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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || adunanza generale; parere 19 febbraio 1987, n. 7;...

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adunanza generale; parere 19 febbraio 1987, n. 7; Pres. Crisci; Pres. cons. ministri Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988), pp. 21/22-41/42 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179267 . Accessed: 25/06/2014 04:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Wed, 25 Jun 2014 04:36:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || adunanza generale; parere 19 febbraio 1987, n. 7; Pres. Crisci; Pres. cons. ministri

adunanza generale; parere 19 febbraio 1987, n. 7; Pres. Crisci; Pres. cons. ministriSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 21/22-41/42Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179267 .

Accessed: 25/06/2014 04:36

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — Con l'unico motivo di gravame l'amministrazione

lamenta l'erronea applicazione da parte dei primi giudici dell'art.

18 d.p.r. 25 giugno 1983 n. 346 e dell'art. 6 1. 29 marzo 1983 n. 93.

In particolare, essa deduce che la citata norma non detta speci fiche modalità per l'istituzione presso la presidenza del consiglio dei ministri-dipartimento per la funzione pubblica di una com

missione paritetica «per l'identificazione delle qualifiche funzio

nali e dei diversi profili professionali in relazione all'organizzazione del lavoro nella specifica realtà dei diversi enti, al fine della omo

geneizzazione e della trasparenza delle posizioni giuridico fun

zionali». Ne consegue, quindi, secondo l'assunto dell'amministrazione

appellante, che la mancata indicazione di apposite determinazioni

al riguardo va interpretata nel senso che il legislatore ha inteso

rimettere alla esclusiva discrezionalità dell'amministrazione la scelta

dei rappresentatiti della componente sindacale da inserire nella

commissione di cui al citato art. 18.

Pertanto, il T.A.R. sarebbe caduto in un duplice errore nella

interpretazione della disciplina di cui si discute; a) di fatto, aven

do ritenuto che la Confedir sia da annoverare tra le associazioni

che hanno sottoscritto l'ipotesi di accordo relativo al rapporto di impiego del personale degli enti pubblici; b) di diritto, avendo

inteso stabilire una rispondenza speculare tra associazioni che han

no partecipato alle trattative per la formazione della suddetta ipo tesi di accordo e rappresentanti della stessa da inserire nella

predetta commissione.

Il collegio osserva che, pur se con diversa motivazione, la pro nunzia di primo grado deve essere confermata.

Al riguardo va rilevato che la doglianza formulata in prime

cure dall'attuale appellata aveva un contenuto più ampio ed arti

colato di quello ritenuto dai primi giudici, dal momento che l'o

perato dell'amministrazione era stato censurato anzitutto sotto

il profilo della mancanza di qualsiasi criterio nella individuazione

dei componenti della commissione stessa.

Sotto tale profilo, la doglianza è senz'altro da condividere. L'as

senza di qualsiasi specificazione al riguardo da parte dell'ammi

nistrazione non consente invero di comprendere in base a quali

orientamenti di massima e secondo quali parametri di rappresen tatività siano stati scelti i componenti del predetto organo collegiale.

Mentre, infatti, è possibile intuire, in mancanza di una loro

corretta esplicazione, i motivi che hanno indotto a prevedere tra

tali componenti i rappresentanti della Cgil, Cisl, Uil, attesa la

larga rappresentatività delle suddette associazioni sia sull'intero

territorio nazionale, sia in quasi tutti i settori del pubblico impie

go, del tutto prive di adeguata motivazione risultano invece le

restanti scelte sulla base delle quali si è pervenuti all'inserimento

dei soli rappresentanti della Cida - Fendep, della Cisal, della Cgil

ricerca, della Uil ricerca e della Cisl ricerca.

Le svolte considerazioni dimostrano cioè che sussiste la lesione

dell'interesse sostanziale dell'attuale appellata, lesione che non può

essere certo individuata nel mancato inserimento di propri rap

presentanti tra i componenti del predetto organo collegiale, bensì

nell'uso illegittimo da parte dell'autorità amministrativa del pote

re discrezionale in proposito riconosciutole dalla normativa più

volte richiamata.

Con riferimento all'esercizio di tale potere discrezionale non

può essere infatti disconosciuta l'esistenza di un interesse qualifi

cato di ognuna delle organizzazioni sindacali che avevano parte

cipato alla trattativa di vedere esplicitati i criteri di scelta adottati

nella composizione della commissione, in modo da poter verifica

re se i suddetti criteri risultavano correttamente ispirati al para

metro costituzionale della imparzialità e del buon andamento.

L'appello della presidenza del consiglio va, pertanto, rigettato.

matematici, ovvero di altra natura, a seconda del fatto che si voglia privi

legiare, oppure no, una filosofia democratico-pluralista della partecipa zione sindacale (e economico-corporativa) alla funzione amministrativa.

Per ulteriori riferimenti a questo proposito, cfr., orientativamente, Cons.

Stato, sez. VI, 31 marzo 1987, n. 223, Foro amm., 1987, 552, ove si

propone un ordine di considerazioni del tutto analogo a quello della deci

sione che si riporta, pur privilegiandosi expressis verbis il criterio organiz

zatorio del pluralismo partecipativo (il quale è, in primo luogo, un

fondamentale principio costituzionale), in luogo del criterio puramente

matematico [R. Ferrara]

Il Foro Italiano — 1988.

CONSIGLIO DI STATO; adunanza generale; parere 19 febbraio

1987, n. 7; Pres. Crisci; Pres. cons, ministri.

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici — Rapporti con

i cittadini — Disegno di legge — Parere del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole, con suggeri mento di taluni perfezionamenti, sul disegno di legge per l'e

manazione di norme dirette a migliorare i rapporti tra cittadini

e pubblica amministrazione nello svolgimento dell'attività am

ministrativa. (1)

(1) Il disegno di legge deriva dai lavori della commissione presieduta dal prof. Giannini, costituita presso la presidenza del consiglio dei mini

stri nel quadro degli studi per le riforme istituzionali, e, più precisamen te, dalla sottocommissione diretta dal prof. Nigro: per indicazioni in

proposito, Franchini, La relazione governativa sulla delegificazione e sulla modernizzazione delle istituzioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1985, 304; e, meno immediatamente, trae origine dal c.d. Rapporto (Giannini) sui principali problemi dell'amministrazione dello Stato, in Foro it., 1979, V, 289, riportato anche in Riv. trim. dir. pubbl., 1982, 722, con una ricca documentazione.

Sullo sfondo vi è il grave e tradizionale problema sulla opportunità di procedere, se non proprio ad una codificazione del diritto amministra

tivo, del tutto improponibile in un'epoca nella quale essa è in crisi perfi no in diritto privato (Irti, L'età della decodificazione2, 1986), almeno ad una disciplina generale dell'attività e del procedimento amministrati

vo; orientativamente, anche in relazione ad una risalente elaborazione

dottrinale, e ai vari e infruttuosi progetti e tentativi normativi, v. gli Atti del convegno su L'azione amministrativa tra garanzia ed efficienza, pub blicati dal Formez nel 1981; e, in particolare, sui dubbi circa l'opportuni tà di una legge che cristallizzi le regole del procedimento amministrativo,

soprattutto gli interventi di Giannini e di Sandulli, il quale, conferman

doli, peraltro riafferma l'esigenza di interventi legislativi «. . . in ordine alle garanzie da offrire ai soggetti coinvolti nei procedimenti, e in parti colare in quelli destinati a incidere su loro diritti» (Manuale", 626, nota

93a): è soprattutto a tale esigenza che sembra ispirarsi il disegno di legge che viene di seguito riportato.

* * *

Il 19 novembre il presidente del consiglio dei ministri ha presentato il disegno di legge (camera X-1913) «Nuove norme in materia di procedi mento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrati vi» (che di seguito riproduciamo), avvertendo che sul provvedimento si è pronunciato favorevolmente in Consiglio di Stato nella seduta del 19

febbraio in adunanza generale, suggerendo taluni perfezionamenti recepi ti integralmente nel nuovo testo.

Nella relazione al d.d.l., tra l'altro, si legge che: «Conformemente agli obiettivi indicati in materia negli indirizzi programmatici del governo e sulla base dei lavori della sottocommissione di studio presieduta dal prof. Mario Nigro, operante nell'ambito della commissione per la delegifica zione e per la semplificazione dei rapporti fra Stato e cittadini, costituita

presso la presidenza del consiglio dei ministri, è stato predisposto il pre sente disegno di legge che, in vista della duplice finalità di 'democratizza zione' e di 'semplificazione' del procedimento amministrativo, intende

soddisfare due esigenze particolarmente avvertite: quella della partecipa zione dei cittadini all'azione amministrativa fin dalla base della sua impo stazione e quella dell'accesso dei cittadini medesimi agli atti dei pubblici

poteri. Il disegno di legge non ha la pretesa di esaurire in ogni profilo tali

esigenze ma mira ad affrontare, intanto, i punti di maggiore arretratezza del sistema vigente, valendo come esemplificazione di un nuovo modo

di concepire i rapporti tra p.a. e cittadini e del nuovo assetto che a detti

rapporti dovrebbe essere conferito nel quadro completo delle riforme del

procedimento».

ARTICOLATO

Capo I.

Principi.

Art. 1. - 1. L'attività amministrativa deve svolgersi in modo sollecito,

semplice ed economico.

Art. 2.-1. L'attività amministrativa, è retta dal principio di pubblici tà secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposi zioni che disciplinano singoli procedimenti.

Art. 3.-1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una

istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministra

zione ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimen to espresso.

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PARTE TERZA

Premesso: La presidenza del consiglio dei ministri ha predispo sto uno schema di disegno di legge recante norme sul procedi mento amministrativo avvalendosi dei risultati ai quali è pervenuta

un'apposita commissione di studio (presieduta dal prof. Mario

Nigro) insediata presso la stessa presidenza. Lo schema (che si propone di contribuire alla «semplificazio

ne» e «democratizzazione» del procedimento) risulta organizzato su sei titoli.

2. Le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di pro cedimento, in quanto non sia già direttamente disposto per legge o per regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi. Tale termine de corre dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della do manda se di iniziativa di parte.

3. Le determinazioni adottate ai sensi del comma 2 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.

Art. 4.-1. Ogni atto amministrativo scritto deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indica re i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche essenziali che hanno deter minato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.

2. La motivazione non è richiesta:

a) se per la semplicità dell'atto le ragioni della decisione sono implicite; b) per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale. 3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministra

zione richiamato dalla decisione stessa, insieme con quest'ultima deve es sere comunicato all'interessato anche l'atto cui essa si richiama.

Capo II. Responsabile del procedimento.

Art. 5.-1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l'unità

organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale.

2. Le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.

Art. 6. - 1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad

assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all'unità la responsabilità dell'istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedi mento nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale.

2. Fino a quando non sia effettuata l'assegnazione di cui al comma

1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario pre posto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell'ar ticolo 5.

3. L'unità organizzativa competente è comunicata ai soggetti di cui all'articolo 8 e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse.

Art. 7. - 1. Il responsabile del procedimento: a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti

di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione del provvedimento;

b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uo

po necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;

c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all'articolo 15;

d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti;

e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione.

Capo III.

Partecipazione AL PROCEDIMENTO amministrativo.

Art. 8.-1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da

particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 9, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimen ti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un prov vedimento possa derivare un rilevante pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'ammini strazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'ammini strazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazio ni predette, provvedimenti cautelari.

Il Foro Italiano — 1988.

Nel titolo i si enunciano taluni principi generali ai quali deve

ispirarsi l'attività della p.a.: semplicità, economicità, sollecitudi

ne e pubblicità dell'azione amministrativa; obbligo di conclusione

dei procedimenti; obbligo di motivazione.

