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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 9 marzo 1991, n....

Date post: 29-Jan-2017
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sezione III civile; sentenza 9 marzo 1991, n. 2508; Pres. Bile, Est. Iannotta, P.M. Scala (concl. conf.); Azienda trasporti municipalizzata Catania (Avv. Basile) c. Zuccarello (Avv. Tommaselli) e altri. Cassa senza rinvio Trib. Catania 30 dicembre 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 2427/2428-2431/2432 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185615 . Accessed: 25/06/2014 01:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.106 on Wed, 25 Jun 2014 01:50:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 9 marzo 1991, n. 2508; Pres. Bile, Est. Iannotta, P.M. Scala (concl. conf.); Azienda trasporti municipalizzata

sezione III civile; sentenza 9 marzo 1991, n. 2508; Pres. Bile, Est. Iannotta, P.M. Scala (concl.conf.); Azienda trasporti municipalizzata Catania (Avv. Basile) c. Zuccarello (Avv. Tommaselli) ealtri. Cassa senza rinvio Trib. Catania 30 dicembre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2427/2428-2431/2432Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185615 .

Accessed: 25/06/2014 01:50

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2427 PARTE PRIMA 2428

sole di rinnovo collegate a scadenze convenzionali anteriori a

quelle poi indotte dall'applicazione dell'art. 71 della legge. Ma questo rivela anche perché, tutte le volte che la locazione

anteriore — com'è nel caso — giunge al termine per esaurimen

to della sua durata convenzionale, non si è in concreto in pre senza d'un applicazione dell'art. 71 della legge e dunque il di

spiegarsi degli effetti della clausola di rinnovo non trovano al

cun ostacolo nelle norme da esso dettate.

Con la conseguenza che la progettata deroga all'applicazione dell'art. 1596 c.c. può trovare esplicazione.

Un diverso limite potrebbe in questo caso manifestarsi ove

la prevista nuova durata fosse inferiore a quella minima legale, ma si è già veduto che, nel caso, questo limite non veniva in

rilievo.

7. - In conclusione il ricorso deve essere accolto.

Il giudice di rinvio — cui si rimette di provvedere anche sulle

spese del giudizio di cassazione e che si designa in altra sezione

della Corte d'appello di Venezia — si atterrà nella decisione

della controversia al seguente principio di diritto:

«La clausola di rinnovazione in mancanza di disdetta, appo sta ad un contratto di locazione non abitativa in corso e non

soggetto a proroga legale, non cessa d'essere efficace per effet

to del sopravvenire della 1. 27 luglio 1978 n. 392, se resti ferma

la scadenza convenzionale e la nuova durata prevista per il rap

porto dalla clausola di rinnovo non sia inferiore a quella mini

ma legale preveduta dall'art. 27 1. n. 392 del 1978».

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 marzo

1991, n. 2508; Pres. Bile, Est. Iannotta, P.M. Scala (conci,

conf.); Azienda trasporti municipalizzata Catania (Avv. Basi

le) c. Zuccarello (Avv. Tommaselli) e altri. Cassa senza rin

vio Trib. Catania 30 dicembre 1985.

Esecuzione forzata in genere — Ordinanza di estinzione emessa

da giudice monocratico — Reclamabilità davanti allo stesso

giudice — Appello — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 629,

630, 631).

L'ordinanza di estinzione del processo esecutivo emessa dal pre tore — quale giudice dell'esecuzione — è reclama bile davanti

allo stesso pretore, che decide con sentenza soggetta ad ap pello; è, pertanto, inammissibile l'appello proposto diretta mente contro l'ordinanza che abbia dichiarato estinto il pro cesso esecutivo per difetto di somme da assegnare al creditore

procedente (in quanto, nella specie, il terzo debitor debitoris

aveva saldato il proprio debito nei confronti del debitore ese cutato subito dopo la sentenza di primo grado di accoglimen to dell'opposizione all'esecuzione, poi riformata). (1)

