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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 6 marzo 1990, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 6 marzo 1990, n. 1756; Pres. Chiavelli, Est. Porreca, P.M. Simeone (concl. diff.); Inps (Avv. Maresca, Cotronea, Catalano) c. Malinverni. Cassa Trib. Vercelli 9 gennaio 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 239/240-241/242 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185238 . Accessed: 24/06/2014 21:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 21:52:38 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 6 marzo 1990, n. 1756; Pres. Chiavelli, Est. Porreca, P.M. Simeone(concl. diff.); Inps (Avv. Maresca, Cotronea, Catalano) c. Malinverni. Cassa Trib. Vercelli 9gennaio 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 239/240-241/242Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185238 .

Accessed: 24/06/2014 21:52

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PARTE PRIMA

dali in esame, anche con riguardo alla data di decorrenza del

pagamento degli interessi e della svalutazione monetaria, il qua le stabilisce che il pagamento di tutto quanto dovuto deve aver

luogo dopo che l'Inps avrà riconosciuto ed accettato il colloca

mento in quiescenza degli agenti interessati»; 3) «che sul carat

tere determinante, sia in senso positivo che negativo, del prov vedimento dell'Inps sulla stessa effettività del collocamento, non

è consentito alcun dubbio serio, non essendo configurabile sul

piano dell'applicazione delle norme di diritto, prima che su quello

dell'interpretazione del contratto collettivo, un collocamento a

riposo anticipato, attuato in via privata e senza la previa verifi

ca rigorosa della condizione di effettiva inabilità al servizio, cui

conseguono prestazioni previdenziali particolarmente onerose per l'ente previdenziale»; 4) «deve ritenersi, perciò, che proprio il

riconoscimento e l'accettazione da parte dell'Inps realizzino un

elemento costitutivo della fattispecie relativa al collocamento in

quiescenza, prima del quale non può ritenersi neppure sorto

il credito del lavoratore».

Si comprende facilmente dagli argomenti suddetti come la sen

tenza 840/87 non si sia posta neppure il problema della nullità

della clausola contrattuale e dell'imperatività o della potestati vità della norma di cui all'art. 2120, onde, avendo ritenuto im

plicitamente lecita la convenzione in esame, è entrata nel merito

della sua logica aziendalistica e ne ha esaminato la convenienza

alla luce dei riflessi economicistici che essa comportava. Deve rilevarsi che la clausola di cui all'art. 16 dell'accordo

aziendale, invero, introduce un trattamento complessivo più fa

vorevole per i dipendenti che vengono collocati al riposo, ma

tale favor, auspicabile senz'altro come principio di bene comu

ne realizzato in tema di relazioni aziendali, ut homines vivant

et bene vivant, non può essere conseguito in alcun caso col sa

crificio di una norma inderogabile, quale, per l'appunto, quella di cui all'art. 2120.

Tale norma, infatti, dev'essere tenuta ferma, ovvero miglio rata direttamente, quoad tempus, rispetto al diritto ordinario

dei lavoratori di riscuotere l'indennità di buonuscita alla data

della cessazione del servizio, e, nella prima ipotesi, può esser

convenuto un trattamento di miglior favore che faccia salvo

10 spirito e la sostanza della disposizione di cui all'art. 2120.

In altri termini, la derogabilità in melius di una norma impe rativa dev'essere realizzata con una convenzione che sia più fa

vorevole ai lavoratori in modo diretto ed immediato rispetto alla regola del precetto legislativo.

Tale miglioramento, quindi, non può esser conseguito affatto

in modo indiretto mediante l'introduzione di trattamenti più con

grui, sotto altri aspetti, del rapporto di lavoro, prima, e di quel lo previdenziale, poi, ma deteriori sotto quello che costituisce

11 bene giuridico immediato, protetto dalla norma imperativa. Deve ipotizzarsi, pertanto, che saranno le parti collettive con

traenti, in occasione di una riformulazione eventuale della clau

sola in esame, a mantener fermo il precetto di cui all'art. 2120;

dando, ad esempio, carattere di condizione sospensiva al rico

noscimento della pensione da parte del fondo autoferrotramvie

ri, e, all'avveramento di essa, far retroagire il momento della

corresponsione dell'indennità di buonuscita al tempo del collo

camento al riposo della gente.

