La riforma della giustizia amministrativaSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE QUINTA: MONOGRAFIE E VARIETÀ (1990), pp.279/280-305/306Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185183 .
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PARTE QUINTA
aveva punte sbarazzine. Giacché, come egli amava apparire non curante delle forme, specie quando rivestiva cariche importanti, cosi in queste e altre occasioni amava esprimersi in modo diretto, senza sfumature, ma con un sottinteso sorriso, che smorzava in
scherzo l'apparente crudezza.
Questo stile, ovviamente, rispecchiava il suo carattere: un ca rattere che, se vogliamo, poteva apparire un po' ruvido, dai modi
rapidi e sbrigativi. Ma, per essere esatti, bisogna aggiungere che
il suo carattere e i suoi modi si erano alquanto smussati ed ingen tiliti durante i lunghi soggiorni a Bologna e nelle Marche e a
contatto con la giovialità della moglie. Ne risultò un carattere composito, che sembrava in certi casi
asciutto e un po' brusco e si apriva in altri alla gentilezza e all'al
legria. Forti erano, in ogni caso, le sue doti di cuore, le quali gli valsero, dovunque abbia abitato, insegnato, operato, un gran numero di profonde amicizie.
Anche il suo aspetto corrispondeva al suo stile. A ottant'anni
era diritto e asciutto: una linea impeccabile. Alla sua linea teneva molto. Vi è chi lo ricorda camminare a passo svelto al ritorno
dalla Corte o dal Senato, seguito a distanza dalla macchina a sua disposizione, della quale si serviva quasi soltanto per percor rere il centro cittadino. Camminare era appunto uno dei modi, con cui conservò sempre il suo aspetto. Giacché non aveva sol
tanto una linea impeccabile, soprattutto era attraente il suo aspetto. Godeva infatti — ricordarlo non è certo irrispettoso, e d'al
tronde era un luogo comune — di un giudizio femminile molto favorevole. Giudizio femminile giova sottolinearlo, in cui prima era la moglie, la quale gli ha dimostrato costantemente una devo zione cosi amorosa, o, se si preferisce, un amore cosi devoto che
mi sembra difficile trovarne di eguali. Credo si possa dire che l'avere stabilito con la moglie Ebe rapporti cosi stretti, averle
ispirato sentimenti cosi intensi e costanti non è forse l'ultima, né la meno notevole, fra le opere, pur tanto insigni, di Giuseppe Branca.
Giovanni Pugliese
La riforma della giustizia amministrativa (*)
I. - La situazione del progetto di riforma. La Camera dei de
putati ha approvato il 12 ottobre scorso un disegno di legge per la riforma del processo amministrativo (1), che è attualmente al l'esame del Senato (2) per la definitiva approvazione. Il disegno di legge riproduce, con lievi modificazioni, il testo approvato in sede referente dalla Prima Commissione della Camera dei depu tati nella precedente legislatura (3) ed oggetto a suo tempo di am
pie discussioni (4).
Il disegno di legge prevede il conferimento di una delega al
Governo per la riforma della giustizia amministrativa (art. 1). La delega investe alcuni istituti fondamentali della giustizia am
ministrativa: è esteso, in termini consistenti, l'ambito della giuris dizione amministrativa (art. 1, 3° comma, lett. b), è sancita la
soppressione della giurisdizione di merito (salvo che nel caso del giudizio di ottemperanza), è delineata una riforma del processo amministrativo (art. 1,1° comma,-lett. a, e art. 1, 3° comma, lett. a-v) e dei ricorsi amministrativi (art. 1, 3° comma lett. w-z). Il disegno di legge disciplina poi (art. 2) le modalità per l'eserci zio della delega (gli schemi di decreti delegati devono essere sot toposti al parere del Consiglio di Stato, in Adunanza generale, e a una Commissione bicamerale istituita ad hoc). Infine detta alcune norme sulla durata nella carica di Presidente di un Tribu
nale amministrativo regionale: tale durata non può eccedere i cin
que anni, salvo proroga per ragioni particolari. A noi interessa particolarmente la prima parte del disegno di
legge, sulla delega per la riforma del processo amministrativo.
In queste disposizioni la Camera dei deputati ha espresso l'ambi zione di realizzare la prima riforma organica del processo ammi
nistrativo dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblica na (5) e di risolvere i gravi problemi di 'funzionalità' e di spedi tezza che affliggono oggi la giustizia amministrativa. Il disegno di legge non viene considerato semplicemente come una 'riforma
urgente', ma viene collocato nel quadro delle riforme di più am
pio respiro (ciò è espresso anche con la scelta di ricorrere allo
strumento della delega). Viene quindi naturale accostare il dise
gno di legge approvato dalla Camera con le recenti proposte di
riforma dei codici di procedura: si pensi alla riforma del codice di procedura penale e ai progetti di delega e di riforma urgente del codice di procedura civile.
In realtà rispetto alle riforme del processo penale e del proces so civile vi è tutt'al più solo una contiguità temporale: nelle di
scussioni alla Camera sulla riforma del processo amministrativo non è stata dedicata alcuna particolare attenzione alle imposta zioni e ai valori espressi nelle proposte di riforma degli altri pro cessi (6). Il disegno di legge segue logiche di riforma limitate e 'interne' rispetto all'attuale sistema di giustizia amministrativa (sen za, peraltro, prendere in considerazione questioni di rilievo, co
me la possibilità — o meno — di disapplicare atti normativi, su cui è invece necessario portare l'attenzione). In particolare, non sono toccate le questioni riguardanti la giustizia amministra tiva sul versante della giurisdizione civile, ove le esigenze di rifor ma non sono certo di poco momento, anche perché occorre sfa tare la, più o meno consapevole, convinzione di molti che l'alle
gato E della legge n. 2248 del 1865 sia da considerare come un
testo sostanzialmente costituzionale, laddove invece occorrerebbe
modificare quelle norme anche per dare attuazione al 3° comma
dell'art. 113 Cost. Non che delle competenze del giudice ordina rio in materia di giustizia amministrativa il disegno di legge non si occupi, ma l'intervento — attraverso lo smisurato ampliamen to della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di cui si dirà più avanti — risolve la questione sostanzialmente azzeran do tali competenze, tanto da creare serissimi dubbi di costituzio nalità.
Anche se nelle Relazioni parlamentari si sottolinea ripetutamente che la riforma deve porre rimedio all'attuale stato di crisi del
processo amministrativo (7), nel disegno di legge è ignorato com
(*) L'intervento sulla riforma del processo amministrativo che si pub blica unitamente al testo del disegno di legge delega n. 1912 riassume i risultati dei lavori di un gruppo di studio costituito da Umberto Alle gretti, Vincenzo Cernili Irelli, Alfredo Corpaci, Carlo Marzuoli, Andrea Orsi Battaglini, Andrea Proto Pisani, Domenico Sorace, Aldo Travi.
La stesura dei §§ 1,3, 4, 5, 6, 7 è dovuta ad Aldo Travi, quella del § 2 a Carlo Marzuoli, mentre le parti propositive in corsivo sono state redatte collegialmente allo scopo di visualizzare meglio i consensi emersi nel gruppo di studio.
Con la pubblicazione di questo intervento il Foro italiano desidera of frire un contributo al dibattito su di un tema centrale delle nostre istitu zioni, dibattito che si augura di poter alimentare con altri interventi.
(1) Si tratta della proposta di legge n. 788, presentata il 9 luglio 1987 dai deputati Martinazzoli ed altri, alla quale era stata riunita la proposta di legge n. 1726, presentata il 21 ottobre 1987 dal deputato Labriola. Il disegno di legge era stato esaminato, in sede referente, dalla Prima Commissione della Camera, che l'aveva approvato l'8 marzo 1989. Rela tore alla Camera, per conto della Prima Commissione, era l'on. M. Segni.
(2) Al Senato è rubricato al n. 1912. Il disengo di legge è stato asse gnato, anche al Senato, alla Prima Commissione (Affari costituzionali).
(3) Questo testo si basa sul disegno di legge Craxi presentato alla Ca mera nella IX legislatura il 29 febbraio 1984 (e rubricato al n. 1353), al quale fu abbinata la proposta di legge Labriola ed altri presentata il 7 giugno 1984 (rubricata al n. 1803). Il testo di queste proposte di
legge, della proposta della Prima Commissione della Camera e della rela zione del suo Presidente, on. Sullo, si leggono, fra l'altro, nel volume edito dalla Camera deputati La riforma del processo amministrativo, Ro ma, 1987. In questo volume sono pubblicati anche i verbali delle audizio ni disposte dalla Prima Commissione della Camera fra il 2 ottobre 1984 e il 30 ottobre 1984, per conoscere lo stato della giustizia amministrativa.
(4) Si vedano, in particolare, le considerazioni sulla riforma del pro cesso amministrativo formulate, riguardo particolarmente a questo dise gno di legge, nel convegno di Varenna del 1985 (i cui atti sono pubblicati nel volume II processo amministrativo: quadro problematico e linee di
evoluzione, Milano, 1988) e nel Convegno di Padova del 10-11 aprile 1987 (i cui atti sono pubblicati nel volume Prospettive del processo am
ministrativo, Padova, 1990). (5) Questo obiettivo del disegno di legge è sottolineato, sia nelle Rela
zioni parlamentari che nel testo dell'articolato, dalla frequenza di riferi menti alla Costituzione.
(6) Una ragione di questa situazione può essere costituita dal fatto che il disegno di legge sulla riforma del processo amministrativo è stato asse gnato alla Prima Commissione (Affari costituzionali) della Camera e la Se conda Commissione (Giustizia) è stata chiamata solo ad esprimere un parere.
(7) Nella Relazione alla proposta di legge, presentata alla Camera, so no richiamate le statistiche sul processo amministrativo del 1984: nel 1984 il rapporto fra i ricorsi pendenti e i ricorsi decisi era di 10 a 1 e la situa zione continuava a peggiorare, dato che il rapporto fra nuovi ricorsi e ricorsi decisi era di 2 a 1 (cfr. pag. 2 Relazione di Martinazzoli e a. alla proposta di legge n. 788, in Atti Camera, X legislatura — Disegni di legge e relazioni — Documenti).
Il Foro Italiano — 1990.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
pletamente il problema dei carichi arretrati e non sono proposte soluzioni efficaci per porre rimedio al costante aggravamento della
situazione. Eppure i dati richiamati nelle stesse Relazioni parla mentari consentono di affermare con certezza che in presenza di un arretrato cosi consistente ogni riforma del processo ammi
nistrativo sia destinata a fallire. Qualsiasi modello di processo
amministrativo, per quanto perfezionato, non è in grado di risol
vere, di per sé, il problema di un simile arretrato. Si rendono
necessari interventi ulteriori, che comportano indubbiamente scelte
molto delicate (si pensi a quanto fu disposto, in materia di con
tenzioso tributario, in occasione della riforma del 1972, dall'art.
44 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 636, e alle questioni che ne
sono nate). Ma la soluzione peggiore consiste senz'altro nell'i
gnorare le dimensioni reali del problema. Anche le questioni dell'ordinamento giudiziario-amministrativo
che sono più direttamente rilevanti per l'assetto generale della
giustizia amministrativa, come quella del reclutamento dei magi strati amministrativi e degli incarichi extra-giudiziari degli stessi magistrati, non vengono toccate. La riforma riguarda solo la di
sciplina del processo amministrativo.
Attualmente, la situazione appare del tutto favorevole per una
sollecita approvazione del disegno di legge. Anche la Camera,
dopo l'esame in sede referente da parte della Prima Commissio
ne, aveva deliberato celermente il disegno di legge, senza signifi cative obiezioni da parte delle opposizioni.
2. - Assetto della giurisdizione, tutela dei diritti, interessi super individuali, danno risarcibile. Al fine di meglio comprendere la
portata complessiva del disegno di legge, conviene preliminarmente
richiamare l'attenzione sui punti concernenti (innanzitutto, anche
se non solo) questioni di diritto sostanziale o il sistema di tutela
nella sua interezza.
Si intende fare riferimento alle disposizioni: sulla giurisdizione esclusiva, ivi comprese le controversie di pubblico impiego; sulla
legittimazione ad agire per interessi di tipo superindividuale; sulla
risarcibilità di «interessi». a) Il disegno di legge opera un notevolissimo ampliamento del
la giurisdizione esclusiva, peraltro in due direzioni diverse, che
sono perciò da considerare separatamente. Una prima consiste nel conferimento di nuove materie: espro
priazioni, occupazioni, requisizioni (ad eccezione degli indennizzi e di pretese risarcitorie); prestazioni del Servizio sanitario nazio
nale, dell'istruzione, dell'assistenza pubblica (art. 1, 3° comma,
lett. b, n. 3). Un cosi profondo mutamento dell'assetto della giurisdizione
sembra derivare dall'idea che il giudice amministrativo sia «il giu dice naturale» dell'amministrazione (8) e si risolve nell'attribu zione ad esso di una posizione prevalente, con una sostanziale
emarginazione del giudice ordinario. Sorgono però gravi dubbi sulla corrispondenza di un tale inter
vento alla Costituzione. Essa, infatti, se per un verso ammette
l'affidamento della tutela di diritti al giudice amministrativo, per un altro presuppone che al giudice ordinario sia conservato un
ruolo fondamentale, tanto è vero che espressamente prevede la
possibilità di ampliarne i poteri (annullamento di atti ammini strativi di cui all'art. 113, ultimo comma) in vista dell'erogazione di una effettiva tutela.
D'altra parte, la necessità di non dimenticare il ruolo assegnato
al giudice ordinario discende anche dal fatto che, nei confronti
dell'amministrazione, la tutela dei diritti non si esaurisce nei mo
di e mezzi con cui viene resa giustizia in ordine a situazioni sog
gettive già riconosciute come tali (diritti) ma riguarda la connota zione delle situazioni soggettive (in termini di diritto).
L'individuazione di un diritto (esemplare è la vicenda della re
sponsabilità civile extracontrattuale dell'amministrazione), in un
contesto storico e normativo dato, significa, allo stesso tempo,
una delimitazione del potere dell'amministrazione. Questa opera
zione non può che spettare ad un giudice (per genesi, tradizione,
cultura, assetto istituzionale) del tutto estraneo all'amministra
zione, al giudice ordinario (salvo ipotesi particolari).
Nel caso in esame, in cui si tratta di situazioni soggettive con
cernenti beni fondamentali della persona (come la salute e l'istru
zione, ad esempio), le preoccupazioni esternate sembrano essere
ancor più da sottolineare.
Ulteriori motivi depongono in senso sfavorevole a un tanto am
pio allargamento della giurisdizione esclusiva.
L'attribuzione di diritti al giudice amministrativo, nel sistema costituzionale, si giustifica a condizione che, quanto meno, non
si abbia una diminuzione delle possibilità e dei mezzi di tutela. In proposito il disegno di legge, ove non si sopravvalutino le
affermazioni di principio (v. art. 1, 2° comma, lett. e; art. 1, 3° comma, lett. b, n. 1) (9), non può ricevere un giudizio positivo.
Basti qui accennare (per più ampie e puntuali osservazioni si rin
via ai §§ 3 e segg.) alla circostanza che rimangono consistenti limiti
ai mezzi di prova (v. § 3); che manca la previsione di procedimenti
speciali di tutela sommaria non cautelare (v. § 5); che non sono chiari
valore e portata della sentenza di condanna (v. § 6).
Inoltre, non si può omettere di considerare, in un momento
in cui il problema prioritario è quello dei tempi, che un simile conferimento di nuovi compiti appare difficilmente conciliabile con l'obiettivo di una rapida giustizia.
Naturalmente, con quanto accennato, non si vuol trascurare
la necessità di semplificare e ridurre (per quanto possibile) i pro blemi derivanti dalla distinzione fra diritti e interessi; si vuol se gnalare che la via della giurisdizione esclusiva, oltre una certa
misura, comporta rischi che non possono essere taciuti (10). Un intervento del tipo di quello in esame deve dunque essere
riconsiderato alla luce del sistema complessivo; soprattutto, come
già ricordato, occorre tener conto anche della possibilità di ope rare sul versante del giudice ordinario.
Una valutazione diversa sembra invece possibile per l'altro tipo di ampliamento previsto dal disegno di legge (salvo la precisazio ne di cui sotto).