(1) I. - Non constano precedenti specifici in termini. La vicenda pro cessuale può sintetizzarsi cosi: A, creditore dell'azienda B in forza di sentenza del locale pretore del lavoro, procede a pignoramento presso terzi presso la banca C. Proposta da B opposizione all'esecuzione, si ha sospensione del processo esecutivo con rimessione delle parti davanti al pretore del lavoro, il quale accoglie l'opposizione ordinando la resti tuzione delle somme pignorate nella disponibilità dell'azienda opponen te. Tale sentenza di accoglimento viene però riformata in appello, af fermandosi il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata:

conseguentemente, A riassume il processo esecutivo chiedendo l'asse

gnazione di quanto dovutogli. Poiché C deduce di aver restituito all'a zienda B le somme di cui era debitrice, in conformità alla decisione di primo grado sull'opposizione all'esecuzione, il pretore dichiara estin to il processo esecutivo per difetto di somme da assegnare al creditore

procedente. Avverso tale ordinanza propone appello A; il gravame è accolto dal tribunale, il quale annulla il provvedimento di estinzione os servando che all'ordinanza impugnata deve riconoscersi natura di sen tenza in quanto atta a definire il giudizio di esecuzione con una pronun cia che, sul presupposto di un presunto fatto estintivo dell'obbligo del terzo, incide sulla sopravvivenza del potere del creditore di proseguire l'esecuzione. La Cassazione, investita della questione dall'azienda B, cas

II Foro Italiano — 1991.

Svolgimento del processo. — Orazio Zuccarello, creditore del

l'Azienda municipalizzata dei trasporti di Catania per lire

7.157.821, in forza di sentenza del locale pretore del lavoro,

procedeva a pignoramento presso terzi e precisamente presso la Cassa centrale di risparmio V.E. per le province siciliane, la quale rendeva la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c.

Proposta dall'azienda municipalizzata trasporti opposizione

all'esecuzione, il giudice del processo ne disponeva la sospensio ne e rimetteva le parti per la decisione di merito davanti al pre tore del lavoro; questi accoglieva con sentenza l'opposizione, ordinando la restituzione nella disponibilità dell'azienda muni

cipalizzata trasporti delle somme pignorate, ma in sede di ap

pello tale sentenza veniva riformata dal tribunale che riconosce

va il diritto dell'appellante a procedere ad esecuzione forzata

per la somma pignorata. Lo Zuccarello provvedeva quindi alla

sa senza rinvio per inammissibilità dell'appello proposto direttamente contro l'ordinanza di estinzione.

A) Questione oggetto di esame diretto da parte della Corte di cassa zione è il rimedio esperibile avverso il provvedimento che abbia dichia rato estinto il processo esecutivo. A questo proposito la corte afferma la portata generale del rimedio costituito dal reclamo ex art. 630, 3°

comma, c.p.c., già esteso da Corte cost. n. 195 del 17 dicembre 1981

(Foro it., 1982, I, 4, con nota di A. Proto Pisani) alle ipotesi di estin zione per rinuncia agli atti previste dall'art. 629 c.p.c. Da questo punto di vista, dunque, la pronuncia in epigrafe non presenta affermazioni di particolare rilievo se non quella — tutto sommato modesta — della reclamabilità davanti allo stesso pretore del provvedimento emesso da

giudice monocratico (sul punto specifico, v. Pret. Palermo 18 marzo

1954, id., Rep. 1954, voce Estinzione del processo, n. 36; Cass. 28 maggio 1963 n. 1419, id., 1963, I, 1654; 8 novembre 1974, n. 3455, id., Rep. 1974, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 181, non ché da ultimo Pret. Roma 7 dicembre 1987, id., Rep. 1988, voce Esecu zione forzata in genere, n. 66 (ed in Temi romana, 1987, 174). In dot

trina, Carnacini, Le innovazioni concernenti il processo esecutivo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1951, 352 e da ultimo Corsaro, Bozzi, Manuale dell'esecuzione forzata, Giuffrè, Milano, 1987, 470. Sulla pro blematica del reclamo al collegio nel sistema delineato dalla novella della 1. 353/90, v. A. Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, Jovene, Napoli, 1991, cap. IV, par. 2.4 e, in senso diverso, A.

