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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 24 ottobre...

Date post: 31-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 24 ottobre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Caristo (concl. conf.); Inps (Avv. Romoli, Fonzo) c. Merolla e altri (Avv. Balletti). Cassa Trib. Napoli 26 marzo 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 3241/3242-3247/3248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181532 . Accessed: 24/06/2014 22:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.54 on Tue, 24 Jun 2014 22:49:22 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 24 ottobre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M.Caristo (concl. conf.); Inps (Avv. Romoli, Fonzo) c. Merolla e altri (Avv. Balletti). Cassa Trib.Napoli 26 marzo 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3241/3242-3247/3248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181532 .

Accessed: 24/06/2014 22:49

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento al giudice di merito, si presenta come un equilibrato supe ramento delle opposte soluzioni estremistiche, sostenute in giuris

prudenza e in dottrina: da una parte cioè quella che esige una

motivazione dell'accertamento ancorata sempre ad elementi con

creti — nella prospettiva di una accentuata garanzia del contri

buente —, soluzione la quale appare eccessivamente formalistica, cioè non corrispondente ad effettive esigenze sostanziali, spesso di non facile o addirittura impossibile adempimento, e quasi sem

pre, in pratica, risolventesi in una ingiusta elusione dell'obbligo

tributario; dall'altra l'opposta soluzione, che tende a ridurre la

motivazione ad una mera apparenza, e, quindi, in manifesto con

trasto con l'ispirazione garantista che è recepita nel nostro ordi

namento tributario, coerentemente ad un orientamento generale del sistema.

5. - È appena il caso di precisare che il quesito concernente

le modalità strutturali della motivazione dell'avviso non riceve

una risposta diversa con riferimento al precedente assetto norma

tivo degli art. 48 e 49 d.p.r. n. 634 del 26 ottobre 1972, nel quale l'art. 48 riguardava le operazioni di accertamento e l'art. 49 l'at

to conclusivo del procedimento stesso e le sue forme.

Per lo svolgimento delle operazioni, invero, l'art. 48 prescrive va all'ufficio l'osservanza di un criterio cumulativo, di cui erano

elementi costitutivi la comparazione dei valori accertabili nell'ul

timo triennio, «nonché» la capitalizzazione del reddito, oggetto della «indicazione» — in via cumulativa o alternativa, a seconda

dell'effettiva utilizzabilità dell'uno o dell'altro o di entrambi i

parametri — prevista dal successivo art. 49, concernente il mo

mento finale impositivo della procedura amministrativa di accer

tamento: indicazione necessaria e sufficiente a integrare il minimo

di forma richiesto per la validità dell'avviso.

Ferma restando, sempre, la facoltà dell'ufficio di applicare cri

teri diversi (ricorrendo le condizioni, sopra accennate, ostative

alla operatività dei parametri legali) dando comunicazione della

propria scelta, nelle stesse forme, al contribuente.

Sotto il profilo interessante la controversia, non esiste, pertan

to, una differenza apprezzabile fra i due sistemi normativi del

'72 e del '77, che impongono una soluzione unitaria del problema

concernente la struttura formale dell'avviso di rettifica, alla cui

validità può essere sufficiente anche la sola indicazione del crite

rio astratto adottato dall'ufficio nello svolgimento delle operazio ni di liquidazione del valore del bene immobile trasferito, peraltro con le precisazioni sopra espresse.

Il problema delle conseguenze giuridiche della inosservanza di

tali prescrizioni formali trova la propria soluzione nelle premesse

già svolte intorno alla natura del processo tributario come giudi zio d'impugnazione.

Invero — come già queste sezioni unite hanno precisato — «la

tutela giurisdizionale non può che consistere nella invalidazione

del provvedimento quando la carenza di motivazione sia tale da

non consentire l'identificazione dei presupposti materiali e giuri dici cui è correlata la pretesa dell'amministrazione, relativa all'e

sistenza, alla quantificazione e all'attuazione dell'obbligazione

tributaria; e risulti conseguentemente precluso il controllo di que

sti presupposti da parte del giudice tributario, il quale, ai fini

del riesame del merito del rapporto, dispone di un ampio potere di indagine istruttoria (...) ma non può, ovviamente, sostituirsi

all'amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei

presupposti del rapporto d'imposta (che devono essere allegati

dall'amministrazione)» (sent. cit., 3 giugno 1987, n. 4853).

6. - Non rimane che trarre le conclusioni dalle considerazioni

fin qui svolte, per la risoluzione del caso controverso.

