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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione distaccata di Rho; sentenza 29 giugno 1989; Giud....

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sezione distaccata di Rho; sentenza 29 giugno 1989; Giud. Cascini; imp. Ruzza e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1990), pp. 525/526-531/532 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183669 . Accessed: 28/06/2014 15:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 15:23:52 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione distaccata di Rho; sentenza 29 giugno 1989; Giud. Cascini; imp. Ruzza e altri

sezione distaccata di Rho; sentenza 29 giugno 1989; Giud. Cascini; imp. Ruzza e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1990), pp.525/526-531/532Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183669 .

Accessed: 28/06/2014 15:23

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GIURISPRUDENZA PENALE

biente 20 febbraio 1987 in G.U., n. 48 del 27 febbraio 1987 che

espressamente finalizza il riconoscimento all'esercizio delle facol

tà di cui all'art. 18, 4° e 5° comma) essendo stata promossa, in questo procedimento penale, l'azione civile risarcitoria per danno

ambientale sia dallo Stato che dagli enti territoriali richiamati sub

1).

Venendo, ora, al secondo quesito in precedenza prospettato, si ritiene ricorrano comunque altri profili in base ai quali giudica re sussistente la legittimazione delle predette associazioni a costi

tuirsi parte civile indipendentemente dalle questioni relative al ri

sarcimento del danno ambientale.

Invero, a sostegno della tesi affermativa militano innanzitutto

gli argomenti addotti dal Supremo collegio con la recentissima

pronunzia n. 2560 del 23 ottobre 1989 (Foro it., 1990, II, 169) con la quale, modificando precedenti indirizzi fondati su autore

voli pronunzie delle sezioni unite civili (sentenze 8 maggio 1978, n. 2207-2208, id., 1978, I, 1090 e id., Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, n. 69 a), si è desunta la legittimazione dal pregiu dizio derivante all'ente dalla frustrazione delle esigenze di svilup

po della personalità degli associati a causa della condotta lesiva

dell'ambiente e della sua salubrità intesa come attributo fonda

mentale della personalità umana (Cass. 6 ottobre 1979, n. 5172,

id., 1979, I, 2302). In secondo luogo, poi, si deve ritenere che esistano altri diritti

fondamentali (dei singoli e delle formazioni sociali in cui si svol ge la personalità umana) suscettibili di essere pregiudicati dalla

condotta criminosa descritta in alcune delle imputazioni oggetto del procedimento.

In particolare, deve essere ricordato il diritto all'informazione

sui dati relativi all'ambiente che è stato codificato da varie fonti

normative e che, per l'estensione che gli è stata attribuita, può ritenersi assistito dalla tutela costituzionale assicurata ai diritti

fondamentali ex art. 2 Cost.

Sarà sufficiente, in proposito, ricordare i principi cardine in

materia di «valutazione d'impatto ambientale» dettati dalla diret

tiva comunitaria del 27 giugno 1985 (85/337/Cee) che obbligano

gli Stati membri a vigilare affinché le domande di autorizzazione

per l'esecuzione di opere soggette a valutazione d'impatto am

bientale, nonché le informazioni ad esse relative siano messe a

disposizione del pubblico al quale deve anche essere data la possi bilità di esprimere il parere prima dell'avvio del progetto (art.

6, 2° comma). In attuazione anche delle indicazioni contenute in tale princi

pio, l'art. 14 1. 349/86 (legge che ha dettato una prima rudimen

tale disciplina per la valutazione d'impatto ambientale con l'art.

6 e che, significativamente, ha attribuito, sub art. 10, lett. c, ad

un unico servizio del ministero dell'ambiente tanto il compito della

valutazione dell'impatto ambientale quanto quello dell'informa

zione ai cittadini) ha contemplato una serie di casi nei quali viene

in rilievo il diritto alla pubblicità ed alla conoscibilità dei dati relativi all'ambiente attribuendo al ministro competente l'obbligo di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo

stato dell'ambiente (1° comma), stabilendo criteri di pubblicità

per alcuni atti del consiglio nazionale per l'ambiente (2° comma)

ed attribuendo a qualsiasi cittadino il diritto di accesso alle infor

mazioni sullo stato dell'ambiente disponibili presso gli uffici del la pubblica amministrazione e la facoltà di estrarre copia degli atti esistenti presso gli uffici medesimi (ultimo comma).

Il diritto all'informazione, per le caratteristiche che lo contrad

distinguono, è diritto ad ottenere notizie veritiere, complete ed

accessibili concepito tanto in funzione di rendere trasparenti le

decisioni della pubblica amministrazione in materia di ambiente

quanto al fine di garantire un controllo diffuso dei cittadini e

delle formazioni sociali sulle questioni ambientali e sulla loro ge

stione.

