sezioni unite civili; sentenza 24 ottobre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M.Caristo (concl. conf.); Inps (Avv. Romoli, Fonzo) c. Merolla e altri (Avv. Balletti). Cassa Trib.Napoli 26 marzo 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3241/3242-3247/3248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181532 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mento al giudice di merito, si presenta come un equilibrato supe ramento delle opposte soluzioni estremistiche, sostenute in giuris
prudenza e in dottrina: da una parte cioè quella che esige una
motivazione dell'accertamento ancorata sempre ad elementi con
creti — nella prospettiva di una accentuata garanzia del contri
buente —, soluzione la quale appare eccessivamente formalistica, cioè non corrispondente ad effettive esigenze sostanziali, spesso di non facile o addirittura impossibile adempimento, e quasi sem
pre, in pratica, risolventesi in una ingiusta elusione dell'obbligo
tributario; dall'altra l'opposta soluzione, che tende a ridurre la
motivazione ad una mera apparenza, e, quindi, in manifesto con
trasto con l'ispirazione garantista che è recepita nel nostro ordi
namento tributario, coerentemente ad un orientamento generale del sistema.
5. - È appena il caso di precisare che il quesito concernente
le modalità strutturali della motivazione dell'avviso non riceve
una risposta diversa con riferimento al precedente assetto norma
tivo degli art. 48 e 49 d.p.r. n. 634 del 26 ottobre 1972, nel quale l'art. 48 riguardava le operazioni di accertamento e l'art. 49 l'at
to conclusivo del procedimento stesso e le sue forme.
Per lo svolgimento delle operazioni, invero, l'art. 48 prescrive va all'ufficio l'osservanza di un criterio cumulativo, di cui erano
elementi costitutivi la comparazione dei valori accertabili nell'ul
timo triennio, «nonché» la capitalizzazione del reddito, oggetto della «indicazione» — in via cumulativa o alternativa, a seconda
dell'effettiva utilizzabilità dell'uno o dell'altro o di entrambi i
parametri — prevista dal successivo art. 49, concernente il mo
mento finale impositivo della procedura amministrativa di accer
tamento: indicazione necessaria e sufficiente a integrare il minimo
di forma richiesto per la validità dell'avviso.
Ferma restando, sempre, la facoltà dell'ufficio di applicare cri
teri diversi (ricorrendo le condizioni, sopra accennate, ostative
alla operatività dei parametri legali) dando comunicazione della
propria scelta, nelle stesse forme, al contribuente.
Sotto il profilo interessante la controversia, non esiste, pertan
to, una differenza apprezzabile fra i due sistemi normativi del
'72 e del '77, che impongono una soluzione unitaria del problema
concernente la struttura formale dell'avviso di rettifica, alla cui
validità può essere sufficiente anche la sola indicazione del crite
rio astratto adottato dall'ufficio nello svolgimento delle operazio ni di liquidazione del valore del bene immobile trasferito, peraltro con le precisazioni sopra espresse.
Il problema delle conseguenze giuridiche della inosservanza di
tali prescrizioni formali trova la propria soluzione nelle premesse
già svolte intorno alla natura del processo tributario come giudi zio d'impugnazione.
Invero — come già queste sezioni unite hanno precisato — «la
tutela giurisdizionale non può che consistere nella invalidazione
del provvedimento quando la carenza di motivazione sia tale da
non consentire l'identificazione dei presupposti materiali e giuri dici cui è correlata la pretesa dell'amministrazione, relativa all'e
sistenza, alla quantificazione e all'attuazione dell'obbligazione
tributaria; e risulti conseguentemente precluso il controllo di que
sti presupposti da parte del giudice tributario, il quale, ai fini
del riesame del merito del rapporto, dispone di un ampio potere di indagine istruttoria (...) ma non può, ovviamente, sostituirsi
all'amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei
presupposti del rapporto d'imposta (che devono essere allegati
dall'amministrazione)» (sent. cit., 3 giugno 1987, n. 4853).
6. - Non rimane che trarre le conclusioni dalle considerazioni
fin qui svolte, per la risoluzione del caso controverso.
Nel caso concreto la Commissione centrale ha adottato una
motivazione che non sfugge alla censura di inadeguatezza nel punto in cui risulta in essa affermato che, mancando nella formula im
pressa a timbro qualsiasi puntuale e specifico riferimento ai ce
spiti trasferiti nel triennio, ai relativi prezzi e al reddito netto
ascrivibile all'immobile alienato, l'avviso si dovrebbe considerare
nullo per motivazione apparente.