Il titolo ii prevede la creazione di apposite strutture organizza tive per la gestione delle singole fasi della procedura (e la nomina

di funzionari «responsabili» di ogni fase del procedimento). Il titolo III è rivolto a far conseguire la più ampia partecipa

Art. 9.-1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del

procedimento mediante comunicazione personale. 2. Nella comunicazione debbono essere indicati:

a) l'amministrazione competente; b) l'oggetto del procedimento promosso; c) l'ufficio responsabile del procedimento; d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti. 3. Qualora per il mumero dei destinatari la comunicazione personale

non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione prov vede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di

pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione. Art. 10. - 1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o pri

vati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o co

mitati, hanno facoltà di intervenire nel procedimento qualora ne possa derivare un pregiudizio dal provvedimento.

Art. 11. - 1. I soggetti di cui all'articolo 8 e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 10 hanno diritto:

a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previ sto dall'articolo 25;

b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione

ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento. Art. 12. - 1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate

a norma dell'articolo 11, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, accordi con gli interessati al fine

di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovve

ro, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo. 2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a

pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti.

Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice

civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. 3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi

controlli previsti per questi ultimi. 4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione può

recedere unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla

liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verifi catisi in danno del privato.

5. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione

degli accordi suindicati sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giu dice amministrativo.

Art. 13. - 1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausi li finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predetermina zione ed alla pubblicazione, nelle forme previste dai rispettivi ordinamen

ti, da parte dell'amministrazione procedente, dei criteri e delle modalità cui l'amministrazione stessa deve attenersi.

2. L'effettiva osservanza di tali criteri e modalità deve risultare dai

singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 1. Art. 14. - 1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si appli

cano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.

2. Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari

per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano.

Capo IV.

Semplificazione

dell'azione amministrativa.

Art. 15.-1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza stessa può essere indetta anche quando l'amministra zione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi

comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti. Si considera acquisito l'as senso dell'amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia

partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimerne definitivamente la volontà, salvo che essa non comunichi all'amministrazione procedente il proprio moti vato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

zione alle procedure. Si impone, a tali effetti, all'amministrazio

ne di dare comunicazione dell'avvio del procedimento accordandosi

agli interessati un'ampia possibilità di intervento; si configurano come figure generali l'accordo procedimentale determinativo del

contenuto dell'atto e quello sostitutivo del provvedimento; si in

troducono nuove garanzie relativamente ai provvedimenti che con

cedono sovvenzioni, contributi ed altre utilità.

di ricevimento della comunicazione delle determinazioni adottate, qualo ra queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quelle ori

ginariamente previste. Art. 16. - 1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 15,

le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi

per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall'articolo 12, commi 2, 3 e 5.

Art. 17.-1. Ove debba essere obbligatoriamente sentito un organo consultivo, questi deve emettere il proprio parere entro il termine prefis sato da disposizione di legge o di regolamento o, in mancanza, non oltre novanta giorni dal ricevimento dalla richiesta.

2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istrutto

rie, è in facoltà dell'amministrazione richiedente di procedere indipenden temente dall'acquisizione del parere.

3. Nel caso in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze istrutto

rie, o quando l'organo stesso rappresenti all'amministrazione interessata

l'impossibilità, dovuta alla natura dell'affare, di rispettare il termine ge nerale di cui al comma 1, quest'ultimo ricomincia a decorrere, per una sola volta, dal momento della ricezione, da parte dell'organo stesso, delle notizie o dei documenti richiesti, ovvero dalla prima scadenza del termine.

4. Qualora il parere sia favorevole, senza osservazioni, alle conclusioni della richiesta, il dispositivo è comunicato telegraficamente o con mezzi telematici.

5. Gli organi consultivi dello Stato predispongono procedure di parti colare urgenza per l'adozione dei pareri loro richiesti.

Art. 18. - 1. Ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l'adozione di un provvedimento debbano essere pre ventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istrut torie di competenza dell'amministrazione procedente nei termini prefissa ti dalle disposizioni stesse o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento può chiedere i pareri ad altri organi dell'amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero

ad istituti universitari. 2. Nel caso in cui l'ente od organo adito abbia rappresentato esigenze

istruttorie all'amministrazione procedente, si applica quanto previsto dal

comma 3 dell'articolo 17. Art. 19. - 1. Qualora l'interessato dichiari che fatti, stati e qualità

sono attestati in documenti già in possesso della stessa amministrazione

procedente o di altra pubblica amministrazione, il responsabile del proce dimento provvede d'ufficio all'acquisizione dei documenti stessi o di co

pia di essi. 2. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento

i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o

altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.

Art. 20. - 1. Con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della

presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, pre via deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono determinati i casi in cui l'esercizio di un'attività privata, subordina

ta ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro

atto di consenso comunque denominato, può essere intrapresa su denun cia di inizio dell'attività stessa da parte dell'interessato all'amministrazio

ne competente. In tali casi spetta all'amministrazione competente verificare

d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti

e disporre, se del caso, con provvedimento motivato, il divieto di prose cuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti salvo che, ove ciò sia

possibile, l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'ammini

strazione stessa. 2. Con decreto o i decreti di cui al comma 1 vengono indicati i casi

in cui all'attività può darsi inizio immediatamente dopo la presentazione della denuncia, ovvero dopo il decorso di un termine fissato per categorie di atti, in relazione alla complessità degli accertamenti richiesti.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano nei casi in cui il

rilascio dell'atto di assenso dell'amministrazione dipenda esclusivamente

dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti prescritti, senza l'esperi mento di prove a ciò destinate, e non sia previsto alcun limite o contin

gente complessivo per il rilascio dell'atto stesso.

4. Restano ferme le norme attualmente vigenti che stabiliscono regole

analoghe o equipollenti a quelle previste dal presente articolo.

Art. 21. - 1. Con uno o più decreti del Presidente della Repubblica,

Il Foro Italiano — 1988.

Il titolo IV detta norme rivolte alla semplificazione dell'azio

ne amministrativa privilegiando, soprattutto, soluzioni concor

date tra le pubbliche amministrazioni (istituzione di conferen

ze di servizi e previsione di accordi per la gestione di servizi

di interesse comune). Assumono, in questo quadro, particolare

rilievo, da un lato, la fissazione di termini per la espressio ne di pareri e la esecuzione di accertamenti tecnici e, dall'altro, la previsione di ipotesi nelle quali attività, soggette, allo sta

to, a provvedimenti autorizzatori, potranno essere espleta

da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della

presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, pre via deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono determinati i casi in cui la domanda di rilascio di una autorizzazio

ne, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso

comunque denominato, cui sia subordinato lo svolgimento di un'attività

privata, si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessa to il provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di

atti, in relazione alla complessità del rispettivo procedimento, dai medesi mi predetti decreti del Presidente della Repubblica. In tali casi, sussisten done le ragioni di pubblico interesse, l'amministrazione competente può annullare l'atto di assenso illegittimamente formato salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a sanare i vizi entro il termine prefis satogli dall'amministrazione stessa.

2. Restano ferme le disposizioni attualmente vigenti che stabiliscono

regole analoghe o equipollenti a quelle previste dal presente articolo. Art. 22.-1. Con la denuncia o con la domanda di cui agli articoli

20 e 21 l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei

requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell'attività e dei suoi effet ti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista dall'articolo 483 del codice penale, sal vo che il fatto costituisca più grave reato.

2. Le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell'attività in carenza dell'atto di assenso dell'amministrazione o in difformità di

esso, si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all'atti vità ai sensi degli articoli 20 e 21 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente.

Capo V. Accesso ai documenti amministrativi.

Art. 23. - 1. Al fine di assicurare la trasparenza dell'attività ammini strativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiun

que vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità sta bilite dalla presente legge.

2. È considerato documento amministrativo ogni rappresentazione gra fica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministra zioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa.

Art. 24.-1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 23 si esercita nei confronti delle amministrazioni dello Stato, ivi comprese le aziende auto

nome, degli enti pubblici e dei concessionari di pubblici servizi. Art. 25.-1. Il diritto di accesso è escluso per i documenti coperti

da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti

previsti dall'ordinamento. 2. Il Governo della Repubblica è autorizzato ad emanare, entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti aventi valore di legge intesi a disciplinare gli altri casi di esclusione del diritto di accesso in relazione alla esigenza di salvaguardare:

a) la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali; b) la politica monetaria e valutaria; c) l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità; d) la riservatezza dei terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo pe

raltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti ammini

strativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici.

3. Con i medesimi decreti saranno altresì' stabilite norme particolari

per assicurare che l'accesso ai dati raccolti mediante strumenti informati

ci avvenga nel rispetto delle esigenze di cui al comma 2.

4. Le singole amministrazioni hanno l'obbligo di individuare, con uno

o più regolamenti da emanarsi entro i sei mesi successivi, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibi lità sottratti all'accesso per le esigenze di cui al comma 2.

5. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 9 della legge 1°

aprile 1981, n. 121, e delle relative norme di attuazione, nonché ogni altra disposizione attualmente vigente che limiti l'accesso ai documenti

amministrativi. 6. I soggetti indicati nell'articolo 24 hanno facoltà di differire l'accesso

ai documenti richiesti sino a quando la conoscenza di essi possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa. Non

e comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della for

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PARTE TERZA

te sulla base del c.d. silenzio-assenso o in virtù di una semplice denuncia dell'interessato decorso un certo termine dalla presenta zione dell'istanza.

Il titolo V accorda, poi, ai cittadini la generale facoltà di acce

dere ai documenti amministrativi pur se con talune limitazioni

ispirate, soprattutto, alla salvaguardia della segretezza. L'ultimo titolo (il VI) disciplina i rapporti tra le norme di cui

allo schema in esame e gli ordinamenti regionali (pure per le re

gioni a statuto speciale).

mazione dei provvedimenti di cui all'articolo 14, salvo diverse disposizio ni di legge.

7. Il Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con i ministri inte

ressati, disciplina con apposito regolamento, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti delegati di cui al comma 2, le modalità di esercizio del diritto di accesso.

Art. 26. - 1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazio ne di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le

disposizioni vigenti in materia di bollo nonché i diritti di ricerca e di visura. 2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa va

rivolta all'amministrazione che ha fornito il documento o che lo detiene stabilmente.

3. Il rifiuto di accesso, il differimento e la limitazione di esso debbono essere motivati.

4. Trascorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende rifiutata.

5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di ac cesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta

giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime moda lità e negli stessi termini.

6. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso il giudice ammi

nistrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti.

Art. 27. - 1. Fermo restando quanto previsto per le pubblicazioni nella

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dalla legge 11 dicembre 1984, n. 839, e dalle relative norme di attuazione, saranno pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organiz zazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ed ogni documento amministrativo in cui si determina

l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'appli cazione di esse.

2. Saranno altresì pubblicate, nelle forme predette, le relazioni annuali della commissione di cui all'articolo 28 ed, in generale, sarà data la mas sima pubblicità a tutte le disposizioni attuative della presente legge e a tutte le iniziative dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto al l'accesso.

3. Con la pubblicazione di cui al comma 1, ove essa sia integrale, la libertà di accesso ai documenti in esso indicati s'intende realizzata.

Art. 28. - 1. È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.

2. La Commissione è nominata con decreto del Presidente della Re

pubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Essa è presieduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e composta da sedici membri, dei quali due senatori e due deputati designati dai Presidenti delle rispet tive Camere, quattro scelti fra il personale di cui alla legge 2 aprile 1979, n. 97, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, quattro fra i professori di ruolo in materie giuridico-amministrative e quattro fra i

dirigenti dello Stato e degli altri enti pubblici. 3. La Commissione è rinnovata ogni tre anni. Per i membri parlamen

tari si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento antici

pato delle Camere nel corso del triennio. 4. La Commissione vigila sulla osservanza della presente legge; svolge

attività di studio; rende pareri su questioni di carattere generale alle am ministrazioni interessate; detta direttive per la formazione dei regolamen ti di cui all'articolo 25, comma 4; formula raccomandazioni e riferisce annualmente alle Camere ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri

sull'applicazione della presente legge; formula proposte di modifiche legis lative o regolametari atte ad assicurare l'effettività del diritto di accesso.

