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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 18 febbraio...

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sezioni unite civili; sentenza 18 febbraio 1989, n. 955; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Anglani, P.M. Virgilio (concl. conf.); Mazzetti (Avv. Di Marco, Piccialuti) c. Cassa pensioni dipendenti enti locali (Avv. dello Stato Stipo) e Azienda municipalizzata servizi nettezza urbana di Firenze (Avv. Lania, Galati). Cassa Trib. Firenze 14 aprile 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 1485/1486-1487/1488 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183967 . Accessed: 28/06/2014 13:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.115 on Sat, 28 Jun 2014 13:40:07 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 18 febbraio 1989, n. 955; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Anglani,P.M. Virgilio (concl. conf.); Mazzetti (Avv. Di Marco, Piccialuti) c. Cassa pensioni dipendentienti locali (Avv. dello Stato Stipo) e Azienda municipalizzata servizi nettezza urbana di Firenze(Avv. Lania, Galati). Cassa Trib. Firenze 14 aprile 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1485/1486-1487/1488Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183967 .

Accessed: 28/06/2014 13:40

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

lavoro non aveva alcuna particolare capacità nell'attività di ge

stione di una pizzeria, e comunque non ha insegnato alcunché

né ha mai lavorato con i suoi dipendenti, come è stato in tal

senso ritenuto dal giudice di appello. Il ricorso è, pertanto, infondato e deve essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 feb braio 1989, n. 955; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. An

glani, P.M. Virgilio (conci, conf.); Mazzetti (Aw. Di Marco,

Piccialuti) c. Cassa pensioni dipendenti enti locali (Avv. dello

Stato Stipo) e Azienda municipalizzata servizi nettezza urbana

di Firenze (Avv. Lania, Galati). Cassa Trib. Firenze 14 aprile

1982.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sentenza non

definitiva — Riserva d'impugnazione — Ammissibilità — Im

pugnazione immediata successiva — Inammissibilità (Cod. proc.

civ., art. 41, 279, 340, 420).

Anche nel processo del lavoro è ammissibile la riserva d'impu

gnazione avverso la sentenza non definitiva; in tal caso l'impu

gnazione immediata proposta successivamente alla riserva contro

la stessa sentenza non definitiva è inammissibile. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 18 set

tembre 1978, Renato Mazzetti, dipendente dell'Azienda munici

palizzata della nettezza urbana di Firenze, adi il Pretore di Firenze,

giudice del lavoro, e, assumendo che l'azienda non gli aveva cor

risposto taluni emolumenti ed aveva omesso di versare i relativi

contributi, chiese che la stessa fosse condannata a «regolarizzare

la posizione previdenziale dell'istante relativamente alle differen

ze retributive ed al risarcimento dei danni per i periodi per i quali

fossero risultati prescritti il versamento dei contributi e la regola

rizzazione della posizione contributiva».

Successivamente convenne in giudizio anche la Cassa previden

za dipendenti degli enti locali affinché fosse «dichiarata tenuta

a ricevere dall'Asnu il versamento delle somme dovute per la re

golarizzazione della posizione previdenziale, da accertarsi mediante

espletamento di consulenza tecnica e tenuta a versare ad esso istante

l'importo della pensione risultante dovuto, tenuto conto dell'inci

denza delle differenze retributive».

L'azienda costituitasi in giudizio eccepì' il difetto di giurisdizio ne del giudice ordinario e contestò nel merito la fondatezza della

domanda.

La cassa pensioni sostenne che la giurisdizione apparteneva al

la Corte dei conti.

Con sentenza pronunziata all'udienza del 16 marzo 1979 depo

sitata il 9 gennaio 1981, l'adito pretore cosi provvide: «Dichiara

il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice ammini

strativo limitatamente a tutte le domande proposte dal ricorrente

(1) La sentenza è stata pronunciata dalle sezioni unite in quanto il prov

vedimento impugnato risolveva una questione di giurisdizione. Nel senso

che sia ammissibile la riserva d'impugnazione contro sentenza non defini

tiva emessa nel processo del lavoro, v., in senso conforme, Cass. 11 gen

naio 1986, n. 118, Foro it., Rep. 1986, voce Appello civile, n. 14; 28

agosto 1986, n. 5300, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n.

