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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 28 maggio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubaldini, P....

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Udienza 28 maggio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubaldini, P. M. Miraglia —Ric. Fedi Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 271/272-273/274 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084785 . Accessed: 17/06/2014 13:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.185 on Tue, 17 Jun 2014 13:30:31 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 28 maggio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubaldini, P. M. Miraglia —Ric. FediSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.271/272-273/274Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084785 .

Accessed: 17/06/2014 13:30

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271 PARTE SECONDA 272

Se il Tribunale, in tema di ferita volontaria, am

messa la scusa di provocazione, abbia determinato

una pena che includa il reato nell'amnistia, am

messibile è lo appello del procuratore generale col

quale sostengasi non dovuta la scusa.

La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che imputato Emiddio' Marino, maggiore degli anni 18 e minore

de' 21, di volontario ferimento commesso con arma da

fuoco e produttivo del permanente debilitamento di un

organo in persona di Antonio Vagliante, il Tribunale

avesse ritenuto competergli la scusa della provoca

zione, e però determinando la pena infra sei mesi di

carcere, lo avesse dichiarato compreso nell'amnistia

del 19 gennaio 1878; Che di tale sentenza si fosse gravato il procuratore

generale presso la Corte di appello, per essersi inde

bitamente conceduta allo imputato la scusa di provo

cazione; però il collegio avesse dichiarato inammes

sibile il gravame, dacché il pronunziato de'primi giudici, mercè l'applicazione dell' amnistia fosse divenuto un

giudicato; e dacché la facoltà data dallo articolo 399,

n. 2, proc. pen., al- procuratore generale non trovasse

esplicamento nella specie, trattandosi dello apprezza mento di fatto intorno alla esistenza della provocazione.

Osserva nel diritto, che il primo assunto della Corte

sulla efficienza dell'amnistia, il quale è vero quando il

reato pel suo titolo originario vi sia certamente com

preso, non possa ritenersi esatto liella ipotesi contraria, in cui il magistrato si convinca di rientrare lo stesso

nei limiti dell'amnistia, soltanto al seguito del processo

logico instituito sulla esistenza del reato, sulle moda

lità che ne possono aumentare o scemare la quantità naturale e politica, e sulla durata della pena di che

sarebbe suscettivo; Che in effetti così aveva proceduto il Tribunale,

quando ritenuto meritevole lo imputato della scusa di

provocazione e determinata a due gradi la diminuzione

per detta cagione della pena normale, oltre quella do

vutagli per l'età minore, avea veduto essere applica bile il carcere di sei mesi ; però se la sentenza era dal

procurator generale deferita al riesame della Corte di

appello in una delle parti sostanziali, d'onde erasi de

rivata l'applicabilità dell'amnistia, vai dire la sussi

stenza della provocazione, arbitrariamente la Corte

intralasciava siffatta disamina, e ravvisava un preteso

giudicato nella dichiarazione intorno all'amnistia; Che più grave sia l'aberrazione racchiusa nel secondo

assunto ; perciocché la Corte negando al procurator ge nerale il diritto d'impugnare la sentenza de' primi

giudici, sol perchè avessero costoro, rispetto alla pro

vocazione, risoluto una quistione di fatto, supinamente confuse il giudice di seconda istanza con la Corte di

cassazione ; Per tali motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 28 maggio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubal

dini, P. M. Miraglia — Ric. Fedi.

i3&ìl>a(tii»c»to — Citazione diretta — Buforiiiazioiii

[trelits:iiiari — Facoltà «lei procurator» »1«"1 SS«

(Cod. proc. pen., art. 371 e 43).

La citazione diretta dell' imputato è regolarmente

chiesta anche quando il pretore, non già per dele

gazione del giudice istruttore pretore, ma per in

carico del procuratore del Re abbia ricevuto la ra

tifica del referto medico constatante il materiale

del reato.

La Corto, ecc. — Attesoché il ricorrente condannato

per lesione personale a sei mesi di carcere, pena ri

dotta a un solo mese di carcere dalla sentenza denun

ciata, abbia a questa principalmente rimproverato la

violazione degli art. 43 e 56 Cod. di proc. pen. per avere ritenuto regolarmente richiesta nella specie in

esame la citazione diretta di che nell'art. 371 del Cod.

predetto, nonostante che il pretore, di commissione del

procuratore del Re, fosse devenuto ad atti istruttori,

facendosi così luogo ad una insanabile nullità di pro

cedimento;

Attesoché ad escludere la pretesa violazione bastano

le considerazioni della denunziata sentenza la quale ri

tenne :

Che il procuratore del Re eccitato dalla querela pre sentata dall'offeso Lorenzo Targioni, usando del potere discrezionale che nei reati correzionali gli accorda la

legge prima che siano intrapresi atti di formale istru

zione scritta, promuoveva l'azione penale contro Luigi

Fedi, ora ricorrente, per lesione improvvisa grave, colla

forma della citazione diretta in coerenza al predetto art. 371 ;

Che per preparare l'esercizio dell'azione penale con

codesta forme, il procuratore del Re aveva facoltà di

assumere direttamente, o per mezzo degli ufficiali di

polizia giudiziaria suoi ausiliari e dipendenti, le infor

mazioni preliminari occorrenti sulla prova generica e

specifica, art. 43, 56 della detta procedura; Che il pretore delegato dal procuratore del Re as

sunse di fatto le informazioni preliminari come ufficiale

di polizia giudiziaria, e non già come magistrato in

caricato della formale istruzione, che non venne mai

nella causa iniziata, e trattandosi di reato che aveva

lasciato traccie permanenti aveva facoltà di procedere

agli atti necessari per accertarle, e così al verbale di

perizia medica della lesione (art. 56, 63 e 71 della

stessa procedura);

Che conseguentemente il pretore non aveva com

messo, come sostenevasi, nullità od eccesso di potere, avendo ricevuto dal medico la ratifica del di lui re

ferto e le spiegazioni e giudizio definitivo sulla natura

della lesione;

Attesoché queste considerazioni che stabiliscono ret

tamente il criterio, e fanno comprendere la differenza,

che, all'effetto di cui sopra, passa tra gli atti di istrut

toria regolare, e quelli di preliminare verificazione, di

mostrano anco la insussistenza del secondo mezzo, che

si compenetra in sostanza col primo e col quale viene

dedotta la violazione dell'art. 371 summentovato. Tale

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GIURISPRUDENZA PENALE

violazione, sarebbe stata incorsa se il pretore avesse,

come pretenderebbesi, agito per delegazione del giu

dice istruttore, perchè in questo, caso sarebbe già stata

iniziata una procedura formale non consenziente altri

menti la forma della citazione diretta; ma siccome

questo non fu, così colla citazione diretta erano pie namente compatibili gli atti contro i quali inopportu

namente ha creduto d'insorgere il ricorrente;

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 5 luglio 1879, Pres. Poggi, Est. Ferrari, P.

Trecci (Conci, conf.) — Ric. Meoni.

Ferrovie — Etestiame — liilrniluzione sui liiiiarì —

itipari iusiifiicicnii — l>j;li|,'ciu» «li-I custoile (Re

golamento sulla polizia delle strade l'errate, art. 20;

Cod. proc. pen., art. 2).

La colpa dell' amministrazione delle ferrovie risul

tante dalla insufficienza dei ripari non può scusare

il custode del bestiame che siasi introdotto Sui bi

nari, se non nel solo caso che egli avesse usato

tutti i mezzi per evitare un simile evento.

Tale colpa dell' amministrazione non può mai com

pensarsi con quella del guardiano allo scopo di eli

minare la responsabilità penale di costui.

La Corte, ecc. (Omissis). — Considerando che non

regge meglio il motivo terzo. Imperocché la colpa del

l'amministrazione delle ferrovie, che risultasse dalla

insufficienza dei ripari, potrebbe secondo i casi scusare

ed anche eliminare quella del guardiano del bestiame,

quando si provasse che questi avesse adoperato da

parte sua tutti i mezzi per impedire che questo pene

trasse nel piano stradale; ma non può uè eliminare nè

scusare quella derivante dal difetto di sorveglianza e

di diligenza dello stesso guardiano; in questo caso la

conseguenza sarebbe quella che l'uno e l'altra doves

sero rispondere della colpa propria e subirne rispet

tivamente le conseguenze. Non ha poi d'uopo di essere

dimostrato come fra una colpa e l'altra non possa es

servi compensazione, e perchè essendo la pena pecu

niaria e devoluta al pubblico erario mancano que'rap

porti fra le parti indipendentemente dalla esistenza

dei quali non può ammettersi compensazione, e perchè

principalmente essendo le prescrizioni del regolamento

pér la polizia delle strade ferrate di ordine pubblico

non ne può essere impedita la esecuzione dal fatto dei

privati;

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE.

Udienza del 1° settembre 1879, Pres. Poggi, Est. Menti

liBaldini, P. M. Mikaglia — Ric. Fontebuoni.

Agiscilo — ^Sentenza «lei Tribunale — €on«hisioni

conformi «lei procuratore ilei Hie — Appello «lei

procuratore generale (Cod. proc. pen., art. 399).

Oltraggio — Ftiitxioiìario ptilililico — Attualità «Ivi

I'uni«i» (Cod. peri, tose., art. 369).

Il procuratore generale presso la Corte d'appello può

produrre appello dalla sentenza del Tribunale,

anche se resa sovra le conformi conclusioni del

pubblico ministero presso lo stesso Tribunale. (1)

Le ingiurie pronunziate contro unpubblico ufp.zia.leper

relazione alle sue funzioni sono sempre qualificate

a norma dell'art. 369 Cod. pen. toscano (art. 260

del Cod.pen. sardo) ancorché Vuffiziale, al momento

in cui le riceve, abbia cessato dall'ufficio. (2)

La Corte, ecc. — Considerando che non ostava

al procuratore generale per potere interporre appello,

l'essere stata la sentenza di primo grado conforme alle

conclusioni spiegate dal procuratore del re, essendo

notissimo in giurisprudenza che la facoltà di appellare

contro le sentenze dei tribunali correzionali accordata

al pubblico ministero presso la Corte che deve cono

scere dell'appello non è vincolata dalle conclusioni del

pubblico ministero presso il Tribunale, date all'udienza,

anco se conformi alla sentenza appellata;

Considerando che sotto diversi aspetti costituenti

altrettanti mezzi di ricorso, si censuri la denunziata

sentenza per violazione dell'art. 369 del cod. pen. to

scano, e precipuamente perchè avrebbe errato ritenendo

qualificate le ingiurie dirette al comm. Peruzzi, tutta

voltachè egli più non rivestiva la qualità di sindaco di

Firenze. Ma questo mezzo è pienamente combattuto

dalle dichiarazioni della predetta sentenza; imperocché,

avendo essa dichiarato incensurabilmente che il Peruzzi

fu ingiuriato in detta qualità, incontentabile era l'ap

plicazione di quell'articolo che prescrive un aumento

di pena se il delitto d'ingiurie fu commesso contro un

pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, o per

relazione alle medesime;

Nè poteva derivare ragione di dubbio dalla circo

stanza delia attualità, cioè dal non essere il Peruzzi,

quando fu offeso, più sindaco, per cui la ingiuria, quan

tunque contemplatione officii, gli sarebbe stata per

altro inferita post depositum ofpcium: dileguasi infatti

agevolmente il dubbio, quando si rifletta che intendi

(1) Giurisprudenza costante. -

(2) Conformemente decise, di fronte all'art. 258 del cod. pen. sardo, la Cassazione di Napoli con la sentenza 7 dicembre 1868 (Annali, 1868,

pag. 254; Mon. trib., Milano, 1868, pag. 533) osservando che « se la

speciale sanzione della legge è diretta a sostenere e garentire il prin

cipio di autorità, è chiaro che basta che l'oltraggio sia fatto ad oc

casione delle funzioni pubbliche, e non è necessario che nel tempo in

cui l'oltraggio avviene, l'offeso occupi quel posto; l'oltraggio riguar dando il passato si calcola sulle condizioni del tempo passato, e sa

rebbe ingiusto abbandonare alle passioni ed alle intemperanze dei

malcontenti il funzionario che ha cessato dalle sue funzioni ».

Ma in contrario senso si pronunziò la Cassazione di Torino con la

sentenza 3 febbraio 1876 (Foro il., 1876, col. 79), la quale però fu

censurata dall'avv. Sighele in un articolo pubblicato nel Giorn. dei

trib. di Milano, 1876, n. 73, pag. 292, nel quale è opportunamente ri

cordato che nello stesso senso deciso dalle Cassazioni di Napoli, ed

ora anche da quella di Firenze, la questione trovasi testualmente ri

soluta nell'art. 213 del progetto di cod. pen. italiano approvato dal

Senato. Nel senso poi della Cassazione di Torino può vedersi una nota

della Rivista pen., vol. IV, pag. 229.

Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte 11. — 20.

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