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PARTE QUINTA: MONOGRAFIE E VARIETÀ || La riforma della giustizia amministrativa

Date post: 30-Jan-2017
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La riforma della giustizia amministrativa Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE QUINTA: MONOGRAFIE E VARIETÀ (1990), pp. 279/280-305/306 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185183 . Accessed: 28/06/2014 08:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.72 on Sat, 28 Jun 2014 08:18:57 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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La riforma della giustizia amministrativaSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE QUINTA: MONOGRAFIE E VARIETÀ (1990), pp.279/280-305/306Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185183 .

Accessed: 28/06/2014 08:18

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE QUINTA

aveva punte sbarazzine. Giacché, come egli amava apparire non curante delle forme, specie quando rivestiva cariche importanti, cosi in queste e altre occasioni amava esprimersi in modo diretto, senza sfumature, ma con un sottinteso sorriso, che smorzava in

scherzo l'apparente crudezza.

Questo stile, ovviamente, rispecchiava il suo carattere: un ca rattere che, se vogliamo, poteva apparire un po' ruvido, dai modi

rapidi e sbrigativi. Ma, per essere esatti, bisogna aggiungere che

il suo carattere e i suoi modi si erano alquanto smussati ed ingen tiliti durante i lunghi soggiorni a Bologna e nelle Marche e a

contatto con la giovialità della moglie. Ne risultò un carattere composito, che sembrava in certi casi

asciutto e un po' brusco e si apriva in altri alla gentilezza e all'al

legria. Forti erano, in ogni caso, le sue doti di cuore, le quali gli valsero, dovunque abbia abitato, insegnato, operato, un gran numero di profonde amicizie.

Anche il suo aspetto corrispondeva al suo stile. A ottant'anni

era diritto e asciutto: una linea impeccabile. Alla sua linea teneva molto. Vi è chi lo ricorda camminare a passo svelto al ritorno

dalla Corte o dal Senato, seguito a distanza dalla macchina a sua disposizione, della quale si serviva quasi soltanto per percor rere il centro cittadino. Camminare era appunto uno dei modi, con cui conservò sempre il suo aspetto. Giacché non aveva sol

tanto una linea impeccabile, soprattutto era attraente il suo aspetto. Godeva infatti — ricordarlo non è certo irrispettoso, e d'al

tronde era un luogo comune — di un giudizio femminile molto favorevole. Giudizio femminile giova sottolinearlo, in cui prima era la moglie, la quale gli ha dimostrato costantemente una devo zione cosi amorosa, o, se si preferisce, un amore cosi devoto che

mi sembra difficile trovarne di eguali. Credo si possa dire che l'avere stabilito con la moglie Ebe rapporti cosi stretti, averle

ispirato sentimenti cosi intensi e costanti non è forse l'ultima, né la meno notevole, fra le opere, pur tanto insigni, di Giuseppe Branca.

Giovanni Pugliese

La riforma della giustizia amministrativa (*)

I. - La situazione del progetto di riforma. La Camera dei de

putati ha approvato il 12 ottobre scorso un disegno di legge per la riforma del processo amministrativo (1), che è attualmente al l'esame del Senato (2) per la definitiva approvazione. Il disegno di legge riproduce, con lievi modificazioni, il testo approvato in sede referente dalla Prima Commissione della Camera dei depu tati nella precedente legislatura (3) ed oggetto a suo tempo di am

pie discussioni (4).

Il disegno di legge prevede il conferimento di una delega al

Governo per la riforma della giustizia amministrativa (art. 1). La delega investe alcuni istituti fondamentali della giustizia am

ministrativa: è esteso, in termini consistenti, l'ambito della giuris dizione amministrativa (art. 1, 3° comma, lett. b), è sancita la

soppressione della giurisdizione di merito (salvo che nel caso del giudizio di ottemperanza), è delineata una riforma del processo amministrativo (art. 1,1° comma,-lett. a, e art. 1, 3° comma, lett. a-v) e dei ricorsi amministrativi (art. 1, 3° comma lett. w-z). Il disegno di legge disciplina poi (art. 2) le modalità per l'eserci zio della delega (gli schemi di decreti delegati devono essere sot toposti al parere del Consiglio di Stato, in Adunanza generale, e a una Commissione bicamerale istituita ad hoc). Infine detta alcune norme sulla durata nella carica di Presidente di un Tribu

nale amministrativo regionale: tale durata non può eccedere i cin

que anni, salvo proroga per ragioni particolari. A noi interessa particolarmente la prima parte del disegno di

legge, sulla delega per la riforma del processo amministrativo.

In queste disposizioni la Camera dei deputati ha espresso l'ambi zione di realizzare la prima riforma organica del processo ammi

nistrativo dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblica na (5) e di risolvere i gravi problemi di 'funzionalità' e di spedi tezza che affliggono oggi la giustizia amministrativa. Il disegno di legge non viene considerato semplicemente come una 'riforma

urgente', ma viene collocato nel quadro delle riforme di più am

pio respiro (ciò è espresso anche con la scelta di ricorrere allo

strumento della delega). Viene quindi naturale accostare il dise

gno di legge approvato dalla Camera con le recenti proposte di

riforma dei codici di procedura: si pensi alla riforma del codice di procedura penale e ai progetti di delega e di riforma urgente del codice di procedura civile.

In realtà rispetto alle riforme del processo penale e del proces so civile vi è tutt'al più solo una contiguità temporale: nelle di

scussioni alla Camera sulla riforma del processo amministrativo non è stata dedicata alcuna particolare attenzione alle imposta zioni e ai valori espressi nelle proposte di riforma degli altri pro cessi (6). Il disegno di legge segue logiche di riforma limitate e 'interne' rispetto all'attuale sistema di giustizia amministrativa (sen za, peraltro, prendere in considerazione questioni di rilievo, co

me la possibilità — o meno — di disapplicare atti normativi, su cui è invece necessario portare l'attenzione). In particolare, non sono toccate le questioni riguardanti la giustizia amministra tiva sul versante della giurisdizione civile, ove le esigenze di rifor ma non sono certo di poco momento, anche perché occorre sfa tare la, più o meno consapevole, convinzione di molti che l'alle

gato E della legge n. 2248 del 1865 sia da considerare come un

testo sostanzialmente costituzionale, laddove invece occorrerebbe

modificare quelle norme anche per dare attuazione al 3° comma

dell'art. 113 Cost. Non che delle competenze del giudice ordina rio in materia di giustizia amministrativa il disegno di legge non si occupi, ma l'intervento — attraverso lo smisurato ampliamen to della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di cui si dirà più avanti — risolve la questione sostanzialmente azzeran do tali competenze, tanto da creare serissimi dubbi di costituzio nalità.

Anche se nelle Relazioni parlamentari si sottolinea ripetutamente che la riforma deve porre rimedio all'attuale stato di crisi del

processo amministrativo (7), nel disegno di legge è ignorato com

(*) L'intervento sulla riforma del processo amministrativo che si pub blica unitamente al testo del disegno di legge delega n. 1912 riassume i risultati dei lavori di un gruppo di studio costituito da Umberto Alle gretti, Vincenzo Cernili Irelli, Alfredo Corpaci, Carlo Marzuoli, Andrea Orsi Battaglini, Andrea Proto Pisani, Domenico Sorace, Aldo Travi.

La stesura dei §§ 1,3, 4, 5, 6, 7 è dovuta ad Aldo Travi, quella del § 2 a Carlo Marzuoli, mentre le parti propositive in corsivo sono state redatte collegialmente allo scopo di visualizzare meglio i consensi emersi nel gruppo di studio.

Con la pubblicazione di questo intervento il Foro italiano desidera of frire un contributo al dibattito su di un tema centrale delle nostre istitu zioni, dibattito che si augura di poter alimentare con altri interventi.

(1) Si tratta della proposta di legge n. 788, presentata il 9 luglio 1987 dai deputati Martinazzoli ed altri, alla quale era stata riunita la proposta di legge n. 1726, presentata il 21 ottobre 1987 dal deputato Labriola. Il disegno di legge era stato esaminato, in sede referente, dalla Prima Commissione della Camera, che l'aveva approvato l'8 marzo 1989. Rela tore alla Camera, per conto della Prima Commissione, era l'on. M. Segni.

(2) Al Senato è rubricato al n. 1912. Il disengo di legge è stato asse gnato, anche al Senato, alla Prima Commissione (Affari costituzionali).

(3) Questo testo si basa sul disegno di legge Craxi presentato alla Ca mera nella IX legislatura il 29 febbraio 1984 (e rubricato al n. 1353), al quale fu abbinata la proposta di legge Labriola ed altri presentata il 7 giugno 1984 (rubricata al n. 1803). Il testo di queste proposte di

legge, della proposta della Prima Commissione della Camera e della rela zione del suo Presidente, on. Sullo, si leggono, fra l'altro, nel volume edito dalla Camera deputati La riforma del processo amministrativo, Ro ma, 1987. In questo volume sono pubblicati anche i verbali delle audizio ni disposte dalla Prima Commissione della Camera fra il 2 ottobre 1984 e il 30 ottobre 1984, per conoscere lo stato della giustizia amministrativa.

(4) Si vedano, in particolare, le considerazioni sulla riforma del pro cesso amministrativo formulate, riguardo particolarmente a questo dise gno di legge, nel convegno di Varenna del 1985 (i cui atti sono pubblicati nel volume II processo amministrativo: quadro problematico e linee di

evoluzione, Milano, 1988) e nel Convegno di Padova del 10-11 aprile 1987 (i cui atti sono pubblicati nel volume Prospettive del processo am

ministrativo, Padova, 1990). (5) Questo obiettivo del disegno di legge è sottolineato, sia nelle Rela

zioni parlamentari che nel testo dell'articolato, dalla frequenza di riferi menti alla Costituzione.

(6) Una ragione di questa situazione può essere costituita dal fatto che il disegno di legge sulla riforma del processo amministrativo è stato asse gnato alla Prima Commissione (Affari costituzionali) della Camera e la Se conda Commissione (Giustizia) è stata chiamata solo ad esprimere un parere.

(7) Nella Relazione alla proposta di legge, presentata alla Camera, so no richiamate le statistiche sul processo amministrativo del 1984: nel 1984 il rapporto fra i ricorsi pendenti e i ricorsi decisi era di 10 a 1 e la situa zione continuava a peggiorare, dato che il rapporto fra nuovi ricorsi e ricorsi decisi era di 2 a 1 (cfr. pag. 2 Relazione di Martinazzoli e a. alla proposta di legge n. 788, in Atti Camera, X legislatura — Disegni di legge e relazioni — Documenti).

Il Foro Italiano — 1990.

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

pletamente il problema dei carichi arretrati e non sono proposte soluzioni efficaci per porre rimedio al costante aggravamento della

situazione. Eppure i dati richiamati nelle stesse Relazioni parla mentari consentono di affermare con certezza che in presenza di un arretrato cosi consistente ogni riforma del processo ammi

nistrativo sia destinata a fallire. Qualsiasi modello di processo

amministrativo, per quanto perfezionato, non è in grado di risol

vere, di per sé, il problema di un simile arretrato. Si rendono

necessari interventi ulteriori, che comportano indubbiamente scelte

molto delicate (si pensi a quanto fu disposto, in materia di con

tenzioso tributario, in occasione della riforma del 1972, dall'art.

44 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 636, e alle questioni che ne

sono nate). Ma la soluzione peggiore consiste senz'altro nell'i

gnorare le dimensioni reali del problema. Anche le questioni dell'ordinamento giudiziario-amministrativo

che sono più direttamente rilevanti per l'assetto generale della

giustizia amministrativa, come quella del reclutamento dei magi strati amministrativi e degli incarichi extra-giudiziari degli stessi magistrati, non vengono toccate. La riforma riguarda solo la di

sciplina del processo amministrativo.

Attualmente, la situazione appare del tutto favorevole per una

sollecita approvazione del disegno di legge. Anche la Camera,

dopo l'esame in sede referente da parte della Prima Commissio

ne, aveva deliberato celermente il disegno di legge, senza signifi cative obiezioni da parte delle opposizioni.

2. - Assetto della giurisdizione, tutela dei diritti, interessi super individuali, danno risarcibile. Al fine di meglio comprendere la

portata complessiva del disegno di legge, conviene preliminarmente

richiamare l'attenzione sui punti concernenti (innanzitutto, anche

se non solo) questioni di diritto sostanziale o il sistema di tutela

nella sua interezza.

Si intende fare riferimento alle disposizioni: sulla giurisdizione esclusiva, ivi comprese le controversie di pubblico impiego; sulla

legittimazione ad agire per interessi di tipo superindividuale; sulla

risarcibilità di «interessi». a) Il disegno di legge opera un notevolissimo ampliamento del

la giurisdizione esclusiva, peraltro in due direzioni diverse, che

sono perciò da considerare separatamente. Una prima consiste nel conferimento di nuove materie: espro

priazioni, occupazioni, requisizioni (ad eccezione degli indennizzi e di pretese risarcitorie); prestazioni del Servizio sanitario nazio

nale, dell'istruzione, dell'assistenza pubblica (art. 1, 3° comma,

lett. b, n. 3). Un cosi profondo mutamento dell'assetto della giurisdizione

sembra derivare dall'idea che il giudice amministrativo sia «il giu dice naturale» dell'amministrazione (8) e si risolve nell'attribu zione ad esso di una posizione prevalente, con una sostanziale

emarginazione del giudice ordinario. Sorgono però gravi dubbi sulla corrispondenza di un tale inter

vento alla Costituzione. Essa, infatti, se per un verso ammette

l'affidamento della tutela di diritti al giudice amministrativo, per un altro presuppone che al giudice ordinario sia conservato un

ruolo fondamentale, tanto è vero che espressamente prevede la

possibilità di ampliarne i poteri (annullamento di atti ammini strativi di cui all'art. 113, ultimo comma) in vista dell'erogazione di una effettiva tutela.

D'altra parte, la necessità di non dimenticare il ruolo assegnato

al giudice ordinario discende anche dal fatto che, nei confronti

dell'amministrazione, la tutela dei diritti non si esaurisce nei mo

di e mezzi con cui viene resa giustizia in ordine a situazioni sog

gettive già riconosciute come tali (diritti) ma riguarda la connota zione delle situazioni soggettive (in termini di diritto).

L'individuazione di un diritto (esemplare è la vicenda della re

sponsabilità civile extracontrattuale dell'amministrazione), in un

contesto storico e normativo dato, significa, allo stesso tempo,

una delimitazione del potere dell'amministrazione. Questa opera

zione non può che spettare ad un giudice (per genesi, tradizione,

cultura, assetto istituzionale) del tutto estraneo all'amministra

zione, al giudice ordinario (salvo ipotesi particolari).

Nel caso in esame, in cui si tratta di situazioni soggettive con

cernenti beni fondamentali della persona (come la salute e l'istru

zione, ad esempio), le preoccupazioni esternate sembrano essere

ancor più da sottolineare.

Ulteriori motivi depongono in senso sfavorevole a un tanto am

pio allargamento della giurisdizione esclusiva.

L'attribuzione di diritti al giudice amministrativo, nel sistema costituzionale, si giustifica a condizione che, quanto meno, non

si abbia una diminuzione delle possibilità e dei mezzi di tutela. In proposito il disegno di legge, ove non si sopravvalutino le

affermazioni di principio (v. art. 1, 2° comma, lett. e; art. 1, 3° comma, lett. b, n. 1) (9), non può ricevere un giudizio positivo.

Basti qui accennare (per più ampie e puntuali osservazioni si rin

via ai §§ 3 e segg.) alla circostanza che rimangono consistenti limiti

ai mezzi di prova (v. § 3); che manca la previsione di procedimenti

speciali di tutela sommaria non cautelare (v. § 5); che non sono chiari

valore e portata della sentenza di condanna (v. § 6).

Inoltre, non si può omettere di considerare, in un momento

in cui il problema prioritario è quello dei tempi, che un simile conferimento di nuovi compiti appare difficilmente conciliabile con l'obiettivo di una rapida giustizia.

Naturalmente, con quanto accennato, non si vuol trascurare

la necessità di semplificare e ridurre (per quanto possibile) i pro blemi derivanti dalla distinzione fra diritti e interessi; si vuol se gnalare che la via della giurisdizione esclusiva, oltre una certa

misura, comporta rischi che non possono essere taciuti (10). Un intervento del tipo di quello in esame deve dunque essere

riconsiderato alla luce del sistema complessivo; soprattutto, come

già ricordato, occorre tener conto anche della possibilità di ope rare sul versante del giudice ordinario.

