sezione I civile; sentenza 3 novembre 1989, n. 4601; Pres. Scanzano, Est. Ruggiero, P.M. DiRenzo (concl. parz. diff.); Comune di Misano Adriatico (Avv. Sciacca) c. Ceschina (Avv. Menzani)ed altri. Conferma App. Bologna 12 novembre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 591/592-599/600Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185294 .
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PARTE PRIMA
Assume che, in virtù delle disposizioni degli art. 1599 e 1602
c.c., si verifica la surrogazione del terzo acquirente nei diritti
e nelle obbligazioni del venditore, derivanti dal contratto di lo
cazione, sicché egli diventa parte del rapporto giuridico nei con
fronti del conduttore per tutti i diritti e gli obblighi correlativi e fra questi vi era il diritto del conduttore di sublocare l'immo
bile, regolarmente pattuito nel contratto di locazione, avente
data certa.
La sentenza della Corte d'appello di Torino non avrebbe, cioè, tratto le dovute conseguenze in ordine al dovere dell'acquirente di rispettare il contratto di locazione, intervenuto tra la Torci
tura di Borgomanero ed il Preiata, contratto registrato in data
23 marzo 1975.
Con il quarto mezzo, infine, la ditta ricorrente denunzia: art.
360, n. 4, c.p.c.; nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 102 c.p.c.
Sostiene che la sentenza denunciata ha condannato essa ditta
f.lli Agosti a rilasciare l'immobile che occupa in virtù di una
sublocazione che il comune di Cannobio deve rispettare perché è subentrato alla Torcitura di Borgomanero in quel contratto
di locazione registrato il 20 marzo 1975, contratto che concede
al conduttore il diritto di sublocare.
Assume che la condanna al rilascio ha conseguentemente vio
lato il contratto di locazione suddetto e pregiudica il diritto del
Preiata di continuare ad incassare i canoni di sublocazione; conduttore-sublocatore il quale sarebbe legittimato a proporre
opposizione di terzo.
Comunque, la sentenza è inutiliter data perché non è opponi bile al conduttore-sublocatore, Preiata Melchiorre, il quale non
ha partecipato al giudizio e nei confronti del quale essa ditta
Agosti aveva chiesto in primo grado l'integrazione del contrad
dittorio, sussistendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario. Il ricorso è in parte fondato e va accolto per quanto di ragione. Per ragioni logico-sistematiche è opportuno esaminare per pri
mo l'ultimo dei motivi del ricorso medesimo.
Il rapporto di sublocazione è dipendente dal rapporto di lo
cazione, le cui vicende si ripercuotono sul primo: la cessazione
del rapporto di locazione provoca, infatti, la cessazione del rap
porto di sublocazione; il conduttore, nel caso di specie, poteva — giusta apposita clausola contrattuale — concedere l'immobi
le in sublocazione nei limiti, ovviamente, del periodo di durata della locazione. Ne consegue che, avendo il locatore originario
(la s.p.a. Torcitura di Borgomanero) relazione soltanto con il
proprio conduttore (il Preiata), salvo le eventuali azioni dirette
nei confronti del subconduttore concessegli dal 1° comma del
l'art. 1595 c.c. (e che nella controversia in esame non interessa
no), il terzo acquirente dell'immobile subentrava — quale loca
tore — nel rapporto di locazione, ai sensi degli art. 1599 e 1600 c.c. Tali norme, infatti, disciplinano la relazione fra il terzo
acquirente (nel caso di specie, il comune di Cannobio) ed il conduttore (nel caso di specie, il Preiata) in base all'ormai ac
quisito principio emptio non tollit locatum. A tale proposito è dato rilevare che dalla sentenza impugnata non risulta alcuna rinunzia del conduttore Preiata ai propri diritti, contestuale o successiva al trasferimento dell'immobile.
Orbene, verificatosi il subentro, sussistendone le condizioni, il terzo acquirente assume la stessa posizione del locatore
alienante, per cui, al pari di questi, deve rispettare la subloca
zione, se consentita, nei limiti in cui il rapporto può avere esi stenza.
Nella specie, accertato che il contratto di locazione aveva da
ta certa anteriore all'alienazione e che in esso era consentita
la sublocazione, occorreva indagare sulla concreta esistenza e
durata della locazione medesima, dipendendo da ciò la stessa esistenza o meno e la durata della sublocazione consentita.
In tale prospettiva di indagine, sussiste indubbiamente il litis consorzio necessario nei confronti dell'originario conduttore
sublocatore, dovendosi, anzitutto e principalmente, accertare l'e sistenza o meno e la durata del rapporto di locazione; accerta mento che non poteva che essere eseguito nei confronti del con duttore.
La sentenza impugnata va, dunque, censurata nel punto in
cui, pur avendo ritenuto che la vendita dell'immobile locato
comporta la successione a titolo particolare — nel rapporto di
locazione — del compratore, il quale diviene parte nei confron ti del conduttore per tutti gli ulteriori diritti ed obblighi inerenti
alla prosecuzione del contratto dopo la data di acquisto, e pur
li Foro Italiano — 1991.
avendo ritenuto l'esistenza del detto contratto di locazione avente
data certa anteriore all'atto di alienazione, ha, tuttavia, ritenu
to non necessaria la partecipazione al giudizio del conduttore
medesimo, rendendo, in tal modo, la sentenza inutiliter data
non soltanto nei confronti del conduttore (il Preiata), non parte del giudizio, ma altresì inidonea a produrre effetti di diritto
sostanziale anche nei confronti delle parti presenti nel processo.
Consegue che, allorquando si sia verificata violazione delle
norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l'integrazione del contrad
dittorio, né da quello d'appello, che non ha provveduto a ri
mettere la causa al primo giudice ai sensi dell'art. 354, 1° com
ma, c.p.c., resta viziato l'intero procedimento e si impone, in
sede di giudizio di cassazione, l'annullamento anche d'ufficio
delle pronunce emesse in relazione ed il rinvio della causa al
giudice di prime cure, a norma dell'art. 383, ultimo comma,
c.p.c. Il ricorso va, pertanto, accolto per quanto di ragione; va cas
sata la sentenza della Corte d'appello di Torino e la causa va
rimessa al giudice di primo grado, cioè al Tribunale di Verba
nia, che riesaminerà la controversia alla luce dei principi sopra
esposti.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 novem
bre 1989, n. 4601; Pres. Scanzano, Est. Ruggiero, P.M. Di
Renzo (conci, parz. diff.); Comune di Misano Adriatico (Aw.