Essa, invero, non si è data carico di indagare se, in relazione
alle peculiarità della fattispecie, le indicazioni espresse nell'atto
di accertamento, a prescindre dal mezzo grafico usato, fossero
sufficientemente esplicative del criterio di comparazione adottato
nel caso concreto dall'ufficio.
Ne consegue che entro questi limiti il ricorso dell'amministra
zione finanziaria deve essere accolto, con la cassazione della deci
sione impugnata e ed il rinvio della causa alla stessa Commissione
centrale, la quale, nel procedere al nuovo esame della controver
Ii Foro Italiano — 1988.
sia, si dovrà attenere ai seguenti principi di diritto:
In materia di imposte di registro ed Invim l'avviso di accerta
mento di maggior valore, per rispondere al canone della idoneità
allo scopo il cui difetto ne determina la nullità anche indipenden temente da una espressa comminatoria di legge, deve essere cor
redato da una motivazione adeguata al conseguimento del duplice risultato a) di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'uf
ficio nella eventuale fase contenziosa successiva, e b) di consenti
re al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte
alla maggiore pretesa fiscale.
All'uopo è necessario che l'ufficio enunci il criterio astratto
in base al quale ha determinato il maggior valore, con le eventua
li specificazioni ed illustrazioni concrete richieste dalle peculiarità della fattispecie, ed in relazione ad esse possibili, affinché l'atto
risulti idoneo al suo scopo. La utilizzazione e la indicazione di
criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella legge è
possibile quando risulti anche implicitamente la inutilizzabilità o
la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luo
go, all'oggetto e ad ogni altra peculiarità del rapporto tributario
da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del
parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro
rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa
allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accerta
mento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di leg
ge, mentre al contribuente è consentito di dimostrare la
infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizza
ti dall'ufficio. In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti
il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullità dell'ac
certamento, senza poter conoscere del merito.
La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti minimi indicati è rimessa all'apprezzamento del giudice di meri
to, naturalmente sindacabile in sede di legittimità della motivazione.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 otto
bre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Ca
risto (conci, conf.); Inps (Avv. Romoli, Fonzo) c. Merolla e
altri (Avv. Balletti). Cassa Trib. Napoli 26 marzo 1986.
Sanità pubblica — Contributi sociali di malattia — Liberi profes sionisti — Obbligo contributivo — Decorrenza (L. 23 dicembre
1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art.
63; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanziamento del servizio
sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalla
pubblica amministrazione in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285,
sulla occupazione giovanile, art. 3; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre
1979 n. 663; d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, adeguamento dei con
tributi di malattia dovuti dagli artigiani, dagli esercenti delle
attività commerciali, dai coltivatori diretti e dai liberi profes
sionisti, art. 1; d.l. 29 luglio 1981 n. 402, contenimento della
spesa previdenziale ed adeguamento delle contribuzioni, art. 12;
1. 26 settembre 1981 n. 537, conversione in legge, con modifi
cazioni, del d.l. 29 luglio 1981 n. 402; 1. 26 aprile 1982 n. 181,
disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria 1982), art. 14; d.l. 10 gen
naio 1983 n. 2, misure urgenti in materia sanitaria; d.l. 11 marzo
1983 n. 59, misure urgenti in materia previdenziale, in materia
sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica; d.l. 11 mag
gio 1983 n. 176, misure urgenti in materia previdenziale e sani
taria, per il contenimento della spesa pubblica e disposizioni
per taluni settori della pubblica amministrazione; d.l. 11 luglio
1983 n. 317, misure urgenti in materia previdenziale, in materia
sanitaria, per il contenimento della spesa pubblica; d.l. 12 set
tembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria, per il contenimento della spesa pubblica e disposi
zioni per taluni settori della pubblica amministrazione, art. 4,
14; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in legge, con mo
dificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463; 1. 27 dicembre
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3243 PARTE PRIMA 3244
1983 n. 730, disposizioni per la formazione del bilancio annua le e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1984), art. 33).
A norma dell'art. 14 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, avente effica cia di norma di interpretazione autentica, ai soggetti iscritti ne
gli appositi albi o elenchi professionali di cui all'art. 2229 c.c.
compete l'obbligo di versare i contributi sociali di malattia —
anche se lavoratori dipendenti o titolari di pensione, ma co
munque se esercitano effettivamente la professione — a decor
rere dal 1° gennaio 1980. (1)
Svolgimento del processo. — Richiesti del pagamento dei con tributi per l'assistenza sanitaria relativa agli anni 1980, 1981, e
1982, i professionisti indicati in epigrafe convenivano l'Inps da vanti al Pretore di Napoli per far dichiarare l'inesistenza dell'ob
bligo contributivo, in quanto già obbligatoriamente assicurati quali lavoratori dipendenti o pensionati.
