato lateranense

dell'11 febbraio 1929, tra la repubblica italiana e la Santa Sede),

e dell'art. (recte: punto) 5, lett. b), n. 2, del protocollo addizio

nale, sollevata dal Pretore di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.

II

Ritenuto che, con ordinanza emessa I'll giugno 1987 nel pro cedimento civile promosso contro il ministero della pubblica istru

zione dai genitori di un minore che, all'atto dell'iscrizione presso un liceo statale di Milano, aveva scelto di non avvalersi dell'inse

gnamento della religione cattolica, esercitando il diritto attribui

togli dall'art. 9, 2° comma, 1. 25 marzo 1985 n. 121, il Tribunale

di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in

riferimento agli art. 3, 19 e 33, 2° comma, Cost., dell'art. 9,

n. 2, 1. 25 marzo 1985 n. 121 e del d.p.r. 16 dicembre 1985 n.

751, per la parte in cui, «a fronte di una completa ed esauriente

disciplina dell'organizzazione dei corsi di insegnamento della reli

gione cattolica», avrebbero lasciato un «vuoto normativo» circa

le «modalità di adempimento di quel paritario obbligo che la scuola

ha nei confronti dei soggetti che, esercitando una facoltà incom

primibile e insuscettibile di essere condizionata anche indiretta

mente da scelte discrezioni della pubblica amministrazione, hanno

scelto di non avvalersi dell'insegnamento cattolico»;

che tale vuoto, peraltro, non viene colmato da quegli atti di

normazione secondaria (cioè dalle circolari 128, 129, 130 e 131

del 3 maggio 1986, nonché dalla circolare n. 302 del 29 ottobre

1986), con cui il ministero della pubblica istruzione ha tentato

inutilmente di porre rimedio alle suddette lacune;

che è intervenuto nel presente giudizio il presidente del consi

glio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura dello Sta

to, sostenendo l'inammissibilità e, comunque, la manifesta

infondatezza della questione sollevata, in quanto, posto che la

rimozione dall'ordinamento delle norme denunciate implichereb

be il venir meno dell'esigenza di non discriminare tra «avvalenti»

e «non avvalenti», l'accoglimento dell'eccezione di incostituzio

nalità «farebbe cadere proprio quella esigenza di non discrimina

zione, in ragione della quale il giudice a quo solleva gli odierni

dubbi»; che l'avvocatura osserva inoltre come il principio della non di

scriminazione tra «avvalente» e «non avvalente» di cui all'art.

9 1. n. 121 del 1985, «implica, come corollario, che lo Stato si

periti, da un lato, di organizzare l'insegnamento della religione

cattolica in modo coerente con gli impegni assunti con l'altra parte

e, in parallelo, adegui opportunamente la propria organizzazione

affinché sia evitata qualunque discriminazione» in danno dei non

avvalenti;

Considerato che nel giudice a quo la parte attrice ha richiesto

in via d'urgenza una serie di provvedimenti, concentrantisi in or

li. Foro Italiano — 1989.

dini aventi ad oggetto un facere specifico, da impartirsi alla pub blica amministrazione;

che la domanda è stata respinta dal giudice istruttore con moti

vazioni concernenti il difetto di giurisdizione, che il collegio ri

mettente espressamente dichiara di condividere, riferendosi ai limiti

dell'intervento dell'autorità giudiziaria ordinaria nei confronti della

pubblica amministrazione; che nel merito la parte ha precisato conclusioni di identico con

tenuto, oltre ad una richiesta risarcitoria in relazione alla quale il giudice a quo ha omesso di motivare circa la rilevanza della

proposta questione;

che, peraltro, quest'ultima si risolve in una generalizzata cen

sura delle carenze organizzative conseguenti all'attuazione che le

norme impugnate avrebbero ricevuto da una serie di disposizioni

amministrative; che l'apprezzamento di situazioni contingenti — anche se per

più versi criticabili — venutesi a creare nella fase di prima appli cazione della normativa, non può essere compiuto nel giudizio di costituzionalità, ove le asserite disparità siano, come nella spe

cie, ricollegabili all'incompletezza delle ordinanze ministeriali o

addirittura alle concrete scelte tecniche di chi è tenuto a darvi

esecuzione; Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle

norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta

inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del

l'art. 9, n. 2, 1. 25 marzo 1985 n. 121 (ratifica ed esecuzione

dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18

febbraio 1984, che apporta modificazioni al concordato latera

nense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa

Sede» e del d.p.r. 16 dicembre 1985 n. 751 («esecuzione dell'inte

sa tra l'autorità scolastica italiana e la conferenza episcopale ita

liana per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole

pubbliche»), sollevata, in relazione agli art. 3, 19 e 33, 2° com

ma, Cost., dal Tribunale di Milano con l'ordinanza indicata in

epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 marzo 1989, n. 104

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 marzo 1989, n. 11); Pres. Saja, Est. Greco; Regione Lombardia (Aw. Onida) c.

Proc. gen. Corte conti (Avv. dello Stato Laporta). Conflitto di attribuzioni.

Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra Stato e regio ne — Ammissibilità — Fattispecie (Cost., art. 117, 118, 123,

128). Responsabilità contabile e amministrativa — Amministratori re

gionali — Attribuzione di incarichi professionali — Richiesta

indiscriminata di notizie — Potere della Corte dei conti — Esclu

sione (Cost., art. 97, 103, 117, 118, 123, 125; r.d. 18 novembre

1923 n. 2440, norme sulla amministrazione del patrimonio e

sulla contabilità generale dello Stato, art. 82, 83; r.d. 13 agosto 1933 n. 1938, regolamento per la procedura dei giudizi innanzi

alla Corte dei conti, art. 26, 43, 74; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214,

t.u. delle leggi sulla Corte dei conti, art. 52, 53, 74; 1. 19 mag

gio 1976 n. 335, principi fondamentali e norme di coordina

mento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, art.

31, 32).

È ammissibile il conflitto di attribuzioni con cui una regione con

testa che il procuratore generale presso la Corte dei conti possa

chiedere indiscriminatamente notizie circa gli incarichi profes sionali che ha conferito in un lungo periodo di tempo ormai

remoto, non connesse con reali ipotesi di responsabilità, e sen

za fondamento su elementi di fatto concreti, determinati e spe

cifici. (1)

(1, 6) Per l'ampiezza con la quale la Corte costituzionale interpreta la formula dell'art. 2, 1° comma, 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, della

invasione «...della sfera della competenza...» assegnata dalla Costituzio

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1347 PARTE PRIMA 1348

Non spetta allo Stato, e, per esso, al procuratore generale presso la Corte dei conti, chiedere indiscriminatamente ad una regione notizie circa gli incarichi professionali che ha conferito in un

lungo periodo di tempo ormai remoto, con atti già in massima

parte assoggettati tempestivamente ai controlli istituzionali, in

base non ad elementi specifici e concreti, ma ad ipotesi e ad

astratte supposizioni di responsabilità. (2)

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 27 ottobre 1988, n. 1005

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44); Pres. Saia, Est. Baldassarre; Regione Friuli-Venezia Giulia

(Avv. Pacia) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Bruno).

