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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione I penale; sentenza 15 maggio 1979; Pres. Scardia,...

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Sezione I penale; sentenza 15 maggio 1979; Pres. Scardia, Est. Boschi, P. M. (concl. conf.); ric. Arcano. Rigetta Sez. sorveglianza Roma 31 ottobre 1978 Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp. 105/106-107/108 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171541 . Accessed: 24/06/2014 23:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.177 on Tue, 24 Jun 2014 23:21:26 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I penale; sentenza 15 maggio 1979; Pres. Scardia, Est. Boschi, P. M. (concl. conf.); ric.Arcano. Rigetta Sez. sorveglianza Roma 31 ottobre 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.105/106-107/108Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171541 .

Accessed: 24/06/2014 23:21

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GIURISPRUDENZA PENALE

penale costituzionale, la quale non consente, in base al princi

pio dell'autonomia delle giurisdizioni, che un giudice apparte nente ad un diverso ordine giurisdizionale, come la corte d'ap pello, controlli i requisiti di validità e di esecutività delle sen

tenze rese dalla Corte costituzionale sia pure in composizione integrata. Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, alme no in ordine alla decisione di quegli incidenti di esecuzione che, come quelli di specie, presuppongono una indagine sulla vali dità e sulla esecutività della sentenza resa dalla Corte costitu

zionale in composizione integrata, emerge altresì' dalla relazio ne parlamentare alla proposta di legge, divenuta legge 25 gen naio 1962 n. 20. Nella detta relazione i poteri attribuiti in ma teria di esecuzione all'autorità giudiziaria ordinaria vengono de finiti « di non grave momento ». E la loro attribuzione viene

giustificata con l'intento di evitare che la Corte costituzionale in

tegrata debba essere riconvocata « per ogni piti piccola neces sità». Ora, sembra di tutta evidenza come i suddetti caratteri non siano ravvisabili nelle decisioni su incidenti di esecuzione,

quali quelli di specie, proposti per contestare in radice la stessa esistenza e la validità come titolo esecutivo della sentenza di condanna emessa dalla Corte costituzionale integrata, e diretti

a paralizzare l'esecutività delle relative statuizioni. Occorre, inol

tre, considerare che sarebbe gravemente contraddittorio ritene re il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto ai ri

corsi contro l'ordinanza di inammissibilità delle impugnazioni emesse dalla Corte costituzionale integrata, e, nel contempo, ri tenere sussistente tale giurisdizione rispetto ad un incidente di esecuzione nel quale si riproponga, in sostanza, la medesima

questione, ossia la impugnabilità o meno dinanzi al giudice or

dinario delle sentenze emesse dalla detta corte. Pertanto, deve ritenersi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto agli incidenti di esecuzione relativi alle sentenze di condanna

della Córte costituzionale in composizione integrata, nei quali sorga contestazione in ordine alla giuridica esistenza, alla va

lidità, alla esecutività o alla portata del titolo esecutivo. Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 15 mag gio 1979; Pres. Scardia, Est. Boschi, P. M. (conci, conf.); ric. Arcano. Rigetta Sez. sorveglianza Roma 31 ottobre 1978.

Ordinamento penitenziario — Semilibertà — Condannato an che in custodia preventiva — Esclusione — Fattispecie (Cod. proc. pen., art. 251, 393, 663; legge 26 luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, art. 48, 50).

Ordinamento penitenziario — Semilibertà — Condannato — Ri chiesta di estradizione — Ordine di cattura — Semilibertà —

Esclusione — Questioni manifestamente infondata e irrile vante di costituzionalità (Cost., art. 3, 13; cod. proc. pen., art.

663; legge 26 luglio 1975 n. 354, art. 48, 50).

Il condannato nei cui confronti sia stato emesso anche un man dato o un ordine di cattura non può essere ammesso alla semi libertà (nella specie, la Cassazione ha escluso che potesse es sere adottata tale misura alternativa nei confronti di un sogget to colpito anche da ordine di cattura ex art. 663 cod. proc. penale). (1)

È manifestamente infondata ed inammissibile perché irrilevante, in riferimento, rispettivamente, agli art. 3 e 13 Cost., la que stione di costituzionalità dell'art. 663 cod. proc. pen. nella par te in cui consente l'emissione, a seguito di richiesta del mini

stro, di un ordine di cattura, da parte del procuratore generale dalla corte d'appello o del procuratore della Repubblica, nei

confronti di un soggetto che già si trovi detenuto in espiazione

(1) Non risultano precedenti. Circa la misura alternativa della semilibertà, v. Cass. 3 ottobre

1978, Gioflrè, Foro it., 1979, II, 35; 6 luglio 1977, Panella, id., 1978, II, 112, con nota di richiami.

Nel senso che la competenza a concordare i permessi al detenuto che si trovi contemporaneamente in espiazione di pena ed in stato di custodia preventiva spetta al giudice di cognizione, v., richiamata in motivazione, Cass. 28 giugno 1977, Mercadini, id., Rep. 1978, voce Ordinamento penitenziario, n. 56; 8 ottobre 1976, Fontanarosa, ibid., n. 57; per l'affermazione, tuttavia, che in siffatta ipotesi la com petenza spetta sia al magistrato di sorveglianza che al giudice proce dente, v. Cass. 8 marzo 1977, Pegoraro, id., Rep. 1977, voce cit., n. 116; 10 novembre 1976, Corsini, id., Rep. 1978, voce cit., n. 55.

di pena, precludendogli in tal modo di essere ammesso alla se

milibertà. (2)

La Corte, ecc. — Premesso. — Con ordinanza 31 ottobre 1978, la sezione di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile la domanda di ammissione al regime di semilibertà proposta da Ar cano Gerardo, sul rilievo che questi era detenuto, oltre che in

espiazione di pena, anche per effetto di un ordine di cattura emesso ai sensi dell'art. 663 cod. proc. pen.: titolo di detenzione

incompatibile con la semilibertà.

Contro l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difen

sore dell'Arcano deducendo la insussistenza di tale incompati bilità e, subordinatamente, l'illegittimità costituzionale dell'art. 663 cod. proc. pen. in relazione agli art. 3 e 13 Cost, sotto il profilo che la custodia preventiva per fini estradizionali non ha limiti

di durata e preclude di godere i benefici previsti dalla legge pe nitenziaria.

Osserva. — In base all'art. 251 cod. proc. pen., per effetto

dell'emissione del mandato o dell'ordine di cattura l'imputato dev'essere condotto in carcere o rimanere altrove a disposizione dell'autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento. Qualora

l'imputato sia già detenuto per altro titolo, l'esecuzione del man dato o dell'ordine di cattura avviene ugualmente, sia pure con la sola notificazione dell'atto (art. 266 cod. proc. pen.); e si pro ducono pur sempre gli effetti tipici della costituzione di un titolo

di custodia preventiva e della messa a disposizione dell'imputato nei confronti dell'autorità giudiziaria che ha ordinato la cattura.

La produzione di tali effetti non è affatto impedita nelle ipotesi previste dall'art. 271 cod. proc. pen., il quale, al duplice scopo di evitare detenzioni subite inutiliter e la decorrenza dei termini massimi di custodia preventiva rispetto ai già condannati, dà la

precedenza alla esecuzione delle pene definitive. Ma, anche in

tali casi, il condannato è pur sempre, altresì, un imputato colpito da ordine o mandato di cattura, come tale in stato di privazione della libertà personale a disposizione dell'autorità giudiziaria che

ha emesso il provvedimento restrittivo. Ne segue che la sezione e il giudice di sorveglianza possono adottare nei confronti del

condannato soltanto quelli tra i provvedimenti previsti dal nuovo ordinamento penitenziario di cui alla legge 1975 n. 354, che non abbiano incidenze od interferenze sulla contestuale posizione del condannato stesso di imputato in stato di custodia preventiva, come tale a disposizione dell'autorità procedente. Perciò, come

questa corte ha già avuto modo di ritenere (Sez. I 28 giugno 1977, Mercadini, Foro it., Rep. 1978, voce Ordinamento penin tenziario, n. 56), la competenza a concedere permessi ai detenuti che si trovino contemporaneamente in esecuzione di pena e in stato di custodia preventiva spetta esclusivamente al giudice che ha la disponibilità del processo di cognizione. Inoltre, nei con fronti dei detti soggetti non possono essere adottate le misure al ternative alla detenzione, quali l'affidamento al servizio sociale