5. Tutte le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Commissio ne, nel termine assegnato dalla medesima, le informazioni ed i documenti da essa richiesti, ad eccezione di quelli coperti da segreto di Stato.

Art. 29. - 1. L'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, è sostituito dal seguente:

«Art. 15. - (Segreto d'ufficio). - 1. L'impiegato deve mantenere il se greto d'ufficio. Non può trasmettere a chi non ne abbia diritto infor

II Foro Italiano — 1988.

Considerato: 1. - Lo schema di disegno di legge in esame si

inserisce nel quadro delle iniziative rivolte ad apprestare norme

di carattere generale in tema di procedimento amministrativo.

Vanno ricordati, tra i precedenti più significativi, i contributi, ormai remoti, della commissione Villa (1918); della prima sotto

commissione (presieduta da V. Scialoj a) costituita in seno alla

commissione reale per il dopoguerra (1920); della commissione

parlamentare di inchiesta istituita dalla 1. 16 marzo 1921 n. 260

(i risultati di quest'ultima sono consegnati nella relazione 10 lu

glio 1921). In epoca più vicina si segnalano gli studi (editi nel 1948) sulla

organizzazione e la procedura amministrativa della commissione

per gli studi attinenti alla organizzazione dello Stato in larga par te posti, poi, a base di iniziative legislative (non pervenute, peral

tro, alla conclusione del loro iter). Norme generali sul procedimento amministrativo si rinvengono

— come è noto — anche in ordinamenti stranieri (pur se le relati

ve disposizioni non sono sempre trasferibili nel nostro ordi

namento). Anche a livello internazionale non sono mancati interventi in

materia di procedimento: vanno ricordate la risoluzione n. 31 del

comitato dei ministri del consiglio di Europa, adottata il 28 set

tembre 1977, recante norme sulla «protezione dell'individuo ri

spetto agli atti dell'amministrazione» e la risoluzione n. 2 dell'11

marzo 1980 dello stesso comitato, in ordine all'esercizio del pote re discrezionale da parte dell'amministrazione pubblica.

2. - Lo schema di disegno di legge di esame si segnala, tuttavia

(e di ciò va resa doverosa testimonianza al governo), rispetto alle

precedenti iniziative per il particolare «taglio» che lo caratterizza:

la ricerca di un assetto procedura (e organizzativo) in condizione

di corrispondere alle esigenze di una società nuova che concepisce in termini diversi dal passato le relazioni tra collettività e pubbli co potere.

L'obiettivo di fondo, perseguito dalla nuova disciplina (alla quale

potrebbe essere assegnata la più semplice denominazione di «leg

ge sul procedimento amministrativo») è, infatti, quello di realiz

zare un nuovo tipo di rapporti tra pubblica amministrazione e

cittadino assicurando — insieme alla trasparenza, alla speditezza, alla economicità, ecc. dell'azione amministrativa — il coinvolgi mento del cittadino nella procedura.

3. - Il disegno di legge in questione (che non ha, ovviamente, l'ambizione di sciogliere ogni nodo nell'area dei procedimenti am

ministrativi) risulta in parte costituito da «principi» e da proposi zioni normative bisognose di ulteriore sviluppo ad opera di altre

fonti (leggi regionali, regolamenti governativi, regolamenti mini

steriali).

mazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, in cor so o concluse, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso. Nell'ambito delle proprie attribuzioni, l'impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall'ordinamento».

Capo VI. Disposizioni finali.

Art. 30. - 1. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie discipli nate dalla presente legge nel rispetto dei principi desumibili dalle disposi zioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento

giuridico. Tali disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regio ni fino a quando esse non avranno legiferato in materia.

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolza no provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fonda mentali contenute nella legge medesima.

Art. 31. - 1. In tutti i casi in cui le leggi e i regolamenti prevedono atti di notorietà o attestazioni asseverate da testimoni altrimenti denomi

nate, il numero dei testimoni è ridotto a due. 2. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni e alle imprese esercen

ti servizi di pubblica necessità e di pubblica utilità di esigere atti di noto rietà in luogo della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà prevista dall'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, quando si tratti di pro vare qualità personali, stati o fatti che siano a diretta conoscenza dell'in teressato.

Art. 32.-1. Le norme sul diritto di accesso ai documenti amministra tivi di cui al capo V hanno effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 25, comma 7.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Non mancano però — come si vedrà — istituti ai quali viene

offerto una completa disciplina dallo schema.

Dei rapporti tra le norme statali (sia espressive di principi sia

di assetti che si estendono fino al dettaglio) e le competenze legis lative regionali in tema di procedimenti si parlerà, più specifica mente nel 38.

4. - Il titolo I dello schema enuncia i principi fondamentali

ai quali deve ispirarsi l'azione amministrativa.

In particolare, nel 1° comma dell'art. 1, si stabilisce che «l'atti

vità amministrativa deve svolgersi in modo sollecito, semplice ed

economico».

La disposizione vale (pur nella sua genericità) a soddisfare l'e

sigenza — posta a base di tutta la nuova normativa — di ottenere

un procedimento che si sviluppi con forme e ritmi rapportati uni

camente all'espletamento di una congrua istruzione, evitando «tem

pi morti» o incombenti ridondanti che appesantiscano l'attività

pubblica e mortifichino le aspettative del cittadino.

La norma, sprovvista di una diretta sanzione (non sembra ri

collegarsi, infatti, alla sua inosservanza l'illegittimità dell'atto ema

nato), si pone, inoltre, come punto di riferimento — oltreché

per le fonti sottordinate — per l'interprete nei casi, soprattutto, nei quali non risultano fissati tempi e metodi del procedimento.

È interessante sottolineare che i canoni individuati dal disegno di legge (semplicità, sollecitudine ed economicità) coincidono con

quelli enunciati nelle disposizioni che regolano, in vari ordina

menti stranieri, il procedimento amministrativo. In particolare pos sono essere richiamati: l'art. 39, 2° comma, della legge austriaca

sul procedimento amministrativo del 25 luglio 1925 (ripromulgata il 23 maggio 1950) che impone all'autorità, in mancanza di speci fiche norme in materia, di condurre il procedimento sulla base

di considerazioni di opportunità, semplicità, rapidità ed econo

mia; l'art. 5, 2° comma, del decreto governativo cecoslovacco, sulla procedura amministrativa del 1955; l'art. 12 della legge ju

goslava sulla procedura amministrativa del 1958 («l'azione ammi

nistrativa si svolgerà in conformità di norme di economia, celerità

ed efficacia»). 5. - A) il 2° comma dell'art. 1 risulta imperniato su due periodi. Il primo sembra esprimere una vera e propria regola ermeneu

tica precludendo all'interprete di ravvisare, nella normativa, in

terventi procedurali al di là di quelli espressamente previsti nella

disciplina di settore (e in quella generale di cui allo schema in

esame). Resta, perciò, vietato — per effetto della disposizione — il ricorso alla analogia o a criteri similari per la identificazione

di ulteriori momenti procedurali. Deve essere, peraltro, avanzato qualche dubbio sull'opportuni

tà della disposizione.

Sembra, invero, preferibile lasciare all'interprete — vincolato

ovviamente, nella lettura della normativa, ai principi generali ope ranti in materia (le regole di speditezza, semplicità ed economia

avanti ricordate) — stabilire se la specifica disciplina di settore

(integrata da quella di cui al presente schema) esprima, in forma

compiuta, l'intero assetto della materia o occorra ricercare, an

che altrove, integrazioni dell'/ter procedurale. Si propenderebbe, perciò, per la soppressione del detto primo

periodo.

B) - Il secondo periodo, sempre del 2° comma, dell'art. 1, fa

divieto all'amministrazione di «aggravare» il procedimento salvo

ché sussistano «gravi e motivate ragioni di carattere istruttorio».

Anche la disposizione in esame si manifesta superflua. Ed invero già dal 1° comma dell'art. 1 si deduce, inequivoca

bilmente, la necessità che l'amministrazione provveda a sviluppa re la procedura senza sprechi di tempo e di energia (in modo

sollecito, semplice ed economico come dice lo schema) ferma, in ogni caso, l'esigenza di una completa istruttoria arricchita, ove

occorra, anche da interventi di carattere consultivo facoltativo

(interventi che un'interpretazione rigorosamente letterale del 2°

comma potrebbe indurre a ritenere, al limite, preclusi o sollecita

bili solo in ipotesi assolutamente eccezionali).

6. - Nell'art. 2, dedicato alla «pubblicità», non si rinviene una

specifica disciplina della materia. (La disciplina della pubblicità risulta espressa, infatti — come precisa lo stesso art. 2 — in altre

norme dello schema oltreché nelle «disposizioni» che disciplinano

i singoli procedimenti). La collocazione dell'art. 2 nel titolo I, relativo ai «principi»

(pur se con rinvio — come se si è detto — ad altre disposizioni),

ha, tuttavia, nella logica dello schema, una sua giustificazione:

quella di sottolineare — anche con riguardo alle fonti sottordina

II Foro Italiano — 1988.

te — il valore che la nuova legge conferisce alla conoscibilità

«all'esterno» dell'azione amministrativa (la c.d. trasparenza del

l'azione amministrativa) destinata, appunto, a conseguirsi attra

verso i meccanismi di pubblicità. 7. - L'art. 3 pare rivolto a trasferire, nell'ambito dei principi

fondamentali, la regola (da decenni pacificamente enunciata dal

la giurisprudenza) della doverosità dell'avvio del procedimento amministrativo (e della sua conclusione) quando la legge faccia

obbligo all'amministrazione di pronunciare. Non si hanno rilievi di sostanza da avanzare nei riguardi del

l'inserimento della regola ora riferita tra i principi generali dell'a

zione amministrativa.

Occorre solo raccomandare all'amministrazione una più preci sa formulazione della disposizione che presenta qualche ambigui tà sul piano letterale. (Parrebbe, ad es., più opportuno parlare di doverosità di conclusione del procedimento anziché di dovero

sità di adozione dell'«atto esterno» finale). 8. - Alla prima parte dell'art. 3 (obbligo ex lege di avvio al

procedimento), risulta strettamente collegata la norma dell'art.

5, 2° comma, relativa ai tempi entro i quali le procedure vanno

concluse (norma, quest'ultima, che meriterebbe di essere, perciò,

spostata in seno all'art. 3). Il citato 2° comma dell'art. 5 — che contempla la fissazione

di specifici termini per la definizione dei singoli procedimenti am

ministrativi (e di ciascuna delle fasi in cui ogni procedimento si

scompone) — introduce, nel sistema, una novità che è, senz'al

tro, da condividere.

Non si possono, peraltro, sottovalutare le difficoltà che saran

no, inevitabilmente, incontrate per la precisa determinazione dei

vari termini dalle normative di minor rango alle quali lo schema

rimette la formulazione della spcifica disciplina. È da ritenere, ovviamente, che il decorso dei termini procedu

rali non implichi, di regola, preclusioni alla esplicazione della com

petenza da parte della p.a. (salva la responsabilità disciplinare del funzionario e — se ne ricorrano le condizioni — quella civile

del funzionario e dell'amministrazione). 9. - L'art. 4 prevede l'obbligo della motivazione per ogni atto

amministrativo con deroghe trassativamente enunciate nella stes

sa disposizione. In proposito può osservarsi che l'approccio al problema della

motivazione ha ottenuto, anche oltralpe, soluzioni non uniformi.

