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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 10 dicembre 1900; Pres. Canonico, Est. Fontana —...

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Udienza 10 dicembre 1900; Pres. Canonico, Est. Fontana —Ric. Marini Source: Il Foro Italiano, Vol. 26, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1901), pp. 43/44-45/46 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23104665 . Accessed: 25/06/2014 07:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.37 on Wed, 25 Jun 2014 07:36:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 10 dicembre 1900; Pres. Canonico, Est. Fontana — Ric. Marini

Udienza 10 dicembre 1900; Pres. Canonico, Est. Fontana —Ric. MariniSource: Il Foro Italiano, Vol. 26, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1901), pp.43/44-45/46Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23104665 .

Accessed: 25/06/2014 07:36

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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43 PARTE SECONDA 44

legio per violazione dell'art. 604 proc. pen., in re

lazione all'art. 1° del regio decreto sul casellario

giudiziale.

Questa Corte, 2ft sezione penale, con sentenza

del 12 febbraio 1900, accogliendo il ricorso del p.

m. annullava l'impugnata ordinanza, e mandava gli

atti al tribunale di Tortona per nuovo esame.

Anche il tribunale di rinvio, con ordinanza del

26 giugno 1900, emanata in camera di consiglio,

accoglieva la domanda del Barenghi, onde nuovo

ricorso del p. m. prodotto dal procuratore del re

di Tortona contro la detta ordinanza per gli stessi

motivi proposti contro la prima.

Attesoché la legge chiara, non ammettendo in

terpretazione del giudice, si deve applicare qual'è,

secondo il suo dettame. Quindi la camera di con

siglio del tribunale di Tortona, nell'esaminare la

domanda di Barenghi Giovanni, doveva osservare

anzitutto se la legge, di cui l'istante chiedeva

l'applicazione sia concepita in guisa da non lascia

re alcuna ambiguità o dubbiezza. E così facendo,

avrebbe veduto che l'art. 604 cod. proc. pen. con

nitida locuzione, scolpitamente designa i casi, nei

quali si può cancellare un'imputazione dai registri

penali.

Dispone infatti il ricordato articolo, che, allor

quando con ordinanza o sentenza divenuta irrevo

cabile, l'imputato sarà stato assoluto, o si sarà di

chiarato non farsi luogo a procedimento, o perchè

il fatto non costituisce reato, o perchè consta non

essere avvenuto il fatto che formò l'oggetto della

imputazione, o è provato che l'imputato non l'ha

commesso o non vi ha avuto parte, l'imputato po

trà domandare che si abbia per cancellata dai re

gistri penali la imputazione iscritta a suo carico.

Il che rende palese come il legislatore abbia de

terminato le contingenze giuridiche, in cui si fa

luogo alla cancellazione con specificate ipotesi, le

quali mettono capo ad un solo concetto, poiché, o

sia dimostrata la insussistenza del fatto, o il fatto

sussistente non costituisca reato, o esistendo il

reato, sia provata la innocenza dell' imputato, ne

deriva, che costui risultò puro totalmente dall'a

scrittagli imputazione. Laonde si tratta di una

disposizione tassativa di legge, la quale pertanto

non si può estendere per comprendervi casi non

espressamente contemplati. Ora è manifesto, che

la camera di consiglio presso il tribunale di Tor

tona iia errato ordinando cancellarsi dai registri

penali la imputazione iscritta a carico del Baren

ghi, perchè a nessuna delle riferite ipotesi corri

sponde la sentenza, con la quale il tribunale di

Voghera, per la desistenza della parte offesa, di

chiarò non farsi luogo a procedimento contro il

Barenghi imputato di diffamazione. Anzi un diva

rio essenziale intercede fra la remissione, atto di

parte, che fa cessare il procedimento, senza nulla

affermare o negare, e il responso del giudice, il

quale, tutto conosciuto e vagliato, dichiari che

l'imputato non violò la legge penale. Nè alcun

valido sostegno, per la ordinanza de] tribunale, si

può desumere dallo art. 1 n. 2 del r. decreto sul

casellario giudiziale modificato dall'art. 33 del r.

