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sezione III civile; sentenza 9 marzo 1991, n. 2508; Pres. Bile, Est. Iannotta, P.M. Scala (concl.conf.); Azienda trasporti municipalizzata Catania (Avv. Basile) c. Zuccarello (Avv. Tommaselli) ealtri. Cassa senza rinvio Trib. Catania 30 dicembre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2427/2428-2431/2432Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185615 .
Accessed: 25/06/2014 01:50
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2427 PARTE PRIMA 2428
sole di rinnovo collegate a scadenze convenzionali anteriori a
quelle poi indotte dall'applicazione dell'art. 71 della legge. Ma questo rivela anche perché, tutte le volte che la locazione
anteriore — com'è nel caso — giunge al termine per esaurimen
to della sua durata convenzionale, non si è in concreto in pre senza d'un applicazione dell'art. 71 della legge e dunque il di
spiegarsi degli effetti della clausola di rinnovo non trovano al
cun ostacolo nelle norme da esso dettate.
Con la conseguenza che la progettata deroga all'applicazione dell'art. 1596 c.c. può trovare esplicazione.
Un diverso limite potrebbe in questo caso manifestarsi ove
la prevista nuova durata fosse inferiore a quella minima legale, ma si è già veduto che, nel caso, questo limite non veniva in
rilievo.
7. - In conclusione il ricorso deve essere accolto.
Il giudice di rinvio — cui si rimette di provvedere anche sulle
spese del giudizio di cassazione e che si designa in altra sezione
della Corte d'appello di Venezia — si atterrà nella decisione
della controversia al seguente principio di diritto:
«La clausola di rinnovazione in mancanza di disdetta, appo sta ad un contratto di locazione non abitativa in corso e non
soggetto a proroga legale, non cessa d'essere efficace per effet
to del sopravvenire della 1. 27 luglio 1978 n. 392, se resti ferma
la scadenza convenzionale e la nuova durata prevista per il rap
porto dalla clausola di rinnovo non sia inferiore a quella mini
ma legale preveduta dall'art. 27 1. n. 392 del 1978».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 marzo
1991, n. 2508; Pres. Bile, Est. Iannotta, P.M. Scala (conci,
conf.); Azienda trasporti municipalizzata Catania (Avv. Basi
le) c. Zuccarello (Avv. Tommaselli) e altri. Cassa senza rin
vio Trib. Catania 30 dicembre 1985.
Esecuzione forzata in genere — Ordinanza di estinzione emessa
da giudice monocratico — Reclamabilità davanti allo stesso
giudice — Appello — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 629,
630, 631).
L'ordinanza di estinzione del processo esecutivo emessa dal pre tore — quale giudice dell'esecuzione — è reclama bile davanti
allo stesso pretore, che decide con sentenza soggetta ad ap pello; è, pertanto, inammissibile l'appello proposto diretta mente contro l'ordinanza che abbia dichiarato estinto il pro cesso esecutivo per difetto di somme da assegnare al creditore
procedente (in quanto, nella specie, il terzo debitor debitoris
aveva saldato il proprio debito nei confronti del debitore ese cutato subito dopo la sentenza di primo grado di accoglimen to dell'opposizione all'esecuzione, poi riformata). (1)
(1) I. - Non constano precedenti specifici in termini. La vicenda pro cessuale può sintetizzarsi cosi: A, creditore dell'azienda B in forza di sentenza del locale pretore del lavoro, procede a pignoramento presso terzi presso la banca C. Proposta da B opposizione all'esecuzione, si ha sospensione del processo esecutivo con rimessione delle parti davanti al pretore del lavoro, il quale accoglie l'opposizione ordinando la resti tuzione delle somme pignorate nella disponibilità dell'azienda opponen te. Tale sentenza di accoglimento viene però riformata in appello, af fermandosi il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata:
conseguentemente, A riassume il processo esecutivo chiedendo l'asse
gnazione di quanto dovutogli. Poiché C deduce di aver restituito all'a zienda B le somme di cui era debitrice, in conformità alla decisione di primo grado sull'opposizione all'esecuzione, il pretore dichiara estin to il processo esecutivo per difetto di somme da assegnare al creditore
procedente. Avverso tale ordinanza propone appello A; il gravame è accolto dal tribunale, il quale annulla il provvedimento di estinzione os servando che all'ordinanza impugnata deve riconoscersi natura di sen tenza in quanto atta a definire il giudizio di esecuzione con una pronun cia che, sul presupposto di un presunto fatto estintivo dell'obbligo del terzo, incide sulla sopravvivenza del potere del creditore di proseguire l'esecuzione. La Cassazione, investita della questione dall'azienda B, cas
II Foro Italiano — 1991.