Responsabilità contabile e amministrativa — Unità sanitaria lo

cale della regione Friuli-Venezia Giulia — Conto consuntivo — Richiesta di notizie — Potere della Corte dei conti (Cost., art. 130; statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia, art. 60; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, art. 44).

Spetta manifestamente allo Stato, e per esso alla prima sezione

giurisdizionale della Corte dei conti, richiedere ai presidenti del

comitato di gestione di una unità sanitaria locale della regione del Friuli-Venezia Giulia e del competente comitato provinciale di controllo, la documentazione necessaria per l'esame del con

to del tesoriere della unità sanitaria locale medesima. (3)

III

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 27 ottobre 1988, n. 1004

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44); Pres. Saja Est. Baldassarre; Regione Friuli-Venezia Giulia

(Aw. Pacia) c. Proc. gen. Corte conti. Conflitto di attribuzioni.

Responsabilità contabile e amministrativa — Amministratori co

munali — Giudizio di responsabilità — Incombenti istruttori — Richiesta al presidente della regione Friuli-Venezia Giulia — Potere della Corte dei conti (Statuto speciale per il Friuli

Venezia Giulia, art. 5, 60; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, art.

74; d.p.r. 26 giugno 1965 n. 960, norme di attuazione dello

statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia in materia di controllo sugli atti delle province, dei comuni e dei consorzi

tra tali enti, art. 11).

Spetta manifestamente allo Stato, e per esso alla procura genera le presso la Corte dei conti, promuovere l'azione di responsabi lità nei confronti degli amministratori comunali per i danni

arrecati all'amministrazione di appartenenza nell'esercizio delle

loro funzioni, e, quindi, esercitare i relativi poteri istruttori, in particolare richiedendo al presidente della giunta della regio ne Friuli- Venezia Giulia ogni notizia utile a promuovere in ogni caso specifico tale azione, eventualmente disponendo accerta menti diretti, nel modo ritenuto più opportuno, per delega del la procura medesima. (4)

ne alla regione, al fine di statuire sulla ammissibilità dell'impugnazione in via principale da parte sua di una legge dello Stato che provochi quella conseguenza, v. i precedenti richiamati in motivazione dalla sentenza 961/88, e, in particolare, Corte cost. 10 marzo 1988, n. 302 (Foro it., 1988, I, 1017, con nota di richiami; annotata da Pitruzzeixa, ibid., 1412; da Teresi, ibid., 1790; da Cozzuto Quadri, ibid., 1793), la quelle si è pronunciata contro il fenomeno della reiterazione dei decreti-legge; la

sentenza, appunto, ha dichiarato ammissibile l'impugnazione in via prin cipale, da parte di una regione, di un decreto-legge reiterato, rilevando

che, pur non riguardando direttamente l'art. 77 Cost, che si assumeva violato, la reiterazione di un decreto-legge ben avrebbe potuto, in situa zioni concrete come quella in esame, portare pregiudizio all'autonomia regionale.

Il largo orientamento assunto dalla corte a proposito della ammissibili tà della introduzione in via principale da parte di una regione del giudizio di costituzionalità di una legge, è parallelo rispetto a quello concernente

l'analogo problema della ammissibilità di un conflitto di attribuzioni ugual mente sollevato da una regione, di cui alla sentenza 104/89; v., in moti vazione, Corte cost. 6 maggio 1976, n. Ili, peraltro di inammissibilità dei conflitti allora sollevati, id., 1976, I, 1780, con nota di richiami. Suc cessivamente, ma in un caso di conflitto di attribuzioni tra poteri dello

Il Foro Italiano — 1989.

IV

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 ottobre 1988, n. 995

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44);

Pres. Saja, Est. Baldassarre; Regione Friuli-Venezia Giulia

(Avv. Pacia) c. Proc. gen. Corte dei conti (Avv. dello Stato

Azzariti). Conflitto di attribuzioni.

Responsabilità contabile e amministrativa — Amministratori e di

pendenti della regione Friuli-Venezia Giulia — Giudizio di re

sponsabilità — Richiesta di notizie — Potere della Corte dei

conti (L. 19 maggio 1976 n. 335, art. 30, 31, 32; d.p.r. 15

gennaio 1987 n. 469, norme integrative di attuazione dello sta

tuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, art. 12).

Spetta alla procura generale presso la Corte dei conti promuovere

l'azione di responsabilità per i danni provocati alla regione Friuli

Venezia Giulia dagli amministratori e dipendenti nell'esercizio

delle loro funzioni, e, a tal fine, richiedere al presidente della

giunta regionale, un dettagliato e documentato rapporto sulla

vicenda di trentadue ex dipendenti del ministero dei lavori pub

blici, trasferiti alla regione in seguito alla soppressione degli enti edilizi■ (5)

Stato, v., in motivazione, Corte cost., 29 dicembre 1988, n. 1150, id., 1989, I, 326, con nota di R. Moretti.

In dottrina, su ambedue questi profili, v., da ultimo, Zagrebelsky, Processo costituzionale, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1987, XXXVI, 622, 623, e 677, 678.

(2-5, 7) In linea generale, il gruppo di pronunce riportate, che la corte ha emesso alla fine del 1988, appare favorevole ad ammettere il potere della Corte dei conti di chiedere a regioni ed a comuni e province notizie necessarie o utili per l'esercizio delle funzioni di sua competenza, sulla

scia delle precedenti sentenze del 7 aprile 1988, nn. 421 (alla quale si rifà in modo quasi esclusivo l'ordinanza 1004/88), e 422, in questo fasci

colo, I con nota di richiami; di segno opposto, viceversa, è la senten za 104/89, che forse segna un mutamento di indirizzo, oppure semplicemente valorizza come fattore di differenziazione rispetto ai casi

precedentemente decisi il carattere indiscriminato delle richieste di infor mazione di cui era causa, e la mancanza di nessi con concrete iniziative

processuali; sotto questo profilo, elemento di raffronto può essere il caso deciso dalla sentenza 422/88, in cui pure le notizie richieste erano a largo spettro, più che il caso deciso dalla sentenza 995/88 ora riportata: relati va ad episodi intervenuti nello svolgimento del rapporto di impiego di un notevole numero di soggetti, ma in occasione di una ben precisa e

specifica vicenda, sulla quale oltretutto la Corte costituzionale aveva già interloquito con la sentenza 3 aprile 1977, n. 99 (annotata da Pastori, in Regioni, 1987, 1116), Foro it., 1987, I, 1676, con nota di richiami.