Una valutazione diversa sembra invece possibile per l'altro tipo di ampliamento previsto dal disegno di legge (salvo la precisazio ne di cui sotto).

Si tratta degli aspetti collegati ad oggetti in precedenza attri

buiti al giudice amministrativo: «materie strettamente connesse

o conseguenti a quelle già devolute... e, in particolare... diritti

patrimoniali conseguenziali... non esclusi quelli al risarcimento

dei danni», nonché «interessi di qualsiasi natura e rivalutazione

monetaria conseguenti alla condanna al pagamento una somma

determinata» (art. 1, 3° comma, lett. b, n. 3). In questa parte, se e in quanto sia da intendere come un completamento, la dispo sizione è probabilmente opportuna (anzi, se proprio si vuole at

tribuire la giurisdizione su espropriazioni, occupazioni, requisi

zioni, al giudice amministrativo in esclusiva, parrebbe doversi adot

tare un tale criterio anche in questi settori e, con l'occasione,

pure in punto di concessioni, mediante modificazione dell'art. 5 della legge 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali).

Rimane tuttavia da notare che la locuzione «materie stretta

mente connesse o conseguenti» è troppo ampia e generica, cosic

ché potrebbe significare una nuova attribuzione (appunto) di «ma

terie» piuttosto che un completamento. Sarebbe perciò opportu no che la delega chiarisse che non di «materie» si tratta ma (più

limitatamente) di «questioni» e che meglio specificasse detti og getti, dal momento che profili risarcitori, interessi, rivalutazioni,

sono espressamente menzionati.

b) Il disegno di legge si occupa specificamente del giudizio sulle controversie di pubblico impiego e (a parte l'introduzione di un congegno volto a favorire una composizione stragiudiziale, quan

do si tratti di controversie sull'applicazione dei decreti di recepi mento degli accordi) (11) ne prescrive un adeguamento alla disci

plina del processo del lavoro, al fine di «assicurare al pubblico

impiegato, in quanto consentito dalla peculiare natura del rap

(8) V. in questo senso la Relazione di Martinazzoli e a. cit., p. 17.

In realtà, il giudice amministrativo (per ragioni storiche e anche meriti)

può essere il giudice naturale dell'esercizio del potere amministrativo (quan do potere vi è), ma non dell'amministrazione in quanto tale (altrimenti si ripropone quel «foro privilegiato» dell'amministrazione che, pure —

v. la Relazione, cit., p. 17 — si vorrebbe escludere).

(9) Talora enfatiche, si veda la lett. e) cit.: «siano tutelati i diritti del

cittadino nei confronti dell'amministrazione, dei suoi funzionari e dei di

pendenti responsabili di ogni eventuale violazione, in attuazione dell'art.28

della Costituzione» (è noto che il principio di cui all'art. 28 è rimasto

concretamente senza effetti e che, per modificare la situazione, occorre

pensare a specifiche misure sanzionatone, anche di ordine penale).

(10) D'altra parte, non è forse inutile ricordare che l'esigenza di sepa rare diritti e interessi (siccome sono situazioni che abbisognano di tutele

differenziate) riemerge, come noto, nella pur unificata — in via esclusiva — giurisdizione.

(11) 11 procedimento è imperniato su Commissioni, a composizione mista,

nominate dal Commissario del Governo e presiedute da magistrati dei

TAR, v. art. 1, 3° comma, lett. p. Ferma l'esigenza di precisare che

il procedimento è facoltativo, è da segnalare l'inopportunità della utiliz

zazione di magistrati dei TAR per l'incarico ivi indicato.

Il Foro Italiano — 1990.

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PARTE QUINTA

porto, eguaglianza di tutela con il lavoratore privato» (art. 1, 3° comma, lett. ó) (12).

Questa problematica è presa in considerazione nel presente pa

ragrafo per due ragioni. La prima è che il connotato fondamen

tale della materia sta in ciò che le controversie sul pubblico im

piego si caratterizzano, essenzialmente, perché possono coinvol

gere diritti. La seconda è il convincimento che, se l'impianto processuale previsto per la tutela dei diritti (di un qualsiasi dirit to) non è idoneo allo scopo, tale non può divenire in riferimento

a determinati diritti per effetto di singole varianti. In sostanza:

solo dopo aver assicurato una piena tutela dei diritti (di tutti i diritti) si dovrebbe prendere in esame la specificità della contro versia di lavoro che, a quel punto, sembrerebbe rilevare soprat tutto in ordine a misure di accelerazione del processo.

Una sia pur rapidissima rassegna delle disposizioni conferma

quanto osservato.

Il disegno di legge indica, in generale, il modello del processo del lavoro, ma aggiunge: «in quanto consentito dalla peculiare natura del rapporto». La direttiva dell'adeguamento deve dunque fare i conti con un limite che, per un verso, è (troppo) indefinito e, per un altro, finisce per essere tramite, nell'ambito delle con

troversie di lavoro, delle linee prefigurate per il processo ammini

strativo in generale. Invero, il «peculiare» aspetto della «natura

del rapporto» di impiego altro non è se non quell'insieme di enti tà (interesse legittimo, atto e potere amministrativo, amministra

zione) in riferimento a cui è modellato l'impianto fondamentale del processo amministrativo.

Del resto, la considerazione delle norme attinenti aspetti di specie non induce ad una più ottimistica previsione.

A parte l'ordinanza di pagamento di somme di denaro in corso

di giudizio (art. 1, 3° comma, lett. o), che costituisce applicazio ne della regola di cui all'art. 423 c.p.c., in tema di mezzi di prova è sì ammessa la testimonianza ma su presupposti fortemente limi

tativi (v. § 3); non è chiaro se il potere di ordinanza relativo

a comportamenti antisindacali costituisca un procedimento di tu

tela sommaria non cautelare (13); l'ordinanza di pagamento di

somme di denaro di cui all'art. 1, 3° comma, lett. v, n. 2, non

è espressione di un procedimento di tutela sommaria non cautela re (v. § 5).

Come si vede, significativi mezzi di tutela sommaria non caute lare mancano nella giurisdizione esclusiva in generale e continua

no a mancare (o comunque a non essere espressamente e chiara

mente previsti) anche nella giurisdizione esclusiva in tema di pub blico impiego.

c) Il disegno di legge (art. 1, 2° comma, lett. b), prescrive che, «nell'ambito precisato dalla lett. a, la tutela venga prestata cosi

al singolo come alle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del medesimo, riconoscendo pertanto a tali formazio ni la legittimazione ad agire in giudizio per la tutela degli interes si, di cui siano portatrici, riferiti ai beni fondamentali protetti dall'ordinamento giuridico, in attuazione dell'art. 2 della Costi

tuzione» e che si debba «assicurare la protezione degli interessi

diffusi nonché degli interessi di cui sono portatrici collettività e formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo, riferiti a beni fondamentali protetti dall'ordinamento giuridico» (art. 1, 3° comma, lett. j).

Il senso delle disposizioni non è del tutto univoco. Si potrebbe pensare, poiché il citato 2° comma, lett. b, richiama la preceden te lett. a, dove si parla di diritti soggettivi e interessi legittimi, che «l'interesse» di cui si tratta alla lett. b si riferisca anche a diritti.

È pertanto necessario, quale che sia la plausibilità del dubbio or ora affacciato (dato l'estremo rilievo della questione, incidente sulla distribuzione della giurisdizione), che sia adottata una for mulazione idonea ad escludere qualsiasi equivoco circa il fatto che gli interessi di cui alla lett. b non riguardano i diritti soggettivi.

Rappresentata questa esigenza, si può assumere, come sem

bra (14), che il disegno di legge, mediante la lett. b del 2° comma

e la lett. / del 3° comma, abbia inteso dire (analogamente a quanto avvenuto, sia pure solo in favore di certe associazioni, con l'art.

18, 5° comma, della 1. 349/86, istitutiva del Ministero dell'am biente) che collettività e formazioni sociali debbono essere am messe a tutelare in sede giurisdizionale degli interessi per i quali non risulterebbe ammessa l'azione da parte di un individuo singolo.

Nelle attuali condizioni, in cui la figura dell'interesse legittimo non riesce ancora a ricomprendere in misura sufficiente interessi

di natura diffusa e in cui l'amministrazione non riesce a tutelare

in misura soddisfacente certi tipi di interessi, non si può escludere l'opportunità di un intervento legislativo, pur a fronte dei rischi che ciò può comportare (15).

Senonché, se si prende questa strada, diviene criticabile la pre vista limitazione ad interessi riferibili ai «beni fondamentali pro tetti dall'ordinamento giuridico».

A parte le incertezze che si determineranno sul piano applicati vo (mentre, per altro verso, vi sono seri dubbi sull'opportunità di rimediare mediante una specificazione normativa di quei be ni) (16), una volta ammesso (in definitiva) che il fenomeno collet tivo (il gruppo) sia idoneo a soggettivare degli interessi altrimenti non soggettivabili, ciò dovrebbe valere per interessi relativi a qual siasi tipo di bene.

D'altra parte, se vi è una esigenza di circoscrivere e contenere

la prevista legittimazione, appare preferibile operare mediante una

selezione non già degli interessi bensì' dei soggetti legittimandi sulla base della loro rappresentatività.

d) L'art. 1, 2° comma, lett. a, prescrive che «tutti possano

agire in giudizio per la tutela dei propri interessi legittimi e dei propri diritti soggettivi, in attuazione dell'art. 24 della Costitu zione e dei principi comunitari» e che si debba stabilire «la speci fica disciplina del risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi quando sia ammesso dai principi e dalla normativa co munitaria».

La disposizione, inserita in sede di Commissione (17), sembra affermare che sono risarcibili i danni derivanti da lesione di inte ressi, anche ove essi siano collegati a situazioni soggettive qualifi cabili come interessi legittimi, nei casi in cui ciò risulti previsto dalla normativa comunitaria; pare dunque essere una prima mi

sura di attuazione dell'ordinamento comunitario. In realtà, le disposizioni parlano, semplicemente, di «interes

si» (18) e perciò confermano quell'orientamento (da tempo espresso in dottrina) secondo cui danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., è quello subito da qualsiasi interesse patrimoniale ap partenente alla sfera di un soggetto, causato da un'attività non

conforme alla legge. Dunque, non esiste un problema, sotto il

profilo dell'ingiustizia del danno, di risarcibilità delle lesioni ad interessi legittimi; il problema, semmai, sta nella definizione e individuazione di ciò in cui possa consistere il danno. Ma è altra questione, da risolvere in via interpretativa, mediante l'applica zione dei principi di diritto comune (19).

Se questa è la prospettiva corretta, la disposizione in esame non è in linea con quanto desumibile dall'ordinamento comunita

rio, introduce una discriminazione difficilmente giustificabile e potrebbe costituire un ostacolo ad una positiva evoluzione della

giurisprudenza.

3. - L'introduzione del giudizio e il contraddittorio. Nel dise gno di legge, uno dei criteri enunciati come essenziali per l'eserci zio della delega è rappresentato dalla garanzia del contradditto

rio, nel quadro dell'affermazione del principio dell'eguaglianza delle parti nel processo (cfr. 1, 2° comma, lett. c, ecc.). Per valu

(12) Come è noto, l'art. 28 della legge quadro sul pubblico impiego (1. 93/1983) già disponeva che «in sede di revisione dell'ordinamento del la giurisdizione amministrativa» si dovessero emanare norme ispirate «ai

principi» previsti dalle leggi 1970 n. 300 e 1973 n. 533; nel senso dell'ap plicazione dell'art. 28 1. 1970 n. 300 e («in quanto applicabili») delle norme della L. 1973 n. 533, ha altresì disposto l'art. 31, 2° comma, d.P.R. 24 marzo 1981 n. 145 per i dipendenti dell'Azienda autonoma di assisten za al volo e al traffico aereo.

(13) V. art. 1, 3° comma, lett. o.

(14) La problematica in materia, come noto, è complessa e neppure adeguatamente chiarita; la Relazione, cit., parla, prevalentemente, di

«interessi diffusi» e di «interessi» collettivi (v. pp. 13, 14, 20), peraltro aggiunge che essi sono «suscettibili di tutela giurisdizionale solo se abbia no consistenza di interesse legittimo» (p. 20).

(15) Non si deve trascurare che l'emersione della formazione sociale come strumento necessario per la tutela di certi interessi può significare sia espropriazione dell'amministrazione (quando si dovesse ritenere che quei certi interessi sono pubblici) sia espropriazione del singolo (quando si potesse ritenere che quei certi interessi sono propri di imo o più individui).

(16) Che potrebbe risultare limitativa (come si nota nella Relazione, cit., p. 21).

(17) V. Atti Camera, Bollettino Commissioni, I Commissione Perma nente, seduta 8 marzo 1989, p. 38.

(18) V. direttiva CEE 21 dicembre 1989, n. 665, art. 2, 1° comma lett. a, e 4° comma.

(19) Pertanto, ad esempio, se si ritiene che in concreto vi possano esse re danni risarcibili per il partecipante a un concorso privato (v. Cass., sez. lav., 12 ottobre 1988, n. 5494), altrettanto sembrerebbe doversi rico noscere nel caso di concorso pubblico.

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

tare come questo principio venga realmente attuato nel disegno di legge, va ricordato che la garanzia del contraddittorio, nel pro cesso amministrativo, coinvolge in particolare la posizione del ri

corrente rispetto all'Amministrazione resistente (a), e la posizione dei controinteressati (b).

al) All'intento di garantire meglio la posizione del ricorrente

rispetto all'Amministrazione, va ricondotta la previsione dell'o

nere per l'Amministrazione di costituirsi tempestivamente in giu dizio (art. 1, 3° comma lett. g, n. 1): si vuole cosi evitare che

la costituzione intervenga solo all'approssimarsi dell'udienza di discussione, lasciando il ricorrente in una posizione deteriore. An

che se nel disegno di legge questo obiettivo non risulta pienamen te precisato (e, soprattutto, come si dirà, non coerentemente per

seguito), è evidente l'intenzione di imporre all'Amministrazione di esporre le proprie difese, di formulare le proprie istanze istrut

torie e di produrre il materiale probatorio (e in particolare il dos

sier del procedimento) entro un termine preciso, nelle prime fasi

del giudizio. In questo modo appare possibile anche uno svolgi mento più sollecito delle ulteriori fasi del giudizio stesso.

Il disegno di legge non precisa però quali effetti possa compor tare la tardività della costituzione dell'Amministrazione, e sul punto rinvia al legislatore delegato. A ben vedere, proprio questo avrebbe

dovuto costituire il profilo qualificante («criterio») della discipli na. La previsione di un termine per la costituzione dell'Ammini

strazione è contemplata già dalla normativa vigente (cfr. art. 22,

1° comma, legge TAR e art. 37 t.u. Cons. Stato): ma la possibili tà di una costituzione tardiva è ammessa pacificamente, anche

proprio per la mancanza di particolari conseguenze a carico del

l'Amministrazione nel caso di scadenza del termine.

A favore di una maggiore precisione nel testo della delega, va

anche considerato che la disciplina del termine per la costituzione

della parte resistente assume una rilevanza specifica nel processo amministrativo. Nel processo amministrativo, infatti, non sem

brano utilizzabili le soluzioni che riconnettono alla scadenza del

termine la preclusione per domande riconvenzionali ed eccezioni

riservate alla parte: le domande riconvenzionali non sono am

messe e le eccezioni riservate alla parte hanno un rilievo molto

limitato. Inoltre nel processo amministrativo la costituzione del

l'Amministrazione va considerata non solo nella prospettiva degli

strumenti per la difesa della parte, ma anche come mezzo per

acquisire elementi utili per valutare le ragioni e i presupposti del

l'atto impugnato, e quindi per valutare meglio la questione di

legittimità dell'atto. Allo scopo di assicurare la costituzione tempestiva dell'Ammi

nistrazione resistente, occorrerebbe introdurre un sistema di mi

sure dirette ad incentivare — attraverso la tecnica delle misure

coercitive sapientemente adottata — la costituzione stessa. In questa

prospettiva sarebbe agevole muovere dal presupposto, tecnicamente

ineccepibile, secondo cui la mancata costituzione tempestiva del

l'Amministrazione, entro i termini ragionevoli previsti dal legisla tore, integra gli estremi della violazione del dovere delle parti

di comportarsi in giudizio con lealtà e probità (alla stregua del fondamentale principio sancito dall'art. 88 cod. proc. civ.), e di

conseguenza ben può essere sanzionato sul piano della condanna

alle spese processuali indipendentemente dalla soccombenza (20). La previsione dell'art. 1, 3° comma, lett. g, n. 1, del disegno

di legge andrebbe pertanto integrata con una formula rigida della

seguente specie: «In particolare previsione che la mancata costituzione tempe

stiva della Amministrazione resistente — nonché la sua costitu

zione con un controricorso limitato a generiche contestazioni del

le tesi del ricorrente, e comunque senza la contestuale produzione

integrale della documentazione in suo esclusivo possesso relativa

ai fatti affermati dal ricorrente — obbliga il giudice a condanna re l'Amministrazione stessa al rimborso a favore dell'attore della

metà delle spese giudiziali indipendentemente dalla soccombenza, per trasgressione al dovere di lealtà e probità.»