Svolgimento del processo. — Orazio Zuccarello, creditore del
l'Azienda municipalizzata dei trasporti di Catania per lire
7.157.821, in forza di sentenza del locale pretore del lavoro,
procedeva a pignoramento presso terzi e precisamente presso la Cassa centrale di risparmio V.E. per le province siciliane, la quale rendeva la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c.
Proposta dall'azienda municipalizzata trasporti opposizione
all'esecuzione, il giudice del processo ne disponeva la sospensio ne e rimetteva le parti per la decisione di merito davanti al pre tore del lavoro; questi accoglieva con sentenza l'opposizione, ordinando la restituzione nella disponibilità dell'azienda muni
cipalizzata trasporti delle somme pignorate, ma in sede di ap
pello tale sentenza veniva riformata dal tribunale che riconosce
va il diritto dell'appellante a procedere ad esecuzione forzata
per la somma pignorata. Lo Zuccarello provvedeva quindi alla
sa senza rinvio per inammissibilità dell'appello proposto direttamente contro l'ordinanza di estinzione.
A) Questione oggetto di esame diretto da parte della Corte di cassa zione è il rimedio esperibile avverso il provvedimento che abbia dichia rato estinto il processo esecutivo. A questo proposito la corte afferma la portata generale del rimedio costituito dal reclamo ex art. 630, 3°
comma, c.p.c., già esteso da Corte cost. n. 195 del 17 dicembre 1981
(Foro it., 1982, I, 4, con nota di A. Proto Pisani) alle ipotesi di estin zione per rinuncia agli atti previste dall'art. 629 c.p.c. Da questo punto di vista, dunque, la pronuncia in epigrafe non presenta affermazioni di particolare rilievo se non quella — tutto sommato modesta — della reclamabilità davanti allo stesso pretore del provvedimento emesso da
giudice monocratico (sul punto specifico, v. Pret. Palermo 18 marzo
1954, id., Rep. 1954, voce Estinzione del processo, n. 36; Cass. 28 maggio 1963 n. 1419, id., 1963, I, 1654; 8 novembre 1974, n. 3455, id., Rep. 1974, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 181, non ché da ultimo Pret. Roma 7 dicembre 1987, id., Rep. 1988, voce Esecu zione forzata in genere, n. 66 (ed in Temi romana, 1987, 174). In dot
trina, Carnacini, Le innovazioni concernenti il processo esecutivo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1951, 352 e da ultimo Corsaro, Bozzi, Manuale dell'esecuzione forzata, Giuffrè, Milano, 1987, 470. Sulla pro blematica del reclamo al collegio nel sistema delineato dalla novella della 1. 353/90, v. A. Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, Jovene, Napoli, 1991, cap. IV, par. 2.4 e, in senso diverso, A.
Attardi, Le nuove disposizioni del processo civile, Cedam, Padova, 1991, 227).
