RIVISTA DI GIURISPRUDENZA PENALESource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 85/86-87/88Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084687 .
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85 GIURISPRUDENZA PENALE 86
zioni fossero estranee all'ufficio di periti contabili, ed
i signori Pages e Trapani venissero chiamati a de
porre quali testimoni e senza istanza delle parti;
Considerando, sul settimo mezzo di ricorso,che il 26 lu
glio 1877 l'avvocato difensore del De Martinis fece istanza
che venisse chiamato al dibattimento in qualità di perito
l'ufficiale signor Francesco Pages, direttore dei conti,
dandogli facoltà di assistere a tutti gli atti della pub
blica istruzione, e quindi emettere il suo avviso sul
quesito: Se nulla siasi fatto od omesso dal De Martinis
nell'esercizio delle sue funzioni che possa accennare
ad un doloso proposito di cooperare alle malversazioni
che commettevansi dal pagatore Minale;
Che nella udienza del 6 agosto, rivestendo il Pages
nel medesimo tempo la qualità di condifensore del
De Martinis e del Villani (altro coaccusato), e di testi
monio pel Villani e di perito, gli accusati dichiaravano
di ritenerlo in causa come perito;
Che nell'udienza del 13 agosto il difensore del De Mar
tinis domandò che fosse posto al Pages il quesito: Esa
minate le perizie a carico, ed i documenti che si sono
letti, ed i fatti che.si sono svolti al pubblico dibatti
mento, dica se delle negligenze vi sono state davvero
da potersi addebitare al direttore dei conti, e, nella
ipotesi di una risposta affermativa, se il sistema in
valso nell'amministrazione della seconda divisione del
Corpo reale equipaggi non valga a giustificare o per lo meno a scusare la condotta del direttore;
Che il pubblico ministero si oppose a che fosse fatta
al perito quella domanda, almeno in quanto concerneva
la seconda parte, ed il Tribunale proferì ordinanza
colla quale ammise che potesse farsi ai periti contabili
la domanda: se delle negligenze vi fossero state dav
vero, da potersi addebitare al direttore dei conti; ma
respinse la seconda parte del quesito, dichiarando che
truttavan di un giudizio che non era di competenza di un perito contabile, ma spettava al Tribunale di
pronunciarlo colla sentenza in merito ai fatti constatati
e stabiliti al dibattimento; Considerando che non trattasi di risolvere se all'ac
cusato competa il diritto illimitato d'interrogare te
stimoni sopra tuttoció che esso giudichi utile alla pro
pria difesa, ma bensì se un perito contabile poteva essere chiamato a pronunciarsi sulla maggiore o mi
nore responsabilità dell'accusato per le negligenze che
avesse commesse nel disimpegno del proprio ufficio;
Che, posta la questione in questi termini, non è dubbio
che la seconda parte del quesito, sul quale il Pages avrebbe dovuto rispondere, secondo la istanza della
difesa, usciva dai limiti del giudizio, delle dichiarazioni
e degli schiarimenti che quale perito il Pages doveva
somministrare alla giustizia;
Considerando, intorno all'ultimo mezzo di ricorso, che
la convinzione dei giudici del merito sulla complicità del De Martinis nel reato di prevaricazione commesso
dal Minale, coll'averlo scientemente e dolosamente aiu
tato nelle sottrazioni commesse dal 1871 al 1876, non
fu fondata soltanto sulle rivelazioni del Minale, ma
sul modo col quale tenne la contabilità e sulle altre
emergenze del dibattimento esposte nelle motivazioni
della sentenza impugnata, emergenze il cui apprezza mento non può cadere sotto la censura del Tribunale
supremo; Considerando che la prevaricazione commessa dal
Minale per una somma superiore alle lire 5000 era
punibile coi lavori forzati a tempo, pena che pel De Martinis, ritenuto colpevole di complicità non ne
cessaria, doveva essere diminuita da uno a tre gradi; Che la pena di 5 anni di reclusione ordinaria è nei
limiti che pel combinato disposto degli art. 510 e 41
poteva essere applicata senza bisogno di speciale mo
tivazione; Per questi motivi, rigetta il ricorso, ecc.
Ammonizione — Citazione del denunziato — Forma
(Legge 20 marzo 1865 sulla pubblica sicurezza, art.
105 e 106; Cod. proc. pen., art. 188).
Nei procedimenti per ammonizione non si richiede
la citazione formale del denunciato; basta la sola chia
mata verbale. (1)
(Cassazione di Roma, udienza 3 gennaio 1879, Pres.
Ghiglieri, Est. De Cesare, P. M. Spera (Conci, conf.) —
Ric. Piscera-Bua). (Nostra sentenza).