La disposizione potrebbe essere rinforzata, autorizzando il le

gislatore delegato anche alla «introduzione di sanzioni a carico

degli amministratori o dei funzionari responsabili del mancato

rispetto dell'onere di costituzione tempestiva e della contestuale

produzione dei documenti», alla stregua di un criterio già adotta to ad altri fini dall'art. 1 3° comma lett. / n. 5 del disegno di legge.

a2) Alcuni accenni contenuti nel disegno di legge attenuano

comunque il valore, per il processo amministrativo, della costitu

zione tempestiva dell'Amministrazione.

Ci riferiamo, in particolare, all'art. 1, 3° comma, lett. /, n.

1, che consente all'Amministrazione di evitare il deposito in giu dizio (e quindi il relativo regime di pubblicità) degli atti e docu menti che ritenga coperti da «segreto d'ufficio». In primo luogo la norma contraddice quanto disposto dal disegno di legge sul

procedimento amministrativo, già approvato dalla Camera dei de

putati (21), ove, pur essendo ammesso che, fuori del processo,

possa essere limitato il diritto d'accesso ai documenti ammini strativi, anche a tutela della riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, resta però sempre garantita «agli interessati la visione

degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscen

za sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuri dici» (art. 24, 2° comma, lett. d). Inoltre, anche qui denunciando

una preoccupante carenza di coordinamento col disegno di legge sul procedimento amministrativo (art. 25), la disposizione in esa me neppure prevede la possibilità che sia sindacata dal giudice, con modalità adattabili a un processo amministrativo già penden

te, l'opposizione del segreto. Tale sindacato è invece ammesso,

come è noto, a proposito del segreto d'ufficio e del segreto pro

fessionale, anche dagli art. 200 e 201 del vigente codice di proce dura penale.

Il fatto è, comunque, che la previsione di un'insindacabile op

ponibilità al giudice del segreto d'ufficio risulta abnorme in un ordinamento processuale, perché finisce col significare che il va

lore del segreto amministrativo è anteposto in assoluto alla ga ranzia del diritto di azione (22). Non basta dunque limitare l'op ponibilità del segreto ai soli casi in cui esso sia «espressamente

previsto e disciplinato dalla legge», ma occorre anche che la legge

espressamente preveda proprio la sua opponibilità al giudice. Oc

corre, cioè, dettare anche per il processo amministrativo norme

analoghe a quelle dettate per gli altri processi in relazione ai se

greti. In conclusione, l'inciso finale dell'art. 1, 3° comma, lett. /, n. 1, relativo al segreto d'ufficio («salvo l'opposizione ecc.») andrebbe sostituito con una formula del seguente tenore: «salvo

l'opposizione del segreto secondo le regole ed i limiti previsti dal

codice di procedura penale». Il disegno di legge, che nelle formulazioni di principio sembra

voler attuare finalmente i principi costituzionali anche nel proces so amministrativo, riflette qui concezioni incompatibili con tali

principi. Confonde l'Amministrazione come autorità (che è tale

nei rapporti sostanziali, ossia al di fuori del processo) con l'Am

ministrazione come parte nel processo. L'Amministrazione come

parte nel processo deve essere uguale alle altre parti, e non può

aver diritto a nessun trattamento privilegiato.

Invece, nel disegno di legge, il principio dell'eguaglianza delle

parti nel processo viene riconosciuto solo in termini relativi: nel

l'art. 1, 2° comma, lett. c, si afferma espressamente che questo

principio deve essere 'contemperato' con la responsabilità dell'Am

ministrazione «per la promozione dello sviluppo della personalità umana e della più ampia partecipazione dei cittadini, in attuazio

ne dell'art. 3 della Costituzione» e con il ruolo specifico assegna

to dalla Costituzione all'Amministrazione «al servizio esclusivo

della comunità nazionale». In questo modo vengono richiamate

norme costituzionali che riguardano solo vicende extraprocessuali come limite al principio dell'eguaglianza delle parti nel processo.

(20) In questa ipotesi si dovrebbe prevedere espressamente un diritto

di regresso dell'Amministrazione nei confronti del funzionario o dell'am

ministrazione responsabile del ritardo. Si tenga presente che l'identifica

zione del funzionario appare resa più agevole, per effetto della previsione

(contenuta nel disegno di legge sulla riforma del procedimento ammini

strativo, richiamato nella nota successiva) di un «responsabile del proce dimento amministrativo»

(21) Il disegno di legge è ora all'esame del Senato: X legislatura —

Senato della Repubblica — d.d.l. n. 2226.

(22) In questo caso sembra possibile individuare come fonte per il legis latore un recente indirizzo del Consiglio di Stato (indirizzo però vivace

mente contestato in altre pronunce anche dello stesso consesso), secondo

cui dovrebbe essere garantito all'Amministrazione di salvaguardare la ri

servatezza di determinati atti: di questi atti sembrerebbe possibile dare

contezza al giudice (proprio perché possono essere stati rilevanti per l'a

dozione del provvedimento impugnato), ma non al ricorrente. La tesi

del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Comm. spec., 8 marzo 1982,

n. 5/1982, in Cons. Stato, 1984, 1, 827) è stata elaborata però con riguar do a un procedimento del tutto peculiare, quello per la decisione del ri

corso straordinario: nel disegno di legge verrebbe sancita in via generale.

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PARTE QUINTA

La posizione di eguaglianza nel processo tra parti private e Pub

blica Amministrazione dovrebbe essere affermata puramente e sem

plicemente, senza pericolosi e — come si è detto — scorrette con

siderazioni sulla peculiare posizione sostanziale dell'Amministra

zione come autorità, sia pure al servizio dei cittadini. Di

conseguenza l'art. 1, 2° comma, lett. c ed, dovrebbe essere sosti

tuito con un unico punto avente la seguente formulazione:

«Attuazione in ogni stato e grado del processo della regola del

contraddittorio, intesa come parità di trattamento processuale delle

parti private e della Pubblica Amministrazione». a3) Di questo indirizzo non soddisfacente del progetto di rifor

ma si trae una conferma nella disposizione che prevede, se l'Am

ministrazione non abbia ottemperato a ordinanze istruttorie, che

la «regola del prudente apprezzamento del giudice» conduca ad

una decisione «allo stato degli atti» (art. 1, 3° comma, lett. /, n. 6). In altre parole, mentre ci attenderemmo semmai una previ sione legislativa che sanzionasse l'Amministrazione con la soc

combenza, viene affermato il principio che in queste ipotesi il

giudice possa respingere il ricorso, non risultando provate le af

fermazioni del ricorrente. Non è chiaro se successivamente il ri

corso possa venire riproposto: nel testo approvato dalla Camera

il punto non viene neppure sfiorato, e una soluzione affermativa

non pare per nulla scontata, perché richiederebbe una consistente

deroga al principio della tassatività dei termini per il ricorso al giudice amministrativo a tutela di interessi legittimi (23).

La previsione di una decisione «allo stato degli atti», oltre ad

essere abnorme rispetto agli indirizzi generali del diritto proces suale moderno, non pare coerente neppure con i principi generali sull'istruttoria nel processo amministrativo, principi che invece

postulano un dovere istituzionale dell'Amministrazione di colla

borazione col giudice. Sono avvalorati comportamenti processua li non corretti dell'Amministrazione, dal momento che viene espres samente ammesso dal legislatore che l'inottemperanza a provve dimenti istruttori possa non recare danno, dal punto di vista

processuale, alla posizione dell'Amministrazione. In questo mo

do anche il richiamo alla «regola del prudente apprezzamento» del giudice sembra sviante, perché questa regola, nel contesto di

comportamenti processuali scorretti dell'Amministrazione, appa re dettata non in vista di una decisione sul ricorso e con il risulta

to di rendere più responsabile l'Amministrazione per il proprio

comportamento nel processo, ma con il risultato di attribuire al

l'Amministrazione una posizione di privilegio, ponendola al ripa ro da conseguenze processuali più gravi per il proprio inadem

pimento. La soluzione di una 'decisione allo stato degli atti' appare poi

particolarmente incompatibile con i principi sulla tutela dei diritti soggettivi, e quindi con l'assetto della giurisdizione esclusiva. An

che per questo profilo la devoluzione al giudice amministrativo

della tutela giurisdizionale di determinati diritti finisce col risulta re penalizzante.

In conclusione, a nostro giudizio la previsione della possibilità di una decisione allo stato degli atti, contenuta nell'art. 1, 3°

comma, lett. /, n. 6, dovrebbe essere puramente soppressa e sosti

tuita con l'altra, secondo cui:

«se la parte cui è ordinata l'esibizione rifiuta di eseguirla senza

giustificato e comprovato motivo, il giudice, valutato ogni altro

elemento di prova, può ritenere ammessi i fatti cui l'esibizione si riferisce».

bl) Il disegno di legge non considera espressamente la posizio ne dei controinteressati: il contraddittorio viene valutato princi palmente nella prospettiva del ricorrente e dell'Amministrazione

resistente (cfr., per esempio, art. 1, 2° comma, lett. c). Ciò si

spiega col fatto che il disegno di legge considera lo svolgimento del processo quasi esclusivamente nella prospettiva del ricorrente.

La garanzia della partecipazione del controinteressato al giudizio rimane senz'altro fuori discussione: basti pensare al fatto che per il caso di pretermissione del controinteressato dal processo è pre vista l'opposizione di terzo (art. 1, 3° comma, lett. u). Resta pe rò da capire come si realizzi, nel progetto di riforma, la chiamata in giudizio del controinteressato, e questo aspetto è importante per valutare se il disegno di legge sia riuscito a superare realmen

te una concezione del processo amministrativo incentrata tutta

sulla tutela del solo ricorrente (24). A questi fini va tenuto particolarmente presente l'art. 1, 3°

comma, lett. g, che, con riferimento particolare alla fase intro

duttiva del giudizio, prevede in via generale l'eliminazione delle

«cause di preclusione e di decadenza che non abbiano fondamen

to in ragioni sostanziali di tutela degli interessi pubblici o privati». Il disegno di legge non dice espressamente quali siano queste

«cause di preclusione e di decadenza». Da una lettura degli Atti

parlamentari (25) risulta però che la disposizione va riferita prin cipalmente all'onere di notifica del ricorso ai controinteressati:

per l'ammissibilità del ricorso deve essere sufficiente la notifica

all'Amministrazione. Questa innovazione deve essere considerata con attenzione e,

a certe condizioni, va accolta con favore. La regola che vige og

gi, dell'onere di notifica del ricorso ad almeno un controinteres

sato, non può garantire una instaurazione completa del contrad

dittorio, ed il suo adempimento può risultare spesso d'impaccio

per l'esercizio del diritto di azione (su un piano pratico perché la notifica deve essere effettuata entro i termini, già piuttosto brevi, per la proposizione del ricorso, e su un piano più sostan

ziale perché spesso l'individuazione di controinteressati rispetto a un determinato atto è controversa). Non si riesce a capire, piut

tosto, perché la Camera dei deputati non abbia voluto esprimere in modo più chiaro l'obiettivo di superare l'onere della notifica

ad almeno un controinteressato. Fra l'altro, ricorrendo a formule

cosi generiche, la delega si presta ad interpretazioni diverse da

parte del legislatore delegato, tutte formalmente non contestabili,

perché la volontà del legislatore delegante non è stata sufficiente

mente esplicita.

b2) Ma, profilo ben più grave è che una volta superato l'onere

di notifica del ricorso al controinteressato, il disegno di legge non

chiarisce per nulla come vada garantito il contraddittorio nel pro cesso. Non interessano ovviamente, a questi fini, la previsione o l'aggiornamento di istituti analoghi all'integrazione del contrad dittorio già previsti dal vigente regolamento di procedura: è logi co che questi aspetti vengano demandati al legislatore delegato (26). Interessa, invece, il fatto che non sia sancito che il contradditto

rio deve essere garantito prima dei momenti decisivi del processo, e in particolare prima di adempimenti istruttori particolari (ulte riori rispetto a quelli, di per sé 'neutri' e 'necessitati', rappresen tati dalla richiesta di deposito degli atti del procedimento). Inte ressa, inoltre, il fatto che non è sancita una possibilità certa di

intervento del controinteressato rispetto ai provvedimenti caute

lari concessi prima dell'integrazione del contraddittorio (per esem

pio, attraverso il riconoscimento al controinteressato di richiede

re il riesame del provvedimento cautelare) (27). Il superamento dell'onere di notifica del ricorso al controinteressato va conside

rato con favore e comporta un progresso rispetto al sistema vi

gente, ma a condizione che l'innovazione sia accompagnata da

altre previsioni che garantiscano al controinteressato di potersi difendere in modo pieno nel processo.

(23) Anzi, la soluzione affermativa appare la meno probabile, dato che viene prevista espressamente, nel caso di decisione allo stato degli atti, una possibilità di tutela d'altro genere, per il «risarcimento dei danni in attuazione dell'art. 28 della Costituzione».

(24) Infatti, se è chiaro che il processo amministrativo realizza istitu zionalmente l'interesse alla tutela del soggetto che afferma di essere stato leso dal provvedimento impugnato, deve essere altrettanto chiaro che lo svolgimento del processo deve ispirarsi al principio della eguaglianza di tutte le parti.

(25) Cfr., negli Atti della Camera, la Relazione al disegno di legge n. 788, di Martinazzoli ed altri, pag. 21.

(26) Non si capisce, però, perché nella legge di delega non sia recepita l'esigenza di criteri di omogeneità con altri ordinamenti processuali più, volte avanzata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

(27) Di questa impostazione si trova un riflesso anche nell'art. 1, 3° comma, lett. v, del disegno di legge, sulle misure cautelari emesse prima della notifica del ricorso. In questa ipotesi è prevista eccezionalmente una forma di «conferma» della misura cautelare dopo l'instaurazione del giu dizio principale, ma questa previsione risulta posta solo a garanzia del contraddittorio con l'Amministrazione, e non con le altre parti.

Le esigenze di tempestività non consentono che l'emissione del provve dimento cautelare debba essere subordinato alla previa integrazione del contraddittorio con i controinteressati. Ma ai controinteressati deve esse re consentito di fare presenti le proprie difese anche rispetto a provvedi menti cautelari del giudice, e questo principio assume un particolare valo re nel processo amministrativo, per il quale la giurisprudenza (alla luce soprattutto dell'incidenza della tutela cautelare sugli interessi sostanziali delle parti) afferma che il procedimento cautelare sia dotato di «autono mia» rispetto al giudizio principale e conseguentemente che l'ordinanza cautelare abbia carattere «decisorio».

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

Il disegno di legge, ignorando queste esigenze, per certi versi

sembra aderire al modello attuale, che assicura la partecipazione del controinteressato al processo solo in vista della decisione fi

nale di merito, e quindi impone solo che l'integrazione del con

traddittorio avvenga prima dell'udienza di discussione. Ma in que sto modo è riflessa ancora la struttura di un processo che non

è in grado di garantire effettivamente il principio dell'eguaglianza delle parti nel giudizio.

Per altri versi, invece, il risultato rispetto alla situazione attua

le risulta addirittura peggiorativo. Nel modello attuale, a ben ve

dere, un minimo di contraddittorio (anche se in termini del tutto

insufficienti e imperfetti) viene pur sempre garantito, attraverso

la previsione della notifica ad un controinteressato (28). Almeno

un controinteressato può quindi intervenire tempestivamente in

giudizio, e introdurre nel processo gli interessi istituzionalmente

contrari a quelli del ricorrente. Ma, una volta esclusa la necessità

della notifica del ricorso anche ad un controinteressato, viene meno

anche questo minimo margine di contraddittorio.