La scelta, in realtà , non si presenta affatto come necessitata, soprat tutto ove si guardi alla peculiarità della fattispecie concreta. Astratta mente può, infatti, ritenersi che:
aa) l'indicazione delle cause di estinzione ex art. 629-631 c.p.c. abbia carattere tassativo (e perciò in tutte le altre fattispecie di infruttuosità o impossibilità dell'azione esecutiva si sia alla presenza di cause di mera
improseguibilità del giudizio); in tal caso unico rimedio esperibile sarÃ
l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Con la conseguenza ulteriore che la decisione sull'improseguibilità sarà ricorribile unicamente
per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost., ma non suscettibile di appel lo: in tal senso, v. in giurisprudenza Cass., sez. un., 18 gennaio 1983, n. 413, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 40 (e Giusi, civ., 1983, I, 1506); 23 gennaio 1985, n. 291, Foro it., 1985, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 46 (e Giusi, civ., 1985, I, 1685); Trib. Monza 19 giugno 1982, Foro it., 1983, I, 1447 (e Giur. merito, 1983, 901, con nota di Ruffini); Trib. Bologna 12 novembre 1981, Foro it., Rep. 1982, voce Esecuzione forzata in genere, n. 62 (e Giur. it., 1982, I, 2, 177); Trib. S. Maria Capua Vetere 6 agosto 1965, Foro it., Rep. 1966, voce cit., n. 166; Cass. 26 febbraio 1966, n. 599, ibid., n. 170
(relativa, però, ad estinzione per rinuncia); Trib. Torino 13 marzo 1964, id., 1964, I, 1078 (anch'essa relativa a estinzione per rinunzia). In dot
trina, B. Sassani (Bove, Capponi, Martinetto), L'espropriazione for zata, Utet, Torino, 1988, 574, 580-583.
bb) che l'indicazione contenuta negli art. 629-631 c.p.c. non abbia carattere tassativo (e che, dunque, siano configurabili fattispecie di estin zione in senso tecnico in tutti i casi in cui venga meno il presupposto per l'utile proseguimento dell'azione): si dovrà allora ritenere che il prov vedimento relativo sia suscettibile di reclamo a norma dell'art. 630, 3° comma. Reclamo che dovrà proporsi davanti allo stesso pretore in tutte le ipotesi in cui giudice dell'esecuzione sia un giudice monocratico e che sarà destinato a sfociare in un provvedimento suscettibile di appel lo. In tal senso è la giurisprudenza dominante della Cassazione, cui si ricollega la pronuncia in epigrafe: v. sent. 30 gennaio 1982, n. 596, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 22; 22 giugno 1977, n. 2639, id., Rep. 1979, voce cit., n. 53 (e Giur. it., 1979, I, 1, 1050, con nota di Durando); 15 giugno 1978, n. 2983, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 93; 16 dicembre 1974, n. 4317, id., Rep. 1974, voce cit., n. 182; Pret. Napoli 15 luglio 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 146 (e Dir. e giur., 1968, 861); Cass. 18 giugno 1968, n. 2023, Foro it., 1969, I, 720 (e Giust. civ., 1969,1, 463, con nota di Finocchiaro); 15 maggio 1967,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
riassunzione del processo esecutivo chiedendo l'assegnazione di
quanto ancora dovutogli, detratti gli acconti già ricevuti. Di
sposta dal giudice dell'esecuzione la comparizione delle parti, la Cassa centrale di risparmio, all'uopo costituitasi, deduceva
che, a seguito della sentenza emessa dal Pretore di Catania in
sede di opposizione all'esecuzione, aveva restituito all'azienda
municipalizzata la somma di cui era debitrice in conformità di
detta decisione. Il giudice dell'esecuzione, dato atto di ciò, di
sattendeva l'istanza di assegnazione del creditore procedente e
dichiarava estinto il processo esecutivo con ordinanza 8 maggio 1985.