Consegue, quindi, che dalla dichiarazione di nullità della clau

sola contrattuale in questione e dalla sostituzione di diritto ad

essa della norma di cui all'art. 2120, anche le obbligazioni ac

cessorie gravanti sull'azienda datrice di lavoro, che concernono

il pagamento degli interessi compensativi sulla somma dovuta

all'attore a titolo d'indennità di buonuscita, nonché il risarci

mento del maggior danno eventualmente subito dallo stesso per il diminuito valore del suo credito, ex art. 429, 3° comma, c.p.c., decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e non

già da quella stabilita dall'art. 16 degli accordi aziendali.

Anche tale motivo del ricorso, quindi, è fondato e dev'essere

accolto mediante la cassazione, sul punto, della sentenza impu

gnata. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1991.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 marzo

1990, n. 1756; Pres. Chiavelli, Est. Porreca, P.M. Simeone

(conci, diff.); Inps (Avv. Maresca, Cotronea, Catalano) c. Malinverni. Cassa Trib. Vercelli 9 gennaio 1987.

Previdenza sociale — Pensione di invalidità — Requisito reddi

tuale — Omesso accertamento del reddito — Conseguenze

(D.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia pre videnziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubbli

ca, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazio

ne e proroga di taluni termini, art. 8; 1. 11 novembre 1983

n. 638, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 12

settembre 1983 n. 463, art. unico).

L'accertamento del requisito di reddito previsto dal d.l. n. 463

del 1983, convertito in I. n. 638 del 1983, condiziona l'attri

buzione della pensione dì invalidità, configurando, tuttavia, un elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto al

trattamento previdenziale, la cui erogazione resta impedita nei

periodi in cui è superata la soglia di reddito; pertanto, mentre

è sempre possibile ottenere sentenza meramente dichiarativa

del diritto alla pensione di invalidità pur senza l'accertamento

del requisito di reddito, in mancanza di tale accertamento non

può pronunciarsi sentenza di condanna al pagamento della

pensione. (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 9 gennaio 1987, il Tribunale di Vercelli rigettava l'appello proposto dall'Inps av

verso la sentenza del locale pretore del 5 giugno 1984, di rico

noscimento del diritto di Malinverni Aldo alla pensione di inva

lidità a far epoca dalla richiesta amministrativa e di condanna

dell'Inps al pagamento della pensione medesima.

Rilevava il tribunale che lo stato di infermità pensionabile

dell'assicurato, già accertato in prime cure, era stato conferma

to dal consulente medico-legale di ufficio nominato in grado

d'appello, le cui conclusioni non erano state, alla fine, più nep

pure oggetto di censura da parte dell'istituto previdenziale. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps

deducendo un unico motivo. Il Malinverni non si è costituito.

(1) In termini, v. Cass. 19 maggio 1988, n. 3493, Foro it., Rep. 1988, vóce Previdenza sociale, n. 865, nonché Cass. 24 gennaio 1987, n. 683, id., Rep. 1987, voce cit., n. 963, richiamata in motivazione.

È, in particolare, pacifico: a) che in mancanza dell'accertamento sul reddito non può essere emessa sentenza di condanna (Cass. 26 settem bre 1988, n. 5235, id., Rep. 1989, voce cit., n. 984); b) che se vi è

giudicato di condanna l'Inps può solo sospendere l'erogazione del trat tamento (Cass. 2 luglio 1987, n. 5808, id., Rep. 1987, voce cit., n.

