sentenza 2 agosto 1989; Giud. Giorgio; SportelliSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1990), pp.55/56-57/58Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183571 .
Accessed: 28/06/2014 18:18
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.223.28.39 on Sat, 28 Jun 2014 18:18:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE SECONDA
TRIBUNALE DI BOLOGNA; ordinanza 7 giugno 1989; Pres.
Negri; imp. Ciaramitaro.
TRIBUNALE DI BOLOGNA;
Libertà personale dell'imputato — Richiesta di riesame — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. proc. pen. del 1930, art. 263 ter).
Non è manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 ter c.p.p. del 1930, nella parte in cui rende priva di sanzione processuale la violazione dei termini risultanti dalla somma del termine di
ventiquattro ore previsto per la trasmissione degli atti da parte dell'autorità che ha emesso il provvedimento sottoposto a rie
same e di quello previsto per la decisione del tribunale. (1)
Il Tribunale di Bologna, riunito in camera di consiglio e costi
tuito, ai sensi degli art. 263 bis e ter, c.p.p., dai magistrati sot
toindicati, vista la richiesta di riesame del mandato di cattura
contro Ciaramitaro Antonio emesso il 27 aprile 1989, rilevato
che la richiesta non è stata accompagnata dai motivi della stessa; rilevato che tale richiesta, come risulta dalle attestazioni apposte nel fascicolo dalle cancellerie, è pervenuta all'ufficio istruzione
I'll maggio 1989 ed a questo ufficio il 1° giugno 1989; rilevato
che l'art. 263 ter c.p.p. stabilisce che: l'autorità che ha emesso
il provvedimento, non appena le perviene la richiesta di riesame, la trasmette immediatamente o comunque non oltre le ventiquat tro ore... al giudice competente [2° comma]; entro tre giorni dal
ricevimento degli atti il tribunale conferma o revoca il provvedi mento [3° comma]; il termine indicato nel comma precedente può essere prorogato di altri tre giorni [4° comma]; quando il difen
sore chiede di intervenire in camera di consiglio, il presidente fis
sa la data della trattazione entro cinque giorni dal ricevimento
degli atti e il tribunale decide in ogni caso entro tre giorni dalla
detta data [6° comma]; se il tribunale non decide entro i termini
sopra indicati il mandato di cattura cessa di avere efficacia [7°
comma]; rilevato che secondo la costante giurisprudenza della Cor
te di cassazione, di cui si riportano le massime, il termine di tras
missione degli atti dall'autorità che ha emesso il provvedimento al giudice del riesame è meramente ordinatorio e la sua violazio
ne è priva di rilievo processuale: Sez. 1 sent. 1745 del 7 settembre 1985 (cc. 12 agosto 1985)
in tema di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà per
sonale, il termine di ventiquattro ore stabilito per la trasmissione
degli atti al tribunale della libertà non è previsto a pena di deca
denza ed ha carattere puramente ordinatorio. Esso riguarda esclu
sivamente l'attività dell'autorità che ha emesso il provvedimento e non è riferibile alla ricezione degli atti da parte del tribunale; ricezione che può essere successiva alle ventiquattro ore sia per il tempo che normalmente intercorre fra la trasmissione ed il rice
vimento, sia per altre ragioni che su tale intervallo cronologico
possano eventualmente incidere.
Sez. 1 sent. 3630 del 13 dicembre 1986 (cc. 6 novembre 1986)
(1) Questione nuova di costituzionalità. La giurisprudenza e la dottrina sono costantemente orientate nel senso che il termine di ventiquattro ore, previsto dall'art. 263 ter, 2° comma, c.p.p. del 1930 per la trasmissione da parte dell'organo che ha emesso il provvedimento coercitivo al tribu nale degli atti del procedimento, è di natura ordinatoria (Cass. 24 novem bre 1986, Arcano, Foro it., Rep. 1987, voce Libertà personale dell'impu tato, n. 219; 12 agosto 1985, Desidera, id., Rep. 1987, voce cit., n. 222; 1° marzo 1983, Catanese, id., Rep. 1984, voce cit., n. 258; 24 febbraio
1983, Stoyanovic, id., Rep. 1983, voce cit., n. 148; 21 dicembre 1982, Lombardi, id., 1983, II, 269; Cordero, Procedura penale, appendice alla 6a ed., Milano, 1982, 121; Grevi, Tribunale della libertà, custodia pre ventiva e garanzie individuali: una prima svolta oltre l'emergenza, in
AA.VV., Tribunale della libertà e garanzie individuali, Bologna, 1983, 33; Nappi, in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di Conso-Grevi, Padova, 1987, sub art. 263 ter, II, 2).