Il giudice adito con sentenza del 19 gennaio 1984 accoglieva la domanda e tale pronuncia, impugnata in appello dall'Inps, ve niva confermata dal Tribunale di Napoli con decisione del 26 marzo 1986.
Rilevava detto giudice che, quando era intervenuta la 1. 11 no vembre 1983 n. 638, la normativa precedente era certamente nel senso che i professionisti titolari di un rapporto di impiego o di pensione restavano esonerati dalla contribuzione. La nuova leg ge, nonostante l'apparente contenuto interpretativo, è in realtà innovativa e come tale inapplicabile per gli anni precedenti in
mancanza di un'esplicita dichiarazione di efficacia retroattiva della norma.
Avverso tale decisione l'Inps ricorre per cassazione deducendo un unico motivo, cui resistono i professionisti con controricorso. Entrambre le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — Denunciando la violazione dell'art. 14 1. 11 novembre 1983 n. 638, rileva l'Inps che le contrastanti
interpretazioni dei giudici di merito in ordine all'obbligo contri butivo dei professionisti dopo l'istituzione del servizio sanitario nazionale e la soppressione dei precedenti enti mutualistici ha re so necessario l'intervento del legislatore con una interpetazione autentica della legislazione vigente, interpretazione contenuta nel l'art. 14 sopra citato.
Di tale norma il 1° comma interpreta autenticamente l'art. 3, 1° comma, lett. b), d.l. 663/79 convertito nella 1. n. 33 del 1980, nel senso che tale norma si applica a tutti i liberi professionisti, anche se contemporaneamente lavoratori dipendenti o pensiona ti, che appartengono a quelle categorie professionali per le quali, al momento dell'entrata in vigore della riforma sanitaria, esiste vano apposite casse o gestioni per l'assicurazione contro la ma lattia.
Il 2° comma riguarda tutti gli altri professionisti, ancorché con
temporaneamente lavoratori dipendenti o pensionati, i quali, ad iniziare dal 1° gennaio 1983, sono tenuti al pagamento dei contri buti di malattia anche sul reddito professionale.
Obiettano i resistenti che, secondo la giurisprudenza di questa corte, il contenuto interpretativo autentico di una legge non può essere ricavato dal titolo del testo legislativo e neppure limitarsi
all'apprezzamento della intenzione del legislatore in sé considera
ta, ma dipende esclusivamente da una particolare struttura della
fattispecie normativa, per la quale la legge medesima, essendo rivolta ad imporre una data interpretazione di una precedente norma, non è suscettibile di applicazione autonoma, ma si inte
gra con le norme interpretate, cosi che la disciplina da applicarsi debba essere desunta cumulativamente dalla norma interpretata e di quella di interpretazione: ne conseguirebbe l'impossibilità di riconoscere natura interpretativa ad una disposizione che, rifor mulando in modo diverso una norma preesistente, provveda a
regolare per il futuro e in modo autonomo la stessa materia. Nella specie, non solo la norma da interpretare aveva un signi
ficato ben chiaro, per cui non vi era spazio per una interpretazione
(1) La sezione lavoro aveva già appianato, nel senso ora fatto proprio dalle sezioni unite, il contrasto sorto in ordine alla natura, interpretativa o innovativa, della disposizione dell'art. 14 d.l. 463/83: v. Cass. 15 gen naio 1988, n. 281, Foro it., Mass., 46; 13 febbraio 1988, n. 1582, ibid., 233; 7 aprile 1988, n. 2769, ibid., 417; 3 marzo 1988, n. 2244, e 10 giu gno 1988, n. 3970, id., 1988, I, 2891, con nota di richiami.
li Foro Italiano — 1988.
autentica, se non ammettendo un'indebita invasione del potere legislativo nell'ambito del potere giudiziario, ma la cosiddetta legge interpretativa ha introdotto per l'individuazione dei soggetti ob
bligati requisiti diversi da quelli indicati dalla legge interpretata, e ha stabilito anche una modifica quantitativa del contributo, cor
rispondente all'esenzione della cosiddetta «quota fissa», se l'eser cizio della professione coincida con l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ovvero col godimento di un trattamento pen sionistico.
In ogni caso l'art. 14 1. 11 novembre 1983 n. 638 avrebbe indi cato espressamente la data della sua entrata in vigore (cioè il 1°
gennaio 1983), per cui inammissibile sarebbe la richiesta dell'Inps per il pagamento dei contributi relativi agli anni antecedenti.