954; c) che la mancanza del requisito di reddito non preclude l'accerta mento dello stato invalidante, in quanto la prestazione previdenziale è solo temporaneamente inesigibile (Cass. 5 dicembre 1987, n. 9070, ibid., n. 946; 17 luglio 1987, n. 6310, ibid., n. 949; 9 luglio 1987, n. 6002, ibid., n. 951; 21 febbraio 1987, n. 1890, ibid., n. 952; 14 aprile 1987, n. 3720, ibid., n. 956; 28 gennaio 1987, n. 817, ibid., n. 960, tutte richiamate in motivazione, nonché Cass. 8 febbraio 1988, n. 1320, id., Rep. 1988, voce cit., n. 868); d) che il c.d. requisito di reddito è elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto (Cass. 14 aprile 1987, n. 3720, cit.; 19 febbraio 1987, n. 1809, id., Rep. 1987, voce cit., n. 957, richiamate in motivazione, nonché Cass. 7 aprile 1987, n. 3387, ibid., n. 953).

V. poi Cass. 17 febbraio 1988, n. 1718, id., Rep. 1988, voce cit., n. 867 e 19 novembre 1987, n. 8537, id., Rep. 1987, voce cit., n. 947, secondo cui la questione del reddito non è deducibile per la prima volta in sede di legittimità qualora non sia stata sollevata nelle precedenti fasi di merito.

V. infine Corte cost., ord. 24 marzo 1988, n. 351, id., 1988, I, 3493, con nota di richiami, secondo cui «è manifestamente inammissibile, trat tandosi di scelta non irrazionale del legislatore, la questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 8 1. 11 novembre 1983 n. 638, nella parte in cui dispone la non attribuzione e/o la sospensione della correspon sione della pensione di invalidità all'assicurato e pensionato titolare di reddito di lavoro subordinato o autonomo o professionale superiore a tre volte l'ammontare del trattamento minimo del fondo pensioni la voratori dipendenti, se di età inferiore al pensionamento di vecchiaia, a differenza dell'assicurato pensionato invalido, titolare di pari reddito, di età superiore a quella per il pensionamento di vecchiaia, in riferimen to all'art. 3 Cost.».

Per la non retroattività del disposto dell'art. 8 1. n. 638, v. Cass. 23 gennaio 1987, n. 652, id., Rep. 1987, voce cit., n. 964 e 23 gennaio 1987, n. 653, ibid., n. 965.

In dottrina, da ultimo, v. Argentino, Pensione di invalidità e requi sito reddituale, in Dir. e pratica lav., 1988, 1811.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Motivi della decisione. — L'istituto ricorrente deduce viola

zione e falsa applicazione degli art. 2697 c.c., 115 c.p.c., 10

r.d.l. 14 aprile 1939 n. 630, nel testo risultante dall'art. 8 d.l.

12 settembre 1983 n. 463, conv. con mod. in 1. 11 novembre

1983 n. 638, nonché carenza di motivazione, assumendo che

il tribunale ha completamente omesso di accertare, come, inve

ce, richiesto dall'Inps e come pure previsto dalla normativa so

pramenzionata, la sussistenza, in capo all'assicurato Malinver

ni, del requisito del limite di reddito utile alla concessione della

richiesta pensione di invalidità anche per il periodo successivo

al 26 novembre 1983.

Il motivo, per quanto di seguito precisato, deve essere accolto.

Risulta dagli atti che i giudici di merito, con le sentenze del

5 giugno 1984 e 9 gennaio 1987, rispettivamente di primo e se

condo grado, accertato lo stato di invalidità del Malinverni, ma

non anche il reddito del medesimo, non si sono, poi, limitati

a dichiarare il diritto dell'assicurato alla pensione di invalidità,

ma hanno anche condannato l'Inps a corrispondere la pensione

predetta a far epoca dalla domanda amministrativa, in tal mo

do incorrendo, però, nella denunciata violazione della nuova

normativa introdotta col d.l. 463/83, conv. in 1. 638/83.