È, dunque, un diritto strumentale all'esercizio di una serie no

tevole di altri diritti e libertà costituzionali (tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico: art. 9; libertà di riunione

e di associazione: art. 17-18; libertà di manifestazione del pensie ro: art. 21; diritto alla salute: art. 32; diritto alla sicurezza in

relazione ai possibili pregiudizi derivanti dall'iniziativa economi ca: art. 41; diritto ad associarsi per concorrere a determinare la

politica nazionale: art. 49), e, in quanto tale, costituisce patrimo nio non solo dei singoli ma anche delle formazioni sociali con

template dall'art. 2 Cost.

Un pregiudizio a siffatto diritto si traduce, pertanto, in una

indebita compressione di tutta una serie di altre situazioni giuri

li. Foro Italiano — 1990.

diche, costituzionalmente rilevanti, appartenenti sia ai singoli che

ai gruppi in cui gli stessi siano riuniti per perseguire finalità ri

conducibili a tali valori.

Nel presente procedimento, pertanto, si deve anche ravvisare

la facoltà delle associazioni in questione di costituirsi parte civile

per chiedere il risarcimento dei danni provocati o dal rifiuto di

fornire le informazioni specificamente richieste ai sensi dell'art.

14, ultimo comma, 1. 349/86 (fattispecie contestata al capo 27

in relazione alla posizione della Lega per l'ambiente) o, più in

generale, dalla diffusione di informazioni che si assumono false

in relazione alla qualità dell'acqua erogata dagli acquedotti pole sani (fattispecie contestata al capo 28) con conseguente diretta

compressione dei fondamentali diritti costituzionali propri sopra descritti e, in ogni caso, come opportunamente fatto rilevare dal

lo stesso pubblico ministero, con una frustrazione diretta della

possibilità di perseguire lo scopo statutario determinata proprio dall'artificiosa ed infedele diffusione sistematica delle notizie sul

la qualità della risorsa idrica. (Omissis)

PRETURA DI MILANO; sezione distaccata di Rho; sentenza 29

giugno 1989; Giud. Cascini; imp. Ruzza e altri.

PRETURA DI MILANO;

Parte civile — Reati contro l'ambiente — Enti territoriali — Am

missibilità (L. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione del ministero

dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, art. 18). Sanità pubblica — Rifiuti tossici e nocivi — Scarico incontrollato

di rifiuti — Inosservanza delle prescrizioni contenute nell'auto

rizzazione — Concorso di reati — Sussistenza (D.p.r. 10 set

tembre 1982 n. 915, attuazione delle direttive (Cee) n. 75/442

relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei poli clorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiu ti tossici e nocivi, art. 9, 27).

Danneggiamento — Bene ambientale — Cosa destinata a pubbli ca utilità — Reato — Configurabilità (Cod. pen., art. 625, 635).

Ambiente (tutela dell') — Danno ambientale — Liquidazione —

Criteri (L. 8 luglio 1986 n. 349, art. 18).

Gli enti territoriali sono legittimati a costituirsi come parti civili

nei processi per reati ambientali. (1) La contravvenzione di scarico incontrollato di rifiuti, di cui al

l'art. 9 d.p.r. 915/82, concorre con la contravvenzione di cui

all'art. 27 dello stesso d.p.r. che sanziona l'inosservanza delle

prescrizioni contenute nell'autorizzazione. (2) Ricorre l'ipotesi del danneggiamento aggravato, in quanto avve

nuto su cose destinate a pubblica utilità, ogniqualvolta l'agente deteriori un bene ambientale, anche in assenza di specifiche, concrete utilizzazioni economiche del bene stesso. (3)

(1) Sull'ammissibilità della costituzione come parti civili degli enti lo

cali territoriali, v. Cass. 8 marzo 1985, Bossi, Foro it., Rep. 1987, voce

Parte civile, n. 4; nonché, sia pure secondo diverse prospettive, Pret.

Lendinara 26 aprile 1988, id., 1989, II, 193; Pret. Voltri 16 marzo 1987,

id., 1988, II, 266; Pret. Pietrasanta 23 febbraio 1987, id., 1987, II, 74.

Più in generale, sul principio che l'art. 18 1. 349/86 non esclude che enti

o associazioni possano agire davanti al giudice civile e penale (attraverso la costituzione di parte civile) a tutela di un interesse proprio, v. Cass.

23 ottobre 1989, Cataldi id., 1990, II, 169. In argomento, da ultimo, Pret. Rovigo, ord. 4 dicembre 1989, che precede.

In dottrina, in generale, Grosso, Enti esponenziali ed esercizio dell'a

zione civile nel processo penale, in Giust. pen., 1987, III, 1.