Verbale — Errore materiale (Cod. proc. pen., art. 316). Falso — Biglietto all'ordine — Commerciante —
Causa diversa da atto commerciale — Questione »i giurati (Cod. comm., art. 3, n. 2; Cod. pen., art.
343; Cod. proc. pen., art. 494).
Devesi ritenere effetto di errore materiale, e perciò non produttivo di nullità, la dichiarazione del verbale
di dibattimento che l'usciere, d'ordine del presidente,
dopo aver dichiarata aperta l'udienza, interrogò l'ac
cusato sulle generalità, e lesse ai giurati la formola
del giuramento.
Costituisce falso in atto di commercio la falsifica
(1) Osservo la Corte che « se la giurisprudenza, ispirandosi ad alti sentimenti di giustizia per mantenere la esatta osservanza della legge, ha statuito esser suscettiva di ricorso la ordinanza di ammonizione, non è dato però spingere l'accordata facoltà fino al punto di far del l'ammonizione un giudizio regolare e completo con tutte le forme e termini dettati dal rito penale. Queste pretese non sono che esorbi tanze, le quali non possono essere accolte dal supremo Collegio. Onde cadono gli appunti che si muovono dal ricorrente Contro la denun ciata ordinanza con cui egli veniva ammonito, come quelli che par tono dal falso supposto di volere affibbiare ad un atto amministrativo di pubblica sicurezza, compilato per delegazione dell'autorità giudi ziaria, la procedura dei giudizi penali, pretendendo financo che l'atto di citazione debba contenere tutti gli estremi richiesti dall'art. 332 Codice di proc. pen., mentre la legge speciale non prescrive alcuna
formola, ma vuole solo che il pretore chiami innanzi a sè il denun zialoy ciò che vuol dire potersi la chiamata eseguire anche verbal mente per mezzo di un addetto all'ufficio di pretura, sol che ne risulti dalla relativa ordinanza ».
V. Conforme: Cassazione Firenze, 11 ottobre 1878, (supra, col. 37).
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zione della firma di un commerciante apposta ad un
biglietto ad ordine; ed affermati dai giurati questi
estremi di fatto, bene la Corte d'assise ritiene che la
falsità sia caduta in atto di commercio, senza che a
ciò sia necessaria una dichiarazione del Giurì, che nei
biglietti di cui si tratta non era espressa una causa
diversa dagli atti commerciali. (1)
(Cassazione di Torino, udienza 11 dicembre 1878,
Pres. D'Agliano, Est. Rossi, P. M. Bruni (Conci, conf.) — Ric. Canali e Contini).
(Nostra sentenza).
Parte civile — Bteato «l'azione privata — Costitu
zione (Cod. proc, pen., art. 110, ultimo capoverso,
ed arg. art, 352, 371, 372).
Testimoni — Confronto — Facoltà del giudicante — Incensurabilità (Cod. proc. pen., art. 301 e se
guenti).
L'ultimo alinea dell'art. 110 Cod. di proc. pen. non
si applica quando la citazione dell'imputato, trattan
dosi di reato di azione privata, ebbe luogo non già di
rettamente per cura della parte stessa che ebbe a pro muovere l'azione penale, ma per decreto del pretore ed
a richiesta del pubblico ministero. (1) La legge abbandona al prudente discernimento di
chi istruisce la causa all'udienza (salvo il richiamo -al
giudizio se questo è collegiale) il porre tra loro a con
fronto i testimoni; e la deliberazione relativa sfugge alla critica' della Corte suprèma.
(Cassazione- di Torino, udienza 12 dicembre 1878, Pres. D'Agliano, Est. Talice, P. M*. Pozzi — Ric. Man
fredi — (Monit. trib. di Milano, XX, 1879, pag. 66).
Sorveglianza della pubblica sicurezza — Contrav
venzione — Giudizio — Obbligo diverso da quello Indicato nella citazione (Cod. proc. pen., art. 373).
La omissione, da parte del sorvegliato dalla pubblica
sicurezza, di presentarsi ogni domenica all'autorità,
giusta uno degli obblighi impostigli nella carta di per
manenza, non può servir di base alla condanna allorché
la citazione ebbe luogo per contravvenzione all'ob
bligo, del tutto diverso, di non associarsi a persone
sospette. (2) •
(Corte d'appello di Bologna, udienza 8 novembre
1878, Pres. ed Est. Stampacchia — Ric. Calderoni).
(Nostra sentenza).