Attardi, Le nuove disposizioni del processo civile, Cedam, Padova, 1991, 227).

La scelta, in realtà, non si presenta affatto come necessitata, soprat tutto ove si guardi alla peculiarità della fattispecie concreta. Astratta mente può, infatti, ritenersi che:

aa) l'indicazione delle cause di estinzione ex art. 629-631 c.p.c. abbia carattere tassativo (e perciò in tutte le altre fattispecie di infruttuosità o impossibilità dell'azione esecutiva si sia alla presenza di cause di mera

improseguibilità del giudizio); in tal caso unico rimedio esperibile sarà

l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Con la conseguenza ulteriore che la decisione sull'improseguibilità sarà ricorribile unicamente

per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost., ma non suscettibile di appel lo: in tal senso, v. in giurisprudenza Cass., sez. un., 18 gennaio 1983, n. 413, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 40 (e Giusi, civ., 1983, I, 1506); 23 gennaio 1985, n. 291, Foro it., 1985, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 46 (e Giusi, civ., 1985, I, 1685); Trib. Monza 19 giugno 1982, Foro it., 1983, I, 1447 (e Giur. merito, 1983, 901, con nota di Ruffini); Trib. Bologna 12 novembre 1981, Foro it., Rep. 1982, voce Esecuzione forzata in genere, n. 62 (e Giur. it., 1982, I, 2, 177); Trib. S. Maria Capua Vetere 6 agosto 1965, Foro it., Rep. 1966, voce cit., n. 166; Cass. 26 febbraio 1966, n. 599, ibid., n. 170

(relativa, però, ad estinzione per rinuncia); Trib. Torino 13 marzo 1964, id., 1964, I, 1078 (anch'essa relativa a estinzione per rinunzia). In dot

trina, B. Sassani (Bove, Capponi, Martinetto), L'espropriazione for zata, Utet, Torino, 1988, 574, 580-583.

bb) che l'indicazione contenuta negli art. 629-631 c.p.c. non abbia carattere tassativo (e che, dunque, siano configurabili fattispecie di estin zione in senso tecnico in tutti i casi in cui venga meno il presupposto per l'utile proseguimento dell'azione): si dovrà allora ritenere che il prov vedimento relativo sia suscettibile di reclamo a norma dell'art. 630, 3° comma. Reclamo che dovrà proporsi davanti allo stesso pretore in tutte le ipotesi in cui giudice dell'esecuzione sia un giudice monocratico e che sarà destinato a sfociare in un provvedimento suscettibile di appel lo. In tal senso è la giurisprudenza dominante della Cassazione, cui si ricollega la pronuncia in epigrafe: v. sent. 30 gennaio 1982, n. 596, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 22; 22 giugno 1977, n. 2639, id., Rep. 1979, voce cit., n. 53 (e Giur. it., 1979, I, 1, 1050, con nota di Durando); 15 giugno 1978, n. 2983, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 93; 16 dicembre 1974, n. 4317, id., Rep. 1974, voce cit., n. 182; Pret. Napoli 15 luglio 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 146 (e Dir. e giur., 1968, 861); Cass. 18 giugno 1968, n. 2023, Foro it., 1969, I, 720 (e Giust. civ., 1969,1, 463, con nota di Finocchiaro); 15 maggio 1967,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

riassunzione del processo esecutivo chiedendo l'assegnazione di

quanto ancora dovutogli, detratti gli acconti già ricevuti. Di

sposta dal giudice dell'esecuzione la comparizione delle parti, la Cassa centrale di risparmio, all'uopo costituitasi, deduceva

che, a seguito della sentenza emessa dal Pretore di Catania in

sede di opposizione all'esecuzione, aveva restituito all'azienda

municipalizzata la somma di cui era debitrice in conformità di

detta decisione. Il giudice dell'esecuzione, dato atto di ciò, di

sattendeva l'istanza di assegnazione del creditore procedente e

dichiarava estinto il processo esecutivo con ordinanza 8 maggio 1985.