(2) Non constano precedenti negli stessi termini. In dottrina, sul carat

tere di norma di chiusura dell'art. 9 d.p.r. 915/82 (che dovrebbe punire

ogni forma di smaltimento incontrollato e non regolamentato di rifiuti), v. Amendola, Smaltimento di rifiuti e legge penale, Napoli, 1985, 144.

(3) Non constano precedenti sulla specifica questione. La giurisprudenza ha spesso affermato la sussistenza del danneggiamento aggravato con ri

guardo all'inquinamento di beni ambientali, ritenendo non preclusivo il

riferimento contenuto nell'art. 625 c.p. a beni mobili: da ultimo, Cass.

10 febbraio 1984, Mento, Foro it., 1987, II, 708. In dottrina. Lembo, 11 danneggiamento aggravato ai sensi degli art. 635, n. 3, e 625, n. 7,

c.p., in Mass. pen., 1978, 651.

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527 PARTE SECONDA 528

La liquidazione del danno ambientale va effettuata, ove non sia

possibile una precisa quantificazione, alla stregua dei criteri in

dicati dal 6° comma dell'art. 18 l. 349/86. (4)

Fatto. — Nella notte sul 14 febbraio 1989, a seguito di segna

lazioni di cittadini che lamentavano odori molesti, su mandato

di perquisizione del Pretore di Rho, i carabinieri irrompevano all'interno della ditta Petrolcar e constatavano che due autoci

sterne, collegate con manichette al torrente Lura, scaricavano li

quidi nello stesso torrente.

Dopo poco sopraggiungeva il custode delle ditta Giuseppe Pa

rise che ammetteva di avere collegato le cisterne al torrente su

incarico di Marino Ruzza, titolare della società «Autoservizi in

dustriali» proprietaria delle cisterne stesse, dietro compenso di

300.000 lire.

(4) La pronuncia rappresenta, a quanto consta, la prima applicazione, da parte del giudice penale, dei criteri fissati dall'art. 18, 6° comma, 1. 349/86, al fine di determinare in via equitativa il risarcimento del dan

no ambientale. Le decisioni pretorili intervenute in materia di reati am

bientali successivamente alla 1. 349 avevano sinora recato condanne gene riche degli autori del fatto lesivo, in tal modo trasferendo il problema della quantificazione del danno nella sede civile. Il Pretore di Milano

con la sentenza in epigrafe ha condannato gli imputati a risarcire alle

parti civili (ministro per l'ambiente, provincia di Milano, comune e Usi

di Rho) la somma di 500 milioni di lire, facendo riferimento: 1) alla

particolare gravità della colpa, posto che si è aggirata la rigorosa norma

tiva legislativa e «si sono vanificati . . . tutti gli sforzi compiuti dalle

autorità statali e locali per tentare di arginare il fenomeno dell'inquina mento» in zone densamente popolate; 2) al costo per il ripristino valutato

in relazione al progetto esistente per la bonifica del torrente in cui erano

avvenuti gli scarichi; 3) al profitto conseguito, dal momento che gli agen ti avevano evitato i costi necessari per il regolare smaltimento di rifiuti.

Se l'ultimo parametro sembra correttamente applicato, qualche per

plessità sollevano le argomentazioni sub 1) e 2). Quanto alla gravità della

colpa, infatti, la valutazione del giudice si concentra sulla portata del

pregiudizio conseguente alla condotta illecita, sotto il profilo della lesione

del primario diritto alla salute, piuttosto che sull'intensità della colpevo lezza. La particolare considerazione riservata dal 6° comma dell'art. 18

a questo elemento è uno degli aspetti che hanno indotto la dottrina (Bi gliazzi Gerì, Quale futuro dell'art. 18 legge 8 luglio 1986, n. 3491, in

Riv. critica dir. privato, 1987, 686-7) a sottolineare l'accentuazione del

profilo sanzionatorio nella fattispecie di responsabilità delineata dal legis latore: nel sistema della legge è proprio la valutazione dell'elemento sog

gettivo e del suo concreto atteggiarsi che consente di calibrare il risarci

mento secondo una dimensione «personale», comune in genere alle misu

re sanzionatone. Se poi si considera il costo del ripristino, ci si accorge che il pretore ha assunto come punto di riferimento un progetto di boni

fica, approvato con il d.p.c.m. 29 luglio 1988 n. 363: precedente, perciò, di oltre sette mesi il momento in cui fu accertato lo scarico nel torrente Lura. È chiaro, invece, che il ripristino, il cui costo deve essere considera to ai fini della quantificazione del danno, è quello che si rende necessario a seguito del fatto lesivo.

