sezioni unite civili; sentenza 9 giugno 1989, n. 2773; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Corda,P.M. Amatucci E. (concl. conf.); Comune di Trieste (Avv. Ferretti Pase, Cognito) c. Poillucci,Prefetto di Trieste. Cassa Pret. Trieste 20 ottobre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 605/606-607/608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184524 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
li è irrogata la sanzione pecuniaria (v., infatti, l'art. 20, 3° com
ma, e l'art. 21, 1° comma), di modo che quelle sanzioni sono
applicabili anche nei confronti dei soggetti obbligati in solido a
norma dell'art. 6. Del resto, la stessa definizione legale di «san
zioni accessorie» indica chiaramente che esse seguono l'applica zione della sanzione (pecuniaria) principale, senza distinguere tra
autore della violazione e responsabile solidale.
5. - Fuorviata da un'inesatta impostazione del problema, in
centrata sull'estraneità del proprietario alla violazione (nel senso
di mancata partecipazione), mentre doveva esserlo sulla contra
rietà della circolazione alla volontà del proprietario medesimo (nel
significato prima precisato), la sentenza impugnata risulta inade
guatamente motivata.
In essa si dà atto che fra il 2 o il 30 aprile 1984 il proprietario del veicolo, ferito ad una mano, si recò presso la propria azienda
(di cui faceva parte l'automezzo confiscato) con una frequenza di un paio di pomeriggi alla settimana, trattenendovisi una venti
na di minuti e limitandosi ad effettuare semplici giri di controllo;
e che ne fu assente il giorno 26 aprile, in cui il veicolo venne
posto in circolazione dal figlio. Si perviene, cosi, alla conclusione
della «mancata partecipazione dell'opponente alla commissione
della violazione amministrativa».
Sennonché, tali considerazioni non sono idonee a far ritenere
che la circolazione del veicolo fosse avvenuto non solo senza, ma contro la volontà del proprietario, e che questi, nel periodo
suddetto, avesse lasciato la direzione dell'impresa sì da escludere
la responsabilità solidale dell'imprenditore per la violazione com
messa dal dipendente (art. 6, 3° comma), ossia dal figlio che la
sentenza impugnata non nega fosse inserito nella medesima orga nizzazione aziendale.
6. - Pertanto, il ricorso dev'essere accolto e la sentenza impu
gnata va cassata con rinvio ad altro giudice dello stesso manda
mento, il quale riesaminerà la controversia, uniformandosi al
principio secondo cui l'assoggettamento del proprietario di un vei
colo alla confisca ai sensi dell'art. 21, 3° comma 1. 689/81, anche
quando esso sia stato posto da altri in circolazione, non resta
escluso dal fatto che tale circolazione sia avvenuta senza la vo
lontà del proprietario stesso, occorrendo a tal fine la prova del
l'esternazione di una volontà contraria alla utilizzazione del bene,
a norma dell'art. 6, 1° comma, della citata legge, il quale detta
regole generali in tema di sanzioni amministrative operanti anche
per le sanzioni accessorie non pecuniarie.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 giu
gno 1989, n. 2773; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Corda,
P.M. Amatucci E. (conci, conf.); Comune di Trieste (Avv. Ferretti Pase, Cognito) c. Poillucci, Prefetto di Trieste. Cas
sa Pret. Trieste 20 ottobre 1984.
Circolazione stradale — Divieto di sosta — Deroghe — Sanzione
amministrativa — Opposizione — Sindacato del pretore — Li
miti (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso ammi
nistrativo, art. 4, 5; d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393, t.u. delle
norme sulla circolazione stradale, art. 4; 1. 24 novembre 1981
n. 689, modifiche al sistema penale, art. 23).