Tutte queste pronunce, compresa la sentenza 104/89, peraltro, si muo vono sulla base della configurazione della giurisdizione contabile della Corte dei conti come di una giurisdizione a tutela dell'ordinamento og gettivo, e del corrispondente carattere ufficioso dell'iniziativa processuale del procuratore generale: cosi, la sentenza 995/88 ha ritenuto non preclu sivo di tale iniziativa l'art. 12 d.p.r. 15 gennaio 1987 n. 469, che subordi na a deliberazione di giunta la promozione di azioni nell'interesse della

regione Friuli-Venezia Giulia. A questa impostazione del giudizio di re

sponsabilità davanti alla Corte dei conti, che implica l'irrilevanza dell'at

teggiamento dell'amministrazione danneggiata, non corrisponde Corte cost. 7 luglio 1988, n. 773, id., 1989, I, 368, con nota di richiami e osservazio ni di Verrienti, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 c.p.p., interpretato nel senso che la liquidazio ne del danno da parte del giudice penale, in seguito all'iniziativa dell'am ministrazione danneggiata da reato di costituirsi parte civile nel processo, precluderebbe l'esercizio dell'azione di responsabilità da parte del procu ratore generale presso la Corte dei conti.

Più specificamente, in relazione all'ordinanza 1005/88, per l'afferma

zione, ricorrente nella giurisprudenza della corte, della incompetenza del le regioni a disciplinare la materia giurisdizionale, v. Corte cost. 28 maggio 1987, n. 203, id., 1987, I, 2910, con nota di richiami. E per l'affermazio ne da parte della Corte dei conti della propria giurisdizione sui giudizi di conto dei tesorieri delle unità sanitarie locali, e sui giudizi di responsa bilità nei confronti dei loro amministratori, v. sez. riun. 12 ottobre 1987, n. 553/A, id., 1988, III, 298, con ampia nota di richiami.

L'ordinanza 1004/88 si conforma alla sentenza 421/88, cit., esplicita mente richiamata. Alla medesima sentenza si conforma anche la sentenza

995, a cominciare dalla premessa della sussistenza della giurisdizione del la Corte dei conti sull'azione di responsabilità nei confronti degli ammi nistratori e dei dipendenti regionali.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

V

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 ottobre 1988, n. 961

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 ottobre 1988, n. 42);

Pres. Saja, Est. Baldassarre; Regione Sicilia (Avv. Fazio) c.

Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti).

Comune e provincia — Province e comuni con più di ottomila

abitanti — Obbligo di comunicazione dei conti consuntivi —

Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost.,

art. 100, 130; statuto speciale per la Sicilia, art. 15, 23; d. leg.

6 maggio 1948 n. 655, istituzione di sezioni della Corte dei conti per la regione siciliana, art. 10; d.l. 22 dicembre 1981

n. 786, disposizioni in materia di finanza locale, art. 13; 1. 26

febbraio 1982 n. 51, conversione in legge, con modificazioni,

del d.l. 22 dicembre 1981 n. 786, art. unico).

È ammissibile il ricorso con cui la regione Sicilia impugna in via

principale, per violazione dell'art. 100 Cost., l'art. 13, 4°, 5°

e 6° comma, d.l. 22 dicembre 1981 n. 786, convertito, con

modificazioni, nella I. 26 febbraio 1982 n. 51, nella parte in cui prevede, attribuendo alla Corte dei conti funzioni ulteriori

rispetto a quelle costituzionalmente assegnatele, che le province

e i comuni con più di ottomila abitanti debbano trasmetterle

i conti consuntivi. (6) È infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferi

mento agli art. 100 e 130 Cost, ed agli art. 15 e 23 dello statuto

speciale per la Sicilia, dell'art. 13, 4°, 5° e 6° comma, d.l.

22 dicembre 1981 n. 786, convertito, con modificazioni, nella

l. 26 febbraio 1982 n. 51, nella parte in cui prevede che le

province e i comuni con più di ottomila abitanti debbano tras

mettere alla Corte dei conti i conti consuntivi, insieme alle rela

zioni dei revisori, e ad ogni altro documento e informazione

richiesta dalla corte medesima, giacché tale obbligo di comuni

cazione è finalizzato all'esercizio da parte della Corte dei conti

di un 'attività come organo ausiliario delle camere, e non come

organo di controllo sugli enti suddetti. (7)

I

Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione sollevato dalla regio

ne Lombardia è proposto contro la nota della procura generale

della Corte dei conti, datata 7 giugno 1988, con la quale, ai sensi

dell'art. 74 del testo unico n. 1214 del 1934, si è invitato il presi

dente della giunta regionale della Lombardia a trasmettere un

elenco di tutti gli incarichi professionali, di qualsiasi genere, con

feriti da organi regionali a persone fisiche e giuridiche dal 1°

gennaio 1982 alla data della ricezione della suddetta nota.

L'elenco articolato alfabeticamente per nominativo, doveva in

dicare: o) eventuale appartenenza dell'incaricato alla pubblica am

La sentenza 961/88 si pronuncia sulla costituzionalità dell'art. 13 d.l.

786/81 (convertito, con modificazioni, nella 1. 51/82), nella parte in cui

prevede l'invio alla Corte dei conti dei bilanci consuntivi delle province

e dei comuni con più di ottomila abitanti, su cui già la precedente senten

za 422/88, cit., la quale ha affermato che spetta alla Corte dei conti

non solo chiedere ai comitati regionali di controllo notizie circa i bilanci,

ma anche domandare loro di inviare commissari ad acta presso gli enti

territoriali inadempienti ai loro obblighi; nello stesso senso si era già orien

tata Corte conti, sez. enti locali, 20 dicembre 1986, n. 33, id., Rep. 1987,

voce Comune, n. 202 (cfr. anche, della medesima sezione, la decisione

25 novembre 1985, n. 27/42, id., Rep. 1986, voce Responsabilità contabi

le, n. 411), del resto in applicazione specifica di un principio affermato

in genere, nei confronti dei conti consuntivi in relazione a ipotesi di re

sponsabilità, dall'ordinanza della sez. I 29 gennaio 1986, n. 2, id., 1986,

III, 349, con nota di richiami.