(2) Non risultano precedenti. Sull'art. 3 Cost, v., da ultimo, conformemente alla sentenza che

si riporta, Corte cost. 26 luglio 1979, n. 87, Foro it., 1979, I, 2543, con nota di richiami, cui adde Agrò-Romagnoli, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, Principi fondamentali, 1975, 123 ss.; sull'art. 13, v. Corte cost. 6 agosto 1979, n. 114, Foro it., 1979, I, 2523, con nota di richiami, cui adde Amato, in Commentario, cit., Rapporti civili, 1977, 1 ss.

La giurisprudenza è costantemente orientata nel senso che avverso l'ordine di cattura emesso ai sensi dell'art. 663 cod. proc. pen., non è ammesso il ricorso per cassazione: v. Cass. 1° giugno 1976, Arcano, Foro it., Rep. 1977, voce Estradizione, nn. 30, 31; 8 ottobre 1973, Stancic, id., Rep. 1974, voce cit., n. 18; 23 ottobre 1972, Wiedeman, id., Rep. 1973, voce cit. n. 12; 4 settembre 1968, Faiola, id., Rep. 1969, voce cit., n. 25. Per una critica di tale orientamento v., in dot trina, Amodio, Il ricorso contro l'ordine di cattura dell'estradando alla luce della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in Riv. dir. proc., 1970, 314; Gianzi, Estradizione (dir. proc. pen.), voce dell'Enciclopedia del diritto, 1967, XVil, 1962; Grevi, Libertà personale dell'imputato e Costituzione, 1976, 240; Filippi, La libertà personale nell'estradizione passiva, in Riv. it. dir. proc. pen., 1978, 1253; Migliazza, Estradizione e libertà personale, in Studio legale, 1977, n. 18, 2 ss.; Ramaioli, È ammissibile l'impugna zione per cassazione avverso l'ordine di cattura emesso nei confronti di persona estradando?, in Arch, pen., 1977, I, 86; Scaparone, Sul

l'impugnabilità dell'ordine di cattura che dispone l'arresto dell'estra dando, in Riv. it. dir. proc. pen., 1961, 937.

Poiché nel procedimento per estradizione non trovano applica zione la norma ordinaria sulla custodia preventiva, la detenzione subita dall'estradando ai sensi dell'art. 663 cod. proc. pen. non può essere computata ai fini della scarcerazione per decorrenza dei ter mini massimi di carcerazione preventiva: v. Cass. 14 maggio 1976, Zippo, Foro it., 1978, II, 212, con nota di richiami, cui adde, in dottrina, Galantini, Estradizione e libertà provvisoria, in Giur. it., 1976, II, 27.

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PARTE SECONDA

e l'ammissione al regime di semilibertà, che comportano una sot trazione totale o parziale al regime carcerario. Infatti, l'esecu zione di tali misure alternative comporta di per sé una interfe

renza, in termini di incompatibilità, con la condizione di sog getto in stato di custodia preventiva a disposizione dell'autorità

giudiziaria procedente. Per contro, la detta interferenza non si verifica rispetto alla riduzione di pena ai sensi dell'art. 54 legge 1975 n. 354, la quale può essere concessa dalla sezione di sorve

glianza anche al condannato che si trovi contemporaneamente in stato di custodia preventiva quale imputato.

Per quanto attiene in particolare alla semilibertà, oggetto del ricorso in esame, essa consiste nella concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare a determinate attività, senza restrizioni alla libertà personale (art. 48 legge 1975 n. 354). Inoltre, al condannato ammesso alla se milibertà possono essere concesse licenze premio (art. 52 detta

legge). Orbene, tale regime è incompatibile con lo stato di totale privazione della libertà personale proprio degli imputati in stato di custodia preventiva, con il loro possibile assoggettamento al l'isolamento continuo durante l'istruttoria (art. 33, n. 3, legge 1975 n. 354) e con l'essere gli stessi a disposizione dell'autorità che ha emesso il provvedimento di cattura (art. 251 cod. proc. penale).