Sciacca) c. Ceschina (Aw. Menzani) ed altri. Conferma App.
Bologna 12 novembre 1985.
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità — Termine per proporre opposizione — Emanazione succes
siva del decreto di esproprio — Irrilevanza (L. 22 ottobre
1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia resi
denziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica uti
lità; modifiche ed integrazioni delle leggi 17 agosto 1942 n.
1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847 ed au
torizzazioni di spese per interventi straordinari nel settore del
l'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 19).
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità — Giudizio di opposizione — Domanda per il pagamento di interessi monitori e danno da svalutazione monetaria sul
l'indennità — Accessorietà alla domanda principale — Corte
d'appello — Competenza (Cod. civ., art. 1224; cod. proc. civ., art. 31; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 14, 19).
Non è improponibile un'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione proposta entro trenta giorni dalla pubblica zione nel foglio annunzi legali della provincia delle relazioni di stima, ancorché abbia preceduto l'emanazione dei decreti di esproprio. (1).
La domanda per il pagamento degli interessi moratori ed il ri
sarcimento del maggior danno per il ritardato versamento del l'indennità di espropriazione, pur essendo distinta ed aggiun tiva rispetto a quella afferente al debito capitale, e non po tendosi ritenere compresa nella stessa, costituisce, comunque, una domanda accessoria e strettamente conseguenziale alla do manda principale e rimane, quindi, attratta nella cognizione del giudice funzionalmente competente per quest'ultima (nel caso di specie, la corte d'appello). (2)
(1, 3) La norma che pone come termine iniziale per proporre opposi zione alla stima dell'indennità di esproprio quello dell'inserzione del l'avviso di deposito nel foglio degli annunzi legali della provincia è sta ta sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, che ha, tuttavia, giu dicato infondata ogni questione di legittimità costituzionale afferente tale disposizione, contenuta nell'art. 19, 1° comma, 1. 865/71 (Corte cost., ord. 3 dicembre 1987, n. 473, Foro it., Rep. 1988, voce Espro priazione per p.i., n. 171 e 17 ottobre 1985, n. 226, id., Rep. 1985, voce cit., n. 173, con relativa ordinanza di rimessione — App. Bologna 21 gennaio 1983 — che si legge, id., 1984, I, 2048).
La giurisprudenza ha più volte rilevato che la procedura dell'inserzio ne nel Fai debba essere «corretta», id est preceduta dall'emanazione
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE D'APPELLO DI CALTANISSETTA; sentenza 23 giu gno 1989; Pres. Cassata, Est. Testaquatra; Terranova ed
altra (Avv. Pignatone) c. Comune di Serradifalco (Avv. Gì ambra).
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità — Termine per proporre opposizione — «Dies a quo» — De
correnza (L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 19).
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità — Giudizio di opposizione — Domanda relativa al risarci
mento del danno da svalutazione monetaria sulle somme li
quidate a titolo di indennità supplementare — Corte d'appel lo — Incompetenza (Cod. civ., art. 1224; cod. proc. civ., art. 31; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 52; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, art.
14, 19).
Non può essere eccepita la tardività di un'opposizione alla sti
ma dell'indennità di esproprio ove la pubblicazione dell'avvi
so del deposito delle relazioni di stima nel foglio degli annun
zi legali della provincia (o, come nel caso di specie, nella Gaz
zetta ufficiale della regione Sicilia) abbia preceduto, e non
seguito, come invece prescritto dalla legge, l'emanazione dei
decreti di espropriazione. (3) Esula dalla speciale competenza per materia, riconosciuta alla
corte d'appello nei giudizi di opposizione alla stima dell'in
dennità di esproprio dall'art. 19 l. 865/71, la cognizione della
domanda relativa al risarcimento dei danni da svalutazione monetaria sulle somme liquidate dalla stessa corte d'appello a titolo di indennità di espropriazione supplementare. (4)
del decreto di esproprio. Qualora, come nel caso in rassegna, per stra nezze (purtroppo frequenti) degli itinera amministrativi, il suddetto de creto intervenga successivamente alla relazione ed alla relativa pubblici tà, le corti ritengono che il termine a quo debba essere quello della data di notifica del decreto all'espropriato. In tal senso, Cass. 7 marzo 1990, n. 1806, id., Mass., 245; 2 marzo 1990, n. 1649, ibid., 224; 25 ottobre
1989, n. 4385, id., Rep. 1989, voce cit., n. 207; 11 gennaio 1988, n. 63, id., Rep. 1988, voce cit., n. 172; 6 ottobre 1987, n. 7437, id., Rep. 1987, voce cit., n. 170; 17 febbraio 1987, n. 1699, ibid., n. 168; 15 marzo 1984, n. 1754, id., Rep. 1984, voce cit., n. 178; 2 giugno 1983, n. 3772, ibid., n. 179; 13 maggio 1983, n. 3300, ibid., n. 180; 20 dicembre 1982, n.
7055, id., Rep. 1983, voce cit., n. 193; 21 luglio 1981, n. 4679, id., 1982, I, 127. Cass. 27 aprile 1984, n. 2642, id., Rep. 1984, voce cit., n. 78, ha, invece, decretato la nullità (e, pertanto, l'inefficacia) dell'inserzione nel Fai di una perizia priva della minima indicazione di proprietari ed aree oggetto del provvedimento ablatorio e l'irrilevanza dell'eventuale notorietà aliunde di tali dati ai proprietari espropriati.