Nel caso concreto la Commissione centrale ha adottato una

motivazione che non sfugge alla censura di inadeguatezza nel punto in cui risulta in essa affermato che, mancando nella formula im

pressa a timbro qualsiasi puntuale e specifico riferimento ai ce

spiti trasferiti nel triennio, ai relativi prezzi e al reddito netto

ascrivibile all'immobile alienato, l'avviso si dovrebbe considerare

nullo per motivazione apparente.

Essa, invero, non si è data carico di indagare se, in relazione

alle peculiarità della fattispecie, le indicazioni espresse nell'atto

di accertamento, a prescindre dal mezzo grafico usato, fossero

sufficientemente esplicative del criterio di comparazione adottato

nel caso concreto dall'ufficio.

Ne consegue che entro questi limiti il ricorso dell'amministra

zione finanziaria deve essere accolto, con la cassazione della deci

sione impugnata e ed il rinvio della causa alla stessa Commissione

centrale, la quale, nel procedere al nuovo esame della controver

Ii Foro Italiano — 1988.

sia, si dovrà attenere ai seguenti principi di diritto:

In materia di imposte di registro ed Invim l'avviso di accerta

mento di maggior valore, per rispondere al canone della idoneità

allo scopo il cui difetto ne determina la nullità anche indipenden temente da una espressa comminatoria di legge, deve essere cor

redato da una motivazione adeguata al conseguimento del duplice risultato a) di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'uf

ficio nella eventuale fase contenziosa successiva, e b) di consenti

re al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte

alla maggiore pretesa fiscale.

All'uopo è necessario che l'ufficio enunci il criterio astratto

in base al quale ha determinato il maggior valore, con le eventua

li specificazioni ed illustrazioni concrete richieste dalle peculiarità della fattispecie, ed in relazione ad esse possibili, affinché l'atto

risulti idoneo al suo scopo. La utilizzazione e la indicazione di

criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella legge è

possibile quando risulti anche implicitamente la inutilizzabilità o

la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luo

go, all'oggetto e ad ogni altra peculiarità del rapporto tributario

da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del

parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro

rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa

allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accerta

mento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di leg

ge, mentre al contribuente è consentito di dimostrare la

infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizza

ti dall'ufficio. In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti

il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullità dell'ac

certamento, senza poter conoscere del merito.

La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti minimi indicati è rimessa all'apprezzamento del giudice di meri

to, naturalmente sindacabile in sede di legittimità della motivazione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 otto

bre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Ca

risto (conci, conf.); Inps (Avv. Romoli, Fonzo) c. Merolla e

altri (Avv. Balletti). Cassa Trib. Napoli 26 marzo 1986.

Sanità pubblica — Contributi sociali di malattia — Liberi profes sionisti — Obbligo contributivo — Decorrenza (L. 23 dicembre

1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art.

63; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanziamento del servizio

sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalla

pubblica amministrazione in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285,

sulla occupazione giovanile, art. 3; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre

1979 n. 663; d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, adeguamento dei con

tributi di malattia dovuti dagli artigiani, dagli esercenti delle

attività commerciali, dai coltivatori diretti e dai liberi profes

sionisti, art. 1; d.l. 29 luglio 1981 n. 402, contenimento della

spesa previdenziale ed adeguamento delle contribuzioni, art. 12;

1. 26 settembre 1981 n. 537, conversione in legge, con modifi

cazioni, del d.l. 29 luglio 1981 n. 402; 1. 26 aprile 1982 n. 181,

disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria 1982), art. 14; d.l. 10 gen

naio 1983 n. 2, misure urgenti in materia sanitaria; d.l. 11 marzo

1983 n. 59, misure urgenti in materia previdenziale, in materia

sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica; d.l. 11 mag

gio 1983 n. 176, misure urgenti in materia previdenziale e sani

taria, per il contenimento della spesa pubblica e disposizioni

per taluni settori della pubblica amministrazione; d.l. 11 luglio

1983 n. 317, misure urgenti in materia previdenziale, in materia

sanitaria, per il contenimento della spesa pubblica; d.l. 12 set

tembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria, per il contenimento della spesa pubblica e disposi

zioni per taluni settori della pubblica amministrazione, art. 4,

14; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in legge, con mo

dificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463; 1. 27 dicembre

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3243 PARTE PRIMA 3244

1983 n. 730, disposizioni per la formazione del bilancio annua le e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1984), art. 33).