Si tratta degli aspetti collegati ad oggetti in precedenza attri
buiti al giudice amministrativo: «materie strettamente connesse
o conseguenti a quelle già devolute... e, in particolare... diritti
patrimoniali conseguenziali... non esclusi quelli al risarcimento
dei danni», nonché «interessi di qualsiasi natura e rivalutazione
monetaria conseguenti alla condanna al pagamento una somma
determinata» (art. 1, 3° comma, lett. b, n. 3). In questa parte, se e in quanto sia da intendere come un completamento, la dispo sizione è probabilmente opportuna (anzi, se proprio si vuole at
tribuire la giurisdizione su espropriazioni, occupazioni, requisi
zioni, al giudice amministrativo in esclusiva, parrebbe doversi adot
tare un tale criterio anche in questi settori e, con l'occasione,
pure in punto di concessioni, mediante modificazione dell'art. 5 della legge 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali).
Rimane tuttavia da notare che la locuzione «materie stretta
mente connesse o conseguenti» è troppo ampia e generica, cosic
ché potrebbe significare una nuova attribuzione (appunto) di «ma
terie» piuttosto che un completamento. Sarebbe perciò opportu no che la delega chiarisse che non di «materie» si tratta ma (più
limitatamente) di «questioni» e che meglio specificasse detti og getti, dal momento che profili risarcitori, interessi, rivalutazioni,
sono espressamente menzionati.
b) Il disegno di legge si occupa specificamente del giudizio sulle controversie di pubblico impiego e (a parte l'introduzione di un congegno volto a favorire una composizione stragiudiziale, quan
do si tratti di controversie sull'applicazione dei decreti di recepi mento degli accordi) (11) ne prescrive un adeguamento alla disci
plina del processo del lavoro, al fine di «assicurare al pubblico
impiegato, in quanto consentito dalla peculiare natura del rap
(8) V. in questo senso la Relazione di Martinazzoli e a. cit., p. 17.
In realtà, il giudice amministrativo (per ragioni storiche e anche meriti)
può essere il giudice naturale dell'esercizio del potere amministrativo (quan do potere vi è), ma non dell'amministrazione in quanto tale (altrimenti si ripropone quel «foro privilegiato» dell'amministrazione che, pure —
v. la Relazione, cit., p. 17 — si vorrebbe escludere).
(9) Talora enfatiche, si veda la lett. e) cit.: «siano tutelati i diritti del
cittadino nei confronti dell'amministrazione, dei suoi funzionari e dei di
pendenti responsabili di ogni eventuale violazione, in attuazione dell'art.28
della Costituzione» (è noto che il principio di cui all'art. 28 è rimasto
concretamente senza effetti e che, per modificare la situazione, occorre
pensare a specifiche misure sanzionatone, anche di ordine penale).
(10) D'altra parte, non è forse inutile ricordare che l'esigenza di sepa rare diritti e interessi (siccome sono situazioni che abbisognano di tutele
differenziate) riemerge, come noto, nella pur unificata — in via esclusiva — giurisdizione.
(11) 11 procedimento è imperniato su Commissioni, a composizione mista,
nominate dal Commissario del Governo e presiedute da magistrati dei
TAR, v. art. 1, 3° comma, lett. p. Ferma l'esigenza di precisare che
il procedimento è facoltativo, è da segnalare l'inopportunità della utiliz
zazione di magistrati dei TAR per l'incarico ivi indicato.
Il Foro Italiano — 1990.
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PARTE QUINTA
porto, eguaglianza di tutela con il lavoratore privato» (art. 1, 3° comma, lett. ó) (12).
Questa problematica è presa in considerazione nel presente pa
ragrafo per due ragioni. La prima è che il connotato fondamen
tale della materia sta in ciò che le controversie sul pubblico im
piego si caratterizzano, essenzialmente, perché possono coinvol
gere diritti. La seconda è il convincimento che, se l'impianto processuale previsto per la tutela dei diritti (di un qualsiasi dirit to) non è idoneo allo scopo, tale non può divenire in riferimento
a determinati diritti per effetto di singole varianti. In sostanza:
solo dopo aver assicurato una piena tutela dei diritti (di tutti i diritti) si dovrebbe prendere in esame la specificità della contro versia di lavoro che, a quel punto, sembrerebbe rilevare soprat tutto in ordine a misure di accelerazione del processo.
Una sia pur rapidissima rassegna delle disposizioni conferma
quanto osservato.
Il disegno di legge indica, in generale, il modello del processo del lavoro, ma aggiunge: «in quanto consentito dalla peculiare natura del rapporto». La direttiva dell'adeguamento deve dunque fare i conti con un limite che, per un verso, è (troppo) indefinito e, per un altro, finisce per essere tramite, nell'ambito delle con
troversie di lavoro, delle linee prefigurate per il processo ammini
strativo in generale. Invero, il «peculiare» aspetto della «natura
del rapporto» di impiego altro non è se non quell'insieme di enti tà (interesse legittimo, atto e potere amministrativo, amministra
zione) in riferimento a cui è modellato l'impianto fondamentale del processo amministrativo.
Del resto, la considerazione delle norme attinenti aspetti di specie non induce ad una più ottimistica previsione.
A parte l'ordinanza di pagamento di somme di denaro in corso
di giudizio (art. 1, 3° comma, lett. o), che costituisce applicazio ne della regola di cui all'art. 423 c.p.c., in tema di mezzi di prova è sì ammessa la testimonianza ma su presupposti fortemente limi
tativi (v. § 3); non è chiaro se il potere di ordinanza relativo
a comportamenti antisindacali costituisca un procedimento di tu
tela sommaria non cautelare (13); l'ordinanza di pagamento di
somme di denaro di cui all'art. 1, 3° comma, lett. v, n. 2, non
è espressione di un procedimento di tutela sommaria non cautela re (v. § 5).
Come si vede, significativi mezzi di tutela sommaria non caute lare mancano nella giurisdizione esclusiva in generale e continua
no a mancare (o comunque a non essere espressamente e chiara
mente previsti) anche nella giurisdizione esclusiva in tema di pub blico impiego.
c) Il disegno di legge (art. 1, 2° comma, lett. b), prescrive che, «nell'ambito precisato dalla lett. a, la tutela venga prestata cosi
al singolo come alle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del medesimo, riconoscendo pertanto a tali formazio ni la legittimazione ad agire in giudizio per la tutela degli interes si, di cui siano portatrici, riferiti ai beni fondamentali protetti dall'ordinamento giuridico, in attuazione dell'art. 2 della Costi
tuzione» e che si debba «assicurare la protezione degli interessi
diffusi nonché degli interessi di cui sono portatrici collettività e formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo, riferiti a beni fondamentali protetti dall'ordinamento giuridico» (art. 1, 3° comma, lett. j).
Il senso delle disposizioni non è del tutto univoco. Si potrebbe pensare, poiché il citato 2° comma, lett. b, richiama la preceden te lett. a, dove si parla di diritti soggettivi e interessi legittimi, che «l'interesse» di cui si tratta alla lett. b si riferisca anche a diritti.
È pertanto necessario, quale che sia la plausibilità del dubbio or ora affacciato (dato l'estremo rilievo della questione, incidente sulla distribuzione della giurisdizione), che sia adottata una for mulazione idonea ad escludere qualsiasi equivoco circa il fatto che gli interessi di cui alla lett. b non riguardano i diritti soggettivi.
Rappresentata questa esigenza, si può assumere, come sem
bra (14), che il disegno di legge, mediante la lett. b del 2° comma
e la lett. / del 3° comma, abbia inteso dire (analogamente a quanto avvenuto, sia pure solo in favore di certe associazioni, con l'art.
18, 5° comma, della 1. 349/86, istitutiva del Ministero dell'am biente) che collettività e formazioni sociali debbono essere am messe a tutelare in sede giurisdizionale degli interessi per i quali non risulterebbe ammessa l'azione da parte di un individuo singolo.
Nelle attuali condizioni, in cui la figura dell'interesse legittimo non riesce ancora a ricomprendere in misura sufficiente interessi
di natura diffusa e in cui l'amministrazione non riesce a tutelare
in misura soddisfacente certi tipi di interessi, non si può escludere l'opportunità di un intervento legislativo, pur a fronte dei rischi che ciò può comportare (15).
Senonché, se si prende questa strada, diviene criticabile la pre vista limitazione ad interessi riferibili ai «beni fondamentali pro tetti dall'ordinamento giuridico».
A parte le incertezze che si determineranno sul piano applicati vo (mentre, per altro verso, vi sono seri dubbi sull'opportunità di rimediare mediante una specificazione normativa di quei be ni) (16), una volta ammesso (in definitiva) che il fenomeno collet tivo (il gruppo) sia idoneo a soggettivare degli interessi altrimenti non soggettivabili, ciò dovrebbe valere per interessi relativi a qual siasi tipo di bene.
D'altra parte, se vi è una esigenza di circoscrivere e contenere
la prevista legittimazione, appare preferibile operare mediante una
selezione non già degli interessi bensì' dei soggetti legittimandi sulla base della loro rappresentatività.
d) L'art. 1, 2° comma, lett. a, prescrive che «tutti possano
agire in giudizio per la tutela dei propri interessi legittimi e dei propri diritti soggettivi, in attuazione dell'art. 24 della Costitu zione e dei principi comunitari» e che si debba stabilire «la speci fica disciplina del risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi quando sia ammesso dai principi e dalla normativa co munitaria».
La disposizione, inserita in sede di Commissione (17), sembra affermare che sono risarcibili i danni derivanti da lesione di inte ressi, anche ove essi siano collegati a situazioni soggettive qualifi cabili come interessi legittimi, nei casi in cui ciò risulti previsto dalla normativa comunitaria; pare dunque essere una prima mi
sura di attuazione dell'ordinamento comunitario. In realtà, le disposizioni parlano, semplicemente, di «interes
si» (18) e perciò confermano quell'orientamento (da tempo espresso in dottrina) secondo cui danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., è quello subito da qualsiasi interesse patrimoniale ap partenente alla sfera di un soggetto, causato da un'attività non
conforme alla legge. Dunque, non esiste un problema, sotto il
profilo dell'ingiustizia del danno, di risarcibilità delle lesioni ad interessi legittimi; il problema, semmai, sta nella definizione e individuazione di ciò in cui possa consistere il danno. Ma è altra questione, da risolvere in via interpretativa, mediante l'applica zione dei principi di diritto comune (19).
Se questa è la prospettiva corretta, la disposizione in esame non è in linea con quanto desumibile dall'ordinamento comunita
rio, introduce una discriminazione difficilmente giustificabile e potrebbe costituire un ostacolo ad una positiva evoluzione della
giurisprudenza.
3. - L'introduzione del giudizio e il contraddittorio. Nel dise gno di legge, uno dei criteri enunciati come essenziali per l'eserci zio della delega è rappresentato dalla garanzia del contradditto
rio, nel quadro dell'affermazione del principio dell'eguaglianza delle parti nel processo (cfr. 1, 2° comma, lett. c, ecc.). Per valu
(12) Come è noto, l'art. 28 della legge quadro sul pubblico impiego (1. 93/1983) già disponeva che «in sede di revisione dell'ordinamento del la giurisdizione amministrativa» si dovessero emanare norme ispirate «ai
principi» previsti dalle leggi 1970 n. 300 e 1973 n. 533; nel senso dell'ap plicazione dell'art. 28 1. 1970 n. 300 e («in quanto applicabili») delle norme della L. 1973 n. 533, ha altresì disposto l'art. 31, 2° comma, d.P.R. 24 marzo 1981 n. 145 per i dipendenti dell'Azienda autonoma di assisten za al volo e al traffico aereo.
(13) V. art. 1, 3° comma, lett. o.
(14) La problematica in materia, come noto, è complessa e neppure adeguatamente chiarita; la Relazione, cit., parla, prevalentemente, di
«interessi diffusi» e di «interessi» collettivi (v. pp. 13, 14, 20), peraltro aggiunge che essi sono «suscettibili di tutela giurisdizionale solo se abbia no consistenza di interesse legittimo» (p. 20).
(15) Non si deve trascurare che l'emersione della formazione sociale come strumento necessario per la tutela di certi interessi può significare sia espropriazione dell'amministrazione (quando si dovesse ritenere che quei certi interessi sono pubblici) sia espropriazione del singolo (quando si potesse ritenere che quei certi interessi sono propri di imo o più individui).
(16) Che potrebbe risultare limitativa (come si nota nella Relazione, cit., p. 21).
(17) V. Atti Camera, Bollettino Commissioni, I Commissione Perma nente, seduta 8 marzo 1989, p. 38.
(18) V. direttiva CEE 21 dicembre 1989, n. 665, art. 2, 1° comma lett. a, e 4° comma.
(19) Pertanto, ad esempio, se si ritiene che in concreto vi possano esse re danni risarcibili per il partecipante a un concorso privato (v. Cass., sez. lav., 12 ottobre 1988, n. 5494), altrettanto sembrerebbe doversi rico noscere nel caso di concorso pubblico.
Il Foro Italiano — 1990.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
tare come questo principio venga realmente attuato nel disegno di legge, va ricordato che la garanzia del contraddittorio, nel pro cesso amministrativo, coinvolge in particolare la posizione del ri
corrente rispetto all'Amministrazione resistente (a), e la posizione dei controinteressati (b).
al) All'intento di garantire meglio la posizione del ricorrente
rispetto all'Amministrazione, va ricondotta la previsione dell'o
nere per l'Amministrazione di costituirsi tempestivamente in giu dizio (art. 1, 3° comma lett. g, n. 1): si vuole cosi evitare che
la costituzione intervenga solo all'approssimarsi dell'udienza di discussione, lasciando il ricorrente in una posizione deteriore. An
che se nel disegno di legge questo obiettivo non risulta pienamen te precisato (e, soprattutto, come si dirà, non coerentemente per
seguito), è evidente l'intenzione di imporre all'Amministrazione di esporre le proprie difese, di formulare le proprie istanze istrut
torie e di produrre il materiale probatorio (e in particolare il dos
sier del procedimento) entro un termine preciso, nelle prime fasi
del giudizio. In questo modo appare possibile anche uno svolgi mento più sollecito delle ulteriori fasi del giudizio stesso.
Il disegno di legge non precisa però quali effetti possa compor tare la tardività della costituzione dell'Amministrazione, e sul punto rinvia al legislatore delegato. A ben vedere, proprio questo avrebbe
dovuto costituire il profilo qualificante («criterio») della discipli na. La previsione di un termine per la costituzione dell'Ammini
strazione è contemplata già dalla normativa vigente (cfr. art. 22,
1° comma, legge TAR e art. 37 t.u. Cons. Stato): ma la possibili tà di una costituzione tardiva è ammessa pacificamente, anche
proprio per la mancanza di particolari conseguenze a carico del
l'Amministrazione nel caso di scadenza del termine.
A favore di una maggiore precisione nel testo della delega, va
anche considerato che la disciplina del termine per la costituzione
della parte resistente assume una rilevanza specifica nel processo amministrativo. Nel processo amministrativo, infatti, non sem
brano utilizzabili le soluzioni che riconnettono alla scadenza del
termine la preclusione per domande riconvenzionali ed eccezioni
riservate alla parte: le domande riconvenzionali non sono am
messe e le eccezioni riservate alla parte hanno un rilievo molto
limitato. Inoltre nel processo amministrativo la costituzione del
l'Amministrazione va considerata non solo nella prospettiva degli
strumenti per la difesa della parte, ma anche come mezzo per
acquisire elementi utili per valutare le ragioni e i presupposti del
l'atto impugnato, e quindi per valutare meglio la questione di
legittimità dell'atto. Allo scopo di assicurare la costituzione tempestiva dell'Ammi
nistrazione resistente, occorrerebbe introdurre un sistema di mi
sure dirette ad incentivare — attraverso la tecnica delle misure
coercitive sapientemente adottata — la costituzione stessa. In questa
prospettiva sarebbe agevole muovere dal presupposto, tecnicamente
ineccepibile, secondo cui la mancata costituzione tempestiva del
l'Amministrazione, entro i termini ragionevoli previsti dal legisla tore, integra gli estremi della violazione del dovere delle parti
di comportarsi in giudizio con lealtà e probità (alla stregua del fondamentale principio sancito dall'art. 88 cod. proc. civ.), e di
conseguenza ben può essere sanzionato sul piano della condanna
alle spese processuali indipendentemente dalla soccombenza (20). La previsione dell'art. 1, 3° comma, lett. g, n. 1, del disegno
di legge andrebbe pertanto integrata con una formula rigida della
seguente specie: «In particolare previsione che la mancata costituzione tempe
stiva della Amministrazione resistente — nonché la sua costitu
zione con un controricorso limitato a generiche contestazioni del
le tesi del ricorrente, e comunque senza la contestuale produzione
integrale della documentazione in suo esclusivo possesso relativa
ai fatti affermati dal ricorrente — obbliga il giudice a condanna re l'Amministrazione stessa al rimborso a favore dell'attore della
metà delle spese giudiziali indipendentemente dalla soccombenza, per trasgressione al dovere di lealtà e probità.»