In ultimo, la giurisprudenza ha anche affermato che inserzione nel Fai e comunicazione diretta della relazione hanno finalità diverse: «la comunicazione dell'indennità non è perciò da sola sufficiente a far sor
gere nell'espropriato l'onere di proporre l'opposizione alla stima, né
comporta l'inizio del decorso del relativo termine» (cosi Cass. 28 giu gno 1988, n. 4372, id., Rep. 1988, voce cit., n. 174: in senso conforme, App. Milano 17 novembre 1987, ibid., n. 50).
(2, 4) Il contrasto emergente fra le due pronunce in rassegna (tra l'al
tro, quasi contemporanee...) verte su un tema su cui la giurisprudenza non ha avuto modo di esprimersi molto spesso. In motivazione a Cass.
4601/89, infatti, è richiamata solo Cass. 28 ottobre 1983, n. 6383 (Foro it., Rep. 1983, voce Trentino-Alto Adige, n. 87). Verrebbe da pensare che le corti non si siano mai poste in termini problematici la domanda se vi sia attrazione, nella speciale competenza funzionale della corte d'ap pello, del petitum riguardante interessi e danni da svalutazione sull'in dennità di espropriazione, probabilmente perché davano per scontata la
risposta positiva... E che la corte di Caltanissetta sia consapevole di aprire una nuova strada è affermato apertis et Claris verbis in motivazione.
A questo punto, ci si domanderebbe il perché di questa metànoia, in
giustificata dal punto di vista dell'economia processuale: a che serve (e a chi serve) un nuovo giudizio su questioni sulle quali la corte d'appello è già pronta a pronunciarsi, dato che ha sottomano tutto il «conto» di
quanto dovuto dalla pubblica amministrazione espropriante? Né sembra
avere maggior pregio la considerazione, svolta dai giudici siciliani, che la corte d'appello si limita ad ordinare il deposito della c.d. indennità
supplementare presso la cassa depositi e prestiti, senza possibilità di pro nunciare la condanna al pagamento (punto sul quale c'è una sostanziale identità di vedute di dottrina e giurisprudenza: v. M. Annunziata, Com
petenza della corte d'appello in materia di opposizione all'indennità di
espropriazione, in Giust. civ., 1974,1, 352. Sull'infondatezza di ogni que stione di legittimità costituzionale dell'art. 191. 865/71, v. Cass. 31 mar
zo 1989, n. 1579, Foro it., 1990, I, 582). [G. Catalano]
Il Foro Italiano — 1991.
I
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 23
dicembre 1982, Riccardo Ceschina, in proprio e quale procura tore di Marina Ceschina e di Carla Zocco ved. Ceschina, tutti
eredi di Dante Ceschina, nonché Joko Nagae, vedova di Renzo
Ceschina, convennero davanti alla corte d'appello di Bologna il comune di Misano Adriatico, proponendo opposizione alla
stima dell'indennità di espropriazione di un terreno edificatorio di loro proprietà sito nel comune predetto e deducendo l'illegit timità dei criteri di liquidazione adottati dall'espropriante.
Il comune, costituitosi, eccepì l'incompetenza del giudice adi
to e l'inammissibilità della domanda, e ne contestò, comunque, nel merito la fondatezza.
Disposta ed espletata consulenza tecnica, la corte d'appello, affermata anzitutto la propria competenza ai sensi dell'art. 19
1. 22 ottobre 1971 n. 865, estesa anche alle domande accessorie
di risarcimento per svalutazione e di corresponsione degli inte
ressi proposte dagli attori in sede di precisazione delle conclu
sioni, e ritenuta la proponibilità dell'opposizione, ha accolto
l'opposizione stessa osservando che, per effetto delle sentenze
della Corte costituzionale n. 5 del 1980 (Foro it., 1980, I, 273) e n. 223 del 1983 (id., 1983, I, 2057) che avevano dichiarato
l'illegittimità costituzionale dei criteri di determinazione dell'in
dennità previsti dalle leggi 22 ottobre 1971 n. 865 e 29 luglio 1980 n. 385 e successive proroghe, l'unico criterio indennitario
rimasto vigente cui si poteva far ricorso era quello del valore
venale del bene espropriato di cui all'art. 39 1. 25 giugno 1865
n. 2359; sulla scorta delle valutazioni del consulente, ha quindi
liquidato l'indennità in complessive lire 170.910.000; ha anche
accolto la domanda di risarcimento per svalutazione, ritenendo
tardiva ed irrituale l'eccezione di inammissibilità per motivi del la domanda, proposta dal comune nella comparsa conclusiona
le, ed ha rivalutato la predetta somma a lire 230.728.500, con
dannando il comune al deposito della differenza, oltre gli inte
ressi legali dalla data dell'esproprio. Contro la sentenza il comune di Misano Adriatico ricorre per
quattro motivi. Resistono con distinti controricorsi Riccardo Ce
schina e Carla Zocco, Marina Ceschina, e Joko Nagae, che hanno
anche depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione. — {Omissis). Con il terzo motivo del
ricorso, il ricorrente sostiene che la corte d'appello non poteva
esaminare, né quindi accogliere, la domanda di rivalutazione
dell'indennità ex art. 1224, 2° comma, c.c.: a) perché ad essa, in quanto domanda risarcitoria, non poteva estendersi l'ecce
zionale competenza in unico grado della corte adita, limitata
alla sola determinazione dell'indennità; ti) perché si trattava di
domanda non contenuta nell'atto di citazione, ma proposta so
lo in sede di precisazione delle conclusioni, e quindi inammissi
bile perché nuova.
