sezione lavoro; sentenza 6 marzo 1990, n. 1756; Pres. Chiavelli, Est. Porreca, P.M. Simeone(concl. diff.); Inps (Avv. Maresca, Cotronea, Catalano) c. Malinverni. Cassa Trib. Vercelli 9gennaio 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 239/240-241/242Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185238 .
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PARTE PRIMA
dali in esame, anche con riguardo alla data di decorrenza del
pagamento degli interessi e della svalutazione monetaria, il qua le stabilisce che il pagamento di tutto quanto dovuto deve aver
luogo dopo che l'Inps avrà riconosciuto ed accettato il colloca
mento in quiescenza degli agenti interessati»; 3) «che sul carat
tere determinante, sia in senso positivo che negativo, del prov vedimento dell'Inps sulla stessa effettività del collocamento, non
è consentito alcun dubbio serio, non essendo configurabile sul
piano dell'applicazione delle norme di diritto, prima che su quello
dell'interpretazione del contratto collettivo, un collocamento a
riposo anticipato, attuato in via privata e senza la previa verifi
ca rigorosa della condizione di effettiva inabilità al servizio, cui
conseguono prestazioni previdenziali particolarmente onerose per l'ente previdenziale»; 4) «deve ritenersi, perciò, che proprio il
riconoscimento e l'accettazione da parte dell'Inps realizzino un
elemento costitutivo della fattispecie relativa al collocamento in
quiescenza, prima del quale non può ritenersi neppure sorto
il credito del lavoratore».
Si comprende facilmente dagli argomenti suddetti come la sen
tenza 840/87 non si sia posta neppure il problema della nullità
della clausola contrattuale e dell'imperatività o della potestati vità della norma di cui all'art. 2120, onde, avendo ritenuto im
plicitamente lecita la convenzione in esame, è entrata nel merito
della sua logica aziendalistica e ne ha esaminato la convenienza
alla luce dei riflessi economicistici che essa comportava. Deve rilevarsi che la clausola di cui all'art. 16 dell'accordo
aziendale, invero, introduce un trattamento complessivo più fa
vorevole per i dipendenti che vengono collocati al riposo, ma
tale favor, auspicabile senz'altro come principio di bene comu
ne realizzato in tema di relazioni aziendali, ut homines vivant
et bene vivant, non può essere conseguito in alcun caso col sa
crificio di una norma inderogabile, quale, per l'appunto, quella di cui all'art. 2120.
Tale norma, infatti, dev'essere tenuta ferma, ovvero miglio rata direttamente, quoad tempus, rispetto al diritto ordinario
dei lavoratori di riscuotere l'indennità di buonuscita alla data
della cessazione del servizio, e, nella prima ipotesi, può esser
convenuto un trattamento di miglior favore che faccia salvo
10 spirito e la sostanza della disposizione di cui all'art. 2120.
In altri termini, la derogabilità in melius di una norma impe rativa dev'essere realizzata con una convenzione che sia più fa
vorevole ai lavoratori in modo diretto ed immediato rispetto alla regola del precetto legislativo.
Tale miglioramento, quindi, non può esser conseguito affatto
in modo indiretto mediante l'introduzione di trattamenti più con
grui, sotto altri aspetti, del rapporto di lavoro, prima, e di quel lo previdenziale, poi, ma deteriori sotto quello che costituisce
11 bene giuridico immediato, protetto dalla norma imperativa. Deve ipotizzarsi, pertanto, che saranno le parti collettive con
traenti, in occasione di una riformulazione eventuale della clau
sola in esame, a mantener fermo il precetto di cui all'art. 2120;
dando, ad esempio, carattere di condizione sospensiva al rico
noscimento della pensione da parte del fondo autoferrotramvie
ri, e, all'avveramento di essa, far retroagire il momento della
corresponsione dell'indennità di buonuscita al tempo del collo
camento al riposo della gente.