La disposizione potrebbe essere rinforzata, autorizzando il le
gislatore delegato anche alla «introduzione di sanzioni a carico
degli amministratori o dei funzionari responsabili del mancato
rispetto dell'onere di costituzione tempestiva e della contestuale
produzione dei documenti», alla stregua di un criterio già adotta to ad altri fini dall'art. 1 3° comma lett. / n. 5 del disegno di legge.
a2) Alcuni accenni contenuti nel disegno di legge attenuano
comunque il valore, per il processo amministrativo, della costitu
zione tempestiva dell'Amministrazione.
Ci riferiamo, in particolare, all'art. 1, 3° comma, lett. /, n.
1, che consente all'Amministrazione di evitare il deposito in giu dizio (e quindi il relativo regime di pubblicità) degli atti e docu menti che ritenga coperti da «segreto d'ufficio». In primo luogo la norma contraddice quanto disposto dal disegno di legge sul
procedimento amministrativo, già approvato dalla Camera dei de
putati (21), ove, pur essendo ammesso che, fuori del processo,
possa essere limitato il diritto d'accesso ai documenti ammini strativi, anche a tutela della riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, resta però sempre garantita «agli interessati la visione
degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscen
za sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuri dici» (art. 24, 2° comma, lett. d). Inoltre, anche qui denunciando
una preoccupante carenza di coordinamento col disegno di legge sul procedimento amministrativo (art. 25), la disposizione in esa me neppure prevede la possibilità che sia sindacata dal giudice, con modalità adattabili a un processo amministrativo già penden
te, l'opposizione del segreto. Tale sindacato è invece ammesso,
come è noto, a proposito del segreto d'ufficio e del segreto pro
fessionale, anche dagli art. 200 e 201 del vigente codice di proce dura penale.
Il fatto è, comunque, che la previsione di un'insindacabile op
ponibilità al giudice del segreto d'ufficio risulta abnorme in un ordinamento processuale, perché finisce col significare che il va
lore del segreto amministrativo è anteposto in assoluto alla ga ranzia del diritto di azione (22). Non basta dunque limitare l'op ponibilità del segreto ai soli casi in cui esso sia «espressamente
previsto e disciplinato dalla legge», ma occorre anche che la legge
espressamente preveda proprio la sua opponibilità al giudice. Oc
corre, cioè, dettare anche per il processo amministrativo norme
analoghe a quelle dettate per gli altri processi in relazione ai se
greti. In conclusione, l'inciso finale dell'art. 1, 3° comma, lett. /, n. 1, relativo al segreto d'ufficio («salvo l'opposizione ecc.») andrebbe sostituito con una formula del seguente tenore: «salvo
l'opposizione del segreto secondo le regole ed i limiti previsti dal
codice di procedura penale». Il disegno di legge, che nelle formulazioni di principio sembra
voler attuare finalmente i principi costituzionali anche nel proces so amministrativo, riflette qui concezioni incompatibili con tali
principi. Confonde l'Amministrazione come autorità (che è tale
nei rapporti sostanziali, ossia al di fuori del processo) con l'Am
ministrazione come parte nel processo. L'Amministrazione come
parte nel processo deve essere uguale alle altre parti, e non può
aver diritto a nessun trattamento privilegiato.
Invece, nel disegno di legge, il principio dell'eguaglianza delle
parti nel processo viene riconosciuto solo in termini relativi: nel
l'art. 1, 2° comma, lett. c, si afferma espressamente che questo
principio deve essere 'contemperato' con la responsabilità dell'Am
ministrazione «per la promozione dello sviluppo della personalità umana e della più ampia partecipazione dei cittadini, in attuazio
ne dell'art. 3 della Costituzione» e con il ruolo specifico assegna
to dalla Costituzione all'Amministrazione «al servizio esclusivo
della comunità nazionale». In questo modo vengono richiamate
norme costituzionali che riguardano solo vicende extraprocessuali come limite al principio dell'eguaglianza delle parti nel processo.
(20) In questa ipotesi si dovrebbe prevedere espressamente un diritto
di regresso dell'Amministrazione nei confronti del funzionario o dell'am
ministrazione responsabile del ritardo. Si tenga presente che l'identifica
zione del funzionario appare resa più agevole, per effetto della previsione
(contenuta nel disegno di legge sulla riforma del procedimento ammini
strativo, richiamato nella nota successiva) di un «responsabile del proce dimento amministrativo»
(21) Il disegno di legge è ora all'esame del Senato: X legislatura —
Senato della Repubblica — d.d.l. n. 2226.
(22) In questo caso sembra possibile individuare come fonte per il legis latore un recente indirizzo del Consiglio di Stato (indirizzo però vivace
mente contestato in altre pronunce anche dello stesso consesso), secondo
cui dovrebbe essere garantito all'Amministrazione di salvaguardare la ri
servatezza di determinati atti: di questi atti sembrerebbe possibile dare
contezza al giudice (proprio perché possono essere stati rilevanti per l'a
dozione del provvedimento impugnato), ma non al ricorrente. La tesi
del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Comm. spec., 8 marzo 1982,
n. 5/1982, in Cons. Stato, 1984, 1, 827) è stata elaborata però con riguar do a un procedimento del tutto peculiare, quello per la decisione del ri
corso straordinario: nel disegno di legge verrebbe sancita in via generale.
Il Foro Italiano — 1990.
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PARTE QUINTA
La posizione di eguaglianza nel processo tra parti private e Pub
blica Amministrazione dovrebbe essere affermata puramente e sem
plicemente, senza pericolosi e — come si è detto — scorrette con
siderazioni sulla peculiare posizione sostanziale dell'Amministra
zione come autorità, sia pure al servizio dei cittadini. Di
conseguenza l'art. 1, 2° comma, lett. c ed, dovrebbe essere sosti
tuito con un unico punto avente la seguente formulazione:
«Attuazione in ogni stato e grado del processo della regola del
contraddittorio, intesa come parità di trattamento processuale delle
parti private e della Pubblica Amministrazione». a3) Di questo indirizzo non soddisfacente del progetto di rifor
ma si trae una conferma nella disposizione che prevede, se l'Am
ministrazione non abbia ottemperato a ordinanze istruttorie, che
la «regola del prudente apprezzamento del giudice» conduca ad
una decisione «allo stato degli atti» (art. 1, 3° comma, lett. /, n. 6). In altre parole, mentre ci attenderemmo semmai una previ sione legislativa che sanzionasse l'Amministrazione con la soc
combenza, viene affermato il principio che in queste ipotesi il
giudice possa respingere il ricorso, non risultando provate le af
fermazioni del ricorrente. Non è chiaro se successivamente il ri
corso possa venire riproposto: nel testo approvato dalla Camera
il punto non viene neppure sfiorato, e una soluzione affermativa
non pare per nulla scontata, perché richiederebbe una consistente
deroga al principio della tassatività dei termini per il ricorso al giudice amministrativo a tutela di interessi legittimi (23).
La previsione di una decisione «allo stato degli atti», oltre ad
essere abnorme rispetto agli indirizzi generali del diritto proces suale moderno, non pare coerente neppure con i principi generali sull'istruttoria nel processo amministrativo, principi che invece
postulano un dovere istituzionale dell'Amministrazione di colla
borazione col giudice. Sono avvalorati comportamenti processua li non corretti dell'Amministrazione, dal momento che viene espres samente ammesso dal legislatore che l'inottemperanza a provve dimenti istruttori possa non recare danno, dal punto di vista
processuale, alla posizione dell'Amministrazione. In questo mo
do anche il richiamo alla «regola del prudente apprezzamento» del giudice sembra sviante, perché questa regola, nel contesto di
comportamenti processuali scorretti dell'Amministrazione, appa re dettata non in vista di una decisione sul ricorso e con il risulta
to di rendere più responsabile l'Amministrazione per il proprio
comportamento nel processo, ma con il risultato di attribuire al
l'Amministrazione una posizione di privilegio, ponendola al ripa ro da conseguenze processuali più gravi per il proprio inadem
pimento. La soluzione di una 'decisione allo stato degli atti' appare poi
particolarmente incompatibile con i principi sulla tutela dei diritti soggettivi, e quindi con l'assetto della giurisdizione esclusiva. An
che per questo profilo la devoluzione al giudice amministrativo
della tutela giurisdizionale di determinati diritti finisce col risulta re penalizzante.
In conclusione, a nostro giudizio la previsione della possibilità di una decisione allo stato degli atti, contenuta nell'art. 1, 3°
comma, lett. /, n. 6, dovrebbe essere puramente soppressa e sosti
tuita con l'altra, secondo cui:
«se la parte cui è ordinata l'esibizione rifiuta di eseguirla senza
giustificato e comprovato motivo, il giudice, valutato ogni altro
elemento di prova, può ritenere ammessi i fatti cui l'esibizione si riferisce».
bl) Il disegno di legge non considera espressamente la posizio ne dei controinteressati: il contraddittorio viene valutato princi palmente nella prospettiva del ricorrente e dell'Amministrazione
resistente (cfr., per esempio, art. 1, 2° comma, lett. c). Ciò si
spiega col fatto che il disegno di legge considera lo svolgimento del processo quasi esclusivamente nella prospettiva del ricorrente.
La garanzia della partecipazione del controinteressato al giudizio rimane senz'altro fuori discussione: basti pensare al fatto che per il caso di pretermissione del controinteressato dal processo è pre vista l'opposizione di terzo (art. 1, 3° comma, lett. u). Resta pe rò da capire come si realizzi, nel progetto di riforma, la chiamata in giudizio del controinteressato, e questo aspetto è importante per valutare se il disegno di legge sia riuscito a superare realmen
te una concezione del processo amministrativo incentrata tutta
sulla tutela del solo ricorrente (24). A questi fini va tenuto particolarmente presente l'art. 1, 3°
comma, lett. g, che, con riferimento particolare alla fase intro
duttiva del giudizio, prevede in via generale l'eliminazione delle
«cause di preclusione e di decadenza che non abbiano fondamen
to in ragioni sostanziali di tutela degli interessi pubblici o privati». Il disegno di legge non dice espressamente quali siano queste
«cause di preclusione e di decadenza». Da una lettura degli Atti
parlamentari (25) risulta però che la disposizione va riferita prin cipalmente all'onere di notifica del ricorso ai controinteressati:
per l'ammissibilità del ricorso deve essere sufficiente la notifica
all'Amministrazione. Questa innovazione deve essere considerata con attenzione e,
a certe condizioni, va accolta con favore. La regola che vige og
gi, dell'onere di notifica del ricorso ad almeno un controinteres
sato, non può garantire una instaurazione completa del contrad
dittorio, ed il suo adempimento può risultare spesso d'impaccio
per l'esercizio del diritto di azione (su un piano pratico perché la notifica deve essere effettuata entro i termini, già piuttosto brevi, per la proposizione del ricorso, e su un piano più sostan
ziale perché spesso l'individuazione di controinteressati rispetto a un determinato atto è controversa). Non si riesce a capire, piut
tosto, perché la Camera dei deputati non abbia voluto esprimere in modo più chiaro l'obiettivo di superare l'onere della notifica
ad almeno un controinteressato. Fra l'altro, ricorrendo a formule
cosi generiche, la delega si presta ad interpretazioni diverse da
parte del legislatore delegato, tutte formalmente non contestabili,
perché la volontà del legislatore delegante non è stata sufficiente
mente esplicita.
b2) Ma, profilo ben più grave è che una volta superato l'onere
di notifica del ricorso al controinteressato, il disegno di legge non
chiarisce per nulla come vada garantito il contraddittorio nel pro cesso. Non interessano ovviamente, a questi fini, la previsione o l'aggiornamento di istituti analoghi all'integrazione del contrad dittorio già previsti dal vigente regolamento di procedura: è logi co che questi aspetti vengano demandati al legislatore delegato (26). Interessa, invece, il fatto che non sia sancito che il contradditto
rio deve essere garantito prima dei momenti decisivi del processo, e in particolare prima di adempimenti istruttori particolari (ulte riori rispetto a quelli, di per sé 'neutri' e 'necessitati', rappresen tati dalla richiesta di deposito degli atti del procedimento). Inte ressa, inoltre, il fatto che non è sancita una possibilità certa di
intervento del controinteressato rispetto ai provvedimenti caute
lari concessi prima dell'integrazione del contraddittorio (per esem
pio, attraverso il riconoscimento al controinteressato di richiede
re il riesame del provvedimento cautelare) (27). Il superamento dell'onere di notifica del ricorso al controinteressato va conside
rato con favore e comporta un progresso rispetto al sistema vi
gente, ma a condizione che l'innovazione sia accompagnata da
altre previsioni che garantiscano al controinteressato di potersi difendere in modo pieno nel processo.
(23) Anzi, la soluzione affermativa appare la meno probabile, dato che viene prevista espressamente, nel caso di decisione allo stato degli atti, una possibilità di tutela d'altro genere, per il «risarcimento dei danni in attuazione dell'art. 28 della Costituzione».
(24) Infatti, se è chiaro che il processo amministrativo realizza istitu zionalmente l'interesse alla tutela del soggetto che afferma di essere stato leso dal provvedimento impugnato, deve essere altrettanto chiaro che lo svolgimento del processo deve ispirarsi al principio della eguaglianza di tutte le parti.
(25) Cfr., negli Atti della Camera, la Relazione al disegno di legge n. 788, di Martinazzoli ed altri, pag. 21.
(26) Non si capisce, però, perché nella legge di delega non sia recepita l'esigenza di criteri di omogeneità con altri ordinamenti processuali più, volte avanzata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
(27) Di questa impostazione si trova un riflesso anche nell'art. 1, 3° comma, lett. v, del disegno di legge, sulle misure cautelari emesse prima della notifica del ricorso. In questa ipotesi è prevista eccezionalmente una forma di «conferma» della misura cautelare dopo l'instaurazione del giu dizio principale, ma questa previsione risulta posta solo a garanzia del contraddittorio con l'Amministrazione, e non con le altre parti.
Le esigenze di tempestività non consentono che l'emissione del provve dimento cautelare debba essere subordinato alla previa integrazione del contraddittorio con i controinteressati. Ma ai controinteressati deve esse re consentito di fare presenti le proprie difese anche rispetto a provvedi menti cautelari del giudice, e questo principio assume un particolare valo re nel processo amministrativo, per il quale la giurisprudenza (alla luce soprattutto dell'incidenza della tutela cautelare sugli interessi sostanziali delle parti) afferma che il procedimento cautelare sia dotato di «autono mia» rispetto al giudizio principale e conseguentemente che l'ordinanza cautelare abbia carattere «decisorio».
Il Foro Italiano — 1990.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
Il disegno di legge, ignorando queste esigenze, per certi versi
sembra aderire al modello attuale, che assicura la partecipazione del controinteressato al processo solo in vista della decisione fi
nale di merito, e quindi impone solo che l'integrazione del con
traddittorio avvenga prima dell'udienza di discussione. Ma in que sto modo è riflessa ancora la struttura di un processo che non
è in grado di garantire effettivamente il principio dell'eguaglianza delle parti nel giudizio.
Per altri versi, invece, il risultato rispetto alla situazione attua
le risulta addirittura peggiorativo. Nel modello attuale, a ben ve
dere, un minimo di contraddittorio (anche se in termini del tutto
insufficienti e imperfetti) viene pur sempre garantito, attraverso
la previsione della notifica ad un controinteressato (28). Almeno
un controinteressato può quindi intervenire tempestivamente in
giudizio, e introdurre nel processo gli interessi istituzionalmente
contrari a quelli del ricorrente. Ma, una volta esclusa la necessità
della notifica del ricorso anche ad un controinteressato, viene meno
anche questo minimo margine di contraddittorio.
