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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; setenza 22 dicembre 1987, n....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione lavoro; setenza 22 dicembre 1987, n. 9530; Pres. Zappulli, Est. D'Alberto, P.M. Cecere (concl. conf.); De Vita (Avv. Caravita di Toritto) c. Cassa di risparmio di Roma (Avv. Scognamiglio). Conferma Trib. Roma 29 ottobre 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1911/1912-1915/1916 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181324 . Accessed: 24/06/2014 22:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Tue, 24 Jun 2014 22:46:14 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; setenza 22 dicembre 1987, n. 9530; Pres. Zappulli, Est. D'Alberto, P.M. Cecere(concl. conf.); De Vita (Avv. Caravita di Toritto) c. Cassa di risparmio di Roma (Avv.Scognamiglio). Conferma Trib. Roma 29 ottobre 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1911/1912-1915/1916Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181324 .

Accessed: 24/06/2014 22:46

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1911 PARTE PRIMA 1912

All'udienza di discussione del 6 gennaio 1978 previa riunione

delle cause e precisazione delle conclusioni in ordine ai conteggi

esposti, veniva discussa oralmente la causa e veniva decisa me

diante unica sentenza di accoglimento delle domande attrici.

Contro le due distinte sentenze la società Italia di navigazione e la società Lloyd triestino proponevano tempestivi appelli.

Gli appellati si costituivano a loro volta, resistendo alle impu

gnazioni avversarie e chiedendo, con appello incidentale, che le

due predette società fossero condannate al pagamento degli inte

ressi sulle somme rivalutate.

Il Tribunale di Genova, con sentenza 26 novembre 1979 respin

geva l'appello principale e accoglieva quello incidentale. (Omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). Infondato è invece il se

condo mezzo. La motivazione della sentenza pur nella sua sinteti

cità è corretta. Ai fini della decisione occorre stabilire se, nella

specie, il rapporto di lavoro, tra marittimo «in regime di conti

nuità» ed impresa di navigazione, possa essere qualificato, anche

durante l'intervallo inoperoso tra ciascuno sbarco e l'imbarco im

mediatamente successivo, come rapporto speciale di lavoro ma

rittimo oppure come rapporto di lavoro comune.

Solo nel primo caso, infatti, troverebbe applicazione la disci

plina speciale, in tema di prescrizione dei crediti di lavoro marit

timo (art. 373 c. nav.). Ora connotato essenziale del rapporto speciale di lavoro marit

timo — come questa corte ha già avuto occasione di affermare

(vedi le sentenze n. 1900 del 15 luglio 1964, Foro it., 1964, I, 1338 e n. 3379 del 6 giugno 1985, id., Rep. 1985, voce Lavoro

(rapporto), n. 632) — è la destinazione della prestazione lavorati

va, che forma oggetto del rapporto, al «servizio della nave».

E tale connotato indubbiamente, ricorre nelle prestazioni lavo

rative durante il periodo d'imbarco.

La qualificazione giuridica, che ne discende, di rapporto spe ciale di lavoro marittimo si estende, ad avviso della corte, anche

all'intervallo inoperoso tra ciascun sbarco e l'imbarco immedia

tamente successivo del marittimo «in regime di continuità».

Infatti, il rapporto di lavoro tra marittimo ed impresa di navi

gazione — che, per quanto si è detto, permane durante l'interval

lo inoperoso — non può ritenersi finalizzato, in difetto di qualsiasi

prestazione lavorativa, ad attività dell'impresa diverse dal «servi

zio della nave» (quali, a titolo di esempio, le attività prese in

considrazione nella giurisprudenza da ultimo citata). Ne consegue che, durante l'intervallo inoperoso, il rapporto

di lavoro non può che conservare la stessa qualificazione giuridi ca (di rapporto speciale di lavoro marittimo) del pregresso perio do d'imbarco. Del resto, è quel che accade, in genere, nelle ipotesi di sospensione della prestazione lavorativa in pendenza del rap

porto di lavoro.

In tali casi, infatti, può subire, bensì modifiche il trattamento

economico e, in genere, il regime del rapporto, ma ne rimane

immutata, tuttavia, la natura giuridica. Né rileva, in contrario, la circostanza che, durante la sospen

sione della prestazione lavorativa, la retribuzione diretta, oltre

a subire riduzioni, possa essere sostituita, come nella specie, da

prestazioni previdenziali.

Esemplare, a tale proposito, risulta, infatti, la sospensione del

rapporto di lavoro — che permane, tuttavia, in una «situazione

di quiescenza» — con diritto del lavoratore alle integrazioni sala

riali, in sostituzione della retribuzione diretta.

Pertanto, anche nell'intervallo inoperoso tra ciascuno sbarco

e l'imbarco immediatamente successivo, il rapporto di lavoro del

l'impresa di navigazione con il marittimo «in regime di continui

tà» conserva la natura di rapporto speciale di lavoro marittimo

e, come tale, è soggetto alla disciplina speciale (anche) in tema

di prescrizione (373 c. nav.). Ne consegue che il previsto termine prescrizionale decorre sol

tanto dalla cessazione del rapporto di lavoro marittimo «in regi me di continuità», che coincide con la cancellazione del marittimo

dai c.d. «turni particolari».

Consegue a quanto esposto l'accoglimento del primo e del ter

zo motivo del ricorso ed il rigetto del secondo, la cassazione della

sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti ed il rinvio al

Tribunale di Chiavari per nuovo esame dell'appello.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; setenza 22 dicembre

1987, n. 9530; Pres. Zappuili, Est. D'Alberto, P.M. Cecere

(conci, conf.); De Vita (Avv. Cara vita di Toritto) c. Cassa

di risparmio di Roma (Avv. Scognamiglio). Conferma Trib.

Roma 29 ottobre 1983.

Lavoro (rapporto) — Casse di risparmio — Promozione per scel

ta — Violazione dei criteri — Diritto alla promozione — Insus

sistenza (Cost., art. 97; cod. civ., art. 1175, 1375).

È correttamente motivata la sentenza del giudice di merito che

abbia considerato inammissibile la domanda di un lavoratore

dipendente da una cassa di risparmio diretta all'accertamento

del diritto alla promozione a dirigente, sul presupposto della

violazione da parte del datore di lavoro dei criteri di scelta

nell'ambito di una procedura promotiva, posto che il sindacato

giudiziale non può che sfociare — senza alcuna possibilità per

il giudice di sostituirsi all'ente pubblico nel compimento delle

operazioni di scelta — nell'eventuale pronuncia di nullità degli

atti relativi alle operazioni, in dipendenza dell'inosservanza delle

norme procedimentali, ovvero nel rimedio risarcitorio in dipen

denza dell'accertato illecito contrattuale. (1)

Svolgimento del processo. - Con ricorso al Pretore di Roma,

in data 5 luglio 1974, Manlio De Vita, dipendente della Cassa

di risparmio di Roma, quale funzionario, assumeva che la detta

cassa, propria datrice di lavoro fin dall'anno 1967, aveva ingiu

stamente sacrificato i suoi interessi di carriera, in occasione delle

promozioni, posponendolo ad altri colleghi, di lui pur meno me

ritevoli.

Il ricorrente soggiungeva che, in occasione delle successive pro

mozioni, del 1971 e del 1973, rispettivamente a funzionario di

1° grado e a dirigente, egli era stato ingiustamente escluso; soste

neva, quindi, l'illegittimità dei provvedimenti aziendali, perché

adottati in violazione dell'art. 56 del ccnl 16 dicembre 1953 (reso

obbligatorio erga omnes), sotto i profili seguenti; A) per la im

motivata preferenza attribuita al criterio della scelta anziché a

quello del concorso; B) per la mancata predeterminazione, in se

de di scelta dei provvedimenti, del punteggio dato ai singoli re

quisiti ed elementi di valutazione, così da permettere l'assoluta

imparzialità della scelta; C) per il ruolo preminente erroneamente

attribuito nella scelta dei promovendi al criterio della preparazio

ne culturale relativa al posto da ricoprire come da ammissione

della stessa cassa.

Tanto premesso, M. De Vita chiedeva l'accertamento del dirit

to all'inquadramento fra i dirigenti della Cassa di risparmio di

Roma, a far tempo dal 1972, ovvero, in subordine, dal 1974,

con tutte le coseguenze, anche economiche.