La questione è stata rimessa alle sezioni unite, dato il contrasto insorto nella giurisprudenza della sezione lavoro sulla natura ed
efficacia del predetto art. 14. Infatti la sentenza 12 luglio 1986, n. 4527 (Foro it., Rep. 1986, voce Sanità pubblica, n. 186) ha ritenuto la natura innovativa di detta norma, perché il 2° comma dello stesso articolo impone il pagamento dei contributi a partire dal 1° gennaio 1983, mentre la sentenza 4 luglio 1987, n. 5872
(id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 379) ne ha ritenuto la natura interpretativa e la conseguente efficacia retroattiva: va
aggiunto, per completezza, che dopo la rimessione di questa cau sa alle sezioni unite la sezione lavoro ha continuato a decidere
per la natura interpretativa della norma in esame (vedi sentenze nn. 281, 1582 del 1988, id., Mass., 46, 233, e n. 2244 del 1988, id., 1988, I, 2891 e altre in corso di pubblicazione).
La questione ha origine dalla legislazione che estese alle varie
categorie professionali l'assicurazione obbligatoria contro la ma lattie.
Dette leggi affidarono questo servizio alle casse o istituti, che
gestivano la previdenza, stabilendo che tutti gli iscritti a detti enti erano tenuti a tale assicurazione, ad eccezione dei professionisti «assicurati contro le malattie presso altri enti assicurativi di dirit to pubblico» (vedi art. 4 1. 12 marzo 1968 n. 237, per l'assistenza sanitaria forense; art. 18 1. 23 dicembre 1970 n. 1140, per l'assi stenza sanitaria dei dottori commercialisti, ragionieri e periti com
merciali; art. 5 ter 1. 11 novembre 1971 n. 1046, per ingegneri e architetti; art. 2 d.m. 29 gennaio 1972, per i farmacisti, ecc.)
La ragione di tale esclusione stava nel fatto che il rischio assi curato era unico (la malattia) ed unica e non cumulabile era la
conseguente prestazione (l'assistenza sanitaria), a differenza di altre
prestazioni previdenziali, come ad esempio la pensione di vec
chiaia, che possono essere cumulate.
Ne conseguiva che, se fosse stata imposta ai professionisti, già assicurati per lo stesso rischio presso altri enti assicurativi pubbli ci, l'iscrizione all'assistenza sanitaria professionale, l'onere con tributivo derivante da questa seconda assicurazione obbligatoria, svincolata da qualsiasi possibilità, anche teorica, di una presta zione previdenziale personale, si sarebbe risolto in un onere pura mente fiscale.
L'incompatibilità suddetta non derivava, dunque, dal fatto che, in caso contrario, si sarebbe verificata una doppia contribuzione
previdenziale, perché in ogni caso ogni contribuzione avrebbe tro vato causa in attività diverse anche se contemporanee (l'attività di dipendente dello Stato e quella professionale), ma era una con
seguenza necessaria del sistema mutualistico vigente prima della riforma sanitaria con una pluralità di enti pubblici, preposti al l'assicurazione del medesimo rischio.
Ne consegue che ogni incompatibilità è venuta meno con l'isti tuzione del servizio sanitario nazionale, che, avendo come finali tà la promozione, il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali (art. 1 1. 23 dicembre 1978 n. 833), ha un unico erogatore di servizi e un unico destinatario della contribu
zione, lo Stato. Del resto è la stessa legge a prevedere in prospet tiva una partecipazione contributiva degli assistiti basata non più su contributi in misura fissa o a percentuale sulla retribuzione, ma su una fiscalizzazione dei contributi assicurativi (art. 57 e 53, lett. f, 1. 833/78).
L'introduzione di questo nuovo sistema richiedeva però gra dualità e tempi non brevi, per cui nel frattempo era previsto che il finanziamento dovesse avvenire fino al 31 dicembre 1979 me diante il versamento, in un conto corrente di tesoreria, intestato al ministro del tesoro, dei contributi sociali di malattia pagati dai mutuati (art. 76) e per i soggetti non mutuati, ma tenuti alla
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
prestazione della dichiarazione dei redditi ai fini dell'imposta sul
reddito delle persone fisiche, mediante l'assicurazione obbligato
ria presso il servizio sanitario nazionale col pagamento di una
quota stabilita di anno in anno con decreto interministeriale in
relazione al costo medio pro capite per le prestazioni sanitarie
(art. 63). Fino al 31 dicembre 1979, quindi, non si poneva alcun proble
ma per l'individuazione dei professionisti tenuti al pagamento dei
contributi sociali di malattia, perché ogni cassa o ente professio
nale provvedeva a riscuotere e a versare allo Stato i contributi
dovuti dai propri iscritti all'assistenza contro le malattie.