Avverso tale ordinanza, e sull'assunto che alla stessa dovesse

essere riconosciuta natura di sentenza, proponeva appello lo Zuc

carello davanti al Tribunale di Catania, chiedendo il prosegui mento del processo esecutivo ed il riconoscimento del suo dirit

n. 1017, Foro it., 1967, I, 1152 (in senso critico nei confronti di tale

giurisprudenza, v. Corsaro, Bozzi, op. cit., 464-470). B) Questione di merito implicitamente presupposta — ma non esami

nata direttamente perché assorbita dalla pregiudiziale relativa all'inam

missibilità dell'appello — è se il processo esecutivo possa estinguersi anche per cause non espressamente previste dalla legge ma ricavabili

in via di interpretazione analogica o sistematica. La questione sembra

essersi presentata assai raramente all'attenzione della giurisprudenza: sul punto, v. Trib. S. Maria Capua Vetere 3 aprile 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 83 (e Nuovo dir., 1986, 38) secondo cui «Le cause

di estinzione del processo esecutivo non sono soltanto quelle previste dalla legge ma tutte quelle che impediscono al processo esecutivo di

raggiungere il suo scopo, essendo pacifico che il legislatore non ha inte

so in subiecta materia disporre ipotesi tassative». V. anche Pret. Boia

no 5 ottobre 1974, Foro it., Rep. 1975, voce Esecuzione forzata per

obbligazioni pecuniarie, n. 14 e Giur. it., 1975, I, 2, 1024, con nota

di Bucolo (per una fattispecie di estinzione a seguito di mancata com

parizione del terzo per rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. ed

omessa richiesta di accertamento del suo obbligo da parte del creditore

procedente); Pret. Benevento 28 marzo 1985, Foro it., Rep. 1986, voce

cit., n. 24 (e Giur. merito, 1986, 574), secondo cui «quando il creditore

procedente non ottempera dopo l'istanza di vendita agli oneri previsti con l'ordinanza di fissazione della vendita stessa si verifica una causa

di estinzione del processo»; Trib. S. Maria Capua Vetere 5 aprile 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 39 (e Giur. it., 1986, I, 2, 280, con

nota di Pasquariello) che, in sede di esecuzione immobiliare, ha di

chiarato configurabile una fattispecie di estinzione d'ufficio nell'essere

risultato deserto anche il secondo incanto; Pret. Roma 27 luglio 1967, Foro it., Rep. 1968, voce cit., n. 38, ha ritenuto che il differimento

semplice dell'udienza fissata a norma dell'art. 543 c.p.c. (quando man

chi la dichiarazione del terzo o vi sia la dichiarazione negativa e la

mancata proposizione dell'istanza di accertamento) è inammissibile e

produce l'estinzione del procedimento (contra, Pret. Roma 24 gennaio 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 46); Cass. 17 aprile 1987, n. 3786,

id., Rep. 1987, voce Esecuzione forzata in genere, n. 42, che, nell'ipo tesi di integrale soddisfacimento del creditore procedente (il quale in

tenda, ciò nonostante, proseguire nell'esecuzione) incombe al debitore

l'onere di sperimentare il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art.

615 c.p.c., non potendo farsi ricorso, nel contrasto delle parti, all'estin

zione diretta del processo esecutivo ai sensi degli art. 629, 630, 631

c.p.c., che disciplinano ipotesi specifiche e diverse. Nel senso della tas

satività delle cause di estinzione previste dalla legge, v. anche: Cass.

8 maggio 1976, n. 1624, id., Rep. 1976, voce cit., n. 79, nonché Pret.