I termini della questione non mutano qualora, come nella spe cie, si tratti di condannato il quale si trovi contemporaneamente in stato di custodia preventiva per effetto dell'emissione di un ordine di cattura da parte del procuratore generale ai sensi del l'art. 663 cod. proc. penale.

Infatti, anche tale ordine di cattura, al pari di quelli emessi ai sensi degli art. 253 e 254, produce gli effetti previsti dall'art. 251 cod. proc. pen. e tanto basta, in base a quanto sopra osservato, per ritenere inammissibile il regime di semilibertà.

Manifestamente infondata è la questione di legittimità costitu zionale dell'art. 663 cod. proc. pen. sollevata dalla difesa del ricorrente in relazione all'art. 3 Cost., perché la condizione giu ridico-penitenziaria del condannato non può che essere diversa da quella del soggetto che è, contemporaneamente, anche impu tata in stato di custodia preventiva. Laddove l'art. 3 Cost, è vio lato quando situazioni uguali sono disciplinate in modo diverso ovvero se situazioni diverse sono assoggettate alla medesima nor mativa.

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 663 cod. proc. pen. in relazione all'art. 13, ult. capov., Cost., è irrilevante. Infatti, in base al disposto dell'art. 271 cod. proc. pen., i termini massimi della custodia preventiva cominciano a decorrere sol tanto dopo la cessazione dell'espiazione della pena. Ne segue che per il detenuta condannato, quale è il ricorrente, non si pone neppure un problema di scarcerazione ai sensi dell'art. 272 cod. proc. penale. Ciò potrebbe verificarsi soltanto una volta ces sata l'espiazione della pena. Ma, in tal caso, l'Arcano resterebbe detenuto esclusivamente quale imputato in stato di custodia pre ventiva ai fini di estradizione. Perciò, egli non sarebbe più con dannato, ma solo imputato, e in tale qualità non avrebbe titolo per chiedere un beneficio, come la semilibertà, espressamente riservato ai condannati o agli internati (art. 48 legge 1975 n. 354).

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III penale; sentenza 19 dicembre 1978; Pres. Sciaraffia, Est. Radaelli, P. M. Marucci (conci, conf.); ric. Abeatici. Annulla Trib. Trieste 21 maggio 1974.

Patrocinio e consulenza infedele — Elemento oggettivo — Sussisten za — Amnistia (Cod. pen., art. 380; d. pres. 4 agosto 1978 n. 413, concessione di amnistia e indulto, art. 1).

Patrocinio e consulenza infedele — Elemento soggettivo — Sus sistenza — Amnistia (Cod. pen., art. 380; d. pres. 4 agosto 1978 n. 413, art. 1).

Sussiste l'elemento oggettivo del delitto di patrocinio infedele, e deve conseguentemente prosciogliersi l'imputato per amnistia, in caso di condotta contraria al dovere professionale di agire per il corretto e tempestivo esito del procedimento, la nozione di nocumento non richiedendo che il patrocinato abbia subito un danno ulteriore rispetto al mancato raggiungimento del fine cui il procedimento è preordinato. (1)

(1-2) La giurisprudenza edita in tema di infedeltà del patrocinatore è scarsissima, specialmente per quanto concerne l'ipotesi prevista dall'art. 380 cod. penale.

Sussiste l'elemento soggettivo del delitto di patrocinio infedele, e deve conseguentemente prosciogliersi l'imputato per amnistia, quando il difensore abbia volontariamente violato i propri do veri professionali, non richiedendosi che abbia agito allo scopo di ledere gli interessi del patrocinato, (2)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con sentenza del Pretore di Trieste del 14 novembre 1973 l'odierno ricorren te era stato condannato alla pena di mesi 11 di reclusione e lire 200.000 di multa, pena sospesa, con l'interdizione temporanea dai pubblici uffici e dall'esercizio della professione forense, per il reato di cui all'art. 380, 1° comma, cod. penale.

Contro tale sentenza l'imputato aveva proposto appello, chie dendo l'assoluzione, sul rilievo dell'insussistenza del danno o no cumento ai clienti, o quanto meno della propria intenzionalità. Il tribunale con la sentenza in epigrafe, ritenuto acquisito in pun to di mero svolgimento dei fatti quanto accertato dal pretore (e non contestato dall'appellante), confermava la sentenza di primo grado.