Deve essere cassata la sentenza con cui il pretore, chiamato a
decidere sull'opposizione contro l'ordinanza - ingiunzione irro
gativa di sanzione pecuniaria per violazione di provvedimento
sindacale con cui è stato prescritto il divieto di sosta in una
determinata zona (con deroga in favore dei veicoli provvisti
di uno speciale contrassegno), conoscendo incidentalmente del
provvedimento-presupposto, non limiti il sindacato alla legitti
mità ma lo estenda anche al merito. (1)
(1) In senso conforme, Cass. 22 aprile 1985, n. 2645, Foro it., 1985,
I, 1294, con nota di C.M. Barone, ampiamente ricostruttiva delle oscil
lazioni della giurisprudenza della corte circa i limiti del sindacato del pre tore sull'atto - presupposto del provvedimento impugnato, nonché Cass.
14 dicembre 1987, n. 9262, id., Rep. 1988, voce Sanzioni amministrative
e depenalizzazione, n. 51.
Il Foro Italiano — 1990.
Motivi della decisione. — 1. - La sentenza impugnata, esami
nando incidentalmente il provvedimento amministrativo che è al
la base dell'atto sanzionatorio (il provvedimento, cioè, che ha
istituito il divieto di sosta delle automobili, con deroga per quelle che espongono il contrassegno rilasciato a coloro che prestano la propria opera lavorativa o professionale nel palazzo di giusti
zia), ha ritenuto che il provvedimento stesso sia viziato da ecces
so di potere, nella forma dello «sviamento». Dopo avere ricorda
to che la norma (art. 4, 10 comma, lett. b, cod. stradale) consen
te al comune di riservare appositi spazi alla sosta di determinati
veicoli quando ciò sia necessario per motivi di pubblico interesse,
la sentenza afferma che il provvedimento sarebbe illegittimo sot
to un duplice aspetto: per avere erroneamente individuato il pub blico interesse e per avere ignorato il requisito della necessità,
presupposti indispensabili per il corretto esercizio del potere. In relazione al primo aspetto, ha osservato che impropriamen
te era stato identificato nell'interesse pubblico contemplato dalla
norma (che è riferito alla sosta dei veicoli in determinati spazi loro riservati) l'interesse dei possessori dei contrassegni autorizza
tivi della sosta, non sussistendo un particolare interesse dell'am
ministrazione della giustizia che sia tutelabile in tal modo.
In relazione al secondo aspetto, ha osservato che, quand'anche
potesse ammettersi che risponda al pubblico interesse la facilità
di accesso al palazzo di giustizia di determinati dipendenti o pro
fessionisti, la riserva dei posti di parcheggio delle automobili in
loro favore rispondeva non tanto all'esigenza di necessità (da va
lutare con criterio rigoristico, risolvendosi in un sacrificio per la
collettività), ma costituirebbe una mera «comodità». Peraltro, non
risultava neppure che fossero state considerate «particolari esi
genze», allorché si era stabilito il rilascio dei contrassegni, né che
il comune si fosse dato carico di valutare le varie posizioni legit timanti.
2. - Per censurare tali argomenti di motivazione, il ricorrente
comune (legittimato al ricorso dalla sua posizione di interventore
adesivo autonomo soccombente) deduce due motivi di annul
lamento.
Col primo (denunciando, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 4, 1° comma, lett. b,
Nel senso, invece, che l'opponente ha l'onere di estendere i motivi del
l'opposizione a questioni di merito, e che, conseguentemente, il giudice
può estendere il suo sindacato alla validità sostanziale del provvedimento, Cass. 8 settembre 1986, n. 5468, id., 1987, I, 489; per altri richiami in
questo stesso senso si veda la nota a Pret. Castelfranco Veneto 3 aprile
1987, id., 1988, I, 3480. In generale, sul potere-dovere del pretore di esaminare l'intero rappor
to, estendendo il suo esame anche al provvedimento presupposto ed alle
finalità da esso perseguite, Cass. 12 novembre 1987, n. 8327, id., Rep.
1988, voce cit., n. 119.