438; 4 febbraio 1983, n. 934, id., Rep. 1983, voce cit., n. 491; 17 dicem

bre 1981, n. 6699, id., Rep. 1982, voce cit., n. 221, e in Riv. giur. lav.,

1982, II, 461, con nota di Orsenigo; 30 ottobre 1981, n. 5736, Foro

it., 1982, I, 1534, con nota di richiami, cui adde Cass. 15 marzo 1984,

n. 1782, id., Rep. 1984, voce cit., n. 217.

Per quanto riguarda l'inammissibilità dell'impugnazione immediata, dopo

che la parte si è avvalsa del diritto di riserva, v. Cass. 4 giugno 1985,

n. 3325, id., 1987, I, 145, con nota di Cea, Pluralità di domande e sen

tenze non definitive. Peraltro, qualora l'altra parte impugni la sentenza definitiva, colui che

si è riservato riguardo la sentenza non definitiva, può proporre a sua

volta impugnazione in forma incidentale: v. Cass. 25 giugno 1987, n.

5587, id., 1988, I, 869, con nota di richiami. Circa l'ammissibilità di

sentenza non definitiva anche nel rito del lavoro, v., di recente, Cass.

5 giugno 1987, n. 4397, ibid., 874, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1989.

Mazzetti contro l'Azienda municipalizzata servizi nettezza urba

na, compensa le spese» osservando, fra l'altro, nella motivazione

che «la domanda contro la cassa pensioni è in sostanza una do

manda di maggior pensione che, ai sensi dell'art. 442 c.p.c. no

vellato dalla 1. n. 533 del 1973, appartiene alla giurisdizione ordinaria».

Con ordinanza pronunziata alla stessa udienza cosi dispose: «Vi

sto l'art. 279; attesa la sentenza parziale pronunziata in data odier

na, rimette le parti (ricorrente e cassa pensioni) dinanzi a sé per

il tentativo di conciliazione da espletarsi all'udienza del 15 mag

gio 1979». All'udienza del 15 maggio 1979, durante la quale il pretore

nominò un consulente tecnico, il procuratore della cassa formulò

riserva di appello differito.

La cassa successivamente propose appello con ricorso deposita

to il 6 gennaio 1982 e notificato per conoscenza anche all'azienda.

L'appellato Mazzetti contestò la fondatezza del gravame ed al

l'udienza di discussione eccepì l'inammissibilità per essere stato

proposto malgrado la riserva di differimento.

L'Asnu si costituì e, premesso che la sentenza del pretore, de

clinatoria della giurisdizione nei confronti di essa azienda, era

passata in giudicato per decorso del termine dichiarò che la costi

tuzione aveva «la esclusiva finalità di vigilare sul processo».

Con sentenza pronunziata all'udienza del 16 marzo 1982 e de

positata il 14 aprile 1982, il Tribunale di Firenze, in riforma della

sentenza di primo grado, dichiarò «il difetto di giurisdizione del

giudice ordinario anche nei confronti della cassa pensioni».

Osservò (dopo aver implicitamente dato atto, attraverso l'espo

sizione, in narrativa, delle principali vicende del processo di pri

mo grado, che il difetto di giurisdizione nei confronti dell'Asnu

dichiarato dal pretore non formava oggetto del giudizio di appel

lo) che infondatamente l'appellato Mazzetti aveva eccepito l'i

nammissibilità dell'appello ex art. 340 c.p.c., atteso che la corretta

interpretazione degli art. 279 e 420 c.p.c. a tale norma collegati

induceva «a ritenere la stessa inapplicabile alle sentenze non defi

nitive ritualmente pronunziate dal giudice del lavoro non suscetti

bili d'impugnazione differita»; che, l'appello era fondato, in

quanto la controversia apparteneva alla giurisdizione della Corte

dei conti. Avverso tale sentenza il Mazzetti ha proposto ricorso per cas

sazione sulla base di due motivi nei confronti della cassa pensioni

e dell'Asnu (solo sulla base del secondo motivo). Gli enti resisto

no con controricorso.