Avverso tale ordinanza, e sull'assunto che alla stessa dovesse
essere riconosciuta natura di sentenza, proponeva appello lo Zuc
carello davanti al Tribunale di Catania, chiedendo il prosegui mento del processo esecutivo ed il riconoscimento del suo dirit
n. 1017, Foro it., 1967, I, 1152 (in senso critico nei confronti di tale
giurisprudenza, v. Corsaro, Bozzi, op. cit., 464-470). B) Questione di merito implicitamente presupposta — ma non esami
nata direttamente perché assorbita dalla pregiudiziale relativa all'inam
missibilità dell'appello — è se il processo esecutivo possa estinguersi anche per cause non espressamente previste dalla legge ma ricavabili
in via di interpretazione analogica o sistematica. La questione sembra
essersi presentata assai raramente all'attenzione della giurisprudenza: sul punto, v. Trib. S. Maria Capua Vetere 3 aprile 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 83 (e Nuovo dir., 1986, 38) secondo cui «Le cause
di estinzione del processo esecutivo non sono soltanto quelle previste dalla legge ma tutte quelle che impediscono al processo esecutivo di
raggiungere il suo scopo, essendo pacifico che il legislatore non ha inte
so in subiecta materia disporre ipotesi tassative». V. anche Pret. Boia
no 5 ottobre 1974, Foro it., Rep. 1975, voce Esecuzione forzata per
obbligazioni pecuniarie, n. 14 e Giur. it., 1975, I, 2, 1024, con nota
di Bucolo (per una fattispecie di estinzione a seguito di mancata com
parizione del terzo per rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. ed
omessa richiesta di accertamento del suo obbligo da parte del creditore
procedente); Pret. Benevento 28 marzo 1985, Foro it., Rep. 1986, voce
cit., n. 24 (e Giur. merito, 1986, 574), secondo cui «quando il creditore
procedente non ottempera dopo l'istanza di vendita agli oneri previsti con l'ordinanza di fissazione della vendita stessa si verifica una causa
di estinzione del processo»; Trib. S. Maria Capua Vetere 5 aprile 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 39 (e Giur. it., 1986, I, 2, 280, con
nota di Pasquariello) che, in sede di esecuzione immobiliare, ha di
chiarato configurabile una fattispecie di estinzione d'ufficio nell'essere
risultato deserto anche il secondo incanto; Pret. Roma 27 luglio 1967, Foro it., Rep. 1968, voce cit., n. 38, ha ritenuto che il differimento
semplice dell'udienza fissata a norma dell'art. 543 c.p.c. (quando man
chi la dichiarazione del terzo o vi sia la dichiarazione negativa e la
mancata proposizione dell'istanza di accertamento) è inammissibile e
produce l'estinzione del procedimento (contra, Pret. Roma 24 gennaio 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 46); Cass. 17 aprile 1987, n. 3786,
id., Rep. 1987, voce Esecuzione forzata in genere, n. 42, che, nell'ipo tesi di integrale soddisfacimento del creditore procedente (il quale in
tenda, ciò nonostante, proseguire nell'esecuzione) incombe al debitore
l'onere di sperimentare il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art.
615 c.p.c., non potendo farsi ricorso, nel contrasto delle parti, all'estin
zione diretta del processo esecutivo ai sensi degli art. 629, 630, 631
c.p.c., che disciplinano ipotesi specifiche e diverse. Nel senso della tas
satività delle cause di estinzione previste dalla legge, v. anche: Cass.
8 maggio 1976, n. 1624, id., Rep. 1976, voce cit., n. 79, nonché Pret.
Napoli 3 dicembre 1984, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 58 (e Arch, loca
zioni, 1985, 570), secondo cui «il provvedimento di estinzione del pro cesso esecutivo, emesso a seguito della constatata assenza sul luogo del
l'esecuzione della persona istante o di persona da lei designata da im
mettere, ex art. 608 c.p.c., nel possesso dell'immobile da rilasciare, esula
dalle ipotesi di estinzione in senso stretto disciplinate dagli art. 629 e
630 c.p.c., avendo natura sostanziale di declaratoria dell'improseguibi lità dell'esecuzione a causa dell'irrealizzabilità dell'oggetto».