Consegue, quindi, che dalla dichiarazione di nullità della clau
sola contrattuale in questione e dalla sostituzione di diritto ad
essa della norma di cui all'art. 2120, anche le obbligazioni ac
cessorie gravanti sull'azienda datrice di lavoro, che concernono
il pagamento degli interessi compensativi sulla somma dovuta
all'attore a titolo d'indennità di buonuscita, nonché il risarci
mento del maggior danno eventualmente subito dallo stesso per il diminuito valore del suo credito, ex art. 429, 3° comma, c.p.c., decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e non
già da quella stabilita dall'art. 16 degli accordi aziendali.
Anche tale motivo del ricorso, quindi, è fondato e dev'essere
accolto mediante la cassazione, sul punto, della sentenza impu
gnata. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1991.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 marzo
1990, n. 1756; Pres. Chiavelli, Est. Porreca, P.M. Simeone
(conci, diff.); Inps (Avv. Maresca, Cotronea, Catalano) c. Malinverni. Cassa Trib. Vercelli 9 gennaio 1987.
Previdenza sociale — Pensione di invalidità — Requisito reddi
tuale — Omesso accertamento del reddito — Conseguenze
(D.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia pre videnziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubbli
ca, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazio
ne e proroga di taluni termini, art. 8; 1. 11 novembre 1983
n. 638, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 12
settembre 1983 n. 463, art. unico).
L'accertamento del requisito di reddito previsto dal d.l. n. 463
del 1983, convertito in I. n. 638 del 1983, condiziona l'attri
buzione della pensione dì invalidità, configurando, tuttavia, un elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto al
trattamento previdenziale, la cui erogazione resta impedita nei
periodi in cui è superata la soglia di reddito; pertanto, mentre
è sempre possibile ottenere sentenza meramente dichiarativa
del diritto alla pensione di invalidità pur senza l'accertamento
del requisito di reddito, in mancanza di tale accertamento non
può pronunciarsi sentenza di condanna al pagamento della
pensione. (1)
Svolgimento del processo. — Con sentenza del 9 gennaio 1987, il Tribunale di Vercelli rigettava l'appello proposto dall'Inps av
verso la sentenza del locale pretore del 5 giugno 1984, di rico
noscimento del diritto di Malinverni Aldo alla pensione di inva
lidità a far epoca dalla richiesta amministrativa e di condanna
dell'Inps al pagamento della pensione medesima.
Rilevava il tribunale che lo stato di infermità pensionabile
dell'assicurato, già accertato in prime cure, era stato conferma
to dal consulente medico-legale di ufficio nominato in grado
d'appello, le cui conclusioni non erano state, alla fine, più nep
pure oggetto di censura da parte dell'istituto previdenziale. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps
deducendo un unico motivo. Il Malinverni non si è costituito.
(1) In termini, v. Cass. 19 maggio 1988, n. 3493, Foro it., Rep. 1988, vóce Previdenza sociale, n. 865, nonché Cass. 24 gennaio 1987, n. 683, id., Rep. 1987, voce cit., n. 963, richiamata in motivazione.
È, in particolare, pacifico: a) che in mancanza dell'accertamento sul reddito non può essere emessa sentenza di condanna (Cass. 26 settem bre 1988, n. 5235, id., Rep. 1989, voce cit., n. 984); b) che se vi è
giudicato di condanna l'Inps può solo sospendere l'erogazione del trat tamento (Cass. 2 luglio 1987, n. 5808, id., Rep. 1987, voce cit., n.