(1) La Corte, ecc. — Sui mezzi primo e secondo — Attesoché il verbale di dibattimento riporta in fatto ciò che segue: « Si riapre al pubblico « la sala d'udienza; l'usciere, d'ordine del signor presidente, interroga « sulle generalità gli accusati, quali declinano quelle superiormente « trascritte; poscia, rivolto ai giurati, legge ad alta voce la formola « del giuramento, di cui all'art. 487 del Codice di procedura penale « modificat >, ecc. »;
Attesoché tutta la questione si riduce a vedere se si debba stare a
quanto riporta materialmente il verbale, e ritener^così che l'interro
gazione agli accusati sulle loro generalità sia stata fatta dall'usciere, e l'usciere parimenti abbia dato lettura ai giurati della formola del
giuramento, ovvero se, malgrado siffatte espressioni del verbale, si debba intendere che l'una e l'altra sia stata eseguita da chi soltanto doveva e poteva eseguirla, vale a dire dal presidente;
Attesoché questa seconda ipotesi è la sola ammissibile, imperocché l'usciere, neanche per delegazione, aveva veste e qualità per eseguire quanto gli viene in questa parte del verbale attribuito, ed assurdo d'altronde sarebbe il supporre che il presidente abbia voluto spogliarsi in quel modo dei suoi poteri per conferirli ad una persona evidente mente incapace per legge a rappresentarlo ;
Attesoché quella pretesa ingerenza dell'usciere affermata dal ver bale in fatti che punto non lo riguardavano, ed ai quali non poteva a meno che rimanere totalmente estraneo, deve quindi considerarsi
qual conseguenza di un materiale errore occorso nella scritturazione dello stesso verbale laddove, dopo le parole l'usciere, d'ordine del
presidente, e prima della parola interroga, si ommise di riportare le
seguenti, che pur ne facevano parte integrante, cioè: « dichiara aperta l'udienza, quindi il presidente, ecc. » formola questa, che, in siffatta
guisa completata, viene costantemente usata in tutti i verbali, ed è
quella precisamente che si legge nei verbali a stampa, ancora al giorno d'oggi tollerati; formola, in una parola, che non può mai subire va riazioni o modificazioni di sorta, e che deve in quei precisi termini
ripetersi in ogni qualsiasi dibattimento; Attesoché trattandosi quindi di un puro materiale errore, il quale
non sarebbe di certo avvenuto, se si fosse usata la diligenza neces saria nella scritturazione del verbale, ed il presidente accuratamente lo avesse esaminato, come gli correva obbligo, prima di sanzionarne colla sua firma il contenuto, il medesimo non può essere invocato come mezzo d'annullamento, imperocché siffatto errore rimane apertamente spiegato dal modo stesso con cui fu commesso, nonché dalla impos sibilità che le cose sieno.seguite nel modo in quell'errore riportate; e dovendosi quindi alla persona dell'usciere, collo stesso errore intro
dotta, intendere sostituita di pien diritto la persona del presidente, i ricorrenti non hanno più ragione alcuna di dolersi di essere stati in
terrogati dal presidente sulle loro generalità, e della lettura data da
questo ai giurati della formola del giuramento che dovevano prestare. E perciò l'inattendibilità dei due primi mezzi è manifesta.
(1) La suprema Corte osservò che avendo la citazione avuto luogo per decreto del pretore ed alla richiesta del pubblico ministero, e non
già direttamente per cura della parte stessa che ha promossa l'azione
privata, non era applicabile nella specie l'ultimo alinea dell'art. 110 del Cod. di proc. pen. che, come eccezione alla regola, generale, se condo cui la parte offesa può costituirsi parte civile in qualunque stato della causa, debb'essere ristrettivamente inteso al caso espresso; come si chiarisce anche dal raffronto di detto art. HO cogli art. 352, 371, 372 del God. predetto, e come si è pronunziata concordemente la
giurisprudenza di questa e delle altre Corti supreme. In senso contrario V. Cassazione Napoli, 23 gennaio 1878 (Foro it.,
1878, col. 443) ; V. pure richiami in nota, ivi.
(2) La Corte, ecc. — Attesoché sta in fatto che Giuseppe Calderoni è tradotto a quest'udienza sotto l'imputazione di avere contravve nuto al precetto espresso nel n. 7 della carta di permanenza che gli vieta di associarsi con persone ammonite, come risulta dalla relativa
requisitoria del pubblico ministero, 15 ottobre 1878, e dalla conseguente ordinanza del presidente in data del 17 del mese stesso, e dalla cita zione consegnata all'imputato stesso in data del successivo giorno 20;
Attesoché su tale fatto addebitatogli non si hanno risultanze di sorta né dagli atti del processo, né dal dibattimento, e non si possa conseguentemente, a sostegno di detta contravvenzione, tener calcolo della allegata ommissione di presentarsi ogni domenica all' autorità di pubblica sicurezza per ottenere la vidimazione dell' accordatogli permesso, inquantochè ciò costituisce un fatto evidentemente diverso da quello da cui vien chiamato a difendersi;
Per questi motivi, dichiara non farsi luogo a procedere, ecc.
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