Da ultimo, deve essere tenuto presente che il disegno di legge contiene alcune disposizioni che necessariamente comportano la

esigenza di una attenzione ancora maggiore per la posizione dei

controinteressati. Per esempio, la possibilità per il giudice ammi

nistrativo, quando si controverta su provvedimenti di diniego, di

esercitare poteri sostitutivi rispetto all'Amministrazione (v. infra

§ 6) ha come effetto anche un ampliamento delle ipotesi di con

trointeressati nei giudizi di merito. Oggi, nei giudizi su provvedi menti negativi l'individuazione di controinteressati di regola è esclu

sa, perché si possono dare solo sentenze di annullamento, e que ste sentenze, per definizione, non potrebbero pregiudicare direttamente potenziali controinteressati; le conclusioni devono

essere ben diverse, se il giudizio può avere esiti analoghi a quelli di un provvedimento positivo, perché in questo caso un pregiudi zio diretto per i terzi appare senz'altro possibile.

b3) L'attuazione del contraddittorio anche nei confronti dei con

trointeressati potrebbe agevolmente realizzarsi attraverso una pre visione articolata del seguente tenore: («le norme delegate do

vranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:...»). « Valida instaurazione del processo tramite la notificazione del

la domanda alla sola pubblica amministrazione convenuta. Ob

bligo del giudice delegato per la trattazione preliminare di verifi care alla prima udienza la necessità od opportunità di disporre la chiamata in processo dei terzi cui la causa è comune. Discipli na dell'ipotesi di legittimazione all'intervento volontario dei terzi cui la causa è comune».

Nel quadro di questi criteri sarebbe possibile affrontare anche

la questione (che il disegno di legge ignora del tutto) dei cointe ressati cui si estenda l'efficacia della sentenza.

3. - L'istruttoria. Il dibattito sull'istruttoria nel processo am

ministrativo di legittimità è testimoniato, negli Atti parlamentari, da vari ripensamenti al testo del disegno di legge. In questione era principalmente il carattere precipuamente documentale dell'i

struttoria nel processo amministrativo (oggi, la sola deroga am

messa concerne l'acquisizione di dati attraverso l'Amministrazio

ne pubblica, nelle forme delle verificazioni). Nelle varie posizioni espresse, al di là delle diverse formulazioni proposte, è facile con

statare la presenza delle due concezioni fondamentali del proces so amministrativo: la concezione secondo cui il giudice ammini

strativo deve poter conoscere direttamente i fatti e la concezione

secondo cui un tale potere sarebbe inutile o, addirittura, contro

producente. La seconda concezione è stata invero propugnata anche in una

recente pronuncia della Corte costituzionale (n. 251 del 1989): i limiti alla prova sarebbero conseguenza di un carattere connatu

rale al processo amministrativo, e del suo modo di essere una

sorta di giudizio di revisione (e quindi di secondo grado), che riguarderebbe la congruenza del provvedimento impugnato con

gli elementi a disposizione dell'Amministrazione. Il giudice, per tanto, potrebbe cogliere i fatti solo attraverso la mediazione del

l'attività amministrativa: le conseguenze di questa concezione sem

brano travalicare una prospettiva meramente processuale, perché

in definitiva si finisce col negare che il contrasto di un provvedi

mento con la realtà dei fatti possa essere oggetto di sindacato.

a) Il disegno di legge per la riforma del processo amministrati

vo sembra concedere ampio spazio alle esigenze, manifestate so

prattutto alla dottrina, di superamento dei limiti attuali dell'i

struttoria. L'art. 1, 3° comma, lett. /, sancisce «il potere di ac

certamento autonomo da parte del giudice sui fatti oggetto della

controversia», al n. 2 prevede espressamente l'introduzione dei

«mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile», e coeren

temente con questa prospettiva al successivo n. 4 prevede che

all'assunzione della prova proceda un magistrato. Sembrano quindi reali ed effettivi il superamento della concezione del processo am

ministrativo come processo che non consente un accesso diretto

ai fatti e il superamento del sistema equivoco delle verificazioni

che a tale concezione si ricollega. In realtà il risultato complessivo appare molto più incerto. Al

l'affermazione dei principi appena richiamati fa riscontro, nel di

segno di legge, una serie di previsioni che di tali principi riduco no notevolmente la portata. Il riferimento non vale tanto per l'e

sclusione dell'interrogatorio formale e del giuramento, sancita

dall'art. 1,3° comma, lett. I, punto 2: l'esclusione di questi stru

menti può forse rispondere ad una logica coerente con criteri più

generali, che riguardano la particolare ampiezza del principio del

libero convincimento del giudice nel processo amministrativo. Va

notato, però, che dagli Atti parlamentari emerge che la ragione dell'esclusione è costituita dalla convinzione che interrogatorio e giuramento non siano applicabili nei confronti di persone giuri diche complesse come è in genere la Pubblica Amministrazione, e quindi si basa su una valutazione erronea.

Risulta invece più grave l'affermazione, nella stessa norma, del

l'esclusione dei «mezzi di prova che, per la loro natura, si ritenga non possano essere esperiti nei confronti della pubblica ammini

strazione»: la disposizione, che si riferisce a mezzi di prova previ sti dal codice di prcedura civile (ulteriori rispetto al giuramento, all'interrogatorio formale e alla prova testimoniale), appare oscu

ra. Non si capisce, infatti, quali mezzi di prova siano incompati bili con i caratteri dell'Amministrazione, tanto più che la norma

riguarda mezzi previsti dal codice di procedura civile, e nel pro cesso civile l'Amministrazione non fruisce di alcun trattamento

probatorio differenziato. Sul piano pratico la portata della nor

ma può essere marginale, ma su un piano più generale la disposi zione deve fare riflettere, perché l'esclusione di mezzi di prova, in ragione del carattere pubblico dell'Amministrazione che è par te nel processo, esprime ancora una volta la convinzione del legis latore che l'Amministrazione abbia titolo ad un trattamento pro cessuale 'privilegiato'.

In questo quadro risultano particolarmente significative, infi

ne, le scelte espresse in tema di prova testimoniale. La prova te

stimoniale, che il disegno di legge nel testo originario ammetteva

per qualsiasi controversia, viene ora contemplata solo «nei giudi zi in materia di pubblico impiego» (art. 1, 3° comma, lett. /, n. 2), e la sua ammissione è subordinata ad una singolare verifica

del collegio sulla «assoluta necessità» della prova stessa, ossia

alla «mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio» (art. 1,

3° comma, lett. /, n. 3). Il testo della norma, che non risulta neppure ben coordinato

con le modifiche apportate alle formulazioni originarie, finisce

cosi col ridurre lo spazio della prova testimoniale in termini più limitati di quelli previsti dalla stessa sentenza della Corte costitu

zionale 10 aprile 1987, n. 146: infatti la subordinazione della pro va testimoniale alla verifica della mancanza di altri elementi di

prova per dimostrare il fatto non trova alcun riscontro nei princi

pi sul processo del lavoro (che la Corte aveva espressamente ri

chiamato). Emerge una precisa opzione del legislatore per un pro cesso ancora con istruttoria precipuamente documentale, nono

stante tutte le affermazioni di principio già richiamate.

L'esclusione della prova testimoniale (e addirittura la sua limi

tazione, rispetto alla situazione attuale, nelle controversie in ma

teria di pubblico impiego) finisce col rappresentare uno degli ele

menti caratterizzanti (ma non in senso positivo) del disegno di

riforma. Le critiche nei confronti della scelta del legislatore sono

assolutamente evidenti, per quanto riguarda il contenzioso su di

ritti nelle materie di giurisdizione esclusiva: il consistente amplia mento della giurisizione esclusiva, che finisce col coinvolgere di

ritti soggettivi di rilievo primario (come le prestazioni pubbliche in materia di sanità, di istruzione ecc.), viene a comportare, per

effetti di queste rigide limitazioni ai mezzi di prova, una secca riduzione dei margini di tutela. Ciò emerge soprattutto con ri

guardo alla prova di meri fatti, che assume un rilievo decisivo,

per esempio, nelle controversie su risarcimento di danni che ven

(28) Non si dimentichi che frequentemente nel processo amministrati

vo, rispetto a determinati provvedimenti, è identificabile un solo con

trointeressato.

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PARTE QUINTA

gono ora attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo. Escludere in questi casi la prova testimoniale non è coerente con

il quadro degli strumenti di tutela dei diritti definito dal codice civile (non si dimentichi che di regola il codice pone limitazioni alla prova testimoniale solo per la prova di atti negoziali, e non

per la prova di meri fatti), e lascia immutata l'attuale prassi, ca

ratterizzata dal ricorso, per la prova di fatti, a testimonianze scritte, che vengono acquisite al processo senza le dovute garanzie a tute

la della genuinità della dichiarazione e del contraddittorio.

Considerazioni analoghe valgono per il giudizio su interessi le gittimi. Anche qui talvolta assume rilevanza la ricostruzione dei

fatti (si pensi al caso dei fatti materiali che siano assunti quali presupposto di un provvedimento), e non si riesce a capire perché il giudice non li possa conoscere attraverso la prova testimoniale.

L'esclusione della prova testimoniale si traduce, in ultima analisi, in una diseguaglianza delle parti nel processo, perché la versione

accolta dall'Amministrazione nel provvedimento impugnato di

venta difficilmente confutabile. Si finisce, per necessità, con l'av

valorare il sistema vigente, in base al quale la giurisprudenza fini

sce col conferire il carattere di operazioni riservate all'Ammini

strazione alle attività di ricostruzione dei fatti materiali, anche

se essi per definizione non presentano alcun margine di opinabili tà. Non a caso, in questo contesto, la giurisprudenza tendenzial

mente adotta come criterio di valutazione quello di riconoscere

a dichiarazioni testimoniali scritte provenienti da autorità ammi

nistrative un'efficacia probatoria privilegiata, anche quando non

ricorrano le condizioni fissate dalla legge per l'atto pubblico: in mancanza di strumenti d'indagine più specifici, il giudice non ap

pare in grado di valutare puntualmente l'attendibilità della di

chiarazione, e finisce con l'attribuire un rilievo sul piano proces suale a circostanze (come la provenienza della dichiarazione da

una pubblica autorità) che in quella sede dovrebbero risultare del

tutto irrilevanti.

b) Sulla base di tutte queste considerazioni, l'art. 1,3° comma, lett. I, del disegno di legge potrebbe essere cosi riformulato:

«Disciplina del sistema probatorio secondo le seguenti caratte

ristiche: a) pieno potere-dovere del giudice di accertare tramite prove

precostituite e costituende i fatti, se controversi, cui la legge su

bordina l'esercizio dei poteri, ovvero obblighi, facoltà o pretese

dell'Amministrazione o delle parti private;

b) diritto delle parti alla acquisizione al giudizio dei mezzi di prova rilevanti e potere del giudice di disporre d'ufficio l'assun

zione dei mezzi di prova indispensabili per l'accertamento effetti vo dei fatti controversi;

c) disciplina delle modalità di assunzione dei mezzi di prova ispirata al principio del contraddittorio;

d) preminenza del principio della valutazione della prova se

condo il prudente apprezzamento con limitazione della prova le

gale alla prova documentale;

e) efficacia di prova legale della prova documentale solo con

i presupposti ed entro i limiti previsti dal codice civile, e quindi in particolare solo in ordine all'estrinseco e non all'intrinseco del

le dichiarazioni rappresentate;

f) ammissibilità della testimonianza dei terzi e delle parti; valu tazione secondo il prudente apprezzamento delle relative dichia

razioni rese in giudizio o raccolte con la garanzia del contraddit

torio fuori del giudizio nelle ipotesi in cui la legge lo consenta;

g) potere del giudice di disporre consulenza tecnica, di scegliere e di disporre la sostituzione del consulente tecnico (ferme restan

do le norme sulle incompatibilità del consulente tecnico fissate dal codice di procedura civile); esclusione del potere di scelta del

consulente in materia di valutazioni tecniche di fatti opinabili nelle

quali la legge predetermini gli organi dell'Amministrazione cui

è riservata la valutazione tecnica; non utilizzabilità nel processo di consulenze, perizie o valutazioni tecniche formatesi senza il

rispetto del principio del contraddittorio;

h) previsione di misure idonee ad assicurare l'effettività dei po teri di acquisizioni istruttorie».

4. - Lo svolgimento del processo. Nel disegno di legge si affer

ma ripetutamente che la disciplina del processo amministrativo

deve assicurare uno svolgimento del giudizio ispirato a criteri di

funzionalità e di efficienza (cfr. art. 1, 3° comma, lett. i). Resta

da valutare, anche in questo caso, quale sia il significato che la

legge-delega attribuisca a questi criteri generali e come ne pro

ponga l'attuazione.

a) Il disegno di legge, nonostante gli ampi riferimenti alla crisi

Il Foro Italiano — 1990.

della giustizia amministrativa contenuti nelle Relazioni parlamen

tari, non sembra considerare le ragioni che oggi si oppongono ad una trattazione regolare e ordinata dei ricorsi e non si dà cari

co di proporre rimedi. Ciò non vale solo con riferimento ai profi li generali (attinenti, in particolare, all'ordinamento giudiziario amministrativo) richiamati all'inizio, ma vale anche con riferi mento alla disciplina specifica del processo amministrativo.

Ne è esempio la mancanza, fra i criteri della delega, di un prin

cipio direttivo che assicuri la riunione delle impugnative proposte contro il medesimo atto. Eppure nella giustizia amministrativa

l'istituto della riunione assume un rilievo particolare, perché ri

sponde non solo ad esigenze comuni di economia processuale (che,

tuttavia, appaiono già di per sé determinanti, in relazione all'at

tuale situazione di crisi della giustizia amministrativa), ma anche a ragioni più specifiche, riguardanti l'oggetto del processo ammi

nistrativo. La frequenza dei casi di decisioni di annullamento con

efficacia ultra parte o erga omnes (ipotesi che il disegno di legge considera espressamente: v. infra § 6) deve indurre, se non altro, a garantire che alla decisione possano partecipare tutti quanti ab

biano proposto l'impugnazione.

Questa conclusione appare avvalorata dal rilievo che viene ri

conosciuto dallo stesso disegno di legge ai motivi di un annulla

mento (cfr. art. 1, 3° comma, lett. n, n. 4). Se non si impone la riunione dei ricorsi, la sentenza di annullamento del provvedi mento impugnato da un ricorrente finisce col risultare determi

nante anche per gli altri ricorrenti: infatti comporterebbe per essi

la cessazione della materia del contendere. Ma, se si riconosce

che la parte ha interesse ad una decisione in relazione ai motivi

di ricorso, non è logico che l'annullamento pronunciato su ricor

so di una parte vincoli anche altre parti, senza che i motivi dei

ricorsi da esse proposti siano stati esaminati.

Valgono, insomma, ragioni analoghe a quelle espresse nell'art.

2378 3° comma, cod. civ., per impugnative che analogamente a quelle in esame si dirigono contro un unico atto con effetti

inscindibili. In questo caso, come è noto, il codice prevede che

la riunione delle impugnative debba essere disposta obbligato riamente.

b) Per quanto riguarda la struttura del giudizio, il disegno di

legge persegue l'obiettivo di un processo analogo a quello attua

le. Sono state respinte tutte le proposte (formulate con particola re riferimento al processo del pubblico impiego) dirette ad istitui

re un giudice amministrativo monocratico: il giudice amministra

tivo rimane sempre un giudice collegiale. È stata respinta anche

l'ipotesi di affidare ad un giudice singolo la conduzione della fase

preliminare del giudizio: è parso opportuno evitare qualsiasi di

stinzione del giudizio in fasi diverse, e ciò sia per una valorizza

zione della collegialità del giudice, sia per garantire la possibilità di una decisione del ricorso in esito alla sola udienza di discussio

ne. L'unitarietà del procedimento è sottolineata anche nella for

mulazione di alcune disposizioni: si pensi alla scelta di evitare

la denominazione di giudice «istruttore» per il giudice al quale siano demandate decisioni circa gli adempimenti istruttori (cfr. art. 1, 3° comma, lett. /, n. 3). Questo giudice, semplicemente, viene «delegato» per alcuni adempimenti istruttori, e ciò sottoli

nea i limiti del suo potere. Da un esame complessivo del processo amministrativo emerge

però la rilevanza e l'articolazione degli adempimenti del giudice che vanno collocati fra l'introduzione del giudizio e l'udienza di

discussione. Si pensi alle pronunce su istanze cautelari, all'ordine

all'Amministrazione di depositare il dossier del procedimento am

ministrativo (adempimento che deve essere preliminare rispetto ad ogni altro adempimento istruttorio, anche per i suoi riflessi

rispetto alla possibilità di nuove allegazioni da parte del ricorren

te), alle pronunce sull'integrazione del contraddittorio, a quelle sulle istanze istruttorie, a quelle che si correlano alla costituzione

in giudizio dei controinteressati ed alle loro istanze. Certamente, nel processo amministrativo questi interventi del giudice hanno

carattere di eventualità, nel senso che non può escludersi la possi bilità di un ricorso che non richieda la loro effettuazione ai fini della decisione. Ma ciò non fa venir meno (ci pare) l'opportunità che questi interventi del giudice siano oggetto di una riflessione

globale, tanto più che, nel quadro di un'estensione dei poteri cau

telari, di una (sia pur limitata) estensione dei poteri istruttori del

giudice, di un superamento dell'onere di notifica del ricorso al

controinteressato, di un ampliamento del contenzioso su diritti, tali interventi assumeranno necessariamente un rilievo più intenso

e una frequenza maggiore.