Da ultimo, deve essere tenuto presente che il disegno di legge contiene alcune disposizioni che necessariamente comportano la
esigenza di una attenzione ancora maggiore per la posizione dei
controinteressati. Per esempio, la possibilità per il giudice ammi
nistrativo, quando si controverta su provvedimenti di diniego, di
esercitare poteri sostitutivi rispetto all'Amministrazione (v. infra
§ 6) ha come effetto anche un ampliamento delle ipotesi di con
trointeressati nei giudizi di merito. Oggi, nei giudizi su provvedi menti negativi l'individuazione di controinteressati di regola è esclu
sa, perché si possono dare solo sentenze di annullamento, e que ste sentenze, per definizione, non potrebbero pregiudicare direttamente potenziali controinteressati; le conclusioni devono
essere ben diverse, se il giudizio può avere esiti analoghi a quelli di un provvedimento positivo, perché in questo caso un pregiudi zio diretto per i terzi appare senz'altro possibile.
b3) L'attuazione del contraddittorio anche nei confronti dei con
trointeressati potrebbe agevolmente realizzarsi attraverso una pre visione articolata del seguente tenore: («le norme delegate do
vranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:...»). « Valida instaurazione del processo tramite la notificazione del
la domanda alla sola pubblica amministrazione convenuta. Ob
bligo del giudice delegato per la trattazione preliminare di verifi care alla prima udienza la necessità od opportunità di disporre la chiamata in processo dei terzi cui la causa è comune. Discipli na dell'ipotesi di legittimazione all'intervento volontario dei terzi cui la causa è comune».
Nel quadro di questi criteri sarebbe possibile affrontare anche
la questione (che il disegno di legge ignora del tutto) dei cointe ressati cui si estenda l'efficacia della sentenza.
3. - L'istruttoria. Il dibattito sull'istruttoria nel processo am
ministrativo di legittimità è testimoniato, negli Atti parlamentari, da vari ripensamenti al testo del disegno di legge. In questione era principalmente il carattere precipuamente documentale dell'i
struttoria nel processo amministrativo (oggi, la sola deroga am
messa concerne l'acquisizione di dati attraverso l'Amministrazio
ne pubblica, nelle forme delle verificazioni). Nelle varie posizioni espresse, al di là delle diverse formulazioni proposte, è facile con
statare la presenza delle due concezioni fondamentali del proces so amministrativo: la concezione secondo cui il giudice ammini
strativo deve poter conoscere direttamente i fatti e la concezione
secondo cui un tale potere sarebbe inutile o, addirittura, contro
producente. La seconda concezione è stata invero propugnata anche in una
recente pronuncia della Corte costituzionale (n. 251 del 1989): i limiti alla prova sarebbero conseguenza di un carattere connatu
rale al processo amministrativo, e del suo modo di essere una
sorta di giudizio di revisione (e quindi di secondo grado), che riguarderebbe la congruenza del provvedimento impugnato con
gli elementi a disposizione dell'Amministrazione. Il giudice, per tanto, potrebbe cogliere i fatti solo attraverso la mediazione del
l'attività amministrativa: le conseguenze di questa concezione sem
brano travalicare una prospettiva meramente processuale, perché
in definitiva si finisce col negare che il contrasto di un provvedi
mento con la realtà dei fatti possa essere oggetto di sindacato.
a) Il disegno di legge per la riforma del processo amministrati
vo sembra concedere ampio spazio alle esigenze, manifestate so
prattutto alla dottrina, di superamento dei limiti attuali dell'i
struttoria. L'art. 1, 3° comma, lett. /, sancisce «il potere di ac
certamento autonomo da parte del giudice sui fatti oggetto della
controversia», al n. 2 prevede espressamente l'introduzione dei
«mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile», e coeren
temente con questa prospettiva al successivo n. 4 prevede che
all'assunzione della prova proceda un magistrato. Sembrano quindi reali ed effettivi il superamento della concezione del processo am
ministrativo come processo che non consente un accesso diretto
ai fatti e il superamento del sistema equivoco delle verificazioni
che a tale concezione si ricollega. In realtà il risultato complessivo appare molto più incerto. Al
l'affermazione dei principi appena richiamati fa riscontro, nel di
segno di legge, una serie di previsioni che di tali principi riduco no notevolmente la portata. Il riferimento non vale tanto per l'e
sclusione dell'interrogatorio formale e del giuramento, sancita
dall'art. 1,3° comma, lett. I, punto 2: l'esclusione di questi stru
menti può forse rispondere ad una logica coerente con criteri più
generali, che riguardano la particolare ampiezza del principio del
libero convincimento del giudice nel processo amministrativo. Va
notato, però, che dagli Atti parlamentari emerge che la ragione dell'esclusione è costituita dalla convinzione che interrogatorio e giuramento non siano applicabili nei confronti di persone giuri diche complesse come è in genere la Pubblica Amministrazione, e quindi si basa su una valutazione erronea.
Risulta invece più grave l'affermazione, nella stessa norma, del
l'esclusione dei «mezzi di prova che, per la loro natura, si ritenga non possano essere esperiti nei confronti della pubblica ammini
strazione»: la disposizione, che si riferisce a mezzi di prova previ sti dal codice di prcedura civile (ulteriori rispetto al giuramento, all'interrogatorio formale e alla prova testimoniale), appare oscu
ra. Non si capisce, infatti, quali mezzi di prova siano incompati bili con i caratteri dell'Amministrazione, tanto più che la norma
riguarda mezzi previsti dal codice di procedura civile, e nel pro cesso civile l'Amministrazione non fruisce di alcun trattamento
probatorio differenziato. Sul piano pratico la portata della nor
ma può essere marginale, ma su un piano più generale la disposi zione deve fare riflettere, perché l'esclusione di mezzi di prova, in ragione del carattere pubblico dell'Amministrazione che è par te nel processo, esprime ancora una volta la convinzione del legis latore che l'Amministrazione abbia titolo ad un trattamento pro cessuale 'privilegiato'.
In questo quadro risultano particolarmente significative, infi
ne, le scelte espresse in tema di prova testimoniale. La prova te
stimoniale, che il disegno di legge nel testo originario ammetteva
per qualsiasi controversia, viene ora contemplata solo «nei giudi zi in materia di pubblico impiego» (art. 1, 3° comma, lett. /, n. 2), e la sua ammissione è subordinata ad una singolare verifica
del collegio sulla «assoluta necessità» della prova stessa, ossia
alla «mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio» (art. 1,
3° comma, lett. /, n. 3). Il testo della norma, che non risulta neppure ben coordinato
con le modifiche apportate alle formulazioni originarie, finisce
cosi col ridurre lo spazio della prova testimoniale in termini più limitati di quelli previsti dalla stessa sentenza della Corte costitu
zionale 10 aprile 1987, n. 146: infatti la subordinazione della pro va testimoniale alla verifica della mancanza di altri elementi di
prova per dimostrare il fatto non trova alcun riscontro nei princi
pi sul processo del lavoro (che la Corte aveva espressamente ri
chiamato). Emerge una precisa opzione del legislatore per un pro cesso ancora con istruttoria precipuamente documentale, nono
stante tutte le affermazioni di principio già richiamate.
L'esclusione della prova testimoniale (e addirittura la sua limi
tazione, rispetto alla situazione attuale, nelle controversie in ma
teria di pubblico impiego) finisce col rappresentare uno degli ele
menti caratterizzanti (ma non in senso positivo) del disegno di
riforma. Le critiche nei confronti della scelta del legislatore sono
assolutamente evidenti, per quanto riguarda il contenzioso su di
ritti nelle materie di giurisdizione esclusiva: il consistente amplia mento della giurisizione esclusiva, che finisce col coinvolgere di
ritti soggettivi di rilievo primario (come le prestazioni pubbliche in materia di sanità, di istruzione ecc.), viene a comportare, per
effetti di queste rigide limitazioni ai mezzi di prova, una secca riduzione dei margini di tutela. Ciò emerge soprattutto con ri
guardo alla prova di meri fatti, che assume un rilievo decisivo,
per esempio, nelle controversie su risarcimento di danni che ven
(28) Non si dimentichi che frequentemente nel processo amministrati
vo, rispetto a determinati provvedimenti, è identificabile un solo con
trointeressato.
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PARTE QUINTA
gono ora attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo. Escludere in questi casi la prova testimoniale non è coerente con
il quadro degli strumenti di tutela dei diritti definito dal codice civile (non si dimentichi che di regola il codice pone limitazioni alla prova testimoniale solo per la prova di atti negoziali, e non
per la prova di meri fatti), e lascia immutata l'attuale prassi, ca
ratterizzata dal ricorso, per la prova di fatti, a testimonianze scritte, che vengono acquisite al processo senza le dovute garanzie a tute
la della genuinità della dichiarazione e del contraddittorio.
Considerazioni analoghe valgono per il giudizio su interessi le gittimi. Anche qui talvolta assume rilevanza la ricostruzione dei
fatti (si pensi al caso dei fatti materiali che siano assunti quali presupposto di un provvedimento), e non si riesce a capire perché il giudice non li possa conoscere attraverso la prova testimoniale.
L'esclusione della prova testimoniale si traduce, in ultima analisi, in una diseguaglianza delle parti nel processo, perché la versione
accolta dall'Amministrazione nel provvedimento impugnato di
venta difficilmente confutabile. Si finisce, per necessità, con l'av
valorare il sistema vigente, in base al quale la giurisprudenza fini
sce col conferire il carattere di operazioni riservate all'Ammini
strazione alle attività di ricostruzione dei fatti materiali, anche
se essi per definizione non presentano alcun margine di opinabili tà. Non a caso, in questo contesto, la giurisprudenza tendenzial
mente adotta come criterio di valutazione quello di riconoscere
a dichiarazioni testimoniali scritte provenienti da autorità ammi
nistrative un'efficacia probatoria privilegiata, anche quando non
ricorrano le condizioni fissate dalla legge per l'atto pubblico: in mancanza di strumenti d'indagine più specifici, il giudice non ap
pare in grado di valutare puntualmente l'attendibilità della di
chiarazione, e finisce con l'attribuire un rilievo sul piano proces suale a circostanze (come la provenienza della dichiarazione da
una pubblica autorità) che in quella sede dovrebbero risultare del
tutto irrilevanti.
b) Sulla base di tutte queste considerazioni, l'art. 1,3° comma, lett. I, del disegno di legge potrebbe essere cosi riformulato:
«Disciplina del sistema probatorio secondo le seguenti caratte
ristiche: a) pieno potere-dovere del giudice di accertare tramite prove
precostituite e costituende i fatti, se controversi, cui la legge su
bordina l'esercizio dei poteri, ovvero obblighi, facoltà o pretese
dell'Amministrazione o delle parti private;
b) diritto delle parti alla acquisizione al giudizio dei mezzi di prova rilevanti e potere del giudice di disporre d'ufficio l'assun
zione dei mezzi di prova indispensabili per l'accertamento effetti vo dei fatti controversi;
c) disciplina delle modalità di assunzione dei mezzi di prova ispirata al principio del contraddittorio;
d) preminenza del principio della valutazione della prova se
condo il prudente apprezzamento con limitazione della prova le
gale alla prova documentale;
e) efficacia di prova legale della prova documentale solo con
i presupposti ed entro i limiti previsti dal codice civile, e quindi in particolare solo in ordine all'estrinseco e non all'intrinseco del
le dichiarazioni rappresentate;
f) ammissibilità della testimonianza dei terzi e delle parti; valu tazione secondo il prudente apprezzamento delle relative dichia
razioni rese in giudizio o raccolte con la garanzia del contraddit
torio fuori del giudizio nelle ipotesi in cui la legge lo consenta;
g) potere del giudice di disporre consulenza tecnica, di scegliere e di disporre la sostituzione del consulente tecnico (ferme restan
do le norme sulle incompatibilità del consulente tecnico fissate dal codice di procedura civile); esclusione del potere di scelta del
consulente in materia di valutazioni tecniche di fatti opinabili nelle
quali la legge predetermini gli organi dell'Amministrazione cui
è riservata la valutazione tecnica; non utilizzabilità nel processo di consulenze, perizie o valutazioni tecniche formatesi senza il
rispetto del principio del contraddittorio;
h) previsione di misure idonee ad assicurare l'effettività dei po teri di acquisizioni istruttorie».
4. - Lo svolgimento del processo. Nel disegno di legge si affer
ma ripetutamente che la disciplina del processo amministrativo
deve assicurare uno svolgimento del giudizio ispirato a criteri di
funzionalità e di efficienza (cfr. art. 1, 3° comma, lett. i). Resta
da valutare, anche in questo caso, quale sia il significato che la
legge-delega attribuisca a questi criteri generali e come ne pro
ponga l'attuazione.
a) Il disegno di legge, nonostante gli ampi riferimenti alla crisi
Il Foro Italiano — 1990.
della giustizia amministrativa contenuti nelle Relazioni parlamen
tari, non sembra considerare le ragioni che oggi si oppongono ad una trattazione regolare e ordinata dei ricorsi e non si dà cari
co di proporre rimedi. Ciò non vale solo con riferimento ai profi li generali (attinenti, in particolare, all'ordinamento giudiziario amministrativo) richiamati all'inizio, ma vale anche con riferi mento alla disciplina specifica del processo amministrativo.
Ne è esempio la mancanza, fra i criteri della delega, di un prin
cipio direttivo che assicuri la riunione delle impugnative proposte contro il medesimo atto. Eppure nella giustizia amministrativa
l'istituto della riunione assume un rilievo particolare, perché ri
sponde non solo ad esigenze comuni di economia processuale (che,
tuttavia, appaiono già di per sé determinanti, in relazione all'at
tuale situazione di crisi della giustizia amministrativa), ma anche a ragioni più specifiche, riguardanti l'oggetto del processo ammi
nistrativo. La frequenza dei casi di decisioni di annullamento con
efficacia ultra parte o erga omnes (ipotesi che il disegno di legge considera espressamente: v. infra § 6) deve indurre, se non altro, a garantire che alla decisione possano partecipare tutti quanti ab
biano proposto l'impugnazione.
Questa conclusione appare avvalorata dal rilievo che viene ri
conosciuto dallo stesso disegno di legge ai motivi di un annulla
mento (cfr. art. 1, 3° comma, lett. n, n. 4). Se non si impone la riunione dei ricorsi, la sentenza di annullamento del provvedi mento impugnato da un ricorrente finisce col risultare determi
nante anche per gli altri ricorrenti: infatti comporterebbe per essi
la cessazione della materia del contendere. Ma, se si riconosce
che la parte ha interesse ad una decisione in relazione ai motivi
di ricorso, non è logico che l'annullamento pronunciato su ricor
so di una parte vincoli anche altre parti, senza che i motivi dei
ricorsi da esse proposti siano stati esaminati.
Valgono, insomma, ragioni analoghe a quelle espresse nell'art.
