sezione lavoro; sentenza 4 giugno 1991, n. 6296; Pres. Benanti, Est. Nardino, P.M. Golia (concl.conf.); Cantatore (Avv. Caforio) c. Min. tesoro (Avv. dello Stato Criscuoli). Conferma Trib.Lecce 30 gennaio 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2753/2754-2757/2758Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185668 .
Accessed: 28/06/2014 18:45
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 18:45:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
spogliato non solo del possesso dell'appartamento, bensì anche
di quello degli effetti personali; che nella specie sussisteva l'ani
mus spoliandi; che era stato confuso lo ius possidendi con lo
ius possessionis; che era rilevante l'abbandono dell'abitazione, che si era verificato in modo saltuario e senza che egli ne di
smettesse l'uso.
Si costituiva la Di Marzio, chiedendo il rigetto del gravame. Con sentenza 2 maggio - 7 luglio 1986 il Tribunale di Pescara
respingeva l'appello, confermando la pronuncia pretorile. Sot
tolineava il tribunale che il Travaglini, lamentando nei motivi
di appello che la moglie, cambiando la serratura della porta e impedendogli di entrare, non gli aveva consentito di riprende re gli effetti personali, aveva mutato la causa petendi, poiché inizialmente egli aveva lamentato lo spoglio con riferimento al
l'abitazione e non agli effetti personali nella stessa contenuti.
Il giudice dell'appello poneva, inoltre, in evidenza che il prov vedimento del presidente del tribunale non doveva essere ese
guito coattivamente per la semplice ragione che il Travaglini, allorché quel provvedimento venne emesso, aveva già lasciato
volontariamente l'appartamento. Ha proposto ricorso per cassazione il Travaglini base di due
motivi. Resiste con controricorso la Di Marzio.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando
«violazione e falsa applicazione degli art. 155, 1140 ss. c.c., nonché dell'art. 1168 stesso codice. Omessa e insufficiente mo
tivazione. Omesso esame di fatti decisivi», il ricorrente sostiene
che i giudici del merito hanno erroneamente ritenuto che egli, andando via di casa, avesse dismesso il possesso e che il provve dimento temporaneo di attribuzione della casa coniugale alla
moglie, emesso dal presidente del tribunale, autorizzare costei
ad espellerlo di casa.
Il marito, infatti, qualora, come nella specie, la casa coniuga le di sua proprietà sia attribuita iussu iudicis alla moglie, ne
conserva e mantiene il possesso, segnatamente quando continui
a tenervi beni mobili di sua pertinenza, spettando alla moglie solo il ruolo di detentrice dell'immobile nomine alieno.
Con il secondo motivo, denunciando «violazione e falsa ap
plicazione delle stesse norme di cui al motivo precedente. Omesso
esame di fatti decisivi», il ricorrente deduce che i giudici del
merito hanno del tutto trascurato che egli era l'unico proprieta rio della casa coniugale; che il provvedimento presidenziale di
attribuzione della casa alla Di Marzio era meramente tempora neo e provvisorio e, quindi, suscettibile di modifica o di revoca;
che la mancata dismissione del possesso da parte sua era com
provata dalla precaria sistemazione in una roulotte, dall'avere
egli mantenuto nell'immobile tutti i suoi oggetti ed effetti per
sonali, dal fatto (ammesso dalla stessa Di Marzio) che egli sole
va recarsi quotidianamente in casa per ivi provvedere alle pro
prie necessità.
Avendo, dunque, la Di Marzio sovvertito consapevolmente
tale situazione possessoria, non occorreva altro per ritenere la
sussistenza dell'animus spoliandi, tanto più che ella non poteva
dare direttamente e personalmente esecuzione al provvedimento
presidenziale, ma solo chiederne l'esecuzione nei modi e con
le forme previste dal codice di procedura civile.
I due motivi vanno congiuntamente esaminati per la loro stretta
connessione.