Con riguardo alla pensione di invalidità, la situazione reddi

tuale dell'assicurato, secondo la nuova normativa sopramenzio

nata, entrata in vigore il 26 novembre 1983, condiziona l'attri

buzione della prestazione previdenziale rappresentando, però,

un elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto a pen

sione ed incidendo, quindi, unicamente sul diritto ai singoli ra

tei, la cui erogazione resta impedita nei periodi in cui è superata

la soglia reddituale di legge (cfr., tra le altre, Cass. 5 dicembre

1987, n. 9070, 20 ottobre 1987, n. 7749, 17 luglio 1987, n. 6310,

9 luglio 1987, n. 6002, 14 aprile 1987, n. 3720, 30 marzo 1987,

n. 3080, 21 febbraio 1987, n. 1890, 19 febbraio 1987, n. 1809,

28 gennaio 1987, n. 817 e 24 gennaio 1987, n. 863, Foro it.,

Rep. 1987, voce Previdenza sociale, nn. 946, 941, 949, 951, 956,

893, 952, 957, 960, 963). Da ciò consegue che la detta normati

va sul limite reddituale per l'esigibilità dei ratei della pensione

di invalidità, applicabile anche alle cause in corso riguardanti

prestazioni pensionistiche successive alla data sopramenzionata

del 26 novembre 1983 o, comunque, da liquidare con decorren

za o con effetto posteriore a tale data, non priva l'assicurato

dell'interesse all'accertamento e alla declaratoria del suo diritto

al pensionamento per invalidità, alla stregua del regime di cui

al r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, e succ. mod. ed int., pur in

assenza del requisito reddittuale, perché è sempre possibile che

sopravvenga una riduzione di reddito tale da rendere esigibile

la prestazione pensionistica; ma preclude al giudice di emettere

sentenza di condanna al pagamento della pensione di invalidità,

con riferimento al tempo sopraindicato, senza previo accerta

mento del necessario requisito reddituale poiché il giudicato di

condanna, che implicitamente si estende anche alla circostanza

della sussistenza del predetto requisito, non consente più all'Inps

di disporre in sede amministrativa la sospensione dei pagamenti

dei ratei di pensione per il periodo anteriore al giudicato stesso,

pur in concreto difetto della condizione reddituale dell'assicura

to prevista, invece, dalla legge (cfr. tra altre, oltre ai precedenti

giurisprudenziali già citati, anche, Cass. 17 febbraio 1988, n.

1696, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1120; 16 luglio 1987, n. 6289,

17 aprile 1987, n. 3390, 24 gennaio 1987, n. 697 e 9 gennaio

1987, n. 80, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 950, 1146, 961, 930).

L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere cassata con rin

vio della causa per nuovo esame secondo i principi di diritto

sopraenunciati, davanti ad altro giudice, che si designa nel Tri

bunale di Novara.

Il Foro Italiano — 1991.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 19 di

cembre 1989, n. 5684; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Lo

Cascio (conci, conf.); Quintini (Avv. V. Greco, Ranieri) c.

Crivelli (Avv. Moscarini, Dittrich). Conferma App. Mila

no 23 dicembre 1983.

Procedimento civile — Iscrizione a ruolo — Disposizioni — Am

bito di applicazione (Cod. proc. civ., art. 168, 171, 307, 512,

548, 615, 617, 619, 630). Esecuzione forzata in genere

— Estinzione del processo — Ven

dita del bene pignorato — Debitore esecutato — Legittima zione ad eccepire l'estinzione (Cod. proc. civ., art. Ili, 630).

Procedimento civile — Causa penale pregiudiziale — Sospen sione del processo — Termine perentorio per la riassunzione — Decorrenza dalla pubblicazione della sentenza della Cassa

zione (Cod. proc. civ., art. 295, 297; cod. proc. pen. del 1930,

art. 537).