A norma dell'art. 14 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, avente effica cia di norma di interpretazione autentica, ai soggetti iscritti ne

gli appositi albi o elenchi professionali di cui all'art. 2229 c.c.

compete l'obbligo di versare i contributi sociali di malattia —

anche se lavoratori dipendenti o titolari di pensione, ma co

munque se esercitano effettivamente la professione — a decor

rere dal 1° gennaio 1980. (1)

Svolgimento del processo. — Richiesti del pagamento dei con tributi per l'assistenza sanitaria relativa agli anni 1980, 1981, e

1982, i professionisti indicati in epigrafe convenivano l'Inps da vanti al Pretore di Napoli per far dichiarare l'inesistenza dell'ob

bligo contributivo, in quanto già obbligatoriamente assicurati quali lavoratori dipendenti o pensionati.

Il giudice adito con sentenza del 19 gennaio 1984 accoglieva la domanda e tale pronuncia, impugnata in appello dall'Inps, ve niva confermata dal Tribunale di Napoli con decisione del 26 marzo 1986.

Rilevava detto giudice che, quando era intervenuta la 1. 11 no vembre 1983 n. 638, la normativa precedente era certamente nel senso che i professionisti titolari di un rapporto di impiego o di pensione restavano esonerati dalla contribuzione. La nuova leg ge, nonostante l'apparente contenuto interpretativo, è in realtà innovativa e come tale inapplicabile per gli anni precedenti in

mancanza di un'esplicita dichiarazione di efficacia retroattiva della norma.

Avverso tale decisione l'Inps ricorre per cassazione deducendo un unico motivo, cui resistono i professionisti con controricorso. Entrambre le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — Denunciando la violazione dell'art. 14 1. 11 novembre 1983 n. 638, rileva l'Inps che le contrastanti

interpretazioni dei giudici di merito in ordine all'obbligo contri butivo dei professionisti dopo l'istituzione del servizio sanitario nazionale e la soppressione dei precedenti enti mutualistici ha re so necessario l'intervento del legislatore con una interpetazione autentica della legislazione vigente, interpretazione contenuta nel l'art. 14 sopra citato.

Di tale norma il 1° comma interpreta autenticamente l'art. 3, 1° comma, lett. b), d.l. 663/79 convertito nella 1. n. 33 del 1980, nel senso che tale norma si applica a tutti i liberi professionisti, anche se contemporaneamente lavoratori dipendenti o pensiona ti, che appartengono a quelle categorie professionali per le quali, al momento dell'entrata in vigore della riforma sanitaria, esiste vano apposite casse o gestioni per l'assicurazione contro la ma lattia.

Il 2° comma riguarda tutti gli altri professionisti, ancorché con

temporaneamente lavoratori dipendenti o pensionati, i quali, ad iniziare dal 1° gennaio 1983, sono tenuti al pagamento dei contri buti di malattia anche sul reddito professionale.

Obiettano i resistenti che, secondo la giurisprudenza di questa corte, il contenuto interpretativo autentico di una legge non può essere ricavato dal titolo del testo legislativo e neppure limitarsi

all'apprezzamento della intenzione del legislatore in sé considera

ta, ma dipende esclusivamente da una particolare struttura della

fattispecie normativa, per la quale la legge medesima, essendo rivolta ad imporre una data interpretazione di una precedente norma, non è suscettibile di applicazione autonoma, ma si inte

gra con le norme interpretate, cosi che la disciplina da applicarsi debba essere desunta cumulativamente dalla norma interpretata e di quella di interpretazione: ne conseguirebbe l'impossibilità di riconoscere natura interpretativa ad una disposizione che, rifor mulando in modo diverso una norma preesistente, provveda a

regolare per il futuro e in modo autonomo la stessa materia. Nella specie, non solo la norma da interpretare aveva un signi

ficato ben chiaro, per cui non vi era spazio per una interpretazione

(1) La sezione lavoro aveva già appianato, nel senso ora fatto proprio dalle sezioni unite, il contrasto sorto in ordine alla natura, interpretativa o innovativa, della disposizione dell'art. 14 d.l. 463/83: v. Cass. 15 gen naio 1988, n. 281, Foro it., Mass., 46; 13 febbraio 1988, n. 1582, ibid., 233; 7 aprile 1988, n. 2769, ibid., 417; 3 marzo 1988, n. 2244, e 10 giu gno 1988, n. 3970, id., 1988, I, 2891, con nota di richiami.

li Foro Italiano — 1988.

autentica, se non ammettendo un'indebita invasione del potere legislativo nell'ambito del potere giudiziario, ma la cosiddetta legge interpretativa ha introdotto per l'individuazione dei soggetti ob

bligati requisiti diversi da quelli indicati dalla legge interpretata, e ha stabilito anche una modifica quantitativa del contributo, cor

rispondente all'esenzione della cosiddetta «quota fissa», se l'eser cizio della professione coincida con l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ovvero col godimento di un trattamento pen sionistico.