Un'ultima notazione. La condanna disposta anche a favore della pro vincia, del comune e della Usi (in quest'ultimo caso limitatamente al cor

rispettivo per le prestazioni straordinarie rese dai dipendenti all'epoca dei

fatti) trova nella sentenza del giudice lombardo sostegno in alcune pro nunce della Cassazione che hanno deciso per l'ammissibilità della costitu zione di parte civile degli enti territoriali, in quanto enti esponenziali de

gli interessi delle collettività. Ma il quadro normativo è stato innovato

(o almeno reso più problematico) dalla 1. 349/86, che opera nell'art. 18 una dissociazione fra soggetti legittimati all'azione di risarcimento e sog getto titolare del diritto al risarcimento, che è sempre lo Stato. In dottri na (Costanzo-Verardi, La responsabilità per danno ambientale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1988, 738), sono stati avanzati dubbi sulla raziona lità e legittimità costituzionale della possibile divergenza fra autorità com

petente al ripristino ed ente creditore. Vi è, anzi, chi ha ritenuto che il risarcimento spetti all'ente che ha provveduto al ripristino (o che co

munque dovrebbe provvedervi), anche se non si tratti dello Stato (P. Tri

marchi, La responsabilità civile per danni all'ambiente, in Amministrare, 1987, 194; Taruffo, La legittimazione ad agire e le tecniche di tutela nella nuova disciplina del danno ambientale, in Riv. critica dir. privato, 1987, 433).

In giurisprudenza, il tentativo di aggirare le strettoie dell'art. 18 è pas sato o attraverso il riconoscimento di una lesione della «sfera funzionale» attribuita agli enti territoriali, con specifico riguardo alle funzioni colle

gate all'integrità del territorio e dell'ambiente (Pret. Voltri 16 marzo 1987,

cit.); ovvero riconoscendo ai comuni la legittimazione ad esperire un'or dinaria azione di risarcimento dei danni (Pret. Lendinara 26 aprile 1988,

cit.). [G. De Marzo]

Il Foro Italiano — 1990.

La «Autoservizi industriali» risultava titolare di autorizzazione

al trasporto di rifiuti tossico-nocivi rilasciata dalla regione Lom

bardia.

I verbalizzanti constatavano inoltre su indicazione del Parise

che nell'area della società «Petrolcar» (di cui è titolare Adelmo

Simoncini) e presso la società «Ecotrans» (di cui è titolare Giu

seppe Brambilla) erano parcheggiate altre autocisterne cariche di

rifiuti. Dai prelievi effettuati con le garanzie previste dalla sentenza

della Corte costituzionale n. 248/83 (Foro it., 1984, I, 375) risul

tava che tutte le cisterne (sia quelle che scaricavano sia quelle

parcheggiate) contenevano rifiuti tossico-nocivi, come emerso dalle

analisi effettuate presso il presidio multizonale di igiene e profi

lassi di Milano. II pretore disponeva il sequestro dei veicoli, concedendo poi

su istanza della difesa il dissequestro del contenuto di essi condi

zionato al regolare smaltimento.

Procedeva poi con giudizio diretto, contestando le violazioni

al d.p.r. 915/82 in concorso formale, per gli autori dello sversa

mento, con il reato di danneggiamento ambientale.

Si costituivano parti civili il ministro per l'ambiente, la provin

cia di Milano, il comune di Rho e la Usi di Rho, che rivolgevano

le proprie richieste di risarcimento sia contro gli imputati sia con

tro le società di cui essi sono titolari, quali responsabili civili per il fatto degli imputati.

Al dibattimento celebrato il 29 giugno 1989 venivano ammesse

le parti civili costituite, assunte le testimonianze dei verbalizzanti,

del sindaco di Rho, del prof. Cavallaro, del p.m.i.p. di Milano

e del dr. Pellino della Usi di Rho. Gli imputati ammettevano i fatti contestati e i testi conferma

vano il rapporto di polizia giudiziaria. Diritto. — Preliminarmente si osserva che si è ritenuto di con

testare le violazioni relative al d.p.r. 915/82 anziché quelle ine

renti alla legge Merli ai sensi dell'art. 2, 6° comma, stesso d.p.r.

915 il quale fa salva l'applicazione di tale normativa nel caso

che i rifiuti sversati, se pure liquidi, risultino tossico-nocivi.

Nessun dubbio sussiste sul punto, data la chiarezza della nor

ma e il pacifico orientamento della dottrina (in claris non fit in

terprete io).

Sempre in via preliminare e quanto all'ammissibilità delle parti civili costituite, va rilevato che il ministero per l'ambiente è legit

timato alla costituzione in base alla legge istitutiva che ne defini

sce i compiti istituzionali (1. 349/86) con particolare riferimento

all'art. 18 dal quale si inferisce che il danno all'ambiente è consi

derato come danno diretto allo Stato.