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

Chiunque abbia avuto esperienza del processo amministrativo

sa con quali ritardi vengono fissate le udienze di discussione del

ricorso: se l'intervento del giudice, anche per i profili in esame, si deve incentrare nell'udienza di discussione, i problemi del pro cesso amministrativo diventeranno sempre più gravi. Rimane vi

va, però, anche l'esigenza di evitare quella frammentazione del

processo in una serie indefinita di udienze, frammentazione che

ha caratterizzato in termini deteriori il processo civile rispetto al

processo amministrativo, e contro la quale sono state avanzate

le proposte più interessanti di riforma del processo civile (dalla riforma del processo del lavoro fino ai c.d. provvedimenti urgen ti attualmente all'esame del Parlamento).

Va valutata, a questo punto, la scelta di concentrare i poteri in capo al collegio, in funzione della unitarietà del procedimento nel giudizio amministrativo. In un contesto caratterizzato dalla

impossibilità per il giudice amministrativo (nella sua attuale strut turazione) di far fronte ordinatamente al carico dei giudizi pen

denti, la scelta di concentrare ogni potere in capo al collegio può

comportare un aggravamento dei problemi oggi esistenti. Sembra

più opportuno attribuire ad un giudice singolo, designato dal Pre

sidente, la responsabilità (se non altro) degli adempimenti preli minari alla discussione. Questa scelta, fra l'altro, può favorire

la specializzazione del giudice, che oggi appare essenziale data

l'estrema eterogeneità di materie devolute alla giurisdizione am

ministrativa. Naturalmente, però, dovrà valere un effettivo prin

cipio di 'concentrazione', per evitare la frammentazione della fa

se preliminare del giudizio. Nel caso che il ricorso possa essere senz'altro deciso nel meri

to, al giudice singolo non spetterà alcun adempimento particolare

(e cosi anche alcune esigenze fondate espresse nel disegno di legge

possono senz'altro essere salvaguardate). In ogni altra ipotesi, a

lui spetterà provvedere agli adempimenti preliminari che risultino

necessari.

Ma non potrà trattarsi, in questo caso, di un giudice semplice mente «delegato» per taluni adempimenti. Se si intende favorire

un'adeguata conoscenza degli atti da parte del magistrato e un'e

conomia nell'attività del giudice, si deve pensare che questo giu dice debba avere una responsabilità 'globale' degli adempimenti

preliminari rispetto all'udienza di discussione. In questa prospet tiva al medesimo giudice possono essere conferiti anche poteri

più ampi, come quello di invitare le parti a regolarizzare atti (si

pensi all'istituto della rimessione in termini) e di decidere il ricor so, quando ritenga che il giudizio possa essere definito con una

pronuncia di rito (29) (30). c) Il disegno di legge sembra prevedere, infine, la necessità di

un'udienza di trattazione del ricorso avanti al collegio (cfr. art.

1, 3° comma, lett. n. 2). È però di comune esperienza che

anche nel processo amministrativo l'udienza di discussione si ri

solva normalmente in un richiamo alle difese scritte. Non pare

quindi opportuno mantenere come necessario un istituto che or

mai ha perso il suo significato: anche a questo proposito sarebbe

utile un richiamo alle proposte per la riforma del codice di proce dura civile, dove è previsto che l'udienza di discussione si tenga solo se sia stata richiesta da una delle parti. In ogni altro caso

la decisione del collegio deve seguire al deposito delle memorie (31) d) I rilievi critici precedentemente svolti potrebbero tradursi nella

formulazione di disposizioni del seguente tenore: («le norme de

legate dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:...»)

«Articolazione del processo di primo grado in due fasi, la pri ma davanti a un giudice singolo designato dal Presidente del Tri

bunale per la trattazione preliminare, la seconda, eventuale, da

vanti al collegio. «Potere del giudice designato per la trattazione preliminare di

disporre, tendenzialmente nella prima udienza, la chiamata dei

terzi cui la causa è comune e di risolvere le questioni di giurisdi

zio ne, competenza, legittimazione attiva e passiva e le altre que stioni pregiudiziali di rito o di merito, nonché di provvedere sul

l'ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova e alla relativa as

sunzione. Previsione che la forma ed il regime dei provvedimenti del giudice della trattazione preliminare siano di regola quelli del

l'ordinanza modificabile e revocabile anche da parte del collegio, eccezion fatta per le ipotesi in cui il giudice stesso risolva questio ni pregiudiziali di rito o di merito nel senso di definire il giudizio. In quet 'ultimo caso la relativa ordinanza è suscettibile solo di

reclamo immediato al collegio, il quale, se respinge il reclamo,

provvede con sentenza immediatamente appellabile. «Previsione che il giudice della trattazione preliminare, esauri

ta l'istruzione nonché ogni qual volta la causa non abbia bisogno di istruzione per la decisione totale del merito, disponga la remis

sione della causa al collegio per la decisione, fissando la data

dell'udienza collegiale solo ove almeno una delle parti abbia chie

sto, all'atto della remissione, che la causa sia discussa oralmente

davanti al collegio. «Previsione che il collegio pronunci: a) sentenza immediata

mente appellabile, ove definisca il giudizio; b) sentenza impugna bile solo in via differita unitamente alla sentenza definitiva, ove risolva nel senso di non definire il giudizio una questione pregiu

diziale di merito o di rito astrattamente idonea a definire il giudi zio; c) ordinanza modificabile e revocabile dal collegio stesso ove

risolva questioni neanche astrattamente idonee a definire il giudizio. «Previsione di misure anche organizzative idonee ad assicurare

la riunione delle domande connesse per identità di oggetto e di

questioni. «Previsione di un rito accelerato per la trattazione delle con

troversie in materia di pubblico impiego».

5. - Tutela cautelare e procedimenti sommari. Nel testo appro vato dalla Camera la tutela cautelare è considerata principalmen te in due distinti gruppi di disposizioni: all'art. 1, 3° comma, lett. /', con riferimento alla tutela 'interinale', all'art. 1, 3° com

ma, lett. v, con riferimento alla tutela 'preventiva'. In realtà la

distinzione attiene soltanto alla collocazione rispetto al giudizio

principale: nel primo caso è considerata la misura cautelare che

viene richiesta in pendenza del giudizio (come è previsto nel siste

ma oggi vigente), nel secondo caso è considerata la misura cutela

re che venga richiesta prima dell'instaurazione del giudizio. La

formulazione dell'art. 1, 3° comma, lett. v, sembra molto più

ampia, perché la norma parla di «procedimenti speciali, per la

tutela con cognizione sommaria e anticipata»: il testo, però, non

deve indurre in errore e dal seguito della disposizione risulta chia

rita meglio la portata reale della norma (32). Le innovazioni apportate dal disegno di legge alla disciplina

della tutela cautelare sono di ordini diversi. Alcune innovazioni

comportano solo correzioni limitate della disciplina vigente, altre

invece esprimono scelte più qualificanti, di revisione del sistema

della tutela cautelare.

a) Tra le disposizioni 'correttive' vanno considerate quelle che

richiedono una motivazione reale dell'ordinanza cautelare e quel le che cercano di evitare una 'inflazione' della tutela cautelare.

L'art. 1, 3° comma, lett. g, n. 2, del disegno di legge prevede che i provvedimenti cautelari devono «esternare motivazione ade

guata e non apodittica»: va però notato che un obbligo del gene re esiste già oggi, ma è rimasto senza sanzioni, e il disegno di

legge in proposito non aggiunge nulla di specifico. Ugualmente il disegno di legge non interviene sulla necessità che la motivazio

ne riguardi anche il 'fumus' del ricorso, profilo rispetto al quale l'attuale prassi risulta particolarmente insoddisfacente.

L'art. 1, 3° comma, lett. /, disponendo che la misura cautelare

possa essere richiesta solo dopo il deposito di una (irrevocabile) istanza di trattazione del ricorso e che in caso di accoglimento il giudice amministrativo debba fissare l'udienza di trattazione

entro sei mesi, non modifica realmente l'attuale stato di cose:

anche in questo caso, però, vanno espressi forti dubbi sulla reale

efficacia della previsione. In fondo, norme analoghe sono già in

vigore (si pensi al contenzioso sulle opere pubbliche e ai giudizi

(29) In questo caso si dovrebbe ammettere anche la possibilità di un

reclamo delle parti al collegio, prevedendo, a garanzia di una maggiore

imparzialità, che del collegio non faccia parte il giudice della cui pronun cia si discute.

(30) Si tenga presente, fra l'altro, che una disciplina dello svolgimento del processo che preveda dei momenti istituzionali di intervento del giudi ce comporterebbe anche preclusioni processuali, tali da assicurare che l'Am

ministrazione esponga tempestivamente le proprie difese.

(31) Cfr. l'art. 29 dei «Provvedimenti urgenti per il processo civile»

cit., che modifica l'art. 275 cod. proc. civ., rendendo del tutto eventuale

l'udienza di discussione.

(32) La norma, infatti, precisa che il provvedimento del giudice deve

avere, anche in questo caso, un'efficacia limitata nel tempo (art. 1, 3°

comma, lett. v, n. 1: «di chi . . . chiede al giudice l'adozione del provve dimento più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti decisione

definitiva»).

li Foro Italiano — 1990.

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PARTE QUINTA

in materia di pubblico impiego), ma non hanno avuto alcun peso o alcuna possibilità effettiva di applicazione.

b) È da altre disposizioni, invece, che si possono cogliere le

scelte fondamentali sulla tutela cautelare nel processo ammini

strativo. Queste scelte vanno identificate nell'ampliamento delle

possibilità della tutela cautelare e nel favore per la tutela cautela

re innominata (nella Relazione al disegno di legge si richiama l'esempio francese del «réferé» e anche nella formulazione della

norma è ricalcato l'esempio francese). D potere cautelare del giu dice amministrativo è identificato da formule molto ampie, che

comprendono la capacità «di adottare ogni provvedimento più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione

ed in vista di essa» (33) L'ampliamento dei poteri cautelari del giudice amministrativo

costituisce una conseguenza obbligata della scelta di prevedere una pluralità di azioni e di tipologie di sentenze (cfr. infra § 6). In questa prospettiva anche i risultati raggiunti attualmente dalla

giurisprudenza, e in particolare i tentativi di utilizzare la forma

della sospensione per misure che hanno effetti di tutt'altro gene

re, non potevano essere considerati soddisfacenti. Resta però da

capire se l'ampliamento dei poteri del giudice sia sufficiente per un progetto di riforma del processo amministrativo.

Il dubbio nasce soprattutto dalla rinuncia, nel disegno di legge, a qualsiasi tipizzazione delle misure cautelari. Si può consentire

che in un processo che rifletta un unico modello e la cui discipli na risponda a canoni di essenzialità e di semplicità possa più fa

cilmente ammettersi anche un unico modello di tutela cautelare; ma ormai il processo amministrativo non ha più una struttura

uniforme, e l'estensione della giurisdizione a diritti, le aperture ai fatti nell'istruttoria, il riconoscimento della varietà di effetti

delle sentenze di accoglimento, hanno determinato il superamen to di una configurazione in termini di processo impugnatorio a

modello semplice. Si pone quindi la questione della possibilità di misure cautelari tipiche e di discipline differenziate: questa esi genza appare avvalorata dalla considerazione che già alcune mi

sure cautelari (si pensi al caso dell'ammissione con riserva a pro cedure concorsuali) seguono logiche diverse da quelle delle comu

ni misure cautelari.

Più in generale, si pone l'esigenza di una tipizzazione dei requi siti per la misura cautelare, e non solo con riferimento al requisi to generale del 'fumus' (al quale una parte della giurisprudneza

presta troppo spesso un'attenzione irrisoria), ma anche con la

previsione di requisiti specifici, che risultino adeguati alle catego rie di atti in questione. Per esempio, non sembra illogico sancire

che, in presenza di un ricorso che appaia (seppur a una sommaria

delibazione) manifestamente fondato, il giudice possa (o, addirit

tura, debba) disporre la sospensione anche in assenza di un dan

no grave; analogamente non sembra illogico ammettere che, in

certe evenienze, il requisito del danno grave possa assumere rile

vanza solo se ricorrano condizioni ulteriori.

Ogni forma di tipizzazione delle misure cautelari risponde a

criteri di graduazione degli interessi in gioco: non ci sembra che il legislatore possa disinteressarsi del tutto del valore di certi inte

ressi, o possa comunque rimettere la materia ad una disciplina meramente giurisprudenziale. Altrimenti si perpetuerebbe lo stato

attuale delle cose: oggi, in mancanza di una tipizzazione dei re

quisiti per la misura cautelare, l'emissione della misura cautelare

finisce spesso col rappresentare una sorta di 'concessione grazio sa' del giudice. Inoltre, non essendovi corrispondenza fra i criteri in uso nella giurisprudenza prevalente per i provvedimenti caute lari e i criteri seguiti dal legislatore per l'esecutorietà degli atti

amministrativi, certi atti, in caso di ricorso, finiscono con l'essere

sospesi dal giudice quasi 'di diritto', per l'intensità del pregiudi zio che comportano per i cittadini che ne sono destinatari: il ri

sultato, nel complesso, appare piuttosto negativo o addirittura

inaccettabile (basti pensare al caso-limite della sospensione dei

provvedimenti di confisca o di demolizione di opere edilizie abu sive o dei provvedimenti di sospensione cautelare dell'impiegato nel procedimento disciplinare, che hanno l'effetto di vanificare in assoluto l'operatività dell'istituto).

e) A ben vedere, nel disegno di legge, la tutela cautelare nel

processo amministrativo appare delineata complessivamente sul

modello del processo incentrato su questioni di interessi legittimi e con forme che costituiscono un mero svolgimento del sistema

della sospensione. Manca qualsiasi considerazione, in termini di

specificità, della tutela cautelare in controversie su diritti (salvo,

forse, che per la materia del pubblico impiego: cfr. art. 1, 3°

comma, lett. o), e ciò nonostante la consistente estensione della

giurisdizione esclusiva che è propugnata nel disegno di legge. Di

conseguenza non risulta neppure considerata la possibilità di pro cedimenti sommari, tali cioè da concludersi con una pronuncia

potenzialmente idonea a decidere la controversia.