Napoli 3 dicembre 1984, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 58 (e Arch, loca

zioni, 1985, 570), secondo cui «il provvedimento di estinzione del pro cesso esecutivo, emesso a seguito della constatata assenza sul luogo del

l'esecuzione della persona istante o di persona da lei designata da im

mettere, ex art. 608 c.p.c., nel possesso dell'immobile da rilasciare, esula

dalle ipotesi di estinzione in senso stretto disciplinate dagli art. 629 e

630 c.p.c., avendo natura sostanziale di declaratoria dell'improseguibi lità dell'esecuzione a causa dell'irrealizzabilità dell'oggetto».

In dottrina, v. (nel senso della non tassatività) Carnelutti, Istituzio

ni del processo civ. italiano, Va ed., Foro italiano, Roma, 1956, III,

127, Id., Lezioni dì diritto processuale civ. Processo di esecuzione, Ce

dam, Padova, 1929, 398-399; Satta, Commentario, Vallardi, Milano,

1959, III, 513 (il quale però osserva che «in realtà non è facile stabilire

in concreto a che cosa si riferisca l'art. 631»). In senso contrario An

drioli, Commento, Jovene, Napoli, 1957, III, 391 e Sassani (Bove,

Capponi, Martinetto), L'espropriazione, cit., 572 ss.

La conclusione cui perviene la Cassazione nella sentenza in epigrafe,

pur se in linea con le opinioni dottrinali sopra citate e con le (peraltro non numerose) pronunce di merito, appare tuttavia scarsamente — e

non troppo convincentemente — motivata. In particolare, suscita forti

perplessità l'accostamento — a fini dimostrativi della tesi accolta —

di ipotesi quali «il venir meno del titolo esecutivo» (presumibilmente

Il Foro Italiano — 1991.

to all'assegnazione della somma residua ancora spettantegli. Con sentenza 9 aprile 1986 il tribunale, in accoglimento del

gravame, annullava il provvedimento di estinzione e dichiarava

che il procedimento esecutivo andava proseguito. Osservava in

particolare il tribunale:

a) che all'ordinanza impugnata andava riconosciuto valore

di sentenza in quanto definiva il giudizio di esecuzione con una

pronuncia che, sul presupposto di un presunto fatto estintivo

dell'obbligo del terzo, incideva sulla sopravvivenza del potere del creditore di proseguire l'esecuzione;

b) che la deduzione della Cassa centrale di risparmio in ordi

ne alla pretesa liberazione dal vincolo scaturente dal pignorato, costituiva soltanto l'espressione di un personale convincimento

e non una dichiarazione negativa del terzo pignorato ab

per accoglimento dell'opposizione ex 615 c.p.c.) e «la distruzione o sot trazione del bene pignorato»: se in quest'ultimo caso un problema di estinzione effettivamente può porsi (stante la lacunosità della discipli na), ben altro è il caso del venir meno del titolo esecutivo. Come infatti ha precisato Cass. 18 gennaio 1983, n. 413, id., Rep. 1983, voce cit., n. 58 (ed in Giust. civ., 1983, I, 1506) l'incidenza della sentenza di

accoglimento dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. nell'ambito del proces so esecutivo è riflessa: accertata l'originaria inesistenza o la sopravve nuta cessazione dell'azione esecutiva (per il venir meno di una delle sue condizioni) il processo esecutivo, se iniziato col pignoramento, non

può proseguire, e l'improseguibilità va dichiarata con ordinanza. Si tratta

di improseguibilità e non di estinzione a norma dell'art. 630, non appli cabile né direttamente né analogicamente (in motivazione si precisa al

tresì che l'ordinanza in questione, essendo atto esecutivo, è impugnabi le ex 617 c.p.c.). Nel senso dell'estinzione, v. invece Cass. 8 agosto 1964, n. 2273, Foro it., Rep. 1965, voce cit., n. 168 e Giust. civ., 1965,