Si è previsto, talora, un obbligo di motivazione solo nei casi

espressamente previsti dalla legge (questo è il sistema adottato, ad esempio, nella legge spagnola 17 luglio 1958 sulla procedura amministrativa: art. 43).

Altra volta si è affermata la obbligatorietà della motivazione,

per esigenze di garanzia, quando l'atto incida pregiudizievolmen te sui destinatari; tale è il sistema adottato dalla 1. 25 maggio 1976 della Repubblica federale tedesca: § 39; dalla legge austriaca

sul procedimento amministrativo generale del 1925: § 58; dalla

legge israelita del 1958: art. 2 e 3; dalla legge jugoslava del 1950:

art. 207; dal codice polacco del 1960: art. 9; dalle leggi di alcuni

Lander della Repubblica federale tedesca; dalla risoluzione n. 31/77

del comitato dei ministri del consiglio d'Europa: art. 4).

Diffusa, pure, la linea dell'enunciazione di un obbligo generale ed immancabile di motivazione. A questo regime si ispira, ad

esempio, il rapporto della commissione di esperti presso il mini

stero federale degli interni della Repubblica federale tedesca del

1960 e la legge federale Usa sulla procedura amministrativa del

1946 (art. 4, 6 e 8). Lo schema di legge in esame accoglie, sostanzialmente, la se

conda delle impostazioni sopra menzionate, posto che, pur impo nendo l'obbligo di motivazione come principio generale, prevede,

poi, l'esonero da tale obbligo quando l'atto non dispieghi effetti

pregiudizievoli (lett. a dell'art. 4). Tale impostazione non appare, però, del tutto persuasiva. Si

consideri, anzitutto, che la motivazione è garanzia di una pene trante verifica di legittimità non soltanto, in sede contenziosa,

ma anche in sede di controllo amministrativo; sicché non è cor

retto escluderne l'adempimento sul mero riflesso della «non lesi

vità» dell'atto.

Sotto un profilo più generale, inoltre, la soluzione prescelta non risulta in sintonia con l'obiettivo di fondo dello schema di

legge preordinato a garantire sia la partecipazione al procedimen to anche di soggetti, non titolari di posizioni sostanziali tutelate

dall'ordinamento (art. 10 e 11), sia a rendere «trasparenti» le

scelte dell'amministrazione anche quando non comportano sa

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PARTE TERZA

crifici (art. 13), sia, infine, a permettere l'accesso ai documenti

amministrativi a tutti i cittadini indipendentemente dalla titolari

tà di posizioni pregiudicate dall'atto amministrativo (art. 21). Delle altre regole contemplate dal 2° comma dell'art. 4, in te

ma di esonero dalla motivazione, mentre non danno luogo a rilie

vi quelle enunciate alla lettera c), limitatamente alla semplicità dell'atto e alla lettera d), per gli atti normativi non sono condivi

sibili quella sub c) (nella parte relativa agli atti ripetitivi) e sub

d) (relativamente agli atti di carattere generale). L'esclusione della motivazione nel caso di atti ripetitivi suscita,

invero, perplessità non valendo, di per sé, la ripetitività a rendere

intuitiva la ratio decidendi del provvedimento dal punto di osser

vazione almeno dei suoi destinatari.

Non trova nemmeno giustificazione (e sembra porsi in contra

sto con gli indirizzi giurisprudenziali) la regola che sottrae gli atti

generali all'obbligo di motivazione.

L'esplicito riconoscimento legislativo, poi, della possibilità che

la motivazione del provvedimento possa essere espressa pure da

altro atto richiamato dal primo, non sta a significare, ovviamen

te, esonero dall'obbligo di motivazione: la norma si limita, infat

ti, solo a prevedere un particolare regime di esternazione di questa ultima.

10. - Il titolo II dello schema detta disposizioni di carattere

organizzativo. Il 1° comma dell'art. 5 impone, anzitutto, alle pubbliche am

ministrazioni di dar vita a norme (di rilevanza esterna) rivolte

a individuare le specifiche compagini chiamate a gestire le varie

fasi del procedimento — ivi compresa la emanazione dell'atto

finale — quando manchino norme (leggi, regolamenti governati

vi, precedenti regolamenti ministeriali, ecc.) che dispongano nella

materia.

La disciplina si sviluppa lungo una linea da tempo seguita nel

nostro ordinamento (v. d.p.r. n. 748 del 1972) che riconosce com

petenze decisionali (anche a livello esterno), oltreché alle autorità

di vertice (il ministro), anche ai dirigenti (rectius: agli uffici diri

genziali). Il nuovo assetto organizzativo potrà ottenere utile impiego ne

gli spazi che saranno lasciati liberi dalla normativa di rango supe riore (la quale, salvo il rispetto dell'art. 97, 1° comma, Cost., è bene si trattenga, in avvenire, dall'irretire l'organizzazione con

norme di dettaglio). Non occorre soffermarsi, in questa sede, sul 2° comma dell'art.

5: si è, infatti, già parlato di tale disposizione in occasione dell'e

same dell'art. 3 (nell'ambito del quale si è ritenuto che la detta

proposizione normativa andasse trasferita). Il 3° comma (ora divenuto 2° comma) non dà luogo a sostan

ziali rilievi: si dispone, infatti, con tale norma — nell'esatto pre

supposto del carattere normativo delle proposizioni organizzative che saranno dettate dalle singole amministrazioni — che la disci

plina relativa all'organizzazione dovrà essere pubblicata (secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti).

Lo spostamento nel 2° comma dell'originario 3° comma ora

ricordato rende solo opportuna una lieve modifica dell'originaria stesura di quest'ultima disposizione.

La norma in questione potrebbe essere cosi riformulata: «Le

disposizioni di cui al comma precedente sono rese pubbliche se

condo quanto previsto dai singoli ordinamenti».

11. - L'art. 6, 1° comma — in connessione con la istituzione

delle unità organizzative chiamate alla gestione delle singole fasi

della procedura (e alla emanazione dell'atto finale) — prevede la individuazione del «funzionario responsabile» del procedimen to (rectius: delle singole fasi del procedimento).

La norma — come è chiaro — tende, da un lato, ad offrire

al cittadino interessato un preciso interlocutore con cui dialogare nel corso del procedimento e, dall'altro, a rendere concreta la

responsabilità dei pubblici funzionari, evitando che questa sfumi

nell'ambito dell'apparato o si nasconda dietro l'autorità di vertice.

La norma merita approvazione. Sul piano formale si suggerirebbero solo due marginali modifi

che: a) la soppressione — per la sua superfluità — del richiamo, da parte del 1° comma, al «termine fissato ai sensi del precedente art. 5, 2° comma» (ora art. 3, ultimo comma); b) la formulazione

del 2° comma nei termini seguenti: «Il nominativo del funziona

rio responsabile è comunicato ai soggetti di cui all'art. 8 della

presente legge e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse».

12. - L'art. 7 — nel quale trovano elencazione le competenze

Il Foro Italiano — 1988.

del responsabile del procedimento (art. 6) — non dà luogo a rilie

vi di sostanza.

Anche a tale norma, andrebbero, però apportate talune varia

zioni formali: a) alla lettera b) la parola «esso» andrebbe sop

pressa; b) dovrebbero essere, pure, eliminate — perché superflue — alla lettera e), le espressioni «nel termine fissato ai sensi del

precedente art. 5, 2° comma», «tempestivamente, entro il termine

predetto, del relativo provvedimento». 13. - La rubrica del titolo III («contraddittorio nel procedi

mento amministrativo»), oltre a risultare, sul piano lessicale, più consona al processo che al procedimento amministrativo (meglio sarebbe parlare di «partecipazione» al procedimento), non rispec

chia, del tutto, il contenuto delle disposizioni poste sotto tale ti

tolo. E ciò, per la previsione, nell'art. 12, dei c.d. «accordi

sostitutivi» (accordi che si muovono in tutt'altra area di quella concernente il c.d. contraddittorio) e, nell'art. 13, di una speciale

disciplina (anch'essa estranea alla partecipazione) in tema di con

cessioni di contributi, sovvenzioni, ecc.

Le disposizioni del capo III, in tema di «contraddittorio», mi

rano ad assicurare agli interessati (privati, ma anche istituzioni

pubbliche) la possibilità di «partecipare» al procedimento ammi

nistrativo contribuendo, cosi, alla formazione dell'assetto che do

vrà essere espresso, autoritativamente, dall'amministrazione con

l'atto conclusivo della procedura amminsitrativa.

È di assoluta evidenza il contributo che la partecipazione degli amministrati — se rettamente esplicata e attentamente recepita

dagli amministratori — può offrire alla democratizzazione del

l'attività amministrativa e all'attenuazione del contenzioso.

Non può, però, non rilevarsi che la disciplina ora riferita appa re in condizione di frustrare, in qualche misura, quel «sollecito»

svolgimento della procedura che pure è tra gli obiettivi fonda

mentali della nuova normativa.

Di questi inconvenienti sembra essersi reso conto, però, lo sche- '

ma dal momento che, da un lato, all'art. 8, ultimo comma, con

templa l'adozione di misure cautelari (anche anticipatrici — in

tutto o in parte — degli effetti del futuro provvedimento) e, dal

l'altro (come si è accennato), stabilisce la non operatività del con

traddittorio quando lo spazio assicurato a quest'ultimo finirebbe

per impedire la sollecita definizione di pratiche che non ammetto

no differimenti in considerazione della loro urgenza (quest'ultima

regola potrà provocare, peraltro, un notevole contenzioso circa

l'accertamento della sussistenza — o meno — di particolari esi

genze di celerità del procedimento). 14. - Passando allo specifico esame della disposizione del titolo

III va rilevato che l'art. 8 obbliga l'amministrazione a dare noti

zia (si vedrà appresso con quali modalità) dell'«avvio» della pro cedura ai seguenti soggetti (identificati o facilmente identificabili):

a) destinatari degli effetti diretti del provvedimento (si tratti di

effetti vantaggiosi o pregiudizievoli per il destinatario); b) sogget ti non destinatari, in via diretta, degli effetti dell'atto ma esposti,

tuttavia, a risentire «rilevante pregiudizio» in conseguenza del prov

vedimento; c) soggetti dei quali — alla stregua della normativa

di settore — è prevista la partecipazione alla procedura. Gli adempimenti di cui ora si è detto postulano (come, ricono

sce, testualmente, anche lo schema) l'«avvio» del procedimento.

Resta, perciò, estraneo al campo di azione della nuova regola la fase nella quale l'amministrazione è impegnata solo in studi

e ricerche di carattere preparatorio per stabilire se ricorrano, o

meno, le condizioni per promuovere la procedura. Sul piano formale, va suggerito l'accorpamento, in un unico

comma, del 1° e 2° comma dell'articolo in esame rinviandosi, inol

tre, al successivo art. 9, la determinazione delle modalità con le

quali va data notizia dell'«inizio» della procedura. Potrebbe essere utile, inoltre, chiarire che la «notizia» del pro

cedimento va offerta solo ai soggetti individuati o facilmente in

dividuabili. Qualche rilievo critico (in chiave sostanziale) va avanzato, in

vece, nei riguardi dell'ultimo comma dell'art. 8 rivolto a consen

tire — come si è ricordato — anche provvedimenti anticipatori

(in tutto o in parte) di quello finale destinato a sopraggiungere,

più tardi, nell'osservanza delle regole in tema di contraddittorio.

Suscita, invero, qualche riserva (almeno quando la misura cau

telativa sia anticipatrice di risultati vantaggiosi per il privato) la

regola — enunciata nell'ultimo comma dell'art. 8 — che sancisce

il venir meno del provvedimento cautelare (anticipativo anche di

effetti vantaggiosi), per il solo fatto che l'amministrazione, ren

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

dendosi inadempiente, non ha adottato, nei termini, i provvedi menti definitivi.