Invece, per la tutela dei diritti, la possibilità di procedimenti sommari avrebbe dovuto essere considerata con attenzione. Si pensi

all'ipotesi che siano in gioco diritti fondamentali o della persona lità (ipotesi che certamente è attuale, alla luce delle previsioni

sull'ampliamento della giurisdizione esclusiva ai diritti di presta zione nei confronti della pubblica amministrazione): per questi

diritti, che normalmente non ammettono una soddisfazione per

equivalente, la previsione di una tutela sommaria costituisce una

soluzione quasi obbligata. Il fatto che il legislatore non l'abbia

prevista avvalora il grave dubbio che l'attribuzione del contenzio

so su questi diritti al giudice amministrativo rifletta un obiettivo

(magari non pienamente consapevole) di ampia assimilazione di

questi diritti fondamentali con gli interessi legittimi. Il ricorso a strumenti di tutela sommaria deve essere considera

to anche per ragioni di economia processuale (in senso lato) per i riflessi di questa tutela sul carico di lavoro degli organi di giusti zia amministrativa (34). In questa prospettiva il modello dei pro cedimenti sommari può esere considerato anche per alcuni settori

del contenzioso su interessi legittimi: si pensi al caso del giudizio sul silenzio-rifiuto. Nel caso del silenzio-rifiuto si può ammettere

che il cittadino, in alternativa alla proposizione di un'azione di

accertamento (cfr. infra § 6), possa richiedere al giudice un'in

giunzione all'Amministrazione di provvedere, entro scadenze pre

fissate, sulla richiesta di provvedimento. In questa seconda ipote si un procedimento monitorio appare possibile anche per il fatto

che, in vista di una semplice ingiunzione a provvedere, la vicenda

del silenzio-rifiuto non impone al giudice indagini particolari e

il rapporto processuale non coinvolgerebbe controinteressati e quin di avrebbe una struttura più semplice. Inoltre, attraverso l'in

giunzione del giudice il ricorrente conseguirebbe un risultato si

gnificativo: alla stregua della giurisprudenza prevalente sull'inop

ponibilità al cittadino delle modifiche di disciplina successive alla pronuncia del giudice, con l'ingiunzione il ricorrente si garanti rebbe di fronte ad ogni ritardo dell'Amministrazione preordinato ad opporre discipline nuove ancora in itinere.

Il disegno di legge, infine, ignora completamente l'esigenza di

forme di tutela sommarie, o comunque differenziate, per il giudi zio su dinieghi d'accesso a documenti amministrativi. In questo ambito l'esigenza di strumenti di tutela particolari rappresenta un valore ormai definitivamente acquisito, ed è fatta propria an

che dal disegno di legge sul procedimento amministrativo (35).

d) A nostro giudizio, la disciplina delle misure cautelari (cfr.

(33) A nostro giudizio deve comunque restare fermo, anche a proposi to della tutela cautelare, quanto è previsto dall'art. 1, 3° comma, lett.

n, a proposito delle sentenze, circa i limiti ai poteri del giudice ammini strativo rispetto all'attività amministrativa.

(34) Si veda, in proposito, l'estensione della tutela sommaria nel pro getto di legge «provvedimenti urgenti per il processo civile» approvato dal Senato il 28 febbraio 1990: in particolare si vedano l'art. 18 (che introduce l'art. 186-Ms — «ordinanza per il pagamento di somme non

contestate») e l'art. 19 (che introduce l'art. 186-ter — «istanza di ingiun zione», sulla possibilità di ingiunzione di pagamento o di consegna, in

pendenza di giudizio). Previsioni analoghe potrebbero senz'altro essere introdotte anche nel processo amministrativo, se non altro per la tutela dei diritti nelle materie di giurisdizione esclusiva. Nel disegno di legge in esame sono previste, invece, solo per il processo per il pubblico impie go (art. 1, 3° comma, lett. v, n. 2), e con formulazioni limitate (sono ammesse solo per il pagamento di somme di denaro e sembrano destinate a perdere ogni effetto in assenza della «conferma nel successivo giudizio»),

(35) Cfr. art. 25, 5° e 6° comma, del disegno di legge n. 2266, già richiamato nella nota n. 21:

«Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di ac cesso e nei casi previsti dal comma 4 [relativo al silenzio-rifiuto su richie ste di accesso] è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta

giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difen sori delle parti che ne abbiano fatto richiesta; la decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità negli stessi termini.

«In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso il giudice ammi

nistrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti».

Il Foro Italiano — 1990.

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

art. 1, 3° comma, lett. i, o, v, del disegno di legge) potrebbe essere cosi riformulata: («le norme delegate dovranno attenersi

ai seguenti principi e criteri direttivi:...») «Previsione di un sistema di tutela cautelare avente le seguenti

caratteristiche:

a) ammissibilità della tutela cautelare conservativa ed anticipa

toria, sulla base della valutazione del duplice requisito del «fu mus boni iuris» e della sussistenza di un «periculum in mora»

irreparabile; necessità che, nella valutazione del pregiudizio irre

parabile, si tenga conto anche dei pregiudizi (anche non patrimo

niali) che possono subire Amministrazione o controinteressati dal

l'emanazione della misura cuatelare, e pertanto necessità che la

tutela cautelare sia concessa solo ove il pregiudizio del ricorrente

sia qualitativamente e quantitativamente maggiore di quello con

trapposto dell'Amministrazione o dei controinteressati; rilievo del

pregiudizio del ricorrente avente contenuto patrimoniale solo ove

si rifletta in concreto su beni fondamentali della persona; ammis

sibilità della tutela cautelare anche in assenza del requisito della

irreparabilità del danno, ove il provvedimento amministrativo im

pugnato, in relazione alle censure formulate dal ricorrente, risulti

all'esame sommario del giudice manifestamente illegittimo;

b) previsione, accanto ad una misura cautelare atipica quanto a specie di pregiudizio irreparabile e a contenuto del provvedi mento cautelare, di misure cautelari tipiche, quali la sospensione

dell'esecuzione e dell'efficacia dei provvedimenti amministrativi, l'ammissione con riserva a concorsi ed esami, la temporanea di

spensa dal servizio di leva, ed ipotesi analoghe nelle quali l'esi

genza di tutela cautelare non abbia carattere episodico o marginale;

c) ammissibilità della richiesta e concessione della misura cau

telare sia prima che dopo l'instaurazione del giudizio di merito;

d) pronuncia del provvedimento in contraddittorio, previa as

sunzione di sommarie informazioni, con ordinanza adeguatamen te motivata; possibilità, nei casi di eccezionale urgenza, che il

provvedimento sia emesso con decreto motivato in assenza di con

traddittorio ma con contestuale fissazione dell'udienza per la com

parizione delle parti nella quale provvedere alla conferma, modi

fica o revoca del decreto.

e) legittimazione all'emanazione dei provvedimenti cautelari del

giudice designato per la trattazione preliminare o, se il giudizio di merito non è stato ancora instaurato, del giudice singolo appo sitamente designato dal Presidente;

f) esperibilità avverso i provvedimenti cautelari di reclamo, per

illegittimità formale o per manifesta infondatezza, innanzi ad un collegio del medesimo tribunale di cui non faccia parte il giudice che ha emanato la misura cautelare;

g) inefficacia della misura cautelare qualora il giudizio di meri to non sia iniziato entro il termine eventualmente stabilito dalla

legge o dal giudice, ovvero il giudizio stesso si estingua, nonché

ove il ricorso sia respinto anche con sentenza non passata in giu

dicato;

h) modificabilità e revocabilità del provvedimento cautelare du rente il corso del giudizio di merito per circostanze sopravvenute, anche sulla base di richiesta dei controinteressati successivamente

chiamati in giudizio o intervenuti; i) accelerazione della trattazione del giudizio di merito, ove sia

stata emanata misura cautelare;

1) disciplina delle modalità di attuazione delle misure cautelari

tendenzialmente sotto la direzione e il controllo dello stesso giu dice che le ha emanate».

Inoltre, si dovrebbero introdurre le seguenti altre disposizioni: «Previsione di procedimento monitorio:

a) in ipotesi di crediti liquidi ed esigibili al pagamento di som ma di danaro fondati su prova scritta;

b) in ipotesi di silenzio-rifiuto dell'Amministrazione. «Previsione del potere del giudice designato per la trattazione

preliminare di emanare, su istanza di parte, ordinanze esecutive

di pagamento o di adempimento di altre obbligazioni nella misu ra in cui non siano contestate dall'Amministrazione; attitudine

di tali ordinanze a divenire immutabili in caso di estinzione del processo.

«Previsione del potere del giudice designato per la trattazione

preliminare di emanare, su istanza di parte, ordinanze provvisio nali di condanna dell'Amministrazione nei limiti in cui risulti rag giunta la prova circa l'esistenza di obblighi dell'Amministrazio

ne; attitudine di tali ordinanze a divenire immutabili in caso di

estinzione del processo; loro reclamabilità innanzi ad un collegio

del medesimo Tribunale di cui non faccia parte il giudice che

le ha emanate.

«Previsione di un procedimento sommario non cautelare in con

traddittorio, modellato sulla falsariga del procedimento ex art.

28 legge 20 maggio 1970, n. 300, a tutela della libertà ed attività sindacale e del diritto di sciopero, a tutela del diritto di accesso

a documenti amministrativi, nonché a tutela dei diritti fondamentali della persona comunque devoluti o coinvolti nella giurisdizione amministrativa.

6. - La sentenza. La disciplina della sentenza e dei suoi effetti

è considerata nel disegno di legge in alcune disposizioni molto

dense (art. 1, 3° comma, lett. n e q), che contengono alcune

innovazioni di rilievo rispetto al sistema attuale. In particolare viene sancita la presenza, accanto all'azione costitutiva, di un'a

zione di accertamento e di un'azione di condanna.

Appare opportuno considerare distintamente i tre tipi di azio

ne, per valutare meglio l'impatto delle rispettive previsioni sul

sistema della giustizia amministrativa. La distinzione fra i tre tipi di azione viene prospettata solo per una maggiore chiarezza di

esposizione, e non implica una alternatività sul piano delle

domande.

a) L'azione di accertamento, a quanto è dato capire dalla Rela

zione al disegno di legge (36), verrebbe ammessa anche in mate

ria di interessi legittimi. In realtà, in considerazione della giuris

prudenza attuale, che invece tende a privilegiare interpretazioni restrittive (e quindi ad ammettere l'esperibilità di azioni di mero accertamento solo per questioni di diritto soggettivo, nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva), si deve concludere che viene consentita

l'azione di accertamento anche nelle ipotesi nelle quali oggi viene

in genere esclusa, ossia per l'accertamento di situazioni giuridiche determinate da provvedimenti amministrativi o da fatti equipol lenti. È il caso, in particolare, dell'accertamento della sussistenza

di rapporti di pubblico impiego, o della formazione di un silenzio assenso: in queste ipotesi può sussistere una ragionevole incertez

za su situazioni giuridicamente definite, in assenza di provvedi menti lesivi dell'Amministrazione. La pronuncia si tradurrà in

una sentenza di mero accertamento, che però, in relazione al par ticolare dovere dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato, dovrebbe costituire titolo anche per un giudizio di ottemperanza

(cfr. anche art. 1, 3° comma, lett. e, n. 2). Il disegno di legge, tuttavia, si limita a prevedere l'azione di

accertamento, senza indicarne i presupposti e gli elementi caratte

rizzanti rispetto alle altre azioni proponibili davanti al giudice amministrativo. Non si dice nulla sui rapporti fra azioni di mero

accertamento e azione d'impugnazione: è da ritenere che, quando si controverta su interessi legittimi, debba ammettersi un rigido criterio di alternatività (nel senso che l'azione di accertamento

non possa essere proposta in presenza di un provvedimento passi bile di impugnazione). Inoltre, per un'azione di mero accerta

mento non dovrebbe essere richiesta l'osservanza di termini deca

denziali per il ricorso al giudice amministrativo: anche questo punto richiederebbe un intervento legislativo (infatti dovrebbero essere

sanciti termini nuovi, compatibili con i caratteri degli interessi

in questione). Invece il disegno di legge non dispone nulla.

Oltre a questa ipotesi di azione di mero accertamento, si deve

ammettere un'azione di accertamento in tema di silenzio-rifiuto

(cfr. art. 1, 3° comma, lett. e, n. 2, e lett. ri). In questo caso,

la sentenza non si limita ad accertare una situazione giuridica, ma ha contenuti ulteriori, perché identifica la posizione di dovere

o di obbligo dell'Amministrazione rispetto alla richiesta di prov vedimento formulata dal cittadino e, in talune ipotesi, la senten

za potrebbe anche comportare l'esercizio di poteri sostitutivi del

giudice rispetto all'Amministrazione (v. infra). Anche per questi

aspetti l'azione, in caso di silenzio-rifiuto, riflette profili analoghi a quelli dell'azione costitutiva.

b) L'azione costitutiva per alcuni aspetti assume connotati ra

dicalmente nuovi: si pensi alla previsione (riferibile soprattutto ai giudizi sul silenzio e su provvedimenti negativi) di poteri sosti tutivi del giudice amministrativo, quando siano in questione atti

vincolati, e del potere di fissare un termine «per le ulteriori attivi

tà» già nella sentenza di accoglimento dell'impugnazione (art. 1,

3° comma, lett. ri). Per questi aspetti l'azione costitutiva si di

stacca dal suo modello tradizionale nel processo amministrativo,

(36) Cfr. Relazione cit. di Martinazzoli e a., p. 19.

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PARTE QUINTA

rappresentato dall'azione di annullamento. Corrispondentemen

te, viene affermato l'obbligo del giudice di «pronunciarsi su tutti

i capi della domanda, in quanto ciò sia necessario per l'integrale soddisfazione dell'interesse fatto valere nei giudizi dal ricorren

te»: la questione di legittimità dell'atto amministrativo non si ri solve nel mero fatto dell'annullamento, ma comporta la necessità

di un intervento più ampio del giudice, che ha come unico limite, oltre al principio dispositivo, solo l'interesse della parte. Il legi slatore prende atto che l'annullamento di un provvedimento am

ministrativo non comporta l'attribuzione di un bene della vita:

perché il giudizio possa avere margini di satisfattività è necessario che il giudice almeno si pronunci su tutte le questioni per le quali il ricorrente abbia interesse alla decisione.

In questa prospettiva ci sembra logico che venga precisato che

il giudice, quando accolga il ricorso, oltre ad annullare il provve dimento impugnato, possa compiere accertamenti ulteriori, che

possano risultare necessari per attribuire al giudizio idonei margi ni di satisfattività. Naturalmente, in questa ipotesi, gli accerta

menti non devono pregiudicare gli spazi di potere riservati al

l'Amministrazione (non possono quindi vertere su valutazioni cor

rispondenti ad apprezzamenti discrezionali): pertanto, la loro

portata va circoscritta ai presupposti di fatto e di diritto previsti

per l'esercizio della potestà amministrativa. Con questa previsio ne si potrebbe coordinare un sistema di preclusioni volte a fissare

(quando ciò sia possibile in relazione alla materia del contendere) i limiti ad una eventuale rinnovazione del provvedimento im

pugnato. Nel testo del disegno di legge compaiono, però, anche previsio

ni che ricalcano il sistema attuale, con tutte le sue limitazioni, o che addirittura lo peggiorano.

È il caso, in particolare, della previsione della «sopravvenien za» (art. 1, 3° comma, lett. q, n. 1), come regola che sancisce

la rilevanza nel giudizio dei fatti sopravvenuti. Dagli Atti parla mentari (37) risulta che in realtà il legislatore intendeva superare le prevalenti tesi giurisprudenziali e affermare «il principio pro cessuale per il quale la sentenza retroagisce al momento della do

manda». Come limite a questo principio, intendeva però sancire

«la rilevanza soltanto di fatti sopravvenuti e di nuove situazioni

di diritto che abbiano determinato una situazione incompatibile». Il risultato complessivo appare quanto mai confuso, e in definiti

va non sembra che il legislatore abbia configurato soluzioni mol

to diverse da quelle seguite dalla giurisprudenza. Anzi, il fatto

che la regola della «sopravvenienza» sia affermata nell'ambito

della disciplina del giudizio di ottemperanza significa proprio che il principio per il quale gli effetti della sentenza devono retroagire alla data della domanda riceve un'affermazione minore rispetto alla giurisprudenza: la giurisprudenza tende infatti ad escludere

la rilevanza dei fatti sopravvenuti dopo la notifica della sentenza.

Manca la previsione di strumenti efficaci che garantiscano l'e

secuzione della sentenza. A parte quanto si dirà più avanti sul

giudizio di ottemperanza, va segnalato fin d'ora che non sembra

presa in considerazione la possibilità di attribuire al giudice am ministrativo poteri coercitivi nei confronti dell'Amministrazione

e dei suoi funzionari. Si pensi, invece, all'esempio francese delle

«astreintes», di cui sembrerebbe possibile oggi un'utile riproposi zione nel nostro processo amministrativo, anche in relazione al

l'orientamento in atto di identificare responsabilità individuali per lo svolgimento dei singoli procedimenti amministrativi (38).