Quanto alla provincia di Milano e al comune di Rho si rinvia

alla giurisprudenza della Corte suprema sul punto che ne ammet

te pacificamente l'ammissibilità quali parti civili, ed in particola re alla sentenza 8 febbraio 1984, sez. Ili, in cui si legge: «tali

enti territoriali, assumendo la veste di danneggiati direttamente

in forza dello ius gestionis dell'assetto ecologico del territorio,

sono legittimati a costituirsi parti civili nei confronti di chi effet

tua scarichi inquinanti». Tale orientamento si riconduce al leading case di cui alle sez.

un. pen. 21 aprile 1979 (id., 1979, II, 402) in tema di ammisibili tà della costituzione di parte civile del comune quale «ente espo

neziale» rappresentante gli interessi della collettività.

Quanto infine alla Usi — che pure è ente territoriale in quanto

consorzio di comuni — si è ritenuto di ammettere la relativa co

stituzione, anche in carenza di eccezione, ai soli fini del petitum limitato alle prestazioni straordinarie erogate ai dipendenti in con

seguenza degli interventi in loco all'epoca dei fatti.

Si rileva poi che la 1. 833/78 ha attribuito alle Usi compiti specifici in materia di inquinamento (art. 4).

Prima di passare alla parte di motivazione relativa alle singole,

specifiche responsabilità, pare opportuno accennare al tipo di im

pugnazione contestata, in quanto in tale fattispecie di processo

penale la contestazione prospettata non si poneva come unica pos sibile.

Va, pertanto, evidenziato che le violazioni al d.p.r. 915/82 at

tengono in primis allo scarico incontrollato di rifiuti (art. 9, reato

contestato ai primi due imputati), in relazione alla condotta de

scritta nello svolgimento del processo consistente nello sversamento

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529 GIURISPRUDENZA PENALE 530

di rifiuti tossico-nocivi in carenza dell'autorizzazione regionale

prevista per tale fase dello smaltimento.

Tale contravvenzione concorre, secondo la dottrina più autore

vole in virtù della diversa oggettività giuridica dei reati, con la

contravvenzione di cui all'art. 27 stesso d.p.r., che sanziona la

violazione delle prescrizioni stabilite nell'autorizzazione; sotto ta

le profilo si osserva che la «Autoservizi» era titolare di autorizza

zione regionale limitata alla fase del trasporto di rifiuti tossico

nocivi, nel quale provvedimento erano contenute modalità relati

ve al tipo di cisterna (punti 1 e 2), alle carateristiche di sicurezza

(punto 8) e, soprattutto, all'obbligo di «evitare ogni rischio di

inquinamento dell'acqua, ogni inconveniente derivante da odori,

ogni degrado dell'ambiente e del paessaggio» (punto 8, parte I,

II e III, dell'autorizzazione rilasciata dalla regione Lombardia in

data 3 marzo 1988, deliberazione n. 29821, agli atti del processo). Con la violazione dell'art. 26 d.p.r. 915, contestata agli altri

due imputati, si fa carico ad essi di avere effettuato stoccaggio

provvisorio di rifiuti tossico-nocivi senza la prevista autorizzazio

ne: a tale proposito va rilevato che la giurisprudenza ritiene la

sussistenza dello stoccaggio provvisorio anche in fattispecie di de

posito temporaneo di rifiuti presso aziende, e che il requisito for

male del fatto di reato viene integrato mediante la sola effettua

zione di tale deposito, sussistendo l'elemento soggettivo del reato

anche in semplice colpa in quanto si tratta di contravvenzione

(come si dirà oltre in ordine alla sussistenza dell'elemento psico

logico). Quanto infine al delitto di cui all'art. 635 c.p., si osserva:

1) che tale reato può ritenersi realizzato in fattispecie, come

quella de qua, in cui venga danneggiato un bene pubblico sotto

il profilo dell'ulteriore deterioramento in relazione ad una res fa

cente parte di un complesso bene ambientale, anche in carenza

di specifiche, concrete utilizzazioni di tale bene per usi agricoli o economici.

Infatti, si ritiene che, ove il legislatore adotta nella formulazio

ne della norma la dizione «distrugge, disperde o deteriora», il

termine deteriorare vada inteso nell'accezione linguisticamente pro

pria della parola, semantica di un ulteriore pregiudizio recato a

un bene anche già compromesso (come si deduce anche dal suf

fisso comparativo di derivazione latina ior, come in peior, dete

rior), cosi che si ritiene potersi verificare danneggiamento sia me

diante la condotta di chi cagioni danno a un bene precedente

mente integro, sia con quella di chi arrechi ulteriore nocumento

a una situazione già compromessa, in quanto non pare sia confi

gurabile un limite al peggioramento di un bene ambientale.