Nel costituirsi in giudizio, la convenuta cassa dichiarava che

— avendo frattanto De Vita proposto analogo ricorso, anche da

vanti al giudice amministrativo — essa aveva adito la Suprema corte di cassazione per il regolamento di giurisdizione; e ai sensi

del 1° comma dell'art. 367 c.p.c., il pretore sospendeva il processo. Con sentenza 6 febbraio 1978, n. 530 (Foro it., Rep. 1978,

voce Giurisdizione civile, n. 174), le sezioni unite della Corte su

prema dichiaravano la giurisdizione dell'a.g.o. Con ricorso in riassunzione del 7 marzo 1988, Manlio De Vita

chiedeva l'accoglimento dell'originaria domanda, della quale la

resistente cassa contestava la fondatezza, sostenendo la legittimi tà delle dedotte promozioni dei dipendenti effettuate con il siste

ma della scelta.

(1) La sentenza merita di essere segnalata in negativo per il «ritorno»

a prospettive ricostruttive che sembravano essere state abbandonate a se

guito della recente ed articolata presa di posizione di cui a Cass. 10 ago sto 1987, n. 6864, Foro it., 1987, I, 2990, con nota di O. Mazzotta, La Cassazione e i concorsi privati: cosa c'è dietro l'angolo?, alla quale si rinvia per i richiami (cui adde in dottrina: P. Tullini, Buona fede e correttezza nell'amministrazione del rapporto di lavoro (spunti per una

ricerca), in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1987, 870; C. Zoli, La tutela

delle posizioni «strumentali» del lavoratore. Dagli interessi legittimi all'u

so delle clausole generali, Milano, 1988, spec. cap. IV). Non resta che affidarsi alla speranza che si tratti di «vischiosità» adde

bitabili non tanto alla mancanza di informazione sull'esistenza del prece dente quanto ai tempi tecnici intercorrenti fra la deliberazione, risalente

all'ottobre 1986, e la pubblicazione di oltre un anno successiva. [O.

Mazzotta]

all'ottobre 1986, e la pubblicazione di oltre un anno successiva. [O.

Mazzotta]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'adito pretore, disposta l'esibizione, da parte della cassa, del

la documentazione concernente le contestate promozioni (da fun

zionario di I a dirigente di IV) deliberate nel 1973, rigettava la

domanda con sentenza 23 marzo-3 maggio 1982, la quale, a se

guito di appello proposto da M. De Vita e contrastato dalla cas

sa, era indi confermata dal Tribunale di Roma. Osservava, tra

l'altro, il giudice d'appello, nella sua sentenza 21 — 29 ottobre

1983: che in base all'art. 56 del ccnl 16 dicembre 1953 (reso effi

cace erga omnes con d.p.r. 2 gennaio 1962 n. 510), l'istituto di

credito ha la piena facoltà di decidere se la promozione debba

avvenire a scelta fra il personale oppure mediante concorso, e

che, «se la cassa preferisce la prima alternativa, pur essendo te

nuta per contratto a valutare determinati elementi, conserva, non

dimeno, un ampio margine di descrezionalità nella designazione dei promovendi»; che siffatta portata della indicata norma con

trattuale, esattamente delineata dal pretore, «non solo lascia, al

l'arbitrio dell'istituto la decisione sull'eventuale utilizzo del

concorso, consentendo, in alternativa, la promozione mediante

scelta (senza che, al riguardo, la preferenza della cassa per que

st'ultima via esiga anche solo una partenza di motivazione . . . ),

ma impone alla cassa, nell'atto della scelta . . . esclusivamente

l'apprezzamento di talune circostanze ed elementi, fra cui la pre

parazione culturale relativa al posto da coprire»; che non a caso

a M. De Vita, il quale «ebbe a dolersi dell'esclusione dalla pro

mozione, la direzione aziendale replicò che nella scelta del perso

nale da promuovere si era tunuto conto preminente di quella

preparazione culturale»; che l'esame concreto della documenta

zione inerente alle dedotte promozioni è stato esattamente repu

tato ininfluente dal primo giudice, non potendo, nel caso di specie,

il lavoratore ottenere la chiesta promozione «in via giudiziale»;

promozione che peraltro non è concepibile, si precisa, senza il

contraddittorio di tutti gli aspiranti alla promozione. Di questa sentenza M. De Vita chiede la cassazione per tre

motivi. La Cassa di risparmio di Roma resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — Con i tre mezzi di ricorso sono stati

ascritti al giudice di appello i seguenti errori:

I - Violazione e falsa applicazione dell'art. 56 del contratto

collettivo del settore, obbligatorio erga omnes, nonché omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo

della controversia (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), per avere addotto

una motivazione, che, trascritta in gran parte nel ricorso, non

ha, ad avviso di De Vita, «nemmeno bisogno di commenti», aven

do detto giudice pretermesso l'esame di situazioni particolari ve

nute ad essere nello specifico processo» ed essendo pervenuto

«persino a codificare . . . l'arbitrio . . . della p.a.»; e ciò senza

considerare, si soggiunse, che, in base al disposto dell'art. 56 del

citato ccnl, la scelta del sistema di promozione deve essere moti

vata, e che nella sentenza impugnata, inspiegabilmente, non sono

esaminati: A) «i fatti del 1967 (violazione dell'art. 60 del ccnl

del 16 dicembre 1963), che infirmarono la legittimità di tutte le

promozioni successive»; B) le sole promozioni del 1971, «del 2°

e 1° grado del ruolo funzionari»; C) le promozioni «a dirigente

di 4° grado del 1972, per le quali il De Vita . . . aveva la prepa razione culturale relativa al posto da capire».

II - Violazione e falsa applicazione degli art. 1175 e 1375 c.c.,

dell'art. 97 Cost., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione su un punto decisivo della vertenza, per non avere

il giudice a quo tenuto conto delle regole di correttezza e del

principio di buona fede dettati dai citati articoli del codice civile,

oltreché del buon andamento e della attività della p.a., sia «par

lando di arbitrio e di scelta insindacabile», sia facendo illegitti

mamente riferimento alla preparazione culturale come elemento

di valutazione necessariamente soggettiva e discrezionale, laddo

ve nella lettera del 24 gennaio 1974, inviata a M. De Vita la dire

zione generale della cassa dichiara che «particolare importanza

è stata attribuita ai titoli culturali intesi come complesso di requi

siti di preparazione e di attitudine a svolgere funzioni superiori»;

una volta adottato un metodo, si soggiunge, esso si deve applica

re a tutti i candidati e «gli elementi contrattuali presi in conside

razione . . . non possono essere stravolti nel loro significato

letterale».

Ili - Ancora violazione e falsa applicazione degli art. 1175 e

1375 c.c., violazione dell'art. 97 Cost., nonché «violazione e fal

sa applicazione dei poteri del giudice di lavoro, che può sostituir

si alle determinazioni della p.a.», in quanto nella impugnata

Il Foro Italiano — 1988.

sentenza si parla di contraddittorio con altri interessati, si affer

ma che l'inottemperanza della cassa avrebbe potuto determinare

soltanto il diritto del dipendente al risarcimento dei danni e si

nega «la possibilità che la posizione del dipendente che aspiri alla

promozione non assurga mai a diritto soggettivo»; e ciò senza

dire, si soggiunge, «che il De Vita, fra l'altro, aveva chiesto de

claratoria di illegittimità dell'operato della cassa».

I tre mezzi del ricorso — i quali, involgendo questioni connesse

e/o interdipendenti, possono essere congiuntamente esaminati an

che per organicità della trattazione — non meritano accogli mento.

Giova rimarcare, innanzi tutto, che, come è stato già accenna

to nella premessa narrativa, il suindicato contratto collettivo na

zionale di lavoro, relativo a norme sul trattamento economico

e normativo dei dirigenti e funzionari delle casse di risparmio,

reso efficace erga omnes dal d.p.r. n. 510 del 1962, conferisce

all'azienda, con l'art. 56, secondo l'inequivoca interpretazione da

tane dal giudice a quo nella parte motiva della sua sentenza, non

solo «a piena facoltà di decidere» se la promozione debba avve

nire a scelta fra il personale oppure mediante concorso — «senza

che, al riguardo, la preferenza della cassa per quest'ultima via

esiga anche solo una parvenza di motivazione, potendo, anzi es

sere manifestata per facta» — ma impone alla cassa, nell'atto

della scelta «(che è per definizione, attività autonoma ed infungi

bile di colui che è chiamato a scegliere), esclusivamente l'apprez

zamento di talune circostanze ed elementi, fra cui la preparazione

culturale . . . che è elemento di valutazione necessariamente sog

gettiva e discrezionale».

Ora, siffatto convincimento, esplicitato dal giudice di appello

negli articolati termini su trascritti, oltre a palesare l'insussistenza

degli errori di attività denunciati con il primo mezzo dell'impu

gnazione — risolvendosi le censure in esso proposte, correlativa

mente in inammissibili critiche frammentarie, in mere preposizioni

assertive nonché in non pertinenti deduzioni di elementi di fatto

privi di rilevanza — è da ritenere informato ad esatti criteri giuri

dici e, secondo quel che maggiormente rileva, rispondente, sia

a corretta interpretazione, sia a conseguente legittima applicazio

ne della clausola contrattuale dettata dal citato art. 56; del cui

testo non appare superfluo riportare qui l'essenziale contenuto,

costituito dal 3° e dal 4° comma, di per sé dimostrativi — per

le chiare espressioni letterali che li contraddistinguono — della

comune volontà delle organizzazioni contraenti in essi obicttiva

ta, siccome delineata nella inpugnata decisione:

. . . «Per le promozioni o i passaggi al grado o alla categoria

superiore, è in facoltà dell'istituto di stabilire, di volta in volta,

se le promozioni o i passaggi debbono avvenire mediante scelta

fra il personale in pianta stabile in possesso dei requisiti richiesti

per il posto da ricoprire oppure in seguito a concorso tra il perso

nale in servizio, secondo le norme dell'art. 4».

. . . «Agli effetti delle promozioni il merito è determinato, com

plessivamente, oltre che dalla qualifica, dai precedenti di carrie

ra, dai gradi ed uffici ricoperti, dall'anzianità di servizio, dai titoli di studio e dalla preparazione culturale relativa al posto da

coprire». Ciò posto, deve sottolinearsi in particolare che, come ha esat

tamente eccepito la controricorrente, nulla risulta specificamente dedotto nel ricorso circa l'errore che avrebbe commesso il giudice

a quo reputando che la cassa di risparmio può adottare a suo

criterio la procedura del concorso o quella della promozione a

scelta, quando la clausola contrattuale dice proprio cosi e nulla

peraltro dice circa un obbligo dell'istituto di motivare la sua deci

sione in un senso o nell'altro. (Omissis) Alla luce delle osservazioni esposte sin qui, le altre surriferite

critiche, mosse alla sentenza del giudice a quo con il secondo

ed il terzo mezzo, appaiono derivare, oltre che da una incompleta

e/o inesatta lettura delle ragioni in essa esplicitate, da un frain

tendimento dell'indirizzo giurisprudenziale, da anni costantemen

te espresso da questa Suprema corte, in ordine alle questioni in

esame nei seguenti termini di cui si dirà: indirizzo, dal quale non

sussiste valido motivo di dissentire e che non contrasta — essen

do ad esso, anzi, armonizzata — la stessa sentenza n. 3674/83

(id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1131) di questa sezio

ne, citata dal ricorrente nella sua memoria difensiva.

Innanzi tutto, nel rapporto d'impiego privato — al di fuori

di specifiche situazioni regolate dalla legge (art. 13 1. 300 del 1970) — non sussiste un diritto del dipendente alla carriera, e,

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1915 PARTE PRIMA 1916

in particolare, per la configurabilità di un diritto soggettivo per

fetto del dipendente di un ente pubblico economico alla promo zione a categoria, grado o classe superiore, è necessario che la

disciplina del relativo rapporto garantisca l'avanzamento come

effetto diretto ed immediato dell'accertato verificarsi di determi

nati presupposti di fatto, indipendentemente da ogni indagine va

lutativa da parte del datore di lavoro (v. Cass. 21 agosto 1982,

n. 4699, id., Rep. 1982, voce cit., n. 611; 27 luglio 1983, n. 5169,

id., Rep. 1983, voce cit., n. 1136; 5 agosto 1983, n. 5252, ibid.,

1134). E le sezioni unite di questa Suprema corte hanno più volte af

fermato che i provvedimenti degli enti pubblici economici in ma

teria di rapporto di lavoro configurano espressioni non di un potere

amministrativo, collegato con la tutela di superiori interessi di

ordine generale, ma di un potere privatistico, del tutto analogo

a quello spettante a qualsiasi imprenditore nel settore privato,

precisando che, qualora le scelte dell'ente pubblico economico

debbano avvenire nel preminente interesse dei lavoratori per la

soluzione di un conflitto di interessi fra più lavoratori aspiranti ad una promozione, da attuare mediante un meccanismo contrat

tuale, prevale la tecnica giuridica del rapporto e cioè una tecnica

caratterizzata dall'attribuzione alle parti di situazioni attive e pas sive pariteticamente contrapposte, nel cui ambito l'attività del da

tore di lavoro è concepita come oggetto di una obbligazione verso

il lavoratore in conflitto d'interessi con lui e con altri aspiranti alla promozione; in tali casi gli elementi della valutazione e della

discrezionalità sono connessi ai caratteri peculiari della prestazio ne dovuta, la quale consiste, tra l'altro, nel compimento di tutte

le operazioni necessarie all'esame e alla valutazione dei requisiti di ciascun aspirante secondo i meccanismi procedimentali preco stituiti e, in ogni caso, alla stregua dei principi di correttezza e

di buona fede (v. sent. 2 novembre 1979, n. 5688, id., 1979, I,

2548; 4 gennaio 1980, n. 1, id., Rep. 1980, voce Impiegato dello

Stato, n. 329; 3 giugno 1981, n. 3569, id., Rep. 1981, voce cit.,

n. 243). Ove, quindi, le norme della contrattazione collettiva o regola

mentare affidino, come nella fattispecie, alla discrezionalità del

datore di lavoro la concreta valutazione di alcuni dei requisiti

prescritti per la promozione dei dipendenti alla qualifica superio

re, siffatta circostanza non esclude che tale potere discrezionale

si inserisca nell'ambito del rapporto contrattuale, quale oggetto

di una prestazione dovuta, e resti regolato dai principi generali

di correttezza e di buona fede di cui agli art. 1175 e 1375 c.c.,

implicanti, in particolare, l'imparzialità della stima comparativa

degli aspiranti alla promozione.

Ma, quanto alla tutela della violazione delle suddette regole di comportamento, l'esercizio del sindacato del giudice non può

che sfociare — senza alcuna possibilità di sostituirsi all'ente pub

blico nel compimento delle operazioni di scelta allo stesso riser

vate, e, in mancanza di una specifica previsione di tutela

eccezionale per le prestazioni di carattere infungibile — nell'even

tuale pronuncia di nullità degli atti relativi alle dette operazioni, in dipendenza dell'inosservanza delle norme procedimentali, ov

vero nel rimedio risarcitorio in dipendenza dell'accertato illecito

contrattuale, assumendo rilevanza, nel primo caso, la presenza in giudizio degli altri interessati o cointeressati (v. Cass. 27 mag

gio 1983, n. 3674, cit.; 22 febbraio 1985, n. 1603, id., Rep. 1985,

voce Lavoro (rapporto), n. 822; 23 aprile 1986, n. 2872, id., Rep.

1986, voce cit., n. 87). In concorrenza con i summenzionati principi, adunque, il giu

dice a quo, dopo avere delineato nei corretti sensi suaccennati

la portata della clausola contrattuale di cui all'art. 66 della citata

contrattazione collettiva, ha legittimamente affermato — stante

l'esplicita domanda proposta da M. De Vita, intesa ad ottenere

solo la declaratoria del suo diritto «alla promozione a dirigente

di 4a classe» e le conseguenziali pronunzie, anche economiche,

di cui si è già detto — l'inammissibilità di una surrogazione alla

cassa di risparmio per l'attribuzione, in via giudiziale, della qua lifica o grado superiore dello stesso ricorrente.

Dal che consegue l'esattezza della decisione impugnata, la qua

le, quindi, non può essere cassata a prescindere da qualsiasi altro

rilievo.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 dicem

bre 1987, n. 9527; Pres. Matttello, Est. Schermi, P.M. Sca

la (conci, conf.); Banco di Santo Spirito (Aw. Carboni ) c.

De Vecchi, Corso e Pagano (Avv. Barcellona), Min. tesoro.

Cassa Pret. Roma 10 marzo 1983.

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazione

presso terzi — Ordinanza dichiarativa di inefficacia del pigno

ramento — Liberazione del terzo — Opposizione — Partecipa

zione necessaria del terzo (Cod. proc. civ., art. 101, 102, 617,

618).

Nella espropriazione presso terzi, dichiarata con ordinanza del

giudice dell'esecuzione la inefficacia dell'eseguito pignoramen

to, con la conseguente liberazione del terzo pignorato da ogni

vincolo sulle somme oggetto del suo debito verso il debitore

esecutato, per ritenuta non esercitabilità attuale dell'azione ese

cutiva, ed insorta controversia su tale punto con l'instaurazio

ne, su iniziativa del creditore pignorante, di un processo

cognitivo, il terzo pignorato è litisconsorte necessario di tale

giudizio (in applicazione di tale principio è stata affermata la non opponibilità al terzo pignorato della sentenza con cui, in

sua assenza, era stata revocata l'ordinanza predetta, e il conse

guente venir meno del vincolo sui crediti del debitore esecutato

verso il terzo). (1)

(1) In termini, nel senso di ritenere il terzo pignorato litisconsorte ne

cessario del processo cognitivo instaurato ex art. 617 c.p.c. dal debitore

esecutato per far valere la nullità del pignoramento, Cass. 7 settembre

1977, n. 3899, Foro it., Rep. 1977, voce Esecuzione forzata in genere, n. 86. Si veda inoltre Cass. 9 luglio 1969, n. 2521, id., Rep. 1969, voce

cit., n. 100, dove, con riferimento ad una fattispecie in cui si discuteva

se doveva essere seguita la forma dell'espropriazione presso il debitore

oppure quella presso il terzo, la Suprema corte ha ritenuto che il terzo

pignorato «è litisconsorte necessario perché soltanto dalla validità o con

gruità della forma di pignoramento adottata sorge la soggezione del terzo

all'esecuzione».

Contra, Cass. 13 gennaio 1983, n. 249, id., Rep. 1983, voce Esecuzione

forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 21, dove si rileva invece che il

terzo pignorato, ove abbia reso la dichiarazione senza che siano insorte

contestazioni, rimane estraneo al rapporto processuale e pertanto non

può essere considerato litisconsorte necessario; aggiunge la corte che la

sua partecipazione al processo è soltanto possibile in via di intervento

volontario ad adiuvandum. Pur non riferendosi esplicitamente al terzo pignorato Cass. 24 marzo

1986, n. 2060, id., Rep. 1986, voce Esecuzione forzata in genere, n. 47, afferma che «nelle cause di opposizione agli atti esecutivi sono legittimati e litisconsorti necessari tutti i soggetti del processo esecutivo indicati dal

l'art. 485, 1° comma, c.p.c. e cioè il creditore procedente, il debitore

esecutato, i creditori intervenuti e gli altri eventuali interessati»; alla luce

di questa massima (della quale va tuttavia sottolineata la genericità) sem

brerebbe possibile configurare anche nel terzo pignorato un litisconsorte

necessario del giudizio relativo alla validità del pignoramento, dipenden do dall'esito di tale giudizio la sua liberazione dal vincolo prodotto dal

pignoramento stesso.

Sempre con riferimento al giudizio di opposizione agli atti esecutivi, Cass. 7 ottobre 1985, n. 4840, id., Rep. 1985, voce cit., n. 43, e 18 gen naio 1983, n. 413, id., Rep. 1983, voce cit., n. 45, e in Giust. civ., 1983,

I, 1506 (in motivazione), attribuiscono la qualità di litisconsorte necessa

rio ad ogni soggetto del processo esecutivo che sia legittimato a proporre

opposizione ex art. 617 c.p.c. In questa prospettiva il terzo pignorato diventa litisconsorte necessario soltanto in quei giudizi nei quali sia confi

gurabile una propria autonoma legittimazione a proporre opposizione ex

art. 617 c.p.c. A tal proposito va comunque rilevato che la giurispruden za non sembra riconoscere al terzo pignorato la legittimazione a proporre

opposizione agli atti, se non contro l'ordinanza di assegnazione (cfr. R.

Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987, 329 ss.). La dot

trina è divisa sulla configurabilità di una legittimazione del terzo pignora to ad avvalersi della opposizione ex art. 617: v'è chi la esclude decisamente

(Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1966, III,

328; Bonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Mila

no, 1962, 127), chi invece la ammette (Bucoio, Il pignoramento ed il

sequestro presso il terzo, Padova, 1986, 39 ss.), chi infine esclude solu

zioni aprioristiche e ritiene che il terzo pignorato possa proporre opposi zione ex art. 617 c.p.c. per lamentare la violazione di norme dettate (anche) nel suo interesse (Oriani, op. loc. cit.)

In dottrina P. Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto prati co, Milano, 1979, 619, afferma che «nel caso di opposizione agli atti

esecutivi, fondata su irregolarità formali dell'espropriazione presso terzi, il terzo pignorato è litisconsorte necessario nei cui confronti va integrato, occorrendo, il contraddittorio». Oriani, op. cit., 331, nota 8, afferma

invece che nel giudizio di opposizione agli atti «il litisconsorzio è necessa

rio allorquando i motivi dedotti potrebbero giustificare anche un'opposi

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