Molto oscura è anche la previsione sull'annullamento di atti

regolamentari (art. 1, 3° comma, lett. n, n. 5): questa previsione ricalca le disposizioni sulla dichiarazione di illegittimità costitu zionale delle leggi (cfr. art. 136 Cost.), prescrivendo che gli atti

annullati con sentenza passata in giudicato «perdano efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della

decisione definitiva». Il punto critico non è costituito, ovviamen te, dalla previsione di una pubblicità dell'annullamento (previsio ne che trova un precedente nell'art. 14, 3° comma, del d.p.r. 1199/1971, in tema di ricorso straordinario) (39), ma è costituito

dall'affermazione che solo dal momento della pubblicazione della

decisione definitiva sulla Gazzetta ufficiale la norma regolamen tare non può più essere applicata.

Insomma, nella sua attuale formulazione la norma sembra iden

tificare dei limiti precisi al principio generale dell'esecutività delle sentenze di annullamento (ancorché non passate in giudicato) e

al principio della retroattività dell'annullamento. Si deve ipotiz zare che la norma intenda porre un limite all'efficacia ultra par tes dell'annullamento di atti normativi, disposto con sentenze non

ancora passate in giudicato, ed abbia quindi una valenza specifi camente extra-processuale. Ma l'assimilazione del giudizio su atti regolamentari con il giudizio di legittimità costituzionale compor ta l'introduzione di elementi estranei alla logica del processo am ministrativo.

c) Il disegno di legge considera espressamente un'autonoma azio

ne di condanna: anche in questo caso, però, le previsioni non

risultano sufficientemente chiare e contengono alcune riserve so

stanziali. Non è chiaro, innanzi tutto, se l'azione di condanna sia am

messa solo a proposito di diritti soggettivi (e quindi nell'ambito della giurisdizione esclusiva) o anche a proposito di interessi le

gittimi (e si configuri quindi un'azione analoga alla «Verpflich tungsklage» dell'ordinamento tedesco, di cui spesso la dottrina

italiana aveva proposto l'introduzione). Con riferimento a questa seconda ipotesi, si deve tener presente però (cfr. art. 1,3° com

ma, lett. e e lett. ri), che a proposito del silenzio-rifiuto è previsto che la sentenza «afferma gli obblighi della pubblica amministra zione» (nella prospettiva di una sentenza dichiarativa), e che nel

caso di sentenze di annullamento è previsto già che il giudice si sostituisca all'Amministrazione (se sono in questione atti vincola

li) o fissi all'Amministrazione «un termine per il compimento delle ulteriori attività necessarie» e nomini «.un commissario, per l'e

ventualità di inadempimento» (se sono in questione poteri discre

zionali). Lo spazio, in questi ambiti, per un'autonoma azione di

condanna stenta quindi ad emergere. Il legislatore, comunque, non si è preoccupato in alcun modo di definirne i presupposti.

Si noti, ancora, che nel quadro dell'ampliamento della giuris dizione esclusiva alle questioni consequenziali all'annullamento

sarebbe opportuno affermare la possibilità di una sentenza di con

danna anche in ambiti ulteriori rispetto a quelli usuali. Si pensi al caso della sentenza di annullamento di un decreto di occupa zione o di un decreto di espropriazione: non si vede perché in

tale caso il giudice amministrativo non possa, contestualmente, condannare l'Amministrazione al rilascio del bene. La condanna

alle restituzioni, in conseguenza dell'annullamento di un provve dimento ablatorio, sarebbe pienamente congruente con l'amplia mento della giurisdizione esclusiva disposto dall'art. 1,3° com

ma, lett. b, n. 3.

Il disegno di legge non chiarisce, inoltre, quale valore abbia

la sentenza di condanna. Elemento qualificante di una sentenza

di condanna è la possibilità dell'esecuzione forzata: il riferimento vale quindi alle norme di diritto comune contenute nel libro terzo

del codice di procedura civile. Il disegno di legge non dispone nulla: sorge quindi il dubbio che il legislatore abbia inteso ripor tare anche l'esecuzione di queste sentenze di condanna solo al

giudizio di ottemperanza. A noi pare, invece, che se la condanna riguarda il pagamento

di somme di denaro o comportamenti materiali, si debba ammet

tere anche la possibilità dell'esecuzione secondo le norme di dirit

to comune, su un piano di concorrenza con il giudizio di ottem

peranza. Questa conclusione si basa su due ordini di considera

zioni. In primo luogo, non sembra logico che la tutela dei diritti

nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva sia limitata rispetto alla tu tela davanti al giudice ordinario: di conseguenza, appare corretto

che le possibilità di esecuzione forzata previste dal codice di pro cedura civile possano valere anche per le sentenze di condanna

in esame, pronunciate dal giudice amministrativo. In secondo luo

go, la previsione della possibilità di una esecuzione anche secon

do le norme del codice di procedura civile può avere un significa to generale, di affermazione che anche in questa sede all'Ammi

nistrazione non possono spettare privilegi di sorta.

Che invece il legislatore si muova nella logica di ammettere

i privilegi per l'Amministrazione è testimoniato, nelle disposizio ni in questione, dalla previsione di strumenti riparatori nel caso «di eventuali violazioni da parte della pubblica amministrazione» di diritti fatti valere dal ricorrente (art. 1, 3° comma, lett. n, n. 6). Il riferimento a misure «riparatorie» (e non «sanzionato

rie») sta a significare che in fondo si ammette la possibilità che il processo amministrativo non sia in grado di assicurare il perfet

(37) Cfr. Relazione cit. di Martinazzoli e a., p. 27.

(38) Ci riferiamo alla proposta, più volte avanzata dalla dottrina e re

cepita, da ultimo, nel disegno di legge sulla riforma del procedimento amministrativo già citato, di istituire la figura del «responsabile del pro cedimento».

(39) La formulazione dell'art. 14 cit. appare anzi più pregevole di quella della disposizione in esame: fra l'altro la regola della pubblicità nell'art. 14 è sancita per l'annullamento di ogni atto amministrativo che sia sog getto di per sé a forme di pubblicità.

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

to adempimento delle sentenze (specie di condanna) da parte del

l'Amministrazione, e che all'Amministrazione, almeno in via di

fatto, siano riconosciuti spazi per evitare l'adempimento.

d) Alcuni dei problemi già esaminati si riflettono anche sulla

disciplina, nel disegno di legge, del giudizio di ottemperanza. In particolare, non sono precisati i presupposti di questo giudi

zio. Non viene chiarito il suo rapporto con la possibilità, per il giudice, di procedere già nel giudizio di cognizione a designare un commissario ad acta (si noti che, in questa ipotesi almeno, al commissario viene attribuita una valenza extra-processuale, co

me organo la cui attività si svolge senza il controllo immanente

di un giudice), né viene chiarito il rapporto con l'esecuzione se

condo le norme processuali di diritto comune (per il caso di con

danna dell'Amministrazione al pagamento di somme di denaro

o a comportamenti materiali). Anche le modalità di esercizio del potere da parte del giudice sono delineate in termini poco chiari

(si veda l'art. 1,3° comma, lett. q, n. 2, che ammette «un eserci

zio anche in fasi ulteriori fino al completo adempimento da parte dell'Amministrazione secondo le norme che regolano il rapporto controverso e l'interpretazione datane dalla sentenza da esegui re» (40)). Non viene sancita la possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza sulla base della sentenza esecutiva, di primo gra

do, non ancora passata in giudicato: invece la dottrina ha sempre sottolineato l'esigenza di garantire in modo effettivo l'esecutività

delle sentenze di primo grado (41).

L'incompletezza del disegno di riforma emerge in modo evi

dente anche nella mancanza di qualsiasi criterio direttivo sulla

disciplina del giudizio di ottemperanza. Ciò vale, in particolare, per la garanzia del contraddittorio, che assume un particolare rilievo nel giudizio di ottemperanza, dato che, almeno secondo

l'indirizzo accolto oggi dalla giurisprudenza prevalente, è possibi le che in questo giudizio siano coinvolti per la prima volta inte

ressi non direttamente rilevanti nel giudizio principale.

è) Questi rilievi inducono a considerare una riformulazione del

l'art. 1, 3° comma, lett. n e lett. q, di questa specie: («le norme

delegate dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri di

rettivi: . . .») «Previsione che il ricorrente, oltre all'annullamento dell'atto,

possa chiedere l'accertamento dei presupposti di fatto e di diritto

indicati dalla norma per l'attività amministrativa in contestazio

ne, al fine di accertare la relazione intercorrente tra privato e

pubblica amministrazione in ordine al bene della vita in contesa, con specificazione delle situazioni di obbligo, di potere e di facol tà dell'Amministrazione. Previsione, nel caso che sia richiesto il

suddetto accertamento del potere-onere dell'Amministrazione di

far valere, mediante rinnovazione dell'atto — sotto sanzione di

preclusione definitiva — all'atto della sua costituzione, o nel cor

so del giudizio in caso di sopravvenienza, tutti i presupposti e

le circostanze di fatto e di diritto — anche ulteriori o sopravve nute rispetto a quelle su cui è fondato l'atto impugnato.

«Disciplina processuale del giudizio di ottemperanza ispirata ai principi generali della esecuzione forzata e delle relative oppo

sizioni, e con potere del giudice di nomina di un commissario

il quale si sostituisca all'Amministrazione.

«Previsione che in materia di diritti soggettivi la sentenza e

il giudicato abbiano comunque i contenuti, l'efficacia e l'autorità

previsti dal codice civile e dal codice di procedura civile, e che le relative sentenze di condanna siano attuabili, oltre che tramite

il giudizio di ottemperanza, anche dal giudice civile nelle forme

previste dal terzo libro del codice di procedura civile.

«Previsione, in materia di impugnazione di atti regolamentari,

della efficacia retroattiva «erga omnes» della sentenza di annulla

mento, e della pubblicazione degli estremi della sentenza con le

stesse modalità prescritte per il regolamento annullato».

* * »

Disegno di legge

Art. 1

1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, con uno

0 più decreti, norme aventi valore di legge ordinaria:

a) per il riordinamento generale, con le opportune modifiche ed

integrazioni, del processo dinanzi ai tribunali amministrativi regiona li, al Consiglio di Stato, al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana e al Tribunale regionale di giustizia amministrati

va di Trento;

b) per una nuova disciplina del ricorso straordinario al Presidente

della Repubblica e degli altri ricorsi amministrativi, in armonia con

1 criteri ispiratori del riordinamento del processo amministrativo, in

quanto applicabili e nel rispetto dei principi dell'ordinamento regionale. 2. Le norme delegate dovranno essere dirette a realizzare l'attua

zione integrale, coordinata e coerente, dei principi costituzionali in

ordine alla tutela del cittadino, singolo od associato, nei confronti

della pubblica amministrazione, assicurando:

a) che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri inte

ressi legittimi e dei propri diritti soggettivi, in attuazione dell'articolo

24 della Costituzione e dei principi comunitari, prevedendo altresì

la specifica disciplina del risarcimento dei danni derivanti da lesione

di interessi quando sia ammesso dai principi o dalla normativa co

munitaria;

b) che, nell'ambito precisato nella lettera a), la tutela venga presta ta cosi al singolo come alle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del medesimo, riconoscendo pertanto a tali formazioni

la legittimazione ad agire in giudizio per la tutela degli interessi, di

cui siano portatrici, riferiti ai beni fondamentali protetti dall'ordina

mento giuridico, in attuazione dell'articolo 2 della Costituzione;

c) che sia attuata, in ogni stato e grado del processo, una posizione di sostanziale eguaglianza tra la parte privata e la pubblica ammini

strazione, con l'osservanza piena del principio del contraddittorio te

nendo tuttavia conto delle peculiari caratteristiche della parte pubbli ca, in relazione alle sue responsabilità per la promozione dello svi

luppo della persona umana e della più ampia partecipazione dei

cittadini, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione;

d) che sia salvaguardato il ruolo assegnato dalla Costituzione alla

pubblica amministrazione, al servizio esclusivo della comunità nazio

nale, anche con il rispetto delle sfere di competenza e di responsabili tà dei funzionari, in attuazione degli articoli 97 e 98 della Costituzione;

e) che, nelle materie' di giurisdizione esclusiva e, in particolare, nelle materie del pubblico impiego, siano tutelati i diritti del cittadi

no nei confronti dell'amministrazione pubblica, dei suoi funzionari

e dei dipendenti, responsabili di ogni eventuale violazione, in attua

zione dell'articolo 28 della Costituzione.

3. Le norme delegate dovranno, pertanto, attenersi ai seguenti prin

cipi e criteri direttivi:

a) realizzare una coordinata ed organica riforma del processo am

ministrativo nei due gradi di giudizio, tenendo anche presenti gli in

dirizzi della giuriprudenza e, per quanto possibile, le norme del pro cesso civile;

b) procedere alla revisione ed alla integrazione delle norme sulla

giurisdizione del giudice amministrativo. Nella revisione, in partico lare, deve essere:

1) assicurato un completo sistema di strumenti idonei a consenti

re l'effettiva tutela degli interessi legittimi e, nelle materie di giurisdi zione esclusiva, dei diritti soggettivi, nei confronti di atti e di com

portamenti omissivi della pubblica amministrazione;

2) soppressa la giurisdizione di merito;

3) sistemata organicamente la giurisdizione esclusiva che sarà este

sa anche: a materie strettamente connesse o conseguenti a quelle già devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, in

particolare, ai diritti patrimoniali conseguenziali alla pronuncia di

illegittimità dell'atto o comportamento contro cui si ricorre, non esclusi

quelli al risarcimento dei danni; all'espropriazione per pubblico ge nerale interesse, alle occupazioni temporanee o di urgenza e alle re

quisizioni, escluse soltanto le questioni concernenti la determinazione

di indennità o di risarcimento; alle prestazioni di ogni genere, e rela

tivi oneri di spesa, del Servizio sanitario nazionale nonché dell'istru

zione e dell'assistenza pubblica; prescrivendo che il giudice ammini

strativo si pronunci in ogni caso sugli interessi di qualsiasi natura

e rivalutazione monetaria conseguenti alla condanna al pagamento di una somma determinata;

(40) La possibilità di un esercizio «in fasi ulteriori» sembra alludere alla nota tesi dottrinale (in passato sostenuta particolarmente da Nigro) secondo cui nel giudizio di ottemperanza la statuizione del giudice di me

rito sarebbe soggetta a una progressiva attività di specificazione e di inte

grazione, fino alla definizione esatta del rapporto fra Amministrazione

e cittadino. Accanto a questo riferimento, però, la norma in esame con

tiene anche il riferimento alla «sentenza da eseguire», e ciò sembra esclu

dere che l'attività del giudice, in sede di ottemperanza (ossia di «esecuzio

ne»), possa estendersi a profili non definiti nella sentenza di merito.

(41) Si tenga presente che l'affermazione dell'esecutività delle sentenze di primo grado risulta rispondere oggi a logiche più generali, non più limitate solo al processo amministrativo. Si veda, in proposito, il disegno di legge «Provvedimenti urgenti per il processo civile» approvato dal Se

nato il 28 febbraio 1990 e più volte citato in queste note: all'art. 30 il

disegno di legge introduce la regola che anche la sentenza di primo grado è sempre provvisoriamente esecutiva.

Il Foro Italiano — 1990.