Con il 1° gennaio 1980 l'accertamento, la riscossione e il recu
pero in via giudiziale di tutti i contributi sociali passò all'Inps
e per tale evenienza fu emanato il d.l. 30 dicembre 1979 n. 663,
convertito nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33, che all'art. 3 stabili,
in via provvisoria e salvo conguaglio, il contributo sociale di ma
lattia dovuto dai liberi professionisti per il 1980 nella misura de
terminata per il 1979 con una quota capitaria minima di lire
125.000 annue, contributo poi fissato in misura definitiva con
successivo d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538 nella misura della quota
capitaria suddetta maggiorata d'una quota pari al 2% del reddito
derivante dall'attività professionale, assoggettata ai fini dell'Ir
pef, entro il limite del massimale di lire 25.000.000.
Spettando all'Inps individuare i liberi professionisti soggetti al
pagamento di detti contributi, la legge suddetta ebbe cura di pre
cisare che trattavasi dei «liberi professionisti, obbligati in base
alle leggi tuttora vigenti all'iscrizione ad un istituto mutualisti
co». Tale espressione nella sua genericità si prestava però ad una
duplice interpretazione, a seconda che essa si intendesse riferita
alle categorie dei liberi professionisti o ai professionisti come
singoli. Interpretata sotto il primo profilo la norma stava a significare
che, anche dopo il periodo transitorio del 1979, veniva ribadita
la distinzione fra categorie di liberi professionisti, per le quali
già esistevano apposite casse di malattie o strutture sanitarie che
gestivano forme di assicurazione obbligatoria (avvocati e procu
ratori, ingegneri e architetti, ragionieri, farmacisti, medici, ecc.),
categorie queste che venivano sottoposte al particolare regime di
calcolo della contribuzione sociale di malattia secondo i parame
tri fissati dalla legge, e le categorie dei professionisti, invece, che
non usufruivano precedentemente di assistenza malattia (agrono
mi, biologi, chimici, geologi, periti agrari, ecc.), per i quali era
obbligatoria l'iscrizione all'assicurazione obbligatoria presso il ser
vizio sanitario nazionale con l'obbligo del pagamento dei contri
buti calcolati a norma dell'art. 63 1. 833/78 (l'unificazione delle
due categorie professionali ai fini della contribuzione di malattia
avverrà successivamente con l'art. 14, 2° comma, d.l. 12 settem
bre 1983 n. 463, convertito nella 1. 11 novembre 1983 n. 638).
Intesa in questo senso, la norma non costituiva affatto una
riconferma dell'esclusione subiettiva dall'obbligo di iscrizione ad
un istituto mutualistico professionale a favore di determinati pro
fessionisti (contemporaneamente assicurati, perché lavoratori su
bordinati o pensionati, presso altri enti assicurativi di diritto
pubblico), esclusione che, come si è visto, presupponeva l'esisten
za di diversi istituti mutualistici, che assicurassero il medesimo
rischio.
Ma la norma poteva essere interpretata anche in un altro sen
so, come riferita cioè non alle categorie professionali ma ai pro
fessionisti, singolarmente tenuti all'iscrizione ad un istituto
mutualistico prima della riforma sanitaria, ed intesa in questo
senso la norma poteva essere considerata come confermativa del
le esclusioni soggettive suddette.
Naturalmente quest'ultima intepretazione fu quella adottata dai
professionisti interessati contrastata dall'Inps che adottava invece
l'altra intepretazione, dando luogo ad un ampio e diffuso con
tenzioso negli anni successivi al 1979.
Il contrasto solo apparente riguardava l'Inps, ma in realtà inte
ressava lo Stato, che con il servizio nazionale è l'unico effettivo
beneficiario dei contributi sociali di malattia, limitandosi l'Inps
alla sola funzione di esattore dei contributi medesimi.
Lo Stato, quindi, era interessato in prima persona a chiarire
il significato preciso da dare alla norma in esame, anche per sot
trarre l'Inps ad un contenzioso oneroso, che non lo riguardavi
direttamente.
Vi fu perciò un primo intervento legislativo di interpretazioni
autentica della norma in esame attuato con l'art. 8 d.l. 10 gen
Il Foro Italiano — 1988.
naio 1983 n. 2, successivamente decaduto per la mancata conver
sione in legge, e un secondo intervento attuato con l'art. 14 d.l.
12 settembre 1983 n. 463, finalmente convertito nella 1. 11 no
vembre 1983 n. 638.