2378 3° comma, cod. civ., per impugnative che analogamente a quelle in esame si dirigono contro un unico atto con effetti
inscindibili. In questo caso, come è noto, il codice prevede che
la riunione delle impugnative debba essere disposta obbligato riamente.
b) Per quanto riguarda la struttura del giudizio, il disegno di
legge persegue l'obiettivo di un processo analogo a quello attua
le. Sono state respinte tutte le proposte (formulate con particola re riferimento al processo del pubblico impiego) dirette ad istitui
re un giudice amministrativo monocratico: il giudice amministra
tivo rimane sempre un giudice collegiale. È stata respinta anche
l'ipotesi di affidare ad un giudice singolo la conduzione della fase
preliminare del giudizio: è parso opportuno evitare qualsiasi di
stinzione del giudizio in fasi diverse, e ciò sia per una valorizza
zione della collegialità del giudice, sia per garantire la possibilità di una decisione del ricorso in esito alla sola udienza di discussio
ne. L'unitarietà del procedimento è sottolineata anche nella for
mulazione di alcune disposizioni: si pensi alla scelta di evitare
la denominazione di giudice «istruttore» per il giudice al quale siano demandate decisioni circa gli adempimenti istruttori (cfr. art. 1, 3° comma, lett. /, n. 3). Questo giudice, semplicemente, viene «delegato» per alcuni adempimenti istruttori, e ciò sottoli
nea i limiti del suo potere. Da un esame complessivo del processo amministrativo emerge
però la rilevanza e l'articolazione degli adempimenti del giudice che vanno collocati fra l'introduzione del giudizio e l'udienza di
discussione. Si pensi alle pronunce su istanze cautelari, all'ordine
all'Amministrazione di depositare il dossier del procedimento am
ministrativo (adempimento che deve essere preliminare rispetto ad ogni altro adempimento istruttorio, anche per i suoi riflessi
rispetto alla possibilità di nuove allegazioni da parte del ricorren
te), alle pronunce sull'integrazione del contraddittorio, a quelle sulle istanze istruttorie, a quelle che si correlano alla costituzione
in giudizio dei controinteressati ed alle loro istanze. Certamente, nel processo amministrativo questi interventi del giudice hanno
carattere di eventualità, nel senso che non può escludersi la possi bilità di un ricorso che non richieda la loro effettuazione ai fini della decisione. Ma ciò non fa venir meno (ci pare) l'opportunità che questi interventi del giudice siano oggetto di una riflessione
globale, tanto più che, nel quadro di un'estensione dei poteri cau
telari, di una (sia pur limitata) estensione dei poteri istruttori del
giudice, di un superamento dell'onere di notifica del ricorso al
controinteressato, di un ampliamento del contenzioso su diritti, tali interventi assumeranno necessariamente un rilievo più intenso
e una frequenza maggiore.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
Chiunque abbia avuto esperienza del processo amministrativo
sa con quali ritardi vengono fissate le udienze di discussione del
ricorso: se l'intervento del giudice, anche per i profili in esame, si deve incentrare nell'udienza di discussione, i problemi del pro cesso amministrativo diventeranno sempre più gravi. Rimane vi
va, però, anche l'esigenza di evitare quella frammentazione del
processo in una serie indefinita di udienze, frammentazione che
ha caratterizzato in termini deteriori il processo civile rispetto al
processo amministrativo, e contro la quale sono state avanzate
le proposte più interessanti di riforma del processo civile (dalla riforma del processo del lavoro fino ai c.d. provvedimenti urgen ti attualmente all'esame del Parlamento).
Va valutata, a questo punto, la scelta di concentrare i poteri in capo al collegio, in funzione della unitarietà del procedimento nel giudizio amministrativo. In un contesto caratterizzato dalla
impossibilità per il giudice amministrativo (nella sua attuale strut turazione) di far fronte ordinatamente al carico dei giudizi pen
denti, la scelta di concentrare ogni potere in capo al collegio può
comportare un aggravamento dei problemi oggi esistenti. Sembra
più opportuno attribuire ad un giudice singolo, designato dal Pre
sidente, la responsabilità (se non altro) degli adempimenti preli minari alla discussione. Questa scelta, fra l'altro, può favorire
la specializzazione del giudice, che oggi appare essenziale data
l'estrema eterogeneità di materie devolute alla giurisdizione am
ministrativa. Naturalmente, però, dovrà valere un effettivo prin
cipio di 'concentrazione', per evitare la frammentazione della fa
se preliminare del giudizio. Nel caso che il ricorso possa essere senz'altro deciso nel meri
to, al giudice singolo non spetterà alcun adempimento particolare
(e cosi anche alcune esigenze fondate espresse nel disegno di legge
possono senz'altro essere salvaguardate). In ogni altra ipotesi, a
lui spetterà provvedere agli adempimenti preliminari che risultino
necessari.
Ma non potrà trattarsi, in questo caso, di un giudice semplice mente «delegato» per taluni adempimenti. Se si intende favorire
un'adeguata conoscenza degli atti da parte del magistrato e un'e
conomia nell'attività del giudice, si deve pensare che questo giu dice debba avere una responsabilità 'globale' degli adempimenti
preliminari rispetto all'udienza di discussione. In questa prospet tiva al medesimo giudice possono essere conferiti anche poteri
più ampi, come quello di invitare le parti a regolarizzare atti (si
pensi all'istituto della rimessione in termini) e di decidere il ricor so, quando ritenga che il giudizio possa essere definito con una
pronuncia di rito (29) (30). c) Il disegno di legge sembra prevedere, infine, la necessità di
un'udienza di trattazione del ricorso avanti al collegio (cfr. art.
1, 3° comma, lett. n. 2). È però di comune esperienza che
anche nel processo amministrativo l'udienza di discussione si ri
solva normalmente in un richiamo alle difese scritte. Non pare
quindi opportuno mantenere come necessario un istituto che or
mai ha perso il suo significato: anche a questo proposito sarebbe
utile un richiamo alle proposte per la riforma del codice di proce dura civile, dove è previsto che l'udienza di discussione si tenga solo se sia stata richiesta da una delle parti. In ogni altro caso
la decisione del collegio deve seguire al deposito delle memorie (31) d) I rilievi critici precedentemente svolti potrebbero tradursi nella
formulazione di disposizioni del seguente tenore: («le norme de
legate dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:...»)
«Articolazione del processo di primo grado in due fasi, la pri ma davanti a un giudice singolo designato dal Presidente del Tri
bunale per la trattazione preliminare, la seconda, eventuale, da
vanti al collegio. «Potere del giudice designato per la trattazione preliminare di
disporre, tendenzialmente nella prima udienza, la chiamata dei
terzi cui la causa è comune e di risolvere le questioni di giurisdi
zio ne, competenza, legittimazione attiva e passiva e le altre que stioni pregiudiziali di rito o di merito, nonché di provvedere sul
l'ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova e alla relativa as
sunzione. Previsione che la forma ed il regime dei provvedimenti del giudice della trattazione preliminare siano di regola quelli del
l'ordinanza modificabile e revocabile anche da parte del collegio, eccezion fatta per le ipotesi in cui il giudice stesso risolva questio ni pregiudiziali di rito o di merito nel senso di definire il giudizio. In quet 'ultimo caso la relativa ordinanza è suscettibile solo di
reclamo immediato al collegio, il quale, se respinge il reclamo,
provvede con sentenza immediatamente appellabile. «Previsione che il giudice della trattazione preliminare, esauri
ta l'istruzione nonché ogni qual volta la causa non abbia bisogno di istruzione per la decisione totale del merito, disponga la remis
sione della causa al collegio per la decisione, fissando la data
dell'udienza collegiale solo ove almeno una delle parti abbia chie
sto, all'atto della remissione, che la causa sia discussa oralmente
davanti al collegio. «Previsione che il collegio pronunci: a) sentenza immediata
mente appellabile, ove definisca il giudizio; b) sentenza impugna bile solo in via differita unitamente alla sentenza definitiva, ove risolva nel senso di non definire il giudizio una questione pregiu
diziale di merito o di rito astrattamente idonea a definire il giudi zio; c) ordinanza modificabile e revocabile dal collegio stesso ove
risolva questioni neanche astrattamente idonee a definire il giudizio. «Previsione di misure anche organizzative idonee ad assicurare
la riunione delle domande connesse per identità di oggetto e di
questioni. «Previsione di un rito accelerato per la trattazione delle con
troversie in materia di pubblico impiego».
5. - Tutela cautelare e procedimenti sommari. Nel testo appro vato dalla Camera la tutela cautelare è considerata principalmen te in due distinti gruppi di disposizioni: all'art. 1, 3° comma, lett. /', con riferimento alla tutela 'interinale', all'art. 1, 3° com
ma, lett. v, con riferimento alla tutela 'preventiva'. In realtà la
distinzione attiene soltanto alla collocazione rispetto al giudizio
principale: nel primo caso è considerata la misura cautelare che
viene richiesta in pendenza del giudizio (come è previsto nel siste
ma oggi vigente), nel secondo caso è considerata la misura cutela
re che venga richiesta prima dell'instaurazione del giudizio. La
formulazione dell'art. 1, 3° comma, lett. v, sembra molto più
ampia, perché la norma parla di «procedimenti speciali, per la
tutela con cognizione sommaria e anticipata»: il testo, però, non
deve indurre in errore e dal seguito della disposizione risulta chia
rita meglio la portata reale della norma (32). Le innovazioni apportate dal disegno di legge alla disciplina
della tutela cautelare sono di ordini diversi. Alcune innovazioni
comportano solo correzioni limitate della disciplina vigente, altre
invece esprimono scelte più qualificanti, di revisione del sistema
della tutela cautelare.
a) Tra le disposizioni 'correttive' vanno considerate quelle che
richiedono una motivazione reale dell'ordinanza cautelare e quel le che cercano di evitare una 'inflazione' della tutela cautelare.
L'art. 1, 3° comma, lett. g, n. 2, del disegno di legge prevede che i provvedimenti cautelari devono «esternare motivazione ade
guata e non apodittica»: va però notato che un obbligo del gene re esiste già oggi, ma è rimasto senza sanzioni, e il disegno di
legge in proposito non aggiunge nulla di specifico. Ugualmente il disegno di legge non interviene sulla necessità che la motivazio
ne riguardi anche il 'fumus' del ricorso, profilo rispetto al quale l'attuale prassi risulta particolarmente insoddisfacente.
L'art. 1, 3° comma, lett. /, disponendo che la misura cautelare
possa essere richiesta solo dopo il deposito di una (irrevocabile) istanza di trattazione del ricorso e che in caso di accoglimento il giudice amministrativo debba fissare l'udienza di trattazione
entro sei mesi, non modifica realmente l'attuale stato di cose:
anche in questo caso, però, vanno espressi forti dubbi sulla reale
efficacia della previsione. In fondo, norme analoghe sono già in
vigore (si pensi al contenzioso sulle opere pubbliche e ai giudizi
(29) In questo caso si dovrebbe ammettere anche la possibilità di un
reclamo delle parti al collegio, prevedendo, a garanzia di una maggiore
imparzialità, che del collegio non faccia parte il giudice della cui pronun cia si discute.
(30) Si tenga presente, fra l'altro, che una disciplina dello svolgimento del processo che preveda dei momenti istituzionali di intervento del giudi ce comporterebbe anche preclusioni processuali, tali da assicurare che l'Am
ministrazione esponga tempestivamente le proprie difese.
(31) Cfr. l'art. 29 dei «Provvedimenti urgenti per il processo civile»
cit., che modifica l'art. 275 cod. proc. civ., rendendo del tutto eventuale
l'udienza di discussione.
(32) La norma, infatti, precisa che il provvedimento del giudice deve
avere, anche in questo caso, un'efficacia limitata nel tempo (art. 1, 3°
comma, lett. v, n. 1: «di chi . . . chiede al giudice l'adozione del provve dimento più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti decisione
definitiva»).
li Foro Italiano — 1990.
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PARTE QUINTA
in materia di pubblico impiego), ma non hanno avuto alcun peso o alcuna possibilità effettiva di applicazione.
b) È da altre disposizioni, invece, che si possono cogliere le
scelte fondamentali sulla tutela cautelare nel processo ammini
strativo. Queste scelte vanno identificate nell'ampliamento delle
possibilità della tutela cautelare e nel favore per la tutela cautela
re innominata (nella Relazione al disegno di legge si richiama l'esempio francese del «réferé» e anche nella formulazione della
norma è ricalcato l'esempio francese). D potere cautelare del giu dice amministrativo è identificato da formule molto ampie, che
comprendono la capacità «di adottare ogni provvedimento più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione
ed in vista di essa» (33) L'ampliamento dei poteri cautelari del giudice amministrativo
costituisce una conseguenza obbligata della scelta di prevedere una pluralità di azioni e di tipologie di sentenze (cfr. infra § 6). In questa prospettiva anche i risultati raggiunti attualmente dalla
giurisprudenza, e in particolare i tentativi di utilizzare la forma
della sospensione per misure che hanno effetti di tutt'altro gene
re, non potevano essere considerati soddisfacenti. Resta però da
capire se l'ampliamento dei poteri del giudice sia sufficiente per un progetto di riforma del processo amministrativo.
Il dubbio nasce soprattutto dalla rinuncia, nel disegno di legge, a qualsiasi tipizzazione delle misure cautelari. Si può consentire
che in un processo che rifletta un unico modello e la cui discipli na risponda a canoni di essenzialità e di semplicità possa più fa
cilmente ammettersi anche un unico modello di tutela cautelare; ma ormai il processo amministrativo non ha più una struttura
uniforme, e l'estensione della giurisdizione a diritti, le aperture ai fatti nell'istruttoria, il riconoscimento della varietà di effetti
delle sentenze di accoglimento, hanno determinato il superamen to di una configurazione in termini di processo impugnatorio a
modello semplice. Si pone quindi la questione della possibilità di misure cautelari tipiche e di discipline differenziate: questa esi genza appare avvalorata dalla considerazione che già alcune mi
sure cautelari (si pensi al caso dell'ammissione con riserva a pro cedure concorsuali) seguono logiche diverse da quelle delle comu
ni misure cautelari.
Più in generale, si pone l'esigenza di una tipizzazione dei requi siti per la misura cautelare, e non solo con riferimento al requisi to generale del 'fumus' (al quale una parte della giurisprudneza
presta troppo spesso un'attenzione irrisoria), ma anche con la
previsione di requisiti specifici, che risultino adeguati alle catego rie di atti in questione. Per esempio, non sembra illogico sancire
che, in presenza di un ricorso che appaia (seppur a una sommaria
delibazione) manifestamente fondato, il giudice possa (o, addirit
tura, debba) disporre la sospensione anche in assenza di un dan
no grave; analogamente non sembra illogico ammettere che, in
certe evenienze, il requisito del danno grave possa assumere rile
vanza solo se ricorrano condizioni ulteriori.
Ogni forma di tipizzazione delle misure cautelari risponde a
criteri di graduazione degli interessi in gioco: non ci sembra che il legislatore possa disinteressarsi del tutto del valore di certi inte
ressi, o possa comunque rimettere la materia ad una disciplina meramente giurisprudenziale. Altrimenti si perpetuerebbe lo stato
attuale delle cose: oggi, in mancanza di una tipizzazione dei re
quisiti per la misura cautelare, l'emissione della misura cautelare
finisce spesso col rappresentare una sorta di 'concessione grazio sa' del giudice. Inoltre, non essendovi corrispondenza fra i criteri in uso nella giurisprudenza prevalente per i provvedimenti caute lari e i criteri seguiti dal legislatore per l'esecutorietà degli atti
amministrativi, certi atti, in caso di ricorso, finiscono con l'essere
sospesi dal giudice quasi 'di diritto', per l'intensità del pregiudi zio che comportano per i cittadini che ne sono destinatari: il ri
sultato, nel complesso, appare piuttosto negativo o addirittura
inaccettabile (basti pensare al caso-limite della sospensione dei
provvedimenti di confisca o di demolizione di opere edilizie abu sive o dei provvedimenti di sospensione cautelare dell'impiegato nel procedimento disciplinare, che hanno l'effetto di vanificare in assoluto l'operatività dell'istituto).
e) A ben vedere, nel disegno di legge, la tutela cautelare nel
processo amministrativo appare delineata complessivamente sul
modello del processo incentrato su questioni di interessi legittimi e con forme che costituiscono un mero svolgimento del sistema
della sospensione. Manca qualsiasi considerazione, in termini di
specificità, della tutela cautelare in controversie su diritti (salvo,
forse, che per la materia del pubblico impiego: cfr. art. 1, 3°
comma, lett. o), e ciò nonostante la consistente estensione della
giurisdizione esclusiva che è propugnata nel disegno di legge. Di
conseguenza non risulta neppure considerata la possibilità di pro cedimenti sommari, tali cioè da concludersi con una pronuncia
potenzialmente idonea a decidere la controversia.