Le norme dettate per l'iscrizione della causa a ruolo (art. 168-171

c.p.c.) non trovano applicazione né nelle ipotesi di opposizio

ne all'esecuzione o agli atti esecutivi proposta dopo l'inizio

dell'esecuzione e negli altri casi di processi di cognizione ordi

naria che insorgono incidentalmente in un processo esecutivo

già in corso, né nel caso in cui sia proposta eccezione di estin

zione del processo esecutivo per inattività delle parti (art. 630

c.p.c.); peraltro, mentre con riguardo ai primi tipi di proces

so l'iscrizione a ruolo si pone come adempimento ammini

strativo cui provvede di ufficio il cancelliere senza necessità

della relativa nota di parte, per contro, con riguardo all'ipo

tesi dell'eccezione di estinzione, in cui non insorge un proces so strutturalmente autonomo rispetto al processo esecutivo,

è insussistente la stessa necessità di un 'iscrizione a ruolo, an

corché di ufficio. (1)

(1) Nel caso di specie il debitore aveva eccepito l'estinzione del pro cesso esecutivo per tardività della riassunzione; il giudice dell'esecuzio

ne, rilevato «che l'eccezione di estinzione della procedura esecutiva può essere intesa anche come opposizione formale all'esecuzione», aveva fis

sato con ordinanza l'udienza per la precisazione delle conclusioni; il

debitore, allora, aveva proposto reclamo al collegio sul presupposto che

tale ordinanza avesse rigettato l'eccezione di estinzione (profilo, per la

verità, dubbio, ma non affrontato nelle fasi successive del giudizio). Accolto il reclamo da parte del tribunale, il creditore, in sede d'appello, sosteneva che l'«opposizione» del debitore era improcedibile per non

essere stata iscritta a ruolo la relativa causa. La corte d'appello rigetta va l'appello escludendo l'equivalenza in senso tecnico-giuridico tra il

rimedio previsto dall'art. 615 c.p.c. e quello disciplinato dal successivo

art. 630, cosi che non vi era «onere di iscrizione della causa a ruolo

perché la sentenza sarebbe intervenuta in una fase incidentale del pro cesso esecutivo». La Corte di cassazione conferma, escludendo che il

giudizio di cognizione introdotto dall'eccezione di estinzione dovesse

essere dichiarato improcedibile per non essere stata la causa iscritta a

ruolo. La corte premette che nel procedimento ordinario di cognizione non

sussiste l'improcedibilità per mancata iscrizione della causa a ruolo cui

consegue un mero stato di quiescenza del processo; distingue, poi, tra

parentesi cognitive nel corso del processo esecutivo (art. 512, 548, 615, 2° comma, 617, 2° comma, 619 c.p.c.) ed eccezione di estinzione del

processo esecutivo (art. 630 c.p.c.). Nelle prime, con il deposito in can

celleria del ricorso in opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi o

di terzo, ovvero con l'istanza di accertamento giudiziale dell'obbligo del terzo, ovvero, infine, con la contestazione dei crediti all'udienza

per la discussione del progetto di distribuzione, si costituisce immedia

tamente, senza necessità di altri adempimenti, il rapporto processuale

cognitivo ed il giudice dell'esecuzione assume la veste di giudice istrut

tore, se competente, nel processo di cognizione insorto. Le disposizioni

sopra ricordate prevedono, infatti, che il giudice provvede, se compe tente all'istruzione della causa, rinviando agli art. 170 ss., con esclusio

ne, quindi, della disciplina di introduzione della causa, nel processo ordinario di cognizione, di cui agli art. 163-171 c.p.c. e in particolare della norma dell'art. 168, che dispone l'iscrizione della causa a ruolo

ed il modo della sua effettuazione.

In giurisprudenza, in senso conforme, Cass. 9 luglio 1957, n. 2716,

Foro it., Rep. 1957, voce Procedimento civile, n. 235, che con riguardo ad un giudizio di opposizione agli atti esecutivi ha ritenuto che la costi

tuzione avviene con il deposito del ricorso e non è necessaria l'istanza

di iscrizione a ruolo onde, in caso di mancata comparizione di tutte

le parti alla prima udienza, trova applicazione la disposizione dell'art.

181 c.p.c., che fa obbligo al giudice di fissare un'udienza successiva,

di cui il cancelliere deve dare comunicazione alle parti costituite; Cass.

8 ottobre 1970, n. 1897, id., Rep. 1971, voce cit., n. 257, che, sempre

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