Rivista di giurisprudenza amministrativaSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 221/222-223/224Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179304 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
636/72, nonché la pacifica giurisprudenza formatasi su quest'ul timo testo normativo ed ancor più confermata dalla facoltà, rico
nosciuta alle commissioni tributarie di emettere pronunzie di
condanna, con la quale, tuttavia, è stata riconosciuta l'applicabi lità al processo tributario, anche di quelle disposizioni, contenute
nel libro secondo del codice di procedura civile, compatibili con
le norme processuali tributarie e con le leggi che disciplinano le
singole imposte, purché configurino principi fondamentali e co
muni necessariamente ordinatori del processo. Precisa che, nella specie in esame, sul punto qui in osservazio
ne, l'attore si è limitato a richiedere l'accertamento generico del suo diritto, quanto dire: la sola declaratoria iuris; il conve
nuto, invece, chiede anche l'estensione dell'accertamento al
quantum. In tale rapporto processuale, così costituitosi, questo collegio
è tenuto a pronunziarsi anche su questa seconda istanza, invero
limitatrice di quella proposta nel giudizio di opposizione e con
fermata in appello; né ad una tale pronunzia è di ostacolo
il disposto dell'art. 278 c.p.c. giacché tale norma, che consente
di emettere la sola condanna generica rinviando la liquidazione in separato giudizio, condiziona una tale pronunzia ad un accor
do processaule tra le parti in causa o, quanto meno, alla manca
ta opposizione del convenuto sulla delimitazione all 'an della
res in iudicio deducta; nel caso in esame le contrapposte parti
parimenti sfuggono a qualunque rappresentazione volitiva ricon
ducibile nella necessaria formula dell'accordo processuale, men
tre l'istanza conclusionale del convenuto esclude una tale
delimitazione.
D'altra parte, allorquando nello stesso rapporto processuale è ricondotto il riconoscimento dello ius e la liquidazione del
diritto stesso, cioè: quando nello stesso giudizio di cognizione si esercitano le corrispondenti azioni di accertamento e di con
danna, il giudice non può, per il combinato disposto degli art.
112 e 278 c.p.c., scindere, ove sussista unitarietà di domanda,
il giudizio sull'an da quello sul quantum, ma deve decidere
su tutta la domanda anche in ordine al quantum, accogliendola,
se sorretta da prove idonee, respingendola, in caso contrario;
in quanto l'art. 112 c.p.c. non circoscrive l'obbligo della pro
nunzia alle sole domande complete ed istruite ma l'estende ad
ogni domanda espressamente formulata nelle conclusioni, anche
se, per avventura, chiaramente infondata e persino se eventual
mente assorbita dalla statuizione su altra domanda, dovendo,
in tal caso, risultare, quanto meno per implicito, come motivo
determinante della omessa pronunzia nel merito; mentre l'art.
278 c.p.c. naturalmente subordina la consentita scissione, oltre
che all'«apprezzabile interesse», cui al precedente art. 277,
che, nella specie risulta de iure, ed all'esigenza dell'istruzione
della domanda sul quantum, alla condizione della «istanza di
parte». Sotto diverso profilo, poi, la decisione di condanna, oltre
a presentare l'attitudine a generare, in capo ai soggetti legittima
ti, l'esecuzione forzata — effetto principale —, quanto meno,
provvedimenti cautelari — effetti a portata speciale —, è conna
turata da un crisma di certezza, indissolubile anche se la voluta
sicurezza, a supporto, presenta intensità varia.
Per ciò, nel condizionare la possibilità di emettere pronunzia
di condanna, la normativa tributaria non solo ha ristretto tale
facoltà all'esito favorevole, o parzialmente favorevole, nel giudi
zio di accertamento del diritto, nel rapporto controverso — per
cui questa fase del giudizio di cognizione si presenta come un
prius rispetto alla pronunzia di condanna —, quanto ha limitato
una tale pronunzia alle decisioni che importino condanna al pa
gamento, in capo all'amministrazione delle finanze dello Stato,
di una determinata somma di danaro: «credito certo».