In ogni caso l'art. 14 1. 11 novembre 1983 n. 638 avrebbe indi cato espressamente la data della sua entrata in vigore (cioè il 1°

gennaio 1983), per cui inammissibile sarebbe la richiesta dell'Inps per il pagamento dei contributi relativi agli anni antecedenti.

La questione è stata rimessa alle sezioni unite, dato il contrasto insorto nella giurisprudenza della sezione lavoro sulla natura ed

efficacia del predetto art. 14. Infatti la sentenza 12 luglio 1986, n. 4527 (Foro it., Rep. 1986, voce Sanità pubblica, n. 186) ha ritenuto la natura innovativa di detta norma, perché il 2° comma dello stesso articolo impone il pagamento dei contributi a partire dal 1° gennaio 1983, mentre la sentenza 4 luglio 1987, n. 5872

(id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 379) ne ha ritenuto la natura interpretativa e la conseguente efficacia retroattiva: va

aggiunto, per completezza, che dopo la rimessione di questa cau sa alle sezioni unite la sezione lavoro ha continuato a decidere

per la natura interpretativa della norma in esame (vedi sentenze nn. 281, 1582 del 1988, id., Mass., 46, 233, e n. 2244 del 1988, id., 1988, I, 2891 e altre in corso di pubblicazione).

La questione ha origine dalla legislazione che estese alle varie

categorie professionali l'assicurazione obbligatoria contro la ma lattie.

Dette leggi affidarono questo servizio alle casse o istituti, che

gestivano la previdenza, stabilendo che tutti gli iscritti a detti enti erano tenuti a tale assicurazione, ad eccezione dei professionisti «assicurati contro le malattie presso altri enti assicurativi di dirit to pubblico» (vedi art. 4 1. 12 marzo 1968 n. 237, per l'assistenza sanitaria forense; art. 18 1. 23 dicembre 1970 n. 1140, per l'assi stenza sanitaria dei dottori commercialisti, ragionieri e periti com

merciali; art. 5 ter 1. 11 novembre 1971 n. 1046, per ingegneri e architetti; art. 2 d.m. 29 gennaio 1972, per i farmacisti, ecc.)

La ragione di tale esclusione stava nel fatto che il rischio assi curato era unico (la malattia) ed unica e non cumulabile era la

conseguente prestazione (l'assistenza sanitaria), a differenza di altre

prestazioni previdenziali, come ad esempio la pensione di vec

chiaia, che possono essere cumulate.

Ne conseguiva che, se fosse stata imposta ai professionisti, già assicurati per lo stesso rischio presso altri enti assicurativi pubbli ci, l'iscrizione all'assistenza sanitaria professionale, l'onere con tributivo derivante da questa seconda assicurazione obbligatoria, svincolata da qualsiasi possibilità, anche teorica, di una presta zione previdenziale personale, si sarebbe risolto in un onere pura mente fiscale.

L'incompatibilità suddetta non derivava, dunque, dal fatto che, in caso contrario, si sarebbe verificata una doppia contribuzione

previdenziale, perché in ogni caso ogni contribuzione avrebbe tro vato causa in attività diverse anche se contemporanee (l'attività di dipendente dello Stato e quella professionale), ma era una con

seguenza necessaria del sistema mutualistico vigente prima della riforma sanitaria con una pluralità di enti pubblici, preposti al l'assicurazione del medesimo rischio.

Ne consegue che ogni incompatibilità è venuta meno con l'isti tuzione del servizio sanitario nazionale, che, avendo come finali tà la promozione, il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali (art. 1 1. 23 dicembre 1978 n. 833), ha un unico erogatore di servizi e un unico destinatario della contribu

zione, lo Stato. Del resto è la stessa legge a prevedere in prospet tiva una partecipazione contributiva degli assistiti basata non più su contributi in misura fissa o a percentuale sulla retribuzione, ma su una fiscalizzazione dei contributi assicurativi (art. 57 e 53, lett. f, 1. 833/78).

L'introduzione di questo nuovo sistema richiedeva però gra dualità e tempi non brevi, per cui nel frattempo era previsto che il finanziamento dovesse avvenire fino al 31 dicembre 1979 me diante il versamento, in un conto corrente di tesoreria, intestato al ministro del tesoro, dei contributi sociali di malattia pagati dai mutuati (art. 76) e per i soggetti non mutuati, ma tenuti alla

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

prestazione della dichiarazione dei redditi ai fini dell'imposta sul

reddito delle persone fisiche, mediante l'assicurazione obbligato

ria presso il servizio sanitario nazionale col pagamento di una

quota stabilita di anno in anno con decreto interministeriale in

relazione al costo medio pro capite per le prestazioni sanitarie

(art. 63). Fino al 31 dicembre 1979, quindi, non si poneva alcun proble

ma per l'individuazione dei professionisti tenuti al pagamento dei

contributi sociali di malattia, perché ogni cassa o ente professio

nale provvedeva a riscuotere e a versare allo Stato i contributi

dovuti dai propri iscritti all'assistenza contro le malattie.

