sentenza 24 settembre 1991; Giud. ind. prel. Ciccarelli; imp. Chiddo e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp.541/542-543/544Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185995 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
lizia giudiziaria, possa identificarsi con l'obbligo specifico ri
chiesto dall'art. 40, cpv., c.p. (circostanza certamente non paci
fica), un eventuale intervento dell'Anzalone, attesa la sua mo
desta anzianità di carriera ed il suo peso in seno alla squadra
mobile, sarebbe stato assolutamente inidoneo ed inefficace sia
perché il Pellegrino ed il Russo, suoi superiori gerarchici, aval lavano concretamente e attivamente l'illegale operato sia perché v'era una tensione tale da scoraggiare qualsiasi iniziativa caren
te della necessaria autorevolezza.
Alla luce di tali considerazioni, l'Anzalone va assolto per non
aver commesso il fatto.
Analoghe considerazioni vanno spiegate in ordine alla posi zione del capitano Gennaro Scala. Non esiste il minimo indizio
che lo Scala abbia posto in essere atti pregiudizievoli di sorta
nei confronti del Marino; v'è, di contro, la prova, acquisita attraverso dichiarazioni univoche e concordi di diversi coimpu
tati, di un aperto dissenso dello Scala; tale dissenso, ripetuta mente manifestato, è stato, però, espresso in forma scarsamen
te incisiva anche perché lo Scala era ospite nei locali della squa dra mobile ed aveva una semplice funzione di collaborazione
nello svolgimento delle indagini. Peraltro, il potere di interven
to dello Scala sarebbe stato circoscritto e limitato ai militari
dell'arma, presenti in numero estremamente esiguo rispetto agli
appartenenti alla polizia di Stato, e, in ogni caso, certamente
non avrebbe impedito la prosecuzione della illecita attività ed
il conseguente mortale evento.
Conseguentemente, anche lo Scala va assolto dal reato di cui
all'art. 586 c.p., cosi modificata l'originaria imputazione, per non aver commesso il fatto.
Per quel che riguarda le imputazioni di falsità ideologica, mosse
allo Scala ed al Pellegrino, osserva la corte di assise che erronea
appare la qualificazione giuridica del fatto.
Invero, la segnalazione ed il rapporto giudiziario, pur rive
stendo la natura di atti pubblici, non sono destinati di per sé
a provare la verità dei fatti esposti e a ledere la pubblica fede,
giacché, diversamente argomentando, si perverrebbe alla aber
rante conclusione che detti atti assumerebbero la natura di mez
zi di prova con la ovvia conseguenza che, ogniqualvolta che
ne venisse disattesa la veridicità, dovrebbe procedersi ex art.
479 c.p. a carico degli estensori.
La segnalazione ed il rapporto sono, invece, atti pubblici giu
diziari, la cui omissione, falsità o reticenza sono espressamente
ipotizzati e sanzionate nell'ambito dei delitti contro l'ammini
strazione della giustizia: la prevalenza del principio di specialità costituisce norma pacificamente recepita nel nostro ordinamen
to giuridico. Nella fattispecie in esame, le segnalazioni ed il rapporto, lun
gi dal rivestire natura fidefaciente, erano stati redatti, dopo una
tormentata e collegiale manipolazione in più sfere, allo scopo di orientare le indagini verso la prospettata ipotesi della acci
dentalità della morte del Marino.
La reticenza e la falsità degli atti in questione integrano, a
giudizio di questa corte di assise, gli estremi del delitto di cui
all'art. 378 c.p. e in tal senso va mutata la qualificazione giuri dica del fatto.
Poiché detti atti sono stati compilati anche allo scopo di evi
tare al Pellegrino ed allo Scala il gravissimo nocumento conse
guente alla instaurazione di un procedimento penale con preve
dibili restrizioni nella libertà personale, appare giuridicamente
corretto riconoscere la sussistenza della esimente speciale di cui
all'art. 384 c.p. in favore del Pellegrino e dello Scala, nei cui
confronti va pronunciata, limitatamente a tali fatti, sentenza
di assoluzione.
Il Foro Italiano — 1992.
TRIBUNALE DI BARI; TRIBUNALE DI BARI; sentenza 24 settembre 1991; Giud. ind.
prel. Ciccarelli; imp. Chiddo e altri.
