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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione III penale; sentenza 22 febbraio 1988; Pres....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione III penale; sentenza 22 febbraio 1988; Pres. Gambino, Est. Montoro, P. M. Ciampani (concl. parz. diff.); ric. Proc. gen. App. Torino in causa Botta. Annulla App. Torino 17 giugno 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 353/354-355/356 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179683 . Accessed: 28/06/2014 09:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 09:00:00 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III penale; sentenza 22 febbraio 1988; Pres. Gambino, Est. Montoro, P. M. Ciampani(concl. parz. diff.); ric. Proc. gen. App. Torino in causa Botta. Annulla App. Torino 17 giugno1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.353/354-355/356Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179683 .

Accessed: 28/06/2014 09:00

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GIURISPRUDENZA PENALE

clusione della procedura per il recupero delle spese, ma non ha

neppure previsto un termine iniziale, sicché è lecito ritenere che

il condannato possa presentare la sua domanda non appena l'uf

ficio competente abbia determinato l'entità della somma da pagare. In tal modo la nuova legge ha superato, evidentemente, anche

l'ostacolo costituito, secondo il magistrato di sorveglianza, dal

fatto che il condannato possa, nel corso dell'ulteriore detenzione, cambiare condotta.

Con riferimento alla seconda istanza, pertanto, l'ordinanza im

pugnata va annullata con rinvio, per nuova deliberazione, allo

stesso magistrato di sorveglianza del Tribunale di Pisa che riesa

minerà il caso uniformandosi al principio ed ai rilievi suesposti. Le altre doglianze espresse dallo Zuccaro riguardanti la cumu

labilità delle pene, l'unicità dei due procedimenti, la divisibilità fra tutti gli imputati della somma richiesta vanno disattese in quan to manifestamente infondate.

Debbono, peraltro, ritenersi superate perché assorbite nelle ra

gioni dell'annullamento con rinvio tutte le altre argomentazioni attinenti alla dedotta violazione del principio dell'uguaglianza di

tutti i cittadini dinanzi alla legge, alla richiesta di sospensione della procedura di recupero delle spese, alla possibilità di solleva

re la questione di costituzionalità dell'art. 56 dell'ordinamento

penitenziario e dell'art. 96 del relativo regolamento.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 22 feb

braio 1988; Pres. Cambino, Est. Montoro, P. M. Ciampani

(conci, parz. diff.); ric. Proc. gen. App. Torino in causa Botta.

Annulla App. Torino 17 giugno 1987.

Tributi in genere — Ritenuta d'acconto — Omissione e ritardo

nel versamento — Equiparazione (D.l. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione

delle pendenze in materia tributaria, art. 2; 1. 7 agosto 1982

n. 516, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 10 lu

glio 1982 n. 429, art. 1).

Ai fini dell'applicazione dell'art. 2, 2° comma, l. 516/82, non

è dato distinguere fra la condotta di omesso versamento delle

ritenute operate a titolo d'acconto d'imposta ed il semplice ri

tardo nel versamento delle somme relative. (1)

(1) Con questa pronuncia, la prima della Corte suprema sulla dibattuta

questione relativa all'interpretazione dell'art. 2, 2° comma, 1. 516/82, la Cassazione, esclusa la possibilità di una distinzione fra omissione e

ritardo nel versamento delle ritenute d'acconto operate dal sostituto d'im

posta, ha riconosciuto l'equiparazione delle due ipotesi ai fini dell'appli cazione della disposizione indicata. In senso contrario a quanto qui deci

so, v., fra le altre, App. Torino 31 ottobre 1986, Foro it., 1987, II, 534, con nota di richiami, e nota favorevole di Zannotti, La condotta di

ritardo nel versamento di ritenute: aspetti problematici ed inquadramento normativo e sanzionatorio. Quest'ultimo orientamento interpretativo ave

va comunque dato adito ad ulteriori divergenze applicative in ordine al

l'individuazione del termine entro il quale distinguere fra il semplice ri

tardo e la vera e propria omissione penalmente rilevante: da ultimo, nel

senso di ritenere che il termine ultimo coincidesse con quello fissato per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d'imposta, v.