I professionisti resistenti contestano che nella specie ci fosse
spazio per un intervento legislativo di interpretazione autentica
dell'art. 3, lett. b, d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, sostenendo che
l'unica interpretazione possibile di tale norma era quella da essi
adottata.
Ma, a parte il fatto che per giustificare un intervento del gene
re è sufficiente che nella pratica siano sorte delle opinioni diver
genti a tale norma, vi è da rilevare che a nulla approderebbe
un'indagine sull'effettiva portata della disposizione interpretati
va, perché la legge interpretativa esprime, alla pari di tutte le
altre leggi, una norma completa e non vincolata ad alcun presup
posto di fatto, sindacabile dal giudice, per cui detta legge non
potrebbe certo essere disapplicata sotto il profilo che non sussi
sterebbe il presupposto di un'effettiva incertezza sul significato
della norma interpretata. Né varrebbe obiettare che il contenuto
innovativo della legge interpretativa viene invocato non per con
testare la legittimità ma solo per limitarne l'efficacia, dovendosi
negare alle cosiddette leggi interpretative innovative quell'effica
cia retroattiva che è connaturale e tipica delle leggi meramente
ed effettivamente interpretative.
Questa distinzione fra leggi puramente interpretative e leggi
interpretative-innovative non ha infatti alcun fondamento logico
e giuridico. Considerare meramente interpretative solo le leggi che
accolgono l'indirizzo interpretativo prevalente è un non senso,
sia perché potrebbe essere inutile un'interpretazione autentica che
si limitasse a ripetere tale indirizzo, sia perché uno degli scopi
che muove il legislatore ad adottare le leggi interpretative può
essere proprio quello di contrastare l'indirizzo prevalente.
Qualunque sia dunque la ragione, che abbia indotto il legisla
tore ad adottare una legge interpretativa (esistenza di un contra
sto interpretativo o errata presupposizione di esso, o addirittura
consapevole volontà di porre rimedio ad un errore tecnico com
messo al momento della formulazione della norma interpretati
va), essa è una vera e propria norma di legge che ha forza
obbligatoria non perché interpreta esattamente una norma prece
dente, ma perché impone la interpretazione ritenuta più opportu
na dal legislatore, obbligando il giudice ad applicarla in questo
senso a tutti i rapporti non ancora definiti, disciplinati dalla legge
a suo tempo dettata e redatta in termini inadeguati per il raggiun
gimento di detto scopo, ove non fosse intervenuta la legge inte
pretativa. Del tutto non pertinente è il richiamo che i resistenti fanno
alla giurisprudenza di questa corte, secondo la quale l'esplicita
qualificazione data dal legislatore ad una norma come interpreta
tiva di una precedente disposizione non è decisiva per il ricono
scimento di detta qualifica. Tale giurisprudenza fa riferimento
infatti ai casi in cui la nuova legge contiene una autonoma e
completa formulazione di una norma precedente e la natura in
terpretativa o innovativa di essa la si vuole ricavare esclusivamen
te dall'intestazione della nuova legge come interpretativa o dai
lavori preparatori: in tale ipotesi tocca al giudice valutare se sus
sistono altri elementi che portino a confermare l'effettivo conte
nuto interpretativo (e quindi la conseguente efficacia retroattiva
della nuova norma) oppure se si tratta di una formulazione più
chiara e appropriata della norma preesistente, che abroghi questa
e provveda a regolare per il futuro e in modo autonomo la stessa
materia.
Ma la giurisprudenza di questa corte è altrettanto costante nel
l'affermare che il carattere interpretativo di una norma dipende
dalla particolare struttura della fattispecie legale e va riconosciu
ta ogni volta che il contenuto della medesima è caratterizzato
dalla concorrenza di un momento logico-assertivo, consistente nel
l'enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il signifi
cato di un precetto precedente, cui la norma di ricollega nella
sua formulazione e nella sua ratio, e da un momento precettivo,
con il quale conferisce valore normativo all'interpretazione della
norma anteriore, escludendone ogni altra: cosicché la norma in
terpretativa non è suscettibile di applicazione autonoma, ma si
integra con la norma interpretata, e la disciplina da applicarsi
deve essere desunta cumulativamente dalla norma interpretata e
da quella di interpretazione (vedi in questo senso da ultimo Cass.