Invece, per la tutela dei diritti, la possibilità di procedimenti sommari avrebbe dovuto essere considerata con attenzione. Si pensi
all'ipotesi che siano in gioco diritti fondamentali o della persona lità (ipotesi che certamente è attuale, alla luce delle previsioni
sull'ampliamento della giurisdizione esclusiva ai diritti di presta zione nei confronti della pubblica amministrazione): per questi
diritti, che normalmente non ammettono una soddisfazione per
equivalente, la previsione di una tutela sommaria costituisce una
soluzione quasi obbligata. Il fatto che il legislatore non l'abbia
prevista avvalora il grave dubbio che l'attribuzione del contenzio
so su questi diritti al giudice amministrativo rifletta un obiettivo
(magari non pienamente consapevole) di ampia assimilazione di
questi diritti fondamentali con gli interessi legittimi. Il ricorso a strumenti di tutela sommaria deve essere considera
to anche per ragioni di economia processuale (in senso lato) per i riflessi di questa tutela sul carico di lavoro degli organi di giusti zia amministrativa (34). In questa prospettiva il modello dei pro cedimenti sommari può esere considerato anche per alcuni settori
del contenzioso su interessi legittimi: si pensi al caso del giudizio sul silenzio-rifiuto. Nel caso del silenzio-rifiuto si può ammettere
che il cittadino, in alternativa alla proposizione di un'azione di
accertamento (cfr. infra § 6), possa richiedere al giudice un'in
giunzione all'Amministrazione di provvedere, entro scadenze pre
fissate, sulla richiesta di provvedimento. In questa seconda ipote si un procedimento monitorio appare possibile anche per il fatto
che, in vista di una semplice ingiunzione a provvedere, la vicenda
del silenzio-rifiuto non impone al giudice indagini particolari e
il rapporto processuale non coinvolgerebbe controinteressati e quin di avrebbe una struttura più semplice. Inoltre, attraverso l'in
giunzione del giudice il ricorrente conseguirebbe un risultato si
gnificativo: alla stregua della giurisprudenza prevalente sull'inop
ponibilità al cittadino delle modifiche di disciplina successive alla pronuncia del giudice, con l'ingiunzione il ricorrente si garanti rebbe di fronte ad ogni ritardo dell'Amministrazione preordinato ad opporre discipline nuove ancora in itinere.
Il disegno di legge, infine, ignora completamente l'esigenza di
forme di tutela sommarie, o comunque differenziate, per il giudi zio su dinieghi d'accesso a documenti amministrativi. In questo ambito l'esigenza di strumenti di tutela particolari rappresenta un valore ormai definitivamente acquisito, ed è fatta propria an
che dal disegno di legge sul procedimento amministrativo (35).
d) A nostro giudizio, la disciplina delle misure cautelari (cfr.
(33) A nostro giudizio deve comunque restare fermo, anche a proposi to della tutela cautelare, quanto è previsto dall'art. 1, 3° comma, lett.
n, a proposito delle sentenze, circa i limiti ai poteri del giudice ammini strativo rispetto all'attività amministrativa.
(34) Si veda, in proposito, l'estensione della tutela sommaria nel pro getto di legge «provvedimenti urgenti per il processo civile» approvato dal Senato il 28 febbraio 1990: in particolare si vedano l'art. 18 (che introduce l'art. 186-Ms — «ordinanza per il pagamento di somme non
contestate») e l'art. 19 (che introduce l'art. 186-ter — «istanza di ingiun zione», sulla possibilità di ingiunzione di pagamento o di consegna, in
pendenza di giudizio). Previsioni analoghe potrebbero senz'altro essere introdotte anche nel processo amministrativo, se non altro per la tutela dei diritti nelle materie di giurisdizione esclusiva. Nel disegno di legge in esame sono previste, invece, solo per il processo per il pubblico impie go (art. 1, 3° comma, lett. v, n. 2), e con formulazioni limitate (sono ammesse solo per il pagamento di somme di denaro e sembrano destinate a perdere ogni effetto in assenza della «conferma nel successivo giudizio»),
(35) Cfr. art. 25, 5° e 6° comma, del disegno di legge n. 2266, già richiamato nella nota n. 21:
«Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di ac cesso e nei casi previsti dal comma 4 [relativo al silenzio-rifiuto su richie ste di accesso] è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta
giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difen sori delle parti che ne abbiano fatto richiesta; la decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità negli stessi termini.
«In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso il giudice ammi
nistrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti».
Il Foro Italiano — 1990.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
art. 1, 3° comma, lett. i, o, v, del disegno di legge) potrebbe essere cosi riformulata: («le norme delegate dovranno attenersi
ai seguenti principi e criteri direttivi:...») «Previsione di un sistema di tutela cautelare avente le seguenti
caratteristiche:
a) ammissibilità della tutela cautelare conservativa ed anticipa
toria, sulla base della valutazione del duplice requisito del «fu mus boni iuris» e della sussistenza di un «periculum in mora»
irreparabile; necessità che, nella valutazione del pregiudizio irre
parabile, si tenga conto anche dei pregiudizi (anche non patrimo
niali) che possono subire Amministrazione o controinteressati dal
l'emanazione della misura cuatelare, e pertanto necessità che la
tutela cautelare sia concessa solo ove il pregiudizio del ricorrente
sia qualitativamente e quantitativamente maggiore di quello con
trapposto dell'Amministrazione o dei controinteressati; rilievo del
pregiudizio del ricorrente avente contenuto patrimoniale solo ove
si rifletta in concreto su beni fondamentali della persona; ammis
sibilità della tutela cautelare anche in assenza del requisito della
irreparabilità del danno, ove il provvedimento amministrativo im
pugnato, in relazione alle censure formulate dal ricorrente, risulti
all'esame sommario del giudice manifestamente illegittimo;
b) previsione, accanto ad una misura cautelare atipica quanto a specie di pregiudizio irreparabile e a contenuto del provvedi mento cautelare, di misure cautelari tipiche, quali la sospensione
dell'esecuzione e dell'efficacia dei provvedimenti amministrativi, l'ammissione con riserva a concorsi ed esami, la temporanea di
spensa dal servizio di leva, ed ipotesi analoghe nelle quali l'esi
genza di tutela cautelare non abbia carattere episodico o marginale;
c) ammissibilità della richiesta e concessione della misura cau
telare sia prima che dopo l'instaurazione del giudizio di merito;
d) pronuncia del provvedimento in contraddittorio, previa as
sunzione di sommarie informazioni, con ordinanza adeguatamen te motivata; possibilità, nei casi di eccezionale urgenza, che il
provvedimento sia emesso con decreto motivato in assenza di con
traddittorio ma con contestuale fissazione dell'udienza per la com
parizione delle parti nella quale provvedere alla conferma, modi
fica o revoca del decreto.
e) legittimazione all'emanazione dei provvedimenti cautelari del
giudice designato per la trattazione preliminare o, se il giudizio di merito non è stato ancora instaurato, del giudice singolo appo sitamente designato dal Presidente;
f) esperibilità avverso i provvedimenti cautelari di reclamo, per
illegittimità formale o per manifesta infondatezza, innanzi ad un collegio del medesimo tribunale di cui non faccia parte il giudice che ha emanato la misura cautelare;
g) inefficacia della misura cautelare qualora il giudizio di meri to non sia iniziato entro il termine eventualmente stabilito dalla
legge o dal giudice, ovvero il giudizio stesso si estingua, nonché
ove il ricorso sia respinto anche con sentenza non passata in giu
dicato;
h) modificabilità e revocabilità del provvedimento cautelare du rente il corso del giudizio di merito per circostanze sopravvenute, anche sulla base di richiesta dei controinteressati successivamente
chiamati in giudizio o intervenuti; i) accelerazione della trattazione del giudizio di merito, ove sia
stata emanata misura cautelare;
1) disciplina delle modalità di attuazione delle misure cautelari
tendenzialmente sotto la direzione e il controllo dello stesso giu dice che le ha emanate».
Inoltre, si dovrebbero introdurre le seguenti altre disposizioni: «Previsione di procedimento monitorio:
a) in ipotesi di crediti liquidi ed esigibili al pagamento di som ma di danaro fondati su prova scritta;
b) in ipotesi di silenzio-rifiuto dell'Amministrazione. «Previsione del potere del giudice designato per la trattazione
preliminare di emanare, su istanza di parte, ordinanze esecutive
di pagamento o di adempimento di altre obbligazioni nella misu ra in cui non siano contestate dall'Amministrazione; attitudine
di tali ordinanze a divenire immutabili in caso di estinzione del processo.
«Previsione del potere del giudice designato per la trattazione
preliminare di emanare, su istanza di parte, ordinanze provvisio nali di condanna dell'Amministrazione nei limiti in cui risulti rag giunta la prova circa l'esistenza di obblighi dell'Amministrazio
ne; attitudine di tali ordinanze a divenire immutabili in caso di
estinzione del processo; loro reclamabilità innanzi ad un collegio
del medesimo Tribunale di cui non faccia parte il giudice che
le ha emanate.
«Previsione di un procedimento sommario non cautelare in con
traddittorio, modellato sulla falsariga del procedimento ex art.
28 legge 20 maggio 1970, n. 300, a tutela della libertà ed attività sindacale e del diritto di sciopero, a tutela del diritto di accesso
a documenti amministrativi, nonché a tutela dei diritti fondamentali della persona comunque devoluti o coinvolti nella giurisdizione amministrativa.
6. - La sentenza. La disciplina della sentenza e dei suoi effetti
è considerata nel disegno di legge in alcune disposizioni molto
dense (art. 1, 3° comma, lett. n e q), che contengono alcune
innovazioni di rilievo rispetto al sistema attuale. In particolare viene sancita la presenza, accanto all'azione costitutiva, di un'a
zione di accertamento e di un'azione di condanna.
Appare opportuno considerare distintamente i tre tipi di azio
ne, per valutare meglio l'impatto delle rispettive previsioni sul
sistema della giustizia amministrativa. La distinzione fra i tre tipi di azione viene prospettata solo per una maggiore chiarezza di
esposizione, e non implica una alternatività sul piano delle
domande.
a) L'azione di accertamento, a quanto è dato capire dalla Rela
zione al disegno di legge (36), verrebbe ammessa anche in mate
ria di interessi legittimi. In realtà, in considerazione della giuris
prudenza attuale, che invece tende a privilegiare interpretazioni restrittive (e quindi ad ammettere l'esperibilità di azioni di mero accertamento solo per questioni di diritto soggettivo, nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva), si deve concludere che viene consentita
l'azione di accertamento anche nelle ipotesi nelle quali oggi viene
in genere esclusa, ossia per l'accertamento di situazioni giuridiche determinate da provvedimenti amministrativi o da fatti equipol lenti. È il caso, in particolare, dell'accertamento della sussistenza
di rapporti di pubblico impiego, o della formazione di un silenzio assenso: in queste ipotesi può sussistere una ragionevole incertez
za su situazioni giuridicamente definite, in assenza di provvedi menti lesivi dell'Amministrazione. La pronuncia si tradurrà in
una sentenza di mero accertamento, che però, in relazione al par ticolare dovere dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato, dovrebbe costituire titolo anche per un giudizio di ottemperanza
(cfr. anche art. 1, 3° comma, lett. e, n. 2). Il disegno di legge, tuttavia, si limita a prevedere l'azione di
accertamento, senza indicarne i presupposti e gli elementi caratte
rizzanti rispetto alle altre azioni proponibili davanti al giudice amministrativo. Non si dice nulla sui rapporti fra azioni di mero
accertamento e azione d'impugnazione: è da ritenere che, quando si controverta su interessi legittimi, debba ammettersi un rigido criterio di alternatività (nel senso che l'azione di accertamento
non possa essere proposta in presenza di un provvedimento passi bile di impugnazione). Inoltre, per un'azione di mero accerta
mento non dovrebbe essere richiesta l'osservanza di termini deca
denziali per il ricorso al giudice amministrativo: anche questo punto richiederebbe un intervento legislativo (infatti dovrebbero essere
sanciti termini nuovi, compatibili con i caratteri degli interessi
in questione). Invece il disegno di legge non dispone nulla.
Oltre a questa ipotesi di azione di mero accertamento, si deve
ammettere un'azione di accertamento in tema di silenzio-rifiuto
(cfr. art. 1, 3° comma, lett. e, n. 2, e lett. ri). In questo caso,
la sentenza non si limita ad accertare una situazione giuridica, ma ha contenuti ulteriori, perché identifica la posizione di dovere
o di obbligo dell'Amministrazione rispetto alla richiesta di prov vedimento formulata dal cittadino e, in talune ipotesi, la senten
za potrebbe anche comportare l'esercizio di poteri sostitutivi del
giudice rispetto all'Amministrazione (v. infra). Anche per questi
aspetti l'azione, in caso di silenzio-rifiuto, riflette profili analoghi a quelli dell'azione costitutiva.
b) L'azione costitutiva per alcuni aspetti assume connotati ra
dicalmente nuovi: si pensi alla previsione (riferibile soprattutto ai giudizi sul silenzio e su provvedimenti negativi) di poteri sosti tutivi del giudice amministrativo, quando siano in questione atti
vincolati, e del potere di fissare un termine «per le ulteriori attivi
tà» già nella sentenza di accoglimento dell'impugnazione (art. 1,
3° comma, lett. ri). Per questi aspetti l'azione costitutiva si di
stacca dal suo modello tradizionale nel processo amministrativo,
(36) Cfr. Relazione cit. di Martinazzoli e a., p. 19.
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PARTE QUINTA
rappresentato dall'azione di annullamento. Corrispondentemen
te, viene affermato l'obbligo del giudice di «pronunciarsi su tutti
i capi della domanda, in quanto ciò sia necessario per l'integrale soddisfazione dell'interesse fatto valere nei giudizi dal ricorren
te»: la questione di legittimità dell'atto amministrativo non si ri solve nel mero fatto dell'annullamento, ma comporta la necessità
di un intervento più ampio del giudice, che ha come unico limite, oltre al principio dispositivo, solo l'interesse della parte. Il legi slatore prende atto che l'annullamento di un provvedimento am
ministrativo non comporta l'attribuzione di un bene della vita:
perché il giudizio possa avere margini di satisfattività è necessario che il giudice almeno si pronunci su tutte le questioni per le quali il ricorrente abbia interesse alla decisione.
In questa prospettiva ci sembra logico che venga precisato che
il giudice, quando accolga il ricorso, oltre ad annullare il provve dimento impugnato, possa compiere accertamenti ulteriori, che
possano risultare necessari per attribuire al giudizio idonei margi ni di satisfattività. Naturalmente, in questa ipotesi, gli accerta
menti non devono pregiudicare gli spazi di potere riservati al
l'Amministrazione (non possono quindi vertere su valutazioni cor
rispondenti ad apprezzamenti discrezionali): pertanto, la loro
portata va circoscritta ai presupposti di fatto e di diritto previsti
per l'esercizio della potestà amministrativa. Con questa previsio ne si potrebbe coordinare un sistema di preclusioni volte a fissare
(quando ciò sia possibile in relazione alla materia del contendere) i limiti ad una eventuale rinnovazione del provvedimento im
pugnato. Nel testo del disegno di legge compaiono, però, anche previsio
ni che ricalcano il sistema attuale, con tutte le sue limitazioni, o che addirittura lo peggiorano.
È il caso, in particolare, della previsione della «sopravvenien za» (art. 1, 3° comma, lett. q, n. 1), come regola che sancisce
la rilevanza nel giudizio dei fatti sopravvenuti. Dagli Atti parla mentari (37) risulta che in realtà il legislatore intendeva superare le prevalenti tesi giurisprudenziali e affermare «il principio pro cessuale per il quale la sentenza retroagisce al momento della do
manda». Come limite a questo principio, intendeva però sancire
«la rilevanza soltanto di fatti sopravvenuti e di nuove situazioni
di diritto che abbiano determinato una situazione incompatibile». Il risultato complessivo appare quanto mai confuso, e in definiti
va non sembra che il legislatore abbia configurato soluzioni mol
to diverse da quelle seguite dalla giurisprudenza. Anzi, il fatto
che la regola della «sopravvenienza» sia affermata nell'ambito
della disciplina del giudizio di ottemperanza significa proprio che il principio per il quale gli effetti della sentenza devono retroagire alla data della domanda riceve un'affermazione minore rispetto alla giurisprudenza: la giurisprudenza tende infatti ad escludere
la rilevanza dei fatti sopravvenuti dopo la notifica della sentenza.
Manca la previsione di strumenti efficaci che garantiscano l'e
secuzione della sentenza. A parte quanto si dirà più avanti sul
giudizio di ottemperanza, va segnalato fin d'ora che non sembra
presa in considerazione la possibilità di attribuire al giudice am ministrativo poteri coercitivi nei confronti dell'Amministrazione
e dei suoi funzionari. Si pensi, invece, all'esempio francese delle
«astreintes», di cui sembrerebbe possibile oggi un'utile riproposi zione nel nostro processo amministrativo, anche in relazione al
l'orientamento in atto di identificare responsabilità individuali per lo svolgimento dei singoli procedimenti amministrativi (38).