Sulla funzione sollecitatoria dell'approvazione dei bilanci da parte de

gli enti soggetti all'art. 13 cit., che avrebbe la norma, v. Corte conti,

sez. enti locali, 16 giugno 1986, n. 24, id., Rep. 1987, voce cit., n. 409;

per altri riferimenti in proposito, v. sez. enti locali 24 novembre 1986,

n. 32, ibid., voce Comune, nn. 195-201; 20 luglio 1983, n. 3, id., 1984,

III, 187, con nota di richiami. In dottrina: Bertolissi, in Regioni, 1986,

1241; De Marco, in Confronti, 1987, fase. 1, 123; Garrì, in Ammin.

it., 1986, 1668; Selvaggio, ibid., 1311, nonché Autonomie, 1985, fase.

9, 20; Correale, in Foro amm., 1984, 1084; Schreiber, in Trib. amm.

reg., 1983, II, 85.

Il Foro Italiano — 1989.

ministrazione; b) la sua qualificazione tecnico-professionale; c)

il provvedimento del conferimento dell'incarico; d) l'impegno di

spesa; e) le somme effettivamente erogate (compenso ed Iva) e

i riepiloghi delle stesse nel caso di incarichi plurimi o rinnovati.

Inoltre, dovevano essere allegate le copie dei relativi provvedi

menti anche dell'amministrazione di appartenenza. 2. - Il conflitto è anzitutto ammissibile.

La regione ricorrente, pur non contestando la soggezione dei

propri funzionari alla giurisdizione della Corte dei conti, sia con

tabile che amministrativa, e il potere del procuratore generale della

stessa corte di accertare le eventuali responsabilità dei predetti

per il risarcimento dei possibili danni erariali conseguenti agli il

leciti commessi, si duole che, nella specie, la richiesta del procu

ratore generale, siccome non fondata su elementi di fatto concreti,

determinati e specifici, riferentisi ad un'attività svoltasi in un ar

co di tempo molto lungo e dopo che per alcuni periodi dello

stesso era stato effettuato già il controllo istituzionale, non legata

nemmeno a concrete ipotesi di illeciti amministrativi producenti

danni erariali, ma solamente a mere supposizioni e indiscriminate

eventualità, peraltro abbastanza incerte, costituisce un cattivo eser

cizio del potere dalla legge attribuito allo stesso procuratore ge

nerale. E, risolvendosi in un'attività di controllo successivo e

tardivo, finisce per privilegiare un modello di amministrazione,

peraltro non bene determinato. Risulta, inoltre, lesiva della sfera

di autonomia garantita ad essa ricorrente da precetti costituzio

nali (art. 117, 118, 123, 128 Cost.) i quali, in sostanza, sono violati.

L'ipotesi prospettata rientra, quindi, certamente nella nozione

di conflitto di attribuzione elaborata dalla giurisprudenza di que

sta corte (sentenza n. Ili del 1976, Foro it., 1976, I, 1780). Essa

è comprensiva non solo dell'ipotesi in cui sia contestata l'appar

tenenza del potere, ma anche di quella di esercizio del potere

idoneo a determinare una lesione della sfera di attribuzione del

soggetto ricorrente. Oggetto della decisione è pur sempre l'accer

tamento della spettanza di una competenza con il conseguente

annullamento dell'atto adottato dal soggetto ritenuto responsabi

le di invasione o di menomazione della sfera di competenza pro

pria dell'altro soggetto. Il conflitto è determinato in ogni caso dall'interesse del sogget

to ricorrente alla difesa della integrità delle competenze garantite

a ciascuno dei soggetti o enti confliggenti o da norme formal

mente costituzionali o da norme ordinarie integrative o esecutive

di norme costituzionali di competenza. 3. - I motivi del conflitto sono fondati.

Il giudizio di responsabilità amministrativa trae il suo fonda

mento dagli art. 82 e 83 della legge sulla contabilità generale del

lo Stato, approvata con r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, e dall'art.

52 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con

r.d. 12 luglio 1934 n. 1214. Si instaura non solo nei confronti

di coloro che sono legati da un rapporto di servizio con lo Stato,

ma anche a carico di funzionari di enti pubblici, tra cui le regioni

(sentenze n. 62 del 1973, id., 1973, I, 2638; n. 211 del 1972,

ibid., 633; n. 68 del 1971, id., 1971, I, 2711; n. 110 del 1970, id., 1970, I, 2064; n. 143 del 1968, id., 1968, I, 251), ad istanza del procuratore generale della Corte dei conti o su denuncia del

l'amministrazione o ad iniziativa diretta del predetto procuratore

generale (art. 43 del regolamento di procedura per i giudizi in

nanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933

n. 1038). Il procuratore generale della Corte dei conti, nella promozione

dei giudizi, agisce nell'esercizio di una funzione obiettiva e neu

trale. Egli rappresenta l'interesse generale al corretto esercizio,

da parte dei pubblici dipendenti, delle funzioni amministrative

e contabili, e cioè un interesse direttamente riconducibile al ri

spetto dell'ordinamento giuridico nei suoi aspetti generali ed in

differenziati; non l'interesse particolare e concreto dello Stato in

ciascuno dei settori in cui si articola o degli altri enti pubblici

in relazione agli scopi specifici che ciascuno di essi persegue, sia

no pure essi convergenti con il primo.

Egli vigila per l'osservanza delle leggi, per la tutela cioè dello

Stato e per la repressione dei danni erariali conseguenti ad illeciti

amministrativi, ma non effettua un controllo diretto ad accertare

se i provvedimenti delle autorità amministrative siano stati ema

nati con l'osservanza delle leggi e con il rispetto dei criteri della

buona e regolare amministrazione. La legge non gli attribuisce

l'amplissimo potere di svolgere indagini a propria discrezionalità

in un ampio settore dell'amministrazione senza che, secondo le

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1351 PARTE PRIMA 1352

circostanze, sia presumibile la commissione di illeciti produttivi di danni. Non è sufficiente, cioè, la mera supposizione. Il suo

intervento non può basarsi su mere ipotesi. Lo stesso procuratore generale resta abilitato alle specifiche

istruttorie e al promuovimento della conseguente azione (senten za n. 421 del 1988, id., 1989, I, 1403).

Il giudizio di responsabilità mutua le sue forme dal processo civile per quanto applicabili (art. 26 del regolamento approvato con r.d. n. 1038 del 1933) con la vigenza, però, relativamente

all'aspetto istruttorio, sia del principio dispositivo che di quello

inquisitorio, con ampia possibilità di produzione di prove con

sentita a tutte le parti del giudizio e con la possibilità del giudice di integrare il materiale probatorio anche al di là delle allegazioni delle parti. La commistione è da porsi in relazione all'interesse

che si persegue e alla finalità che il giudizio è diretto a realizzare, cioè la reintegrazione del pubblico patrimonio che è quella stessa

che fonda il potere del procuratore generale di agire d'ufficio

al di fuori ed anche contro le determinazioni dell'amministrazio

ne ed anche dopo l'acquisizione dei visti e pareri degli organi amministrativi di controllo. Ed è la stessa corte che può deman

dare, se del caso, specifica attività istruttoria al procuratore ge nerale.

Ma, indipendentemente ed anche prima della citazione e ante

riormente al giudizio, il procuratore generale può chiedere in co

municazione atti e documenti in possesso di autorità amministrative

e giudiziarie e può anche disporre accertamenti diretti (art. 74

del regolamento approvato con r.d. n. 1038 del 1933), cosi poten dosi rivolgere, per l'area che interessa, alla commissione di con

trollo di cui è anche membro un magistrato della stessa Corte

dei conti. Il potere che si esercita deve, tuttavia e in ogni caso, essere

ispirato ad un criterio di obiettività, di imparzialità e neutralità,

specie perché ha un fondamento di discrezionalità.

La discrezionalità richiede cautele e remore maggiori se sia di

retta ad un interesse giurisdizionale, cioè alla acquisizione di ele

menti necessari ad una eventuale pronuncia del giudice. Deve essere

determinata da elementi specifici e concreti e non da mere suppo sizioni.

Nella fattispecie, la richiesta del procuratore generale non è

suffragata da elementi concreti e specifici, ma si fonda su mere

ipotesi e astratte supposizioni e si dirige, in modo del tutto gene

rico, ad un intero settore di attività amministrativa, svolta per un rilevante periodo di tempo, ormai remoto, e già in massima

parte e tempestivamente assoggettata ai controlli istituzionali.

Il potere che si vorrebbe esercitare viene cosi a costituire, stanti

1 termini in cui è posta la relativa richiesta, una vera e propria attività di controllo da parte di un organo che per legge non è

abilitato ad effettuarlo. Onde risulta lesa la sfera, ampiamente

discrezionale, di autonomia organizzativa della regione ricorren

te, garantita dagli art. 117, 118, 123, 128 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non spetta allo Stato, e per esso alla procura generale della Corte dei conti, ordinare alla regione Lombardia, indipendentemente dalla conte stazione di specifiche ipotesi di responsabilità, la trasmissione del

l'elenco completo di tutti gli incarichi professionali di qualsiasi genere conferiti da organi regionali a persone fisiche o giuridiche nel periodo compreso fra il 1° gennaio 1982 ed il 15 marzo 1988; annulla, conseguentemente, le note della procura generale della

Corte dei conti in data 15 marzo 1988 e 7 giugno 1988, prot. n. 243240/VTR.

II

Ritenuto che la regione Friuli-Venezia Giulia ha proposto con

flitto di attribuzione contro un'ordinanza della prima sezione giu risdizionale della Corte dei conti, emessa in sede di giudizio sul

conto concernente la gestione dell'unità sanitaria locale Usi n.

2 della città di Gorizia, con la quale si ordina ai presidenti del

comitato di gestione della Usi e del competente comitato provin ciale di controllo di depositare vari atti, assumendo l'asserito con trasto con il principio della divisione dei poteri e degli art. 60 dello statuto speciale e 130 Cost.;

che l'atto impugnato, nel richiedere, insieme al conto del teso

riere, il conto consuntivo della gestione della Usi (ove redatto

separatamente dal conto del tesoriere della Usi medesima), gli atti del procedimento di approvazione e di controllo interno del

II Foro Italiano — 1989.

l'atto suddetto e ogni utile elemento in ordine alle risultanze del

controllo di legittimità o di merito eseguito sugli atti della Usi,

motivava tale richiesta con la stretta connessione esistente tra ge stione del tesoriere e gestione della Usi;

che la regione ricorrente: a) nega che il tesoriere della Usi deb

ba rendere il conto alla Corte dei conti, in quanto in carenza

di una specifica previsione legislativa, non sarebbe possibile in

trodurre, in via di interpretazione analogica, una giurisdizione necessaria prevista solo per i contabili dello Stato; b) afferma

che la c.d. giurisdizione necessaria non avrebbe nulla di giurisdi zionale e sarebbe nient'altro che una funzione di controllo, in

compatibile con gli art. 130 Cost, e 60 dello statuto speciale, oltreché esclusa dalla normativa regionale sulla contabilità delle

Usi; c) sostiene si debba distinguere tra conto del tesoriere inteso

come conto giustiziale di un agente contabile e come consuntivo

di un ente e, conseguentemente, ritiene lesiva delle competenze

regionali in materia di controlli sugli enti locali la richiesta del

l'atto impugnato, volta ad acquisire sia il conto del tesoriere della

Usi di Gorizia che il rendiconto generale della Usi medesima; d)

ritiene, infine, che la richiesta del conto consuntivo della Usi, in quanto non fondata su alcuna norma di legge, sarebbe in ma

nifesto contrasto con il principio della divisione dei poteri, per ché darebbe al giudice la possibilità di interferire nelle scelte della

pubblica amministrazione;

che, secondo l'avvocatura generale dello Stato, costituitasi per il presidente del consiglio dei ministri, i motivi del proposto con

flitto sono da ritenersi infondati per la natura giurisdizionale del

giudizio di conto, la quale esclude qualsiasi violazione delle com

petenze amministrative regionali in materia di controllo sugli enti

locali;

che, infine, l'avvocatura chiede sia sollevata da questa corte

questione di legittimità costituzionale della normativa regionale in materia di contabilità delle Usi, qualora si dovesse escludere

la giurisdizione della Corte dei conti in quanto non prevista dalla

legislazione regionale; Considerato che la regione ricorrente chiede a questa corte di

riconsiderare la propria precedente giurisprudenza, peraltro con

solidata, contraria alle prospettazioni di parte regionale;

che, tuttavia, la ricorrente non ha portato nuovi argomenti che

possano indurre a riconsiderare gli orientamenti di questa corte

relativi alla capacità espansiva della disciplina dettata dal t.u. 12

luglio 1934 n. 1214 per gli agenti contabili dello Stato (sent. n.

110 del 1970, Foro it., 1970, I, 2064), alla natura giurisdizionale dei giudizi di conto (sent. n. 63 del 1973, id., 1973, I, 1380), alla necessarietà del giudizio di conto per qualsiasi ente gestore di mezzi di provenienza pubblica (sent. n. 114 del 1975, id., 1975,

I, 1913), con la conseguente manifesta infondatezza dell'eccezio

ne di legittimità costituzionale della normativa regionale in mate

ria di contabilità delle Usi, a causa della nota incompetenza della

regione in materia giurisdizionale (si veda, da ultimo, sent. nn.

203, id., 1987, I, 2910 e 615 del 1987);

che, infine, manifestamente infondato è anche il motivo del

proposto conflitto per supposto contrasto della richiesta di atti, contenuta nell'atto impugnato, con le competenze regionali in ma

teria di controlli sugli enti locali e con il principio della divisione

dei poteri, poiché tale richiesta, lungi dall'essere rivolta ad un

ampliamento dell'oggetto del giudizio di conto a tutta la gestione finanziaria della Usi, mira unicamente ad ottenere, come ricono

sciuto anche dall'avvocatura dello Stato, la trasmissione del con

to consuntivo della Usi in quanto strumentalmente necessario a

valutare il conto del tesoriere; Visto l'art. 27, 4° comma delle norme integrative per i giudizi

davanti alla corte; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che manife

stamente spetta allo Stato, e per esso alla prima sezione giurisdi zionale della Corte dei conti, richiedere, ai presidenti del comitato

di gestione di una Usi e del competente comitato provinciale di

controllo, la documentazione necessaria per l'esame del conto del

tesoriere della Usi medesima.

Ili

Ritenuto che la regione Friuli-Venezia Giulia ha proposto con flitto di attribuzione contro un atto della procura generale presso

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la Corte dei conti, con il quale, sulla base di una denuncia relati

va al bilancio di previsione e di cassa dell'esercizio finanziario

1981 del comune di Muggia, si chiede alla ricorrente due adempi menti consistenti, l'uno, nel fornire ogni notizia utile per l'even

tuale esercizio, nei confronti degli amministratori comunali di

Muggia, dell'azione di responsabilità rientrante nella giurisdizio ne della Corte dei conti, e l'altro, nel disporre accertamenti diret

ti, nel modo ritenuto più opportuno, per delega della procura

medesima, ai sensi dell'art. 74 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214 (che

prevede i poteri istruttori del pubblico ministero della Corte dei

conti nelle istruttorie di sua competenza); che il conflitto, proposto sia per violazione delle competenze

regionali in materia di disciplina dei controlli sugli enti locali e

di ordinamento dei comuni (art. 5, nn. 4 e 5, e 60 dello statuto

e art. 11 d.p.r. 26 giugno 1965 n. 260), sia per manifesto contra

sto con il sistema prefigurato dagli art. 10 e 45 dello statuto spe

ciale, che disciplinano il regime delle funzioni amministrative statali

delegate alle regioni, si fonda esclusivamente sulla affermata ne

gazione del potere della procura generale della Corte dei conti

di agire per l'accertamento di eventuali responsabilità di soggetti diversi dai dipendenti statali, in sostituzione, in ipotesi, del co

mune presuntivamente danneggiato e della regione, quale autori

tà di vigilanza; che il presidente del consiglio dei ministri non si è costituito;

Considerato che la tesi su cui poggia il conflitto di attribuzione

proposto, volta a negare il potere della procura generale presso la Corte dei conti di accertare la responsabilità amministrativa

di amministratori pubblici non statali per una supposta impossi bilità di esercizio di tale potere nei confronti di soggetti diversi

dai dipendenti statali, è già stata considerata non fondata da que sta corte, da ultimo, con la sentenza n. 421 del 1988 (Foro it.,

1989, I, 1403). che, poiché non sono stati dedotti in questa sede nuovi argo

menti che inducano questa corte a conclusioni diverse da quanto

precedentemente affermato, è manifestamente spettante allo Sta

to, e per esso alla procura generale della Corte dei conti, il potere

contestato con il conflitto di attribuzione proposto; Visto l'art. 27, 4° comma delle norme integrative per i giudizi

davanti alla corte; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che manife

stamente spetta allo Stato, e per esso alla procura generale presso la Corte dei conti, promuovere l'azione di responsabilità, ed eser

citare, quindi, i relativi poteri istruttori nei confronti degli ammi

nistratori comunali per l'accertamento di eventuali danni connessi

all'esercizio delle loro funzioni.

IV

Diritto. — 1. - Con il conflitto di attribuzione proposto, la

regione Friuli-Venezia Giulia contesta alla procura generale della

Corte dei conti il potere di promuovere, presso la corte medesi

ma, un'azione volta all'accertamento della responsabilità di am

ministratori o dipendenti della regione. Il conflitto è stato elevato

in relazione a un atto concernente una richiesta di notizie circa

il trattamento (definito, dopo alterne vicende, con la 1. reg. 15

marzo 1976 n. 2) riguardante trentadue dipendenti del ministero

dei lavori pubblici, trasferiti alla regione ricorrente a seguito del

la soppressione degli enti edilizi. Gli atti di inquadramento nel

ruolo regionale dei menzionati ex dipendenti ministeriali, emanati

in applicazione della ricordata 1. reg. n. 2 del 1976, sono stati

considerati legittimi dal giudice amministrativo, che però ha du

bitato della costituzionalità della stessa legge regionale in base

alla quale erano stati disposti. La relativa questione è stata tutta

via respinta da questa corte con la sentenza n. 99 del 1987 (Foro

it., 1987, I, 1676). 2. - Con il presente ricorso per conflitto di attribuzione la re

gione Friuli-Venezia Giulia ripropone, in relazione a un atto di

concreto esercizio dei poteri istruttori della Corte dei conti, argo

menti analoghi a quelli prospettati in altre occasioni in ordine

alla spettanza alla procura generale presso la Corte dei conti del

potere di azione per l'accertamento di eventuali responsabilità di

amministratori e dipendenti regionali. Più in particolare, la ricor

rente sostiene che spetterebbe soltanto alla giunta regionale, e

non a un organo della Corte dei conti, deliberare in ordine al

promovimento dell'azione per eventuali danni procurati alla fi

nanza regionale.

Il Foro Italiano — 1989.

Poiché gli argomenti addotti sono stati più volte giudicati in

passato come infondati (sent. nn. 110 del 1970, id., 1970, I, 2064, 68 del 1971, id., 1971, I, 2711; 211 del 1972, id., 1973, I, 633, e, da ultimo, 421 del 1988, id., 1989, I, 1403) e poiché la regione non prospetta nuovi profili o nuove considerazioni a sostegno della sua posizione, questa corte non ha alcun motivo per distac

carsi dalla sua costante giurisprudenza e per non ritenere i pre detti motivi come privi di fondamento, anche ai fini

dell'accoglimento del ricorso in esame.

3. - Gli unici profili nuovi prospettati dalla ricorrente, che,

pertanto, occorre esaminare nel presente giudizio, concernono,

innanzitutto, il presunto sconfinamento nel merito dell'atto im

pugnato. Nuova è altresì l'eccezione di legittimità costituzionale

relativa agli art. 31 e 32 1. statale 19 maggio 1976 n. 335, nelle

parti in cui non si prevede, nel primo, che i giudizi di responsabi lità siano promossi ad istanza delle regioni e si stabilisce, nel se

condo, l'obbligo della denunzia al procuratore generale della Corte

dei conti dei fatti che diano luogo a responsabilità. 3.1. - La prima censura non può essere accolta.

Come risulta dalla narrativa, l'atto impugnato è volto ad ac

certare eventuali irregolarità, presuntivamente produttive di dan

no alla finanza regionale, che si sarebbero verificate a seguito del trasferimento alla regione di un certo numero di dipendenti statali. Ma, poiché non è controverso che la procura presso la

Corte dei conti si è attivata per l'accertamento di eventuali re

sponsabilità ai sensi degli art. 30, 31 e 32 1. n. 335 del 1976, il fatto che tali responsabilità non vi siano (perché i comporta menti che la Corte dei conti pretende di sindacare sono conformi

a quanto previsto da una legge regionale e perché l'intempestiva

approvazione di leggi regionali non è suscettibile di dar luogo ad alcuna forma di responsabilità: sent. n. 70 del 1985, id., 1986,

I, 58) non determina alcuna lesione delle competenze regionali. 3.2. - Né questa corte ritiene di sollevare nel presente giudizio

questione di legittimità costituzionale degli art. 31 e 32 1. 19 mag

gio 1976 n. 335, in quanto la relativa eccezione prospettata dalla

ricorrente appare manifestamente infondata alla luce di quanto

costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale indi

cata al precedente n. 2.

A quelle considerazioni si può aggiungere che il fatto che la

procura generale presso la Corte dei conti agisca esclusivamente

a difesa dell'ordinamento obiettivo toglie ogni valore a quanto dedotto dalla ricorrente con riferimento sia ad una presunta im

possibilità, per a suddetta procura, di promuovere l'azione di re

sponsabilità anche per enti diversi dallo Stato, sia alla affermata

rilevanza della nuova norma di attuazione (art. 12 d.p.r. 15 gen naio 1987 n. 469) la cui operatività è limitata alle azioni promos se nell'interesse della regione Friuli-Venezia Giulia e non a quelle

(diverse) promosse a tutela dell'ordinamento obiettivo.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che spetta alla procura generale presso la Corte dei conti promuovere l'azio

ne di responsabilità, e qui esercitare i relativi poteri istruttori, nei confronti degli amministratori e dei dipendenti della regione Friuli-Venezia Giulia per l'accertamento di eventuali danni con

nessi all'esercizio delle loro funzioni.

V

Diritto. — 1. - La regione Sicilia dubita della legittimità costi

tuzionale dell'art, unico 1. 26 febbraio 1982 n. 51, che ha conver

tito in legge, con modificazioni, il d.l. 22 dicembre 1981 n. 786

(disposizioni in materia di finanza locale), nella parte in cui as

soggetta anche le province e i comuni siciliani con popolazione

superiore a ottomila abitanti all'obbligo di trasmettere i propri

conti consuntivi alla speciale sezione della Corte dei conti, istitui

ta, per l'appunto, con la disposizione impugnata. I dubbi di legit

timità costituzionale prospettati dalla ricorrente si basano sul

preteso contrasto della legge impugnata con: a) l'art. 100 Cost.,

perchè una legge ordinaria ha affidato alla Corte dei conti fun

zioni ulteriori rispetto a quelle assegnatele dalla Costituzione; ti)

l'art. 130 Cost., perché la legge impugnata attribuisce un control

lo sugli enti locali ad organo diverso da quello previsto dal sud

detto articolo; c) l'art. 15 dello statuto, perché sarebbe violata

la competenza esclusiva della regione in materia di controllo degli

enti locali; d) l'art. 23 dello statuto e l'art. 10 delle relative nor

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1355 PARTE PRIMA 1356

me di attuazione (d. leg. n. 655 del 1948), perché verrebbe elusa

la competenza della sezione regionale della Corte dei conti e la

prerogativa della regione di partecipare alla scelta dei magistrati della corte medesima, chiamati ad operare su atti e provvedimen ti che si formano nel territorio della regione.

2. - Va, innanzitutto, respinta l'eccezione di inammissibilità sol

levata dall'avvocatura dello Stato in relazione al profilo d'illegit timità costituzionale della legge impugnata in riferimento all'art.

100 Cost.

Secondo la difesa del presidente del consiglio dei ministri, l'i

nammissibilità della questione ora menzionata deriverebbe dal ri

lievo che la norma costituzionale invocata come parametro non

sarebbe diretta a determinare competenze regionali e, pertanto, ne sarebbe precluso l'esame in quanto il ricorso per la dichiara

zione di illegittimità costituzionale può essere validamente propo

sto da una regione soltanto a difesa dell'integrità delle proprie

competenze. Non vi può essere il minimo dubbio che, come questa corte

ha affermato con giurisprudenza da tempo costante, una regione

può validamente proporre ricorso nel giudizio di legittimità costi

tuzionale soltanto se esso è sorretto dall'esistenza di un interesse

a ricorrere della regione stessa, qualificato dalla prospettazione di una lesione dell'autonomia costituzionalemente garantita alla

regione medesima. Tuttavia, come questa corte ha più volte pre cisato (v., ad es., sent. n. 32 del 1960, Foro it., 1960, I, 1446,

e, da ultimo, sent. nn. 64 del 1983, id., 1983, I, 2642, e 183

del 1987, id., Rep. 1987, voce Sanità pubblica, n. 250; 302 del

1988, id., 1988, I, 1017), tale requisito di ammissibilità non può essere inteso formalisticamente, nel senso che una regione può validamente prospettare la violazione delle sole disposizioni costi

tuzionali che contengono una diretta determinazione delle com

petenze regionali, ma va concepito in modo sostanziale, vale a

dire con riferimento alla concreta definizione dell'autonomia co

stituzionale delle regioni, sicché queste possono validamente pro

spettare la violazione di qualsiasi norma costituzionale avente il

diretto effetto di comportare un'effettiva e attuale lesione della

propria autonomia costituzionalmente garantita. Poiché nel caso viene prospettato un vizio di costituzionalità

che, anche se riferito a una disposizione collocata al di fuori del

titolo V della Costituzione, comporterebbe tuttavia, ove fosse ri

conosciuto come fondato, una diversa configurazione in concreto

della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla regione

ricorrente, nel senso che quest'ultima si vedrebbe riconosciuta l'i

nesistenza dell'obbligo previsto dalle norme impugnate, non si

può negare la sussistenza di un interesse a ricorrere della regione

Sicilia, qualificato dalla esigenza di tutelare l'integrità dell'effetti

va consistenza dell'autonomia statutariamente garantita alla ri

corrente.