In dottrina, v. (nel senso della non tassatività ) Carnelutti, Istituzio
ni del processo civ. italiano, Va ed., Foro italiano, Roma, 1956, III,
127, Id., Lezioni dì diritto processuale civ. Processo di esecuzione, Ce
dam, Padova, 1929, 398-399; Satta, Commentario, Vallardi, Milano,
1959, III, 513 (il quale però osserva che «in realtà non è facile stabilire
in concreto a che cosa si riferisca l'art. 631»). In senso contrario An
drioli, Commento, Jovene, Napoli, 1957, III, 391 e Sassani (Bove,
Capponi, Martinetto), L'espropriazione, cit., 572 ss.
La conclusione cui perviene la Cassazione nella sentenza in epigrafe,
pur se in linea con le opinioni dottrinali sopra citate e con le (peraltro non numerose) pronunce di merito, appare tuttavia scarsamente — e
non troppo convincentemente — motivata. In particolare, suscita forti
perplessità l'accostamento — a fini dimostrativi della tesi accolta —
di ipotesi quali «il venir meno del titolo esecutivo» (presumibilmente
Il Foro Italiano — 1991.
to all'assegnazione della somma residua ancora spettantegli. Con sentenza 9 aprile 1986 il tribunale, in accoglimento del
gravame, annullava il provvedimento di estinzione e dichiarava
che il procedimento esecutivo andava proseguito. Osservava in
particolare il tribunale:
a) che all'ordinanza impugnata andava riconosciuto valore
di sentenza in quanto definiva il giudizio di esecuzione con una
pronuncia che, sul presupposto di un presunto fatto estintivo
dell'obbligo del terzo, incideva sulla sopravvivenza del potere del creditore di proseguire l'esecuzione;
b) che la deduzione della Cassa centrale di risparmio in ordi
ne alla pretesa liberazione dal vincolo scaturente dal pignorato, costituiva soltanto l'espressione di un personale convincimento
e non una dichiarazione negativa del terzo pignorato ab
per accoglimento dell'opposizione ex 615 c.p.c.) e «la distruzione o sot trazione del bene pignorato»: se in quest'ultimo caso un problema di estinzione effettivamente può porsi (stante la lacunosità della discipli na), ben altro è il caso del venir meno del titolo esecutivo. Come infatti ha precisato Cass. 18 gennaio 1983, n. 413, id., Rep. 1983, voce cit., n. 58 (ed in Giust. civ., 1983, I, 1506) l'incidenza della sentenza di
accoglimento dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. nell'ambito del proces so esecutivo è riflessa: accertata l'originaria inesistenza o la sopravve nuta cessazione dell'azione esecutiva (per il venir meno di una delle sue condizioni) il processo esecutivo, se iniziato col pignoramento, non
può proseguire, e l'improseguibilità va dichiarata con ordinanza. Si tratta
di improseguibilità e non di estinzione a norma dell'art. 630, non appli cabile né direttamente né analogicamente (in motivazione si precisa al
tresì che l'ordinanza in questione, essendo atto esecutivo, è impugnabi le ex 617 c.p.c.). Nel senso dell'estinzione, v. invece Cass. 8 agosto 1964, n. 2273, Foro it., Rep. 1965, voce cit., n. 168 e Giust. civ., 1965,
I, 533. II. - Ciò premesso, è infine da osservare che, nel caso di specie, il
— presunto — fatto estintivo dell'obbligo del terzo debitor debitoris
(pagamento al debitore esecutato) è la conseguenza di una sentenza di
primo grado di accoglimento dell'opposizione ex art. 615, poi riformata. Sentenza la quale (a prescindere dal suo contenuto concreto, quanto
meno ultroneo e fonte di possibili equivoci: non stupisce che il terzo
si sia affrettato a pagare al proprio creditore) in alcun modo poteva
distruggere il vincolo di indisponibilità derivante dal pignoramento. Infatti: 1) se una qualche efficacia lato sensu esecutiva deve ricono
scersi alla sentenza che accoglie l'opposizione all'esecuzione ex 615 c.p.c., essa è — stante il disposto dell'art. 627 c.p.c. — se mai da ricollegarsi alla sentenza di secondo grado. L'«accelerazione rispetto al normale
criterio del passaggio in giudicato formale» (cosi Andrioli, Commen
to, cit., Ili, 279) non poteva dunque verificarsi nel caso di specie. 2) Nemmeno poteva porsi il delicato problema dell'identità o meno degli effetti ex art. 546 c.p.c. con quelli ex art. 2917 c.c. (su cui v. A. Proto
Pisani, nota a Cass. 8 febbraio 1972, n. 333, in Foro it., 1972, I, 2514) in quanto il pignoramento si era già integralmente perfezionato a segui to della dichiarazione non contestata del terzo ai sensi dell'art. 547.