I, 533. II. - Ciò premesso, è infine da osservare che, nel caso di specie, il

— presunto — fatto estintivo dell'obbligo del terzo debitor debitoris

(pagamento al debitore esecutato) è la conseguenza di una sentenza di

primo grado di accoglimento dell'opposizione ex art. 615, poi riformata. Sentenza la quale (a prescindere dal suo contenuto concreto, quanto

meno ultroneo e fonte di possibili equivoci: non stupisce che il terzo

si sia affrettato a pagare al proprio creditore) in alcun modo poteva

distruggere il vincolo di indisponibilità derivante dal pignoramento. Infatti: 1) se una qualche efficacia lato sensu esecutiva deve ricono

scersi alla sentenza che accoglie l'opposizione all'esecuzione ex 615 c.p.c., essa è — stante il disposto dell'art. 627 c.p.c. — se mai da ricollegarsi alla sentenza di secondo grado. L'«accelerazione rispetto al normale

criterio del passaggio in giudicato formale» (cosi Andrioli, Commen

to, cit., Ili, 279) non poteva dunque verificarsi nel caso di specie. 2) Nemmeno poteva porsi il delicato problema dell'identità o meno degli effetti ex art. 546 c.p.c. con quelli ex art. 2917 c.c. (su cui v. A. Proto

Pisani, nota a Cass. 8 febbraio 1972, n. 333, in Foro it., 1972, I, 2514) in quanto il pignoramento si era già integralmente perfezionato a segui to della dichiarazione non contestata del terzo ai sensi dell'art. 547.

3) Restavano dunque in piedi sia il vincolo di indisponibilità derivante

dal pignoramento (vincolo il cui primo effetto e significato è proprio

quello di far sorgere nella sfera giuridica del terzo il divieto di adempie re nei confronti del proprio creditore: v. la dottrina da Proto Pisani, cui adde Bucolo, Il pignoramento ed il sequestro presso il terzo, Ce

dam, Padova, 1986, 338-347 e Martinetto (Bove, Capponi, Sassani),

L'epropriazione, cit., 132-138), sia i conseguenti obblighi di custodia

del bene pignorato. Obblighi la cui portata, ancorché non chiarissima, sembra dover comprendere quantomeno il non adempimento.

III. - Due, in realtà, le alternative prospettabili a fronte dell'eccepito

pagamento. A) La prima consistente nel ritenere senz'altro emanabile l'ordinanza

di assegnazione nei confronti del terzo, come se il pagamento non fosse

mai avvenuto (posto che esso non è comunque opponibile al creditore

pignorante). Tale ordinanza costituirà titolo esecutivo nei confronti del

terzo, il quale sarà obbligato ad adempiere, anche in forza del principio

generale per cui il venir meno dell'oggetto dell'obbligazione, qualora si tratti di cosa fungibile, non libera il debitore, che è obbligato a pro curarsi tantundem.

B) La seconda consistente nel dichiarare improseguibile il processo esecutivo con ordinanza (suscettibile di opposizione agli atti ex 617 c.p.c.), con conseguente possibilità di azione di responsabilità per violazione

degli obblighi di custodia nei confronti del terzo. Tale alternativa, di

sapore quasi scolastico e scarsamente produttiva per il creditore, va

forse riconsiderata dopo Cass. 18 dicembre 1987, n. 9407, Foro it.,

1988, i, 2321, la quale ha ritenuto configurabile in capo al terzo la

responsabilità per illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., in relazione alla

lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del suo soddi

sfacimento, provocato con comportamento doloso o colposo. (Ciò in

conseguenza del dovere di collaborazione nell'interesse della giustizia che al terzo incombe quale ausiliario del giudice). [M. Iozzo]

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2431 PARTE PRIMA 2432

bisognevole di verifica nell'ambito di un nuovo ed autonomo

giudizio ad iniziativa del creditore procedente;

c) che tale deduzione non giustificava neppure il provvedi mento di estinzione dell'esecuzione, atteso che il terzo pignora to non aveva il potere di restituire la somma al debitore esecu

tato in difetto di uno specifico provvedimento del giudice del

l'esecuzione.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l'A

zienda municipalizzata dei trasporti di Catania deducendo quat tro motivi. Ha resistito con controricorso Orazio Zuccarello,

mentre non ha svolto difese la Cassa centrale di risparmio V.E

per le province siciliane. La ricorrente e il resistente hanno pre sentato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando

la violazione degli art. 630, 3° comma, 178, 548 e 279 c.p.c.,

la ricorrente deduce che erroneamente il Tribunale di Catania

ha attribuito all'ordinanza di estinzione del processo esecutivo

natura di sentenza suscettibile di appello, mentre detto provve dimento era reclamabile dinanzi allo stesso giudice.