Trib. Genova 8 gennaio 1987, Fisco, 1987, 3246. In senso conforme alla presente decisione, v., per tutti, Cadoppi, Omesso

versamento delle ritenute da parte del sostituto d'imposta: verso una «in

terpretatio abrogans»?, id., 1986, 7508.

Sulla questione relativa alla equiparazione della condotta di omesso

versamento a quella di mero ritardo, è altresì' interventuta la stessa Corte

costituzionale, che con ordinanza 22 ottobre 1987, n. 337, in questo fa

scicolo, I, 2071, e successivamente con ordinanza 10 marzo 1988, n. 300, ha respinto l'eccezione di legittimità costituzionale sollevata per un sup

posto contrasto dell'art. 2, 2° comma, 1. 516/82 con l'art. 3 Cost.

L'esigenza di una soluzione dei problemi applicativi suscitati dalla di

sposizione in oggetto si è comunque ulteriormente tradotta in numerose

proposte di legge, che sono state recentemente presentate alla camera dei

deputati: proposte di legge n. 572 del 3 luglio 1987 (a firma dei deputati Patria e altri); n. 724 del 9 luglio 1987 (Cupelli); nn. 865 (Savio), 881

(Auleta e altri), e 1037 (Rossi di Montelera e altri) del 16 luglio 1987; n. 1038 (Ferrarini e altri) del 17 luglio 1987.

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Il 5 giugno 1986 il Tribunale di

Biella condannava Adriano Botta a trenta giorni di reclusione

ed a lire 50.000 di multa per il reato di cui all'art. 2, 2° comma, 1. 7 agosto 1982 n. 516, contestandogli perché — quale sostituto

d'imposta — non versava all'erario — nel termine previsto dal

l'art. 8 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 — le somme ritenute

alla fonte su emolumenti corrisposti nell'anno 1983 per il lavoro

autonomo. A seguito di gravame, il 17 giugno 1987, la Corte

d'appello di Torino assolveva l'imputato per insussistenza del fatto, nel presupposto che — per il principio della tassatività e della

tipicità delle figure di reato — non si potesse fare entrare nella

fattispecie criminosa indicata, relativa soltanto all'omesso versa

mento delle ritenute, altri comportamenti, quali il ritardo nel ver

samento stesso, che non corrispondono a quello descritto dalla

norma incriminatrice.

Ricorreva per cassazione il procuratore generale di Torino, il

quale — premesso che la previsione di un obbligo non può essere

disgiunta da quella di un termine entro il quale deve essere soddis

fatto; e premesso, ancora, che, quando ciò avviene, è fuorviarne

distinguere tra omissione e ritardo nell'adempimento, in quanto all'inutile scadenza del termine l'omissione è realizzata — lamen

tava la violazione di legge, perché nella specie la disposizione del

l'art. 8 d.p.r. 602/73 rappresenterebbe la necessaria integrazione del precetto penale circa il termine per l'adempimento dell'obbli

go gravante sul sostituto d'imposta e la mancanza di una specifi ca deroga da parte del legislatore per il caso del ritardo esclude

rebbe che l'adempimento cosiffatto costituisse figura diversa dal

l'inadempimento radicale.

Aggiungeva che, ove l'inutile spirare del termine per l'adempi mento non indentificasse il momento della consumazione del rea

to, sarebbe impossibile individuare il limite oltre il quale il ritar

do dovrebbe trasformarsi in omissione, con la conseguenza che

la norma citata finirebbe con l'essere praticamente inapplicabile;

e, ancora, che la possibilità di versamenti tardivi, di cui all'art.

92 d.p.r. 602/73, riguardando il soddisfacimento dell'obbligazio ne tributaria con una graduazione di conseguenze civili — quali il pagamento di interessi e di sopratasse, commisurati all'entità

del ritardo — non escluderebbe la perentorietà del termine ai fini

della configurazione della responsabilità per il reato in questione.