Proposto ricorso per cassazione per due motivi, attinenti ri

spettivamente alla sussistenza del « nocumento agli interessi del la parte », di cui all'art. 380 cit., e all'intenzionalità eventuale del nocumento stesso, nell'udienza odierna, mentre il p. m. ha chiesto l'applicazione dell'amnistia di cui d. pres. 4 agosto 1978 n. 413, il difensore, pur associandosi in subordine alla richiesta del p. m., in principalità ha chiesto l'annullamento senza rinvio, esistendo i presupposti per l'applicazione dell'art. 152, capov., cod. proc. pen., perché il fatto non costituisce reato.

Motivi. — Dovendosi stabilire se già esista nella specie la pro va che renda evidente che il fatto non costituisce reato — tale ipotesi di non punibilità è da ritenersi infatti compresa fra quel le previste dall'art. 152, capov., cod. proc. pen. — occorre riesa minare i fatti di causa come emersi nei giudizi di merito, in re lazione agli elementi del reato di cui la difesa nega la sussi stenza.

Il pretore aveva ravvisato la sussistenza del reato nei rappor ti intercorsi dal 1965 al 1971 fra l'imputato e certi Italo Conten to, Giuseppe Facci e Roberto Sabatini — suoi clienti — nonché alcuni loro debitori, escussi dal legale stesso per mandato dei clienti anzidetti.

In particolare, come riferiscono i giudici di merito, il Conten to, titolare della ditta Linea, gli aveva demandato il recupero giudiziario, tra gli altri, di un credito di lire 95.200. L'imputato, ottenuta sentenza di condanna per la somma libellata e per le

spese di lite, in lire 37.840, aveva iniziato azione esecutiva per lire 175.115 ed a seguito di vendita coattiva dei mobili aveva recuperato la somma di lire 58.853, depositata in apposito libret to giudiziario.

A questo punto il legale, anziché chiedere l'assegnazione di detta somma in favore del cliente, si faceva rilasciare dai geni tori della originaria debitrice nove cambiali, per un importo

Sull'elemento oggettivo del reato si rinviene, non in termini: Cass. 5 dicembre 1975, Caiazza, Foro it., Rep. 1976, voce Patrocinio e consulenza infedele, n. 1, menzionata in motivazione {il delitto di patrocinio infedele è un reato a forma libera e si consuma attraverso qualsiasi azione od omissione idonea a produrre nocumento alla parte rappresentata, assistita o difesa e che costituisca, per il sog getto che la compie, una infedeltà ai doveri professionali); Cass. 10 febbraio 1961, Desideri, id., Rep. 1962, voce cit., n. 2, commentata da Durigato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 812 (il nocumento per la parte può concretarsi nella dolosa astensione del patrocinatore dalla doverosa attività processuale); cfr. altresì App. Roma 21 feb braio 1957, Foro it., Rep. 1957, voce cit., n. 2.

In dottrina, in senso contrario alla massima (1), cons. Venditti, Infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico, voce dell'Enci clopedia del diritto, 1971, XXI, 426 (elemento essenziale del reato, e non semplice condizione obiettiva di punibilità, è il nocumento agli interessi della parte difesa, assistita o rappresentata dinanzi al l'autorità giudiziaria; vi sarà quindi tentativo ogni qualvolta venga posto in essere il comportamento infedele senza che il nocumento si verifichi). Viceversa Pannain, Prevaricazione e infedeltà dei patro cinatori, voce del Novissimo digesto, 1966, XIII, 808, nega che il nocumento possa essere qualificato come evento del reato, ritenendo che l'evento è costituito dall'offesa all'interesse dell'amministrazione della giustizia e che con questo va a fondersi il nocumento.

In senso conforme per quanto concerne l'elemento soggettivo, men zionata in motivazione, v. Cass. 5 dicembre 1975, cit. (il delitto di patrocinio infedele è punito a titolo di dolo generico, non essendo richiesto che l'imputato si proponga un fine particolare, ma essendo sufficiente la coscienza e volontà di compiere un'azione o un'omis sione contraria ai propri doveri professionali).

In dottrina, cons, altresì' Durigato, Sul delitto di patrocinio in fedele, 1966.

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