decreto 1 dicembre 1889 n. 6509, in cui è detto

che sono conservate in estratto nel casellario le

ordinanze e sentenze di non farsi luogo a procedi

mento, tranne quelle che furono proferite, perchè il fatto non è provato o non costituisce reato, e

quelle per le quali sia pronunziato il provvedi

mento accennato nell'art. 604 cod. proc. pen., es

sendo pur qui cosa certa, quand'anche si ammet

tesse il carattere dimostrativo e non tassativo della

disposizione, che, per sostanziale o patente diffe

renza, la pronuncia, con la quale si dichiara non

farsi luogo a procedimento, unicamente perchè la

remissione ha estinto l'azione penale, non si può

equiparare all'altra, colla quale, come risultato del

la indagine giudiziaria, si dichiari non farsi luogo

a procedimento, perchè il fatto non è provato: nel

primo caso, la dichiarazione si fonda puramente e

semplicemente sulla remissione, che suona perdo

no, dove die nel secondo la dichiarazione, basata

sopra l'esame degli atti a processo ultimato, ha per

ragione del decidere che il fatto non è provato.

Per questi motivi, annulla l'impugnata ordinanza

della camera di consiglio del tribunale di Tortona,

26 giugno 1900, e per nuova decisione manda gli

atti al tribunale di Alessandria, il quale statuirà

a norma dell'art. 683 cod. proc. pen.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. (Sezioni unite)

Udienza 10 dicembre 1900; Pres. Canonico, Est.

Fontana — Rie. Marini.

Frode nelle pubbliche fornitore — Magazzinie

re delle privative — Spargimento di acqna

nei saie (Cod. pen., art. 206).

Commette il reato di frode in pubblica fornitura

il magazziniere delle privative che froda i con

sumatori spargendo dell' acqua nel sale per au

mentarne il peso. (1)

La Corte: — Il tribunale di Velletri nel 15 gen

naio 1897 condaunava quel magazziniere Odoardo

Marini, quale responsabile di frode in pubblica for

nitura ai sensi dell'art. 206 cod. pen., per avere

fatto spargere dell'acqua nel sale del suo magaz

zino, e la sentenza fu confermata dalla Corte di

appello di questa città: ma la Corte suprema cassò

il pronunziato di secondo grado, ritenendo non

aversi nel fatto gli estremi di quel reato e rinviò

per nuovo giudizio alla Corte di appello di Ancona,

(1) V. le precedenti sontenze 12 maggio 1898 (Foro

it., 1898, II, 347 con nota) e 19 luglio 1899 (id., 1899, II,

505), pronunziate dalla suprema Corte nella stessa cau

sa, la prima delle quali è difforme dall'attuale, e la

seconda stabili che il fatto di cui trattasi non costi

tuisce neppure frode in commercio.

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45 GIURISPRUDENZA PENALE 46

sezione di Perugia. Questa credè ravvisarvi la

figura del delitto contemplato nell'art. 295 di detto

codice; ma neppur essa parve al supremo collegio

la vera, e dietro novello annullamento esso rinviò

all'altra sezione di Macerata, la quale, con senten

za del 15 deoembre 1899, confermò quella del tri

bunale, uniformandosi così al primo giudizio d'ap

pello pronunciato dalla Corte di Roma, che —come

s'è detto — era stato annullato in cassazione; ma

dichiarando però — in applicazione dell'art. 678

cod. proc. pen. — ridotta la pena alla sola multa

di lire 1400, stata inflitta dalla Corte di Perugia

colla mentovata sentenza, che il p. m. non aveva

impugnata.

Ora, prodottosi ricorso anche dall'ultima sen

tenza, la causa si presenta dinanzi alle sezioni uni

te con questi due mezzi:

1° Violazione degli art. 205, 206 cod. pen.,

perchè il fatto stato ritenuto non possa costituire

il delitto da tali disposizioni previsto, come già

proclamò la Corte suprema....

Con una memoria a stampa il ricorrente richia

ma e sostiene il solo primo dei cennati due mezzi

e nella sua sola prima parte.

Considerato che già questa Corte suprema col

suo secondo pronunciato del 19 luglio 1899 nel

l'attuale causa ebbe a rinvenire sulla teorica pro

fessata nel precedente del 12 maggio 1898; e men

tre in questa sua deeisione aveva ritenuto che (ivi)

«il ricorrente Marini non agisse in pregiudizio

della pubblica amministrazione, nè d'altro pubbli

co interesse, quando compì la frode e che neanche

l'opera sua, come magazziniere, vestisse carattere

di fornitura per un pubblico servizio », nella se

conda decisione invece considerò, che il magazzi

niere delle privative, per quanto appaltatore, ol

treché deve essere persona, la quale risponda a

certi requisiti di nomina e di capacità e presti

cauzione, non può contrattare coi rivenditori libe

ramente, ma è vincolato in « modo assoluto per

l'acquisto e per la vend ta ai prezzi del monopo

lio, non correndo altra alea fuor di quella che

deriva dalle avarie e dagl'infortuni ed è — in so

stanza — equiparato ad un funzionario dello Stato,

per la retribuzione che gli è assegnata a titolo di

stipendio, con l'aggio proporzionale al valore dei

generi acquistati e rivenduti; per guisa che lo

spaccio all'ingrosso è a considerarsi come una

specie di delegazione di pubblico ufficio, cui da una

parte manca — come si è detto — ogni carattere

aleatorio, proprio dell'azienda commerciale, e che

dall'altra parte costituisce in chi l'esercita, non

un vero ufficio pubblico, ma quello che suol dirsi

una persona incaricata di un pubblico servizio».

Con ciò evidentemente venne la Corte a modifica

re il suo concetto anteriore, che l'ufficio del ma

gazziniere delle privative non importasse fornitura

per un servizio pubblico; poiché, se per lo spac

cio che egli esercita, quale organo dell'amministra

zione dello Stato, egli è persona incaricata di un

pubblico servizio, se questo — in altri termini —

consiste nello spaccio stesso a lui demandato, cioè

nel fornire dei generi di privativa i pubblici ri

venditori, ciò equivale a dire che, attuando cotesto

spaccio, egli compie una fornitura per un pubblico

servizio.

Che, mantenendosi ora ferma tale massima, la

quale non ha d'uopo — tanto è intuitiva — di

maggiore illustrazione, conseguenza innegabile si

è che la frode consumata dal Marini nella qualità

e quantità del sale della sua fornitura, necessaria

al servizio pubblico, scemandone la consistenza

coll'annacquarlo in danno di tutti collettivamente

gli acquirenti, cade sotto la sanzione dell'art. 206

cod. pen., che in termini precisi prevede il caso;

conseguenza, cui non potè venire il supremo col

legio colla connata sua seconda pronuncia del lu

glio 1899, pei limiti nei quali erale stata la que

stione circoscritta dal ricorso. Nè altra disposi

zione si riscontra in tutto il codice, cui meglio

s'attagli il caso stesso.

Considerato essere inutile dopo ciò — seguire le

argomentazioni del ricorrente scritte sulla falsa

riga (e non sempre tenuta bene a posto) della de

cisione di questa Corte proferita nel 12 maggio

1898, nonché dell'altra successiva del luglio 1899,

più volte menzionate, dove, bene inteso, appaiono

contraddirsi, onde, in un caso come l'attuale di

frode la più manifesta, secondo il concetto di essa

giuridico e comune, dovrebbesi venire ad un an

nullamento senza rinvio per inesistenza di reato;

o pur dovrebbesi tutt'al più ritenerla quale semplice

contravvenzione regolamentare, ormai due volte

completamente amnistiata, illazione, la cui stessa

enormità intuitiva dispenserebbe da ogni altra con

futazione, se pur non fossero più che bastevoli le

ragioni già da questa Corte medesima ultimamente

segnalate, come si è detto, a delineare la speciale

figura criminosa dell'art. 206 del codice, rappre

sentata dal fatto accertato, così come appunto ha

ritenuto l'impugnata sentenza. Nè — da ultimo —

fa mestieri d'avvertire, a proposito d'obbietto ana

logo del ricorso, qualmente il danno ad un servi

zio pubblico sia danno alla pubblica amministra

zione, cioè alla funzione (non già al patrimonio)

dello Stato, di cui è un ramo il servizio stesso

danneggiato ....

Per questi motivi, rigetta il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 16 novembre 1900; Pres. Canonico, Est.

Natali — R:c. Barilari.

Amnifttla — Peni* captata — Incapacità — Ce§

Maxione (Cod. p6I)., art. 86).

L'amnistia fa cessare V incapacità elettorale di

pendente da una condanna penale in essa com

presa, quantunque la pena principale sia stata

in tutto od in parte espiata.

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