Si riconnette, infatti, in questo modo, all'inerzia amministrati

va, nella adozione dell'atto finale, l'ingiustificato effetto di pro vocare la perdita, da parte dell'interessato, di quei risultati

provvisori dei quali quest'ultimo — sia pure sulla base di una

sommaria cognitio — era stato fino a quel momento riconosciuto

meritevole.

15. - L'art. 9 stabilisce quali dati debbono essere indicati nel

l'atto con il quale si dà notizia dell'«avvio» del procedimento

(amministrazione competente; ufficio e funzionario responsabile del procedimento; ufficio presso il quale può prendersi visione

ed estrarre copia degli atti). Sarebbe, forse, opportuno che, nella

elencazione dei dati ora ricordati, fosse enunciato pure Sogget to» della procedura promossa (anche se tale requisito deve già

intendersi, implicitamente, richiesto dalla normativa). In sede di art. 9 andrebbero anche definite le procedure da

seguire per dar notizia agli aventi titolo dell'avvio del procedi mento (sopprimendo, al contempo, talune ambigue proposizioni dettate in materia dell'art. 8, 1° e 2° comma).

Per quanto si riferisce alle procedure anzidette va osservato

che lo schema (v. art. 9, 1° e 2° comma) sembra richiedere la

trasmissione della notizia dell'«avvio» della procedura anche con

meccanismi diversi da quelli della partecipazione personale (co municazione o notifica); si fa, espresso riferimento, infatti, an

che ad «altre» idonee forme di pubblicità. L'utilizzabilità di queste ulteriori forme di divulgazione della

notizia dell'avvio della procedura (alternative alla comunicazione

e notificazione) non può non incontrare il consenso di questa adunanza generale: si riducono, infatti, sensibilmente, in questo

modo, i rischi di illegittimità per errores in procedendo dell'azio

ne amministrativa (ormai sottoposta, in tema di contraddittorio, a regole rigorose).

Sarebbe, peraltro, opportuno che fosse lo stesso schema ad in

dividuare le precise condizioni (ad esempio: ampio numero dei

destinatari, ecc.) che giustificano il passaggio a procedure diverse

dalla comunicazione e dalla notifica personale e i meccanismi di

pubblicità utilizzabili in alternativa.

16. - Dall'art. 10 si trae che la «partecipazione» al procedimen to (il c.d. contraddittorio, nel linguaggio della rubrica) è anche

consentita a soggetti che non hanno titolo a conseguire notizia

dell'avvio della procedura. Tale facoltà di intervento pare accordata, dall'art. 10, ai se

guenti soggetti (accomunati per il fatto che il provvedimento —

da assumere a conclusione della procedura — è idoneo a provo care «pregiudizio» agli interessi di cui gli stessi sono portatori):

a) istituzioni pubbliche portatrici di interessi (pubblici) che po tranno restare implicati (e con effetti negativi) dall'atto finale (a

condizione, naturalmente, che l'interesse pubblico non sia chia

mato ad evidenziarsi con iniziative procedimentali); b) soggetti

portatori di interessi «privati». La disposizione — pur nella sua

laconicità — sembra prevedere l'accesso alla procedura degli stes

si soggetti indicati dall'art. 8 (destinatari diretti o indiretti) quan

do a questi ultimi (ad esempio per difficoltà di identificazione) non sia prescritta la comunicazione della notizia dell'avvio del

procedimento; c) soggetti portatori di «interessi diffusi e collettivi».

Per quanto concerne quest'ultimo punto (sub c) va rilevato che

la duplicità delle espressioni adoperate (interesse diffuso, interes

se collettivo) non pare contribuire alla chiarezza della formula

normativa: meglio sarebbe avvalersi, perciò, solo del primo degli anzidetti termini.

L'apertura della procedura agli interessi diffusi (e ai soggetti che se ne fanno espositori) dovrebbe, comunque, lasciare impre

giudicata la questione (non ancora risolta a livello legislativo: v.

sul punto la proposta di legge di iniziativa governativa 28 feb

braio 1984 sul processo) dei limiti entro i quali, in sede conten

ziosa, può assicurarsi tutela agli interessi anzidetti.

17. - L'art. 11 riconosce, ai soggetti che hanno accesso alla

procedura, la facoltà di prendere visione degli atti del procedi

mento, e di presentare «memorie scritte» e «documenti».

È qui che si manifesta quella partecipazione del cittadino alla

formazione dell'atto amministrativo cui la notizia del procedi

mento è preordinata. Ne discende che l'amministrazione non solo

dovrà valutare l'apporto degli interventi, ma sarà anche tenuta

a pronunziarsi motivatamente su di essi nell'atto finale.

È appena il caso di avvertire che dovrà, in futuro, essere offer

ta una organica risposta ai problemi concernenti l'uso della Un

ii. Foro Italiano — 1988.

gua (diversa da quella italiana) nell'ambito del procedimento (e,

perciò, anche ai fini dell'esercizio del contraddittorio). È sempre, infatti, più frequente — specie in ambito comunita

rio — l'implicazione di soggetti di lingua non italiana nelle pro cedure.

18. - L'art. 12 prevede due tipi di accordo che possono scaturi

re dalla partecipazione degli interessati al procedimento.

A) Il primo di essi non dà luogo a particolari rilievi.

In sostanza si contempla che l'assetto di interessi affidato alla

competenza unilaterale all'autorità amministrativa (e, perciò, da

esprimere attraverso il provvedimento), possa ottenere, prima della

sua emanazione e, di regola, dopo un confronto tra p.a. e priva

to, il consenso di quest'ultimo.

Sembra, peraltro, che il consenso preventivo del privato al prov vedimento (unilaterale) che l'amministrazione si propone di ema

nare non dispieghi altro effetto fuor di quello di privare l'interessato che ha «accettato», delle possibilità di avanzare, poi, contestazioni nei riguardi del futuro provvedimento e di vincola

re l'amministrazione (in via di autolimitazione?) alla adozione del

provvedimento con il contenuto «concordato».

B) L'altra figura d'accordo di cui è parola nell'art. 12, 1° com

ma (il c.d. accordo sostitutivo), mira, invece, a svincolare l'am

ministrazione dal procedimento (e dal provvedimento che lo

conclude) quando l'interesse pubblico, affidato dalla normativa

a congegni autoritativi (e, perciò, all'atto e al procedimento), possa ottenere più rapido e sicuro soddisfacimento nel quadro di un

assetto «concordato» con il privato (di carattere contrattuale). È evidente che, in questo caso, la disciplina in quanto espressa

dall'accordo e non dal provvedimento risulterà sprovvista dei ca

ratteri della esecutorietà, imperatività, ecc.

Non si hanno obiezioni di fondo da opporre alla detta discipli na ispirata ad una considerazione realistica delle circostanze (la convenienza del passaggio, in certe situazioni, al regime conven

zionale).

Deve, però, suggerirsi l'opportunità che lo schema — in luogo di introdurre in via generale, una norma che consente l'abbando

no del provvedimento per l'accordo — commetta alle singole leg

gi di settore di decidere, volta a volta, cognita causa, con riguardo

all'oggetto della materia regolata, se vada, o meno, riconosciuta

alla p.a. tale facoltà.

Questa è, d'altra parte, la linea alla quale — senza inconve

nienti — la legislazione si è, sino ad oggi, conformata: si è rico

nosciuto, infatti, in passato, operatività agli accordi sostitutivi

dell'atto solo nei casi espressamente considerati dalla legge (si

pensi agli accordi amichevoli in materia espropriativa). L'affidamento alle singole leggi del compito di stabilire quan

do il passaggio dal provvedimento all'accordo possa essere con

sentito, non esclude, però, l'opportunità di mantenere, nel quadro dello schema, talune regole di carattere generale (quelle, appun

to, enunciate nell'art. 12, ad un tempo, per gli accordi procedi

mentali e sostitutivi). Non si hanno rilievi da muovere in ordine alla norma (2° com

ma art. 12) che sancisce, in via generale, ad validitatem, la neces

sità della stipulazione degli accordi per atto scritto (anche in vista

di evitare incertezze e contestazioni fra amministrazione e singolo). Del pari nulla, sostanzialmente, si ha motivo di opporre alle

disposizioni (4°, 3° e 5° comma) che contemplano il recesso unila

terale dell'amministrazione per «sopravvenuti motivi di interesse

pubblico», la soggezione degli accordi ai controlli previsti per i

provvedimenti e la giurisdizione esclusiva del giudice ammini

strativo.

Gli accordi qui in esame — caratterizzati dalla presenza di vo

lontà che non sono sullo stesso piano — risentono, necessaria

mente, del contenuto e delle finalità del provvedimento che vanno

a sostituire sicché è logico che la legge assicuri all'amministrazio

ne una qualche posizione di supremazia in relazione al contesto

pubblicistico in cui l'accordo viene ad inserirsi.

Il carattere pattizio dell'assetto suggerirebbe, poi, di verificare

se non sarebbe opportuno — quando l'amministrazione per ra

gioni di interesse pubblico sia costretta a recedere dall'accordo

— riconoscere al privato qualche forma di eventuale indennizzo,

come avviene nella risoluzione unilaterale del contratto discipli

nata dall'art. 345 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, sui lavori

pubblici. Si nutre, invece, qualche perplessità in ordine alla opportunità

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PARTE TERZA

dell'inserimento dello schema di quella norma (art. 12, 2° com

ma) che dispone l'applicabilità «agli accordi, sostitutivi del prov

vedimento, dei principi del codice civile in materia di obbligazioni in quanto compatibili».

A parte che non si comprende il richiamo limitato alle obbliga zioni e non anche ai contratti (nel cui ambito l'accordo rientra, sia pure con le sue peculiarità) sembra più opportuno lasciare,

per il momento, alle singole leggi di settore di anticipare qualche

proposizione in materia, confidando — per la delineazione della

disciplina — sulla lettura che sarà data dalla normativa dagli in

terpreti (soprattutto in sede giurisprudenziale). 19. - L'art. 13 dispone, in via generale, che ogni atto ammini

strativo con il quale si provvede ad erogare «sovvenzioni, sussidi,

ausili finanziari» o «vantaggi economici in genere» a «persone ed enti privati» deve essere preceduto dalla formulazione di crite

ri generali ed adottato in conformità di questi ultimi.

La norma prosegue disponendo che di tali criteri va offerta

pubblicità nelle forme previste dai singoli ordinamenti (all'evi dente scopo di far conoscere agli interessati ed alla collettività

in genere condizioni, tempi, modalità, ecc. per conseguire detti

benefici). La norma si conclude ponendo un obbligo di motivazione «spe

ciale» a carico dell'autorità emanante: l'attestazione (rifuggendo da clausole di stile) dell'avvenuta osservanza delle regole e moda

lità avanti ricordate.

L'adunanza generale osserva che la disposizione merita consen

so in quanto tende a razionalizzare e a rendere trasparente la

materia delle erogazioni senza corrispettivo. Andrebbe valutata

l'opportunità di procedere alla sua estensione anche agli atti pub blici beneficiari, eventualmente, di analoghi vantaggi.

20. - L'art. 14 sottrae alla operatività delle norme di cui al

titolo II (in tema di contraddittorio), «gli atti normativi, ammini

strativi generali, di pianificazione e di programmazione» nonché

i provvedimenti tributari, per i quali restano ferme «le particolari norme che ne regolano la formazione». Della disposizione — for

temente limitatrice dell'ambito di applicazione della normativa

sul contraddittorio — si comprende, tuttavia, la ratio: si è voluto

sottrarre, per ragioni pratiche, atti di vasta portata e di applica zione generalizzata, alla troppo penetrante ingerenza di una mol

teplicità di interessati, al di là delle garanzie predisposte dalle

singole leggi di settore.