La censura è infondata sotto entrambi i profili. Sul primo punto, va rilevato che la domanda per il pagamen
to sugli interessi moratori ed il risarciménto del maggior danno
per il ritardato adempimento di un'obbligazione pecuniaria, qual è quella relativa all'indennità di espropriazione, pur essendo una
domanda distinta ed aggiuntiva rispetto a quella che si riferisce
al debito capitale e che non può ritenersi nella stessa compresa, costituisce comunque rispetto ad essa una domanda accessoria
e strettamente conseguenziale, e rimane quindi attratta, ai sensi
dell'art. 31 c.p.c., nella cognizione del giudice funzionalmente
competente per la domanda principale (cfr. Cass. 6383/83, id.,
Rep. 1983, voce Trentino-Alto Adige, n. 87). Sul secondo punto, è ius receptum che nel giudizio in primo
o in unico grado, la proposizione di una domanda nuova, an
che per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni,
configura, ai sensi dell'art. 184 c.p.c., una nullità rilevabile so
lo su eccezione di parte, ed ove questa non sia tempestivamente
proprosta nella prima istanza o difesa successiva, rimane defini
tivamente acquisita al processo per accettazione implicita del
contraddittorio; ed al detto fine l'eccezione deve essere propo sta nella stessa udienza di precisazione delle conclusioni, non
potendo ritenersi tempestiva se formulata, come nella specie, nella successiva comparsa conclusionale, che ha solo la funzio
ne di illustrare le conclusioni già fissate davanti all'istruttore
(cfr., tra le più recenti, Cass. 3956/88, id., Rep. 1988, voce Pro
cedimento civile, n. 113; 4040/87, id., Rep. 1987, voce cit., n.
165; 2553/86, id., Rep. 1986, voce Esecuzione forzata per obbliga
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PARTE PRIMA
zioni pecuniarie, n. 21; 3834/85, id., Rep. 1985, voce Procedi mento civile, n. 117).
Con il quarto motivo, infine, il comune lamenta che per la
determinazione dell'indennità il giudice del merito abbia appli
cato i criteri di cui alla 1. 25 giugno 1865 n. 2359, mentre più correttamente si sarebbe dovuto far ricorso ai criteri della co
siddetta legge su Napoli 15 gennaio 1885 n. 2892; lamenta inol
tre l'erroneità della concreta liquidazione dell'indennità.
Anche quest'ultima censura deve essere disattesa.
Può considerarsi ormai principio consolidato nella giuris
prudenza di questa Suprema corte, contro il quale non viene
prospettato alcun nuovo argomento, che, nel caso di espropria zione di terreni con destinazione edificatoria, la dichiarazione
di legittimità costituzionale di criteri di determinazione dell'in dennità stabiliti dall'art. 16, 5°, 6° e 7° comma, 1. 22 ottobre
1971 n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni, e degli analoghi criteri reintrodotti in via provvisoria con la 1. 29 luglio 1980 n. 385 e successive proroghe (sentenze della Corte costitu
zionale n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983), comporta che l'inden
nità debba essere liquidata facendo applicazione dei criteri ge nerali fissati dagli art. 39 ss. 1. 25 giugno 1865 n. 2359 (cfr., tra le più recenti, Cass. 4440/88, id., Rep. 1988, voce Espro
priazione per p. i., n. 92; 3984/88, ibid., n. 90; 3785/88, ibid., n. 122; 3202/88, ibid., n. 121; 1691/88, ibid., n. 89; 1533/88, ibid., n. Ili; 7532/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 121; 4457/87, ibid., n. 129; 2688/87, ibid., n. 10 e numerose altre).
Né in particolare può essere condivisa la tesi del ricorrente,
il quale sostiene che, più correttamente, dovesse farsi applica zione del criterio previsto dalla 1. 15 gennaio 1885 n. 2892 sul
risanamento della città di Napoli.
Anzitutto, invero, quest'ultimo criterio, sia nella sua previ sione originaria sia nelle sue successive estensioni, ha sempre
funzionato, al pari di altri differenti criteri previsti in molteplici
leggi settoriali dettate per particolari categorie di espropriazio
ne, come un criterio speciale, vale a dire con applicazione limi
tata alle ipotesi ed ai procedimenti espropriativi ogni volta espres samente indicati e previsti dalla singola legge, in virtù di uno
specifico richiamo in questo contenuto, ponendosi come crite
rio derogatorio a quello del «giusto prezzo in una libera con
trattazione di compravendita» previsto in linea generale dall'art.
39 della legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilità 25 giugno 1865 n. 2359.
In ogni caso, come questa corte ebbe ripetutamente ad affer
mare (cfr., tra le tante, Cass. 328/76, id., Rep. 1976, voce cit., n. 208; 4690/81, id., 1982,1, 126; 3338/82, ibid., 2172; 3247/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 117), tutti i molteplici precedenti criteri di determinazione dell'indennità previsti per singoli tipi o settori espropriativi da una serie numerosissima di leggi spe ciali le più svariate, rimasero abrogati per effetto della norma
dettata dal comma premesso all'art. 4 d.l. 2 maggio 1974 n.
115 dalla legge di conversione 27 giugno 1974 n. 247, la quale aveva esteso l'applicazione dei criteri relativi alla determinazio
ne dell'indennità di espropriazione contenuti nella 1. 865/71, e
successivamente dichiarati incostituzionali, a tutte le espropria zioni dello Stato e di altri enti pubblici, sostituendo cosi, in
tutti i procedimenti e modelli legali di espropriazione interes
santi lo Stato e gli altri enti pubblici, i vari criteri di determina
zione dell'indennità che fossero originariamente previsti dalle
singole leggi disciplinanti ciascun tipo di espropriazione, da in
tendersi implicitamente abrogati.
Certamente, il criterio del valore agricolo medio previsto dal
la legge del 1971 sostituì, per effetto della citata disposizione della 1. 247/74, anche il criterio del valore venale di cui agli art. 39 ss. 1. 2359/1865, nelle ipotesi in cui questo fosse stato
in precedenza applicabile alle espropriazioni dello Stato o di
altri enti pubblici; ma, a differenza che le varie norme speciali
riguardanti particolari e specifici settori di intervento degli enti suddetti, quest'ultima normativa, in quanto contenuta nella leg
ge disciplinante in generale le espropriazioni per pubblica utili
tà, dettata cioè non per singole e specifiche fattispecie espro
priative, ma destinata a funzionare, indipendentemente da un
espresso richiamo contenuto in altre leggi, in tutte le ipotesi di espropriazione per le quali non fosse normativamente dispo sto in maniera diversa, non rimase propriamente abrogata, ma
soltanto derogata e compressa, anche se al massimo grado, nel
l'ambito della sua possibile sfera di applicazione, rimanendo
pur sempre come criterio atto a disciplinare, in mancanza di
li Foro Italiano — 1991.