Se ne deduce che l'inefficacia del provvedimento limitativo della libertà
personale da riesaminare si verifica soltanto se, a norma dell'art. 263
ter, 3° comma, c.p.p. del 1930, il tribunale della libertà non provvede entro tre giorni dal ricevimento della richiesta di riesame (salvo la proro ga prevista dalla stessa norma), non avendo rilevanza, a questo fine, il
tempo trascorso in precedenza e non potendosi, quindi, procedere alla saldatura tra i due termini previsti dall'art. 263 ter cit. (Cass. 4 settembre
1984, Pontieri, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 219; e, in dottrina, pro blematicamente, Chiavario, Tribunale della libertà e libertà personale, in AA.VV, Tribunale della libertà, cit., 185 s.).
Il Foro Italiano — 1990.
Coccia (Foro it., Rep. 1987, voce Libertà personale dell'imputa
to, n. 221) in tema di riesame dei provvedimenti restrittivi della
libertà personale, non è possibile legare o «saldare» il termine
di ventiquattro ore, previsto dal 2° comma dell'art. 263 ter c.p.p.
per la trasmissione al tribunale competente della richiesta di rie
same, al termine di tre giorni assegnato per la decisione dal 3°
comma dello stesso articolo, poiché i tre giorni decorrono sempre dalla ricezione del fascicolo trasmesso dall'autorità che emise il
provvedimento. Pertanto, nel caso di ricezione successiva alle ven
tiquattro ore, non si verifica l'inefficacia del provvedimento di
cattura o di arresto, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 263 ter
cit., se il tribunale della libertà abbia provveduto entro i tre gior ni dalla ricezione stessa, non avendo rilievo, a questo effetto, il tempo trascorso in precedenza e non potendo addebitarsi a tale
giudice gli effetti dell'inadempimento altrui.
Sez. 1 sent. 1503 del 16 luglio 1988 (cc. 27 maggio 1988) il
termine di ventiquattro ore, previsto dal 2° comma dell'art. 263
ter c.p.p. per la trasmissione al tribunale competente della richie
sta di riesame dei mandati e degli ordini di cattura o di arresto
ha carattere meramente ordinatorio e la sua inosservanza è sprov vista d'ogni sanzione di ordine processuale, di modo che esso
non è ricollegabile ai termini perentori previsti dall'ultimo com
ma di detto articolo, riferibili ai due distinti termini indicati nel 3° e 4°comma dell'articolo medesimo.
Sez. 1 sent. 2533 del 15 dicembre 1988 (cc. 14 novembre 1988) il termine di ventiquattro ore per la trasmissione degli atti al tri
bunale della libertà, previsto dal 2° comma dell'art. 263 ter c.p.p. è puramente ordinatorio e la sua eventuale inosservanza non è
colpita da alcuna sanzione sul piano processuale; ritenuto che tale interpretazione, non inevitabile per il tenore
letterale della norma, crei una discriminazione non sorretta da
alcuna apprezzabile ragione tra gli interessati a seconda che il
ritardo nella decisione dipenda da quello dell'autorità che ha emes
so il provvedimento o da quello del tribunale; ritenuto che la
norma potrebbe essere interpretata in modo conforme alla Costi
tuzione nel senso che entro il massimo termine globale risultante
dalla combinazione dei vari termini sopra esposti debba essere
presa una decisione [«se il tribunale non decide entro i termini
sopra indicati...»], pena l'inefficacia del provvedimento, ma che
tale interpretazione appaia di fatto preclusa al giudice di merito
dalla costante giurisprudenza di legittimità sopra riportata; visti
gli art. 23 1. 87/53 e 1 reg. p.c. Cost. 16 marzo 1956.
Per questi motivi, solleva d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 ter c.p.p., nella parte in cui rende pri va di sanzione processuale la violazione dei termini risultanti dal
la somma del termine di ventiquattro ore previsto per la tras
missione degli atti da parte dell'autorità che ha emesso il provve dimento sottoposto a riesame e di quello previsto per la decisione
del tribunale, per contrasto con l'art. 3 Cost.
PRETURA DI PUTIGNANO; sentenza 2 agosto 1989; Giud.
Giorgio; Sportelli.
PRETURA DI PUTIGNANO;
Circolazione stradale — Investimento — Omessa fermata ed assi
stenza — Reati — Estremi — Fattispecie (D.p.r. 15 giugno 1959
n. 393, t.u. delle norme sulla circolazione stradale, art. 133).
L'obbligo del conducente investitore di fermarsi e di prestare soc
corso alla persona investita si configura anche nell'ipotesi in
cui il sinistro sia stato provocato dolosamente; contravviene,
pertanto, agli obblighi sanciti dall'art. 133, 2° e 3° comma, cod. strada, il marito che, alla guida della propria vettura, ab
bia volontariamente investito la propria moglie, e che imme
diatamente dopo l'impatto — pur essendo consapevole che la
consorte aveva bisogno di assistenza dopo l'incidente e a causa
dello stesso — abbia omesso di fermarsi e di prestare soccorso. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. La peculiarità del caso di specie consiste, evidentemente, nella circo
This content downloaded from 91.223.28.39 on Sat, 28 Jun 2014 18:18:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PRETURA DI TORINO; sentenza 22 marzo 1989; Giud. Guari
niello; imp. Maritano e Azzolini.
PRETURA DI TORINO;
Omicidio e lesioni personali colpose — Lesioni personali colpose — Reato — Fattispecie di Aids (Cod. pen., art. 43, 583, 590;
d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, norme per la prevenzione degli
infortuni, art. 377, 382; d.p.r. 19 marzo 1956 n. 302, norme
di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle
generali emanate con d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, art. 4, 7;
d.p.r. 27 marzo 1969 n. 128, ordinamento interno dei servizi
ospedalieri, art. 7; d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giuri dico del personale delle unità sanitarie locali, art. 63).
Rispondono del reato di lesioni personali colpose gravi, commes
so con la violazione di norme relative alla prevenzione degli
infortuni e all'igiene del lavoro, il primario di un reparto di
«rianimazione centralizzata» ed il responsabile di una ditta for
nitrice per aver omesso sia di indicare sia di far adottare al
personale ospedaliero misure precauzionali per l'uso di un'ap
parecchiatura per il monitoraggio cruento della pressione san
guigna e, dunque, per non aver impedito che una fuoriuscita di sangue dall'apparecchiatura applicata a un paziente amma
lato di Aids (verificatasi al momento della rimozione del tras
duttore dalla cupola in occasione delle operazioni necessarie
per il trasporto del paziente stesso in altro reparto) investisse
GIURISPRUDENZA PENALE
Fatto e diritto. — Sportelli Vincenzo è stato ritualmente tratto
a giudizio ex art. 505 c.p.p. dinanzi a questa pretura, per ivi
rispondere dei reati di cui sub 2) e 3), essendo stata preliminar mente disposta la separazione, ex art. 48 bis c.p.p., del procedi mento riguardante il delitto di cui sub 1), in relazione al quale necessita l'espletamento di apposita perizia — medico-legale, al
momento non eseguibile, in considerazione della degenza ospeda liera della parte lesa, al fine di acclarare esattamente la natura
e l'entità (anche a mente dell'art. 583 c.p.) delle lesioni subite
dalla stessa. Espletato l'interrogatorio del prevenuto, sono stati
escussi i testi. Data lettura degli atti consentiti, pubblico ministe
ro e difesa hanno concluso come da verbale in atti.
L'assunto accusatorio è risultato adeguatamente confortato al
la luce dell'espletata istruttoria.
Invero, dalle disposizioni rese in udienza dai due testi e dalla
parte lesa ai locali carabinieri (e di cui è stata data rituale lettura) è emerso che — immediatamente dopo aver impattato contro la
moglie, a bordo della propria vettura Fiat 125 — il prevenuto si è immediatamente allontanato dal luogo del sinistro. Tale cir
costanza è stata, peraltro, ammessa dallo stesso imputato duran
te il suo interrogatorio. Non vi è, peraltro, dubbio che lo Sportel li si sia accorto del fatto che la consorte avesse bisogno di assi
stenza, immediatamente dopo l'incidente ed a causa dello stesso.
Infatti, il prevenuto ha significativamente riferito: 1) di essersi
allontanato, senza fermarsi a prestare soccorso, «per paura»; 2) di aver dapprima notato la parte lesa dinanzi alla vettura e, dopo
l'impatto, di non «averla più vista».
Sulla base di tali dichiarazioni, può agevolmente desumersi che
l'imputato, pur accortosi che la moglie — urtata dalla vettura — era caduta per terra, colto dal panico, sia scappato. Né lo
Sportelli può aver (logicamente) reputato che la moglie si sia d'im
provviso volatilizzata dopo il sinistro in questione, anzi, proprio
perché ha temuto che la stessa si fosse infortunata, impaurito, è immediatamente scappato.
È evidente, quindi il connotato doloso della condotta omissiva
del prevenuto, posto che lo stato di panico in cui lo stesso è
caduto è del tutto irrilevante per escludere l'elemento psicologico del delitto di cui sub 3). Peraltro, che la Sportelli avesse bisogno di immediata assistenza risulta dal certificato medico in atti rila
sciato dal pronto soccorso del locale ospedale (e dal quale risulta
no le lesioni puntualizzate in rubrica sub 1).
D'altronde, la parte lesa è rimasta infortunata sulla strada, pri va di qualunque soccorso sino all'arrivo dei testi Luisi e Bitetti
(come dagli stessi evidenziato in udienza). Sussistono, quindi, tutti
gli elementi obiettivi e subiettivi dei reati contestati, posto che:
la parte lesa aveva effettivo bisogno di assistenza, non prestata da alcuno, prima dell'allontanamento del prevenuto, resosi, pe
raltro, conto del bisogno di assistenza della parte lesa, per quan to già detto.
La difesa ha insistito sulla circostanza che i reati contestati sa
rebbero insussistenti, attesa la ritenuta volontarietà (e non colpo
sità) delle lesioni inferte alla parte lesa (e di cui sub 1) in rubrica). Detta tesi non può essere accolta. Invero, «i doveri del conducen
te previsti dall'art. 133 cod. strada non si riferiscono alla sola
stanza che l'omesso soccorso fa seguito ad una lesione volontariamente
cagionata dallo stesso omittente: l'organo giudicante ha ritenuto che le
esigenze assistenziali e probatorie, cui si ispirano il 2° e il 3° comma
dell'art. 133 cod. strada, sussistano non solo nel caso (come di norma
avviene) in cui l'incidente sia stato provocato colposamente, ma anche
in quello in cui il sinistro sia stato prodotto (come nella specie) con dolo.
Sulla natura e la struttura del reato di omissione di soccorso, cfr. Cass.
9 maggio 1985, Porati, Foro it., Rep. 1986, voce Circolazione stradale, n. 76; Pret. Desio 27 settembre 1979, id., Rep. 1982, voce cit., n. 209; Cass. 15 ottobre 1974, Vignudelli, id., Rep. 1975, voce cit., n. 325.
In generale, sulla configurabilità dei reati di omessa fermata ed assi
stenza, v. Cass. 7 febbraio 1986, Costantini, id., Rep. 1986, voce cit., n. 78; 11 novembre 1983, Lavezzi, id., Rep. 1984, voce cit., n. 116; 3
maggio 1983, Princiotta, ibid., n. 117; 1° ottobre 1982, Filaferro, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 120; Pret. Foligno 24 marzo 1983, Ponti, ibid., n. 121; Cass. 6 ottobre 1980, Piscioneri, id., Rep. 1982, voce cit., n.
208; 11 gennaio 1972, Viligiardi, id., Rep. 1973, voce cit., n. 264; 30
novembre 1971, Rossi, id., Rep. 1972, voce cit., n. 152.
In dottrina, in generale, cfr. Giarrusso e Tito, La circolazione strada
le, Milano, 1989, 278 ss.
Il Foro Italiano — 1990.
ipotesi di collisione tra veicolo e persone investite, ma si ravvisa
no in ogni caso di incidente stradale in cui rimangono coinvolte
delle persone (...)» (giurisprudenza costante; tra le altre: Cass.
sez. IV, 11 gennaio 1972 n. 7, Viligiardi, Foro it., Rep. 1973, voce Circolazione stradale, n. 264). Del resto, significativamente l'art. 133, 3° comma, cod. strada prevede testualmente che «qua lora l'investimento derivi da colpa, si applicano le norme sul con
corso dei reati»: è evidente che il tenore letterale di tale norma
non avrebbe senso se l'ambito di applicabilità della stessa fosse
limitato soltanto al soccorso da prestarsi a seguito di incidente
stradale colposo.
E, d'altronde, «l'obbligo imposto dall'art. 133 cod. strada al
conducente di fermarsi in caso di investimento di persona ha la
finalità di prestare l'opera di soccorso e di consentire l'identifica
zione del colpevole e l'accertamento delle modalità dell'incidente
attraverso le versioni dei protagonisti di esso, l'esame delle tracce
lasciate sul veicolo e dal veicolo (...)» (Cass. 30 novembre 1971,
Rossi, id., Rep. 1972, voce cit., n. 152). È indubbio che le evi
denziate esigenze assistenziali e probatorie sussistono sia nel caso
di incidente stradale prodotto dolosamente sia nel caso di inci
dente stradale provocato per colpa. Sulla base delle esposte considerazioni, il prevenuto va condan
nato per il reato di cui sub 2), alla pena equa di mesi 1 di arresto
(p.b. mesi 1 e gg. 10 - gg. 10 di arresto ex art. 62 bis c.p.) e
per il reato di cui sub 3), alla pena equa di mesi 4 di reclusione
e di lire 250.000 di multa (p.b.: mesi 5 di reclusione e lire 400.000
di multa — mesi 1 reclusione e lire 150.000 multa ex art. 62 bis
c.p.), previa concessione delle attenuanti generiche, per la sua
incensuratezza penale. Segue per legge la condanna alle spese pro cessuali. L'entità — superiore a quella media — del trattamento
sanzionatorio si giustifica — a mente dell'art. 133 c.p. — alla
luce della particolare gravità del fatto de quo, essendosi il preve nuto dimostrato del tutto insensibile all'esigenza di prestare soc
corso alla propria moglie. Può essere concesso il beneficio di cui all'art. 163 c.p., sussi
tendone tutti i presupposti di applicabilità; cui consegue l'imme
diata scarcerazione del prevenuto. Non può essere concesso il beneficio di cui all'art. 175 c.p.,
posto che — a mente dell'art. 91 cod. strada — va irrogata a
carico dello Sportelli la pena accessoria della sospensione della
patente di guida per mesi nove. Va disposta trasmissione di copia della presente sentenza al sig. prefetto di Bari per quanto di ri
spettiva eventuale competenza ex art. 91 cod. strada.
This content downloaded from 91.223.28.39 on Sat, 28 Jun 2014 18:18:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions