sezione lavoro; sentenza 12 maggio 1989, n. 2169; Pres. Chiavelli, Est. Buccarelli, P.M. La Valva(concl. conf.); Soc. Siemens Data (Avv. Gallavotti, A. e C. Delitala) c. Sena. Conferma Trib.Napoli 14 maggio 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2145/2146-2147/2148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184085 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il grado della mutilazione o invalidità, non può riuscire di pregiu dizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavoro od
alla sicurezza degli impianti;
d) gli accertamenti sanitari, infine, demandati all'apposito col
legio medico (art. 20 1. 482/68) in tema di avviamento obbligato rio degli invalidi, fanno pur sempre costante ed uniforme
riferimento allo «stato» ed alle «condizioni fisiche» degli «in
validi». Per questi motivi, la Corte suprema di cassazione, sez. lavoro,
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. 482/68 per violazione
dei precetti costituzionali di cui agli art. 1, 3, 4, 35 e 38 Cost,
nella parte in cui, ravvisandosi «invalidi civili», agli effetti della disciplina sulle assunzioni obbligatorie, soltanto coloro che sono
affetti da minorazione «fisica», esclude dall'ambito della sua ap
plicazione gli «invalidi» affetti da minorazione di natura «psichi
ca», pur prevedendo (anche alla stregua delle leggi speciali) che
disciplinano diverse categorie di «invalidi», l'avviamento «obbli
gatorio» di invalidi, affetti dalla stessa malattia psichica, ma ap
partenenti a categorie diverse (invalidi di guerra, per lavoro o
per servizio); (omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 maggio
1989, n. 2169; Pres. Chiavelli, Est. Buccarelli, P.M. La Val
va (conci, conf.); Soc. Siemens Data (Avv. Gallavotti, A.
e C. Delitala) c. Sena. Conferma Trib. Napoli 14 maggio 1986.
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun
zioni obbligatorie — Diritto alla c.d. compensazione territoria
le prima del rilascio dell'autorizzazione — Insussistenza (L. 2
aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbliga torie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private, art. 15, 21).
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun
zioni obbligatorie — Diritto del datore all'assegnazione di la
voratori in possesso di determinate attitudini o di peculiari
qualificazioni professionali — Insussistenza (L. 2 aprile 1968
n. 482, art. 10, 11, 13, 21).
Non ha diritto alla c.d. compensazione territoriale il datore di
lavoro privato che, soggetto alla l. 482 del 1968 sul colloca
mento obbligatorio, ha richiesto, ma non ancora ottenuto, la
prevista autorizzazione alla compensazione. (1) Il datore di lavoro soggetto alla l. 482 del 1968 ha diritto all'av
viamento di lavoratore appartenente alla categoria, operaia o
impiegatizia, corrispondente alla richiesta, identificabile in ba
se alla iscrizione negli elenchi previsti, non invece all'assegna
zione di lavoratori in possesso di determinate attitudini o di
peculiari qualificazioni professionali. (2)
(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Ha affermato l'inesisten za del diritto soggettivo dell'azienda alla c.d. compensazione territoriale,
per essere la relativa istanza all'autorizzazione del ministro del lavoro
e della previdenza sociale rimessa alla valutazione discrezionale di tale
autorità, Pret. Milano 3 febbraio 1983, Foro it.. Rep. 1983, voce Lavoro
(collocamento), n. 179. Cass. 16 febbraio 1985, n. 6402, id., 1986, I,
942, con nota di richiami, ha fatto riferimento, a proposito della com
pensazione territoriale, ad un «particolare beneficio» concesso da tale
ministro. Per qualche spunto in tema di compensazione territoriale, cfr.
Pret. Pavia 22 gennaio 1987, id., 1987, I, 605, con nota di richiami.
(2) Ai conformi precedenti richiamati in sentenza, tra cui Cass. 16 lu
glio 1986, n. 4608, Foro it., 1986,1, 2429, con nota di richiami (in moti
vazione), adde, circa l'irrilevanza della difformità delle attitudini
professionali possedute dal lavoratore rispetto a quelle segnalate nella ri
chiesta del datore, purché esse rientrino nella medesima categoria ex art.
2095 c.c., Cass. 2 luglio 1985, n. 3990, ibid., 731, con nota di richiami;
cfr., inoltre, Cass. 3 luglio 1987, n. 5828> id., Rep. 1987, voce Lavoro
(collocamento), n. 138. La nota cit. è in calce anche a Cass. 2 luglio
1985, n. 3991 e 24 maggio 1984, n. 3200, entrambe nell' «area» dell'attri
buzione della categoria all'invalido avviato. Sul punto cfr., pure, Trib.
Milano 18 ottobre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 144.