Essi non sono fondati. Pur presentando delle inesattezze nel
la motivazione, non potendo ritenersi proposta in appello alcu
na domanda nuova (giacché nello stesso ricorso possessorio il
Travaglini lamentò che la sostituzione della serratura gli aveva
impedito di entrare in casa per riprendere gli effetti personali),
né condividersi la qualificazione che è stata data al godimento
dell'immobile da parte della Di Marzio, cui, infatti, non è stato
attribuito il possesso della casa coniugale, ma soltanto un dirit
to personale di abitare nella casa stessa, la sentenza d'appello
è sostanzialmente corretta per le fondamentali affermazioni del
le ritrosia nel parlare aWextraneus di vicende del tutto personali e quan do a questo si somma l'eventuale mancata comparizione del coniuge convenuto si comprende quanto sia indefinito e labile il quadro degli elementi sui quali il presidente è chiamato a regolamentare la vita di
una famiglia»). Comunque, l'inserimento di una clausola siffatta, di
volta in volta adattata alle circostanze del caso, impedirebbe che, di
fronte all'ordinanza presidenziale di assegnazione della casa coniugale, il pensiero vada all'interdictio aquae et ignis di romana memoria. [F.
Caso]
Il Foro Italiano — 1991.
l'assenza, nella Di Marzio, dell'animus spoliandi e dello spoglio materiale da sanzionare.
Non rileva, invero, l'appartenenza del bene al coniuge non
assegnatario, né la conservazione del diritto al possesso da par te dello stesso, dovendo la controversia essere risolta sulla base
del titolo scaturito a favore della Di Marzio (e dei figli) dall'as
segnazione della casa coniugale, disposta, nel giudizio di sepa razione personale dei coniugi, con ordinanza presidenziale ai
sensi dell'art. 708 c.p.c. Tale assegnazione, che può farsi rientrare nell'obbligo di man
tenimento che fa capo all'altro coniuge, secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza conferisce, come si è accennato, un
diritto personale di abitazione (v. sent. 31 gennaio 1986, n. 624
e 16 ottobre 1985 n. 5082, Foro it., 1986, I, 1317). Titolare di questo diritto, il coniuge assegnatario può eserci
tare tutte le facoltà in esso comprese (non esclusa quella di cam
biare, all'occorrenza, serratura alla porta d'ingresso), senza che
ciò possa significare offesa alle ragioni del coniuge non asse
gnatario, che sono state già oggetto di valutazione da parte del
presidente del tribunale ai fini, appunto, dell'emissione dei prov vedimenti temporanei e urgenti di sua competenza.
Ne consegue che non può dirsi realizzata, nel caso di specie, alcuna privazione del possesso ai danni del Travaglini.
Correttamente i giudici del merito hanno escluso che ricorres
sero gli elementi costitutivi dello spoglio: il godimento della ca
sa ex coniugale, risulta, infatti, interdetto al Travaglini non già in conseguenza di un atto di privazione o menomazione grave, violento o occulto, del possesso, posto in essere dalla Di Marzio
con l'animo di alterare lo stato preesistente in pregiudizio del
coniuge, bensì come effetto dell'attribuzione del diritto di abi
tazione, comportante l'esclusione dell'altro coniuge dal go dimento.
Né può ritenersi sussistere lo spoglio, per la mancata esecu
zione dell'ordinanza presidenziale, avendo sul punto il tribunale
a ragione precisato che l'ordinanza non doveva essere eseguita coattivamente contro il Travaglini, che già volontariamente ne
aveva adempiuto il disposto.
Quanto, infine, agli effetti personali, correttamente il giudice
d'appello ha osservato che il Travaglini avrebbe potuto ritirarli
con le modalità e gli accordi del caso, escludendo che la presen za di beni strettamente personali nella casa ex coniugale lo abi
litasse a frequentare l'abitazione.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 4 giugno
1991, n. 6296; Pres. Benanti, Est. Naadino, P.M. Golia
(conci, conf.); Cantatore (Aw. Caforio) c. Min. tesoro (Aw.
dello Stato Criscuoli). Conferma Trìb. Lecce 30 gennaio 1986.
Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendenti dei soppressi
enti mutualistici transitati alle Usi — Fondi previdenziali in
tegrativi — Restituzione dei contributi — Esclusione (L. 7
febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi
dei lavoratori ai fini previdenziali, art. 2, 6, 8; d.p.r. 20 di
cembre 1979 n. 761, stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali, art. 74, 75, 76).