21. - A) L'art. 15 (con il quale si apre il titolo IV dedicato

alla «semplificazione dell'azione amministrativa») risulta imper niato su due commi raccordati tra di loro da un dato solo estrin

seco: il fatto che, sia nella ipotesi di cui al 1° comma che in

quella di cui al 2° comma, si prevede lo svolgimento di una «con

ferenza di servizi» tra più amministrazioni.

Il 2° comma (dal quale conviene prendere le mosse) dispone che le «intese», i «concerti», i «nulla osta», e «gli assensi comun

que denominati» previsti dalla normativa, non dovranno più, d'ora

innanzi, essere espressi con autonome determinazioni dall'autori

tà alla quale è riconosciuta la competenza ad esplicare tali in

terventi.

Pur tenendosi ferma, infatti, l'insopprimibile necessità del «con

senso» dell'amministrazione della quale sono richiesti l'intesa, il

concerto, il nulla osta, ecc., si dispone che il placet di questa ultima autorità (al pari dell'eventuale dissenso) va esternato in

una apposita riunione (la c.d. conferenza di servizi) alla quale è chiamata a partecipare anche l'autorità alla quale spetta di adot

tare l'atto finale quella componente a esprimere l'intesa, il con

certo, ecc. nonché — come meglio sarà chiarito più avanti sub

B — le altre autorità i cui interessi possono restare implicati nella

procedura. Sono evidenti i benefici che la norma in esame è in condizione

di offrire: il confronto tra le autorità interessate può, invero, fa

vorire un «concordamento» che potrebbe non raggiungersi facil

mente in assenza di un diretto dialogo tra esse.

Non è dubbio che alla conferenza di servizio debba partecipare — in rappresentanza dell'amministrazione competente ad espri mere l'intesa, il concerto, il nulla osta, ecc. — l'organo di que st'ultima che ha veste per pronunciare al riguardo.

La norma in esame, infatti, testualmente dispone che il consen

so espresso nella conferenza «tiene luogo» (id est: svolge le veci) dell'intesa, del concerto, del nulla osta, ecc.

Analoga esigenza (anche se in termini meno perentori) sembra

porsi anche per quanto si riferisce all'amministrazione alla quale

spetta di adottare l'atto finale.

Il Foro Italiano — 1988.

È vero che quest'ultimo provvedimento sarà espresso — fuori

della riunione — con una successiva, separata determinazione.

Occorre, però, che, il confronto con l'autorità con la quale va

raggiunta l'intesa, il concerto, ecc. venga condotto da un organo in condizione di «negoziare» il futuro assetto cosi da favorire

l'intesa, il concerto, ecc. richiesti dalla normativa. Va dato atto,

peraltro, che i caratteri dell'attuale ordinamento — e, più anco

ra, il modo d'essere che lo stesso potrà assumere in applicazione delle norme di cui al presente schema (v. art. 5) — consente di

conseguire, senza difficoltà insuperabili, la partecipazione alla riu

nione degli organi competenti. Le competenze decisionali, in passato riservate all'autorità di

vertice (spesso nella difficoltà di intervenire alle adunanze), pos

sono, infatti, essere attribuite ad uffici collocati in una diversa

e inferiore posizione nel quadro della struttura amministrativa.

Si aggiunge, nel 2° comma dell'art. 15, che «si considera acqui sito l'assenso dell'amministrazione la quale, regolarmente convo

cata, non abbia partecipato alla conferenza salvo che essa non

comunichi all'amministrazione procedente, entro dieci giorni dal

la conferenza stessa, il proprio motivato dissenso».

La regola offre una equilibrata conciliazione tra due config

genti esigenze: quelle di conseguire, dall'autorità competente ad

ottenere l'intesa, il concerto, ecc., l'espressione del suo opina

melo; quella di assicurare l'ulteriore sviluppo della procedura anche se manchi una esplicita pronuncia di quest'ultima autorità.

Nel caso in esame — diversamente da quanto accade in altre

fattispecie — non si considera, infatti, equivalente all'intesa, al

concerto, al nulla osta, ecc. il mero fatto inadempitivo (nel no

stro caso la mancata partecipazione all'adunanza) occorrendo in

più che, in un termine prestabilito, l'amministrazione (non inter

venuta all'adunanza) non abbia comunicato il «proprio motivato

dissenso».

A quest'ultimo riguardo una ulteriore puntualizzazione norma

tiva potrebbe risultare, però, non inopportuna. Se nella riunione alla quale è restata assente l'amministrazione,

chiamata ad esprimere l'intesa, il concerto, ecc. sia stata ipotizza ta l'adozione di un provvedimento diverso da quello sul quale il concordamento era stato richiesto, dovrà disporsi, con apposi to precetto, che il termine per manifestare il dissenso prenderà a decorrere non dalla data della conferenza ma da quando all'au

torità non intervenuta sia stata data notizia del nuovo assetto

predisposto.

B) Strette connessioni con le disposizioni dettate dal titolo II

in tema di partecipazione al procedimento presenta il 1° comma

dell'art. 15.

Si prevede, in tale norma, che l'amministrazione, chiamata ad

adottare la determinazione finale, possa invitare ad una apposita riunione (la c.d. conferenza di servizi) le autorità pubbliche i cui

interessi possono restare coinvolti nel procedimento. Una facoltà della quale l'amministrazione procedente dovrebbe

avvalersi (nell'esercizio della lata discrezionalità ad essa attribuita

dallo schema) quando risulti opportuno acquisire elementi ed opi nioni delle dette amministrazioni a conclusione di un diretto con

fronto tra di esse e tra di esse e l'amministrazione procedente.

Qualora l'amministrazione procedente non indica la conferen

za o ad essa non partecipino le amministrazioni interessate reste

rà sempre salva la facoltà di queste ultime di accedere, in via

di intervento, alla procedura ai sensi degli art. 10, Ile 12 dello

schema.

22. - L'art. 16 dello schema si ricollega al precedente art. 15

per un dato meramente estrinseco: il fatto che gli accordi di cui

si parla nella norma in esame possono venire conclusi anche in

occasione di conferenze di servizi (v. l'inciso di apertura della

norma citata: anche al di fuori della ipotesi prevista dall'articolo

precedente»). Il citato art. 16 sembra rivolto a consentire (forse meglio solle

citare) — senza incidere sulla competenza delle singole ammini

strazioni — «intese» tra due o più organi o enti pubblici in vista

di coordinare tra di loro le iniziative (in qualche misura interfe

renti) è spettanza di ciascuna delle anzidette autorità. Attraverso

tali accordi (nella prassi denominati «accordi di programma») cia

scuna amministrazione autolimita, perciò, la propria discreziona

lità in vista di ottenere che la sua competenza si sviluppi in armonia

con quelle parallele. Sembra che questi accordi siano destinati a fissare le metodolo

gie che le singole amministrazioni si impegnano a seguire nello

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

svolgimento dei procedimenti di rispettiva competenza, i criteri

di decisione alle quali ciascuna di esse si atterrà, i tempi che ver

ranno osservati, le attrezzature che saranno utilizzate, ecc.

Non si hanno rilievi da muovere alla norma in questione capa ce di offrire utili servizi specie quando le intese intervengano in

amministrazioni che dispongono di competenze separate e distinte.

23. - L'art. 17 dello schema — generalizzando soluzioni antici

pate, nel nostro ordinamento, da normative di settore — accorda

all'amministrazione procedente la facoltà di proseguire nelle pro cedure senza attendere l'espressione del parere richiesto (si tratti

pure di parere obbligatorio) qualora tale parere non risulti so

praggiunto alla scadenza del termine indicato dalla legge o dal

regolamento (o, in mancanza di specifiche previsioni, nei novan

ta giorni dalla ricezione, da parte dell'organo consultivo, della

richiesta di parere). L'ultimo comma dell'art. 17 prosegue disponendo, poi, che,

nel caso in cui l'organo consultivo abbia rappresentato esigenze

istruttorie, il termine, decorso il quale l'amministrazione potrà

procedere senza attendere ulteriormente il parere, prende a matu

rare dalla data sotto la quale risultano pervenuti all'organo con

sultivo i documenti e le notizie richiesti.

Va rimesso, naturalmente, alle valutazioni dell'amministrazio

ne richiedente (e poi del parlamento) decidere se le esigenze acce

leratone che sono alla base della disciplina in esame vadano tenute

ferme.

Non può farsi a meno, però, di rilevare che la disciplina di

cui alla disposizione in esame pur se aderente alle esigenze di

un sollecito svolgimento della procedura, comporta lo scorporo «cieco» dal procedimento di interventi (specie se trattasi di pareri di cui è prescritta in via obbligatoria l'acquisizione) sui quali la

normativa particolarmente confidava ai fini della delineazione del

l'assetto di cui al provvedimento finale.

Il secondo inciso, poi, del 1° comma (che una più corretta col

locazione consiglierebbe di trasformare in comma autonomo da

collocare alla fine dell'articolo) prevede che se il parere venga

espresso in senso favorevole e senza osservazioni «il dispositivo è comunicato telegraficamente» all'amministrazione precedente.

La norma — rivolta a fare conseguire con particolare prontez za all'amministrazione la notizia dell'esito (favorevole) della con

sultazione — è, senz'altro, da condividere.

Si suggerisce, però, una sua modifica di carattere formale: la

previsione, a lato, della trasmissione telegrafica, anche di quella con mezzi telematici (oggi sempre di più larga diffusione).

24. - L'art. 18, al pari della norma precedente (e, in qualche

limite, dell'art. 15), si preoccupa delle inerzie amministrative: in

particolare di quelle riferibili ad organi o enti pubblici chiamati

ad eseguire, nell'ambito del procedimento, accertamenti o valuta

zioni di carattere tecnico.

La disposizione accorda, infatti, all'amministrazione proceden

te — nel caso in cui l'ufficio tecnico non abbia assolto i propri

compiti nel termine prestabilito (e, in mancanza di termini speci

fici, nei novanta giorni dalla richiesta) — la facoltà di investire

della esecuzione di tali incombenti altre istituzioni ed organi pub

blici provvisti di pari capacità tecnica o professori universitari

di ruolo nella materia o esperti iscritti negli albi.

Non si hanno obiezioni da muovere alla disciplina ora riferita.

Naturalmente, ove le future esperienze — in sede di applicazio

ne della citata disposizione — dovessero dimostrare la necessità

«istituzionale» di far ricorso a tali interventi surrogatori occorre

rebbe pensare a nuove forme organizzative dei detti uffici tecnici

per ottenere che gli stessi siano in grado di assolvere i compiti

loro assegnati dall'ordinamento.

È appena il caso di sottolineare, poi, l'opportunità che si pro

ceda, a suo tempo, dalle amministrazioni all'applicazione della

norma in esame previa determinazione di criteri generali in vista

di conseguire, tra l'altro, una equa e razionale distribuzione degli

incarichi. 25. - L'art. 19 mira a liberare, in determinate circostanze, il

privato da oneri di documentazione (posti a suo carico dalla vi

gente normativa) trasferendo i relativi adempimenti sull'autorità

amministrativa.

All'amministrazione, in particolare, si attribuisce il compito di

acquisire ex officio documenti che sono nei suoi archivi o in quelli

di altre amministrazioni. Si commette, ancora, all'amministrazio

ne di procedere ex officio all'accertamento di «fatti», «stati» e

«qualità», rilevanti ai fini della procedura in corso, ove spetti

Il Foro Italiano — 1988.

all'amministrazione procedente o ad altra p.a. di attestare i fatti,

gli stati e le qualità avanti ricordati.

La norma (che merita sotto ogni riguardo consensi) postula,

naturalmente, per poter funzionare adeguatamente (specie per ciò

che concerne il reperimento dei documenti in possesso di altri

uffici), amministrazioni attrezzate con impianti informatici.