954; c) che la mancanza del requisito di reddito non preclude l'accerta mento dello stato invalidante, in quanto la prestazione previdenziale è solo temporaneamente inesigibile (Cass. 5 dicembre 1987, n. 9070, ibid., n. 946; 17 luglio 1987, n. 6310, ibid., n. 949; 9 luglio 1987, n. 6002, ibid., n. 951; 21 febbraio 1987, n. 1890, ibid., n. 952; 14 aprile 1987, n. 3720, ibid., n. 956; 28 gennaio 1987, n. 817, ibid., n. 960, tutte richiamate in motivazione, nonché Cass. 8 febbraio 1988, n. 1320, id., Rep. 1988, voce cit., n. 868); d) che il c.d. requisito di reddito è elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto (Cass. 14 aprile 1987, n. 3720, cit.; 19 febbraio 1987, n. 1809, id., Rep. 1987, voce cit., n. 957, richiamate in motivazione, nonché Cass. 7 aprile 1987, n. 3387, ibid., n. 953).
V. poi Cass. 17 febbraio 1988, n. 1718, id., Rep. 1988, voce cit., n. 867 e 19 novembre 1987, n. 8537, id., Rep. 1987, voce cit., n. 947, secondo cui la questione del reddito non è deducibile per la prima volta in sede di legittimità qualora non sia stata sollevata nelle precedenti fasi di merito.
V. infine Corte cost., ord. 24 marzo 1988, n. 351, id., 1988, I, 3493, con nota di richiami, secondo cui «è manifestamente inammissibile, trat tandosi di scelta non irrazionale del legislatore, la questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 8 1. 11 novembre 1983 n. 638, nella parte in cui dispone la non attribuzione e/o la sospensione della correspon sione della pensione di invalidità all'assicurato e pensionato titolare di reddito di lavoro subordinato o autonomo o professionale superiore a tre volte l'ammontare del trattamento minimo del fondo pensioni la voratori dipendenti, se di età inferiore al pensionamento di vecchiaia, a differenza dell'assicurato pensionato invalido, titolare di pari reddito, di età superiore a quella per il pensionamento di vecchiaia, in riferimen to all'art. 3 Cost.».
Per la non retroattività del disposto dell'art. 8 1. n. 638, v. Cass. 23 gennaio 1987, n. 652, id., Rep. 1987, voce cit., n. 964 e 23 gennaio 1987, n. 653, ibid., n. 965.
In dottrina, da ultimo, v. Argentino, Pensione di invalidità e requi sito reddituale, in Dir. e pratica lav., 1988, 1811.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — L'istituto ricorrente deduce viola
zione e falsa applicazione degli art. 2697 c.c., 115 c.p.c., 10
r.d.l. 14 aprile 1939 n. 630, nel testo risultante dall'art. 8 d.l.
12 settembre 1983 n. 463, conv. con mod. in 1. 11 novembre
1983 n. 638, nonché carenza di motivazione, assumendo che
il tribunale ha completamente omesso di accertare, come, inve
ce, richiesto dall'Inps e come pure previsto dalla normativa so
pramenzionata, la sussistenza, in capo all'assicurato Malinver
ni, del requisito del limite di reddito utile alla concessione della
richiesta pensione di invalidità anche per il periodo successivo
al 26 novembre 1983.
Il motivo, per quanto di seguito precisato, deve essere accolto.
Risulta dagli atti che i giudici di merito, con le sentenze del
5 giugno 1984 e 9 gennaio 1987, rispettivamente di primo e se
condo grado, accertato lo stato di invalidità del Malinverni, ma
non anche il reddito del medesimo, non si sono, poi, limitati
a dichiarare il diritto dell'assicurato alla pensione di invalidità,
ma hanno anche condannato l'Inps a corrispondere la pensione
predetta a far epoca dalla domanda amministrativa, in tal mo
do incorrendo, però, nella denunciata violazione della nuova
normativa introdotta col d.l. 463/83, conv. in 1. 638/83.
Con riguardo alla pensione di invalidità, la situazione reddi
tuale dell'assicurato, secondo la nuova normativa sopramenzio
nata, entrata in vigore il 26 novembre 1983, condiziona l'attri
buzione della prestazione previdenziale rappresentando, però,
un elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto a pen
sione ed incidendo, quindi, unicamente sul diritto ai singoli ra
tei, la cui erogazione resta impedita nei periodi in cui è superata
la soglia reddituale di legge (cfr., tra le altre, Cass. 5 dicembre
1987, n. 9070, 20 ottobre 1987, n. 7749, 17 luglio 1987, n. 6310,
9 luglio 1987, n. 6002, 14 aprile 1987, n. 3720, 30 marzo 1987,
n. 3080, 21 febbraio 1987, n. 1890, 19 febbraio 1987, n. 1809,
28 gennaio 1987, n. 817 e 24 gennaio 1987, n. 863, Foro it.,
Rep. 1987, voce Previdenza sociale, nn. 946, 941, 949, 951, 956,
893, 952, 957, 960, 963). Da ciò consegue che la detta normati
va sul limite reddituale per l'esigibilità dei ratei della pensione
di invalidità, applicabile anche alle cause in corso riguardanti
prestazioni pensionistiche successive alla data sopramenzionata
del 26 novembre 1983 o, comunque, da liquidare con decorren
za o con effetto posteriore a tale data, non priva l'assicurato
dell'interesse all'accertamento e alla declaratoria del suo diritto
al pensionamento per invalidità, alla stregua del regime di cui
al r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, e succ. mod. ed int., pur in
assenza del requisito reddittuale, perché è sempre possibile che
sopravvenga una riduzione di reddito tale da rendere esigibile
la prestazione pensionistica; ma preclude al giudice di emettere
sentenza di condanna al pagamento della pensione di invalidità,
con riferimento al tempo sopraindicato, senza previo accerta
mento del necessario requisito reddituale poiché il giudicato di
condanna, che implicitamente si estende anche alla circostanza
della sussistenza del predetto requisito, non consente più all'Inps
di disporre in sede amministrativa la sospensione dei pagamenti
dei ratei di pensione per il periodo anteriore al giudicato stesso,
pur in concreto difetto della condizione reddituale dell'assicura
to prevista, invece, dalla legge (cfr. tra altre, oltre ai precedenti
giurisprudenziali già citati, anche, Cass. 17 febbraio 1988, n.
1696, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1120; 16 luglio 1987, n. 6289,
17 aprile 1987, n. 3390, 24 gennaio 1987, n. 697 e 9 gennaio
1987, n. 80, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 950, 1146, 961, 930).
L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere cassata con rin
vio della causa per nuovo esame secondo i principi di diritto
sopraenunciati, davanti ad altro giudice, che si designa nel Tri
bunale di Novara.
Il Foro Italiano — 1991.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 19 di
cembre 1989, n. 5684; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Lo
Cascio (conci, conf.); Quintini (Avv. V. Greco, Ranieri) c.
Crivelli (Avv. Moscarini, Dittrich). Conferma App. Mila
no 23 dicembre 1983.
Procedimento civile — Iscrizione a ruolo — Disposizioni — Am
bito di applicazione (Cod. proc. civ., art. 168, 171, 307, 512,
548, 615, 617, 619, 630). Esecuzione forzata in genere
— Estinzione del processo — Ven
dita del bene pignorato — Debitore esecutato — Legittima zione ad eccepire l'estinzione (Cod. proc. civ., art. Ili, 630).
Procedimento civile — Causa penale pregiudiziale — Sospen sione del processo — Termine perentorio per la riassunzione — Decorrenza dalla pubblicazione della sentenza della Cassa
zione (Cod. proc. civ., art. 295, 297; cod. proc. pen. del 1930,
art. 537).