Chiedeva, pertanto, l'annullamento della sentenza con le conse

guenze di legge. Motivi della decisione. — Appunto perché il legislatore ha vo

luto regolare ex novo la materia — per dirla con i giudici di

appello —, perseguendo ovviamente la migliore efficenza del si

stema, si deve escludere che egli abbia inteso attribuire rilevanza

penale al fatto di chi ometta del tutto di versare, quale sostituto

d'imposta, le ritenute di acconto operate e non anche a quello di chi ritardi, più o meno a lungo, gli stessi versamenti, giacché in origine (v. art. 92, 3° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n.

602, abrogato) il ritardo era eccezionalmente tollerato per somme

superiori a 50 milioni solo per un tempo inferiore a cinque giorni dalla scadenza, mentre nella nuova norma una tolleranza del ge

nere non si ha (v. art. 2, ultimo comma, 1. 7 agosto 1982 n. 516). Non v'è ragione, infatti, di ritenere che vi sia alcuna deroga

per il ritardo, non avendo il legislatore neanche usato quest'ulti mo sostantivo, tanto più che la formulazione adottata (chiunque

non versa. . .) evita pure quello antagonista di omissione, natu

ralmente non a caso per il noto rigore tecnico del linguaggio mor

mativo di cui bisogna far credito al legislatore (criterio interpre

tativo storico-letterale). D'altra parte l'omissione e il ritardo, che sul piano fenomenico

si sovrappongono, sono eventi giuridici entrambi collegati alla

scadenza di un termine: tutti e due presuppongono sempre che

sia decorso il tempo in cui un atto giuridico doveva compiersi,

senza che sia compiuto; ma la prima pressuppone, altresì, che

l'atto non possa più utilmente compiersi, al fine di scongiurare — o, quanto meno, limitare — gli effetti negativi nei confronti

dell'obbligato; il secondo, invece, si.

Sicché ogni qual volta la norma penale non contiene alcuna

limitazione di responsabilità inversamente proporzionata al de

corso del tempo in cui, poi, avviene l'adempimento tardivo, pro

prio per il principio della tassatività e specificità delle figure di

reato quest'ultimo non scrimina, né riduce le conseguenze penali

della condotta illecita (criterio sistematico).

Se cosi non fosse, se, cioè, il ritardo non fosse punito ugual

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PARTE SECONDA

mente, i confini concettuali tra i due eventi sarebbero irreali, con

la conseguenza che la sorte del reato verrebbe lasciata parados salmente alla discrezione del reo (criterio logico).

Il regime degli interessi (v. art. 9 d.p.r. 29 settembre 1973 n.

602) e delle sopratasse (v. art. 92, 1° comma) per il mancato

o ritardato versamento diretto delle ritenute, infine, non incide

affatto sulla disciplina penale dei medesimi eventi, condensata

nel già citato art. 2 1. 516/82, quanto meno nel senso in cui mo

strano credere i giudici di merito: che l'erario colpisca con san

zioni civilistiche differenziate il sostituto d'imposta ritardatario

nell'estinguere l'obbligazione tributaria, non esclude che costui

possa pure soggiacere a sanzioni penali concorrenti, specie se si

considera come la novella del 1982 abbia, all'evidenza, tagliato corto a varie incertezze interpretative ed applicative in proposito,

approntando una regola univoca e semplice, idonea a reprimere

qualsiasi tipo di evasione.

Pertanto non resta che annullare per violazione di legge la sen

tenza impugnata; ma il giudizio va rimesso ad altro giudice di

merito per la congrua valutazione dell'aspetto psicologico del reato,

aspetto affrontato soltanto in via residuale dai giudici di secondo

grado sicché non può trovare applicazione in questa sede il dispo sto dell'art. 152 c.p.p. con la modifica della formula assolutoria, come sembra volere il ricorrente è stato richiesto dal procuratore

generale.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 22 gen naio 1988; Pres. Sorrentino, Est. Valente, P. M. (conci, diff.); ric. Proc. gen. App. Palermo, detenuto Zarbo. Annulla senza

rinvio Trib. sorv. Palermo, ord. 14 luglio 1987.