Con il 1° gennaio 1980 l'accertamento, la riscossione e il recu

pero in via giudiziale di tutti i contributi sociali passò all'Inps

e per tale evenienza fu emanato il d.l. 30 dicembre 1979 n. 663,

convertito nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33, che all'art. 3 stabili,

in via provvisoria e salvo conguaglio, il contributo sociale di ma

lattia dovuto dai liberi professionisti per il 1980 nella misura de

terminata per il 1979 con una quota capitaria minima di lire

125.000 annue, contributo poi fissato in misura definitiva con

successivo d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538 nella misura della quota

capitaria suddetta maggiorata d'una quota pari al 2% del reddito

derivante dall'attività professionale, assoggettata ai fini dell'Ir

pef, entro il limite del massimale di lire 25.000.000.

Spettando all'Inps individuare i liberi professionisti soggetti al

pagamento di detti contributi, la legge suddetta ebbe cura di pre

cisare che trattavasi dei «liberi professionisti, obbligati in base

alle leggi tuttora vigenti all'iscrizione ad un istituto mutualisti

co». Tale espressione nella sua genericità si prestava però ad una

duplice interpretazione, a seconda che essa si intendesse riferita

alle categorie dei liberi professionisti o ai professionisti come

singoli. Interpretata sotto il primo profilo la norma stava a significare

che, anche dopo il periodo transitorio del 1979, veniva ribadita

la distinzione fra categorie di liberi professionisti, per le quali

già esistevano apposite casse di malattie o strutture sanitarie che

gestivano forme di assicurazione obbligatoria (avvocati e procu

ratori, ingegneri e architetti, ragionieri, farmacisti, medici, ecc.),

categorie queste che venivano sottoposte al particolare regime di

calcolo della contribuzione sociale di malattia secondo i parame

tri fissati dalla legge, e le categorie dei professionisti, invece, che

non usufruivano precedentemente di assistenza malattia (agrono

mi, biologi, chimici, geologi, periti agrari, ecc.), per i quali era

obbligatoria l'iscrizione all'assicurazione obbligatoria presso il ser

vizio sanitario nazionale con l'obbligo del pagamento dei contri

buti calcolati a norma dell'art. 63 1. 833/78 (l'unificazione delle

due categorie professionali ai fini della contribuzione di malattia

avverrà successivamente con l'art. 14, 2° comma, d.l. 12 settem

bre 1983 n. 463, convertito nella 1. 11 novembre 1983 n. 638).

Intesa in questo senso, la norma non costituiva affatto una

riconferma dell'esclusione subiettiva dall'obbligo di iscrizione ad

un istituto mutualistico professionale a favore di determinati pro

fessionisti (contemporaneamente assicurati, perché lavoratori su

bordinati o pensionati, presso altri enti assicurativi di diritto

pubblico), esclusione che, come si è visto, presupponeva l'esisten

za di diversi istituti mutualistici, che assicurassero il medesimo

rischio.

Ma la norma poteva essere interpretata anche in un altro sen

so, come riferita cioè non alle categorie professionali ma ai pro

fessionisti, singolarmente tenuti all'iscrizione ad un istituto

mutualistico prima della riforma sanitaria, ed intesa in questo

senso la norma poteva essere considerata come confermativa del

le esclusioni soggettive suddette.

Naturalmente quest'ultima intepretazione fu quella adottata dai

professionisti interessati contrastata dall'Inps che adottava invece

l'altra intepretazione, dando luogo ad un ampio e diffuso con

tenzioso negli anni successivi al 1979.

Il contrasto solo apparente riguardava l'Inps, ma in realtà inte

ressava lo Stato, che con il servizio nazionale è l'unico effettivo

beneficiario dei contributi sociali di malattia, limitandosi l'Inps

alla sola funzione di esattore dei contributi medesimi.

Lo Stato, quindi, era interessato in prima persona a chiarire

il significato preciso da dare alla norma in esame, anche per sot

trarre l'Inps ad un contenzioso oneroso, che non lo riguardavi

direttamente.

Vi fu perciò un primo intervento legislativo di interpretazioni

autentica della norma in esame attuato con l'art. 8 d.l. 10 gen

Il Foro Italiano — 1988.

naio 1983 n. 2, successivamente decaduto per la mancata conver

sione in legge, e un secondo intervento attuato con l'art. 14 d.l.

