Udienza 14 giugno 1882; Pres. Enrico, Est. Pasini P. M. Gambara (concl. conf.) —Ric. SalviSource: Il Foro Italiano, Vol. 7, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1882), pp.351/352-353/354Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23088801 .
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351 PARTE SECONDA 352
La Corte, ecc. — Ritenuto, che dai fatti come ven
nero, in conformità delle risultanze degli atti, nar
rati nella rappresentanza del p. m., è manifesto
che il Bezzecchi, allorquando gli era consegnato dal
Panciroli il biglietto di lire 5 all' oggetto di procu
rarne la spendita mediante compenso, conosceva es
sere il medesimo falso, e perciò egli rimettendolo,
come fece, in circolazione, commise il reato previsto
dall'articolo 329 del codice penale, e non quello meno
grave di cui al successivo articolo 331 del codice
stesso ;
Che se il Panciroli aveva ricevuto per vero il bi
glietto, il quale, dopo vari tentativi da lui inutil mente praticati, mise in circolazione valendosi del
l'opera del Bezzecchi, una tale circostanza però inte
ramente a lui personale non poteva in guisa veruna
influire sulla condizione giuridica di colui, rispetto al
tioli, che lo ricusava come falso, poi con Giustino Lazzaretti, che
del pari lo rifiutava, e da ultimo con Napoleone Baracchi, che lo a
vrebbe accettato: ma alcune ore dopo però, essendosi questi accorto
della falsità del biglietto, lo restituì al Panciroli, il quale, pur
sempre persistendo nel pensiero di rimettere in circolazione il bi
glietto, chiamò in suo aiuto Giuseppe Bezzecchi, ed avvertendolo delle molte ricuse avute per la riconosciuta falsità, lo invitava tut
tavia, dietro un congruo compenso, a ritentare nuovamente lo spac cio del biglietto, procurando, onde riuscisse più facile, di farlo di
sera. Bezzecchi assunse l'incarico, e nel 18 febbraio rinnovò la prova: fortuna v<*Ile però che ciò egli praticasse presso quello stesso Sisto
Artioli, che già una volta aveva respinto il biglietto, e che anche
in questa seconda occasione, riconosciutane la falsità, ebbe a re
spingerlo. * La sezione di accusa presso la Corte d'appello di Modena, colla
sua sentenza 19 aprile p. p., giudicando sopra i fatti premessi, ri
tenne il Panciroli in sua specialità indiziato pei fatti da lui com
messi di tentata ed anche effettuata rimessa in circolazione
di biglietto falso a tenore dell'art. 331 del codice penale, e ritenne
del pari esso Panciroli ed il Bezzecchi indiziati di altro tentativo di
detto reato commesso di correità fra loro a seconda del citato ar
ticolo e del precedente 102 : e, siccome poi avvertiva che la pena
per entrambi non avrebbe potuto superare quella del carcere a ra
gione di attenuanti, rinviava la causa pel giudizio al tribunale di
Reggio Emilia. Questo, esaurito il dibattimento, in cui non insorse
veruna nuova circostanza, ebbe però a riflettere che, se non vi era
dubbio che i fatti addebitati al Panciroli non esorbitassero dalla
cerchia segnata dal notato articolo 331 del codice penale, la stessa
cosa non poteva dirsi pel Bezzecchi, il quale, sino dal momento che
aveva ricevuto il biglietto da lire 5 per procurarne la spendizione, era stato avvertito di sua falsità, e perciò l'opera sua cadesse nel
l'ambito del precedente articolo 329: di conseguenza, trattandosi di
crimine di competenza della Corte d'assise, per diversa definizione
di reato sollevò il conflitto a tenore dell'articolo 395 del codice di
procedura penale, e colla sentenza 6 giugno p. p. dichiarò la propria
incompetenza, trasmettendo gli atti a questa Corte suprema. « Certo non ò a disconoscersi che l'obbietto accampato dal tri
bunale, e che la Sezione d'accusa non ha nemmeno adombrato nella
sua sentenza, in linea di fatto sarebbe pienamente fondato: però non
è d'altra perte a disconoscersi che il pravo intendimento del Bezzecchi
non era già quello per proprio lucro di fare sciente uso di un bi
gliétto falso, ma limitavasi ad aiutare il Panciroli, sebbene dietro
compenso, nello sfuggire al danno da esso ingiustamente patito ri"
cevendo per vero quel biglietto, col rimetterlo in circolazione. L'o
pera adunque del Bezzexhi non può disgiungersi da quella del Pan
ciroli, colla quale, direbbesi quasi, s'immedesimava, essendo di questo lo stromento, la mano, infine il mandatario, e di conseguenza e l'uno
e I'altrp non possono tenersi responsabili nel fatto avvenuto che di
una scambievole correità, che rimane nei limiti del citato art. 331
del codice penale, per cui il tribunale di Reggio Emilia fu già in
vestito colla notata sentenza. »
quale essa punto non si verificava, e che ad agire
era determinato non dal pensiero di far su altri ri
cadere l'ingiusto danno da lui sofferto, ma unica
mente dal compenso statogli dal Panciroli pro
messo;
Che sia pure non possa l'opera del Bezzecchi dis
giungersi da quella del Panciroli, è però certo che,
non essendo ad entrambi comune quella circostanza,
la quale serve a rendere nei rapporti di quest'ultimo
applicabile l'articolo 331 del codice penale, deve il
fatto, per quanto al primo si riferisce, cadere sotto
il disposto dell'articolo 329 del codice stesso;
Che ciò si raccoglie pure da quanto espressamente
dispone 1' articolo 105 del codice penale, giusta il
quale le circostanze e le qualità o permanenti o ac
cidentali inerenti alla persona, per le quali o si to
glie o si diminiusce o si aggrava la pena di taluno
degli autori od agenti principali o dei complici, non
si calcolano quanto agli altri autori, agenti princi
pali o complici del reato stesso;
Che pertanto essendo il Bezzecchi stato rinviato
dalla sezione d'accusa come colpevole del reato pre
visto dall'articolo 331 c. p. anziché del reato previsto
dall'articolo 329 del codice medesimo, come per le
esposte considerazioni doveva esserlo, a buon di
ritto pronunciava il tribunale di rinvio la propria
incompetenza.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO.
Udienza 14 giugno 1882; Pres. Enrico, Est. Pasini
P. M. Gambara (conci, conf.) — Ric. Salvi.
Testimone — Giuramento—Denunciatile con Inte
resse personale — Qualità dell'interesse (Cod.
proc. pen., art. 289).
L'interesse personale nel fatto denunciato, che per
l'art. 289 procedura penale toglie al denunciante
di prestare giuramento, è non solamente un in
teresse pecuniario, ma anche un interesse morale.
Applicazione al caso di un fattore di campagna,
responsabile della conservazione dei fondi affi
dati alla sua custodia, e che denuncia un furto com
messo su fondi stessi a danno del suo padrone.
La Corte, ecc. — Attesoché, se deve dirsi erronea la
interpretazione data dal tribunale agli art. 289 e 297
del c. di p. p., sia perchè ritenne che le parti dan
neggiate, chiamate a deporre nei pubblici giudizi
non sono testimoni, e quindi non obbligato a deporre
con giuramento, come pei testimoni prescrive l'art.
289 sovracitato, sia perchè aggiunse un'eccezione non
ammessa dall'art. 289 del codice suindicato, il quale
vieta la prestazione del giuramento soltanto ai que
relanti e ai denunciati aventi un interesse personale
nel fatto, e non alle parti danneggiate, le quali, co
me qualunque altro testimonio, devono giurare prima
di fare la loro deposizione, e se perciò deve a questo
riguardo censurarsi la impugnata sentenza, tuttavia
non è il caso di pronunziare il suo annullamento,
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353 GIURISPRUDENZA PENALE 354
perché il Ricci, indicato nella lista dei testimoni, in
realtà non dovea giurare, in quanto che fosse denun
ciante, ed avesse un interesse personale nel fatto da
lui denunciato; Che invero è positivo che il Ricci, qualificandosi
fattore ed agente di campagna del conte Lupi, pre sentavasi nel 16 luglio 1881 al delegato di P. S. in
Acqui, informandolo del furto commesso nel di pre cedente ad imputata opera delle odierne ricorrenti
e chiedeva che fosse proceduto contro di esse a ter
mini di legge; ed è del pari incontroverso che il
Ricci stesso nel dì 21 luglio porgeva altra denunzia
al pretore di detta città, dichiarando altresì di que relarsi nelle preaccennate sue qualità nel nome del
conte Lupi; Ohe senza occuparsi del valore giuridico di qeust'ul
timo atto, come querela, egli è pero certo che il Ricci
con quegli atti assunse la qualità di denunciante, e
che, se pure il furto denunciato si commise, non in
danno di lui, ma del conte Lupi, ciò non vale ad e
scludere che egli avesse un interesse personale per la sua qualità d'incaricato del detto conte a vegliare
per la difesa delle proprietà fondiarie di lui, e per effetto della quale era posta a carico di esso la re
sponsabilità derivante dagli attentati che altri com
mettessè in danno del proprio mandante; mentre a
questo competeva il diritto di chiedergli conto dei
pregiudizi sofferti, quando il Ricci medesimo non po tesse giustificare d'avere usato per parte sua tutta
la diligenza nella tutela della proprietà alle sue cure
affidata; e del resto nella seconda egli dichiarava di
denunciare il furto, non tanto pel danno in sè stesso; quanto per salvaguardia avvenire, poiché dalle donne
imputate non era possibile il salvarsi, e segnata mente da una di esse, certa Borsiglia (che è la Salvi
Maddalena), essendo notoriamente conosciuta per la
più ardita fra le ladre di campagna; onde era senza
più rivelato l'interesse del Ricci a conseguire la pu nizione di quelle donne, contro la rapacità delle quali dimostrava tutto 1' interesse di difendersi a tutela
della sua responsabilità, direttamente compromessa in causa delle sottrazioni che esse commettevano a
danno del conte preaccennato. Che l'art. 289 precitato, accennando in genere al
l'interesse personale del denuncinate, allude ad un
tempo all'interesse morale, quando deriva diretta
mente dal fatto denunciato: e nella fattispecie cote sto interesse è abbastanza palese, poiché il Ricci era nella sua qualità direttamente pregiudicato nella sua
responsabilità, e quindi in modo diretto interessato
alla repressione degli attentati contro quelle pro
prietà ch'egli aveva debito di tutelare.
Che, ciò posto, il Ricci doveva e deve ritenersi
qual denunciante avente interesse personale nel fatto
denunziato, e non poteva essere, come non fu, sen
tito con giuramento.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO.. Udienza 22 maggio 1882; Pres. Crispo-Floran, Est.
La Manna, P. M. Caruso (conci, conf.) - Ric. D'Al
camo ed altri.
Sciopero — Estremi — Operai retribuiti a lavoro
— Jlagrionevole causa (Cod. pen., art. 386).
L'essere gli operai retribuitici merito di lavoro, an
ziché a mercede fissa, non esclude la possibilità del reato di sciopero previsto dall' articolo 386
cod. pen. La legge non determina nè limita i fatti nei quali
consiste quella ragionevole causa, il cui concorso
esclude, giusta il citato articolo il reato di scio
pero; e quindi la sua sussistenza dev'essere esa
minata dal giudice senza limitazione alcuna, ed
in rapporto alla specialità dei casi ed alle con
dizioni economiche di tempo e di luogo. Laonde erra, e dev'essere annullata la sentenza che
escluda la causa ragionatole dello sciopero nel
falso presupposto che sia limitata al caso di un
concerto dei capi d'arte tendente a ribassare in
giustamente i salari degli operai.
La Corte, ecc. — (Omissis) — Il secondo mezzo af
ferma la violazione dall' articolo 323 n. 3 del codice
di proc. pen. perchè la Corte di appello omise di mo
tivare sulla importante quistione, sollevatasi avanti
la stessa, quella cioè se, trattandosi di operai liberi, retribuiti a merito, e non a mercede fissa, possa es
sere loro addebitato il carico di sospensione di lavori, cui la legge mira a reprimere. Il terzo mezzo assume
la violazione e falsa applicazione dell'articolo 386 del
codice penale, perchè la ragionevole causa, il cui con
corso esclude il reato preveduto in questo articolo, si
fece consistere dalla Corte di appello nella reazione
degli operai ad un concerto dei capi-d'arte per dimi
nuire la mercede, limitandosi così arbitrariamente
il concetto della legge, che appunto non ha determi
nato qual fosse questa ragionevole causa per lasciarla
al prudente apprezzamento dei giudici. In quanto alle prima parte, manifestamente non,
regge la critica proposta. L' essere operaio retribuito
a merito di lavoro, anziché a mercede fissa, non to
glie l'applicabilità dell'ipotesi preveduta nel connato
articolo 386 del codice penale. Neil' uno e nell' altro
caso si ha in veduta, la fissazione di una mercede, co.
munque indiverso modo retribuita. Neil'uno e nell'altro
caso può intorno a quella mercede accadere il frau
dolento concerto degli operai, che, per elevarla a loro
talento, convengono di sospendere, impedire, o rin
carare i lavori; e sol che questo concerto abbia un
principio di esecuzione, pel quale la frode si attui ed il
corso regolare ed economico dei lavori s'interrompa, il danno della sociale convivenza e dell'industria, il
reato sta, e dev'essere, a norma della indicata dispo sizione della legge, punito.
Occorre piuttosto immorare alquanto sulla seconda
parte, che la limitazione fatta al concorso di una
causa ragionevole censura.
Il Foro Italiano. — Volume Vri. - Panie II, — 8
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