Il dipendente del soppresso Inam, transitato alla Usi, non op
tante per il mantenimento della posizione assicurativa presso
l'Inps, non ha diritto alla restituzione dei contributi versati
al fondo integrativo di previdenza costituito presso l'ente di
provenienza, in assenza di una specifica disposizione di legge
che attribuisca tale preteso diritto. (1)
(1) La Cassazione conferma l'indirizzo indicato con recenti decisioni
della medesima sezione lavoro (v. sent. 11650, 11649 e 11648 del 1990,
pronunziate nell'udienza del 21 dicembre 1989 e pubblicate il 4 dicem
bre 1990: le prime due in Foro it., Rep. 1990, voce Sanitario, nn. 210,
209, e la terza, id., 1991, I, 62, con nota di richiami e osservazioni
This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 18:45:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2755 PARTE PRIMA 2756
Svolgimento del processo. — Con ricorso 19 aprile 1984 Can
tatore Benedetto, premesso di essere stato dipendente del sop
presso Inam e di essere stato assegnato, ai sensi del d.p.r. 761/79, ad unità sanitaria locale della provincia di Taranto, conveniva
innanzi al pretore di quella città il ministero del tesoro, ufficio
liquidazioni, per sentirlo condannare al pagamento della som
ma di lire 3.587.220, oltre rivalutazione monetaria e di interes
si, a titolo di indennità una tantum prevista dall'art. 32, punto
b), del regolamento per il trattamento di previdenza e quiescen za dei dipendenti Inam.
Il ministero convenuto, costituitosi in giudizio, eccepiva pre liminarmente che la domanda andava proposta nei confronti
della cassa per i dipendenti degli enti locali (Cpdel), cui i contri
buti versati (dall'Inani e dai dipendenti) al fondo integrativo di previdenza dovevano essere trasferiti ai sensi del 3° comma
dell'art. 74 d.p.r. 761/73; in subordine eccepiva il difetto di
giurisdizione del giudice adito; in linea ancor più gradata dedu
ceva che l'indennità una tantum spettava solo agli impiegati ces
sati dal servizio senza diritto a pensione, tra i quali non poteva annoverarsi il ricorrente, il cui rapporto di lavoro era prosegui to alle dipendenze di altro ente pubblico.
Il pretore adito, dopo avere disposto la chiamata in causa
della Cpdel (rimasta contumace), con sentenza del 12 marzo
1985 accoglieva la domanda e, per l'effetto, condannava il mi
nistero del tesoro a pagare al Cantatore la somma di lire
3.499.860, oltre gli interessi legali e spese del giudizio. Avverso tale sentenza il ministero del tesoro e la cassa pen
sioni dipendenti enti locali proponevano rituale appello, al qua le resisteva il Cantatore.
Con sentenza del 30 gennaio 1986 il Tribunale di Lecce, in
totale riforma della decisione impugnata, rigettava la domanda
attrice con compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
(Omissis) Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo il ricor
rente, enunciando «erronea motivazione», censura l'impugnata sentenza sul punto in cui afferma che «i fondi integrativi avreb
bero la funzione di garantire un trattamento integrativo diver
so» agli ex dipendenti dell'Inam transitati alle Usi, il cui rap
porto d'impiego è interamente regolato dal d.p.r. 761/79. Ad
avviso del Cantatore, «tale diversità non sussiste, atteso che i
dipendenti del servizio sanitario nazionale hanno all'atto del pen sionamento la pensione conteggiata con lo stesso criterio che
la Cpdel attua per tutti i dipendenti degli enti locali», di talché
«allo stato la Cpdel incassa per ogni dipendente due contribu
zioni (contributi Inps e contributi del fondo integrativo) per ero
gare una sola pensione».
di G. Albenzio, e sent. 11651/91, pronunziata in udienza successiva a quella della sentenza in epigrafe, il 10 aprile 1990, ma pubblicata anch'essa il 4 dicembre 1990), ribadendone pressoché integralmente l'am
pia ed esaustiva motivazione (la cui pubblicazione, infatti, è stata omes sa nelle parti comuni a quella della sent. 11648/91, cit.).