12 settembre 1983 n. 463, finalmente convertito nella 1. 11 no

vembre 1983 n. 638.

I professionisti resistenti contestano che nella specie ci fosse

spazio per un intervento legislativo di interpretazione autentica

dell'art. 3, lett. b, d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, sostenendo che

l'unica interpretazione possibile di tale norma era quella da essi

adottata.

Ma, a parte il fatto che per giustificare un intervento del gene

re è sufficiente che nella pratica siano sorte delle opinioni diver

genti a tale norma, vi è da rilevare che a nulla approderebbe

un'indagine sull'effettiva portata della disposizione interpretati

va, perché la legge interpretativa esprime, alla pari di tutte le

altre leggi, una norma completa e non vincolata ad alcun presup

posto di fatto, sindacabile dal giudice, per cui detta legge non

potrebbe certo essere disapplicata sotto il profilo che non sussi

sterebbe il presupposto di un'effettiva incertezza sul significato

della norma interpretata. Né varrebbe obiettare che il contenuto

innovativo della legge interpretativa viene invocato non per con

testare la legittimità ma solo per limitarne l'efficacia, dovendosi

negare alle cosiddette leggi interpretative innovative quell'effica

cia retroattiva che è connaturale e tipica delle leggi meramente

ed effettivamente interpretative.

Questa distinzione fra leggi puramente interpretative e leggi

interpretative-innovative non ha infatti alcun fondamento logico

e giuridico. Considerare meramente interpretative solo le leggi che

accolgono l'indirizzo interpretativo prevalente è un non senso,

sia perché potrebbe essere inutile un'interpretazione autentica che

si limitasse a ripetere tale indirizzo, sia perché uno degli scopi

che muove il legislatore ad adottare le leggi interpretative può

essere proprio quello di contrastare l'indirizzo prevalente.

Qualunque sia dunque la ragione, che abbia indotto il legisla

tore ad adottare una legge interpretativa (esistenza di un contra

sto interpretativo o errata presupposizione di esso, o addirittura

consapevole volontà di porre rimedio ad un errore tecnico com

messo al momento della formulazione della norma interpretati

va), essa è una vera e propria norma di legge che ha forza

obbligatoria non perché interpreta esattamente una norma prece

dente, ma perché impone la interpretazione ritenuta più opportu

na dal legislatore, obbligando il giudice ad applicarla in questo

senso a tutti i rapporti non ancora definiti, disciplinati dalla legge

a suo tempo dettata e redatta in termini inadeguati per il raggiun

gimento di detto scopo, ove non fosse intervenuta la legge inte

pretativa. Del tutto non pertinente è il richiamo che i resistenti fanno

alla giurisprudenza di questa corte, secondo la quale l'esplicita

qualificazione data dal legislatore ad una norma come interpreta

tiva di una precedente disposizione non è decisiva per il ricono

scimento di detta qualifica. Tale giurisprudenza fa riferimento

infatti ai casi in cui la nuova legge contiene una autonoma e

completa formulazione di una norma precedente e la natura in

terpretativa o innovativa di essa la si vuole ricavare esclusivamen

te dall'intestazione della nuova legge come interpretativa o dai

lavori preparatori: in tale ipotesi tocca al giudice valutare se sus

sistono altri elementi che portino a confermare l'effettivo conte

nuto interpretativo (e quindi la conseguente efficacia retroattiva

della nuova norma) oppure se si tratta di una formulazione più

chiara e appropriata della norma preesistente, che abroghi questa

e provveda a regolare per il futuro e in modo autonomo la stessa

materia.

Ma la giurisprudenza di questa corte è altrettanto costante nel

l'affermare che il carattere interpretativo di una norma dipende

dalla particolare struttura della fattispecie legale e va riconosciu

ta ogni volta che il contenuto della medesima è caratterizzato

dalla concorrenza di un momento logico-assertivo, consistente nel

l'enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il signifi

cato di un precetto precedente, cui la norma di ricollega nella

sua formulazione e nella sua ratio, e da un momento precettivo,

con il quale conferisce valore normativo all'interpretazione della

norma anteriore, escludendone ogni altra: cosicché la norma in

terpretativa non è suscettibile di applicazione autonoma, ma si

integra con la norma interpretata, e la disciplina da applicarsi

deve essere desunta cumulativamente dalla norma interpretata e

da quella di interpretazione (vedi in questo senso da ultimo Cass.

25 ottobre 1986, n. 6260, id., Rep. 1986, voci Legge, n. 35, e

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 24 ottobre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Caristo (concl. conf.); Inps (Avv.