Da ultimo, sull'influenza, ai fini del sindacato sulla validità sostanziale
del provvedimento da parte del giudice ordinario (nonché sull'onere del
l'opponente di estendere i motivi di opposizione anche a questioni di me
rito), della nullità per vizi di forma dell'ordinanza-ingiunzione impugna
ta, Pret. Roma 11 marzo 1988, id., 1989, I, 2024. Per alcune problemati che connesse alle sanzioni per parcheggio in sosta vietata si veda la nota
a Pret. Castelfranco Veneto, cit.
Nel senso dell'illegittimità dell'ordinanza sindacale che riserva spazi de
stinati a parcheggio solo ai residenti di una determinata zona e non anche
ai titolari di studi professionali ivi ubicati, ancorché non residenti: Tar
Sicilia, sez. I, 13 maggio 1988, n. 294, id., Rep. 1988, voce Circolazione
stradale, n. 85. Conforme, nel senso dell'illegittimità del provvedimento concernente l'apposizione di limiti alla circolazione ove l'autorità preter metta la considerazione dei contrapposti interessi di cui siano portatori
soggetti aventi speciale titolo di qualificazione all'utenza stradale, Tar
Toscana 9 maggio 1988, n. 593, ibid., n. 29.
Sull'illegittimità della circolare ministeriale e del decreto prefettizio ap
plicativo di essa nella parte in cui introducono deroghe al divieto di circo
lazione nei giorni festivi per taluni mezzi pesanti: Tar Lazio, sez. Ili, 7 febbraio 1987, n. 196, id., 1987, III, 247.
Sulla legittimità del provvedimento con cui il sindaco limiti l'uso spe ciale di una strada comunale da parte di una determinata categoria di
utenti (nella specie: gli ambulanti con posteggio consentito da concessio
ne), Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 1986, n. 543, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 42. In particolare sulla motivazione e la congruità dell'istruttoria delle or
dinanze sindacali limitative della circolazione veicolare (nella specie: chiu
sura del centro storico della capitale) si vedano Tar Lazio, sez. II, 16
giugno 1988, n. 865, e 9 giugno 1988, n. 802, id., 1989, III, 297 e Cass.
4 dicembre 1984, n. 6348, id., Rep. 1985, voce cit., n. 26.
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PARTE PRIMA
d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393; nonché, ai sensi dell'art. 360, n.
5, del citato codice di rito, l'omissione, l'insufficienza e la con
traddittorietà della motivazione) lamenta che la sentenza impu
gnata non abbia considerato come il provvedimento erroneamen
te ritenuto illegittimo avesse inteso tutelare le esigenze dei servizi
finalizzati al concreto funzionamento dell'amministrazione della
giustizia; né che il pubblico interesse «può coincidere con l'inte
resse di uno o più soggetti senza che ciò valga ad incidere sull'a
spetto pubblicistico dell'interesse tutelato con il provvedimento
amministrativo»; e neppure che la «necessità» indicata dalla nor
ma era stata concretamente individuata nelle esigenze del servizio
giudiziario, ritenute tutelabili «con le determinazioni contenute
nell'ordinanza sindacale», le quali avevano tenuto conto di una
«consolidata e comprovata esperienza durata un periodo quasi
trentennale, durante il quale si è potuto contemperare l'interesse
pubblico con quello privato degli utenti della strada».
Col secondo motivo di censura (denunciando, ai sensi dell'art.
360, n. 1, c.p.c., il difetto di giurisdizione; nonché, ai sensi del
l'art. 360, n. 3, «la violazione e falsa applicazione dell'art. 23, terz'ultimo comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689, nel suo coordi
namento con gli art. 4 e 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E») il ricorrente comune deduce che il pretore, quantunque avesse
dichiarato di limitare il proprio sindacato alla legittimità del prov vedimento (conosciuto incidentalmente), ha invece esteso la sua
valutazione al merito (travalicando, cosi, i limiti interni della pro
pria competenza giurisdizionale), sia criticando la scelta operata dall'amministrazione nel prendere in considerazione l'interesse pub blico del funzionamento dei servizi dell'amministrazione della giu
stizia, sia contestando l'opportunità di riservare un'area per la
sosta di determinati autoveicoli.
Tali motivi di ricorso, che per la sostanziale unicità della que stione trattata possono essere esaminati congiuntamente, sono
fondati.
Va però chiarito, in via preliminare, che le sezioni unite —
cui la trattazione del ricorso è stata rimessa perché il ricorrente
ha imputato al pretore uno sconfinamento dei limiti della propria
competenza giurisdizionale — non sono chiamate ad emettere una
pronuncia in materia di giurisdizione ai sensi dell'art. 374, 1°
comma, c.p.c., poiché la denuncia concerne unicamente uno scon
finamento dai limiti interni della giurisdizione, ossia un errore
che, se sussistente, conduce a una pronuncia di annullamento, non di declaratoria in materia di giurisdizione.
Ciò chiarito, va subito osservato che l'errore che effettivamen
te inficia la sentenza impugnata va ravvisato nel fatto che il pre tore, per disapplicare il provvedimento presupposto, ha rilevato
in esso un vizio non di legittimità, bensì di merito (ed è proprio in ciò che il ricorrente ha voluto ravvisare quello sconfinamento
del quale si è detto). Errore che, come appare evidente dalla let
tura della sentenza impugnata, ha tratto origine dalla non perfet ta interpretazione di un enunciato di questa corte.
La sentenza impugnata, invero, proclama di uniformarsi agli enunciati della pronuncia di questa corte n. 2499 del 1977 (Foro it., Rep. 1977, voce Circolazione stradale, n. 248), ma poi fini
sce, come sarà qui appresso spiegato, per incorrere proprio in
quell'errore contro il quale la detta pronuncia ha inteso mettere in guardia.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale cui le sezioni unite intendono restare fedeli (v., per tutte, la sent. n. 2641 del
1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 232) il giudice ordinario (preto re) chiamato a pronunciare sull'opposizione contro l'irrogazione di sanzioni amministrative può ben conoscere in via incidentale della conformità alla legge del provvedimento presupposto, cioè del provvedimento integrativo della norma la cui violazione è sta ta posta a fondamento delle sanzioni inflitte: con l'avvertimento,
però, che il sindacato (finalizzato all'eventuale disapplicazione) deve essere limitato alla (sola) legittimità e non può, perciò, ri
guardare il merito.
La stessa giurisprudenza, inoltre, ha avuto occasione di chiari
re che la disapplicazione del provvedimento presupposto può con
seguire anche al rilievo del vizio di eccesso di potere per «svia mento». Ma proprio la sentenza cui il pretore ha dichiarato di volersi informare (sent. 2499/77, cit.) ha chiarito che viene eser citato un sindacato di legittimità se si rileva che vi è «contrasto tra le finalità perseguite in concreto dall'autorità amministrativa
e le finalità pubbliche ad essa istituzionalmente affidate»; e che
viene, invece, esercitato un sindacato di merito se si rileva che
non vi è coincidenza tra i fini della norma di legge e il provvedi
li Foro Italiano — 1990.
mento che, per l'attuazione di essa, viene adottato. E ciò perché con tale ultimo sindacato finisce per essere censurata la scelta
(operata dall'amministrazione) dello strumento giuridico amministrativo ritenuto idoneo alla realizzazione di quel fine che
si è inteso perseguire. La differenza è sostanziale, perché nel caso
di eccesso di potere per sviamento si rileva una voluta divergenza di finalità, mentre nell'altro caso il sindacato incide sui poteri discrezionali di scelta dello strumento più idoneo a perseguire il
fine della legge.
Ora, nel caso concreto, la sentenza impugnata finisce per dire
che il provvedimento presupposto non è idoneo a realizzare il
fine pubblico voluto dalla norma (dall'art. 4, 1° comma, lett.
b, cod. stradale); svelando, con ciò, di avere (seppure inconscia
mente, poiché l'intento era quello di rilevare uno sviamento di
potere) svolto un sindacato di merito. Ma — come si è detto — al giudice ordinario è precluso di disapplicare qualunque prov vedimento amministrativo se il vizio di cui lo si ritiene affetto
è un vizio «di merito».
Non v'è dubbio, quindi, che il giudice che contravvenga a una
cosi inflessibile regola esorbita dai limiti interni della propria com
petenza giurisdizionale; ma si è già chiarito che un tale sconfina
mento conduce (non già a una pronuncia sulla giurisdizione, ben
sì) all'annullamento della sentenza affetta da quell'errore. In conclusione, quindi, l'impugnata sentenza deve essere cassa
ta, e la causa deve essere rinviata a un altro giudice (che si desi
gna nel Pretore di Monfalcone).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 giugno 1989, n. 2688; Pres. Granata, Est. Tilocca, P.M. Lo Cascio
(conci, diff.); Peroni (Avv. Rappazzo) c. Santoro (Avv. Fa
miani) e Banco di Sicilia (Aw. Gatti). Conferma App. Peru
gia 21 marzo 1986.
Famiglia (regime patrimoniale della) — Comunione dei beni —
Acquisto di bene immobile da parte di un coniuge — Rinuncia
alla quota di comunione sul medesimo da parte dell'altro —
Ammissibilità (Cod. civ., 177, 178, 179, 2647).
Il consenso del coniuge, risultante dall'atto di acquisto qualora
questo abbia ad oggetto beni immobili o mobili registrati, vale
ad impedire che il bene cada in comunione anche al di fuori delle ipotesi di beni personali. (1)
(1) I) preteso rifiuto del coacquisto «ex lege» da parte di coniuge in comunione legale.
1. - Una sentenza, questa della Suprema corte di cassazione, prima sezione civile (1), che, probabilmente, susciterà non poca sorpresa negli studiosi del diritto; in particolare, in chi aveva avallato l'enunciazione che il carattere della comunione legale come «comunione vincolata», sug gerito da uno dei primi commentatori delle norme novellate (art. 177 ss. c.c.) (2), costituisse indicatore ermeneutico di base nella ricostruzione dogmatica del nuovo istituto familiare.
Da tale carattere, non espressamente codificato ma desumibile dal prin cipio d'inderogabilità delle norme della comunione legale relative all'e
guaglianza delle quote (art. 210, ultimo comma, c.c.) (3), s'indusse, in fatti, che, in regime di comunione, ciascun coniuge perde in parte la sua autonomia (4), subendo talune limitazioni ai poteri di negoziazione patri moniale, tra cui limiti alla possibilità di acquistare un cespite esclusiva mente per sé (5) e a quella di disporre autonomamente dei beni della
(1) La notizia della pronuncia della sentenza fu diffusa da una nota pubblicata in prima pagina su II Sole - 24 Ore del 16 ottobre 1989, n. 284.
(2) Schlesinger, Della comunione legale in Commentario alla riforma del diritto di famiglia a cura di Carraro, Oppo, Trabucchi, Padova, 1977, 1, I, 364 ss.
(3) Schlesinger, op. cit., 366. (4) Schlesinger, op. cit., 365. Recentemente si è precisato (Bocchini,
Regime di pubblicità, in La comunione legale a cura di Bianca, Milano, 1989, I, 209), sulla medesima scia interpretativa, che il regime di comu nione legale «comporta un limite legale ovvero intrinseco al potere di autodeterminazione sul piano patrimoniale del coniuge come tale».
(5) Schlesinger, op. loc. cit.; Bocchini, op. loc. cit.
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