Sotto l'aspetto sostanziale, quindi, la domanda di condanna
presuppone, non solo l'accertamento del diritto quanto anche la
liquidità, o la liquidabilità, del credito che, nella specie in esame,
si pone a fondamento del richiesto rimborso; liquidità che, se
si presentava certa nei precedenti gradi di giudizio in quanto rap
presentava l'esatto ammontare dell'intera imposta trattenuta, in
Il Foro Italiano — 1988 — Parte III-8.
Irpef, al titolare dell'indennità di buonuscita, essendo ancorata
a questo solo elemento fatturale, in questo grado, invece, in con
seguenza del premesso giudizio di accertamento e per effetto del
le predette supervenienze normative, nonostante l'esposizione
quantificatrice della parte contribuente, la voluta e necessaria cer
tezza del credito potrebbe attingersi, o, come nella specie, verifi
carsi, soltanto ove al fascicolo processuale fossero acquisiti e
documentati tutti gli elementi di fatto e gli atti indispensabili al
ricalcolo dell'imposta dovuta, per poi trarre la differenza con quella
già corrisposta, cioè la «somma certa» da porre a base della pro nunzia di condanna al rimborso.
Consegue che, in mancanza di produzione documentale — ele
menti di fatto ed atti a supporto della liquidazione definitiva ef
fettuata, da osservarsi in verifica dello schema di riliquidazione elaborato dalla parte contribuente — ed in difetto della necessa
ria istanza di parte — elemento condizionante la bitemporalizza zione o scissione del procedimento di accertamento dalla
determinazione del «debito certo», da porre a base della pronun zia di condanna —, questo collegio, sul punto, non può accoglie re la domanda della parte contribuente.
Concludendo: l'amministrazione delle finanze dello Stato è par zialmente vittoriosa nel giudizio di accertamento dell 'an debea
tur, avendo sostenuto la totale tassabilità dell'intera somma
liquidata, quale buonuscita, alla controparte, dall'Enpas mentre
dall'applicazione dei principi e criteri supervenienti contenuti nel
la 1. 482/85, dalla recezione di tali modificazioni nell'ordine co
stituzionale e dalla addizione apportata, dalla Corte costituzionale, a tale legge, con la sentenza n. 178 dell'anno 1986, emerge non
soltanto che una parte di detta indennità sfugge del tutto ad ogni
imposizione, quanto la residua somma, liquidata dall'ente, è im
ponibile secondo criteri differenti, e sostanzialmente più favore
voli alla parte contribuente, da quelli adottati dall'amministrazione;
per ciò, esclusa la computabilità, nella base imponibile, delle som
me corrisposte in contribuzione dal pubblico dipendente, dai no
vellati principi e sistemi di calcolo deriva, in concreto e per differenza con la imposta già trattenuta, fondatamente un «cre
dito» di parte contribuente a carico dell'amministrazione delle
finanze dello Stato e, quindi, il diritto, per il primo, e l'obbligo,
per la controparte, al rimborso; l'impossibilità, per carente pro duzione documentale di fatti ed atti, di liquidare, in questa sede
ed in concreto, un credito certo, impone la conseguente pro
nunzia.
Rivista di giurisprudenza amministrativa
Giustizia amministrativa — Regolamento di competenza — In
fondatezza — Fattispecie (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu
zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21, 31).
È infondato ii regolamento proposto da un ministero per con
testare la competenza territoriale del tribunale amministrativo re
gionale periferico sul ricorso contro provvedimento di un ente
locale, per l'affermata contestuale impugnazione anche di una
circolare ministeriale, se neppure il ministero l'abbia esibita in
giudizio. (1)
Consiglio di Stato; sezione IV; decisione 20 maggio 1987, n.
295; Pres. Pezzana, Est. Santoro; Min. tesoro c. Bernardi e altri.
