Udienza 2 giugno 1877, Pres. Poggi P., Est. Coppi, P. M. Miraglia —Ric. Pietro Chiarini (Avv.Luigi Callaini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 2, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1877), pp.399/400-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23080897 .
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399 PARTE SECONDA 400
per un principio psicologico, che l'amore di madre ha
una forza potentissima, che non può essere superato
che dal pericolo di gravissimi danni, com'è quello di
veder rovinato il proprio onore, o di temute gravi seyi
zie, o della perdita della propria vita. Egli è perciò
che reputasi infanticidio scusato quello commesso dalla
madre sulla propria prole illegittima, essendo questo
fatto la base ed il fondamento della scusa.
Per le quali considerazioni, se non sussistono gli ap
punti fatti contro le questioni proposte ai giurati, è de
gna di censura la sentenza della Corte d'assise in quanto
all'applicazione della pena, non avendo tenuto conto
della circostanza scusante dell'illegittimità dell'infante
ucciso, per cui' doveva essere la pena ordinaria, di cui nel
l'art. 531, diminuita da uno a 3 gradi giusta l'art. 532.
Perlochè dev'essere annullata, come s'annulla l'impu
gnata sentenza in quanto all'applicazione della pena col
rinvio ad altra Corte d'assise acciocché in base al ver
detto dei giurati devenga a nuova applicazione di pena.
Per questi motivi, la Corte, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.
Udienza del 23 aprile 1877, Pres. Pironti P., Est. Na
rici — Conflitto nella causa Eomano.
Pastore stipendiato — Sottrazione «li animali — Furto
qualificato — Appropriazione indebita (Cod. pen., ar
ticolo 607, n° 1 e 2).
La sottrazione commessa dal pastore stipendiato, di al
cuni tra gli animali affidatigli, è furto qualificato e non appropriazione indébita (1).
La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che l'imputato
Donato Romano di furto qualificato per la persona,
avendo sottratto dieci pecore dal gregge di Giuseppe
Canoellara, a lui affidato come pastore a stipendio fisso,
la sezione di accusa in Potenza avesse qualificato il fatto
d'indebita appropriazione, e rinviatane la cognizione al
correzionale, dacché lo imputato avesse abusato di ani
mali con speciale incarico a lui affidati.
Che il tribunale di Melfi non pertanto in esito del di battimento vi avesse invece ravvisato furto qualificato,
e disposto il rinvio degli atti a questo Supremo Collegio
per là, soluzione della questione in linea di conflitto, avendo il tribunale rilevato, come difettasse nella specie la fiducia volontaria e disinteressata, la quale differen
zia la indebita appropriazione dal furto.
Osserva nel diritto, che non possa cader dubbio sulla
inesattezza della definizione attribuita al fatto dalla
sezione di accusa; di vero, chi affida altrui robe, danaro
od altri effetti per farne un uso od impiego determinato,
agisce spontaneamente et nulla necessitate coactus, e lo
abuso che il depositario faccia di tale fiducia, forse leg
germente collocata, bene è dalla legge qualificato inde
bita appropriazione, e punito come delitto.
Che tutt'altro sia per lo contrario il dolo informante
la sottrazione commessa dal servo salariato in danno
del padrone, o dal vetturale o barcaiuolo sulle cose loro
affidate in detta qualità ; conciossiachè in siffatti casi necessaria sia la fiducia, che il padrone ha nel servo, il
passeggiero nel vetturale, e costoro sottraendo le cose
ai medesimi affidate col valersi appunto della qualità, che rende necessaria la fiducia, commettono più grave
reato, qual è il furto qualificato per la persona, giusta i numeri 1 e 3 dell'articolo 607 del Codice penale.
Per tali motivi, ecc.
(1) Conf. ved. Cass. Torino 9 aprile 1858, ric. Pinna, nel Bettini, 1858, parte I, pag. 460, cit. dal Ferrarotti, fra tante altre analoghe, al n. 72 del suo commento al Codice penale sardo, all'art. 607. Sulle
differenze tra il furto qualificato e l'appropriazione indebita, ved. pure le annotazioni dell'egregio avvocato Gei, in nota alla sentenza della
Cass. di Firenze, 22 novembre 1876, ric. Ferro, nel Foro ital., anno
corr., II, col. 300 e seguenti.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE.
Udienza 2 giugno 1877, Pres. Poggi P., Est. Coppi;, P. M. Miraglia — Eie. Pietro Chiarini (Avv. Luigi
Callaini).
Pena—Pitt reati — Appello — Reato unico— Limiti — 'Fruirà — l>ebito — Dichiarazione — Dilazione — Rinunzia — Agente forestale (Cod. proc. pen., art. 419; Cod. pen. tose., art. 396, 399).
Non può dirsi aumentata la pena, con violazione dell'ar
ticolo 419 del Cod. di proc. pen., quando la Corte di
appello, contraddicendo l'apprezzamento del tribunale, che i fatti imputati non costituiscano un solo ma più
reati, applichi una pena maggiore di quella già appli cata per alcuno dì questi, mainferiore alla somma della
penalità per ambedue.
L'accettazione della dichiarazione di debito e la conces sione di una dilazione al pagamento, fatta all'ammi nistrazione forestale da un suo agente, il quale si
appropriò indébitamente somme riscosse a nome della
medesima, non sono di impedimento a che, spirato in
fruttuosamente il termine stabilito, possa promuovere azione penale onde mediante la medesima essere risar
cita del danno (1).
(1) L'art. 7 del Cod. di procedura dispone, che nei casi in cui l'a zione penale non può esercitarsi che ad istanza della parte offesa,
questa non può, dopo scelta l'azione civile, avanti il giudice com
petente, promuovere il giudizio penale, perocché, come si spiegano
gli interpreti, alla L. 22, Cod. de furtis, in concur su actionum al
ternativo, si actio semel in iudicium sit deducta, statim submovetur
altera. Nello stesso concetto la dottrina e la giurisprudenza hanno sta
bilito, che sia impedito l'esercizio dell'azione penale quando la parte lesa abbia transatto col suo avversario sull'interesse civile risul
tante dal reato : in difetto di una disposizione espressa di legge, dice il Cons. Saluto, all'art. 7, § 102, qui deve applicarsi il principio della L, 90, D. de reg. iuris, che in omnibus quidem, maxime tamen
in iure, aequitas spectanda est ; perocché chi ha transatto deve
considerarsi come impegnato, nello stesso modo che se si fosse in
terdetto espressamente il diritto di portare querela, salvo che nel
l'atto relativo non sia stata fatta qualche riserva.
Ma dopo che la legge ha parlato di rinunzia all'azione penale col
ricorso alla civile e dopo che la dottrina e la giurisprudenza hanno
creduto doversi dare lo stesso effetto alla transazione tra l'offensore
e la parte lesa, niun principio di diritto ci autorizza a trarre il con
cetto di una rinunzia dalla condiscendenza c longanimità di questa,
quando cioè prima di promuovere l'azione penale tenti la via della
conciliazione per essere risarcita del danno.
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401 GIURISPRUDENZA PENALE 402
La Corte, ecc. — Attesoché non ha fondamento il
mezzo, cui innanzitutto accenna il ricorso, quando deduce che fu violato l'articolo 419 del Codice di pro
cedura penale: se la sentenza denunziata riformò nella
parte penale quella di primo grado che aveva ricono
sciuto nei fatti ritenuti il concorso dei due reati di
frode e di truffa rispettivamente, applicando pel primo
la pena di mesi 19 di carcere, e pel secondo quella di
quattro mesi, e se dichiarò invece che tutti quei fatti
costituivano un medesimo delitto di truffa continuata
pel quale ridusse in complesso la pena di 20 mesi di
carcere, non per questo venne ad aumentare, sull'ap
pello del solo condannato, la pena già inflitta; impe
rocché non escluse mica la sussistenza di quei fatti che
come frodi erano stati qualificati, ma solo dette loro,
come ne aveva facoltà, una diversa intitolazione giuri
dica. Non era dunque il caso di dovere scomputare asso
lutamente dal coacervato della pena decretata dalla
sentenza di primo grado quella quantità distintamente
assegnata alla frode, ma di convertirla in accresci
mento di quella della truffa che compariva un reato di
maggior importanza, e facendo questa conversione, ben
lungi dal portare un indebito aumento della condanna
dell'appellante, lo ammise anzi entro i limiti legali a
risentire il benefizio della sensibile diminuzione di tre mesi di pena.
Attesoché la dichiarazione di debito rilasciata nel 10
luglio 1875 dall'oggi ricorrente Pietro Chiarini in pre senza del proprio figlio Giovanni (che concorse anche a
sottoscriverla) in calce della dimostrazione del di lui
dare verso la regia amministrazione forestale non aveva
pregio di immutare l'originario titolo del debito stesso,
né importava renunzia all'azione penale con la quale
poteva sempre esigersene la soddisfazione. Male si pre
tenderebbe di ravvisarvi i caratteri di una novazione
per la quale tutto si riducesse ad una semplice inesecu
zione di contratto da impedire l'applicazione dell'arti
colo 396 del Codice penale toscano che dà la nozione del
reato di truffa. Quella confessione di debito, tuttoché
fatta con l'intervento del figlio, e contenente riserva di
far valere i titoli di credito vantati dal confitente verso
l'amministrazione forestale, non ebbe altro oggetto se
non di procurare a questa un mezzo spedito di prova
dell'avvenuta inversione delle somme riscosse e non pa
gate, e di accordare al debitore una dilazione a ver
sarle, durante la quale il confitente pregava a sospen
dere qualunque denunzia alle autorità civile e penale
delle riscossioni indebitamente fatte e indebitamente
ritenute, ma non pregiudicava l'esercizio delle riservate
azioni e competenti, dopo lo spirare della dilazione inu
tilmente trascorsa, né più specialmente di quella pe
nale alla quale, trascurata affatto quella civile, si pre
scelse di ricorrere. Ora la dilazione concessa, e la con
secutiva sospensione di qualunque procedimento non
hanno efficacia di sostituire il contratto al delitto e
neppure induce novazione del titolo primitivo l'adie
zione di una garanzia (L. 5. ff De precario e L. ultima
Cod. De novationìbus et delegationibus), e però nella
specie non era permesso di accogliere il concetto che
l'amministrazione forestale, accettando, a diverso ef
fetto, quella dichiarazione di debito, avesse receduto
dall'azione penale della quale mostrava anzi di preser varsi l'esperimento, giusta la regola. Non aliter ft no
vatio quarn si novare se diserte contrahentes expresserint,
alioquin manet pristina óbligatio ; Attesoché non mancava nel caso la formale querela
della parte lesa necessaria ad instaurare il procedi mento per truffa semplice ai termini dell'art. 399 del Co
dice penale toscano, dappoiché una vera e propria que
rela, e non una mera denunzia si trovava nella nota del 26
aprile 1876 dell'ispezione forestale di Massa Marittima, debitamente a ciò autorizzata dal regio Ministero di
agricoltura da cui rileva, trasmessa coll'esposizione dei
fatti relativi al tribunale di Grosseto, e nelle forme le
gali ratificate poi avanti il giudice istruttore ; onde era
inopportuno allegare la violazione degli art. 10 e 397
del Codice suddetto e 105 di quello di procedura penale. Omissis — Per questi motivi rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO.
Udienza 19 luglio 1877, Pres. D'Agliano P., Est. Bu
niva, P. M. Nock S. P. G. — Ric. Ceffa Antonio
Francesco (Conci, conf.).
Pena — Attenuanti — Recidiva (C. P., art. 597, n. 2, 599, 526,107,122,84,864).
Il benefizio delle circostanze attenuanti devesi sempre applicare dopo il calcolo della pena da infliggersi, se condo il risultato complessivo del procedimento, e rite nute tutte le circostanze del medesimo, non esclusa la
aggravante della recidiva da crimine a crimine (1).
La Corte, ecc. — Attesoché Antonio Ceffa fu dichia
rato colpevole di grassazione mancata accompagnata da omicidio mancato, e che concorse a suo carico la ag
gravante della recidività in materia criminale, ma che
gli venne concesso il benefizio delle circostanze atte
nuanti.
Considerando che dal combinato disposto degli articoli
497, n. 2, 499, 526, 107, 192, 84, 864, Cod. penale, ri sulta che la pena da infliggersi al ricorrente era quella
dei lavori forzati a vita: ma che per le concessegli cir
costanze attenuanti doveva diminuirsi di un grado. Considerando che la Corte d'assise non fece questa
diminuzione pel seguente motivo:
Se pel concesso benefizio delle circostanze attenuanti si
potrebbe discendere d'un grado nélVapplicazione della
pena a termini délVarticolo 684 Cod. pen., la pena stessa
va aumentata di un grado pel concorso a carico del Ceffa
della recidività da crimine a crimine, e ciò in base al
(1) E nel concorso di più reati la Cass. di Roma nella sentenza
27 marzo 1877, ric. proc. gen. del Re di Bologna c. Angelo Fantini, ha pure stabilito che la diminuzione di pena che importa l'ammis
sione delle circostanze attenuanti deve calcolarsi in riguardo a cia
scun reato separatamente, e non dopo fatto il cumulo dei reati e
delle penalità relative complessivamente (Foro Hai. 1877, II, 217),
li. Foro Italiano. — Volume II. - Parte II. — 32,
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