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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 9 giugno 1989,...

Date post: 27-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 9 giugno 1989, n. 2773; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Corda, P.M. Amatucci E. (concl. conf.); Comune di Trieste (Avv. Ferretti Pase, Cognito) c. Poillucci, Prefetto di Trieste. Cassa Pret. Trieste 20 ottobre 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 605/606-607/608 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184524 . Accessed: 28/06/2014 10:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.196 on Sat, 28 Jun 2014 10:39:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 9 giugno 1989, n. 2773; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Corda, P.M. Amatucci E. (concl. conf.);

sezioni unite civili; sentenza 9 giugno 1989, n. 2773; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Corda,P.M. Amatucci E. (concl. conf.); Comune di Trieste (Avv. Ferretti Pase, Cognito) c. Poillucci,Prefetto di Trieste. Cassa Pret. Trieste 20 ottobre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 605/606-607/608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184524 .

Accessed: 28/06/2014 10:39

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

li è irrogata la sanzione pecuniaria (v., infatti, l'art. 20, 3° com

ma, e l'art. 21, 1° comma), di modo che quelle sanzioni sono

applicabili anche nei confronti dei soggetti obbligati in solido a

norma dell'art. 6. Del resto, la stessa definizione legale di «san

zioni accessorie» indica chiaramente che esse seguono l'applica zione della sanzione (pecuniaria) principale, senza distinguere tra

autore della violazione e responsabile solidale.

5. - Fuorviata da un'inesatta impostazione del problema, in

centrata sull'estraneità del proprietario alla violazione (nel senso

di mancata partecipazione), mentre doveva esserlo sulla contra

rietà della circolazione alla volontà del proprietario medesimo (nel

significato prima precisato), la sentenza impugnata risulta inade

guatamente motivata.

In essa si dà atto che fra il 2 o il 30 aprile 1984 il proprietario del veicolo, ferito ad una mano, si recò presso la propria azienda

(di cui faceva parte l'automezzo confiscato) con una frequenza di un paio di pomeriggi alla settimana, trattenendovisi una venti

na di minuti e limitandosi ad effettuare semplici giri di controllo;

e che ne fu assente il giorno 26 aprile, in cui il veicolo venne

posto in circolazione dal figlio. Si perviene, cosi, alla conclusione

della «mancata partecipazione dell'opponente alla commissione

della violazione amministrativa».

Sennonché, tali considerazioni non sono idonee a far ritenere

che la circolazione del veicolo fosse avvenuto non solo senza, ma contro la volontà del proprietario, e che questi, nel periodo

suddetto, avesse lasciato la direzione dell'impresa sì da escludere

la responsabilità solidale dell'imprenditore per la violazione com

messa dal dipendente (art. 6, 3° comma), ossia dal figlio che la

sentenza impugnata non nega fosse inserito nella medesima orga nizzazione aziendale.

6. - Pertanto, il ricorso dev'essere accolto e la sentenza impu

gnata va cassata con rinvio ad altro giudice dello stesso manda

mento, il quale riesaminerà la controversia, uniformandosi al

principio secondo cui l'assoggettamento del proprietario di un vei

colo alla confisca ai sensi dell'art. 21, 3° comma 1. 689/81, anche

quando esso sia stato posto da altri in circolazione, non resta

escluso dal fatto che tale circolazione sia avvenuta senza la vo

lontà del proprietario stesso, occorrendo a tal fine la prova del

l'esternazione di una volontà contraria alla utilizzazione del bene,

a norma dell'art. 6, 1° comma, della citata legge, il quale detta

regole generali in tema di sanzioni amministrative operanti anche

per le sanzioni accessorie non pecuniarie.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 giu

gno 1989, n. 2773; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Corda,

P.M. Amatucci E. (conci, conf.); Comune di Trieste (Avv. Ferretti Pase, Cognito) c. Poillucci, Prefetto di Trieste. Cas

sa Pret. Trieste 20 ottobre 1984.

Circolazione stradale — Divieto di sosta — Deroghe — Sanzione

amministrativa — Opposizione — Sindacato del pretore — Li

miti (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso ammi

nistrativo, art. 4, 5; d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393, t.u. delle

norme sulla circolazione stradale, art. 4; 1. 24 novembre 1981

n. 689, modifiche al sistema penale, art. 23).

Deve essere cassata la sentenza con cui il pretore, chiamato a

decidere sull'opposizione contro l'ordinanza - ingiunzione irro

gativa di sanzione pecuniaria per violazione di provvedimento

sindacale con cui è stato prescritto il divieto di sosta in una

determinata zona (con deroga in favore dei veicoli provvisti

di uno speciale contrassegno), conoscendo incidentalmente del

provvedimento-presupposto, non limiti il sindacato alla legitti

mità ma lo estenda anche al merito. (1)

(1) In senso conforme, Cass. 22 aprile 1985, n. 2645, Foro it., 1985,

I, 1294, con nota di C.M. Barone, ampiamente ricostruttiva delle oscil

lazioni della giurisprudenza della corte circa i limiti del sindacato del pre tore sull'atto - presupposto del provvedimento impugnato, nonché Cass.

14 dicembre 1987, n. 9262, id., Rep. 1988, voce Sanzioni amministrative

e depenalizzazione, n. 51.

Il Foro Italiano — 1990.

Motivi della decisione. — 1. - La sentenza impugnata, esami

nando incidentalmente il provvedimento amministrativo che è al

la base dell'atto sanzionatorio (il provvedimento, cioè, che ha

istituito il divieto di sosta delle automobili, con deroga per quelle che espongono il contrassegno rilasciato a coloro che prestano la propria opera lavorativa o professionale nel palazzo di giusti

zia), ha ritenuto che il provvedimento stesso sia viziato da ecces

so di potere, nella forma dello «sviamento». Dopo avere ricorda

to che la norma (art. 4, 10 comma, lett. b, cod. stradale) consen

te al comune di riservare appositi spazi alla sosta di determinati

veicoli quando ciò sia necessario per motivi di pubblico interesse,

la sentenza afferma che il provvedimento sarebbe illegittimo sot

to un duplice aspetto: per avere erroneamente individuato il pub blico interesse e per avere ignorato il requisito della necessità,

presupposti indispensabili per il corretto esercizio del potere. In relazione al primo aspetto, ha osservato che impropriamen

te era stato identificato nell'interesse pubblico contemplato dalla

norma (che è riferito alla sosta dei veicoli in determinati spazi loro riservati) l'interesse dei possessori dei contrassegni autorizza

tivi della sosta, non sussistendo un particolare interesse dell'am

ministrazione della giustizia che sia tutelabile in tal modo.

In relazione al secondo aspetto, ha osservato che, quand'anche

potesse ammettersi che risponda al pubblico interesse la facilità

di accesso al palazzo di giustizia di determinati dipendenti o pro

fessionisti, la riserva dei posti di parcheggio delle automobili in

loro favore rispondeva non tanto all'esigenza di necessità (da va

lutare con criterio rigoristico, risolvendosi in un sacrificio per la

collettività), ma costituirebbe una mera «comodità». Peraltro, non

risultava neppure che fossero state considerate «particolari esi

genze», allorché si era stabilito il rilascio dei contrassegni, né che

il comune si fosse dato carico di valutare le varie posizioni legit timanti.

2. - Per censurare tali argomenti di motivazione, il ricorrente

comune (legittimato al ricorso dalla sua posizione di interventore

adesivo autonomo soccombente) deduce due motivi di annul

lamento.

Col primo (denunciando, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 4, 1° comma, lett. b,

Nel senso, invece, che l'opponente ha l'onere di estendere i motivi del

l'opposizione a questioni di merito, e che, conseguentemente, il giudice

può estendere il suo sindacato alla validità sostanziale del provvedimento, Cass. 8 settembre 1986, n. 5468, id., 1987, I, 489; per altri richiami in

questo stesso senso si veda la nota a Pret. Castelfranco Veneto 3 aprile

1987, id., 1988, I, 3480. In generale, sul potere-dovere del pretore di esaminare l'intero rappor

to, estendendo il suo esame anche al provvedimento presupposto ed alle

finalità da esso perseguite, Cass. 12 novembre 1987, n. 8327, id., Rep.

1988, voce cit., n. 119.

Da ultimo, sull'influenza, ai fini del sindacato sulla validità sostanziale

del provvedimento da parte del giudice ordinario (nonché sull'onere del

l'opponente di estendere i motivi di opposizione anche a questioni di me

rito), della nullità per vizi di forma dell'ordinanza-ingiunzione impugna

ta, Pret. Roma 11 marzo 1988, id., 1989, I, 2024. Per alcune problemati che connesse alle sanzioni per parcheggio in sosta vietata si veda la nota

a Pret. Castelfranco Veneto, cit.

Nel senso dell'illegittimità dell'ordinanza sindacale che riserva spazi de

stinati a parcheggio solo ai residenti di una determinata zona e non anche

ai titolari di studi professionali ivi ubicati, ancorché non residenti: Tar

Sicilia, sez. I, 13 maggio 1988, n. 294, id., Rep. 1988, voce Circolazione

stradale, n. 85. Conforme, nel senso dell'illegittimità del provvedimento concernente l'apposizione di limiti alla circolazione ove l'autorità preter metta la considerazione dei contrapposti interessi di cui siano portatori

soggetti aventi speciale titolo di qualificazione all'utenza stradale, Tar

Toscana 9 maggio 1988, n. 593, ibid., n. 29.

Sull'illegittimità della circolare ministeriale e del decreto prefettizio ap

plicativo di essa nella parte in cui introducono deroghe al divieto di circo

lazione nei giorni festivi per taluni mezzi pesanti: Tar Lazio, sez. Ili, 7 febbraio 1987, n. 196, id., 1987, III, 247.

Sulla legittimità del provvedimento con cui il sindaco limiti l'uso spe ciale di una strada comunale da parte di una determinata categoria di

utenti (nella specie: gli ambulanti con posteggio consentito da concessio

ne), Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 1986, n. 543, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 42. In particolare sulla motivazione e la congruità dell'istruttoria delle or

dinanze sindacali limitative della circolazione veicolare (nella specie: chiu

sura del centro storico della capitale) si vedano Tar Lazio, sez. II, 16

giugno 1988, n. 865, e 9 giugno 1988, n. 802, id., 1989, III, 297 e Cass.

4 dicembre 1984, n. 6348, id., Rep. 1985, voce cit., n. 26.

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PARTE PRIMA

d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393; nonché, ai sensi dell'art. 360, n.

5, del citato codice di rito, l'omissione, l'insufficienza e la con

traddittorietà della motivazione) lamenta che la sentenza impu

gnata non abbia considerato come il provvedimento erroneamen

te ritenuto illegittimo avesse inteso tutelare le esigenze dei servizi

finalizzati al concreto funzionamento dell'amministrazione della

giustizia; né che il pubblico interesse «può coincidere con l'inte

resse di uno o più soggetti senza che ciò valga ad incidere sull'a

spetto pubblicistico dell'interesse tutelato con il provvedimento

amministrativo»; e neppure che la «necessità» indicata dalla nor

ma era stata concretamente individuata nelle esigenze del servizio

giudiziario, ritenute tutelabili «con le determinazioni contenute

nell'ordinanza sindacale», le quali avevano tenuto conto di una

«consolidata e comprovata esperienza durata un periodo quasi

trentennale, durante il quale si è potuto contemperare l'interesse

pubblico con quello privato degli utenti della strada».

Col secondo motivo di censura (denunciando, ai sensi dell'art.

360, n. 1, c.p.c., il difetto di giurisdizione; nonché, ai sensi del

l'art. 360, n. 3, «la violazione e falsa applicazione dell'art. 23, terz'ultimo comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689, nel suo coordi

namento con gli art. 4 e 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E») il ricorrente comune deduce che il pretore, quantunque avesse

dichiarato di limitare il proprio sindacato alla legittimità del prov vedimento (conosciuto incidentalmente), ha invece esteso la sua

valutazione al merito (travalicando, cosi, i limiti interni della pro

pria competenza giurisdizionale), sia criticando la scelta operata dall'amministrazione nel prendere in considerazione l'interesse pub blico del funzionamento dei servizi dell'amministrazione della giu

stizia, sia contestando l'opportunità di riservare un'area per la

sosta di determinati autoveicoli.

Tali motivi di ricorso, che per la sostanziale unicità della que stione trattata possono essere esaminati congiuntamente, sono

fondati.

Va però chiarito, in via preliminare, che le sezioni unite —

cui la trattazione del ricorso è stata rimessa perché il ricorrente

ha imputato al pretore uno sconfinamento dei limiti della propria

competenza giurisdizionale — non sono chiamate ad emettere una

pronuncia in materia di giurisdizione ai sensi dell'art. 374, 1°

comma, c.p.c., poiché la denuncia concerne unicamente uno scon

finamento dai limiti interni della giurisdizione, ossia un errore

che, se sussistente, conduce a una pronuncia di annullamento, non di declaratoria in materia di giurisdizione.

Ciò chiarito, va subito osservato che l'errore che effettivamen

te inficia la sentenza impugnata va ravvisato nel fatto che il pre tore, per disapplicare il provvedimento presupposto, ha rilevato

in esso un vizio non di legittimità, bensì di merito (ed è proprio in ciò che il ricorrente ha voluto ravvisare quello sconfinamento

del quale si è detto). Errore che, come appare evidente dalla let

tura della sentenza impugnata, ha tratto origine dalla non perfet ta interpretazione di un enunciato di questa corte.

La sentenza impugnata, invero, proclama di uniformarsi agli enunciati della pronuncia di questa corte n. 2499 del 1977 (Foro it., Rep. 1977, voce Circolazione stradale, n. 248), ma poi fini

sce, come sarà qui appresso spiegato, per incorrere proprio in

quell'errore contro il quale la detta pronuncia ha inteso mettere in guardia.

Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale cui le sezioni unite intendono restare fedeli (v., per tutte, la sent. n. 2641 del

1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 232) il giudice ordinario (preto re) chiamato a pronunciare sull'opposizione contro l'irrogazione di sanzioni amministrative può ben conoscere in via incidentale della conformità alla legge del provvedimento presupposto, cioè del provvedimento integrativo della norma la cui violazione è sta ta posta a fondamento delle sanzioni inflitte: con l'avvertimento,

però, che il sindacato (finalizzato all'eventuale disapplicazione) deve essere limitato alla (sola) legittimità e non può, perciò, ri

guardare il merito.

La stessa giurisprudenza, inoltre, ha avuto occasione di chiari

re che la disapplicazione del provvedimento presupposto può con

seguire anche al rilievo del vizio di eccesso di potere per «svia mento». Ma proprio la sentenza cui il pretore ha dichiarato di volersi informare (sent. 2499/77, cit.) ha chiarito che viene eser citato un sindacato di legittimità se si rileva che vi è «contrasto tra le finalità perseguite in concreto dall'autorità amministrativa

e le finalità pubbliche ad essa istituzionalmente affidate»; e che

viene, invece, esercitato un sindacato di merito se si rileva che

non vi è coincidenza tra i fini della norma di legge e il provvedi

li Foro Italiano — 1990.

mento che, per l'attuazione di essa, viene adottato. E ciò perché con tale ultimo sindacato finisce per essere censurata la scelta

(operata dall'amministrazione) dello strumento giuridico amministrativo ritenuto idoneo alla realizzazione di quel fine che

si è inteso perseguire. La differenza è sostanziale, perché nel caso

di eccesso di potere per sviamento si rileva una voluta divergenza di finalità, mentre nell'altro caso il sindacato incide sui poteri discrezionali di scelta dello strumento più idoneo a perseguire il

fine della legge.

Ora, nel caso concreto, la sentenza impugnata finisce per dire

che il provvedimento presupposto non è idoneo a realizzare il

fine pubblico voluto dalla norma (dall'art. 4, 1° comma, lett.

b, cod. stradale); svelando, con ciò, di avere (seppure inconscia

mente, poiché l'intento era quello di rilevare uno sviamento di

potere) svolto un sindacato di merito. Ma — come si è detto — al giudice ordinario è precluso di disapplicare qualunque prov vedimento amministrativo se il vizio di cui lo si ritiene affetto

è un vizio «di merito».

Non v'è dubbio, quindi, che il giudice che contravvenga a una

cosi inflessibile regola esorbita dai limiti interni della propria com

petenza giurisdizionale; ma si è già chiarito che un tale sconfina

mento conduce (non già a una pronuncia sulla giurisdizione, ben

sì) all'annullamento della sentenza affetta da quell'errore. In conclusione, quindi, l'impugnata sentenza deve essere cassa

ta, e la causa deve essere rinviata a un altro giudice (che si desi

gna nel Pretore di Monfalcone).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 giugno 1989, n. 2688; Pres. Granata, Est. Tilocca, P.M. Lo Cascio

(conci, diff.); Peroni (Avv. Rappazzo) c. Santoro (Avv. Fa

miani) e Banco di Sicilia (Aw. Gatti). Conferma App. Peru

gia 21 marzo 1986.

Famiglia (regime patrimoniale della) — Comunione dei beni —

Acquisto di bene immobile da parte di un coniuge — Rinuncia

alla quota di comunione sul medesimo da parte dell'altro —

Ammissibilità (Cod. civ., 177, 178, 179, 2647).

Il consenso del coniuge, risultante dall'atto di acquisto qualora

questo abbia ad oggetto beni immobili o mobili registrati, vale

ad impedire che il bene cada in comunione anche al di fuori delle ipotesi di beni personali. (1)

(1) I) preteso rifiuto del coacquisto «ex lege» da parte di coniuge in comunione legale.

1. - Una sentenza, questa della Suprema corte di cassazione, prima sezione civile (1), che, probabilmente, susciterà non poca sorpresa negli studiosi del diritto; in particolare, in chi aveva avallato l'enunciazione che il carattere della comunione legale come «comunione vincolata», sug gerito da uno dei primi commentatori delle norme novellate (art. 177 ss. c.c.) (2), costituisse indicatore ermeneutico di base nella ricostruzione dogmatica del nuovo istituto familiare.

Da tale carattere, non espressamente codificato ma desumibile dal prin cipio d'inderogabilità delle norme della comunione legale relative all'e

guaglianza delle quote (art. 210, ultimo comma, c.c.) (3), s'indusse, in fatti, che, in regime di comunione, ciascun coniuge perde in parte la sua autonomia (4), subendo talune limitazioni ai poteri di negoziazione patri moniale, tra cui limiti alla possibilità di acquistare un cespite esclusiva mente per sé (5) e a quella di disporre autonomamente dei beni della

(1) La notizia della pronuncia della sentenza fu diffusa da una nota pubblicata in prima pagina su II Sole - 24 Ore del 16 ottobre 1989, n. 284.

(2) Schlesinger, Della comunione legale in Commentario alla riforma del diritto di famiglia a cura di Carraro, Oppo, Trabucchi, Padova, 1977, 1, I, 364 ss.

(3) Schlesinger, op. cit., 366. (4) Schlesinger, op. cit., 365. Recentemente si è precisato (Bocchini,

Regime di pubblicità, in La comunione legale a cura di Bianca, Milano, 1989, I, 209), sulla medesima scia interpretativa, che il regime di comu nione legale «comporta un limite legale ovvero intrinseco al potere di autodeterminazione sul piano patrimoniale del coniuge come tale».

(5) Schlesinger, op. loc. cit.; Bocchini, op. loc. cit.

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