In materia di collocamento obbligatorio, cfr. Corte cost., ord. 25 mag
gio 1989, n. 296, in questo fascicolo, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1989.
Motivi della decisione. — (Omissis) Le censure non sono
fondate.
Esaminandole nell'ordine la corte osserva.
Secondo l'articolato «sistema» del collocamento obbligatorio, come disciplinato dalla 1. 482/68, i datori di lavoro privati, sog
getti agli obblighi assuntivi dei lavoratori appartenenti alle cate
gorie «protette», sono tenuti ad inviare, alle scadenze bimestrali
previste, all'ufficio provinciale del lavoro e della massima occu
pazione (Uplmo) competente per territorio, la denuncia (v. art.
21, 1° comma, 1. cit.) del personale occupato con l'indicazione
nominativa degli «invalidi» e degli altri aventi diritto al colloca
mento obbligatorio che si trovano alle loro dipendenze; e a fare
la «richiesta» (numerica e nominativa) di avviamento allo stesso
ufficio a norma dell'art. 16, 4° e 6° comma, 1. cit., in caso di
non copertura della quota-percentuale dei posti destinati a tali
lavoratori «protetti». L'ufficio provinciale del lavoro ha quindi il potere-dovere, in
base alla «richiesta», di provvedere all'avviamento obbligatorio nell'ambito territoriale di sua competenza, nell'ambito cioè pro
vinciale, presso la «sede» o «stabilimento» o «filiale» del datore
di lavoro, che si trova ubicato nel territorio della provincia; salva
l'ipotesi della c.d. «compensazione territoriale» (art. 21, 2°, 3°
e 4° comma, 1. cit.) che opera quando l'azienda ha la sede princi
pale in una provincia, e sedi secondarie o stabilimenti nel territo
rio di una provincia diversa.
In questo caso, il datore di lavoro ha l'obbligo di fare la «de
nuncia» del personale occupato distintamente per ogni singola
provincia ai competenti uffici provinciali del lavoro e, complessi
vamente, al ministero del lavoro e della previdenza sociale: il quale, su documentata e motivata richiesta dell'azienda che svolge la
sua attività nel territorio di più province, può autorizzare il dato
re di lavoro medesimo (dopo avere sentito la commissione com
petente per il collocamento obbligatorio per ogni singola provincia) ad assumere nella provincia o nelle province indicate nella richie
sta, un numero di mutilati ed invalidi (e degli altri aventi diritto)
superiore a quello prescritto dalla legge, portando l'eccedenza a
«compenso» del minor numero di lavoratori «protetti» assunti
nelle altre.
Trattasi di un istituto tipico delle aziende che hanno la sede
(o stabilimenti) nel territorio di province diverse; e che consente
all'azienda di «compensare» i lavoratori protetti, assunti in so
prannumero nel territorio di una provincia, con quelli assunti in
meno nel territorio di un'altra: occorre a tal uopo la prevista «autorizzazione» del ministero del lavoro e della previdenza so
ciale (e che non è ovviamente necessaria nel caso di stabilimento
o sedi ubicate nella stessa provincia) su motivata (e documentata) richiesta del datore di lavoro interessato.
Con la conseguenza che, prima della «autorizzazione ministe
riale», non può l'azienda pretendere (anche se ha fatto la richie
sta) di avvalersi della «compensazione territoriale», come
disciplinata dalla 1. 482/68, non avendo la relativa domanda ef
fetto sospensivo dell'obbligo di assunzione.
D'altra parte, la stessa legge (art. 21, ultimo comma) prevede
eccezionalmente soltanto nei riguardi degli «enti pubblici» (e dei
datori di lavoro non privati, in genere, elencati nell'art. 1, 1°
comma) la facoltà di esercitare autonomamente la compensazio ne territoriale, senza bisogno dell'autorizzazione ministeriale.
Orbene, venendo al caso concreto in esame, il tribunale, facen
do corretta applicazione della procedura di avviamento obbliga
torio, come regolamentata dalla 1. 482/68, e dei principi sopra
enunciati, ha ritenuto illegittimo il rifiuto all'assunzione della la
voratrice avviata dall'ufficio provinciale del lavoro presso la fi
liale di Napoli della soc. Siemens-Data, essendo risultato che
l'azienda (anche se aveva, in realtà, fatto domanda allo scopo
di potere concentrare in sedi o filiali ubicate nel territorio di di verse province le assunzioni dei lavoratori «protetti») non aveva
mai ottenuto peraltro la prescritta «autorizzazione» ministeriale.