3) Restavano dunque in piedi sia il vincolo di indisponibilità derivante
dal pignoramento (vincolo il cui primo effetto e significato è proprio
quello di far sorgere nella sfera giuridica del terzo il divieto di adempie re nei confronti del proprio creditore: v. la dottrina da Proto Pisani, cui adde Bucolo, Il pignoramento ed il sequestro presso il terzo, Ce
dam, Padova, 1986, 338-347 e Martinetto (Bove, Capponi, Sassani),
L'epropriazione, cit., 132-138), sia i conseguenti obblighi di custodia
del bene pignorato. Obblighi la cui portata, ancorché non chiarissima, sembra dover comprendere quantomeno il non adempimento.
III. - Due, in realtà , le alternative prospettabili a fronte dell'eccepito
pagamento. A) La prima consistente nel ritenere senz'altro emanabile l'ordinanza
di assegnazione nei confronti del terzo, come se il pagamento non fosse
mai avvenuto (posto che esso non è comunque opponibile al creditore
pignorante). Tale ordinanza costituirà titolo esecutivo nei confronti del
terzo, il quale sarà obbligato ad adempiere, anche in forza del principio
generale per cui il venir meno dell'oggetto dell'obbligazione, qualora si tratti di cosa fungibile, non libera il debitore, che è obbligato a pro curarsi tantundem.
B) La seconda consistente nel dichiarare improseguibile il processo esecutivo con ordinanza (suscettibile di opposizione agli atti ex 617 c.p.c.), con conseguente possibilità di azione di responsabilità per violazione
degli obblighi di custodia nei confronti del terzo. Tale alternativa, di
sapore quasi scolastico e scarsamente produttiva per il creditore, va
forse riconsiderata dopo Cass. 18 dicembre 1987, n. 9407, Foro it.,
1988, i, 2321, la quale ha ritenuto configurabile in capo al terzo la
responsabilità per illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., in relazione alla
lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del suo soddi
sfacimento, provocato con comportamento doloso o colposo. (Ciò in
conseguenza del dovere di collaborazione nell'interesse della giustizia che al terzo incombe quale ausiliario del giudice). [M. Iozzo]
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2431 PARTE PRIMA 2432
bisognevole di verifica nell'ambito di un nuovo ed autonomo
giudizio ad iniziativa del creditore procedente;
c) che tale deduzione non giustificava neppure il provvedi mento di estinzione dell'esecuzione, atteso che il terzo pignora to non aveva il potere di restituire la somma al debitore esecu
tato in difetto di uno specifico provvedimento del giudice del
l'esecuzione.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l'A
zienda municipalizzata dei trasporti di Catania deducendo quat tro motivi. Ha resistito con controricorso Orazio Zuccarello,
mentre non ha svolto difese la Cassa centrale di risparmio V.E
per le province siciliane. La ricorrente e il resistente hanno pre sentato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando
la violazione degli art. 630, 3° comma, 178, 548 e 279 c.p.c.,
la ricorrente deduce che erroneamente il Tribunale di Catania
ha attribuito all'ordinanza di estinzione del processo esecutivo
natura di sentenza suscettibile di appello, mentre detto provve dimento era reclamabile dinanzi allo stesso giudice.
Con il secondo motivo si insiste nella tesi della reclamabilitÃ
del provvedimento di estinzione, sostenendosi che tale rimedio
sarebbe esperibile anche nell'ipotesi che detto provvedimento avesse natura di sentenza, non facendo a riguardo alcuna di
stinzione l'art. 630 c.p.c. Con il terzo motivo la ricorrente, sotto il profilo della viola
zione degli art. 547, 548 e 552 c.p.c., assume che, una volta
restituita dal terzo pignorato al debitore esecutato la somma
oggetto del pignoramento, l'assegnazione richiesta dal creditore
sarebbe stata impossibile senza un nuovo pignoramento e senza
una nuova dichiarazione del terzo.
Con il quarto motivo, infine, si duole della condanna alle
spese processuali. I primi due motivi, che per l'evidente connessione delle cen
sure possono essere trattati congiuntamente, sono meritevoli di
accoglimento nei limiti risultanti dalle considerazioni che seguono.
Occorre premettere che l'art. 630 c.p.c., nel disciplinare l'e
stinzione del processo esecutivo per inattività delle parti, stabili
sce che il processo esecutivo si estingue, oltre che nei casi espres samente previsti dalla legge, quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio fissato dalla legge o dal giudice. Stabilisce inoltre che l'estinzione è dichiarata con
l'ordinanza del giudice dell'esecuzione e che contro l'ordinanza,
che dichiara l'estinzione o rigetta l'eccezione relativa, è ammes
so reclamo con l'osservanza delle forme di cui all'art. 178, 3°, 4° e 5° comma. Sul reclamo il collegio provvede in camera di
consiglio con sentenza.
Gli art. 629 e 631 stesso codice disciplinano rispettivamente
l'estinzione per rinuncia e per mancata comparizione all'udien
za, estinzione che va ugualmente dichiarata con ordinanza. L'art.
631 prevede a riguardo l'applicazione dell'ultimo comma del
l'articolo precedente e cioè il rimedio del reclamo. Altrettanto
non è detto nell'art. 629, ma la differenza è stata eliminata dal
la pronuncia 17 dicembre 1981, n. 191 della Corte costituziona
le (Foro it., 1982, I, 6), la quale ha dichiarato illegittimo l'art.
630, ultimo comma, nella parte in cui non estende, in relazione
all'art. 629, il reclamo previsto nello stesso art. 630 all'ordinan
za del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del pro cesso esecutivo per rinuncia agli atti.
Dal coordinato disposto delle citate norme e della pronuncia additiva della Corte costituzionale risulta chiaro come, in tema
di estinzione del processo esecutivo, il provvedimento del giudi ce dell'esecuzione ed il rimedio specificamente consentito con
tro lo stesso siano l'ordinanza ed il reclamo.
La riserva contenuta nella prima parte dell'art. 630 c.p.c. per mette poi di precisare che i casi di estinzione non sono soltanto
quelli esplicitamente menzionati negli art. 629, 630 e 631 (ri nuncia agli atti, inattività delle parti e mancata comparizione
all'udienza) e che la relativa elencazione non è, pertanto, tassa
tiva. Può dirsi in via più generale che il processo esecutivo si
estingue quando non può più proseguire in via definitiva (ad
esempio per il venir meno del titolo esecutivo, per distruzione
o sottrazione del bene pignorato). È significativo a riguardo che per l'ipotesi di inefficacia del pignoramento, in conseguen za del decorso del termine di cui all'art. 497 c.p.c., l'art. 562
dello stesso codice prevede espressamente l'ordinanza di estin
II Foro Italiano — 1991.
zione del processo ai sensi dell'art. 630. Risulta cosi evidenziato
il carattere generale dell'ordinanza di estinzione del giudice del
l'esecuzione e la portata altrettanto generale del rimedio del re
clamo, in un sistema organico volto a soddisfare evidenti ragio ni di economia processuale, consentendo cioè di verificare, con
uno strumento agile e rapido, la sussistenza o meno delle condi
zioni di estinzione, fermo restante la più ampia tutela degli inte
ressati attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione contro la
sentenza emessa a seguito del reclamo.
Ciò posto, è da rilevare che nel caso di specie il pretore, giu
dice dell'esecuzione, ritenne che il processo esecutivo dovesse
essere dichiarato estinto per difetto di somme da assegnare al
creditore procedente, in quanto il terzo pignorato, a seguito della
sentenza di primo grado pronunciata sull'opposizione all'esecu
zione, aveva restituito al debitore esecutato (suo creditore) gli
importi ancora dovuti.
Orbene, a prescindere da ogni valutazione sulla correttezza
della motivazione (non consentita in questa sede), è importante rilevare che detto pretore, nella veste di giudice dell'esecuzione
considerò inesistente la somma di cui veniva chiesta l'assegna zione e quindi carente il presupposto obiettivo per l'utile prose
guimento del processo esecutivo, dichiarandone, pertanto, l'e
stinzione. Il provvedimento in questione è quindi riconducibile
tra i provvedimenti di estinzione contemplati dall'art. 630 c.p.c., di cui ha anche assunto la forma di ordinanza.
Si innesta a questo punto il problema volto a stabilire se,
trattandosi di ordinanza di giudice monocratico (pretore), sia
ammissibile il reclamo nelle forme previste dall'art. 178 c.p.c.
richiamato dall'art. 630. In relazione alla lettera della norma,
la conclusione dovrebbe essere negativa, ma la possibilità di re
clamo al pretore è stata già affermata da questa corte con le
sentenze n. 1419 del 1963 (id., 1963, I, 1654) e n. 3455 del
1974 (id., Rep. 1974, voce Esecuzione forzata per obbligazioni
pecuniarie, n. 181). Ritiene il collegio che tale indirizzo debba essere tenuto fer
mo perché la reclamabilità (sostenuta da autorevole dottrina):
a) si ricollega alla natura ordinatoria del provvedimento ed alla
mancata specifica previsione di un diverso rimedio; b) si armo
nizza con il sistema organico di estinzione del processo innanzi
evidenziato; c) perché la Corte costituzionale, nell'estendere il
reclamo contro l'ordinanza di estinzione ex art. 629 c.p.c., non
ha fatto alcuna distinzione tra provvedimento del giudice dell'e
secuzione immobiliare e provvedimento del pretore, tanto meno
ha limitato al primo il rimedio in parola; d) perché, proprio in rapporto all'intervento della Corte costituzionale — avente
l'effetto di rendere più uniforme la disciplina dell'estinzione del
processo esecutivo —, l'esclusione del reclamo contro l'ordi
nanza del pretore verrebbe a determinare una disparità di trat
tamento non compatibile con i parametri costituzionali conside
rati da detta .corte.
Va, pertanto, riaffermato che l'ordinanza di estinzione del
processo esecutivo emessa dal pretore, quale giudice di detto
processo, è reclamabile allo stesso pretore che decide con sen
tenza soggetta ad appello. Contrariamente all'assunto della ri
correte, non può ammetersi invece che il rimedio del reclamo
prescinda dalla natura del provvedimento censurato e sia esperi bile anche contro sentenza di estinzione. Ipotesi quest'ultima non ricorrente nella specie, per quanto osservato innanzi.
I primi due motivi di ricorso vanno quindi sostanzialmente
accolti. Ne consegue la cassazione senza rinvio della sentenza
impugnata, stante l'inammissibilità dell'appello proposto con
tro l'ordinanza di estinzione, e l'assorbimento del terzo motivo
di ricorso innanzi riassunto, nonché del quarto relativo alle spese.
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