A tale proposito si rileva che il paragone col «cadavere», pro

posto dalla difesa, non appare conferente in quanto trattandosi

di beni ambientali non può mai verificarsi uno stato di definitiva

e irreversibile estinzione quale quello in cui si è fatto il macabro

riferimento;

2) che il delitto de quo non è assorbito dalla successiva norma

tiva in materia ambientale, data la diversa oggettività giuridica,

come rilevato dalla più acuta dottrina cui si rinvia, cosi che sussi

ste concorso formale tra il delitto e la contravvenzione (sulla non

configurabilità della continuazione v. infra)-,

3) che la sentenza della Corte costituzionale n. 641/87 (id.,

1988, I, 694) ha definito l'ambiente come bene giuridico unitario

e indivisibile, con all'interno diverse regolamentazioni giuridiche

relative all'acqua, all'aria e al suolo, configurandosi tale bene

come oggetto di fruizione non solo da parte dello Stato ma nella

disponibilità della comunità; poiché, pertanto, si tratta di bene

materiale giuridicamente tutelato ne consegue l'applicabilità della

norma di cui all'art. 635 c.p., posta dal legislatore a tutela di

ogni bene sia mobile che immobile.

Quanto poi alla utilizzazione del torrente, si ritiene che il fatto

di non essere sfruttato a fini economici non determini la carenza

di pubblica utilità del bene ai sensi dell'art. 635, 2° comma, n.

3, c.p., sussistendo comunque la fruibilità del bene ambientale

da parte della comunità in base alle considerazioni sopra svolte

in ordine al concetto di bene ambientale.

Sulla configurabilità del danneggiamento in fattispecie di in

quinamento di acque si rinvia comunque in particolare a Cass.

sez. II, 12383/75 (id., Rep. 1977, voce Danneggiamento, nn. 2-6),

tra le altre, nonché Pret. Milano 2 ottobre 1984, Zavoli).

Il Foro Italiano — 1990.

Sulla responsabilità penale. Tutto ciò premesso, venendo alle

valutazioni relative alla responsabilità penale degli imputati, si

osserva che essi hanno sostanzialmente ammesso i fatti contesta

ti, e che tali ammissioni trovano puntuale e specifico riscontro

oggettivo nel rapporto di polizia giudiziaria. La quantità di liquido sversato, risultato inequivocabilmente

tossico-nocivo dalle analisi effettuate, non pare essere oltremodo

rilevante, trattandosi comunque di ingente quantità (40.000 litri

secondo i verbalizzanti, 20.000 secondo gli imputati; il Parise ha

inoltre dichiarato di avere lasciato scaricare le cisterne fino alla

mattina per consentire che si svuotassero). Sul dolo del danneggiamento vale quanto ritenuto dalla Supre

ma corte, secondo la quale il dolo è integrato con il solo atto

di deterioramento unito alla consapevolezza delle possibili conse

guenze (Cass. 17 giugno 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 3)

(eventualmente — si osserva — anche sotto il profilo del dolo

eventuale), senza che sia necessario il dolo specifico. Sulle conseguenze del fatto de quo valgono le dichiarazioni re

se dal prof. Cavallaro in dibattimento, alle quali ci si attiene in

relazione alla competenza specifica del teste e alla autorevolezza

delle valutazioni scientifiche da lui espresse sulla alterazione della

composizione biochimica delle acque per effetto del fatto con

testato.

La violazione delle prescrizioni stabilite dalla autorizzazione re

gionale da parte di Marino Ruzza e Giuseppe Parise risulta per

tabulas, rinviandosi a quanto sopra considerato preliminarmente e a quanto accertato dal rapporto di polizia giudiziaria con il

particolare valore probatorio di cui all'art. 158 c.p.p. Tanto vale anche per la contestazione relativa all'art. 26 d.p.r.

915 rivolta al Giuseppe Brambilla e Adelmo Simoncini, che han

no confermato la loro disponibilità ad ospitare le cisterne presso le proprie aziende.

A tale proposito, relativamente alla versione difensiva del Bram

billa, si osserva che trattandosi di contravvenzione è sufficiente

la semplice colpa, e che tale elemento è certamente sussistente

nella condotta dei due imputati citati sia sotto il profilo della

generica negligenza nel consentire il deposito dei veicoli (che essi

sapevano, per il rapporto di conoscenza tra gli imputati, essere

adibiti al trasporto di rifiuti), sia sotto quello della specifica vio lazione delle norme inerenti alla necessità di autorizzazione.

Ad abundantiam, si osserva poi il fatto che il Parise lavorasse

da tempo per conto del Simoncini, titolare della Petrolcar, e che

la Ecotrans, società di cui è titolare il Brambilla, avesse in passa

to avuto la stessa sede della Autoservizi, sono ulteriori indizi che

uniti alle modalità con cui si sono verificati i fatti rendono logi

camente provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità,

quanto meno a titolo di colpa, del Brambilla e del Simoncini,

individui, peraltro, dotati di certificati penali particolarmente ric

chi ed eloquenti, tali, pertanto, da ingenerare dubbi in ordine

alla credibilità delle versioni da essi fornite.