Molto oscura è anche la previsione sull'annullamento di atti
regolamentari (art. 1, 3° comma, lett. n, n. 5): questa previsione ricalca le disposizioni sulla dichiarazione di illegittimità costitu zionale delle leggi (cfr. art. 136 Cost.), prescrivendo che gli atti
annullati con sentenza passata in giudicato «perdano efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della
decisione definitiva». Il punto critico non è costituito, ovviamen te, dalla previsione di una pubblicità dell'annullamento (previsio ne che trova un precedente nell'art. 14, 3° comma, del d.p.r. 1199/1971, in tema di ricorso straordinario) (39), ma è costituito
dall'affermazione che solo dal momento della pubblicazione della
decisione definitiva sulla Gazzetta ufficiale la norma regolamen tare non può più essere applicata.
Insomma, nella sua attuale formulazione la norma sembra iden
tificare dei limiti precisi al principio generale dell'esecutività delle sentenze di annullamento (ancorché non passate in giudicato) e
al principio della retroattività dell'annullamento. Si deve ipotiz zare che la norma intenda porre un limite all'efficacia ultra par tes dell'annullamento di atti normativi, disposto con sentenze non
ancora passate in giudicato, ed abbia quindi una valenza specifi camente extra-processuale. Ma l'assimilazione del giudizio su atti regolamentari con il giudizio di legittimità costituzionale compor ta l'introduzione di elementi estranei alla logica del processo am ministrativo.
c) Il disegno di legge considera espressamente un'autonoma azio
ne di condanna: anche in questo caso, però, le previsioni non
risultano sufficientemente chiare e contengono alcune riserve so
stanziali. Non è chiaro, innanzi tutto, se l'azione di condanna sia am
messa solo a proposito di diritti soggettivi (e quindi nell'ambito della giurisdizione esclusiva) o anche a proposito di interessi le
gittimi (e si configuri quindi un'azione analoga alla «Verpflich tungsklage» dell'ordinamento tedesco, di cui spesso la dottrina
italiana aveva proposto l'introduzione). Con riferimento a questa seconda ipotesi, si deve tener presente però (cfr. art. 1,3° com
ma, lett. e e lett. ri), che a proposito del silenzio-rifiuto è previsto che la sentenza «afferma gli obblighi della pubblica amministra zione» (nella prospettiva di una sentenza dichiarativa), e che nel
caso di sentenze di annullamento è previsto già che il giudice si sostituisca all'Amministrazione (se sono in questione atti vincola
li) o fissi all'Amministrazione «un termine per il compimento delle ulteriori attività necessarie» e nomini «.un commissario, per l'e
ventualità di inadempimento» (se sono in questione poteri discre
zionali). Lo spazio, in questi ambiti, per un'autonoma azione di
condanna stenta quindi ad emergere. Il legislatore, comunque, non si è preoccupato in alcun modo di definirne i presupposti.
Si noti, ancora, che nel quadro dell'ampliamento della giuris dizione esclusiva alle questioni consequenziali all'annullamento
sarebbe opportuno affermare la possibilità di una sentenza di con
danna anche in ambiti ulteriori rispetto a quelli usuali. Si pensi al caso della sentenza di annullamento di un decreto di occupa zione o di un decreto di espropriazione: non si vede perché in
tale caso il giudice amministrativo non possa, contestualmente, condannare l'Amministrazione al rilascio del bene. La condanna
alle restituzioni, in conseguenza dell'annullamento di un provve dimento ablatorio, sarebbe pienamente congruente con l'amplia mento della giurisdizione esclusiva disposto dall'art. 1,3° com
ma, lett. b, n. 3.
Il disegno di legge non chiarisce, inoltre, quale valore abbia
la sentenza di condanna. Elemento qualificante di una sentenza
di condanna è la possibilità dell'esecuzione forzata: il riferimento vale quindi alle norme di diritto comune contenute nel libro terzo
del codice di procedura civile. Il disegno di legge non dispone nulla: sorge quindi il dubbio che il legislatore abbia inteso ripor tare anche l'esecuzione di queste sentenze di condanna solo al
giudizio di ottemperanza. A noi pare, invece, che se la condanna riguarda il pagamento
di somme di denaro o comportamenti materiali, si debba ammet
tere anche la possibilità dell'esecuzione secondo le norme di dirit
to comune, su un piano di concorrenza con il giudizio di ottem
peranza. Questa conclusione si basa su due ordini di considera
zioni. In primo luogo, non sembra logico che la tutela dei diritti
nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva sia limitata rispetto alla tu tela davanti al giudice ordinario: di conseguenza, appare corretto
che le possibilità di esecuzione forzata previste dal codice di pro cedura civile possano valere anche per le sentenze di condanna
in esame, pronunciate dal giudice amministrativo. In secondo luo
go, la previsione della possibilità di una esecuzione anche secon
do le norme del codice di procedura civile può avere un significa to generale, di affermazione che anche in questa sede all'Ammi
nistrazione non possono spettare privilegi di sorta.
Che invece il legislatore si muova nella logica di ammettere
i privilegi per l'Amministrazione è testimoniato, nelle disposizio ni in questione, dalla previsione di strumenti riparatori nel caso «di eventuali violazioni da parte della pubblica amministrazione» di diritti fatti valere dal ricorrente (art. 1, 3° comma, lett. n, n. 6). Il riferimento a misure «riparatorie» (e non «sanzionato
rie») sta a significare che in fondo si ammette la possibilità che il processo amministrativo non sia in grado di assicurare il perfet
(37) Cfr. Relazione cit. di Martinazzoli e a., p. 27.
(38) Ci riferiamo alla proposta, più volte avanzata dalla dottrina e re
cepita, da ultimo, nel disegno di legge sulla riforma del procedimento amministrativo già citato, di istituire la figura del «responsabile del pro cedimento».
(39) La formulazione dell'art. 14 cit. appare anzi più pregevole di quella della disposizione in esame: fra l'altro la regola della pubblicità nell'art. 14 è sancita per l'annullamento di ogni atto amministrativo che sia sog getto di per sé a forme di pubblicità.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
to adempimento delle sentenze (specie di condanna) da parte del
l'Amministrazione, e che all'Amministrazione, almeno in via di
fatto, siano riconosciuti spazi per evitare l'adempimento.
d) Alcuni dei problemi già esaminati si riflettono anche sulla
disciplina, nel disegno di legge, del giudizio di ottemperanza. In particolare, non sono precisati i presupposti di questo giudi
zio. Non viene chiarito il suo rapporto con la possibilità, per il giudice, di procedere già nel giudizio di cognizione a designare un commissario ad acta (si noti che, in questa ipotesi almeno, al commissario viene attribuita una valenza extra-processuale, co
me organo la cui attività si svolge senza il controllo immanente
di un giudice), né viene chiarito il rapporto con l'esecuzione se
condo le norme processuali di diritto comune (per il caso di con
danna dell'Amministrazione al pagamento di somme di denaro
o a comportamenti materiali). Anche le modalità di esercizio del potere da parte del giudice sono delineate in termini poco chiari
(si veda l'art. 1,3° comma, lett. q, n. 2, che ammette «un eserci
zio anche in fasi ulteriori fino al completo adempimento da parte dell'Amministrazione secondo le norme che regolano il rapporto controverso e l'interpretazione datane dalla sentenza da esegui re» (40)). Non viene sancita la possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza sulla base della sentenza esecutiva, di primo gra
do, non ancora passata in giudicato: invece la dottrina ha sempre sottolineato l'esigenza di garantire in modo effettivo l'esecutività
delle sentenze di primo grado (41).
L'incompletezza del disegno di riforma emerge in modo evi
dente anche nella mancanza di qualsiasi criterio direttivo sulla
disciplina del giudizio di ottemperanza. Ciò vale, in particolare, per la garanzia del contraddittorio, che assume un particolare rilievo nel giudizio di ottemperanza, dato che, almeno secondo
l'indirizzo accolto oggi dalla giurisprudenza prevalente, è possibi le che in questo giudizio siano coinvolti per la prima volta inte
ressi non direttamente rilevanti nel giudizio principale.
è) Questi rilievi inducono a considerare una riformulazione del
l'art. 1, 3° comma, lett. n e lett. q, di questa specie: («le norme
delegate dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri di
rettivi: . . .») «Previsione che il ricorrente, oltre all'annullamento dell'atto,
possa chiedere l'accertamento dei presupposti di fatto e di diritto
indicati dalla norma per l'attività amministrativa in contestazio
ne, al fine di accertare la relazione intercorrente tra privato e
pubblica amministrazione in ordine al bene della vita in contesa, con specificazione delle situazioni di obbligo, di potere e di facol tà dell'Amministrazione. Previsione, nel caso che sia richiesto il
suddetto accertamento del potere-onere dell'Amministrazione di
far valere, mediante rinnovazione dell'atto — sotto sanzione di
preclusione definitiva — all'atto della sua costituzione, o nel cor
so del giudizio in caso di sopravvenienza, tutti i presupposti e
le circostanze di fatto e di diritto — anche ulteriori o sopravve nute rispetto a quelle su cui è fondato l'atto impugnato.
«Disciplina processuale del giudizio di ottemperanza ispirata ai principi generali della esecuzione forzata e delle relative oppo
sizioni, e con potere del giudice di nomina di un commissario
il quale si sostituisca all'Amministrazione.
«Previsione che in materia di diritti soggettivi la sentenza e
il giudicato abbiano comunque i contenuti, l'efficacia e l'autorità
previsti dal codice civile e dal codice di procedura civile, e che le relative sentenze di condanna siano attuabili, oltre che tramite
il giudizio di ottemperanza, anche dal giudice civile nelle forme
previste dal terzo libro del codice di procedura civile.
«Previsione, in materia di impugnazione di atti regolamentari,
della efficacia retroattiva «erga omnes» della sentenza di annulla
mento, e della pubblicazione degli estremi della sentenza con le
stesse modalità prescritte per il regolamento annullato».
* * »
Disegno di legge
Art. 1
1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, con uno
0 più decreti, norme aventi valore di legge ordinaria:
a) per il riordinamento generale, con le opportune modifiche ed
integrazioni, del processo dinanzi ai tribunali amministrativi regiona li, al Consiglio di Stato, al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana e al Tribunale regionale di giustizia amministrati
va di Trento;
b) per una nuova disciplina del ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica e degli altri ricorsi amministrativi, in armonia con
1 criteri ispiratori del riordinamento del processo amministrativo, in
quanto applicabili e nel rispetto dei principi dell'ordinamento regionale. 2. Le norme delegate dovranno essere dirette a realizzare l'attua
zione integrale, coordinata e coerente, dei principi costituzionali in
ordine alla tutela del cittadino, singolo od associato, nei confronti
della pubblica amministrazione, assicurando:
a) che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri inte
ressi legittimi e dei propri diritti soggettivi, in attuazione dell'articolo
24 della Costituzione e dei principi comunitari, prevedendo altresì
la specifica disciplina del risarcimento dei danni derivanti da lesione
di interessi quando sia ammesso dai principi o dalla normativa co
munitaria;
b) che, nell'ambito precisato nella lettera a), la tutela venga presta ta cosi al singolo come alle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del medesimo, riconoscendo pertanto a tali formazioni
la legittimazione ad agire in giudizio per la tutela degli interessi, di
cui siano portatrici, riferiti ai beni fondamentali protetti dall'ordina
mento giuridico, in attuazione dell'articolo 2 della Costituzione;
c) che sia attuata, in ogni stato e grado del processo, una posizione di sostanziale eguaglianza tra la parte privata e la pubblica ammini
strazione, con l'osservanza piena del principio del contraddittorio te
nendo tuttavia conto delle peculiari caratteristiche della parte pubbli ca, in relazione alle sue responsabilità per la promozione dello svi
luppo della persona umana e della più ampia partecipazione dei
cittadini, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione;
d) che sia salvaguardato il ruolo assegnato dalla Costituzione alla
pubblica amministrazione, al servizio esclusivo della comunità nazio
nale, anche con il rispetto delle sfere di competenza e di responsabili tà dei funzionari, in attuazione degli articoli 97 e 98 della Costituzione;
e) che, nelle materie' di giurisdizione esclusiva e, in particolare, nelle materie del pubblico impiego, siano tutelati i diritti del cittadi
no nei confronti dell'amministrazione pubblica, dei suoi funzionari
e dei dipendenti, responsabili di ogni eventuale violazione, in attua
zione dell'articolo 28 della Costituzione.
3. Le norme delegate dovranno, pertanto, attenersi ai seguenti prin
cipi e criteri direttivi:
a) realizzare una coordinata ed organica riforma del processo am
ministrativo nei due gradi di giudizio, tenendo anche presenti gli in
dirizzi della giuriprudenza e, per quanto possibile, le norme del pro cesso civile;
b) procedere alla revisione ed alla integrazione delle norme sulla
giurisdizione del giudice amministrativo. Nella revisione, in partico lare, deve essere:
1) assicurato un completo sistema di strumenti idonei a consenti
re l'effettiva tutela degli interessi legittimi e, nelle materie di giurisdi zione esclusiva, dei diritti soggettivi, nei confronti di atti e di com
portamenti omissivi della pubblica amministrazione;
2) soppressa la giurisdizione di merito;
3) sistemata organicamente la giurisdizione esclusiva che sarà este
sa anche: a materie strettamente connesse o conseguenti a quelle già devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, in
particolare, ai diritti patrimoniali conseguenziali alla pronuncia di
illegittimità dell'atto o comportamento contro cui si ricorre, non esclusi
quelli al risarcimento dei danni; all'espropriazione per pubblico ge nerale interesse, alle occupazioni temporanee o di urgenza e alle re
quisizioni, escluse soltanto le questioni concernenti la determinazione
di indennità o di risarcimento; alle prestazioni di ogni genere, e rela
tivi oneri di spesa, del Servizio sanitario nazionale nonché dell'istru
zione e dell'assistenza pubblica; prescrivendo che il giudice ammini
strativo si pronunci in ogni caso sugli interessi di qualsiasi natura
e rivalutazione monetaria conseguenti alla condanna al pagamento di una somma determinata;
(40) La possibilità di un esercizio «in fasi ulteriori» sembra alludere alla nota tesi dottrinale (in passato sostenuta particolarmente da Nigro) secondo cui nel giudizio di ottemperanza la statuizione del giudice di me
rito sarebbe soggetta a una progressiva attività di specificazione e di inte
grazione, fino alla definizione esatta del rapporto fra Amministrazione
e cittadino. Accanto a questo riferimento, però, la norma in esame con
tiene anche il riferimento alla «sentenza da eseguire», e ciò sembra esclu
dere che l'attività del giudice, in sede di ottemperanza (ossia di «esecuzio
ne»), possa estendersi a profili non definiti nella sentenza di merito.
(41) Si tenga presente che l'affermazione dell'esecutività delle sentenze di primo grado risulta rispondere oggi a logiche più generali, non più limitate solo al processo amministrativo. Si veda, in proposito, il disegno di legge «Provvedimenti urgenti per il processo civile» approvato dal Se
nato il 28 febbraio 1990 e più volte citato in queste note: all'art. 30 il
disegno di legge introduce la regola che anche la sentenza di primo grado è sempre provvisoriamente esecutiva.
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PARTE QUINTA
4) dettata una disciplina del giudizio concernente le elezioni regio nali e amministrative in genere, conforme alle norme vigenti in mate
ria, prevedendo anche provvedimenti specifici d'urgenza.
c) dettare una disciplina che escluda gli effetti sospensivi del rego lamento preventivo di giurisdizione in tutti i casi in cui il giudice a quo dichiari la non rilevanza o la manifesta infondatezza della
questione;
d) disciplinare organicamente il riparto della competenza fra i tri
bunali amministrativi regionali, tenendo fermo il carattere derogabile della competenza stessa, salvo che nei giudizi di ottemperanza o che
concernono le elezioni regionali e amministrative in genere nonché
nei casi in cui la inderogabilità discenda necessariamente da norme aventi valore di legge costituzionale;
è) disciplinare autonomamente il processo di accertamento, pre scrivendo:
1) che la declaratoria relativa sia idonea a soddisfare l'interesse
fatto valere dal ricorrente;
2) che la pronuncia del giudice contenga, ove occorra, l'affer
mazione degli obblighi della pubblica amministrazione;
f) assicurare la protezione degli interessi diffusi nonché degli inte
ressi di cui sono portatrici collettività e formazioni sociali, nelle quali si svolge la personalità del singolo, riferiti a beni fondamentali pro tetti dall'ordinamento giuridico;
g) disciplinare sistematicamente:
1) gli atti di parte nel giudizio, eliminando le cause di preclusio ne e di decadenza che non abbiano fondamento in ragioni sostanziali
di tutela degli interessi pubblici o privati e disciplinando l'onere per la pubblica amministrazione di costituirsi tempestivamente in giudi zio, e le conseguenze dell'inadempimento;
2) i provvedimenti del giudice, tenendo anche conto del sistema
del codice di procedura civile, prevedendosene altresì forme abbre
viate e semplificate e prescrivendo l'obbligo per il giudice ammini
strativo di esternare motivazione adeguata e non apodittica, per tutte
le pronunce a contenuto decisorio, ivi comprese quelle che decidono
in primo grado o in appello o in revocazione sulla richiesta di so
spensione del provvedimento o della sentenza impugnati;
h) disciplinare sistematicamente i termini di decadenza e di prescri
zione, che condizionano rispettivamente la tutela degli interessi legit timi e dei diritti soggettivi dinanzi al giudice amministrativo, discipli nando, anche con riferimento ai principi generali, la nozione di effet
tiva, piena e completa conoscenza del provvedimento amministrativo
da impugnare, nonché la possibilità di proporre motivi aggiunti; esclu
dendo in ogni caso l'obbligo della preventiva notifica del ricorso in
tutte le fattispecie in cui il ricorrente non abbia conseguito l'effetti
va, piena e completa conoscenza del provvedimento da impugnare;
i) realizzare uno svolgimento rapido del processo e assicurare che
sia esperibile una completa tutela interinale del ricorrente, anche nei
confronti degli atti e comportamenti negativi della pubblica ammini
strazione, prevedendo, in particolare:
1) che il giudice possa adottare ogni provvedimento più idoneo
ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione ed in vista di essa;
2) che la domanda di tutela interinale non possa essere trattata
fino a quando il ricorrente non abbia presentato istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito;
3) che nel caso di accoglimento della domanda stessa, l'istanza
di fissazione di udienza non possa essere revocata e l'udienza di me
rito sia fissata per una data compresa entro il termine massimo di
sei mesi;
[) assicurare nel giudizio amministrativo un efficace sistema proba torio nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, dell'onere
della prova e del potere di accertamento autonomo da parte del giu dice sui fatti oggetto della controversia. A tal fine:
1) deve essere prescritto l'obbligo di ogni pubblica amministra zione di esibire, e di effettuarne copia su richiesta ed a spese del ricorrente e delle altre parti del processo, il provvedimento impugna to e tutti gli atti del relativo procedimento; nonché copia degli atti
dei procedimenti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali e
comunque di tutti gli altri atti e documenti richiesti, salvo l'opposi zione, con comunicazione scritta alla parte interessata, del segreto d'ufficio, se espressamente previsto e disciplinato dalla legge;
2) debbono essere sempre esperibili, in quanto compatibili con le peculiari caratteristiche del giudizio, i mezzi di prova previsti dal
codice di procedura civile, esclusi: l'interrogatorio formale e il giura mento; la prova testimoniale, salvo che nei giudizi in materia di pub blico impiego; altri mezzi che, per la loro natura, si ritenga non pos sano essere esperiti nei confronti della pubblica amministrazione;
3) all'ammissione delle prove è delegato un magistrato, salvo che per la prova testimoniale, che è ammessa soltanto dal collegio ed esclusivamente nei casi in cui il collegio medesimo la ritenga asso
lutamente necessaria in mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio;
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4) è delegata al magistrato istruttore l'assunzione di tutti i mezzi
di prova;
5) sono specificate le sanzioni, anche di carattere penale, a cari
co dei funzionari responsabili dell'omesso o ritardato adempimento dei provvedimenti istruttori emessi dal giudice;
6) deve essere disciplinata una possibilità per il giudice ammini
strativo di decidere allo stato degli atti, in caso di inadempimento da parte della pubblica amministrazione dei provvedimenti istruttori, secondo la regola del prudente apprezzamento, salvo in ogni caso
il diritto della parte al risarcimento del danno in attuazione dell'arti
colo 28 della Costituzione;
tri) disciplinare compiutamente la sospensione, l'interruzione e la
estinzione del giudizio, procedendo ad una revisione del sistema vi
gente, che tenga conto della peculiarità del processo amministrativo;
ri) disciplinare organicamente il sistema della pronunce sul ricorso
in relazione al loro contenuto, rispettivamente, di accertamento, co
stitutivo o di condanna:
1) regolando gli effetti della sentenza di accoglimento, sia nel
caso che la pubblica amministrazione abbia illegittimamente omesso
di provvedere sia nel caso che l'atto impugnato sia illegittimo;
2) prevedendo, già in sede di cognizione, il potere di sostituzione
del giudice alla pubblica amministrazione, allorché a questa non sia
no attribuiti poteri discrezionali in ordine alle modalità ed al tempo dell'adozione dell'atto o del comportamento;
3) prevedendo il potere del giudice di fissare un termine per il
compimento delle ulteriori attività necessarie e la facoltà di nomina
re, fin da tale momento, un commissario, per l'eventualità di ina
dempimento;
4) prevedendo che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice debba pronunciarsi su tutti i capi della domanda, in quanto ciò sia
necessario per l'integrale soddisfazione dell'interesse fatto valere nei
giudizi dal ricorrente;
5) prescrivendo che, qualora la sentenza pronunci l'annullamen
to di atti amministrativi generali a contenuto normativo, essa abbia
efficacia erga omnes e che della sentenza definitiva debba essere da
ta, a cura dell'amministrazione interessata nel termine di quindici
giorni dalla pronuncia, pubblicità nelle medesime forme di pubblica zione degli atti annullati e prescrivendo, altresì, che gli atti regola mentari perdano efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della decisione definitiva;
6) prescrivendo che, in caso di accoglimento del ricorso nelle
materie di giurisdizione esclusiva, e in particolare nella materia del
pubblico impiego, il giudice adotti, ove occorra, misure riparatone idonee ad assicurare la piena tutela dei diritti del ricorrente in conse
guenza di eventuali violazioni da parte della pubblica amministrazione;
o) adeguare la disciplina del giudizio in materia di pubblico impie
go a quella del processo del lavoro, in modo da assicurare al pubbli co impiegato, in quanto consentito dalla peculiare natura del rappor
to, eguaglianza di tutela con il lavoratore privato, e prevedendo, in
particolare, l'attribuzione al giudice amministrativo di poteri di ordi
nanza per disporre il pagamento di somme prima dell'emanazione
della sentenza o la cessazione di comportamenti illegittimi diretti ad
impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale
nonché del diritto di sciopero;
p) stabilire che per le controversie relative alla applicazione dei
decreti di recepimento del Presidente della Repubblica di cui alla leg
ge 29 marzo 1983, n. 93, possa essere sospesa, entro termini prede terminati, la decorrenza dei termini processuali sino alla definizione
di una proposta di soluzione stragiudiziale da parte di apposite com
missioni nominate dal commissario del Governo presiedute da un
magistrato del tribunale amministrativo regionale e formate da rap
presentanti della pubblica amministrazione e dalle organizzazioni sin
dacali che hanno concluso gli accordi di comparto;
q) procedere ad una compiuta revisione della normativa in materia
di ottemperanza della sentenza e degli altri provvedimenti del giudi ce, precisando altresì l'effetto della pronuncia in relazione alla natu
ra discrezionale, dovuta o vincolata del provvedimento impugnato; il giudice, a tal fine, può ordinare:
1) l'adozione in sede amministrativa di altre misure, anche sosti
tutive e risarcitone, occorrenti per il ripristino e per la reintegrazione della situazione di fatto e di diritto esistente al momento della do
manda, esclusa l'ipotesi di accertata impossibilità e con salvezza di
ogni altra misura riparatoria;
2) l'esecuzione in via giurisdizionale della sentenza del giudice amministrativo, nei casi in cui l'esecuzione in via amministrativa sia
mancata o sia stata incompleta o inadeguata, disponendo dei neces
sari poteri di intervento ordinario e sostitutivo, da esercitarsi anche
in fasi ulteriori fino al completo adempimento da parte dell'ammini
strazione secondo le norme che regolano il rapporto controverso e
l'interpretazione datane dalla sentenza da eseguire;
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
r) disciplinare il sistema delle impugnazioni, prevedendone l'appli cabilità a tutte le decisioni del giudice di primo grado, anche se rese nei giudizi di ottemperanza;
s) procedere alla revisione della disciplina in materia di revocazio ne in modo da adeguarla a quella prevista dal codice di procedura civile;
t) procedere ad una sistematica disciplina dell'appello al Consiglio di Stato ed al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, in particolare:
1) prevedendo l'impugnabilità delle sentenze definitive e non de
finitive, nonché delle ordinanze che dispongono misure cautelari, sal
vo in tal caso l'obbligo di adeguata motivazione del giudice ammini strativo sull'appello cautelare medesimo e introducendo la riserva fa coltativa di appello avverso le sentenze non definitive;
2) assicurando la tutela dei soggetti comunque interessati, in ar
monia con la natura del processo amministrativo;
3) ponendo il divieto di domande nuove in appello, salvo che
non attengano a vizi del procedimento o della sentenza di primo grado; 4) prevedendo la proponibilità di nuovi motivi in appello, che
si riferiscano a nuovi fatti ed elementi emersi nel corso del giudizio;
5) disciplinando l'effetto devolutivo dell'appello, in modo che
la riemersione dei motivi introdotti in primo grado e respinti o non
esaminati da quel giudice sia connessa all'onere di iniziativa, rispetti vamente, dell'appellante o dell'appellato, già ricorrente;
6) prevedendo le ipotesi di annullamento della sentenza con rin
vio al giudice di primo grado, sulla base degli articoli 353 e 354 del
codice di procedura civile;
7) prevedendo che all'ammissione delle prove è delegato un ma
gistrato del collegio, salvo che per la prova testimoniale, che è am
messa soltanto dal collegio ed esclusivamente nei casi in cui esso la
ritenga necessaria in mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio;
u) introdurre l'opposizione di terzo, nei confronti delle sentenze
passate in giudicato a tutela:
1) del litisconsorte necessario, titolare di diritti soggettivi o inte
ressi legittimi, non chiamato in giudizio;
2) del terzo titolare di un diritto soggettivo, pregiudicato dalla
sentenza;
v) prevedere l'introduzione di procedimenti speciali, per la tutela
con cognizione sommaria e anticipata, salvo conferma nel successivo
giudizio: 1) di chi, avendo fondato motivo di ritenere che, durante il tem
po occorrente per farlo valere, il suo interesse legittimo o, nei casi
di giurisdizione esclusiva, il suo diritto sia minacciato da un danno
grave e irreparabile, chiede al giudice l'adozione del provvedimento
più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione
definitiva; 2) del pubblico impiegato che, prima del ricorso, chiede l'ema
nazione dell'ordinanza di pagamento di somme;
w) adeguare la disciplina del ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica prevedendo, in particolare:
1) la delega alle regioni, ai sensi dell'articolo 118, secondo com
ma, della Costituzione, dell'istruttoria dei ricorsi straordinari propo sti contro atti delle regioni stesse e degli enti soggetti al loro controllo;
2) la presentazione dei ricorsi straordinari di cui al numero 1), dei documenti e di eventuali ricorsi incidentali alla presidenza della
giunta regionale competente;
3) l'osservanza del principio del contraddittorio;
4) l'assegnazione del termine di sei mesi all'amministrazione che
ha emanato l'atto impugnato ed all'autorità che riferisce sul ricorso
al Consiglio di Stato per gli adempimenti di competenza;
5) la eliminazione delle cause di preclusione dell'esame del ricor
so, secondo la disciplina dettata per il ricorso giurisdizionale;
6) il riconoscimento del diritto di scelta tra il ricorso straordina
rio e quello giurisdizionale a favore dell'ente pubblico diverso dallo
Stato, che ha emanato l'atto o provvedimento impugnato in via straor
dinaria;
7) l'impugnabilità in sede giurisdizionale del decreto del Presi
dente della Repubblica che decide il ricorso in difformità dal parere del Consiglio di Stato;
8) la tutela cautelare del ricorrente;
9) la pubblicità di tutti gli atti del procedimento;
x) adeguare la disciplina degli altri ricorsi amministrativi preveden
do, in particolare:
1) l'adozione di una disciplina idonea ad agevolare il riesame, da parte dell'amministrazione, degli atti impugnati;
2) l'osservanza del principio del contraddittorio;
3) la tutela cautelare del ricorrente;
y) dettare disposizioni di attuazione dirette a:
1) assicurare l'applicazione della nuova normativa sul processo
li Foro Italiano — 1990.
amministrativo agli atti e pronunce ancora da compiere, conservan do validità a quelli già compiuti alla data della sua entrata in vigore;
2) adeguare le strutture e l'organico degli uffici di giustizia am
ministrativa alle esigenze poste dalla nuova disciplina;
3) provvedere alla informatizzazione del lavoro dei giudici e dei servizi di segreteria per la gestione del contenzioso, per la riproduzio ne elettronica degli atti di causa e di tutti i provvedimenti del giudice, anche ad istanza delle parti, per la elaborazione giurisprudenziale dell'organo giudicante, e per la ricerca di tutti provvedimenti del giu dice e delle massime giurisprudenziali, a servizio anche di chiunque altro vi abbia interesse, attuando, per la trasmissione dei dati a di
stanza, il tipo di collegamento che offre maggiori garanzie di fedeltà e celerità;
z) dettare disposizioni transitorie e di attuazione per la applicazio ne della nuova disciplina del ricorso straordinario al presidente della
Repubblica e degli altri ricorsi amministrativi, rispondenti ai principi indicati nella lettera precedente;
aa) dettare disposizioni integrative e correttive della nuova discipli na del processo amministrativo, del ricorso straordinario al Presiden te della Repubblica e degli altri ricorsi amministrativi, nell'osservan
za dei principi e criteri direttivi determinati dalla presente legge e
secondo il procedimento previsto dall'articolo 2, entro il termine di
tre anni dalla data di entrata in vigore delle norme delegate;
bb) dettare una disposizione finale, che stabilisca un termine mas
simo di sei mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale per l'entrata in vigore delle norme delegate.
Art. 2
1. Gli schemi dei decreti previsti dalla presente legge, redatti a cura
della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono presentati, singolar mente o insieme, entro il termine massimo di quattro mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, al Consiglio di Stato, in
adunanza generale, per il parere, che deve essere espresso entro no
vanta giorni. 2. Ricevuto il parere del Consiglio di Stato, gli schemi di decreti,
corredati dei relativi pareri, sono sottoposti ad una Commissione bi
camerale, nominata entro due mesi dalla data di promulgazione della
presente legge, composta di venti deputati e venti senatori, presiedu ta da un parlamentare scelto d'intesa dai Presidenti delle Camere,
comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascuna
componente politica costituita in gruppo in almeno un ramo del Par
lamento. La Commissione esprime il proprio parere entro due mesi
indicando specificamente le eventuali disposizioni che non ritiene cor
rispondenti ai criteri ed ai principi direttivi contenuti nella presente
legge. Il Governo, nel mese successivo, esaminato il parere di cui
al comma 1, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali mo
dificazioni, i testi alla Commissione per il parere definitivo, che deve essere espresso entro il termine di un mese.
3. Il Governo procede all'approvazione definitiva del nuovo testo e delle nuove disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 1 entro
sessanta giorni dall'acquisizione del parere definitivo della Commis
sione di cui al comma 2.
Art. 3
1. I presidenti dei tribunali amministrativi regionali, delle sezioni staccate e delle sezioni interne dei tribunali medesimi durano in cari
ca cinque anni.
2. La proroga dell'incarico è ammessa soltanto nel caso di assoluta
impossibilità di sostituzione e solo per il tempo in cui tale impossibi lità permane.
3. Per il termine di tre anni dal conferimento dell'incarico il titola
re dell'ufficio di cui al comma 1 non può chiedere di esser assegnato a funzioni diverse o trasferito ad altra sede.
Art. 4
1. Agli oneri conseguenti all'attuazione degli interventi di cui al
l'articolo 1, comma 3, lettera y), valutati in annue lire 9.400 milioni
a decorrere dall'anno 1991, si provvede all'uopo parzialmente utiliz
zando le proiezioni per il detto anno 1991 dell'accantonamento «Ri
forma del processo amministrativo» iscritto, ai fini del bilancio trien
nale 1989-91, sul capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero
del tesoro per l'anno finanziario 1989.
2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
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