3247 PARTE PRIMA 3248

Tributi in genere, n. 659; 12 giugno 1986, n. 3928, id., Rep. 1987, voce Impiegato dello Stato, n. 475; 17 maggio 1984, n. 3053,

id., Rep. 1984, voce Economia nazionale, n. 32). Alla luce di questi principi non sembra al collegio che possa

sussistere dubbio alcuno sulla natura interpretativa del 1° comma

dell'art. 14 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito nella 1. 11

novembre 1983 n. 638, il quale dispone: «La norma di cui all'art. 3, 1° comma, lett. b), d.l. 30 dicem

bre 1979 n. 663, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1.

29 febbraio 1980 n. 33, va interpretata nel senso che obbligati al pagamento del contributo sociale di malattia di cui all'art. 1

d.p;r. 8 luglio 1980 n. 538, e successive modificazioni e integra zioni, sono i soggetti iscritti negli appositi albi o elenchi profes sionali, di cui all'art. 2229 c.c., che esercitano effettivamente la

libera professione, anche se lavoratori dipendenti o titolari di pen

sione, nei limiti previsti dal comma 2 bis, ad eccezione di quelli

appartenenti a categorie professionali per le quali non erano isti

tuite, prima dell'entrata in vigore della 1. 23 dicembre 1978 n.

833, apposite casse o gestioni per l'assicurazione di malattia».

Non si tratta, quindi, come appare chiaramente dal contenuto

obiettivo della norma, di una nuova e autonoma regolamentazio ne dell'obbligo contributivo dei liberi professionisti, perché le di

sposizioni contenute in detta norma hanno un senso solo se

coordinate con le precedenti disposizioni, di cui chiariscono il

significato e l'ambito di efficacia.

Obiettano però i resistenti che la norma in esame solo apparen temente interpreta la precedente disposizione, stabilendo l'obbli

go contributivo a carico anche dei liberi professionisti lavoratori

dipendenti o pensionati, perché in effetti muta tutti i presupposti di fatto per il sorgere di tale obbligo, presupposti che per l'art.

3 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663 consistevano nell'obbligo di iscri

zione ad un istituto mutualistico, e per l'art. 14 consistono invece

nell'iscrizione all'albo e nell'esercizio effettivo della professione. Rilevano inoltre che la nuova disposizione ha altresì' mutato la

misura della contribuzione, escludendo per i professionisti lavo

ratori dipendenti o pensionati l'obbligo della quota capitaria mi

nima, dovuta invece dagli altri professionisti. Anche queste obiezioni sono infondate. Per quanto riguarda

il preteso mutamento dei presupposti, va rilevato che si tratta

di mera apparenza. Come si è già accennato, prima della riforma

sanitaria l'assicurazione contro le malattie fu dalla legge affidata

agli enti e casse che gestivano la previdenza dei professionisti, stabilendo che gli iscritti alla cassa di previdenza erano automati

camente tenuti all'assicurazione contro la malattia, ad eccezione

dei professionisti già assicurati contro questo rischio presso altri

enti mutualistici.

Coincidendo la posizione di assicurati contro le malattie con

quella di obbligato all'iscrizione alla previdenza professionale, salvo le eccezioni suddette, i presupposti di fatto per l'una e l'altra erano gli stessi, e cioè, come risulta dalle varie leggi di previdenza professionale, non solo l'iscrizione all'albo ma anche l'esercizio

effettivo della professione (vedi ad es. per gli avvocati la 1. 8

gennaio 1952 n. 6 e successive modifiche, per i commercialisti la 1. 3 febbraio 1963 n. 100, per gli ingegneri e architetti la 1. 3 gennaio 1981 n. 6, ecc. e per la giurisprudenza da ultimo Cass. 21 novembre 1987, n. 8601, id., Rep. 1987, voce Professioni in

tellettuali, n. 179; 12 agosto 1987, n. 6921, ibid., n. 183; 26 mar zo 1987, n. 2955, ibid., n. 186): gli stessi requisiti cioè richiesti dall'art. 14 in esame.

La necessità di ripetere questi requisiti è stata determinata dal fatto che, essendo la contribuzione di malattia svincolata ormai

dalla previdenza professionale, tocca ora all'Inps in sede di ac

certamento di tale contribuzione, controllare l'esistenza di quei

presupposti di fatto, che prima erano verificati dalle casse e dagli enti professionaeli al momento della iscrizione del professionista alla previdenza.

Per quanto attiene alla misura della contribuzione, nulla impe disce al legislatore, nel momento in cui interpretava autentica mente una norma, chiarendone il significato e l'ambito di efficacia, di limitarne la portata sotto un altro aspetto: ed è ciò che ha fatto l'art. 14 in esame, precisando da una parte che i professio nisti pensionati o lavoratori dipendenti sono soggetti all'obbligo retributivo e dall'altra limitando nei confronti di questi la misura del contributo, escludendone la quota capitaria.