apposite norme specifiche, le residue ipotesi di espropriazione non rientranti nella previsione della 1. 247/74, come, ad esem
pio, le espropriazioni disposte in favore di privati per opere ritenute di pubblico interesse (cfr. Cass. 5880/81, id., Rep. 1981,
voce cit., n. 114). Di modo che, una volta che con le ricordate pronunce della
Corte costituzionale vennero a caducarsi per le espropriazioni di aree edificatorie i nuovi criteri indennitari introdotti con le leggi del 1971 e del 1974, l'unico criterio ancora vigente rinveni
bile nell'ordinamento, e per di più non stabilito per singole e
specifiche fattispecie espropriative, ma destinato a funzionare
in linea generale in ogni ipotesi o tipo di espropriazione salvo
che un'apposita norma provvedesse diversamente, era appunto
quello previsto dalla 1. 2359/1865, e soltanto questo criterio quin di si presentava idoneo ad essere applicato, riespandendo la sua
efficacia per colmare il vuoto prodotto nell'ordinamento dall'e
spunzione dei criteri dichiarati incostituzionali, senza che a tal
fine potesse farsi ricorso ad altri criteri che, a parte la loro
specificità e settorialità, non risultavano più esistenti nell'ordi
namento, in quanto abrogati, o espressamente già con l'art. 39
1. 865/71, o implicitamente con la 1. 247/74.
Del tutto generica, infine, è la doglianza relativa all'apprez zamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata circa la
concreta determinazione sulla base del valore venale del bene
espropriato al momento dell'espropriazione; Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.
II
Svolgimento del processo. — Terranova Giuseppa e Marian
na, con citazione del 27-29 maggio 1986, conenivano in giudizio avanti a questa corte il comune di Serradifalco e, premesso che
l'ente convenuto in forza delle ordinanze sindacali n. 5173 del
31 ottobre 1979 e n. 5702 del 28 novembre 1979 aveva occupa
to, in via provvisoria e di urgenza, rispettivamente, mq. 1255
(foglio 15, part. 1982) e mq. 622 di terreno di loro proprietà
(foglio 15, part. 1982 e 2518) occorrenti per la costruzione del
l'edificio della scuola media e per la costruzione della villa co
munale e relativa rete stradale esterna; che la commissione pro
vinciale, pur essendo stata pubblicata nella G.. del 6 febbraio
1980 la sentenza n. 5 del 1980 (Foro it., 1980, I, 273) della
Corte costituzionale, aveva determinato in lire 326.300 e in lire
186.600 le indennità di epropriazione; che, nella vigenza della 1. n. 385 del 29 luglio 1980, con determinazioni sindacali n.
4980 del 24 setembre 1980 e n. 5538 del 5 ottobre 1981, era
stata pronunciata l'epropriazione delle aree edificabili prima oc
cupate; ciò premesso, e nel rilevare che, di seguito alle sentenze
n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983 (id., 1983, I, 2057) della Corte costituzionale, avevano diritto ad una indennità corrispondente al valore venale delle aree anzidette, chiedevano le giuste inden
nità di espropriazione, da rivalutarsi, con gli interessi legali, nonché le giuste indennità per le occupazioni temporanee.
Costituitosi, il comune di Serradifalco rilevava che le attrici
erano decadute dal diritto di opporsi alla stima, dato che gli avvisi di deposito d'elle relative relazioni erano stati notificati
alle Terranova e pubblicati nella G.U., della regione siciliana, n. 13 del 29 marzo 1980 e n. 33 del 16 agosto 1980. (Omissis).
Motivi della decisione. — A) L'eccezione di tardività delle
proposte opposizioni alle stime delle indennità di espropriazio ne spettanti alle attrici non può essere accolta perché, nel caso
in esame, il termine per l'opposizione non può decorrere, se
condo la previsione di cui all'art. 19 1. n. 865 del 1971, dall'in serzione dell'avviso del deposito delle relazioni di stima nella
G.U., della regione siciliana (e cioè, rispettivamente, dal 29 marzo
1980 e 16 agosto 1980); e ciò, sia perché tali pubblicazioni han no preceduto e non-seguito l'emanazione dei decreti di espro
priazione (emessi, rispettivamente, il 24 settembre 1980 e il 5
ottobre 1981), sia perché esse erano inidonee a far decorrere
il termine per l'opposizione, non contenendo l'indicazione dei
terreni, né dei proprietari espropriati (Cass. 27 aprile 1984, n.