3. - Nel merito, comunque, le questioni sono infondate.

Presupposto comune di tutte le censure prospettate dalla regio ne Sicilia nel presente giudizio è che il potere della Corte dei

conti di richiedere alle province e ai comuni con popolazione su

periore a ottomila abitanti i conti consuntivi, insieme alle relazio

ni dei revisori e ad ogni altro documento e informazione utile, rientri nelle nozioni di controllo

(c^i legittimità, di merito o conta

bile) recepite dalle norme costituzionali assunte come parametro della supposta illegittimità-(art. 100 e 130 Cost.; 15 e 23 statuto

siciliano). Ma, come risulta chiaramente dalla disciplina positiva contenuta nelle norme impugnate, tale presupposto si rivela errato.

L'obbligo ricadente sui predetti enti locali di trasmettere alla

Corte dei conti i propri consuntivi, insieme alla relazione dei revi

sori e a ogni altra informazione o documento richiesti dalla corte

stessa, è in realtà previsto dall'art. 13, 4°, 5° e 6° comma, d.l.

22 dicembre 1981 n. 786, come modificato dalla legge di conver

sione 26 febbraio 1982 n. 51, al fine di porre la Corte dei conti

in grado sia di comunicare al parlamento, entro il 31 luglio di

ogni anno, l'elenco dei conti consuntivi pervenuti e del piano di

rilevazioni che la stessa corte si propone di compiere, con l'indi

cazione dei criteri cui intende attenersi nell'esame dei conti mede

. simi, sia di provvedere essa stessa all'esame della gestione finanziaria degli enti, che abbiano registrato il maggior aumento

della spesa negli ultimi tre ann; e la cui spesa pro-capite sia supe riore alla media, per poi riferire annualmente al parlamento i;,

risultati dell'esame compiuto sotto'il profilo della gestione finan-"

ziaria e del buon andamento dell'azione amministrativa dei pre detti enti.

Si tratta, com'è evidente, di un'attività di conoscenza e di in

II Foro Italiano — 1989.

formazione che è imputata alla Corte dei conti come organo ausi

liario delle camere e che è prevista al fine di permettere lo

svolgimento di una funzione di controllo politico da parte del

parlamento, segnatamente quella concernente il c.d. controllo

conoscenza, vale a dire un'attività parlamentare strumentalmente

collegata ai poteri decisionali delle camere e, in particolare, al

potere legislativo. Come tale, l'attività prevista dalle disposizioni

impugnate e i correlativi obblighi non soltanto sono pienamente

compatibili con la posizione e le funzioni costituzionalmente ri

conosciute alla Corte dei conti (art. 100, 2° comma, Cost.), ma

rispondono anche a un principio costituzionale positivo che, im

ponendo al parlamento nazionale di coordinare la finanza statale

con quella regionale e locale (art. 119 Cost.), suppone logicamen te che il legislatore sia messo in grado di conoscere, attraverso

un organo imparziale e competente, qual è la Corte dei conti,

l'efettiva situazione e le eventuali disfunzioni della gestione fi

nanziaria delle province e dei comuni.

Del resto, che i poteri della Corte dei conti previsti nelle dispo

sizioni impugnate esulino da qualsiasi funzione di controllo pre

vista nelle norme costituzionali assunte come parametro del

presente giudizio (art. 100 e 130 Cost.; art. 15 e 23 statuto sicilia

no) deriva anche dalle caratteristiche della corrispondente attività.

In particolare, va sottolineato che l'esame dei consuntivi e di

ogni altra informazione utile è svolto dalla Corte dei conti sulla

base di parametri che sono prefissati dalla legge al fine di sanzio

narne l'eventuale violazione con l'annullamento o la caducazione

dell'atto controllato, ma al solo scopo di informare sia il parla mento sia i soggetti agenti (province e comuni) sullo stato reale

della finanza locale nella sua globalità (concernente circa 1300

enti) e sulle eventuali disfunzioni affinché si determini una mi

gliore gestione finanziaria degli enti controllati o modifiche della

legislazione nazionale orientate nel medesimo senso.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, 4°, 5° e 6°

comma, d.l. 22 dicembre 1981 n. 786 («disposizioni in materia

di finanza locale») come modificato dalla legge di conversione

26 febbraio 1982 n. 51, sollevata, in riferimento agli art. 100,

2° comma, e 130 Cost., nonché agli art. 15, 3° comma, e 23

statuto siciliano e relative norme di attuazione (art. 10 d. leg. 6 maggio 1948 n. 655), dalla regione Sicilia con il ricorso indicato

in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 78 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.

Saja, Est. Dell'Andro; imp. Pasqualotto; interv. Pres. cons,

ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Orci. Trib. mil. Padova

22 dicembre 1987 (G.U., la s.s., n. 17 del 1988).

Competenza e giurisdizione penale — Minorenni in servizio mili

tare imputati di reati militari — Sottoposizione alla giurisdizio ne militare — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 24, 31; cod. pen. mil. pace, art. 263; r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, istituzione

e funzionamento del tribunale per i minorenni, art. 9; 1. 27

maggio 1935 n. 835, conversione in legge, con modificazioni, del r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404).

Giudizio (rapporto tra il gudizio civile o amministrativo e il pena

le) e pregiudizialità penale — Procedimenti innanzi all'autorità

giudiziaria militare — Divieto di esercizio dell'azione civile —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod.

pen. mil. pace, art. 270). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il pe

nale) e pregiudizialità penale — Tribunali militari — Condan

na alle restituzioni e al risarcimento dei danni — Conseguente

promovibilità davanti al giudice civile del giudizio per la sola liquidazione del danno — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. pen. mil. pace, art. 373).

Sono illegittimi, per violazione degli art. 3, 24 e 31 Cost., l'art.

263 c.p. mil. pace e l'art. 9 r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, con

vertito con modifiche in l. 27 maggio 1935 n. 835, nella parte in cui sottraggono al tribunale per i minorenni la cognizione

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