Ordinamento penitenziario — Affidamento in prova — Condi

zioni di ammissibilità dell'istanza — Pena non superiore a tre

anni — Determinazione della pena inflitta — Indulto — De

traibilità — Esclusione (L. 26 luglio 1975 n. 354, norme sul

l'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure pri vative e limitative della libertà, art. 47, 47 bis; 1. 10 ottobre

1986 n. 663, modifiche alla legge sull'ordinamento penitenzia rio e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della

libertà, art. 11, 12).

Per determinare se la pena inflitta rientri nel limite massimo di

tre anni stabilito dalla legge ai fini dell'ammissibilità della istanza

di affidamento in prova, occorre aver riguardo esclusivamente

alla pena irrogata dal giudice quale risulta dal dispositivo della

sentenza irrevocabile di condanna, non decurtata di quelle quan tità che, per fatti del tutto contingenti, eventuali e, perfino,

posteriori alle decisioni (quali l'indulto, altre cause di estinzio

ne della pena, la fungibilità, ecc.) riducano la pena da espiare in concreto. (1)

(1-2) Le due pronunce, succedutesi a breve distanza di tempo l'una dall'altra ed emanate, peraltro, dalla stessa sezione penale della Corte di cassazione, si segnalano perché dal loro confronto sembra emergere un radicale mutamento di indirizzo (occorrerà poi vedere se destinato ad essere confermato o smentito da successive decisioni; sulla possibilità di contrasti interpretativi all'interno di una stessa sezione della Corte di cassazione e, più in generale, sulla crescente inadeguatezza di questo or

ganismo ad «assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge» secondo quanto disposto dall'art. 65 del vigente ordinamento

giudiziario, cfr., di recente, A. Melchionda, La crisi della «funzione nomofilattica» della Corte di cassazione penale, in Critica pen., 1987, III-1V, 40 ss.) relativamente ad una tesi interpretativa che, fino ad ora, sembrava essersi definitivamente consolidata nella giurisprudenza in ma

teria di affidamento in prova: quella, cioè, per la quale sulla individua zione della pena da espiare (onde accertare se quest'ultima superi i limiti

massimi previsti dalla legge ai fini dell'ammissibilità dell'istanza di affi

damento) avrebbero incidenza positiva le eventuali cause di estinzione

o, comunque, tutti i fatti giuridici implicanti un ridimensionamento della

pena rispetto a quella risultante dalla condanna (cfr. Cass.

Il Foro Italiano — 1988.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 21 dicem

bre 1987; Pres. Carnevale, Est. Del Vecchio, P. M. (conci,

conf.); ric. Proc. gen. App. Palermo, detenuto Amico. Con

ferma Trib. sorv. Palermo, ord. 28 luglio 1987.

Ordinamento penitenziario — Affidamento in prova — Condi

zioni di ammissibilità dell'istanza — Pena non superiore a tre

anni — Determinazione della pena inflitta — Indulto — De

traibilità (L. 26 luglio 1975 n. 354, art. 47, 47 bis; 1. 10 ottobre 1986 n. 663, art. 11, 12).

Per determinare se la pena inflitta rientri nel limite massimo di

tre anni stabilito dalla legge ai fini dell'ammissibilità della istanza di affidamento in prova, occorre detrarre dal computo com

plessivo la quantità di pena eventualmente estinta per effetto di indulto. (2)

2 dicembre 1977, Grassi, Foro it., Rep. 1978, voce Ordinamento peniten

ziario, n. 97; 17 gennaio 1978, De Cinque, ibid., n. 96; 5 aprile 1978,

Fedeli, ibid., n. 95; 30 settembre 1980, Vessio, id., Rep. 1981, voce cit., n. 25; 24 febbraio 1981, Argentini, id., Rep. 1982, voce cit., n. 39; 3

luglio 1981, Barletta, ibid., n. 42; 24 marzo 1982, Balido, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53. Per una più ampia panoramica della giurisprudenza in

tema di valutazione dei limiti di pena per l'applicazione dell'affidamento

in prova, cfr. M. Canepa-S. Merlo, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 1987, 165 ss.; G. Di Gennaro-M. Bonomo-R. Breda, Ordina