Si dovrebbe considerare, quindi, definitivamente risolta la questione oggetto del giudizio ed attendersi che il giudice amministrativo (cui com
pete, com'è noto e richiamato nelle sentenze sopra citate, la giurisdizio ne in materia) si uniformi a tale indirizzo nonostante la funzione nomo filattica della Corte di cassazione (sulla quale v. la nota di O. Fanelli, La funzione nomofilattica della Corte di cassazione, id., 1988, I, 3302) sia stata esercitata in materia sottratta alla giurisdizione del giudice or dinario (v., da ultimo, Cass. 20 febbraio 1991, n. 1791, id., Mass., 172), ma pur sempre in consapevole pienezza di poteri, essendo passata in giudicato, per mancata impugnazione, la pronunzia sul punto da
parte del giudice a quo. Invero, la Cassazione ha valutato e compiutamente criticato nelle sue
sentenze anche le ragioni poste dalla minoritaria giurisprudenza ammi nistrativa a fondamento delle decisioni (citate in motivazione) che, con traddicendo in buona sostanza a quanto dedotto, da ultimo, dallo stes so Consiglio di Stato nel parere 15 ottobre 1985, n. 1291 (che si ritiene
opportuno riportare nella parte terza di questo fascicolo per evidenziar ne la coerenza con le motivazioni sviluppate dalla Cassazione nelle sue concordi pronunzie in argomento), avevano affermato il diritto dei di
pendenti dei disciolti enti mutualistici alla restituzione dei contributi in parola facendo leva riduttivamente sulla mancanza di causa nell'at tribuzione alla Cpdel dei contributi versati dai dipendenti e tralasciando
ogni valutazione della lettera e della ratio delle norme in materia, evi denziata dalla Cassazione, nonché dei maggiori vantaggi derivanti dal trattamento pensionistico erogato dalla Cpdel rispetto a quello dell'Inps e per contro dell'obbligo sancito dal citato parere Cons. Stato 1291/85
(regolarmente osservato) a carico del ministero del tesoro di trasferire in favore delle casse pensioni interessate tutti i contributi versati dai
dipendenti nei fondi integrativi di provenienza.
Il Foro Italiano — 1991.
Analogo profilo di doglianza viene dedotto con il secondo
mezzo, con il quale si addebita al tribunale «violazione e falsa
applicazione di norma di diritto (in particolare della norma di
cui all'art. 2041 c.c.)», ulteriormente rilevandosi che «indebita
mente il ministero del tesoro - ufficio liquidazione enti soppres si trattiene le somme facenti parte del fondo», che per i motivi
suesposti non hanno «alcun'altra destinazione».
2. - Il ricorso, assegnato alle sezioni unite civili di questa cor
te per l'eventuale pronuncia in ordine alla giurisdizione, è stato
rimesso alla sezione lavoro, a norma dell'art. 142 disp. att. c.p.c., con ordinanza n. 609 del 10 novembre 1989, sul rilievo che la
pronuncia esplicita del giudice di appello in ordine alla (ritenu
ta) competenza giurisdizionale del giudice ordinario, non impu
gnata ritualmente dal ministero del tesoro né dalla Cpdel, era
passata in giudicato, sicché non si rendeva applicabile alla pre sente fattispecie il principio della rilevabilità di ufficio del difet
to di giurisdizione in ogni stato e grado del processo, dovendosi
tale principio coordinare con il sistema delle impugnazioni. 3. - Ciò premesso e passando all'esame del primo motivo del
ricorso, va innanzi tutto rilevata l'inammissibilità di una generi ca censura di «erronea motivazione» ove si tratti — come nella
specie — di dare corretta interpretazione alle norme di legge
(art. 74 e 75 d.p.r. 761/79) alla stregua delle quali deve essere
decisa la questione di merito che forma oggetto della controversia.