25 ottobre 1986, n. 6260, id., Rep. 1986, voci Legge, n. 35, e
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3247 PARTE PRIMA 3248
Tributi in genere, n. 659; 12 giugno 1986, n. 3928, id., Rep. 1987, voce Impiegato dello Stato, n. 475; 17 maggio 1984, n. 3053,
id., Rep. 1984, voce Economia nazionale, n. 32). Alla luce di questi principi non sembra al collegio che possa
sussistere dubbio alcuno sulla natura interpretativa del 1° comma
dell'art. 14 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito nella 1. 11
novembre 1983 n. 638, il quale dispone: «La norma di cui all'art. 3, 1° comma, lett. b), d.l. 30 dicem
bre 1979 n. 663, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1.
29 febbraio 1980 n. 33, va interpretata nel senso che obbligati al pagamento del contributo sociale di malattia di cui all'art. 1
d.p;r. 8 luglio 1980 n. 538, e successive modificazioni e integra zioni, sono i soggetti iscritti negli appositi albi o elenchi profes sionali, di cui all'art. 2229 c.c., che esercitano effettivamente la
libera professione, anche se lavoratori dipendenti o titolari di pen
sione, nei limiti previsti dal comma 2 bis, ad eccezione di quelli
appartenenti a categorie professionali per le quali non erano isti
tuite, prima dell'entrata in vigore della 1. 23 dicembre 1978 n.
833, apposite casse o gestioni per l'assicurazione di malattia».
Non si tratta, quindi, come appare chiaramente dal contenuto
obiettivo della norma, di una nuova e autonoma regolamentazio ne dell'obbligo contributivo dei liberi professionisti, perché le di
sposizioni contenute in detta norma hanno un senso solo se
coordinate con le precedenti disposizioni, di cui chiariscono il
significato e l'ambito di efficacia.
Obiettano però i resistenti che la norma in esame solo apparen temente interpreta la precedente disposizione, stabilendo l'obbli
go contributivo a carico anche dei liberi professionisti lavoratori
dipendenti o pensionati, perché in effetti muta tutti i presupposti di fatto per il sorgere di tale obbligo, presupposti che per l'art.
3 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663 consistevano nell'obbligo di iscri
zione ad un istituto mutualistico, e per l'art. 14 consistono invece
nell'iscrizione all'albo e nell'esercizio effettivo della professione. Rilevano inoltre che la nuova disposizione ha altresì' mutato la
misura della contribuzione, escludendo per i professionisti lavo
ratori dipendenti o pensionati l'obbligo della quota capitaria mi
nima, dovuta invece dagli altri professionisti. Anche queste obiezioni sono infondate. Per quanto riguarda
il preteso mutamento dei presupposti, va rilevato che si tratta
di mera apparenza. Come si è già accennato, prima della riforma
sanitaria l'assicurazione contro le malattie fu dalla legge affidata
agli enti e casse che gestivano la previdenza dei professionisti, stabilendo che gli iscritti alla cassa di previdenza erano automati
camente tenuti all'assicurazione contro la malattia, ad eccezione
dei professionisti già assicurati contro questo rischio presso altri
enti mutualistici.
Coincidendo la posizione di assicurati contro le malattie con
quella di obbligato all'iscrizione alla previdenza professionale, salvo le eccezioni suddette, i presupposti di fatto per l'una e l'altra erano gli stessi, e cioè, come risulta dalle varie leggi di previdenza professionale, non solo l'iscrizione all'albo ma anche l'esercizio
effettivo della professione (vedi ad es. per gli avvocati la 1. 8
gennaio 1952 n. 6 e successive modifiche, per i commercialisti la 1. 3 febbraio 1963 n. 100, per gli ingegneri e architetti la 1. 3 gennaio 1981 n. 6, ecc. e per la giurisprudenza da ultimo Cass. 21 novembre 1987, n. 8601, id., Rep. 1987, voce Professioni in
tellettuali, n. 179; 12 agosto 1987, n. 6921, ibid., n. 183; 26 mar zo 1987, n. 2955, ibid., n. 186): gli stessi requisiti cioè richiesti dall'art. 14 in esame.
La necessità di ripetere questi requisiti è stata determinata dal fatto che, essendo la contribuzione di malattia svincolata ormai
dalla previdenza professionale, tocca ora all'Inps in sede di ac
certamento di tale contribuzione, controllare l'esistenza di quei
presupposti di fatto, che prima erano verificati dalle casse e dagli enti professionaeli al momento della iscrizione del professionista alla previdenza.
Per quanto attiene alla misura della contribuzione, nulla impe disce al legislatore, nel momento in cui interpretava autentica mente una norma, chiarendone il significato e l'ambito di efficacia, di limitarne la portata sotto un altro aspetto: ed è ciò che ha fatto l'art. 14 in esame, precisando da una parte che i professio nisti pensionati o lavoratori dipendenti sono soggetti all'obbligo retributivo e dall'altra limitando nei confronti di questi la misura del contributo, escludendone la quota capitaria.
Del tutto infondata è infine la tesi sostenuta dai professionisti, secondo la quale l'efficacia della norma in esame ha inizio dal
1° gennaio 1983, come disposto dal 2° comma dello stesso art. 14.
Il Foro Italiano — 1988.
Quest'ultimo comma si riferisce infatti a quelle categorie dei
liberi professionisti che prima della riforma sanitaria non aveva
no una assicurazione obbligatoria contro le malattie (agronomi,
biologi, chimici, ecc.) e che sono espressamente esclusi dalla di
sciplina dettata nel 1° comma dell'art. 14: tali professionisti, co
me si è visto, erano dopo la riforma sanitaria, tenuti ad assicurarsi
presso il servizio sanitario nazionale e assoggettati alla particola re contribuzione, prevista dall'art. 63 1. 833/78.
Con l'art. 14, 2° comma, e con l'inizio dal 1° gennaio 1983
questi liberi professionisti sono parificati agli altri e assoggettati a contribuzione nella stessa misura prevista per questi (e non co
me per gli anni 1980, 1981 e 1982 alla contribuzione stabilita per i non mutuati).
Non vi è dubbio, invece, che la disposizione del 1° comma
dell'art. 14, in quanto interpretativa della norma contenuta nel
l'art. 3, 1° comma, lett. b), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, retroa
gisce i suoi effetti al momento dell'entrata in vigore della legge
interpretata, efficacia questa non solo connaturale alle norme in
terpretative ma risultante espressamente dal testo della disposi
zione, che dichiara «l'obbligo» di detti professionisti al pagamento del contributo di cui all'art. 1 d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, mentre
il successivo 2° comma richiama lo stesso d.p.r. solo per determi
nare «la misura» del contributo dovuto dai professionisti, non
precedentemente mutuati, a partire dal 1° gennaio 1983.
La sentenza impugnata che non si è attenuta a questi principi va dunque cassata e la causa va rinviata per nuovo esame al Tri
bunale di Avellino, il quale dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
«L'art. 14, 1° comma, 1. 11 novembre 1983 n. 638, di conver
sione del d.l. 12 settembre 1983 n. 483, disponendo che l'art.
3, 1° comma, lett. b), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito
nella 1. 29 febbraio 1980, n. 33, va interpretato nel senso che
obbligati al pagamento del contributo sociale di malattia di cui
all'art. 1 d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, e successive modificazioni
e integrazioni, sono i soggetti iscritti negli appositi elenchi o albi
professionali (e appartenenti a categorie per le quali prima della
riforma sanitaria erano istituite apposite casse o gestioni per l'as
sicurazione contro la malattia), che esercitano effettivamente la
libera professione, anche se lavoratori dipendenti o titolari di pen
sione, costituisce norma di interpretazione autentica del predetto art. 3.
«Ne consegue che l'obbligazione contributiva nei confronti dei
professionisti pensionati o lavoratori dipendenti decorre dalla da
ta di entrata in vigore della norma interpretata (1° gennaio 1980), con l'esonero sempre da tale data del pagamento della quota ca
pitaria annua, come previsto dall'art. 14, comma 1° e 2 bis».
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 17 otto bre 1988, n. 5636; Pres. Granata, Est. R. Sgroi, P.M. Minet
ti (conci, parz. diff.); Soc. Supertravet costruzioni (Avv.
Minervini) c. Melone (Avv. Fazzalari, Venditti) e altri. Cas sa App. Napoli 31 marzo 1987.
Società — Società in accomandita semplice — Partecipazione di
società di capitali in qualità di accomandante — Divieto.
La partecipazione di una società di capitali ad una società in ac
comandita semplice in veste di accomandante comporta la vio
lazione di norme inderogabili concernenti l'amministrazione e i bilanci ed è quindi nulla. (1)
(1) La decisione cassata App. Napoli 31 marzo 1987 è riportata in Foro it., 1988, I, 1285, con nota di Genghini.
Non constano precedenti in termini della Cassazione, il cui orientamen to è peraltro ormai da lungo tempo consolidato nel senso della inammis sibilità della partecipazione di una società di capitali ad una società di
persone: v., in proposito, da ultimo Cass. 28 gennaio 1985, n. 464, id., Rep. 1985, voce Società, nn. 270, 644; per ulteriori riferimenti si rinvia alla nota di Genghini, cit.
Per la giurisprudenza di merito, v., in senso favorevole all'ammissibili
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