In tale situazione, il giudizio del tribunale, ancorato alle acqui
site risultanze documentali ed istruttorie, adeguatamente e con
gniamente motivato, è corretto (perché si adegua rigorosamente
alla disciplina normativa richiamata ed ai ricordati principi) e non merita pertanto le infondate censure proposte dalla società ricor
rente, in relazione alle quali si può rilevare (fra l'altro) e in modo
particolare: a) che l'«autorizzazione» ministeriale non ha (soltan
to) funzione di «controllo» sulla già acquisita compensazione ter
ritoriale, ricorrendone i presupposti; per guisaché, in difetto,
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2147 PARTE PRIMA 2148
ricorre l'obbligo di assunzione da parte del datore di lavoro, an
che nei riguardi di quella sede (o stabilimento) per la quale il
datore di lavoro aveva chiesto di essere esonerato, per poter con
centrare le assunzioni obbligatorie presso la sede (o stabilimento) sita nel territorio di una diversa provincia; ti) che la semplice
presentazione della domandza non ha alcun effetto sospensivo
(dato che la legge nulla dice al riguardo), secondo principi gene
rali; non potendosi dare (neppure) rilevanza alle «circolari» mini
steriali richiamate a questo proposito dalla società ricorrente; c) che la (ritenuta) necessità di una preventiva autorizzazione mini
steriale, richiesta fra l'altro espressamente dalla legge, non com
porta alcuna «esautorazione» dei poteri imprenditoriali, con
conseguente pretesa violazione degli art. 3, 24 e 41 Cost., dato
che il legislatore nel prevedere «eccezionalmente» l'istituto della
«compensazione territoriale» in materia di assunzione obbligato ria dei lavoratori protetti da parte dell'azienda che ha sede in
una provincia, e la sede secondaria (o filiale) o lo stabilimento
nel territorio di una provincia diversa, ha ritenuto di subordinare
il beneficio, per superiori ragioni di interesse pubblico alla corret
ta gestione del «sistema» del collocamento obbligatorio, alla ri
gorosa verifica da parte della pubblica amministrazione dei
presupposti e dei requisiti al riguardo richiesti.
Come è dato infatti desumere dalla articolata disciplina sulle
assunzioni obbligatorie, il «sistema» del collocamento obbligato rio è articolato sulla base di una «struttura (esclusivamente) pro
vinciale», legata al territorio della provincia ove di norma ha sede
il datore di lavoro (sede, stabilimento, filiali, unità produttive) ed hanno la loro residenza i lavoratori appartenenti alle categorie
protette. La legge (art. 16 ss. 1. 482/68) demanda agli «organi» provin
ciali a tal uopo istituiti (ufficio provinciale del lavoro e della mas
sima occupazione; commissioni provinciali) la «gestione» amministrativa della articolata e complessa procedura di av
viamento.
I datori di lavoro privati, poi, hanno l'obbligo di presentare la «richiesta» di avviamento (art. 16, 4° comma, 1. cit.) e di inol
trare la periodica denuncia del personale occupato (art. 21 1. cit.)
agli uffici provinciali del lavoro, competenti per territorio, in re
lazione ai soggetti appartenenti alle categorie protette, iscritti ne
gli appositi elenchi (art. 19 1. cit.) istituiti presso gli stessi uffici
del lavoro.
Ne consegue che, di norma, gli uffici provinciali del lavoro
assegnano ai datori di lavori, che abbiano la loro sede (o stabili
mento, filiale o unità produttiva) nel territorio della (stessa pro
vincia), i lavoratori «protetti» residenti nello stesso territorio.
Eccezionalmente la legge prevede l'istituto della «compensazio ne territoriale», che può essere attuata però (come si è visto) ri
correndo determinati presupposti, a seguito di apposita «autorizzazione» ministeriale.
Né si può configurare (come sostiene la società ricorrente) l'in
condizionato diritto soggettivo dell'imprenditore alla «compensa zione» territoriale, da esercitare indiscriminatamente
(indipendentemente dalla richiesta autorizzazione) ricorrendone le
condizioni ed i presupposti. Si violerebbe inammissibilmente una norma (imperativa) di leg
ge; e senza alcun controllo, centrale e periferico, si altererebbe
la competenza «territoriale» degli organi periferici demandati alla
gestione amministrativa del collocamento obbligatorio; verrebbe
sconvolto l'ordine (di priorità, di precedenza) degli «elenchi» dei
soggetti riservati, e l'equilibrio, socio-economico del locale mer
cato del lavoro.
Né si potrebbe configurare (altrimenti, secondo quanto sostie
ne infondatamente la difesa della società ricorrente) la denunzia
ta disparità di trattamento, rilevante sul piano costituzionale, dato
che è sostanzialmente diversa la situazione dell'imprenditore che
abbia nel territorio della (stessa provincia) la sede, o la filiale, o più stabilimenti rispetto a quella del datore di lavoro che abbia
la sede in una determinata provincia, e la sede secondaria (o sta
bilimenti) nel territorio di una provincia diversa, avendo alle di
pendenze un numero complessivo di lavoratori inferiore o superiore al requisito numerico previsto dalla legge (+ 35) ai fini dell'ob
bligo assuntivo.