Quanto poi al fatto che il Simoncini si trovasse in stato di

arresto al momento del fatto non rileva in quanto l'arresto è av

venuto solo due giorni prima, e, comunque, il rapporto di colla

borazione tra il Simoncini e il Parise perdurava da tempo.

Si ritiene che le contravvenzioni di cui agli art. 9 e 27 d.p.r.

915, contestate a Marino Ruzza e Giuseppe Parise, siano state

commesse nell'esecuzione di un identico disegno criminoso, men

tre il concorso di persone consegue al previo accordo tra loro,

ammesso dai due imputati che — viribus unitis — hanno reso

più agevole la consumazione del reato.

Non si ritiene invece possibile configurare la continuazione tra

le contravvenzioni e il delitto, in primo luogo perché (come valu

tazione in fatto) non risulta che vi fosse un disegno criminoso

che collegasse la commissione dei due fatti di reato, e comunque

(in diritto) perché non si ritiene applicabile alla fattispecie l'istitu to della continuazione data l'eterogeneità delle pene, secondo il

costante (anche se non più univoco) orientamento della Cassazio

ne basato sul principio di legalità della pena (Cass. 23 ottobre

1976, id., Rep. 1977, voce Reato continuato, n. 26; 25 gennaio

1982, id., Rep. 1983, voce cit. n. 53; Corte cost. 18 gennaio 1977,

n. 34, id., 1977, I, 776). Non si ritiene di concedere le attenuanti generiche limitatamen

te alle contravvenzioni contestate al Ruzza e al Parise in conside

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Page 5: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione distaccata di Rho; sentenza 29 giugno 1989; Giud. Cascini; imp. Ruzza e altri

531 PARTE SECONDA 532

razione dell'affidamento che si era ingenerato per effetto del

rilascio di autorizzazione ad hoc da parte della pubblica ammini

strazione, cosi che il reato è stato commesso avvalendosi di tale

provvedimento e aggirando fraudolentemente tutta la normativa

che il legislatore ha adottato proprio per impedire la consuma

zione di tali fatti di reato.

Le stesse attenuanti possono essere concesse in relazione al

delitto in considerazione della condotta processuale degli im

putati. Per il Ruzza e il Parise la pena andrà, pertanto, commisurata

ai sensi dell'art. 133 c.p.c. in mesi due di arresto e lire 1.000.000

di ammenda per le contravvenzioni (p.b. mesi uno giorni 15

e lire 800.000, cosi aumentata ex art. 81 c.p.), e in mesi quattro

di reclusione per il delitto (p.b. mesi sei, cosi ridotta ex art.

62 bis c.p.). Agli stessi imputati può essere concessa la sospensione condi

zionale, data l'incensuratezza.

Quanto al Brambilla e al Simoncini, si ritiene di concedere

le attenuanti generiche in relazione alla condotta processuale,

commisurando cosi la pena ex art. 133 c.p. in mesi quattro

di arresto e lire 1.000.000 di ammenda (p.b. mesi sei lire

2.000.000, cosi ridotta ex art. 62 c.p.). Non si ritiene di concede

re la sospensione condizionale a tali imputati in relazione ai

numerosi precedenti penali, dai quali non si può certamente de

sumere che essi si asterranno in futuro dal commettere ulteriori

reati.

Va ordinata la confisca dei veicoli in sequestro, che servirono

per la commissione del reato.

Sul risarcimento del danno. Va innanzitutto rilevato che la

Corte di cassazione con sentenza 12383/75 ha ritenuto che nelle

fattispecie di inquinamento ambientale il danno sia configurabile

sia sotto il profilo della ridotta utilizzazione del corso d'acqua,

sia sotto il profilo del costo necessario per spese di bonifica

e depurazione (Cass. 28 aprile 1975).

Va poi evidenziato che il consiglio della Comunità economica

europea ha approvato il 17 maggio 1977 una risoluzione che

nel titolo I stabilisce: «le spese per la prevenzione e per l'elimi

nazione delle perturbazioni ambientali sono a carico dell'inqui

natore».