Il collegio deve, pertanto, limitarsi a verificare se l'impugnata sentenza risulti conforme a diritto, eventualmente integrandone e correggendone la motivazione. E non v'è dubbio che il Tribu
nale di Lecce ha dato ineccepibile soluzione al problema giuri dico sottoposto al suo esame, come risulta dalle considerazioni
che seguono, in gran parte desunte da precedenti pronunzie di
questa sezione (adottate all'udienza del 21 dicembre 1989-aula
B) in fattispecie sostanzialmente identiche alla presente. La questione relativa al diritto dei dipendenti dei disciolti enti
mutualistici, transitati alle Usi ope legis, di ottenere la retribu
zione dei contributi versati ai fondi integrativi di previdenza
gestiti dagli enti di provenienza, ha dato luogo a contrastanti
decisioni da parte dei giudici di merito e dei giudici amministra
tivi, ai quali compete, secondo il costante indirizzo delle sezioni
unite di questa corte (cfr., da ultimo, le sentenze 413/87, Foro
it., 1988,1, 2676; 2805/87, id., Rep. 1987, voce Impiegato dello
Stato, n. 1297; 36/87, ibid., n. 1263; 6113/87, ibid., voce Edili zia e urbanistica, n. 316; 3576/89, id., Rep. 1989, voce Previ
denza sociale, n. 938), la giurisdizione in materia. (Omissis)
Ritiene, in conclusione, la corte che la scelta, imposta dagli art. 74 e 75 d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 762 al personale già
dipendente dai disciolti enti mutualistici trasferito alle Usi, tra
l'iscrizione obbligatoria alla Cpdel, ai fini del trattamento di
quiescenza, ed il mantenimento della precedente posizione assi
curativa costituita nell'ambito dell'assicurazione generale obbli
gatoria e dei fondi integrativi di previdenza, comporti l'irrever
sibile ed integrale assoggettamento di ciascun lavoratore all'uno
e l'altro regime. Il mancato esercizio, entro il termine prescrit
to, della facoltà di opzione prevista dal citato art. 75 determina
il definitivo abbandono della posizione assicurativa presso l'en
te di provenienza, con la conseguente impossibilità di ottenere
una qualsiasi prestazione o di avanzare pretese comunque fon
date sulla disciplina legale e regolamentare del pregresso trat
tamento.
La domanda del Cantatore, diretta ad ottenere il pagamento di una delle componenti dell'indennità una tantum erogata
dall'(ora soppresso) Inam a norma dell'art. 32 del regolamento di previdenza e quiescenza del personale di detto ente, avrebbe
potuto trovare accoglimento solo in presenza di una specifica
disposizione di legge che avesse attribuito ai dipendenti trasferi
ti alle Usi il diritto alla parziale percezione di detta indennità
sotto forma di restituzione dei contributi versati dal fondo di
previdenza integrativa, in analogia a quanto previsto dall'art.
76, 5° comma, d.p.r. 761/79 (il quale espressamente prescrive la corresponsione «al personale interessato» della «eventuale ec
cedenza» tra l'importo versato dall'ufficio liquidazioni all'Ina
del per l'indennità di anzianità maturata e «l'importo teorico»
dell'indennità premio di servizio calcolata dall'Inadel in relazio
ne alla posizione giuridica ed economica di ciascun dipendente alla data d'iscrizione a quest'ultimo ente). Ma una simile nor
ma — come si è ampiamente dimostrato — non esiste nella
disciplina regolatrice del trasferimento alle Usi e dello stato giù
This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 18:45:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ridico del personale in questione; e la mancanza di siffatta pre visione corrisponde, ad avviso della corte, ad una precisa vo
lontà del legislatore: invero, il disegno di legge n. 2021 del 1982
(che introduce la facoltà di chiedere la restituzione dei contribu ti versati ai fondi di previdenza integrativa costituiti presso l'en te di provenienza) non ha ottenuto — come puntualmente rile va l'impugnata sentenza — l'approvazione del parlamento; né
può trascurarsi la significativa circostanza che neppure la 1. 27
ottobre 1988 n. 482, contenente la «disciplina del trattamento di quiescenza e di previdenza del personale degli enti soppressi trasferito alle regioni, agli enti pubblici ed alle amministrazioni
dello Stato» (disciplina modellata su quella di cui ai citati art. 74 e 75 d.p.r. 761/79), attribuisce al suddetto personale il dirit
to alla restituzione dei contributi di cui trattasi.
Tali rilievi confermano l'esattezza della soluzione accolta dal
Tribunale di Lecce e convalidante ulteriormente il convincimen
to che l'intera contribuzione versata sia all'Inps che al fondo
integrativo durante il pregresso rapporto d'impiego con l'Inam
deve essere trasferita — per la parte di rispettiva competenza — alla Cpdel ed all'Inadel per essere utilizzata ai fini della futu ra erogazione dei nuovi trattamenti di quiescenza e di previden za del personale passato alle dipendenze delle Usi, sicché non
residuano somme asseritamente «prive di destinazione» e «ille
gittimamente trattenute» dall'ufficio liquidazioni del ministero
del tesoro.
Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso è sufficiente
osservare che le censure con esse dedotte (peraltro, superate dalle
suesposte considerazioni) sono palesemente inammissibili sia per la contraddittorietà della loro formulazione (il ricorrente sostie
ne che la Cpdel si sarebbe arricchita senza causa per avere «in
camerato una doppia contribuzione» ed afferma al tempo stes
so che l'ufficio liquidazione «indebitamente... trattiene le som
me facenti parte del fondo...»), sia perché la disposizione dell'art.
2041 c.c. (di cui si lamenta la violazione) non risulta invocata
a sostegno della pretesa del Cantatore (fondata su una causa
petendi totalmente diversa) né la questione irritualmente propo sta in sede di legittimità con il mezzo in esame risulta prospetta ta e dibattuta nei gradi di merito del giudizio.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 mag
gio 1991, n. 5906; Pres. Benanti, Est. M. De Luca, P.M.
Leo (conci, conf.); Inps (Avv. Pansarella, Boer, Cantari
ni) c. D'Orso (Avv. Teresi) e Soc. Sepsa (Avv. Bllotta).
Conferma Trib. Napoli 22 settembre 1988.
Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Contributi previ denziali — Sgravi contributivi — Concessionario di pubblici servizi in regime di monopolio — Applicabilità (D.l. 3 aprile 1985 n. 114, provvedimenti in favore della popolazione di
Zafferana Etnea ed altre disposizioni in materia di calamità
naturali, art. 4; 1. 30 maggio 1985 n. 211, conversione in leg
ge, con modificazioni, del d.l. 3 aprile 1985 n. 114, art. 1).
Il beneficio degli sgravi contributivi, previsto dall'art. 4, com
ma 1 septies, d.l. 3 aprile 1985 n. 114, convertito, con modi
ficazioni, in l. 30 maggio 1985 n. 211, si applica anche ai dipendenti di concessionario di pubblici servizi, ancorché questi eserciti la propria attività in regime di monopolio. (1)
(1-3) In materia di sgravi contributivi, e di individuazione delle im
prese ammesse a godere del beneficio in questione, v., da ultimo, Corte cost. 5 dicembre 1990, n. 536, Cass. 2 marzo 1991, n. 2209, in questo fascicolo, I, 2676, con nota di richiami, e Corte cost. 26 ottobre 1990, n. 497, Foro it., 1991, I, 1689, con nota di M. De Luca.
Con riferimento alla prima massima, v., in termini, Cass. 15 maggio 1991, n. 5422, inedita, e 6 maggio 1991, n. 4956, id., Mass., 420.
Il Foro Italiano — 1991.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 mag
gio 1991, n. 5660; Pres. Onnis, Est. Ravagnani, P.M. Si meone (conci, conf.); Inps (Avv. De Angelis, Romoli, Sala
fia) c. Soc. Nuova Cimi-Montubi (Avv. Crialese). Confer ma Trib. Milano 21 giugno 1989.
Previdenza sociale — Contributi previdenziali — Sgravi contri
butivi — Imprese operanti nel Mezzogiorno — Dipendenti residenti e reclutati — Necessità — Esclusione (D.l. 30 agosto 1968 n. 918, provvidenze creditizie, agevolazioni fiscali e sgra vio di oneri sociali per favorire nuovi investimenti nei settori
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e nuove nor
me sui territori depressi del centro-nord, sulla ricerca scienti
fica e tecnologica e sulle ferrovie dello Stato, art. 18; 1. 25
ottobre 1968 n. 1089, conversione in legge, con modificazio
ni, del d.l. 30 agosto 1968 n. 918, art. 1).
Il beneficio degli sgravi contributivi, previsto dall'art. 18 d.l.
30 agosto 1968 n. 918, convertito, con modificazioni, in l.
25 ottobre 1968 n. 1089, si applica, quanto agli sgravi di cui
al 3° comma, in relazione ai lavoratori dipendenti di imprese aventi sede nei territori del Mezzogiorno, e quanto a quelli
previsti dal 4° comma, in relazione ai dipendenti assunti do
po il termine previsto dalla legge in misura superiore al nu
mero complessivo dei lavoratori già occupati dall'impresa nei
medesimi rapporti, indipendentemente perciò dalla residenza o dal reclutamento di tali lavoratori nei territori interessati. (2)
III
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 dicem
bre 1990, n. 11926; Pres. Menichino, Est. Pontrandolfi, P.M. Dettori (conci, conf.); Soc. cooperativa Cappa (Avv.
Natali) c. Inps (Avv. De Angelis). Conferma Trib. Catania 29 gennaio 1988.
Previdenza sociale — Contributi previdenziali — Sgravi contri butivi — Individuazione delle imprese beneficiarie — Società
cooperative di lavoro — Esclusione (D.l. 30 agosto 1968 n.
918, art. 18; 1. 25 ottobre 1968 n. 1089, art. 1).
Il beneficio dello sgravio dei contributi previdenziali previsto dall'art. 18 d.l. 30 agosto 1968 n. 918, convertito, con modi
ficazioni, in l. 25 ottobre 1968 n. 1089, non si applica in
relazione ai soci lavoratori di società cooperative di lavoro, essendo per essi esclusa la contribuzione per l'assicurazione
obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. (3)
L'applicabilità del beneficio previsto dall'art. 18 d.l. 918/68, conver tito in 1. 1089/68, relativamente ai dipendenti delle aziende esercenti
pubblici servizi di trasporto, era stata viceversa affermata da Cass. 4 dicembre 1989, n. 5328, id., Rep. 1989, voce Previdenza sociale, n. 419.
Per l'applicabilità del beneficio previsto dall'art. 4, comma 1 septies, d.l. 114/85, convertito in 1. 211/85, ai soli soggetti in rapporto di lavo ro subordinato e non quindi al personale comunale, v. Tar Campania, sez. II, 28 aprile 1989, n. 134, ibid., voce Calamità pubbliche, n. 32, che ha dichiarato altresì manifestamente infondata la relativa questione di costituzionalità in riferimento all'art. 3 Cost.
In ordine al problema affrontato e risolto con la decisione di cui alla seconda massima, v. Pret. Catania 28 gennaio 1988, ibid., voce Previdenza sociale, n. 450, che ha dichiarato inapplicabile il beneficio
degli sgravi allorché resti complessivamente immutato il numero del per sonale complessivamente occupato nella struttura aziendale, anche nel
l'ipotesi di estinzione dei pregressi rapporti di lavoro con costituzione di nuovi rapporti di lavoro con gli operai licenziati.
Con riferimento alla terza massima, v., in termini, Cass. 25 ottobre
1989, n. 4371, id., Rep. 1990, voce cit., n. 360; Pret. Matera 14 feb braio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 447; Trib. Potenza 4 gennaio 1989, ibid., n. 443; 14 ottobre 1988, n. 5571, id., Rep. 1990, voce cit., n. 487, commentata da Todaro, Rapporti di lavoro stabili e sgravi con
tributivi, in Giur. it., 1990, I, 1, 463; sez. un. 14 ottobre 1988, n. 5570, Foro it., 1989, I, 2562, con nota di richiami.
Il rapporto tra l'attività interpretativa che definisce l'ambito di appli cazione delle disposizioni che riconoscono il beneficio degli sgravi con tributivi e l'art. 81, 4° comma, Cost, aveva anche in precedenza mosso la Corte di cassazione, come avviene ora con la decisione di cui alla
quinta massima, a ritenere manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle disposizioni interpretate: cfr. Cass. 23 maggio 1989, n. 2469, id., Rep. 1989, voce cit., n. 421; 11 ottobre 1986, n. 5968,
This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 18:45:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions