RIVISTA DI GIURISPRUDENZA PENALESource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.251/252-255/256Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084775 .
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251 PARTE SECONDA 252
guono immediatamente « o per qualsiasi altra circo
stanza attenuante », vai quanto dire: « per tutte le
attenuanti specialmente ammesse dalle singole tassa
tive disposizioni del Cod. pen. » Ed in continuazione
leggonsi le altre parole : « comprese quelle accennate
nell'art. 684 Cod. pen. », di tal che, se, come generali
e senza limiti dovessero essere intese le parole « o
per qualsiasi altra circostanza attenuante » l'accenno
alle attenuanti dell'art. 684, che sono realmente gene
rali ed illimitate, ma che anche per esse la legge de
termina la discensione di un grado, sarebbe non altro
che un pleonasmo spiacevole. Ond' è che la sezione di accusa ha la facoltà di giu
dicare del concorso nel fatto delle attenuanti il dolo,
e calcolate le diminuzioni legali, in ordine alla pena,
di mutare la competenza criminale in correzionale, solo
quando risulti applicabile il carcere esclusivamente.
Insomma, non basta, per disporre il mutamento, la
possibilità legale di applicare la pena del carcere, bi
sogna altresì che quella criminale risulti impossibile
legalmente.
La sezione d'accusa, nella fattispecie, avrebbe po
tuto facilmente disporre il mutamento della compe
tenza a mezzo dell'ammessione delle circostanze atte
nuanti, previste dall'art. 684, ma essa non osò farlo;
e per vero, trattasi del manutengolismo in favore della
estinta famosa banda Leone; ma allora la conseguenza è quella della competenza criminale; conciossiachè am
mise essa medesima e confermò la sentenza denunziata
che la pena applicabile, nella specie, sia quella della
reclusione o del carcere. Or finché rimane la possibi
lità di applicare la pena criminale, criminale èia com
petenza
Per questi motivi, annulla, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza 27 febbraio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani,
P. M. Del Mercato (Conci, conf.) — Ric. Monteleone.
Atto (l'accusa — Mancanza di esposizione del fatto — Semplice irregolarità (Cod. proc. pen., art. 441
a 443). La nullità stabilita per le sentenze della Sezione d'ac
cusa allorché manchino della esposizione del fatto, non può estendersi all'atto di accusa.
Vi è quindi irregolarità, ma non nullità, se l'atto di
accusa invece di contenere l'esposizione del fatto,
giusta ciò che prescrive la legge, si limiti a rife rirsi al fatto svolto nella sentenza d'accusa.
La Corte, ecc. — Atteso in fatto che l'istante, con
dannato dalla Corte di assise di Trapani ai lavori for
zati per anni venti siccome colpevole di omicidio vo
lontario, chiese la cassazione per unico mezzo, e preci samente perchè dell'atto di accusa fu a lui intimato il
solo estratto, e quindi non conteneva il fatto e le cir
costanze di esso ai termini dell'art. 442 proc. pen. La Corte di cassazione osserva sullo assunto che la
irregolarità sia vera in fatto, non già perchè l'atto di
accusa, come il ricorrente asserisce, gli fu notificato
per estratto, sì bene perchè il pubblico ministero con
un mezzo abbreviativo contrario alla legge si permise, in quanto al fatto, di riferirsi a quello svolto nella re
quisitoria diretta alla Sezione di accusa, e disse elio
lo si dovea ritenere allegato nell'atto di accusa, non
ostante che ben sapesse il pubblico ministero che quella
requisitoria all' imputato si notifica per estratto semplice. Il fatto che nell'atto di accusa mancò era già nella
sentenza di rinvio, che pure fu al ricorrente notificata
in piena regola. Nè vale il dire che l'interesse dello
accusato stia nel che le quistioni da proporsi ai giurati debbono conformarsi non solo alla sentenza di rinvio,
ben pure all'atto di accusa, imperciocché questo non
può contenere oltre quanto la prima contiene. Che se
per avventura difformi essi fossero sostanzialmente, la
preferenza è sempre data alla sentenza, in esecuzione
della quale l'atto di accusa ha luogo. La legge infatti fulmina all'art. 441 proc. pen. la
nullità in ordine al fatto che debba contenere la sen
tenza, e tal minaccia non ripete nello invocato art. 442
in quanto alle medesime contenenze dell'atto di accusa; la ripete poi nell'art. 443, allorché impone la notifica
zione dell'una e dell'altro.