Tale principio è divenuto legge interna dello Stato nel 1986,

con l'approvazione della 1. 8 luglio 1986 n. 349 istitutiva del

ministero per l'ambiente, il cui art. 18, 1° comma, cosi recita:

«qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge che comprometta l'ambiente ad esso arrecando danno,

alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte

obbliga l'autore del fatto al risarcimento in favore dello Stato»;

il 2° e il 3° comma dello stesso articolo dispongono che la

giurisdizione appartiene al giudice ordinario e che l'azione di

risarcimento, anche se esercitata in sede penale, è promossa dal

lo Stato e dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetti di atto lesivo. In paticolare, il giudice ordinario civile o penale ha facoltà di determinare l'ammontare del danno risarcibile in

via equitativa qualora non sia possibile una precisa quantifica

zione, e nell'uso di tale potere deve tenere conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino e

del profitto conseguito dal trasgressore.

Ora, si ritiene, concordando con la tesi espressa dall'avvocatu

ra dello Stato, che tale tipo di norma esprima un'applicazione

particolare del principio generale del neminem laedere sancito

dall'art. 2043 c.c. in materia di danno ingiusto all'ambiente,

inteso come ripristino dello stato dei luoghi o, se esso non sia

possibile materialmente, come risarcimento per il danno ingiusto arrecato. Qualora, come nella fattispecie, una precisa quantifica zione non sia possibile, la norma pone a disposizione del giudice anche penale un criterio equitativo di liquidazione del danno,

ove per «equitativo» non si intende un criterio casuale bensì'

legato a parametri predeterminati. In relazione ai tre parametri sopra citati, si ritiene che la gra

vità della colpa sia in questo caso massima, posto che si è aggi rata la normativa rigorosa stabilita dal legislatore, e si sono va

nificati con un solo fatto e senza la minima difficoltà tutti gli

sforzi compiuti dalle autorità statali e locali per tentare di argi nare il fenomeno dell'inquinamento in zone densamente popola

li Foro Italiano — 1990.

te nelle quali le condizioni di vita della popolazione sono già

precarie sotto il profilo del diritto primario alla salute, costitu

zionalmente tutelato.

Il secondo parametro (costo necessario per il ripristino) va

valutato in relazione al progetto esistente per la bonifica del

bacino di cui fa parte il torrente Lura, approvato con d.p.c.m.

in data 29 luglio 1988 n. 363, al cui paragrafo 11.2 si fa espresso

riferimento alla tutela delle acque ed al disinquinamento delle

acque superficiali. Per i soli interventi relativi al torrente Lura

risulta siano stati stanziati circa 42 miliardi, ciò che induce a

valutare l'entità del danno risarcibile nella fattispecie de qua

in misura proporzionale — seppure ridotta in relazione alla par

te di danno arrecato — a tale cifra.

Quanto al terzo parametro (profitto conseguito), si osserva

che lo smaltimento regolare dei rifiuti avrebbe comportato costi

certamente molto elevati in considerazione dell'estrema scarsità

dell'attuale offerta di mercato relativa allo smaltimento regolare

di rifiuti tossico-nocivi e del notevole quantitativo di rifiuti da

smaltire.

Da quanto sopra non emerge comunque la determinabilità di

una somma precisa nel suo ammontare, né si potrebbe addiveni

re a determinare una più precisa quantificazione mediante una

eventuale successiva causa civile, nella quale malgrado i tempi

estremamente lunghi non si potrebbe acquisire alcun ulteriore

elemento, né stabilire alcun diverso criterio ai fini di quantifica

re il danno risarcibile.

Si ritiene, pertanto, più opportuno quantificare in questa sede

il danno, usufruendo dello strumento normativo ad hoc che

l'art. 18 1. 349/86 ha posto a disposizione del giudice ordinario

anche penale. Tutto ciò ritenuto, e tenuto in particolare considerazione il

secondo parametro descritto, anche in relazione al petitum ri

chiesto dal ministero per l'ambiente, ritiene questo giudice di

quantificare in via equitativa il danno risarcibile nella misura

di lire 500 milioni, assegnando provvisionale per la somma di

lire 50 milioni. L'obbligazione risarcitoria va posta a carico di tutti gli impu

tati, sia di quelli tra essi che hanno materialmente provocato con il loro accordo lo sversamento (Ruzza e Parise) sia dei tito

lari delle aree ove erano posizionate le cisterne (Simoncini e

Brambilla), i quali consentendo l'uso delle proprie ditte hanno

contribuito a rendere possibile l'inquinamento, a prescindere dalla diversa configurazione della responsabilità penale in capo

agli imputati. Si osserva infine che la cifra liquidata, se pure possa costituire

un precedente in materia, non va intesa tanto quanto «danno

punitivo» secondo l'orientamento della giurisprudenza di com

mon law, quanto come applicazione pratica dello specifico crite

rio di liquidazione previsto dall'art. 18 1. 349/86, valutato alla

stregua dei parametri in esso previsti in carenza di altro possibile criterio per determinare il danno ingiusto cagionato dagli impu

tati mediante la violazione della normativa in materia am

bientale.

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