2642, id., Rep. 1984, voce Espropriazione per p.i., n. 78). Il termine non può poi decorrere neanche dalla data di notifi
ca dei decreti di espropriazione (e, cioè, dal 7 ottobre 1980 e dal 24 novembre 1981); e ciò, innanzitutto perché tale decorren
za non è prevista dalla legge, la quale al contrario determina
un successivo dies a quo rispetto all'emanazione ed alla notifica
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
del decreto di espropriazione, stabilendo appunto che il termine
per l'opposizione decorre dalla pubblicazione dell'avviso delle
relazioni distima nel foglio degli annunci legali della provincia (in Sicilia, nella G.U., della regione) pubblicazione che, nel si stema della legge, deve seguire, e non precedere, l'emanazione
dei decreti ablativi. La corte non ignora eh eil Supremo collegio è di diverso avvi
so, avendo ritenuto che il termine decorre dalla data di notifica
zione del decreto di espropriazione quando tale prowedimnto
segua, e non preceda, la relazione tecnica della commissione
provinciale (e prima dell'Ute), ma tale indirizzo, che si fonda sul rilievo che «da tale momento la stima acquista giuridica ef
ficacia ed insorge il diritto dell'espropriato al conseguimento del giusto indennizzo», non sembra condivisibile perché l'inter
prete non può stabilire la decorrenza di un termine prescritto a pena di decadenza in modo diverso da come lo ha determina
to il legislatore; mentre è chiaro che, verificatasi l'anomalia del
decreto di espropriazione che segua la relazione di stima, que st'ultimo atto va ripubblicato appunto per far decorrere il ter
mine per l'opposizione secondo la previsione di legge. Del resto la stessa Suprema corte per il caso analogo in cui
la relazione di stima (che abbia seguito il decreto di espropria
zione) sia stata pubblicata senza la previa notifica della stessa
all'espropriato, nell'escludere la decorrenza del termine dalla pub blicazione (invalida perché non preceduta dalla notifica all'inte
ressato) ha stabilito la decorrenza, non già dalla successiva no
tifica della relazione all'espropriato, ma dalla nuova pubblica zione dell'avviso fatta sulla base della anzidetta successiva notifica
(Cass. 15 marzo 1984, n. 1754, id., Rep. 1984, voce cit., n. 178). Non senza rilevare che, anche se si dovesse seguire l'indirizzo
giurisprudenziale di cui prima si è detto (e di cui alle sentenze n. 7055 del 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 145; n. 7437 del 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 170 e n. 63 del 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 172, della Corte di cassazione), il risultato non cambierebbe nel caso in esame, dato che i decre
ti di espropriazione, emanati entrambi nel vigore della 1. 29 lu
glio 1980 n. 385, contenente provvisorie sull'indennità di espro
priazione delle aree edificabilc lungi dal conferire giuridica effi cacia alla stima cosi come eseguita dalla commissione provinciale, hanno tolto necessariamente ad essa il carattere della definitivi
tà per farle assumere quello di acconto e cioè di indennità sog
getta a conguaglio secondo quanto sarebbe stato stabilito alla
legge sostitutiva della norme dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 5 del 1980, con l'ulteriore con
seguenza che l'espropriato non avebbe avuto alcun interesse a
chiedere giusto indennizzo che la futura legge avrebbe pure do
vuto stabilire in misura congrua, interesse che invece è insorto
dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 223 del
1983, ha dichiarato illegittimi anche gli art. 1, 2 e 3 1. n. 385 del 1980.
È significativo al riguardo che il sindaco del comune di Serra
difalco, sia pure solo col secondo decreto (quello del 5 ottobre
1981), nel disporre il trasferimento coattivo dei terreni occor
renti per costruzione della villa comunale, dava espressamente che «le disposizioni previste dall'art. 1 1. 29 luglio 1980 n. 385»
sarebbero state applicate al verificarsi delle condizioni previste dalla legge richiamata, cosi riconoscendo che l'indennità di espro
priazione valeva solo come acconto ed era soggetta a conguaglio.
B) Per quanto, poi, concerne la giusta indennità di espropria
zione, occorre rilevare che in seguito alle citate sentenze n. 5
del 1980 e n. 223 del 1983 {id., 1983, I, 2057) della Corte costi tuzionale, la determinazione dell'indennità va fatta, ove si tratti
di terreno con destinazione edificatoria, come nel caso in esa
me, con riferimento ai criteri stabiliti dalla 1. n. 2359 del 1865 e cioè considerando il giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto
in una libera contrattuazione di compravendita (art. 39).
In tali sensi è la giurisprudenza costante della Corte di cassa
zione e questa corte non ha motivi per discostarsi da essa come
più volte ha avuto occasione di ribadire.
Circa il quantun va premesso che il consulente tecnico d'uffi
cio, dopo averli considerati a vocazione edificatoria perché rica defano nelpiano di fabbricazione, rispettivamente in zona C/1 (con indice di edificabilità di 6,5 mc/mq ed altezza massima di 14 metri) ed in zona C/2 (con indice di edificabilità di 0,3 mc/mq ed altezza massima di 4 metri), ha stabilito il valore
dei terreni delle attrici utilizzati per la costruzione della scuola
media e della villa comunale rispettivamente in lire 55.000 ed
Il Foro Italiano — 1991.
in lire 30.000 per metro quadrato. In particolare ha considerato che aree limitrofe, ricadenti in
zona C/1, nel periodo dal luglio 1984 all'aprile 1985, erano sta
te vendute al prezzo medio di lire 49.748 al mq., sicché, tenuto
conto di ogni elemento, ed in particolar modo degli indici di
sfruttamento dei vari appezzamenti di terreno, l'area utilizzata
per la costruzione della scuola media (mq. 1255) andava valuta
ta a lire 55.000 al mq. e quella utilizzata per la costruzione
della villa comunale (mq. 622) a lire 30.000 al mq., anche per ché lo stesso comune aveva stimato a lire 26.000 al mq. area
ricadenti in zona C/3 (con indici di edificazione inferiori a quelli della zona C/2).
Sostengono le attrici che tali valori sono uguali a quelli attri
buiti da altro consulente d'ufficio nelle cause definite da questa corte con la sentenza n. 110/86 (riguardante l'espropriazione
per la costruzione della scuola media) e con la sentenza n. 104/86
(riguardante l'espropriazione per la costruzione della villa co
munale), sicché dovrebbero essere ora stabiliti valori più ade
renti alla realtà di mercato e non già quelli attribuiti con le
citate sentenze (lire 30.000 e lire 25.000 al mq., rispettivamente). Sostiene il comune che la stima del consulente tecnico d'uffi
cio va disattesa; a) perché la valutazione in lire 26.000 al mq. è un fatto del 1987 e non del 1980; b) perché diverso era il
mercato delle aree edificabili nel 1980/81 rispetto al 1985 o ad
dirittura al 1987; c) perché questa corte aveva disposto il rinno
vo delle indagini in altre cinque cause ove veva operato lostesso
consulente d'ufficio ed il nuovo aveva determinato in lire 26.605
al mq. ilvalore dei terreni espropriati nel settembre 1980 per
la costruzione della scuola media.
Ma la corte non può che confermare i valori in precedenza attribuiti a terreni espropriati per la realizzazione della stessa
opera pubblica, dato che, come già sottolineato, deve tenersi
conto, da un lato, del diverso periodo di tempo di perfeziona
mento degli ati di compravendita presi a paragone dal consu
lente tecnico d'ufficio rispetto all'epoca del trasferimento coat
tivo e, dall'altro, della diversa e maggiore edificabilità dei terre
ni oggetto degli anzidetti atti di compravendita rispetto ai terreni
utilizzati per la costruzione della villa comunale.
Orbene considerando, per il terreno espropriato per la costru
zione della scuola media, l'indice di svalutazione monetaria dal
settembre del 1980 (epoca del trasferimento coattivo) al novem
bre del 1984 (periodo medio degli atti traslativi considerati dal consulente d'ufficio) il terreno in prola dovrebbe considerarsi
del valore di circa lire 29.000 al mq. (lire 49.748 : 1,7316 = lire
28.729) l'indice di svalutazione essendo pari al 73,16%
(340,52 : 243,72 x 126,03 : 101,69 x 100 — 100), sicché questa cote, tutto valutato, ritiene equa l'attribuzione di valore in pre
cedenza fatta (lire 30.000 al mq.).
Analogo discorso va fatto per il terreno utilizzato per la co
struzione della villa comunale che dovrebbe valere, a parità di
indice di edificabilità, circa lire 34.300, essendo pari al 44,69% l'indice di svalutazione monetaria dall'ottobre 1981, epoca del
l'espropriazione, al novembre 1984, periodo medio delle com
pravendite prese in esame dal consulente d'ufficio
(340,52 : 291,68 x 126,03 : 101,69 x 100 - 100 = 44,69; lire 49.748 : 1,4469 = lire 34.382).
Tale valore va tuttavia ridotto del 25% circa, e quindi porta
to a lire 25.500 al mq. (lire 34.300 - 25% pari a lire 8.575 =
lire 25.725), per tenere conto dell'incidenza (negativa) della di
versità di destinazione edilizia (C/2) corretta tuttavia dalla po
tenzialità di maggiore edificabiltà che il terreno presentava dato
che, come gli altri vicini, avrebbe potuto essere utilizzato alme
no per l'edilizia economica popolare, se non fosse stato, succes
sivamente al piano di fabbricazione (approvato con d.a. n. 118
del 29 aprile 1970) e prima del decreto di espropriazione, vinco lato per la costruzione della villa comunale e relativa rete stra
dale esterna.
Consegue da quanto avanti considerato e ritenuto che la giu
sta indennità spettante alle attrici è pari:
1) alire 37.650.000 per i mq. 1255 di terreno espropriati il 24 settembre 1980 (mq. 1255 x lire 30.000) ed
2) al lire 15.861.000 per i mq. 622 di terreno espropriati il
5 ottobre 1981 (mq. 622 x lire 25.500). Al comune convenuto va quindi ordinato di depositare, pres
so la cassa depositi e prestiti, quali supplementari indennità di
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PARTE PRIMA
espropriazione, la somma di lire 37.323.700 (lire 37.650.000 -
lire 326.300) con gli interessi legali dal 24 settembre 1980 e la somma dilire 15.674.400 (lire 15.861.000 - lire 186.600) con gli interessi legali dal 5 ottobre 1981.
C) Per quanto riguarda poi le indennità per le occupazioni temporanee legittime (dal 31 ottobre 1979 al 24 settembre 1980 e dal 28 novembre 1979 al 5 ottobre 1981) esse possono essere determinate in ragione del 5% delle indennità di espropriazio ne, che corrispondono al valore venale del bene in comune com
mercio, e vanno quindi liquidate rispettivamente nelle somme di:
1) lire 1.694.250 (5% dilire 37.650.000 per 10 mesi e 24 gior ni), e di
2) lire 1.469.345 (5% dilire 15.861.000 per 1 anno, 10 mesi e 7 girai),
oltre gli interessi legali dal 24 settembre 1980 e dal 5 ottobre 1981 rispettivamente sulle anzidette indennità.
D) Le attici hanno anche chiesto che le somme liquidate a titolo di supplementari indennità di espropriazione vengano mag giorate per tenere conto del danno prodotto dalla svalutazione monetaria dall'epoca dei trasferimenti coattivi ad oggi, danno desumibile presuntivamente dalla possibilità di impiego delde naro nell'acquisto di altro bene immobile o alternativamente dalla prevedibile collocazione di esso nella forma del deposito bancario o dell'investimento in Bot e Cct.
Sostiene il comune che tale domanda va disattesa non essen dovi prova di un pregiudizio patrimoniale riferito ad un parti colare mancato impiego od investimento né di un atto formale di messa in mora.
Ma la corte, rivedendo sul punto la propria giurisprudenza, ritiene dinon essere competente a conoscere di tale domanda
proposta a norma dell'art. 1224, 2° comma, c.c., perché per legge (art. 19 1. n. 865 del 1971) può conoscere in unico grado solo della giusta indennità di espropriazione (e di occupazione temporanea).
In precedenza, questa corte si è pronunciata in ordine al ri sarcimento dei danni da svalutazione monetaria della supple mentare indennità di espropriazione ritenendo che si trattasse di domanda accessoria a quella principale di adeguamento del l'indennità di espropriazione e come tale esaminabile dal giudi ce competente per materia a conoscere della giusta indennità di espropriazione (a norma dell'art. 31 c.p.c.).
Sennonché, in unico grado la corte è chiamata a determinare l'indennità di espropriazione spettante all'espropriato senza al cuna possibilità di disporre in suo favore il pagamento della
supplemetare indennità di espropriazione, dovendosi limitare ad ordinare il deposito presola cassa depositi e prestiti.