Con il secondo motivo si insiste nella tesi della reclamabilità

del provvedimento di estinzione, sostenendosi che tale rimedio

sarebbe esperibile anche nell'ipotesi che detto provvedimento avesse natura di sentenza, non facendo a riguardo alcuna di

stinzione l'art. 630 c.p.c. Con il terzo motivo la ricorrente, sotto il profilo della viola

zione degli art. 547, 548 e 552 c.p.c., assume che, una volta

restituita dal terzo pignorato al debitore esecutato la somma

oggetto del pignoramento, l'assegnazione richiesta dal creditore

sarebbe stata impossibile senza un nuovo pignoramento e senza

una nuova dichiarazione del terzo.

Con il quarto motivo, infine, si duole della condanna alle

spese processuali. I primi due motivi, che per l'evidente connessione delle cen

sure possono essere trattati congiuntamente, sono meritevoli di

accoglimento nei limiti risultanti dalle considerazioni che seguono.

Occorre premettere che l'art. 630 c.p.c., nel disciplinare l'e

stinzione del processo esecutivo per inattività delle parti, stabili

sce che il processo esecutivo si estingue, oltre che nei casi espres samente previsti dalla legge, quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio fissato dalla legge o dal giudice. Stabilisce inoltre che l'estinzione è dichiarata con

l'ordinanza del giudice dell'esecuzione e che contro l'ordinanza,

che dichiara l'estinzione o rigetta l'eccezione relativa, è ammes

so reclamo con l'osservanza delle forme di cui all'art. 178, 3°, 4° e 5° comma. Sul reclamo il collegio provvede in camera di

consiglio con sentenza.

Gli art. 629 e 631 stesso codice disciplinano rispettivamente

l'estinzione per rinuncia e per mancata comparizione all'udien

za, estinzione che va ugualmente dichiarata con ordinanza. L'art.

631 prevede a riguardo l'applicazione dell'ultimo comma del

l'articolo precedente e cioè il rimedio del reclamo. Altrettanto

non è detto nell'art. 629, ma la differenza è stata eliminata dal

la pronuncia 17 dicembre 1981, n. 191 della Corte costituziona

le (Foro it., 1982, I, 6), la quale ha dichiarato illegittimo l'art.

630, ultimo comma, nella parte in cui non estende, in relazione

all'art. 629, il reclamo previsto nello stesso art. 630 all'ordinan

za del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del pro cesso esecutivo per rinuncia agli atti.

Dal coordinato disposto delle citate norme e della pronuncia additiva della Corte costituzionale risulta chiaro come, in tema

di estinzione del processo esecutivo, il provvedimento del giudi ce dell'esecuzione ed il rimedio specificamente consentito con

tro lo stesso siano l'ordinanza ed il reclamo.

La riserva contenuta nella prima parte dell'art. 630 c.p.c. per mette poi di precisare che i casi di estinzione non sono soltanto

quelli esplicitamente menzionati negli art. 629, 630 e 631 (ri nuncia agli atti, inattività delle parti e mancata comparizione

all'udienza) e che la relativa elencazione non è, pertanto, tassa

tiva. Può dirsi in via più generale che il processo esecutivo si

estingue quando non può più proseguire in via definitiva (ad

esempio per il venir meno del titolo esecutivo, per distruzione

o sottrazione del bene pignorato). È significativo a riguardo che per l'ipotesi di inefficacia del pignoramento, in conseguen za del decorso del termine di cui all'art. 497 c.p.c., l'art. 562

dello stesso codice prevede espressamente l'ordinanza di estin

II Foro Italiano — 1991.

zione del processo ai sensi dell'art. 630. Risulta cosi evidenziato

il carattere generale dell'ordinanza di estinzione del giudice del

l'esecuzione e la portata altrettanto generale del rimedio del re

clamo, in un sistema organico volto a soddisfare evidenti ragio ni di economia processuale, consentendo cioè di verificare, con

uno strumento agile e rapido, la sussistenza o meno delle condi

zioni di estinzione, fermo restante la più ampia tutela degli inte

ressati attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione contro la

sentenza emessa a seguito del reclamo.