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PARTE QUINTA

4) dettata una disciplina del giudizio concernente le elezioni regio nali e amministrative in genere, conforme alle norme vigenti in mate

ria, prevedendo anche provvedimenti specifici d'urgenza.

c) dettare una disciplina che escluda gli effetti sospensivi del rego lamento preventivo di giurisdizione in tutti i casi in cui il giudice a quo dichiari la non rilevanza o la manifesta infondatezza della

questione;

d) disciplinare organicamente il riparto della competenza fra i tri

bunali amministrativi regionali, tenendo fermo il carattere derogabile della competenza stessa, salvo che nei giudizi di ottemperanza o che

concernono le elezioni regionali e amministrative in genere nonché

nei casi in cui la inderogabilità discenda necessariamente da norme aventi valore di legge costituzionale;

è) disciplinare autonomamente il processo di accertamento, pre scrivendo:

1) che la declaratoria relativa sia idonea a soddisfare l'interesse

fatto valere dal ricorrente;

2) che la pronuncia del giudice contenga, ove occorra, l'affer

mazione degli obblighi della pubblica amministrazione;

f) assicurare la protezione degli interessi diffusi nonché degli inte

ressi di cui sono portatrici collettività e formazioni sociali, nelle quali si svolge la personalità del singolo, riferiti a beni fondamentali pro tetti dall'ordinamento giuridico;

g) disciplinare sistematicamente:

1) gli atti di parte nel giudizio, eliminando le cause di preclusio ne e di decadenza che non abbiano fondamento in ragioni sostanziali

di tutela degli interessi pubblici o privati e disciplinando l'onere per la pubblica amministrazione di costituirsi tempestivamente in giudi zio, e le conseguenze dell'inadempimento;

2) i provvedimenti del giudice, tenendo anche conto del sistema

del codice di procedura civile, prevedendosene altresì forme abbre

viate e semplificate e prescrivendo l'obbligo per il giudice ammini

strativo di esternare motivazione adeguata e non apodittica, per tutte

le pronunce a contenuto decisorio, ivi comprese quelle che decidono

in primo grado o in appello o in revocazione sulla richiesta di so

spensione del provvedimento o della sentenza impugnati;

h) disciplinare sistematicamente i termini di decadenza e di prescri

zione, che condizionano rispettivamente la tutela degli interessi legit timi e dei diritti soggettivi dinanzi al giudice amministrativo, discipli nando, anche con riferimento ai principi generali, la nozione di effet

tiva, piena e completa conoscenza del provvedimento amministrativo

da impugnare, nonché la possibilità di proporre motivi aggiunti; esclu

dendo in ogni caso l'obbligo della preventiva notifica del ricorso in

tutte le fattispecie in cui il ricorrente non abbia conseguito l'effetti

va, piena e completa conoscenza del provvedimento da impugnare;

i) realizzare uno svolgimento rapido del processo e assicurare che

sia esperibile una completa tutela interinale del ricorrente, anche nei

confronti degli atti e comportamenti negativi della pubblica ammini

strazione, prevedendo, in particolare:

1) che il giudice possa adottare ogni provvedimento più idoneo

ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione ed in vista di essa;

2) che la domanda di tutela interinale non possa essere trattata

fino a quando il ricorrente non abbia presentato istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito;

3) che nel caso di accoglimento della domanda stessa, l'istanza

di fissazione di udienza non possa essere revocata e l'udienza di me

rito sia fissata per una data compresa entro il termine massimo di

sei mesi;

[) assicurare nel giudizio amministrativo un efficace sistema proba torio nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, dell'onere

della prova e del potere di accertamento autonomo da parte del giu dice sui fatti oggetto della controversia. A tal fine:

1) deve essere prescritto l'obbligo di ogni pubblica amministra zione di esibire, e di effettuarne copia su richiesta ed a spese del ricorrente e delle altre parti del processo, il provvedimento impugna to e tutti gli atti del relativo procedimento; nonché copia degli atti

dei procedimenti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali e

comunque di tutti gli altri atti e documenti richiesti, salvo l'opposi zione, con comunicazione scritta alla parte interessata, del segreto d'ufficio, se espressamente previsto e disciplinato dalla legge;

2) debbono essere sempre esperibili, in quanto compatibili con le peculiari caratteristiche del giudizio, i mezzi di prova previsti dal

codice di procedura civile, esclusi: l'interrogatorio formale e il giura mento; la prova testimoniale, salvo che nei giudizi in materia di pub blico impiego; altri mezzi che, per la loro natura, si ritenga non pos sano essere esperiti nei confronti della pubblica amministrazione;

3) all'ammissione delle prove è delegato un magistrato, salvo che per la prova testimoniale, che è ammessa soltanto dal collegio ed esclusivamente nei casi in cui il collegio medesimo la ritenga asso

lutamente necessaria in mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio;

li Foro Italiano — 1990.

4) è delegata al magistrato istruttore l'assunzione di tutti i mezzi

di prova;

5) sono specificate le sanzioni, anche di carattere penale, a cari

co dei funzionari responsabili dell'omesso o ritardato adempimento dei provvedimenti istruttori emessi dal giudice;

6) deve essere disciplinata una possibilità per il giudice ammini

strativo di decidere allo stato degli atti, in caso di inadempimento da parte della pubblica amministrazione dei provvedimenti istruttori, secondo la regola del prudente apprezzamento, salvo in ogni caso

il diritto della parte al risarcimento del danno in attuazione dell'arti

colo 28 della Costituzione;

tri) disciplinare compiutamente la sospensione, l'interruzione e la

estinzione del giudizio, procedendo ad una revisione del sistema vi

gente, che tenga conto della peculiarità del processo amministrativo;

ri) disciplinare organicamente il sistema della pronunce sul ricorso

in relazione al loro contenuto, rispettivamente, di accertamento, co

stitutivo o di condanna:

1) regolando gli effetti della sentenza di accoglimento, sia nel

caso che la pubblica amministrazione abbia illegittimamente omesso

di provvedere sia nel caso che l'atto impugnato sia illegittimo;

2) prevedendo, già in sede di cognizione, il potere di sostituzione

del giudice alla pubblica amministrazione, allorché a questa non sia

no attribuiti poteri discrezionali in ordine alle modalità ed al tempo dell'adozione dell'atto o del comportamento;

3) prevedendo il potere del giudice di fissare un termine per il

compimento delle ulteriori attività necessarie e la facoltà di nomina

re, fin da tale momento, un commissario, per l'eventualità di ina

dempimento;

4) prevedendo che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice debba pronunciarsi su tutti i capi della domanda, in quanto ciò sia

necessario per l'integrale soddisfazione dell'interesse fatto valere nei

giudizi dal ricorrente;

5) prescrivendo che, qualora la sentenza pronunci l'annullamen

to di atti amministrativi generali a contenuto normativo, essa abbia

efficacia erga omnes e che della sentenza definitiva debba essere da

ta, a cura dell'amministrazione interessata nel termine di quindici

giorni dalla pronuncia, pubblicità nelle medesime forme di pubblica zione degli atti annullati e prescrivendo, altresì, che gli atti regola mentari perdano efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della decisione definitiva;

6) prescrivendo che, in caso di accoglimento del ricorso nelle

materie di giurisdizione esclusiva, e in particolare nella materia del

pubblico impiego, il giudice adotti, ove occorra, misure riparatone idonee ad assicurare la piena tutela dei diritti del ricorrente in conse

guenza di eventuali violazioni da parte della pubblica amministrazione;

o) adeguare la disciplina del giudizio in materia di pubblico impie

go a quella del processo del lavoro, in modo da assicurare al pubbli co impiegato, in quanto consentito dalla peculiare natura del rappor

to, eguaglianza di tutela con il lavoratore privato, e prevedendo, in

particolare, l'attribuzione al giudice amministrativo di poteri di ordi

nanza per disporre il pagamento di somme prima dell'emanazione

della sentenza o la cessazione di comportamenti illegittimi diretti ad

impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale

nonché del diritto di sciopero;

p) stabilire che per le controversie relative alla applicazione dei

decreti di recepimento del Presidente della Repubblica di cui alla leg

ge 29 marzo 1983, n. 93, possa essere sospesa, entro termini prede terminati, la decorrenza dei termini processuali sino alla definizione

di una proposta di soluzione stragiudiziale da parte di apposite com

missioni nominate dal commissario del Governo presiedute da un

magistrato del tribunale amministrativo regionale e formate da rap

presentanti della pubblica amministrazione e dalle organizzazioni sin

dacali che hanno concluso gli accordi di comparto;

q) procedere ad una compiuta revisione della normativa in materia

di ottemperanza della sentenza e degli altri provvedimenti del giudi ce, precisando altresì l'effetto della pronuncia in relazione alla natu

ra discrezionale, dovuta o vincolata del provvedimento impugnato; il giudice, a tal fine, può ordinare:

1) l'adozione in sede amministrativa di altre misure, anche sosti

tutive e risarcitone, occorrenti per il ripristino e per la reintegrazione della situazione di fatto e di diritto esistente al momento della do

manda, esclusa l'ipotesi di accertata impossibilità e con salvezza di

ogni altra misura riparatoria;

2) l'esecuzione in via giurisdizionale della sentenza del giudice amministrativo, nei casi in cui l'esecuzione in via amministrativa sia

mancata o sia stata incompleta o inadeguata, disponendo dei neces

sari poteri di intervento ordinario e sostitutivo, da esercitarsi anche

in fasi ulteriori fino al completo adempimento da parte dell'ammini

strazione secondo le norme che regolano il rapporto controverso e

l'interpretazione datane dalla sentenza da eseguire;

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

r) disciplinare il sistema delle impugnazioni, prevedendone l'appli cabilità a tutte le decisioni del giudice di primo grado, anche se rese nei giudizi di ottemperanza;

s) procedere alla revisione della disciplina in materia di revocazio ne in modo da adeguarla a quella prevista dal codice di procedura civile;

t) procedere ad una sistematica disciplina dell'appello al Consiglio di Stato ed al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, in particolare:

1) prevedendo l'impugnabilità delle sentenze definitive e non de

finitive, nonché delle ordinanze che dispongono misure cautelari, sal

vo in tal caso l'obbligo di adeguata motivazione del giudice ammini strativo sull'appello cautelare medesimo e introducendo la riserva fa coltativa di appello avverso le sentenze non definitive;

2) assicurando la tutela dei soggetti comunque interessati, in ar

monia con la natura del processo amministrativo;

3) ponendo il divieto di domande nuove in appello, salvo che

non attengano a vizi del procedimento o della sentenza di primo grado; 4) prevedendo la proponibilità di nuovi motivi in appello, che

si riferiscano a nuovi fatti ed elementi emersi nel corso del giudizio;

5) disciplinando l'effetto devolutivo dell'appello, in modo che

la riemersione dei motivi introdotti in primo grado e respinti o non

esaminati da quel giudice sia connessa all'onere di iniziativa, rispetti vamente, dell'appellante o dell'appellato, già ricorrente;

6) prevedendo le ipotesi di annullamento della sentenza con rin

vio al giudice di primo grado, sulla base degli articoli 353 e 354 del

codice di procedura civile;

7) prevedendo che all'ammissione delle prove è delegato un ma

gistrato del collegio, salvo che per la prova testimoniale, che è am

messa soltanto dal collegio ed esclusivamente nei casi in cui esso la

ritenga necessaria in mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio;

u) introdurre l'opposizione di terzo, nei confronti delle sentenze

passate in giudicato a tutela:

1) del litisconsorte necessario, titolare di diritti soggettivi o inte

ressi legittimi, non chiamato in giudizio;

2) del terzo titolare di un diritto soggettivo, pregiudicato dalla

sentenza;

v) prevedere l'introduzione di procedimenti speciali, per la tutela

con cognizione sommaria e anticipata, salvo conferma nel successivo

giudizio: 1) di chi, avendo fondato motivo di ritenere che, durante il tem

po occorrente per farlo valere, il suo interesse legittimo o, nei casi

di giurisdizione esclusiva, il suo diritto sia minacciato da un danno

grave e irreparabile, chiede al giudice l'adozione del provvedimento

più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione

definitiva; 2) del pubblico impiegato che, prima del ricorso, chiede l'ema

nazione dell'ordinanza di pagamento di somme;

w) adeguare la disciplina del ricorso straordinario al Presidente

della Repubblica prevedendo, in particolare:

1) la delega alle regioni, ai sensi dell'articolo 118, secondo com

ma, della Costituzione, dell'istruttoria dei ricorsi straordinari propo sti contro atti delle regioni stesse e degli enti soggetti al loro controllo;

2) la presentazione dei ricorsi straordinari di cui al numero 1), dei documenti e di eventuali ricorsi incidentali alla presidenza della

giunta regionale competente;

3) l'osservanza del principio del contraddittorio;

4) l'assegnazione del termine di sei mesi all'amministrazione che

ha emanato l'atto impugnato ed all'autorità che riferisce sul ricorso

al Consiglio di Stato per gli adempimenti di competenza;

5) la eliminazione delle cause di preclusione dell'esame del ricor

so, secondo la disciplina dettata per il ricorso giurisdizionale;

6) il riconoscimento del diritto di scelta tra il ricorso straordina

rio e quello giurisdizionale a favore dell'ente pubblico diverso dallo

Stato, che ha emanato l'atto o provvedimento impugnato in via straor

dinaria;

7) l'impugnabilità in sede giurisdizionale del decreto del Presi

dente della Repubblica che decide il ricorso in difformità dal parere del Consiglio di Stato;

8) la tutela cautelare del ricorrente;

9) la pubblicità di tutti gli atti del procedimento;

x) adeguare la disciplina degli altri ricorsi amministrativi preveden

do, in particolare:

1) l'adozione di una disciplina idonea ad agevolare il riesame, da parte dell'amministrazione, degli atti impugnati;

2) l'osservanza del principio del contraddittorio;

3) la tutela cautelare del ricorrente;

y) dettare disposizioni di attuazione dirette a:

1) assicurare l'applicazione della nuova normativa sul processo

li Foro Italiano — 1990.

amministrativo agli atti e pronunce ancora da compiere, conservan do validità a quelli già compiuti alla data della sua entrata in vigore;

2) adeguare le strutture e l'organico degli uffici di giustizia am

ministrativa alle esigenze poste dalla nuova disciplina;

3) provvedere alla informatizzazione del lavoro dei giudici e dei servizi di segreteria per la gestione del contenzioso, per la riproduzio ne elettronica degli atti di causa e di tutti i provvedimenti del giudice, anche ad istanza delle parti, per la elaborazione giurisprudenziale dell'organo giudicante, e per la ricerca di tutti provvedimenti del giu dice e delle massime giurisprudenziali, a servizio anche di chiunque altro vi abbia interesse, attuando, per la trasmissione dei dati a di

stanza, il tipo di collegamento che offre maggiori garanzie di fedeltà e celerità;

z) dettare disposizioni transitorie e di attuazione per la applicazio ne della nuova disciplina del ricorso straordinario al presidente della

Repubblica e degli altri ricorsi amministrativi, rispondenti ai principi indicati nella lettera precedente;

aa) dettare disposizioni integrative e correttive della nuova discipli na del processo amministrativo, del ricorso straordinario al Presiden te della Repubblica e degli altri ricorsi amministrativi, nell'osservan

za dei principi e criteri direttivi determinati dalla presente legge e

secondo il procedimento previsto dall'articolo 2, entro il termine di

tre anni dalla data di entrata in vigore delle norme delegate;

bb) dettare una disposizione finale, che stabilisca un termine mas

simo di sei mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale per l'entrata in vigore delle norme delegate.

Art. 2

1. Gli schemi dei decreti previsti dalla presente legge, redatti a cura

della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono presentati, singolar mente o insieme, entro il termine massimo di quattro mesi dalla data

di entrata in vigore della presente legge, al Consiglio di Stato, in

adunanza generale, per il parere, che deve essere espresso entro no

vanta giorni. 2. Ricevuto il parere del Consiglio di Stato, gli schemi di decreti,

corredati dei relativi pareri, sono sottoposti ad una Commissione bi

camerale, nominata entro due mesi dalla data di promulgazione della

presente legge, composta di venti deputati e venti senatori, presiedu ta da un parlamentare scelto d'intesa dai Presidenti delle Camere,

comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascuna

componente politica costituita in gruppo in almeno un ramo del Par

lamento. La Commissione esprime il proprio parere entro due mesi

indicando specificamente le eventuali disposizioni che non ritiene cor

rispondenti ai criteri ed ai principi direttivi contenuti nella presente

legge. Il Governo, nel mese successivo, esaminato il parere di cui

al comma 1, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali mo

dificazioni, i testi alla Commissione per il parere definitivo, che deve essere espresso entro il termine di un mese.

3. Il Governo procede all'approvazione definitiva del nuovo testo e delle nuove disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 1 entro

sessanta giorni dall'acquisizione del parere definitivo della Commis

sione di cui al comma 2.

Art. 3

1. I presidenti dei tribunali amministrativi regionali, delle sezioni staccate e delle sezioni interne dei tribunali medesimi durano in cari

ca cinque anni.

2. La proroga dell'incarico è ammessa soltanto nel caso di assoluta

impossibilità di sostituzione e solo per il tempo in cui tale impossibi lità permane.

3. Per il termine di tre anni dal conferimento dell'incarico il titola

re dell'ufficio di cui al comma 1 non può chiedere di esser assegnato a funzioni diverse o trasferito ad altra sede.

Art. 4

1. Agli oneri conseguenti all'attuazione degli interventi di cui al

l'articolo 1, comma 3, lettera y), valutati in annue lire 9.400 milioni

a decorrere dall'anno 1991, si provvede all'uopo parzialmente utiliz

zando le proiezioni per il detto anno 1991 dell'accantonamento «Ri

forma del processo amministrativo» iscritto, ai fini del bilancio trien

nale 1989-91, sul capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero

del tesoro per l'anno finanziario 1989.

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri

decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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