Ma se cosi è, come non può dubitarsi, è chiaro che la doman da di risarcimento dei danni da svalutazione monetaria del cre dito costituito dalla supplementare indennità di espropriazione, siccome non correlata ad una pronuncia di condanna al paga mento di essa in favore dichi ha agito per ottenere l'adegua mento dell'indennità, non può considerarsi accessoria della do manda principale e ciò, non solo perché l'indennità supplemen tare potrebbe alla fine spettare a persona diversa dall'opponente, ma anche perché il danno potrebbe essere riconosciuto in favo re di uno dei comproprietari espropriati e non dell'altro (ovvero in misura diversa per l'uno e per l'altro comproprietario) in relazione alle loro qualità professionali o condizioni personali; sicché si dovrebbe prima accertare se all'anzidetto spetti o me no una parte (e quale parte) della supplementare indennità di
espropriazione. Ma tali accertamenti sono preclusi nel giudizio di opposizione
alla stima della giusta indennità di espropriazione attribuito a questa corte e che per legge (art. 14 1. n. 865 del 1971 e art. 52 1. n. 2359 del 1965) si conclude con l'ordine del deposito della supplementare indennità di espropriazione in favore delle persone cui spetterà una tale indennità. La corte deve, pertan to, dichiarare la propria incompetenza a conoscere del chiesto risarcimento dei danni da svalutazione monetaria.
Il Foro Italiano — 1991.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 30 set tembre 1989, n. 3947; Pres. Brancaccio, Est. A. Finocchia
ro, P.M. Amatucci E. (conci, conf.); D'Amico (Aw. Ga
lasso) c. Censi (Avv. Moscarini, Di Biase). Dichiara inam missibile ricorso avverso Trib. Pescara 21 novembre 1988.
Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Istanza di ricusazione dichiarata inammissibile — Efficacia sospensi va del procedimento — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 51, 52, 53).
Cassazione civile — Provvedimenti d'urgenza — Ricorso —
Inammissibilità — Fattispecie (Cost., art. Ill; cod. civ. art.
2652, 2653; cod. proc. civ., art. 700).
La sospensione del processo, ai sensi dell'art. 52, 3° comma, c.p.c., consegue non alla semplice presentazione dell'istanza di ricusazione del giudice, ma solo a quella che sia proposta con il rispetto delle condizioni e dei termini previsti dalla leg ge e si riferisce alle ipotesi tassativamente indicate ed accerta te da un giudice diverso da quello ricusato; pertanto, la pre sentazione di un'istanza di ricusazione ritenuta inammissibile non determina la sospensione proprio perché non realizza le condizioni necessarie ad integrare la fattispecie che tale so
spensione impone ed il procedimento principale può conti nuare senza necessità di alcun atto di impulso di parte o d'uf ficio perché l'incidente processuale non ha l'idoneità a so
spendere il processo. (1) Non è ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art.
Ill Cost., nei confronti di provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., non avendo gli stessi carattere decisorio, ma solo
provvisorio e strumentale, a meno che essi non statuiscano in via definitiva su diritti sostanziali controversi, configuran dosi in tal caso come sentenza di primo grado, soggetta al
gravame dell'appello (nella specie, è stato dichiarato il carat tere non decisorio di provvedimenti d'urgenza con cui era stata
disposta la cancellazione di trascrizioni di domande giudiziali diverse da quelle previste dagli art. 2652 e 2653 c.c.J. (2)
(1) Nel senso che la proposizione dell'istanza di ricusazione non de termina la sospensione automatica del procedimento né la devoluzione della questione al giudice competente, in quanto spetta pur sempre al giudice ricusato l'accertamento dell'ammissibilità dell'istanza, v. Cass. 22 ottobre 1979, n. 5484, Foro it., 1981, I, 2787, con nota di Trisorio Liuzzi, Brevi note in tema di sospensione per ricusazione e per regola mento di giurisdizione: sospensione «ipso iure» o «ope iudicis»?
Per l'affermazione secondo cui l'ordinanza con cui il giudice, nei cui confronti è presentata istanza di ricusazione, dichiari la sospensione del processo non necessita di comunicazione alle parti, atteso che la ricusazione sospende di diritto il processo, giusta l'espressa previsione dell'art. 52, 3° comma, c.p.c., v. Cass. 6 febbraio 1984, n. 919, id., Rep. 1984, voce Astensione, ricusazione e responsabilità dei giudice, n. 15. Sui limiti di attività del giudice ricusato, una volta proposta la ricusazione, v. Pret. Milano, ord. 28 luglio 1981 e Trib. Milano, ord. 5 ottobre 1981, id., 1981, I, 2834 e 2832, con nota di richiami.
Al fine di evitare l'uso della ricusazione per scopi chiaramente dilato ri, una parte della dottrina ha avanzato, de iure condendo, la proposta di rimettere alla valutazione del giudice della ricusazione la decisione circa la sospensione o meno del procedimento (v. Conso, Ricusazione, istituto da rivedere, in Arch, pen., 1975, I, 92; Calderone, Ricusazio ne: strumento di garanzia o di ostruzionismo?, in Giur. merito, 1978, 321-323; Giallongo, Come ricusare un'intera corte d'appello, in Giur. it., 1979, II, 12-14).
In tema di ricusazione del giudice, v., da ultimo, Trib. Napoli, ord. 19 febbraio 1988, Foro it., 1989, I, 2630, con nota di richiami, per un'ipotesi di ricusazione di un intero collegio giudicante.
(2) Assolutamente consolidata è la giurisprudenza della Cassazione nell'escludere la ricorribilità nei confronti dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c.; v., da ultimo, Cass. 23 maggio 1988, n. 3572, Foro it., Rep. 1988, voce Provvedimenti di urgenza, n. 93; 1° dicembre 1987, n. 8925, id., Rep. 1987, voce Cassazione civile, n. 23; 22 ottobre 1987, n. 7796, 17 ottobre 1987, n. 7694, 27 giugno 1987, n. 5744, 23 marzo 1987, n. 2842, 19 febbraio 1987, n. 1791, 10 febbraio 1987, n. 1390, ibid., voce Provvedimenti d'urgenza, nn. 101, 95-98, 100; mentre questa è ammessa nei riguardi dell'ordinanza che respinge la richiesta di provve dimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. e regola le spese del procedimento, assumendo natura di provvedimento definitivo e decisorio su posizioni di diritto soggettivo (v. Cass. 20 ottobre 1988, n. 5704, 23 aprile 1988, n. 3149 e 29 gennaio 1988, n. 827, id., Rep. 1988, voce cit., nn. 82, 84, 85).
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