Le norme dettate per l'iscrizione della causa a ruolo (art. 168-171
c.p.c.) non trovano applicazione né nelle ipotesi di opposizio
ne all'esecuzione o agli atti esecutivi proposta dopo l'inizio
dell'esecuzione e negli altri casi di processi di cognizione ordi
naria che insorgono incidentalmente in un processo esecutivo
già in corso, né nel caso in cui sia proposta eccezione di estin
zione del processo esecutivo per inattività delle parti (art. 630
c.p.c.); peraltro, mentre con riguardo ai primi tipi di proces
so l'iscrizione a ruolo si pone come adempimento ammini
strativo cui provvede di ufficio il cancelliere senza necessità
della relativa nota di parte, per contro, con riguardo all'ipo
tesi dell'eccezione di estinzione, in cui non insorge un proces so strutturalmente autonomo rispetto al processo esecutivo,
è insussistente la stessa necessità di un 'iscrizione a ruolo, an
corché di ufficio. (1)
(1) Nel caso di specie il debitore aveva eccepito l'estinzione del pro cesso esecutivo per tardività della riassunzione; il giudice dell'esecuzio
ne, rilevato «che l'eccezione di estinzione della procedura esecutiva può essere intesa anche come opposizione formale all'esecuzione», aveva fis
sato con ordinanza l'udienza per la precisazione delle conclusioni; il
debitore, allora, aveva proposto reclamo al collegio sul presupposto che
tale ordinanza avesse rigettato l'eccezione di estinzione (profilo, per la
verità, dubbio, ma non affrontato nelle fasi successive del giudizio). Accolto il reclamo da parte del tribunale, il creditore, in sede d'appello, sosteneva che l'«opposizione» del debitore era improcedibile per non
essere stata iscritta a ruolo la relativa causa. La corte d'appello rigetta va l'appello escludendo l'equivalenza in senso tecnico-giuridico tra il
rimedio previsto dall'art. 615 c.p.c. e quello disciplinato dal successivo
art. 630, cosi che non vi era «onere di iscrizione della causa a ruolo
perché la sentenza sarebbe intervenuta in una fase incidentale del pro cesso esecutivo». La Corte di cassazione conferma, escludendo che il
giudizio di cognizione introdotto dall'eccezione di estinzione dovesse
essere dichiarato improcedibile per non essere stata la causa iscritta a
ruolo. La corte premette che nel procedimento ordinario di cognizione non
sussiste l'improcedibilità per mancata iscrizione della causa a ruolo cui
consegue un mero stato di quiescenza del processo; distingue, poi, tra
parentesi cognitive nel corso del processo esecutivo (art. 512, 548, 615, 2° comma, 617, 2° comma, 619 c.p.c.) ed eccezione di estinzione del
processo esecutivo (art. 630 c.p.c.). Nelle prime, con il deposito in can
celleria del ricorso in opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi o
di terzo, ovvero con l'istanza di accertamento giudiziale dell'obbligo del terzo, ovvero, infine, con la contestazione dei crediti all'udienza
per la discussione del progetto di distribuzione, si costituisce immedia
tamente, senza necessità di altri adempimenti, il rapporto processuale
cognitivo ed il giudice dell'esecuzione assume la veste di giudice istrut
tore, se competente, nel processo di cognizione insorto. Le disposizioni
sopra ricordate prevedono, infatti, che il giudice provvede, se compe tente all'istruzione della causa, rinviando agli art. 170 ss., con esclusio
ne, quindi, della disciplina di introduzione della causa, nel processo ordinario di cognizione, di cui agli art. 163-171 c.p.c. e in particolare della norma dell'art. 168, che dispone l'iscrizione della causa a ruolo
ed il modo della sua effettuazione.
In giurisprudenza, in senso conforme, Cass. 9 luglio 1957, n. 2716,
Foro it., Rep. 1957, voce Procedimento civile, n. 235, che con riguardo ad un giudizio di opposizione agli atti esecutivi ha ritenuto che la costi
tuzione avviene con il deposito del ricorso e non è necessaria l'istanza
di iscrizione a ruolo onde, in caso di mancata comparizione di tutte
le parti alla prima udienza, trova applicazione la disposizione dell'art.
181 c.p.c., che fa obbligo al giudice di fissare un'udienza successiva,
di cui il cancelliere deve dare comunicazione alle parti costituite; Cass.
8 ottobre 1970, n. 1897, id., Rep. 1971, voce cit., n. 257, che, sempre
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