26. - A) Per quanto concerne l'art. 20 va, anzitutto, osservato

che se la detta norma dovesse essere conservata nella sua attuale

formulazione (v., però, i successivi suggerimenti modificativi sub

e) occorrerebbe procedere al frazionamento dei commi di cui essa

risulta costituita in due articoli separati e distinti.

Mentre, infatti, il 2° comma si preoccupa — raccordandosi ad

altre norme già esaminate (15, 18, 19) — di offrire nuovi mezzi

giuridici per superare l'inerzia amministrativa, il primo tende so

lo a «liberalizzare» — al di fuori di ogni riferimento a fatti ina

dempitivi — certe attività private la cui esplicazione risulta, nella

normativa vigente, condizionata al previo conseguimento del tito

lo abilitativo.

B) Passando in particolare all'esame del 1° comma va ricorda

to che la detta norma (all'evidente fine di semplificare l'azione

amministrativa e di rendere più agevoli i rapporti tra p.a. e priva

to) affida — almeno in area statale: per le regioni v. art. 20 —

alla potestà ragolamentare governativa il compito di «liberalizza

re» specifiche attività del privato in atto soggette al previo conse

guimento di autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta,

permessi, o altri atti di consenso comunque denominati. Accol

landosi, peraltro, al privato (secondo regole procedurali che, pu

re, in sede regolamentare dovrebbero venire stabilite) l'obbligo di denunciare all'amministrazione competente, prima del suo ini

zio, l'attività che si è sul punto di intraprendere. Alla base della disciplina ora riferita pare essere la persuasione

che le abilitazioni, richieste dalla normativa vigente, sono, in ta

lune ipotesi, chiamate solo a verificare — senza spazi di discre

zionalità o con discrezionalità di tasso ridottissimo — la conformità

dell'attività, che il privato si propone di svolgere, alle prescrizioni della sovraordinata normativa (relativa, ora, agli oggettivi carat

teri dell'attività ora ai requisiti di chi dovrà realizzarla). Con la conseguenza della convertibilità, senza seri pregiudizi

per l'interesse pubblico, della disciplina oggi vigente in un assetto

alternativo nel quale l'ordinamento rinuncia ai previ controlli delle

amministrazioni sostituendo ad essi solo interventi amministrativi

successivi rivolti a riscontrare (senza margini di discrezionalità) se l'attività svolta dal privato è stata conforme alla normativa

sovraordinata e se chi l'ha realizzata era in possesso dei requisiti

prescritti. Il passaggio alla nuova disciplina — via, via che le singole fat

tispecie saranno individuate in sede regolamentare — renderà ine

vitabile una nuova delineazione del regime sanzionatorio (al quale — nelle aree, almeno, di riserva di legge: si pensi a quelle penali — non potrà farsi fronte con la disciplina regolamentare).

È il caso di valutare, perciò, la possibilità di introdurre, nello

schema, una disposizione, di carattere generale, rivolta a conver

tire le precedenti fattispecie sanzionate (imperniate, di regola, sulla

carenza del titolo o sulla divergenza dal titolo) in nuove figure nelle quali dovrebbe conferirsi significato, ai fini della reazione

sanzionatoria, alla avvenuta esplicazione dell'attività (liberalizza

ta) in difformità dalla normativa sovraordinata o da parte di chi

risultava sprovvisto dei requisiti soggettivi richiesti.

C) Sul piano formale la norma del 1° comma, sembra richiede

re, inoltre, le seguenti integrazioni e modifiche.

a) Pare necessario disporre, anzitutto, che il regolamento, al

quale si commette il compito di individuare le singole fattispecie

nei riguardi delle quali dovrà trovare applicazione il nuovo regi

me, venga adottato — come prescrive l'art. 87 Cost. — non con

decreto del presidente del consiglio dei ministri ma del presidente

della repubblica.

b) In vista di una più precisa delimitazione degli spazi regola

mentari (al regolamento si affida il compito di decidere quali fat

tispecie vanno fatte ricadere sotto il regime della liberalizzazione)

va precisato che l'esonero dal titolo può venire disposto dal rego

lamento solo in ordine a fattispecie che, nell'attuale regime, risul

tano sottoposte a previ controlli di carattere rigorosamente

vincolato o caratterizzati da una discjezionalità particolarmente

limitata (della quale ultima l'amministrazione perderà, ovviamen

te, l'esercizio in coincidenza con il passaggio al nuovo regime

fondato sui soli controlli vincolati successivi all'attività posta in

essere).

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PARTE TERZA

c) Al regime di piena liberalizzazione di certe attività, di cui

fin qui è parlato, sarebbe opportuno che lo schema affiancasse

anche un alternativo, più moderato regime, destinato ad ottenere

applicazione quando, in relazione a talune fattispecie, si ritenga di non rinunciare del tutto ad una disciplina imperniata sulla di

sponibilità del previo titolo abilitativo.

Potrebbe pensarsi, in questa ipotesi (riconducendosi la discipli na tra le misure a tutela della inerzia), al passaggio ad un regime di «franchigia» dal titolo solo se, decorso un certo termine, l'am

ministrazione non abbia adottato alcuna pronuncia sulla richiesta

dell'atto abilitativo (v. per una analoga soluzione art. 8 1. 94/82). 27. - Il 2° comma dell'art. 20 dispone che (a livello di normati

va regolamentare per quanto concerne lo Stato: per le regioni vedi art. 29) dovranno essere identificate fattispecie nelle quali l'attività del privato — subordinata per il suo esercizio a valuta

zioni discrezionali della p.a. in sede di rilascio dell'atto abilitati

vo — potrà ritenersi per fictio iuris assentita, e secondo le richieste

avanzate dal privato nella sua istanza, qualora l'amministrazione

non pronunci (c.d. silenzio-assenso). Si consente, in questo modo, la produzione ex lege, nell'ordi

namento, di questi stessi effetti che il privato avrebbe potuto con

seguire in forza di una pronuncia esplicita e favorevole dell'autorità

amministrativa.

L'interessato resterà, perciò, abilitato a dar vita, e in confor

mità del suo progetto, all'attività come sarebbe accaduto se l'am

ministrazione avesse rilasciato il titolo prescritto. In virtù del regime ora ricordato — a differenza che nei casi

di cui al 1° comma — si dispiegano, perciò, nell'ordinamento,

gli effetti indicati nell'istanza (l'abilitazione ad agire in conformi

tà del progetto predisposto) pur se non sussistano, in ipotesi, le

condizioni volute dalla legge (cosi come accadrebbe se, sul pro

getto presentato dal privato, fosse intervenuta una pronuncia abi

litativa illegittima dell'autorità amministrativa). È da rinvenire, appunto, nella equiparazione all'atto ammini

strativo del progetto del privato (anche illegittimo) sul quale non

è sopraggiunta la pronuncia, la ragione d'essere della regola del

2° comma che contempla l'annullamento del titolo (id est: dell'at

to amministrativo fittizio) quando l'amministrazione rilevi l'ille

gittimità del progetto e la sussistenza dell'interesse pubblico alla

sua rimozione.

Spetterà, naturalmente, al regolamento decidere quando, in pre senza di fattispecie oggi caratterizzate da momenti di discreziona

lità, convenga avvalersi del regime di cui al 1° comma

(liberalizzazione dell'attività con perdita dei poteri discrezionali

anche in sede di controllo) o di quella del 2° comma (silenzio

assenso).

Logica vorrebbe (e di ciò dovrà tenersi conto in sede regola

mentare) che il regime del silenzio-assenso (atto fittizio) debba

essere preferito quante volte siano presenti momenti di discrezio

nalità — da valutare in sede di controllo preventivo — ai quali l'ordinamento non intenda rinunciare.

Il silenzio-assenso, conducendo infatti alla immissione nell'or

dinamento di un atto fittizio (immagine fedele dell'assetto pro

gettato dal privato), consente, di attribuire ancora valore ai momenti discrezionali. L'amministrazione potrà, cosi, ad esem

pio, in via di autotutela annullare (sussistendo l'interesse pubbli co) il silenzio-assenso anche per profili di eccesso di potere non

strettamente connessi alla formazione di una specifica volontà, come l'illogicità oggettiva dell'assetto, la disparità di trattamen

to, ecc.).

Sembrerebbe, però, necessario — proprio in vista di consentire

all'amministrazione di avvalersi ancora dei poteri discrezionali in

sede di autotutela — sopprimere quella proposizione dell'art. 20

nella quale si prevede l'annullamento d'ufficio del silenzio-assenso

solo quando quest'ultimo risulti venuto in essere «in mancanza dei presupposti e dei requisiti di legge» (negandosi, cosi, ogni significato a momenti di discrezionalità).

28. - La disciplina sviluppata nel titolo V (accesso ai documenti

amministrativi) trova ispirazione nella legislazione vigente nei paesi scandinavi.

Occorre, peraltro, dare atto che esigenze analoghe erano state,

presso di noi, già avvertite ai tempi della emanazione della Costi tuzione repubblicana.

La commissione per gli studi per la organizzazione dello Stato

(v. in particolare la relazione di cui fu estensore Antonio Sorren

tino) ebbe a sottolineare, infatti, l'opportunità dell'inserimento, nella Costituzione di disposizioni che sancissero il diritto degli

Il Foro Italiano — 1988.

appartenenti alla collettività ad avere visione o copia dei docu

menti amministrativi.

Evidenti gli obiettivi ai quali tende la normativa di cui al titolo

in esame: assicurare l'accesso alle fonti di informazione pubblica sia per favorire il coinvolgimento dei cittadini nei processi di de

cisione, sia per consentire agli stessi un permanente riscontro del

la correttezza dell'azione dei pubblici poteri. 29. - Passando all'esame delle singole disposizioni che com

pongono il titolo in esame va rilevato che l'art. 21 attribuisce

il diritto di accesso «ai cittadini» (secondo le modalità stabilite

dalle successive disposizioni dello schema: v. oltre).

Andrebbe, peraltro, valutata l'opportunità di estendere anche

allo straniero, in determinate circostanze, l'esplicazione di questa facoltà (si pensi, ad esempio, ai lavoratori stranieri in Italia).

30. - L'art. 22 individua, con una formula di particolare latitu

dine, i soggetti nei confronti dei quali l'accesso potrà essere eser

citato: le «amministrazioni dello Stato» (ivi comprese le aziende

autonome); gli «enti pubblici» e i «concessionari di pubblici servizi».

È da supporre che fra gli enti pubblici debbano comprendersi anche gli enti pubblici economici, limitatamente, almeno, alla do

cumentazione attinente alla loro attività organizzativa (arg. ex art.

21, ultimo comma, e 23, 2° comma, lett. d). 31. - Al diritto di accesso l'art. 23 (e — come si vedrà — anche

il successivo art. 24) apportano taluni limitazioni:

A) Cosi, anzitutto, nel 1° e nel 2° comma dell'art. 23 risulta

vietato l'accesso ai documenti coperti da segreto di Stato ai sensi

dell'art. 12 1. 11 dicembre 1981 n. 861; ai documenti coperti da

divieti di divulgazione «altrimenti previsti dall'ordinamento»; ad

ogni documento la cui diffusione possa, comunque, pregiudicare la sicurezza, la difesa nazionale, le relazioni internazionali, la po litica monetaria, valutaria, l'ordinamento pubblico, ecc.

B) Si riconosce, poi, ai soggetti pubblici, obbligati a consentire

l'accesso (art. 22), la facoltà di differirne l'esecuzione — in rela

zione, ovviamente, a documenti non rientranti tra quelli sub A) — quando la «conoscenza» di essi potrebbe «impedire o grave mente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa».

C) Si dispone, infine, il divieto di accesso — durante l'iter di

formazione — agli atti preparatori di provvedimenti di carattere

normativo, di atti generali di pianificazione e di programmazione

salvo, naturalmente, che le singole normative non dispongano di

versamente.

Tutte le accennate limitazioni e cautele hanno un indubbio fon

damento, tendendo ad evitare che l'accesso indiscriminato incida

su interessi pubblici fondamentali.

Sarebbe, tuttavia, opportuno che una più puntuale identifica

zione dei documenti sottratti all'accesso fosse preventivamente ten

tata in via regolamentare da ciascuna amministrazione.

E ciò, tra l'altro, per evitare che i singoli uffici, adottino, caso

per caso, interpretazioni divergenti (e speciosamente restrittive). 32. - L'art. 24 prescrive, nel 2° comma, che la richiesta di ac

cesso ai documenti deve essere «motivata» (e, perciò, accompa

gnata da indicazioni valide ed apprezzabili ragioni). Il detto onere, gravante sul privato, è rivolto, infatti, ad otte

nere che delle facoltà di accesso non si faccia un uso distorto

(ad esempio acquisendosi elementi da utilizzare al fine di nuocere

a terzi, ecc.). 33. - La normativa offre, poi (sempre nell'art. 24), una specifi

ca disciplina, sostanziale e processuale, rivolta ad assicurare tute

la nei riguardi dei rifiuti e delle omissioni illegittimi della p.a. in tema di accesso.

Si precisa, cosi, che il rifiuto di accesso, il differimento e la

limitazione di esso debbono essere motivati; che, trascorsi, inutil

mente, trenta giorni dalla istanza di accesso, i documenti richiesti

si intendono rifiutati riconoscendosi, cosi, all'interessato veste per

contestare, in sede contenziosa, l'inerzia dell'amministrazione.

Sempre nella norma in esame si dettano, poi, particolari regole

processuali per apprestare un contenzioso rapido ed efficiente nei

riguardi dei dinieghi espliciti e delle inerzie amministrative nell'a rea dell'accesso.

Si stabilisce, a tal fine, che è accordato all'interessato la possi bilità di avanzare ricorso nel termine di trenta giorni al T.A.R. che dovrà pronunciare in camera di consiglio, con ordinanza mo

tivata, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il depo sito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne facciano richiesta.

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Page 12: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || adunanza generale; parere 19 febbraio 1987, n. 7; Pres. Crisci; Pres. cons. ministri

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Sempre nella logica acceleratoria che è alla base della procedu ra si stabilisce che la decisione del tribunale amministrativo va

appellata entro trenta giorni dalla notifica della stessa e che il

Consiglio di Stato decide, in appello, con le stesse modalità e

negli stessi termini (i predetti termini dovranno intendersi, ovvia

mente, sospesi, nel caso di incombenti istruttori disposti dall'or

gano giurisdizionale). La norma si conclude disponendo, che, in caso di totale o par

ziale accoglimento del ricorso, l'organo giurisdizionale dispone «l'esibizione dei documenti richiesti, adottando, ove occorra, i

provvedimenti necessari anche in via sostitutiva».

Per quanto concerne le norme di carattere processuale che si

sono ora riferite, questa adunanza generale ritiene di dover avan

zare i seguenti rilievi:

a) Sembra non coerente l'(implicito) assoggettamento al nor

male regime di tutela delle contestazioni avanzate nei confronti

di atti che anziché ritardare o negare l'accesso l'accordino. Va,

invero, riconosciuto anche ai terzi la facoltà di insorgere contro

atti che assentono ad altri la visione o la copia di provvedimenti che li riguardano beneficiando, cosi, della speciale, accelerata di

sciplina processuale avanti ricordata.

b) Non sembra, poi, esatto denominare la pronuncia conclusi

va del processo di primo grado, «ordinanza». Tale atto concreta,

infatti, una vera e propria decisione che chiude la lite (d'altra

parte la stessa norma, con riguardo sempre alla pronuncia di pri mo grado, denomina la stessa, in altro punto, «decisione»).

c) Anche l'ultimo comma andrebbe meglio formulato.

L'obiettivo di questa disposizione sembra quello di ottenere che,

già sulla base della sentenza di primo grado (salva sospensione in appello della detta pronuncia), la p.a. possa venire obbligata, in via coattiva, ad offrire in visione o a rilasciare copie di atti.

Ora è evidente che, a questi fini, ciò che occorre conseguire

(in deroga al generale regime di cui all'art. 37 1. 1034/71 richie

dente il «giudicato» per l'avvio della ottemperanza) è che la sen

tenza di primo grado possa venir realizzata in via esecutiva

ottenendosi, in questo modo — ove manchi lo spontaneo adem

pimento dell'amministrazione — il conseguimento (con l'ottem

peranza o misure similari eventualmente espresse nella stessa fase

di cognizione) di quell'accesso agli atti che la sentenza cognitoria ha riconosciuto ma che l'amministrazione persiste nel rifiutare.

34. - L'art. 25 si preoccupa di ottenere — secondo modalità

che si lascia ai singoli ordinamenti di determinare — la più larga diffusione delle direttive, dei programmi, delle istruzioni, delle

circolari, ecc. della p.a. Nell'ultimo comma si dispone (con una norma che richiedereb

be, forse, sul piano letterale, una formulazione più adeguata) che

la pubblicazione integrale degli atti predetti in giornali ufficiali

o secondo le norme stabilite nei singoli ordinamenti «assicura la

libertà di accesso ai documenti in detti atti indicati». Ciò sembra

significare che l'interessato ha, in questo caso, diritto ad ottene

re, senz'altro l'accesso, senza che possa essergli opposta alcuna

limitazione.

35. - Nell'art. 26 si prevede la istituzione, presso la presidenza del consiglio dei ministri, di una commissione per l'accesso ai

documenti amministrativi. Alla detta commissione resta affidato

(a parte ulteriori attribuzioni di minore rilievo: studi, raccoman

dazioni, ecc.) il compito di vigilare sull'applicazione della disci

plina del diritto di accesso riferendo annualmente alle camere e

alla presidenza del consiglio dei ministri.

Nell'ultimo comma si dispone che tutte le amministrazioni co

munichino, nel termine assegnato, le informazioni e i documenti

ad esse richiesti e concessi.

Per quanto si riferisce alla composizione del detto organo —

tenuto conto delle competenze ad esso assegnate (competenze che

trascendono l'ordinamento della p.a. concernendo aspetti essen

ziali dello Stato-comunità) — sembrerebbe opportuno disporre che tra i membri della commissione siano inseriti anche parla

mentari o tecnici scelti dal parlamento. 36. - L'art. 27 — rivolto a coordinare l'art. 15 t.u. n. 3 del

1957 con le nuove proposizioni in tema di diritto di accesso —

non dà luogo a sostanziali rilievi.

Una sola modifica, di carattere formale, potrebbe essere di qual

che utilità: la sostituzione della espressione «dalle leggi», conte

nuta nella proposizione finale con l'espressione «dall'ordinamento».

E ciò in quanto le ipotesi di preclusione di cui alla norma trag

gono origine anche da atti di carattere non legislativo.

Il Foro Italiano — 1988.

37. - A) A proposito della normativa ora in esame (concernen te il diritto di accesso) va rilevato, peraltro, in via generale, che

la stessa non pare tener conto (o tener conto in maniera adegua

ta) — a differenza della legislazione dei paesi stranieri — dei nuovi

strumenti informatici (che pur ottengono sempre più larga appli cazione nell'amministrazione).

Due particolari esigenze vanno, infatti, soddisfatte, in un siste

ma caratterizzato dalla raccolta di dati effettuata con tali conge

gni: a) una larga divulgazione dei criteri seguiti dall'amministrazione per la raccolta e la utilizzazione dei docu

menti; b) la previsione di una tutela dei dati capace di evitare

un uso distorto dell'accesso (soprattutto a salvaguardia dei dati

concernenti la vita privata). Per quanto si riferisce al primo aspetto va rilevato, ad esem

pio, che la legge francese n. 78/17 del 6 gennaio 1978 (loi relative

à l'informatique, aux fichìers ed aux libertés) dispone che la com

missione nazionale dell'informatica e della libertà mette a dispo sizione del pubblico l'elenco degli archivi e tutte le notizie

concernenti finalità e funzioni di essi; l'indicazione dell'ufficio

presso il quale può essere eseguito il diritto di accesso (diritto che — in quel sistema: v. art. 34 ss. — ha per contenuto non

solo la facoltà di ottenere visione dell'atto ma anche informazio

ni circa la sua effettiva portata).

Analoghe previsioni risultano racchiuse nell'art. 8 della con

venzione europea per la protezione delle persone in relazione ai

trattamenti automatizzati dei dati a carattere personale (conven

zione, aperta alla firma a Strasburgo il 28 gennaio 1981, e firma

ta dall'Italia il 2 febbraio 1983) e nell'art. 21 della legge sulla

protezione dei dati (Data protection act, 1984) con la quale, in

Gran Bretagna, è stata disciplinata l'utilizzazione dell'informa

zione automatica concernente persone nonché la prestazione di

servizi in relazione a dette informazioni ed è stato adeguato al

l'ordinamento interno alla convenzione europea sopra richiamata.

Per quanto concerne il secondo punto (quello relativo ai rischi

di un accesso indiscriminato ai documenti amministrativi senza

una specifica normativa di protezione dei dati personali) va riba

dita la necessità di dar vita ad un sistema che garantisca, attra

verso normative tra loro armonizzate, ad un tempo, l'accesso e

la tutela dei dati (concernenti soprattutto la vita privata). È evidente, infatti, che dati ricavabili da documenti pubblici,

i quali, di per sé, sembrano non incidere sulla vita privata del

soggetto, se messi in connessione con altri dati, anch'essi appa rentemente neutri, riguardanti lo stesso soggetto, possono com

pletamente travolgere la soglia della sua vita privata; allo stesso

modo dati, che di per sé appaiono non toccare la sfera della vita

privata di un soggetto facente parte di un gruppo, messi in con

nessione con altri dati apparentemente neutri concernenti altri sog

getti dello stesso gruppo possono incidere profondamente sulla

sfera dei diritti inviolabili degli appartenenti al gruppo. 38. - Il titolo VI (costituito da un'unica norma: l'art. 28) non

dà luogo a sostanziali rilievi per quanto attiene alle regioni a sta

tuto ordinario.

Sembra, invero, del tutto ineccepibile l'enunciazione di cui alla

citata disposizione nella quale si afferma che la legge sul procedi mento esprime principi fondamentali (art. 117 Cost.) ai quali la

potestà legislativa delle regioni a statuto ordinario dovrà con

formarsi.

Una diversa formulazione sembrerebbe, invece, opportuna per le regioni a statuto speciale. Occorrerebbe infatti, precisare che

la nuova legge sul procedimento amministrativo si impone alle

dette regioni nei soli limiti in cui il nuovo assetto esprime riforme

economico-sociali (lasciando, all'interprete — e in primo luogo alle regioni interessate — di valutare se la totalità dei principi di cui alla legge in esame o solo parte di essi siano rivolti a realiz

zare una «grande riforma» nell'ordinamento).

Sembra invece capace di operare sia nei riguardi delle regioni

a statuto ordinario che di quelle a statuto speciale la disposizione

di cui al 2° comma dell'art. 28 nella quale si stabilisce che le

disposizioni di dettaglio — pure racchiuse nella nuova legge —

operano, in via diretta, come disposizioni suppletive in quegli am

biti nei quali si produce l'abrogazione della precedente disciplina

per il sopravvenire dei nuovi principi (fino a quando naturalmen

te le regioni non avranno dato vita a un nuovo assetto conforme

ai nuovi principi). Per questi motivi, nelle suesposte considerazioni è il parere del

l'adunanza generale del Consiglio di Stato.

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