(1) La decisione si inserisce nella linea giurisprudenziale che costruisce
il regolamento di competenza come incidente processuale disciplinato da
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PARTE TERZA
regole particolari ispirate ad esigenze di celerità; per questa ragione non
è possibile integrare il contraddittorio (il ricorso per regolamento va noti
ficato a tutte le parti intimate col ricorso o comunque costituite in giudi zio: Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 1986, n. 106, Foro it., Rep. 1986, voce Giustizia amministrativa, n. 89; 22 gennaio 1986, n. 50, ibid., n.
90; 29 novembre 1985, n. 612, ibid., n. 91; ad. plen. 16 maggio 1985,
n. 15, id., 1985, III, 417, con nota di richiami) cosi come non è possibile
impugnare la decisione con ricorso per revocazione (Cons. Stato, sez.
VI, 4 maggio 1982, n. 244, id., 1983, III, 46, con nota di C.E. Gallo, e in Giusi, civ., 1982, I, 3179, con nota di A. Luoo) anche se la decisione
assume forma di sentenza (Stella Richter, La competenza territoriale
net giudizio amministrativo, 1975, 44). 11 regolamento di competenza è deciso in camera di consiglio: quest'a
spetto del rito non è trattato da Saitta, La camera di consiglio nella
giustizia costituzionale e amministrativa, 1980.
Nella specie, il mancato deposito dell'atto in relazione all'impugnazio ne del quale era stato sollevato il regolamento ha condotto ad una pro nunzia di rigetto e non di inammissibilità o improcedibilità (come avviene,
nel secondo senso, nella ipotesi in cui non venga depositata in giudizio la sentenza appellata: Cons. Stato, ad. plen., 22 dicembre 1982, n. 20,
Foro il., 1983, III, 99, con nota di richiami).
* * *
La decisione è cosi motivata: Diritto. — Il ricorso per regolamento di competenza è infondato.
La circolare ministeriale dalla cui impugnazione il ministero ritiene con
seguire la competenza del T.A.R. Lazio non è stata esibita in giudizio dalle parti, neppure dal ministero del tesoro, che pure vi era tenuto ai
sensi del 4° comma dell'art. 21 1. 6 dicembre 1971 n. 1034.
11 mancato adempimento di tale onere istruttorio non consente ora, attesa la necessaria speditezza che nella ratio dell'art. 31 1. cit. deve avere
la decisione delle questioni di competenza territoriale nel giudizio ammi
nistrativo, di ordinare l'acquisizione istruttoria della circolare ci
tata.
Pertanto, poiché il motivo dedotto dal ministero a favore della compe tenza del T.A.R. Lazio deve ritenersi non sorretto da alcuna prova, deve
concludersi per il rigetto del ricorso in esame.
Responsabilità contabile e amministrativa — Amministratori di
enti locali — Provvedimenti illegittimi — Sanatoria ed esonero
da responsabilità disposti con legge interpretativa — Questio ne non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 81; d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, provvedimenti urgenti
per il settore della finanza locale per l'anno 1983, art. 30;
I. 26 aprile 1983 n. 131, conversione in legge, con modificazio
ni, del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55; 1. 2 maggio 1984 n.
104, interpretazione autentica dell'art. 30, comma 4.1, d.l.
28 febbraio 1983 n. 55, convertito in legge, con modificazioni,
dalla 1. 26 aprile 1983 n. 131, concernente i provvedimenti adottati dagli enti locali a fini pensionistici e previden
ziali).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 30, 4° comma, d.l. 28 gennaio 1983 n. 55, come convertito in 1. 26 aprile 1983 n. 131, nella parte in cui,
secondo l'interpretazione fornita dalla 1. 2 maggio 1984 n. 104,
esonera da responsabilità contabile gli amministratori, per i prov vedimenti illegittimi adottati dagli enti locali ai fini pensionistici e previdenziali, in applicazione dell'accordo nazionale del 5 mar
zo 1974 avente decorrenza dal 1° gennaio 1975, e contestualmen
II Foro Italiano — 1988.
te sana tali provvedimenti illegittimi, in riferimento all'art. 81
Cost. (1)
Corte dei conti; sezione 1; ordinanza 21 maggio 1984 (Gazzetta
ufficiale, la serie speciale, 24 dicembre 1986, n. 60); Proc. gen. Corte conti c. Boschesi e altri.
(1) Identica questione di legittimità costituzionale era già stata sollevata
da Corte conti, sez. 1, ord. 21 maggio 1984, Foro it., Rep. 1985, voce
Pensione, n. 23, annotata da Sica, in Regioni, 1984, 1452, e Corte conti, sez I, 14 luglio 1984, Foro it., Rep. 1985, voce Comune e provincia, n. 166.
In ordine all'applicazione della norma impugnata, prima dell'entrata
in vigore della legge interpretativa, v. Corte conti, sez. I, 4 novembre
1983, n. 148, id., Rep. 1984, voce Impiegato degli enti locali, n. 157, annotata da Pollice, in Finanza locale, 1984, 664.
Nel senso della responsabilità degli amministratori degli enti locali che
con il loro comportamento (aver deliberato gli aumenti retributivi non
dal 1° gennaio 1975, ma in corso d'anno al fine di non versare i contribu
ti pensionistici sulla maggiore retribuzione corrisposta), avevano provoca to un danno economico ad un diverso ente pubblico (Cpdel), v. inoltre
Corte conti, sez. I, 6 gugno 1984, n. 36, Foro it.. Rep. 1985, voce Re
sponsabilità contabile, n. 203, nel senso della sussistenza della giurisdizio ne della Corte dei conti a conoscere dei danni arrecati dagli amministratori
locali alla Cpdel. In ordine a riparto di giurisdizione tra Corte dei conti e giudice ordina
rio, relativamente a questioni di responsabilità di amministratori e dipen denti di enti locali, esiste un contrasto tra l'indirizzo seguito dalla Corte
di cassazione e dalla Corte dei conti. Mentre la seconda tende ad estende
re la propria competenza, la prima cerca di ridurne la portata, v. da
ultimo Cass. 2 marzo 1987, n. 2186, id., 1987, I, 2132, con nota di ri
chiami, che ha negato la giurisdizione della Corte dei conti sui danni
provocati dai ritardi per i servizi espletati nell'interesse dell'amministra
zione statale da parte di dipendenti comunali. Per l'insussistenza della
giurisdizione della Corte dei conti in altre ipotesi di responsabilità di sin
daci e amministratori comunali (anche per i danni provocati al proprio
ente), nonché per l'individuazione dei criteri generali per il riparto di
giurisdizione, cfr. Cass. 9 dicembre 1986, n. 7291 e 21 novembre 1986, n. 6833, id., 1987, 1, 1807, con nota di A. Romano.
Nel senso del diniego di giurisdizione della Corte dei conti sulla respon sabilità per i danni arrecati ad un ente diverso da quello rispetto al quale l'amministratore ha un rapporto di servizio, nonché per la puntualizza zione dei criteri di riparto, relativamente ad altre ipotesi concernenti am
ministratori e dipendenti di enti locali, v. da ultimo Cass. 6 gennaio 1986, n. 217 (in ordine al secondo punto) e 18 dicembre 1985, n. 6437 (in ordi
ne al primo punto), id., 1987, 1, 1563, con ampia nota di richiami.
V. inoltre Corte conti, sez. riun., 17 aprile 1986, n. 470, id., Rep. 1986, voce cit., n. 248, in tema di responsabilità di amministratori comu
nali, per la sussistenza della giurisdizione contabile (relativamente ad una
fattispecie di mancata riscossione di imposte), annotata da Sepe, in Riv.
amm., 1986, 635.
In dottrina v. anche Maddalena, in Finanza locale, 1986, 661 e Polli
ce, ibid., 269.
In margine alla ordinanza in epigrafe cfr. la nota di R. Tarchi, Le
leggi interpretative come strumento di dialogo (o di bisogno?) fra parla mento e giudici, in questo fascicolo, 1.
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