Ciò posto, è da rilevare che nel caso di specie il pretore, giu

dice dell'esecuzione, ritenne che il processo esecutivo dovesse

essere dichiarato estinto per difetto di somme da assegnare al

creditore procedente, in quanto il terzo pignorato, a seguito della

sentenza di primo grado pronunciata sull'opposizione all'esecu

zione, aveva restituito al debitore esecutato (suo creditore) gli

importi ancora dovuti.

Orbene, a prescindere da ogni valutazione sulla correttezza

della motivazione (non consentita in questa sede), è importante rilevare che detto pretore, nella veste di giudice dell'esecuzione

considerò inesistente la somma di cui veniva chiesta l'assegna zione e quindi carente il presupposto obiettivo per l'utile prose

guimento del processo esecutivo, dichiarandone, pertanto, l'e

stinzione. Il provvedimento in questione è quindi riconducibile

tra i provvedimenti di estinzione contemplati dall'art. 630 c.p.c., di cui ha anche assunto la forma di ordinanza.

Si innesta a questo punto il problema volto a stabilire se,

trattandosi di ordinanza di giudice monocratico (pretore), sia

ammissibile il reclamo nelle forme previste dall'art. 178 c.p.c.

richiamato dall'art. 630. In relazione alla lettera della norma,

la conclusione dovrebbe essere negativa, ma la possibilità di re

clamo al pretore è stata già affermata da questa corte con le

sentenze n. 1419 del 1963 (id., 1963, I, 1654) e n. 3455 del

1974 (id., Rep. 1974, voce Esecuzione forzata per obbligazioni

pecuniarie, n. 181). Ritiene il collegio che tale indirizzo debba essere tenuto fer

mo perché la reclamabilità (sostenuta da autorevole dottrina):

a) si ricollega alla natura ordinatoria del provvedimento ed alla

mancata specifica previsione di un diverso rimedio; b) si armo

nizza con il sistema organico di estinzione del processo innanzi

evidenziato; c) perché la Corte costituzionale, nell'estendere il

reclamo contro l'ordinanza di estinzione ex art. 629 c.p.c., non

ha fatto alcuna distinzione tra provvedimento del giudice dell'e

secuzione immobiliare e provvedimento del pretore, tanto meno

ha limitato al primo il rimedio in parola; d) perché, proprio in rapporto all'intervento della Corte costituzionale — avente

l'effetto di rendere più uniforme la disciplina dell'estinzione del

processo esecutivo —, l'esclusione del reclamo contro l'ordi

nanza del pretore verrebbe a determinare una disparità di trat

tamento non compatibile con i parametri costituzionali conside

rati da detta .corte.

Va, pertanto, riaffermato che l'ordinanza di estinzione del

processo esecutivo emessa dal pretore, quale giudice di detto

processo, è reclamabile allo stesso pretore che decide con sen

tenza soggetta ad appello. Contrariamente all'assunto della ri

correte, non può ammetersi invece che il rimedio del reclamo

prescinda dalla natura del provvedimento censurato e sia esperi bile anche contro sentenza di estinzione. Ipotesi quest'ultima non ricorrente nella specie, per quanto osservato innanzi.

I primi due motivi di ricorso vanno quindi sostanzialmente

accolti. Ne consegue la cassazione senza rinvio della sentenza

impugnata, stante l'inammissibilità dell'appello proposto con

tro l'ordinanza di estinzione, e l'assorbimento del terzo motivo

di ricorso innanzi riassunto, nonché del quarto relativo alle spese.

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