Del tutto infondata è infine la tesi sostenuta dai professionisti, secondo la quale l'efficacia della norma in esame ha inizio dal

1° gennaio 1983, come disposto dal 2° comma dello stesso art. 14.

Il Foro Italiano — 1988.

Quest'ultimo comma si riferisce infatti a quelle categorie dei

liberi professionisti che prima della riforma sanitaria non aveva

no una assicurazione obbligatoria contro le malattie (agronomi,

biologi, chimici, ecc.) e che sono espressamente esclusi dalla di

sciplina dettata nel 1° comma dell'art. 14: tali professionisti, co

me si è visto, erano dopo la riforma sanitaria, tenuti ad assicurarsi

presso il servizio sanitario nazionale e assoggettati alla particola re contribuzione, prevista dall'art. 63 1. 833/78.

Con l'art. 14, 2° comma, e con l'inizio dal 1° gennaio 1983

questi liberi professionisti sono parificati agli altri e assoggettati a contribuzione nella stessa misura prevista per questi (e non co

me per gli anni 1980, 1981 e 1982 alla contribuzione stabilita per i non mutuati).

Non vi è dubbio, invece, che la disposizione del 1° comma

dell'art. 14, in quanto interpretativa della norma contenuta nel

l'art. 3, 1° comma, lett. b), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, retroa

gisce i suoi effetti al momento dell'entrata in vigore della legge

interpretata, efficacia questa non solo connaturale alle norme in

terpretative ma risultante espressamente dal testo della disposi

zione, che dichiara «l'obbligo» di detti professionisti al pagamento del contributo di cui all'art. 1 d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, mentre

il successivo 2° comma richiama lo stesso d.p.r. solo per determi

nare «la misura» del contributo dovuto dai professionisti, non

precedentemente mutuati, a partire dal 1° gennaio 1983.

La sentenza impugnata che non si è attenuta a questi principi va dunque cassata e la causa va rinviata per nuovo esame al Tri

bunale di Avellino, il quale dovrà attenersi al seguente principio di diritto:

«L'art. 14, 1° comma, 1. 11 novembre 1983 n. 638, di conver

sione del d.l. 12 settembre 1983 n. 483, disponendo che l'art.

3, 1° comma, lett. b), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito

nella 1. 29 febbraio 1980, n. 33, va interpretato nel senso che

obbligati al pagamento del contributo sociale di malattia di cui

all'art. 1 d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, e successive modificazioni

e integrazioni, sono i soggetti iscritti negli appositi elenchi o albi

professionali (e appartenenti a categorie per le quali prima della

riforma sanitaria erano istituite apposite casse o gestioni per l'as

sicurazione contro la malattia), che esercitano effettivamente la

libera professione, anche se lavoratori dipendenti o titolari di pen

sione, costituisce norma di interpretazione autentica del predetto art. 3.

«Ne consegue che l'obbligazione contributiva nei confronti dei

professionisti pensionati o lavoratori dipendenti decorre dalla da

ta di entrata in vigore della norma interpretata (1° gennaio 1980), con l'esonero sempre da tale data del pagamento della quota ca

pitaria annua, come previsto dall'art. 14, comma 1° e 2 bis».

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 17 otto bre 1988, n. 5636; Pres. Granata, Est. R. Sgroi, P.M. Minet

ti (conci, parz. diff.); Soc. Supertravet costruzioni (Avv.

Minervini) c. Melone (Avv. Fazzalari, Venditti) e altri. Cas sa App. Napoli 31 marzo 1987.

Società — Società in accomandita semplice — Partecipazione di

società di capitali in qualità di accomandante — Divieto.

La partecipazione di una società di capitali ad una società in ac

comandita semplice in veste di accomandante comporta la vio

lazione di norme inderogabili concernenti l'amministrazione e i bilanci ed è quindi nulla. (1)

(1) La decisione cassata App. Napoli 31 marzo 1987 è riportata in Foro it., 1988, I, 1285, con nota di Genghini.

Non constano precedenti in termini della Cassazione, il cui orientamen to è peraltro ormai da lungo tempo consolidato nel senso della inammis sibilità della partecipazione di una società di capitali ad una società di

persone: v., in proposito, da ultimo Cass. 28 gennaio 1985, n. 464, id., Rep. 1985, voce Società, nn. 270, 644; per ulteriori riferimenti si rinvia alla nota di Genghini, cit.

Per la giurisprudenza di merito, v., in senso favorevole all'ammissibili

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