Tributi in genere — Emissione di fatture per operazioni inesi
stenti — Contratto di «lease back» — Reato — Esclusione
(D.l. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione della
evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiun
to e per agevolare la definizione delle pendenze in materia
tributaria, art. 4; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in leg
ge, con modificazioni, del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, art. 1).
Nello schema contrattuale della c.d. locazione finanziaria di ri
torno please back,), le singole operazioni finanziarie non sono
configurabili come inesistenti, per cui l'utilizzazione delle re
lative fatture non integra il delitto di cui all'art. 4, 1° com
ma, n. 5, l. 516/82. (1)
Svolgimento del processo. — A seguito di rapporto penale della guardia di finanza (comando di Terlizzi ) in data 10 marzo
1989, il p.m. promuoveva nei confronti di Chiddo Pasquale,
(et coeteri) indagini preliminari che si concludevano con la ri chiesta di rinvio a giudizio dei medesimi, in relazione ai reati
specificati in rubrica. All'udienza preliminare del 5 febbraio 1991 il g.i.p., rilevata
la mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preli minare all'imputato Maselli Domenico, rinviava il procedimen to a nuovo ruolo.
Successivamente, all'udienza preliminare del 23 maggio 1991
il p.m. chiedeva, allo scopo di poter esaminare le voluminose
memorie difensive presentate dai difensori, di formulare le ri
chieste definitive ad una successiva udienza. Il g.i.p., considera
ta la non opposizione dei difensori, rinviava all'udienza del 24
settembre 1991 la formulazione delle richieste conclusive.
All'odierna udienza preliminare il g.i.p. provvedeva a riunire
il procedimento in esame a quello n. 1032/91 pendente nei con
fronti di Campanile Maria Annunziata per il reato di cui al
l'art. 4, 1° comma, nn. 5 e 7, 1. 516/82, rilevando evidenti
ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.
Il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio di tutti gli imputati per i reati indicati in rubrica. I difensori chiedevano il prosciogli mento degli imputati per la insussistenza dei fatti in relazione
alla emissione ed utilizzazione delle fatture, e perché i fatti non
costituiscono reato in relazione alla emissione delle bolle di ac
compagnamento .
Rileva il g.i.p. che la valutazione del comportamento degli
imputati per la individuazione della responsabilità penale degli
stessi in riferimento ai reati di cui ai capi A), B) e C) della rubrica, richiede alcune preliminari considerazioni sulla natura
ed il tipo delle operazioni commerciali cui sono da rapportare
i fatti in esame; rendendosi necessario, in particolare, verificar
ne l'inquadramento nello schema contrattuale della c.d. loca
zione finanziaria di ritorno (lease back). Il lease back, figura
negoziale recentemente delineatasi nella pratica commerciale, è
configurabile come il contratto in base al quale un soggetto tra
sferisce ad una società finanziaria il titolo di proprietà di un
(1) Non risultano altri precedenti in ordine alla eventuale rilevanza
penale della c.d. locazione finanziaria di ritorno (lease back). Per ogni più ampio riferimento sulle caratteristiche di questo specifi
co schema contrattuale, nonché sull'orientamento interpretativo seguito in sede civilistica, v. in generale De Nova, Il «.lease back», in Riv.
it. leasing, 1987, 517 ss.; Id., Nuovi contratti, Torino, 1990, 233 ss.;
Monticelli, Il leasing, in I contratti atipici. Giurisprudenza sistematica
di diritto civile e commerciale. I contratti in generale diretto da G. Al
pa e M. Bessone, Torino, 1991, II, 1° tomo, 173 ss.; nonché Simone, «Lease back»: cronaca dì una morte annunciata, in Foro it., 1989, I,
1251 ss.
Per una più specifica considerazione dei profili di natura fiscale, v.
invece Cantelli, Natura giuridica del trattamento fiscale del contratto
di «lease back» immobiliare, in Fisco, 1989, 4972; Pacifico, «Sale and
lease back» i canoni sono deducibili?, ibid., 2385; Capolupo, Iproble mi sollevati dal «lease back», ibid., 6414.
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PARTE SECONDA
bene, conservandone, peraltro, la disponibilità materiale e la
possibilità di utilizzarlo, e ricevendo come corrispettivo una som
ma di denaro (in pratica un finanziamento) che si obbliga a
restituire, insieme agli interessi, attraverso il pagamento di ca
noni periodici; riservandosi poi, al termine dell'operazione, di
riacquistare la proprietà del bene, pagandone il relativo prezzo di riscatto, attraverso l'esercizio di un diritto di opzione.
Occorre precisare che il modello negoziale del lease back ri
sulta sostanzialmente incompatibile con lo schema contrattuale
della locazione finanziaria (c.d. leasing), cioè quella «locazione
di beni mobili o immobili, acquistati o fatti costruire dal loca
tore su scelta e indicazione del conduttore che ne assume tutti
rischi e con facoltà di quest'ultimo di divenire proprietario di
beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un
prezzo prestabilito» (art. 17 1. 183/76). I due tipi contrattuali, infatti, presentano decisivi momenti
di difformità sia sotto il profilo strutturale, considerata la bila
teralità del lease back (rapporto in cui parti necessarie sono l'u
tilizzazione del bene e la società finanziaria), laddove, invece,
il leasing è caratterizzato dalla trilateralità del rapporto (con la necessaria esistenza di tre distinte parti contrattuali: produt tore - società finanziaria - utilizzatore del bene); sia sotto il
profilo funzionale, trovando il lease back la propria ragione economico-sociale nel finanziamento di denaro, mentre la causa
della locazione finanziaria consiste nel finanziamento per otte
nere la disponibilità di un bene.
È opportuno evidenziare, inoltre, i non pochi dubbi interpre tativi che si pongono in merito alla liceità sotto il profilo civili
stico del lease back, considerata, in particolare, la esclusiva fun
zione di garanzia che, in questo schema contrattuale, sembra
attribuita alla proprietà; e conseguentemente la possibilità che
l'operazione negoziale possa concludersi in una violazione del
divieto del c.d. patto commissorio.
Sulla base di queste premesse ed alla stregua delle documen
tazioni in atti, nonché delle risultanze delle indagini svolte, os
serva il giudicante che le operazioni commerciali cui vanno rife
riti i fatti relativi ai reati di cui ai capi A), B) e C) della rubrica, sono da considerare quali contratti di lease back.
A tale conclusione induce la ricostruzione delle vicende nego ziali in esame, tutte rapportabili ad uno schema contrattuale
in base al quale la General Macchine operava l'acquisto di mac
chinari per l'industria o commercio, successivamente provvede va a venderli ad una società finanziaria che, conseguentemente, concedeva in locazione gli stessi beni a chi ne era stato il primo
alienante; quest'ultimo si impegnava al pagamento dei relativi
canoni periodici, godendo della possibilità di optare per il riac quisto dei beni al termine della operazione. In tal modo, in
pratica, il corrispettivo della prima vendita costituiva la somma
di finanziamento, mentre, di fatto, il primo proprietario dei
beni non ne perdeva la disponibilità e quindi la possibilità della loro utilizzazione.
II particolare rapporto vendita-locazione, la permanente di
sponibilità del bene a vantaggio dell'utilizzatore, nonché la cau
sa di finanziamento di somma di denaro, costituiscono, senza
dubbio, elementi peculiari ed identificativi del contratto di lease
back.
L'evidente inquadramento di queste operazioni nello schema
del lease back non risulta ostacolato dalla particolare configu razione strutturale dei negozi in concreto posti in essere, i quali si articolavano in una doppia vendita, cui seguiva la locazione
dei beni, e quindi in una operazione sostanzialmente trilaterale
(risultando parti della vicenda: il primo proprietario e utilizza
tore del bene, la General Macchine in un ruolo di intermedia
zione, la società finanziaria), laddove, invece, il modello base
del lease back è determinato da una vendita del bene e dalla
locazione dello stesso, e quindi da un rapporto negoziale bilate rale (essendo parti necessarie il proprietario-utilizzatore del be
ne e la società finanziaria). La doppia vendita e la dimensione trilaterale del rapporto,
infatti, pur introducendo nello schema del lease back una ulte
riore vicenda negoziale (e cioè l'acquisto e la vendita dei beni
da parte della General Macchine, come svolgimento di un'atti vità speculativa di intermediazione, finalizzata al raggiungimen to di un utile, cosi come evidenziato dal bilancio societario),
Il Foro Italiano — 1992.
rappresentano circostanze che non inducono a modificare la pro
spettata qualificazione giuridica delle operazioni negoziali in esa
me, risultando comunque prevalenti, in sede interpretativa, gli
estremi strutturali (vendita-locazione) e funzionali del contratto
di lease back.
Decisive, in tal senso, risultano le dichiarazioni rese dai testi
moni, le quali confermano lo scopo di finanziamento quale fi
nalità prioritaria e prevalente dell'intera operazione negoziale
prospettata dal Chiddo.
Per altro verso, appare presumbile, cosi come emerge dalle
risultanze delle indagini svolte, che la specificata dimensione tri
laterale della vicenda negoziale, nonché il suo articolarsi in un
duplice contratto di compravendita, costituissero strumenti giu
ridici intenzionalmente predisposti dal Chiddo per garantire la
liceità civilistica delle operazioni, attese le ricordate perplessità
interpretative in ordine alla validità del contratto di lease back;
perplessità derivanti dalla funzione attribuita alla proprietà pro
prio dal rapporto diretto vendita-locazione e quindi dalla strut
tura bilaterale del lease back, risultando questi elementi sinto
matici di una violazione del divieto del patto commissorio.
Alla luce di quanto esposto, la valutazione dei fatti in esame
come operazioni inesistenti risulta non esatta; ed invero, gli stessi
elementi indiziari su cui tale valutazione si basava, perdono ri
levanza se inquadrati nel contesto interpretativo in precedenza delineato. Infatti, il carattere meramente cartolare delle opera
zioni, evidenziato dalle dichiarazioni rese dai testimoni, risulta
perfettamente compatibile con lo schema contrattuale del lease
back, che, come visto, si caratterizza in un trasferimento del
titolo di proprietà del bene senza che ciò determini una effettiva
trasmissione della disponibilità del bene stesso (che continua ad
essere utilizzato dall'alienante). Nello stesso senso, l'accertata indisponibilità di un recapito
commerciale o di un deposito da parte della General Macchine
(interpretata come elemento idoneo ad evidenziare l'impossibili tà di operare l'apprensione materiale dei macchinari), non può indurre a considerare inesistenti gli atti di acquisto effettuati
dalla stessa società, rilevando come momento perfezionativo del
contratto di compravendita, la prestazione del consenso e non
la trad it io del bene.
Risulta indubitabile, in ultima analisi, che la fatturazione re
lativa alle vicende negoziali esaminate si riferiva ad operazioni evidentemente non fittizie.
Ritiene, pertanto, il g.i.p. di non individuare responsabilità
penali in relazione alla emissione e utilizzazione delle fatture
indicate nei capi di imputazione A), B) e C) della rubrica. A tale conclusione, peraltro, induce la evidente impossibilità
di addebitare agli imputati un qualsiasi intento elusivo della nor
mativa tributaria, considerato che i versamenti delle imposte re
lative a tutte le operazioni commerciali poste in essere furono
regolarmente effettuati.
Osserva il giudicante che la emissione di bolle di accompa
gnamento, chiaramente non giustificata dal tipo di operazioni
poste in essere (non prevedendosi una consegna materiale e quindi il trasporto dei beni venduti), trova una presumibile motivazio
ne nella ricorrente pratica commerciale che vede normalmente
redigersi, contestualmente, documenti di fatturazione e docu
menti di accompagnamento delle merci trasportate. In tal sen
so, e nella base delle risultanze delle indagini effettuate, è ipo tizzabile una volontà del Chiddo di garantire, anche sotto que sto aspetto, la validità formale dell'intera operazione.
In ogni caso risulta indubitabile che tali ingiustificate emis sioni di bolle di accompagnamento, in quanto valutate nell'arti
colato contesto negoziale sopra delineato, nonché alla luce della
riscontrata mancanza di volontà elusiva della normativa tribu
taria da parte degli imputati, rappresentano comportamenti che
non costituiscono illeciti penali. Relativamente al reato di cui al capo D) della rubrica, ritiene
il giudicante che le accertate modalità dei fatti contestati (il bre
ve ritardo del versamento delle ritenute d'acconto e la modesta
entità delle somme), inducono a ritenere che i ritardi furono
determinati da errore o dimenticanza. Mancando perciò l'essen
ziale elemento del dolo, il prevenuto va prosciolto perché il fat to non costituisce reato.
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