Motivi della decisione. — Il ricorrente, denunziando con il pri

mo motivo la violazione degli art. 340 e 420 c.p.c., deduce che

il tribunale ha ritenuto ammissibile l'appello proposto dalla cassa

in base all'erronea opinione che, a seguito delle modifiche inno

vative apportate dalla 1. 533 del 1973 all'art. 420, le disposizioni

dell'art. 340 sulle impugnazioni differite non siano più applicabili

alle sentenze non definitive pronunziate dal giudice del lavoro,

suscettibili soltanto d'impugnazione immediata.

Il motivo è fondato. La sentenza impugnata muove dalla pre

messa che il 4° comma dell'art. 420, nell'elencare le ipotesi in

cui il giudice deve pronunciare sentenza, pone sullo stesso piano

(seppure in alternativa) quella in cui la causa è matura per la

decisione e quelle in cui sorgono questioni attinenti alla giurisdi

zione, alla competenza ed altre pregiudiziali la cui decisione può

definire il giudizio (in particolare le questioni riguardanti la capa

cità processuale delle parti, la loro rappresentanza, la litispenden

za, continenza e connessione, la validità degli atti introduttivi);

la ratio di tali disposizioni, ispirate all'esigenza della concentra

zione e della rapidità di svolgimento del processo del lavoro, è

ravvisabile nella necessità che «la regolarità del processo sia subi

to accertata, onde evitare che inutilmente ci s'inoltri nella tratta

zione del merito», necessità che «impone — e non semplicemente

permetta — al giudizio del lavoro di decidere con sentenza imme

diata (sempre che non possa adottare, senza istruzione, la deci

sione definitiva di merito) tutte le suindicate questioni pregiudiziali,

aprendo cosi la via alle impugnazioni immediate».

Alla stregua di siffatte premesse, dalla considerazione che la

suindicata esigenza sarebbe frustrata dal differimento della impu

gnazione e, infine, dal rilievo che, contestualmente all'entrata in

vigore della 1. 533 del 1973 «non si è provveduto a modificare

l'art. 340, inserendovi un richiamo espresso anche all'art. 420,

4° comma, oltre che agli art. 278 e 279, 2° comma, n. 4», la

sentenza è pervenuta alla conclusione che le sentenze non definitive

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1487 PARTE PRIMA 1488

pronunciate ritualmente dal giudice del lavoro debbono essere su

bito impugnate al sensi dell'art. 41 o dell'art. 42 o degli art. 339

e 433».

Tale conclusione muove da una inesatta comprensione dell'am

bito di applicazione dell'art. 340 e del rapporto tra art. 279 e 420.

L'art. 340 che, nel testo modificato dall'art. 35 1. 14 luglio 1950 n. 581, ha attribuito con il 1° comma alla parte soccomben

te la facoltà di scelta tra l'appello immediato e quello differito

avverso la sentenza non definitiva, regolando il tempo, il modo

e i limiti dell'esercizio di tale facoltà, non enuncia esplicitamente la nozione di sentenza non definitva (espressione usata soltanto

nella rubrica dell'articolo, intitolata «Riserva facoltativa d'appel lo contro sentenze non definitive»), ma ne indica implicitamente

gli estremi, sia attraverso il rinvio formulato nel 1° comma con

l'espressione «contro le sentenze previste dall'art. 278 e dal n.

4 del 2° comma dell'art. 279» sia attraverso la contrapposizione alla «sentenza che definisce il giudizio» indicata nel 2° comma.

In sostanza deve affermarsi che le disposizioni dell'art. 340 so

no applicabili per qualsiasi sentenza che, alla stregua dei due suin

dicati elementi, debba essere qualificata «non definitiva».

Or dal 2° comma dell'art. 279 — norma di carattere generale,

avente, nel suo complesso, la finalità di fissare i poteri decisori

e istruttori dell'organo giudicante (sia del collegio che del giudice monocratico nella fase decisoria del procedimento) precisando in

quali casi deve pronunziare sentenza e in quali ordinanza — si

evince che, ove sorga questione (prospettata dalle parti o rilevabi

le d'ufficio) di giurisdizione o di competenza (n. 1 del comma) e cioè sulla esistenza della potestas iudicandi del giudice adito

in relazione al rapporto dedotto in giudizio, deve considerarsi

definitiva — in quanto, accertando l'inesistenza di tale potestà

impedisce l'esame del merito e definisce perciò il giudizio — la

sentenza che dichiara il difetto assoluto di giurisdizione o il difet

to della giurisdizione ordinaria ovvero l'incompetenza del giudice adito. Per converso deve qualificarsi non definitiva la sentenza

che, poiché risolve la questione affermando la giurisdizione o la

competenza, consente la prosecuzione del giudizio per l'esame del

merito.

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi per le sentenze pro nunziate nel processo di lavoro. Invero l'art. 420 (contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale) non può essere considerato una

norma innovativa (tanto meno in relazione ai principi sopra esposti in tema di sentenze) ma ha la precipua funzione di adattare al

giudizio del lavoro — nel quale i poteri istruttori e decisori e

istruttori, sono concentrati nel medesimo organo e vengono eser

citati in un'unica fase — alcune norme del giudizio ordinario di

cognizione (fra le altre, gli art. 116, 117, 177, 189, 181 e 279) concernenti i poteri del giudice e della parte, norme strutturate

in relazione alla esistenza di due organi (giudice istruttore e colle

gio) e di due fasi nei procedimenti dinanzi a giudice collegiale ed allo svolgimento in due fasi anche dinanzi al giudice monocra

tico (che in esse svolge rispettivamente funzioni istruttorie e de

cisorie). Per quanto riguarda in particolare il 4° comma il quale dispo

ne che «Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa

maturata per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla

giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui de

cisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla di

scussione e pronunzia sentenza anche non definitiva dando

lettura . . .», appare evidente che detto comma (anche a prescin dere dalla espressa previsione di pronunzia di sentenza non defi

nitiva e dalla implicita contrapposizione di tale ipotesi a quelle in cui le questioni indicate nella prima parte sono state decise

nel senso d'impedire la prosecuzione del giudizio) è stato inserito

non già per derogare al 2° comma dell'art. 279 bensì (in relazio

ne alla ricordata finalità di inserire nella struttura del processo del lavoro disposizioni del procedimento ordinario) per attribuire

al giudice del lavoro, quale organo decidente, il potere di deliba

zione della necessità od opportunità di far decidere dal collegio talune questioni, potere attribuito al giudice istruttore dall'art.

187 c.jj.c. I primi tre commi di tale norma (in gran parte sostanzialmente

riprodotti nel 4° comma dell'art. 420) dispongono infatti che il

giudice istruttore rimette le parti al collegio quando ritiene che

la causa sia matura per la decisione senza bisogno di assunzione

di mezzi di prova o può rimetterle quando ritiene che sia oppor tuno far decidere immediatamente questioni attinenti alla giuris

II Foro Italiano — 1989.

dizione, alla competenza o ad altre pregiudiziali o preliminari di

merito.

Affermato quindi che l'art. 340 deve essere applicato anche

in tema di sentenza non definitiva pronunziata dal giudice del

lavoro, e tale va considerata la sentenza affermativa della giuris

dizione, si osserva che la sentenza del pretore del 16 marzo 1979,

avverso la quale la cassa pensioni, dopo aver formulato riserva

di appello differito, propose appello immediato, contiene due di

stinte pronunzie: l'una espressamente formulata nel dispositivo, con la quale si dichiara il difetto di giurisdizione «in ordine a

tutte le domande proposte contro l'Asnu», ha natura definitiva

(e di essa si tratterà in prosieguo), l'altra chiaramente enucleabile

nella motivazione ed implicitamente menzionata nel dispositivo mediante l'anteposizione dell'avverbio «limitatamente» alla pro nunzia definitiva, con la quale si dichiara che la controversia nei

confronti della cassa appartiene alla giurisdizione ordinaria.

Orbene, tale seconda pronunzia (coevemente alla quale fu emessa

ordinanza di rinvio ad altra udienza per il tentativo di concilia

zione e per l'eventuale espletamento di mezzi istruttori) è, in quanto affermativa della giurisdizione, una sentenza non definitiva. Il

tribunale avrebbe dovuto perciò, in applicazione dell'art. 340, di

chiarare inammissibile l'appello proposto dalla cassa dopo la ri

serva di differimento.

Accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo, pro

posto in subordine, con il quale si censura l'apprezzamento di

difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la sentenza del tri

bunale va cassata senza rinvio in quanto il processo non poteva essere proseguito in appello. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 febbraio

1989, n. 921; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Martone

(conci, conf.); Marras (Avv. Mussio) c. Marras ed altri. Rego lamento di competenza avverso Trib. Grosseto 28 gennaio 1987.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Comunione

tacita familiare agricola — Competenza del pretore in funzione

di giudice del lavoro (Cod. civ., art. 230 bis; cod. proc. civ., art. 409; 1. 19 maggio 1975 n. 151, riforma del diritto di fami

glia, art. 205).

La controversia promossa da componente di una comunione taci

ta familiare agricola è devoluta alla competenza del pretore in

funzione di giudice del lavoro. (1)

(1) La Cassazione muove dall'assunto che la comunione tacita familia re agricola trova la sua disciplina nell'art. 230 bis c.c.; v. Cass. 14 gen naio 1980, n. 337, Foro it., Rep. 1980, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 56 (in Giust. civ., 1980, I, 885); cui adda Cass. 11 maggio 1987, n.

4324, Foro it., 1987, I, 2376, nella motivazione e Cass. 9 maggio 1978, n. 2242, id., Rep. 1979, voce cit., n. 71 (e Giur. it., 1979, I, 1, 464). Conforme è anche la giurisprudenza di merito: v. Pret. Grosseto 28 otto bre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 73; Trib. Parma 2 marzo

1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 42 (e Giur. merito, 1981, 1192). La natura d'impresa della comunione familiare in agricoltura consente

di assimilare la posizione del singolo a quei rapporti di tipo associativo

contemplati dall'art. 409, n. 3, c.p.c. L'orientamento è costante: v. Cass. 4 marzo 1987, n. 2295, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 81; 12 dicembre 1986, n. 7460, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 127; 18 febbraio 1986, n. 955, ibid., n. 128; 12 novembre 1984, n. 5694, id., Rep. 1985, voce cit., n. 117; 23 novembre 1984, n. 6069, ibid., n. 116 (e Giust. civ., 1985, I, 18); 9 aprile 1983, n, 2537, Foro

it., Rep. 1984, voce cit., n. 98 (e Giust. civ., 1984, I, 250); 16 aprile 1983, n. 2640, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 108; 16 dicembre 1982, n. 6969, id., Rep. 1982, voce cit., n. 91; 8 aprile 1981, n. 2012, id., 1981, I, 2209, con nota di L. Lotti. Nello stesso senso si muove la giuri sprudenza di merito: v. Pret. Bari 10 settembre 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n. 118; Pret. Roma 24 luglio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 110; Trib. Parma 2 marzo 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 92. Ne discende che rientrano nella competenza per materia del giudice del lavo ro tutte le controversie aventi ad oggetto la risoluzione della comunione ex art. 230 bis c.c., la condanna al pagamento degli utili, il risarcimento

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