Laonde la Corte di cassazione, per vizi della notifi
cazione della sentenza di rinvio e dell'atto di accusa,
ha dichiarato la nullità, ma quando essi sono stati tali
da far mancare la prova che quegli atti siano real
mente nelle mani dell'accusato pervenuti allora sola
mente si potrà ritenere che si tratti non di una sem
plice irregolarità, ma di nullità d'ordine pubblico, ap
punto perchè l'inadempimento si riferisce alla mancata
difesa, e precisamente all'interrogatorio dell'accusato,
subito senza la piena cognizione delle circostanze tutte
del fatto addebitatogli, e quindi non .sanabile col silenzio; ma quando, come nella fattispecie, il ricorrente con
fessa di essergli stata notificata la sentenza di rinvio, contenente il fatto e tutte le sue circostanze, come
ancora l'atto di accusa, che soltanto dice monco nel
suo contenuto, sicché si ha la certezza che tutto quanto
gli era necessario egli conobbe, e nulla infatti osservò
nei cinque giorni accordatigli dall'art. 457 proc. pen., e nulla allorquando le quistioni da risolversi dai giu rati furono stabilite, bene a ragione è a ritenersi che
veramente inutile ed inopportuno sia l'attuale lamento;
Pertanto, rigetta, ecc.
RIVISTA DI GIURISPRUDENZA PENALE
Amnistia — Unico reato — lloppia pena — Esten
sione «lei beneficio (R. D. d'amnistia 19 gennaio 1878,
art. 2). La indulgenza largita col R. D. d'amnistia 19 gen
naio 1878 si riferisce alla pena in complesso nei suoi
rapporti col reato, non alle singole pene che pel reato
siano state inflitte.
Laonde trattandosi del reato di lotteria clandestina
che è punibile col carcere e con la multa, la riduzione
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253 GIURISPRUDENZA PENALE 254
di 6 mesi derivante dalla detta amnistia si applica una
volta sola, cominciando dalla pena corporale, ed esten
dendosi, ove sia d'uopo, a tanta parte della multa fino
a raggiungere, secondo il ragguaglio legale, ed in com
plesso con la pena corporale, i 6 mesi di carcere. (1)
(Cassazione di Roma, udienza 19 febbraio 1879, Pres.
Ghiglieri, Est. Mottola, P. M. Spera (Conci, conf.) —
Rie. P. G. di Catania c. Platania Sebastiano).
(Nostra sentenza).
Appello — Sentenza del Tribunale — Appello ilei
procuratore del Re — Motivi aggiunti dal pro
curatore generale — l*iù grave quali fica/Jone del
reato (Cod. proc. pen., art. 399, 407 e 414).
Il procuratore generale presso la Corte d'appello può
dedurre od aggiungere motivi a sostegno dell'appel
lazione interposta dal procuratore del Re contro una
sentenza di Tribunale correzionale, senza uopo di ap
pellare direttamente dalla stessa sentenza. (2)
Quando il procuratore generale non trovi fondati i
motivi dell'appello interposto dal procuratore del Re,
può, mantenendo l'appello, dedurre altri motivi nel ter
mine dalla legge prescritto. (3)
Questi principi sono applicabili anche allora che il
procuratore generale chieda la riforma della sentenza
per un titolo nuovo e più grave di quello che in primo
grado venne contestato, purché, sebbene per altri mo
tivi, l'appello del procuratore del Re fosse generico ed
investisse tutta la sentenza. (4)
Quante volte nel giudizio di secondo grado i fatti
non abbiano subito alcuna variazione, il giudice alla
qualificazione erronea deve sostituire quella che è
meglio conforme alla legge, e solo non può aumentare
la pena ove l'appello sia stato interposto unicamente
dall'imputato. (5)
(Cassazione di Firenze, udienza 5 aprile, 1879, Pres.
Poggi, Est. Coppi, P. M. Trecci — Ric. P. M. e. Giam
marchi e Zauli — Monit. giudiz. Venezia, 1879, n. 21,
pag. 333).
Hetlieo eliirurgo — Lesioni — Denunzia (Cod. proc.
pen., art. 102; Cod. pen. sardo, art. 308; Regol. di
polizia punitivo toscano, art. 21).
Il medico o chirurgo che abbia visitato un malato
per lesione traumatica è tenuto a notificare il fatto
all' ufficiale di polizia giudiziaria, nonostante che non
abbia assunta la cura e siasi limitato a dare mera
mente un consiglio (nella specie di farlo trasportare
all'ospedale in vista della gravità del caso), essendo
ché scopo della legge nel prescrivere che i medici e
chirurghi rimettano all'autorità competente il loro re
ferto nei casi che possano importare alla giustizia, si
è quello che l'autorità stessa possa tempestivamente
procedere agli opportuni provvedimenti.
(Cassazione di Firenze, udienza 28 maggio 1879,
Pres. Poggi, Est. Ferrari, P. M. Miraglia — Ric. P. M.
c. Corradini — Monit. giudiz. Venezia, 1879, n. 26,
pag. 412; Gior. trib. Milano, 1879, pag. 728).
Testimoni — Congiunti — Deposizioni a difesa —
Crimine correzionalizzato (Cod. proc. pen., art. 287).
La norma eccezionale, che consente l'audizione di
parenti od affini nel caso di crimini commessi a danno
di qualcuno della famiglia, vale tanto per le prove a
carico, che per quelle a discarico. (1)
La possibilità di far luogo a questa audizione non
cessa nel caso che il crimine sia stato correzionaliz
zato in virtù delle attenuanti. (2)
(Cassazione di Torino, udienza 13 marzo 1879, Pres.
D'Agliano, Est. Malagoli, P. M. Pozzi (Conci, conf.) —
Ric. Grazioli — Giorn. trib. Milano, 1879, n. 89,
pag. 357).
(1) Conforme; stessa Corte, 20 dicembre 1878, riportata a col. 27
e seg. del presente volume. Vedi pure noia, ivi.
(2-5) La stessa Corte con sentenza 27 agosto 1866 (Annali, 1866-67,
pag. 164) decise similmente che il procuratore generale ove non trovi
fondati i motivi dell'appello interposto dal procuratore del Re, può dedurli da sè stesso, giusta la facoltà che gli deriva dall'art. 407
proc. pen. E del resto, come giustamente osservò il pubblico ministero
presso la suprema Corte nelle sue conclusioni relative alla sentenza
che annotiamo, il principio contrario, quello cioè che i motivi addotti
dal procuratore generale possano essere presi in considerazione allora
soltanto che egli abbia interposto un appello separato e distinto, con
durrebbe all'assurdo, che qualora egli credesse fondato l'appello del
procuratore del Re, ma per ragioni diverse da quelle esposte nell'in
formativa, non avrebbe modo di promuovere la revoca e la riforma
della sentenza nulla ed ingiusta. Infatti non potrebbe appellare diret
tamente stante la regolare e tempestiva interposizione dell'appello del
procuratore del Re, e non potrebbe aggiungere i motivi che gli sem
brano i meglio atti a sostenerlo, imperocché, per aggiungerli, sarebbe
necessario l'interposizione per sua parte di un altro appello che dalla
legge gli è interdetto. Ed è poi risaputo che la facoltà di appellare direttamente dalle sentenze dei Tribunali correzionali è accordata in
via straordinaria al procuratore generale per supplire alla omissione
del procuratore del Re, e che non può quindi essere esercitata ognorachè
questi abbia già interposto appello ; il che volle la legge per evitare
l'inconveniente di una duplice interposizione, la quale contraddirebbe
anche all' istituto del ministero pubblico, siccome ha dichiarato la giu risprudenza.
Riguardo poi alla distinzione tra i motivi aggiunti dal procuratore
generale che non alterano la natura giuridica del reato imputato, e
quelli che tendono a dare al fatto una qualificazione più grave, la sen
tenza la dichiarò inammessibile; osservò che l'art. 407 proc. pen. dando
facoltà al procuratore generale tanto di fare come di aggiungere mo
tivi a sostegno dell'appello del procuratore del Re, non distingue motivi da motivi.
Finalmente sulla facoltà del giudice di dare al fatto, anche quando
l'appello fu proposto dal solo imputato, una qualificazione più grave,
purché non aumenti la pena, la giurisprudenza può dirsi concorde. V. Cass. Firenze, 13 giugno 1877, ric. Stewenson (Annali, 1877,
pag. 172) ; Cass. Torino, 28 giugno 1877 (Foro it., 1877, col. 408) ; Cass.
Napoli, 19 novembre 1875 (Id., 1876, col. 3). Confronta però la sen
tenza della Cass. Palermo, 8 gennaio 1874, citata in nota alla prece dente (ivi). Quando poi la più grave qualificazione non dipende da di
verso apprezzamento giuridico, ma da cambiamento dei fatti, il giudice non può, neanche col mantenere la stessa pena, ritenere un titolo più
grave di reato (Cass. Roma, 7 dicembre 1877, ric. Santini, Riv. pen.,
Vili, pag. 118). (1-2) Considerò la Corte che « siano i testimoni indotti dal pub
blico ministero o dalla difesa, hanno eglino davanti alla pubblica giu stizia eguali doveri ed uffici : dire la verità e non altro che la verità, è il comune loro compito, senza che la mano onde vengono presen tati possa influire in alcuna {|uisa a diverso indirizzo; tutti, in una
parola, concorrer debbono all'accertamento del reato, locchè appunto si consegue esaurendo colla maggiore imparzialità le prove tanto a
carico, che a discarico, e ciò allo scopo dei penali giudizi, che è quello
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255 PARTE SECONDA 256
Motifìcazione — SBoiaaieilio eletto per la libertà prov visoria — Appello
— Cassazione (Cod. proc. pen., art. 222, 410 e 189).
Tutte le notificazioni di atti, citazioni, mandati e
sentenze, anche nel giudizio d'appello, possono legal mente eseguirsi al domicilio eletto dall' imputato nel
l'atto di sottomissione per la libertà provvisoria. (1)
Quindi tanto il termine ad appellare, quanto quello
per ricorrere in Cassazione decorrono dalla notifica
della sentenza contumaciale fatta al suddetto domi
cilio. (2)
(Cassazione di Torino, udienza, 15 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Rossi, P. M. Pozzi (Conci, conf.) —
Ric. Prato — Giorn. trib. Milano, 1879, n. 148, pag. 593).
Prevaricazione — Segretario «3' intendenza di fi
nanza — Sottrazione tli somme presso Ini de
positate (Cod. pen., art. 210).
Competenza — 3)elitto connesso a crimine — SSinvio
alle Assise — Assoluzione pel crimine — Gin.
dizio pel delitto (Cod. jiroc. pen., art. 19).
Commette il reato, di cui agli art. 210 e 213 del Cod.
pen., il segretario d'intendenza di finanza che si ap
propri una somma depositata presso di lui in ufficio
per le spese di un contratto d'acquisto di un fondo de
maniale.
Chi fu rinviato all' Assise per un crimine e per un
delitto a quello connesso, se venga assolto pel crimine, dev'essere giudicato dalla Corte pel delitto, nè può
pretendere che sciolta la connessità, si deva rinviare
il giudizio del delitto al Tribunale correzionale. (1)
(Cassazione di Torino, udienza 15 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Èst. Malagoli, P. M. Gambara (Conci, conf.) — Ric. Garzola — Giorn. trib. Milano, 1879, n. 141,
pag. 564; Riv. leg., 1879, 130).
Truffa — Staggir!— $nistione di fatto — Idiotismo
del truffato (Cod. pen., art. 631).
E incensurabile in Cassazione il giudizio del magi
strato di merito sulla natura ed influenza dei raggiri
atti, a costituire gli estremi della truffa. (2)
Non è ammissibile la teoria che la legge in soggetta
materia abbia inteso proteggere soltanto i vigilanti e
gli accorti. (3)
(Cassazione di Torino, udienza, 14 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Malagoli, P. M. Gambara (Conci, conf.) — Ric. Formenti Maria — Giorn. trib. Milano, 1879, n. 141, pag. 565).
di scoprire il colpevole, e unicamente il colpevole. Ed a questi prin
cipi ispirato, ebbe il legislatore, nell'art. 287, in via d'eccezione alla
regola d'alta moralità e di rispetto ai vincoli di famiglia consacrata nel precedente articolo, ad usare di una locuzione ampia e generica, che ben chiaramente ne rivela proscritta un'assurda, odiosa od in
qualificabile ammissione dei soli testimoni a carico ». E riguardo alla correzionalizzazione del crimine, osservò che « il
rinvio della causa, ordinato dalla Sezione d'accusa, al giudizio cor
rezionale, unicamente per circostanze attenuanti, non poteva valere
a denaturare il reato che a tenore dell' imputazione era crimine, ecc. »
Giova qui rammentare esser concorde la giurisprudenza nel ritenere che il divieto stabilito dall'art. 286, di sentire come testimoni gli stretti
parenti dell'imputato od accusato, si applica non solo quando essi pa renti siano presentati per deporre a carico, ma anche quando siano
indotti come testimoni a discarico; Cass. Firenze, 22 dicembre 1875
(Foro it., 1876, col. 89) e 12 settembre 1878, ric. Righini ed altri,
(Annali, 1878, pag. 180) ; Cassazione Napoli, 5 agosto 1864, ric. Tu rilli ed altri (Legge, 1865, pag. 325), ecc. Ora se il divieto di sentire i congiunti od affini si applica anche quando siano presentati a di
scarico, deve del pari applicarsi l'eccezione al divieto stabilito dal
l'art. 287; altrimenti sarebbe strano che mentre si potrebbe rompere il divieto per provare l'accusa, non si potesse poi fare altrettanto per dimostrare l'innocenza dell'imputato.
(1-2) La Corte, ecc. — « Attesoché .... l'art. 222 del Cod. di proc. pen. espressamente dichiara, che la ivi'prescritta elezione di domi cilio si fa per le citazioni e per le notificazioni che occorressero, e lo dichiara indefinitamente senza accennare più ad uno, che ad un altro stadio del giudizio, per modo che riesce manifesto che debbano dirsi contemplate indistintamente le citazioni e tutte le notificazioni occorrenti anche pel giudizio d'appello, non essendovi nel Cod. di pro cedura alcuna disposizione, dalla quale si possa neppure per argomento dedurre che l'effetto della elezione di domicilio cessi dopo la sentenza di primo grado;
« Che invano, per appoggiare siffatto assunto, si vorrebbe ricorrere
alle combinate disposizioni degli art. 410 e 189, imperocché il primo di essi prescrive che la citazione dell' imputato a comparire avanti la Corte d'appello devesi eseguire nelle forme stabilite pei mandati di
comparizione, nel secondo però fra i modi con cui si eseguisce le no
tificazioni di tali mandati si annovera anche il domicilio, e poiché
l'imputato al fine di godere del beneficio della libertà provvisoria ha
per una speciale disposizione della legge dovuto eleggerne uno, ne avviene che la citazione, e così anche la notificazione di sentenza, che si faceva in questo domicilio così eletto, debbano intendersi eseguite nelle conformità volute dall'art. 410.
« Che per verità essendo l'elezione di domicilio, per coloro che non dimorano nel luogo dove si fa l'istruzione, un obbligo annesso a quello della cauzione, senza della quale essi non sarebbero ammessi a di
fendersi a piede libero, ed avendo la cauzione, come lo afferma l'art. 210, per oggetto di assicurare che l'imputato si presenterà non solo a tutti
gli atti del processo, ma bensi anco per l'esecuzione della sentenza, è ovvio il riconoscere, che sino a tanto che dura l'obbligo della cau
zione, vale a dire, sino a tanto che siano esauriti tutti i gradi del
giudizio, debba sempre star ferma l'elezione di domicilio, e quindi tutte le citazioni e notificazioni ivi eseguite abbiano a considerarsi valide
ed efficaci, il che vedesi eziandio raffermato dall'art. 564, alinea 2°,
pei giudizi di Cassazione, ecc. »
La Corte accennò inoltre alla sua conforme sentenza del 13 feb braio 1867, ric. Cafasso.
(1) Osservò la suprema Corte che a condannare il sistema preteso dal ricorrente, di doversi cioè rinviare la cognizione del delitto con nesso al crimine, per esservi stata assoluzione per quest'ultimo, basta accennare l'insegnamento troppo noto di Marcello, Ubi acceptum est semel judicium, ibi et finem acciper debet; 30 ff. de Jad. E non regge l'osservazione che nella specie si rendeva necessario il proposto sistema per avere tuttavia il ricorrente da rispondere di diversi reati in sede correzionale, come si raccoglie dalla sentenza di accusa, onde non essere cosi esposto ad una pena, che congiunta a quella già ap plicata avesse ad eccedere il limite stabilito dall'art. 112 Cod. pen.
Imperocché tale pericolo sarebbe scongiurato di fronte alle disposi zioni del successivo art. 117 combinato appunto col suddetto art. 112.
(2-3) La Corte, ecc. — Attesoché si versa in tema di fatto. Ed in vero, la Corte del merito ebbe a riconoscere, che gli atti e fatti con tinuati e ripetuti in molteplici e svariate forme di simulate arti da ma liarde, messi in opera dalla ricorrente di concerto colla sua compagna, pure condannata, allo scopo di carpire denaro, per quanto crassa e deplorevolmente superstiziosa ne fosse l'ignoranza delle vittime, nel loro complesso costituivano il maneggio od artifizio doloso, atto ad ingannare, che si richiede a costituire la truffa, a' termini dell'art. 626 del Cod. pen.
Onde, posto un tal fatto, non rimane al supremo Collegio che a pro clamare l'incensurabilità, e di fronte all'avvenuto carpimento di de naro per mezzo del medesimo a proclamare altresì, che, nella specie concorrono gli estremi essenziali del reato di truffa.
Non può ammettersi la strana teoria della ricorrente, che la legge non abbia inteso in soggetta materia, che a proteggere i vigilanti ed accorti.
Con savio consiglio ha essa lasciato al magistrato nel modo il più illimitato l'esaminare e ponderare la natura, importanza ed influenza dei maneggi ed artifizi a seconda delle circostanze e della qualità delle persone.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
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