II problema (dibattuto) della compensazione territoriale, infat
ti, si pone esclusivamente nella seconda ipotesi e non anche nella
prima, ed esso è stato risolto dal legislatore nel modo su accenna
to, in funzione delle ricordate ragioni socio-economiche e di loca
le mercato del lavoro nel territorio della provincia.
Il Foro Italiano — 1989.
Né si può certo equiparare la posizione dei datori di lavoro
privati rispetto a quella dello Stato (e degli enti pubblici) nei ri
guardi dei quali la vigente normativa prevede (giustificatamente) una specifica, differenziata regolamentazione di assunzione ob
bligatoria dei lavoratori «protetti» («scelta diretta» dei soggetti riservatari dagli appositi elenchi) per evidenti ragioni di ordine
pubblico e di pubblico interesse, data la diversa natura dei datori
di lavoro pubblici, le funzioni da questi esercitate, le finalità per
seguite, la necessità (di norma ricorrente) di assumere il personale
«protetto» al momento del verificarsi della «vacanza» di posti
nell'organo del loro personale. Parimenti infondate le censure di cui al secondo motivo del
ricorso.
Secondo principi di diritto affermati e ribaditi in subiecta ma teria dal costante ed uniforme orientamento giurisprudenziale di
questa stessa corte (cfr., ad es., fra le più recenti: Cass. 16 luglio
1986, n. 4608, Foro it., 1986, I, 2429; 23 luglio 1986, n. 4717, id., Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 171; 22 maggio
1986, n. 3435, ibid., n. 173; 8 febbraio 1986, n. 816, ibid., n. 174), la disciplina normativa del collocamento obbligatorio non
prevede (a differenza di quella in tema di collocamento ordina
rio) che la richiesta «numerica sia fatta (oltre che per categoria) anche per qualificazione o per particolari attitudini professionali dei lavoratori da avviare; di guisa che il datore di lavoro non
può pretendere, nell'ambito di tale «sistema» (avviamento «ob
bligatorio»), l'assegnazione di lavoratori in possesso di determi
nate attitudini o di peculiari qualificazioni professionali se non
nei limiti in cui le indicazioni al riguardo fornite nella «richiesta»
di avviamento, consentano all'ufficio provinciale di collocamento
di identificare la categoria di appartenenza (operaia od impiegati
zia) cui siano riconducibili i soggetti «riservatari» in base alla
iscrizione negli «elenchi»; con la conseguenza che il datore di
lavoro (che ha fatto la richiesta «numerica» di avviamento) ha
l'obbligo di reperire, all'interno dell'assetto dell'impresa, man
sioni di lavoro (oltre che «compatibili» con l'eventuale stato di
minorazione fisica degli «invalidi») anche confacenti alla catego ria di appartenenza dei lavoratori avviati.
Rimane salva, naturalmente, l'ipotesi (peraltro non ricorrente
nel caso di specie): 1) della richiesta «nominativa» (art. 16, 6°
comma, 1. 482/68) che può essere fatta dal datore di lavoro an
che nell'ambito del «sistema» dell'avviamento obbligatorio nei
riguardi del personale di «concetto», di «fiducia» o particolar mente qualificato o specializzato; 2) dell' «esonero» del datore
di lavoro dall'assunzione obbligatoria degli «invalidi» (art. 13, 5° comma, 1. cit.) date le peculiari caratteristiche dell'attività di
produzione di beni o di servizi dell'azienda da lui gestita;
3) dell'assoluta, incondizionata impossibilità (che deve essere na
turalmente provata dal datore di lavoro) di inserimento del lavo
ratore protetto — nell'assetto aziendale della impresa — non
pregiudizievole per la incolumità dei compagni di lavoro e per la sicurezza degli impianti.
Va, concludendo, rigettato il ricorso.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 maggio
1989, n. 2131; Pres. Scanzano, Est. Vercellone, P.M. Nici
ta (conc. conf.); Rbbles (Avv. Cippone, Spagnolo) c. De Chi
rico (Avv. Aloisio, M. Costantino). Conferma App. Bari 7
ottobre 1987.
Adozione — Adozione speciale — Stato di adottabilità — Stato
di abbandono — Modifica delie condizioni di vita dei genitori — Persistenza della situazione di abbandono (L. 4 maggio 1983
n. 184, disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, art. 8).
Posto che la dichiarazione di stato di abbandono emessa dal pri mo giudice può essere revocata in sede di appello soltanto in
presenza di mutamenti radicali del rapporto fra minore e fami
glia di origine, va confermata la sentenza d'appello che ha rite
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