mento penitenziario e misure alternative alla detenzione, 4a ed., Milano,

1987, 253, nota 6; E. Fassone, L'affidamento in prova al servizio sociale

negli orientamenti della giurisprudenza, in Legislazione pen., 1982, 171 ss.). L'orientamento giurisprudenziale da ultimo citato, formatosi sotto il

vigore della 1. 354/75, è stato riproposto dalla seconda delle due sentenze

in epigrafe anche con riferimento all'attuale disciplina dell'affidamento

in prova dopo le modifiche introdotte dalla recente riforma dell'ordina

mento penitenziario attuata con la 1. 663 del 10 ottobre 1986.

Come è noto, la nuova normativa ha notevolmente ampliato il campo di applicazione della misura alternativa in questione; risultato ottenuto, tra l'altro, elevando da due anni e sei mesi a tre anni il livello di pena detentiva entro il quale è possibile affidare al servizio sociale il condanna

to (per un quadro globale della nuova disciplina, cfr. R. Stocco, L'affi damento in prova al servizio sociale, in Le nuove norme dell'ordinamen

to penitenziario, a cura di G. Flora, Milano, 1987, 175; L. Cesaris, in Legislazione pen., 1987, 150 ss.; E. Fassone-T. Basile-G. Tuccillo, La riforma penitenziaria, Napoli, 1987, 118 ss.).

Gli argomenti addotti da Cass. 21 dicembre 1987 a favore della detrai

bilità dell'indulto sono sostanzialmente i medesimi che erano stati propo sti dalla giurisprudenza anteriore. Ed in realtà, l'intervenuto mutamento

della disciplina legislativa non sembra abbia offerto nuovi spunti a favore di una modifica di indirizzo giurisprudenziale: la 1. 663/86 non ha infatti

disposto nulla di nuovo, per lo specifico problema che ci interessa, rispet to alla locuzione adottata dalla 1. 354 del 1975.

In ogni caso non sembrano probanti o, comunque, decisivi gli argo menti che, a favore della opposta tesi (cioè quella della non detraibilità

del condono) sarebbero offerti dall'art. 47 ter o dall'art. 47 bis (su en

trambe le norme fa leva il ricorso del procuratore generale presso la Cor

te d'appello di Palermo; esclusivamente sull'art. 47 bis fa leva, invece, in dottrina, Fassone, in Fassone-Basile-Tuccillo, op. cit., 120 ss.).

L'art. 47 ter, che concerne l'istituto della detenzione domiciliare e che

espressamente fa riferimento alla pena da espiare in concreto ai fini della

determinazione dei limiti di ammissibilità dell'istanza, non sembra, infat

ti, dotato di rilevanza probante per dedurne una conferma, secondo un

argomento a contrario, del fatto che l'art. 47 (dove non esiste un'analoga

espressa indicazione) farebbe, invece, riferimento alla pena inflitta al mo

mento della condanna irrevocabile indipendentemente da successive vi

cende che ne riducano in concreto l'ammontare. L'art. 47 ter prende,

infatti, in considerazione un problema diverso e, pertanto, non assimila

bile, per la sua specificità, a quello della computabilità delle cause estinti

ve della pena: quello della necessaria valutazione del periodo trascorso

in custodia cautelare ai fini della determinazione della pena da espiare,

pena che, per l'ammissibilità della istanza di detenzione domiciliare, non

deve superare i due anni. Nemmeno il rinvio all'art. 47 bis e, soprattutto, al nuovo testo di tale

norma, dove si parla esplicitamente di «pena detentiva inflitta entro il

limite di cui al 1° comma dell'art. 47», riesce a portare argomenti decisivi

a favore della tesi della non detraibilità delle cause estintive della pena

(per uno sforzo interpretativo in questa direzione, basato prevalentemen te sul confronto fra il vecchio ed il nuovo testo dell'art. 47 bis, cfr. Fas

sone, op. ult. cit., 121). Il rinvio alla pena inflitta nei limiti del 1° com

ma dell'art. 47 lascia, infatti, irrisolto il punto centrale del problema che ci interessa: quello, appunto, della individuazione dei criteri per

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