Rivista di giurisprudenza amministrativaSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 339/340-343/344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187477 .
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PARTE TERZA
Fatto. — Il sig. Calamai Giuliano, esercente l'attività di idrau
lico, ha prodotto ricorso contro il silenzio rifiuto opposto dal
l'intendenza di finanza di Firenze avverso l'istanza di rimborso
della somma di lire 187.000 versata quale imposta locale sui
redditi per il 1980. Il sig. Calamai Giuliano ha eccepito la non assoggettabilità a tassazione Ilor del reddito derivante dall'atti
vità di artigiano per la mancanza dei presupposti di legge per i redditi, come quello artigianale del ricorrente, che presentano una componente patrimoniale insignificante.
Il contribuente ha chiesto la sospensione del giudizio, con
rinvio degli atti alla Corte costituzionale per la questione di le
gittimità dell'art. 1, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, nella parte che esclude dalla imposizione i redditi di lavoro di
pendente, ma non anche i redditi derivanti da attività meramen
te artigianale da considerarsi redditi di lavoro, operando cosi
una illegittima discriminazione tra diversi redditi di lavoro e
ciò in contrasto con gli art. 3, 35, 45 e 53 Cost.
La Commissione tributaria di I grado di Prato con decisione
n. 354 del 2 febbraio 1983 accoglieva il ricorso della parte ed
ordinava il rimborso dell'imposta pagata. L'appello dell'ufficio
dell'imposte dirette di Prato veniva rigettato dalla Commissione
tributaria di II grado di Firenze con la decisione ora gravata di ricorso davanti a questa Commissione tributaria centrale.
L'ufficio sostiene che in nesun modo l'attività imprenditoria le dell'artigiano potrebbe essere ricondotta tra quelle di lavoro
autonomo, previste dall'art. 49 d.p.r. n. 597 del 29 settembre
1973. Diritto. — L'attività dell'artigiano se è volta alla cessione dei
beni è attività d'impresa e come tale rientra nella previsione di cui al 1° comma dell'art. 51 d.p.r. 917/86.
1990 n. 408) nonostante l'art. 22 1. 408/90 stabilisca il 1° gennaio 1991 come data della sua entrata in vigore (tale termine era stato spostato al 1° gennaio 1992 dal d.l. 1° marzo 1991 n. 62, non convertito in legge).
Sull'assoggettabilità all'Ilor dei redditi conseguiti nell'esercizio di un'im
presa artigiana, v. Cass. 20 luglio 1990, n. 7437, Foro il., 1990, I, 3136; 6 febbraio 1990, n. 788 e 14 dicembre 1989, n. 5605, ibid., 1524, con note di richiami cui si rinvia. V. inoltre, per la giurisprudenza della
Suprema corte: sent. 13 aprile 1991, nn. 3951-3953, id., Rep. 1991, voce Redditi (imposte), nn. 655-657; 12 aprile 1991, nn. 3880-3884, ibid., nn. 650-654; 29 novembre 1990, n. 11522, ibid., n. 658; 9 novembre
1990, n. 10791, id., Rep. 1990, voce cit., n. 514; 7 novembre 1990, n. 10737, ibid., n. 513; 26 settembre 1990, n. 9743, ibid., n. 527; 20
luglio 1990, n. 7443, ibid., n. 516 e Rass. trib., 1990, II, 651, con nota di A. Ciani; 20 luglio 1990, n. 7436, Foro it., Rep. 1990, voce
cit., n. 517; 20 luglio 1990, nn. 7438-7442, ibid., nn. 518-522; 20 luglio 1990, nn. 7444-7447, ibid., nn. 523-526; 20 giugno 1990, n. 6219, ibid., n. 529; 20 giugno 1990, n. 6215, ibid., n. 528; 19 giugno 1990, n. 6163, ibid., n. 530; 23 aprile 1990, n. 3370, ibid., n. 532; 23 aprile 1990, n. 3371, ibid., n. 533 e Dir. e pratica trib., 1991, II, 366, con nota di Novelli; 23 aprile 1990, n. 3372, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 531.
Per la giurisprudenza della Commissione tributaria centrale, v., di recente, dee. 18 dicembre 1991, n. 8990, Comm. trib. centr., 1991, I, 936; 5 dicembre 1991, n. 8372, ibid., 912; 5 dicembre 1991, n. 8369, ibid., 911; 16 novembre 1991, n. 7797, Fisco, 1992, 3719, con nota di Contestabile; 14 novembre 1991, n. 7666, ibid., 3719; 28 ottobre
1991, n. 7158, Comm. trib. centr., 1991, I, 833; 25 ottobre 1991, n.
7085, ibid., 820; 11 ottobre 1991, n. 6807, ibid., 773; 8 ottobre 1991, n. 6682, ibid., 750; 28 febbraio 1991, n. 1410, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 665; 13 febbraio 1991, n. 1164, ibid., n. 668; 5 novembre
1990, n. 7149, ibid., n. 666; 29 ottobre 1990, n. 7063, ibid., n. 667; 25 maggio 1990, n. 3933, id., Rep. 1990, voce cit., n. 535; 21 aprile 1990, n. 3092, ibid., n. 536; 7 marzo 1990, n. 1779, ibid., n. 537; 23
gennaio 1990, n. 475, ibid., n. 541; 10 gennaio 1990, n. 42, ibid., n.
538; 10 gennaio 1990, n. 40, ibid., n. 542. In dottrina, v., da ultimo, A. Ciani, I redditi di impresa assimilabili
fiscalmente a quelli di lavoro autonomo, in Rass. trib., 1990, I, 653; L. Carpentieri, La nozione fiscale di reddito d'impresa tra lrpef e Ilor: i dubbi della giurisprudenza di merito, la posizione della Cassazio ne e i recenti tentativi di risolvere il problema in via normativa, ibid., II, 993; E. Farina Valori, Cancellata l'Ilor restano i dubbi, in Corrie re trib., 1991, 263; Id., Ilor: piccole imprese in cerca di esenzione, ibid., 2587; G. Ferraù, Ilor piccole imprese: evoluzione giurisprudenziale e
legislativa, ibid., 2739; E. Lancia, Condizioni e requisiti delle imprese per usufruire del beneficio dell'esclusione dall'imposta locale - Art. 9, 2° comma, I. n. 408/1990, in Fisco, 1991, 5728; C. Pino, L'esclusione dall'Ilor per le piccole imprese, in Corriere trib., 1991, 1468.
La posizione dell'amministrazione finanziaria sull'art. 9 1. n. 408 si rinviene nella circ. 20 maggio 1991, n. 22/9/531, Corriere trib., 1991, 1811.
Sull'applicabilità dell'llor sui compensi dei collaboratori dell'impresa familiare, v. Cass. 17 aprile 1992, n. 4714, Foro it., 1992, I, 1375, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1992.
Se è volta alla produzione di servizi è considerata attività d'im
presa, ai sensi del 2° comma dello stesso articolo.
Ma il fatto che tale attività resti sempre qualificata d'impresa non implica automatico assoggettamento ad Ilor in quanto lo
stesso art. 9 1. 29 dicembre 1990 n. 408 ha aggiunto al 2° com
ma dell'art. 115 la lett. e) bis che esclude dall'Ilor «i redditi
d'impresa derivanti dall'esercizio di attività commerciali svolte
da soggetti diversi da quelli indicati al 1° comma dell'art. 87,
organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei familia
ri, ovvero con il lavoro dei soci, a condizione che il numero
complessivo delle persone addette, esclusi gli apprendisti fino
ad un massimo di tre, compreso il titolare, ovvero compresi i soci, non sia superiore a tre».
Cosi in pratica, recependo peraltro quanto già affermato dal
la Cassazione, viene data una esplicita qualificazione all'attività
dell'artigiano il cui reddito sia frutto più della componente la
voro che di quella patrimoniale.
Pertanto, in ordine alla fattispecie in questione, poiché se
condo l'art. 36 d.p.r. 4 febbraio 1988 n. 42 le disposizioni del
citato d.p.r. 917/86 hanno effetto anche per i periodi di impo sta antecedente al primo periodo di imposta successivo al 31
dicembre 1987, mentre non si pone più la questione circa la
qualificazione «d'impresa» dell'attività dell'artigiano, se ne de
ve necessariamente rilevare l'esclusione dall'Ilor per la mancan
za del presupposto per l'applicazione di tale tributo.
Rivista di giurisprudenza amministrativa
Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magi stratura — Deliberazione — Ricorso — Competenza funzio
nale del Tar Lazio — Questioni non manifestamente infon
date di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 125; r.d. leg. 15 maggio 1946 n. 455, statuto della regione siciliana, art.
23; d. leg. 6 maggio 1948 n. 654, norme per l'esercizio, nella regione siciliana, delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato, art. 1, 5; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla
costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della
magistratura, art. 17; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione
dei tribunali amministrativi regionali, art. 2, 3, 31, 40; 1.
12 aprile 1990 n. 74, modifica alle norme sul sistema eletto
rale e sul funzionamento del Consiglio superiore della magi
stratura, art. 4).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 1. 12 aprile 1990 n. 74, nella parte in
cui attribuisce al Tar Lazio la competenza funzionale inderoga bile sui ricorsi dei magistrati ordinari contro le deliberazioni
del Consiglio superiore della magistratura, in riferimento all'art.
3 (per il trattamento deteriore di tali magistrati, rispetto agli altri magistrati, ed agli altri dipendenti pubblici in genere), 24
(per la maggiore loro difficoltà di adire un tribunale ammini
strativo regionale diverso da quello nella circoscrizione del qua le vi è la loro sede di servizio), e 125 (per violazione del princi
pio del decentramento a livello regionale della giurisdizione am
ministrativa) Cost. (1) Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 4 1. 12 aprile 1990 n. 74, nella parte in cui, attribuendo al Tar Lazio la competenza funzionale inderogabile sui ricorsi dei magistrati ordinari contro le deliberazioni del Con
siglio superiore della magistratura, viene a sottrarre al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana l'appello su quelli di tali ricorsi che altrimenti sarebbero stati in primo grado di
competenza del Tar Sicilia (con trattamento deteriore dei magi strati ordinari interessati rispetto agli altri cittadini dell'isola),
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
in riferimento all'art. 23 dello statuto della regione siciliana,
in relazione agli art. 1 e 5 d. leg. 6 maggio 1948 n. 654. (2)
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia; ordinanza
30 maggio 1991; Pres. Serio, Rei. Adamo; Grillo (Avv. Corso)
c. Consiglio superiore della magistratura, Min. grazia e giusti
zia (Avv. dello Stato Di Maggio).
(1-2) Le questioni sono state ritenute infondate da Corte cost. 22
aprile 1992, n. 189, in questo fascicolo, I, 2033, con nota di A. Roma
no. L'ordinanza del Tar Sicilia che qualifica come funzionale inderoga
bile la competenza attribuita al Tar Lazio dall'art. 4 1. 74/90, sui ricorsi
proposti contro le deliberazioni del Consiglio superiore della magistra
tura, concorda con Tar Calabria, sez. Catanzaro, 22 dicembre 1990,
n. 803, Foro it., 1991, III, 375, con nota di richiami, che ha dedotto
conseguenzialmente di dover pronunciare d'ufficio la propria incompe
tenza sopravvenuta, anche nei confronti dei ricorsi già pendenti all'en
trata in vigore della legge suddetta (per altri riferimenti, v. anche Tar
Lombrdia, sez. I, 17 settembre 1990, n. 556, ibid., che ha affrontato
il problema dell'impugnazione diretta di tali deliberazioni, e lo ha risol
to in senso positivo, divergendo quindi dall'orientamento dominante). La sentenza 9 marzo 1990, n. 117 richiamata in motivazione, con
la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità del
l'art. 23 1. 17 marzo 1985 n. 210, nella parte in cui prevede che le
controversie di lavoro relative al personale dipendente dall'ente Ferro
vie dello Stato siano devolute alla competenza del pretore del luogo dove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello Stato nel cui distretto si
trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie,
è riportata id., 1990, I, 2431, con nota di richiami.
In ordine più specificamente alla seconda massima, la sentenza 12
marzo 1975, n. 61, richiamata in motivazione, con la quale la Corte
costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità delle restrizioni opposte alla competenza del Tar Sicilia dall'art. 40 1. 6 dicembre 1971 n. 1034,
è riportata id., 1975, I, 785, con nota di richiami, ed è annotata, tra
gli altri da M. S. Giannini, in Giur. costit., 1975, 1070; da Giallom
bardo, in Foro amm., 1975, II, 198; da Serio, in Giur. it., 1976, IV,
117; da Barettoni Arleri, in Riv. dir. proc., 1976, 186. La decisione
4 luglio 1978, n. 21, anche richiamata in motivazione, con la quale l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha conseguentemente affer
mato che va presentato al Consiglio di giustizia amministrativa per la
regione siciliana l'appello contro tutte le sentenze del Tar Sicilia, è ri
portata in Foro it., 1978, III, 462, con nota di richiami, e annotata
da Giallombardo, in Foro amm., 1978, II, 459.
♦ * *
L'ordinanza è cosi motivata: Diritto. — 1. - Vengono impugnati dal
ricorrente dr. Renato Grillo, giudice del Tribunale di Palermo, la deli
bera 19 luglio 1989 del Consiglio superiore della magistratura, di dinie
go della nomina a magistrato di corte d'appello (ric. 3045/89) e il d.p.r.
16 ottobre 1989, in cui tale delibera è stata trasfusa (ric. 1215/90). 2. - Data l'evidente connessione, i due ricorsi vanno riuniti.
3.1. - Preliminarmente al loro esame il collegio deve darsi carico del
l'incidenza sul presente giudizio delle modifiche, in tema di impugna
zione dei provvedimenti riguardanti i magistrati, introdotte dall'art. 4
1. 12 aprile 1990 n. 74 («modifiche alle norme sul sistema elettorale
e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura»). 3.2. - In base all'originaria formulazione dell'art. 17 1. 24 marzo 1958
n. 195, sul Consiglio superiore della magistratura, avverso detti provve
dimenti era dato «ricorso al Consiglio di Stato per motivi di legittimi
tà» (2° comma), e alle sezioni unite della Corte di cassazione avverso
quelli disciplinari (3° comma). Mantenendo inalterato l'impianto complessivo della norma, l'art. 4
1. 12 aprile 1990 n. 74, cit., ne ha novellato il (solo) 2° comma, che
risulta ora cosi formulato: «Contro i predetti provvedimenti è ammesso
ricorso in primo grado al Tar del Lazio per i motivi di legittimità. Con
tro le decisioni di prima istanza è ammessa l'impugnazione al Consiglio
di Stato». Delle due modifiche cosi introdotte, quella, consistente nella previsio
ne del doppio grado di giudizio, costituisce mero adeguamento formale
al (pacifico) diritto vivente: posto che, fin dalla prima applicazione del
la 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, la giurisprudenza ha ritenuto che —
non avendo l'art. 17 1. 195/58 carattere di norma speciale — si esten
desse senz'altro ai provvedimenti in questione il regime del doppio gra
do di giurisdizione, introdotto appunto dalla 1. 1034/71, con la compe
tenza in primo grado dei tribunali amministrativi regionali (Cons. Sta
to, sez. IV, 9 novembre 1976, n. 1043, Foro it., 1977, III, 333); e tale
orientamento non è stato più messo in discussione.
Di carattere sostanziale risulta, invece, la modifica concernente la pre
visione di una specifica competenza, in primo grado, del Tar Lazio.
In base alla 1. 1034/71, quella dei tribunali amministrativi regionali
Il Foro Italiano — 1992.
è, per quanto attiene ai giudizi di cognizione, competenza di regola solo territoriale — espressamente derogabile dalle parti (art. 31) —:
per il cui riparto, al criterio generale della sede dell'organo o ente ema
nante, ed a quello dell'efficacia dell'atto, si affianca il criterio speciale della sede di servizio del pubblico dipendente interessato (art. 2 e 3).
Su tale ultimo criterio, appunto, viene ad incidere la modifica in que
stione, dato che l'accentramento nel Tar Lazio della competenza in pri mo grado sui ricorsi avverso i provvedimenti relativi ai magistrati si
risolve, in concreto, nella soppressione, per tale categoria di pubblici
dipendenti, del foro della sede di servizio.
Viene a configurarsi, cosi, una competenza funzionale. Convincono
in tal senso due considerazioni; la prima, che l'art. 4 1. 74/90, con
l'enucleare dalla disciplina generale i ricorsi avverso i provvedimenti di che trattasi, ha in buona sostanza configurato una materia specifica,
oggetto (sia pure per un limitato profilo) di una disciplina processuale
speciale; la seconda, che, a ritenere derogabile la competenza in que
stione, verrebbe di fatto ad essere rimessa all'assoluta discrezionalità
dell'amministrazione — attraverso la scelta, del tutto libera, di esperire o meno il regolamento di competenza ex art. 31 1. 1034/71, in caso
di ricorso proposto avverso un Tar diverso dal Tar Lazio — la concreta
applicabilità del foro del pubblico impiego, pure esclusa in linea di prin
cipo; ciò, della cui rispondenza al precetto costituzionale di imparzialità della pubblica amministrazione, parrebbe lecito dubitare.
C'è, poi, il riscontro dei lavori preparatori. La 1. 74/90 trae origine dall'esame congiunto di numerose proposte
di legge d'iniziativa parlamentare, presentate alla camera dei deputati nella decima legislatura (nn. 412, 1655, 2269, 2972, 3924, 4109, 4365,
5494). In una di queste (n. 2972) era contenuta una norma — art. 7 — sostitutiva dell'intero art. 17 1. 195/58, di cui rileva qui il 2° comma:
che, avverso i provvedimenti (non disciplinari) riguardanti i magistrati,
prevedeva solo il ricorso al Consiglio di Stato per violazione di legge; affermandosi al riguardo, nella relazione illustrativa, che s'intendeva
disciplinare «la materia delle impugnazioni degli atti del Consiglio su
periore della magistratura dinanzi al giudice amministrativo ... nel senso
di attribuire la competenza, in unico grado, al Consiglio di Stato. La
scelta che si propone appare adeguata alla posizione costituzionale del
l'organo e consentirebbe di evitare gli inconvenienti che derivano dai
tempi del doppio grado di giudizio e, soprattutto, dall'amplissimo ri
corso alla sospensione dell'esecuzione del provvedimento». In sede di
esame delle citate proposte di legge da parte delle commissioni riunite
prima (affari costituzionali) e seconda (giustizia), veniva redatto, da
un apposito comitato ristretto, un testo unificato, il cui art. 4 prevede va la sostituzione del 2° e 3° comma dell'art. 17 1. 195/58, con la previ
sione, per quanto qui interessa, del doppio grado di giudizio e della
competenza in primo grado del Tar Lazio: secondo l'impostazione, cioè,
poi accolta dalla 1. 74/90 (cfr. res. comm. riun. I e II, seduta 30 gen naio 1990). Nel riferire oralmente in aula, cosi' ebbe ad esprimersi sul
punto, nella seduta del 15 marzo 1990, il relatore per la seconda com
missione: «Abbiamo poi affrontato un aspetto molto importante, rela
tivo all'incertezza sempre lamentata in questi anni ... in ordine alle
decisioni di volta in volta adottate dal consiglio. Tali decisioni sono
infatti suscettibili di ricorso al Tar, ma, avendo i diversi tribunali am
ministrativi regionali del nostro paese orientamenti e giurisprudenza di
versi, vi è una mancanza di certezza rispetto alle questioni che il consi
glio statuisce. Ebbene, il provvedimento in esame prevede che l'unico
Tar cui debbano essere presentati i ricorsi sia quello del Lazio, le cui
decisioni evidentemente non possono che essere impugnate di fronte
al Consiglio di Stato . . .» (Atti cam. dep., res. sten., seduta 15 marzo
1990, p. 51046). Soppressa, poi, in sede di violazione, la modifica del
3° comma dell'art. 17 (sui ricorsi contro i provvedimenti disciplinari), la norma è stata approvata nel testo che costituisce ora l'art. 4 1. 12
aprile 1990 n. 74. Risulta confermato, quindi, che con tale norma si è inteso, pur fa
cendo salvo il principio del doppio grado di giudizio, introdurre una
deroga al regime generale delle impugnazioni avanti la giurisdizione am
ministrativa, mediante l'attribuzione al Tar Lazio di una competenza
speciale. 3.3. - Sul carattere funzionale di tale competenza non sembra possa
no esservi dubbi, atteso che la stessa si radica, in deroga ad ogni altro
criterio di riparto stabilito in via generale dalla legge, in funzione esclu
sivamente dell'oggetto dell'impugnativa (provvedimenti, adottati su de
liberazione del Consiglio superiore della magistratura, rigaurdanti ma
gistrati). Per tale suo carattere essa è da ritenere, alla stregua dei principi,
inderogabile (con correlata rilevabilità d'ufficio: art. 38 c.p.c.): doven
do ritenersi — a fronte della previsione di una competenza funzionale,
contenuta in una norma (art. 4 1. 74/90) successiva alla 1. 1034/71,
e speciale rispetto ad essa — cedente l'opposito principio, sancito dalla
medesima 1. 1034/71 con riguardo ad una competenza, come s'è detto,
meramente territoriale (qual è in generale quella dei tribunali ammini
strativi regionali, per quanto attiene ai giudizi di cognizione). 4.1. - Ciò posto, dovrebbe pervenirsi ad una declaratoria di incompe
tenza dell'adito Tar Sicilia, relativamente al secondo dei ricorsi in esa
me (proprio, cioè, quello determinante ai fini del presente giudizio, alla
stregua della consolidata giurisprudenza che esclude l'autonoma impu
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PARTE TERZA
gnabilità delle delibere del Consiglio superiore della magistratura riguar danti singoli magistrati), per essere stato lo stesso proposto successiva
mente alla data (13 aprile 1990) di entrata in vigore della 1. 12 aprile 1990.
Ritiene peraltro il collegio di dover rilevare, d'ufficio, come l'art.
4 di quest'ultima, nella parte in cui attribuisce al Tar Lazio la speciale
competenza di che trattasi, non vada esente da seri dubbi di costituzio
nalità. 4.2. - La questione si pone anzitutto in riferimento all'art. 3 Cost.,
per la disparità di trattamento che, con la soppressione del foro della
sede di servizio nei confronti dei (soli) magistrati ordinari, viene a de
terminarsi a danno dei medesimi, rispetto alle altre categorie di magi strati — dei tribunali amministrativi regionali, della Corte dei conti in
servizio presso le articolazioni locali della stessa, dalla magistratura mi
litare —, nonché rispetto alla generalità dei pubblici dipendenti (con
rapporto di impiego pubblicistico), per i quali tutti continua ad appli carsi la regola del foro predetto, secondo quanto stabilito con carattere
di generalità dall'art. 3 1. 1034/71.
Lo spostamento di competenza in questione finisce, quindi, per dan
neggiare i magistrati ordinari, i quali — essi soli nell'ambito del pubbli co impiego — non possono giovarsi del principio posto a tutela del
lavoratore, pubblico dipendente, secondo il quale la competenza sui ri
corsi avverso i provvedimenti che lo riguardano (e sulle controversie
in genere inerenti al rapporto di impiego) appartiene al Tar della sede
di servizio. Tale oggettiva disparità di trattamento non appare, d'altra parte, sor
retta da un'adeguata ratio giustificativa. Non sembra, invero, che possano rilevare in proposito né la natura
delle funzioni svolte dal personale in parola (e di tale argomento, infat
ti, non si fa cenno nei lavori preparatori della norma), e nemmeno
la posizione del Consiglio superiore della magistratura quale organo a rilevanza costituzionale. Per quanto riguarda, in particolare, tale ulti
mo profilo, va considerato che, una volta scartata dal legislatore la
soluzione — che pure era stata proposta (v. sopra, n. 3.2) — del ricorso
in unico grado al Consiglio di Stato, e tenuto fermo il principo del
doppio grado di giudizio, non si vede a quale specifica esigenza, ogget tivamente rilevante (e conforme ai precetti costituzionali), possa rispon dere in effetti l'accentramento nel Tar Lazio, sottraendola ai tribunali
amministrativi regionali territorialmente competenti, della competenza sui giudizi relativi ai provvedimenti riguardanti magistrati ordinari.
In realtà, l'unica motivazione a tal fine addotta, che emerge dai lavo
ri preparatori è, come s'è visto, quella che fa riferimento all'esigenza di uniformità di indirizzo giurisprudenziale sui provvedimenti oggetto di statuizioni del Consiglio superiore della magistratura. Ma non sem
bra, questa, ragione appropriata e sufficiente, posto che la possibilità di orientamenti giurisprudenziali diversi è insita — costituendone natu
rale portato — nell'esistenza di una giurisdizione articolata in una mol
teplicità di giudizio tra di loro equiordinati, quali sono appunto i tribu
nali amministrativi regionali; mentre, (anche) all'esigenza di reductio
ad unitatem dei possibili difformi orientamenti dei giudici di prima istanza
risponde la previsione del ricorso in appello al Consiglio di Stato.
Non essendo perciò ravvisabili differenze di situazioni e specifiche
esigenze, atte a giustificare la rilevata, oggettiva, disparità di trattamen
to a danno dei magistrati ordinari, la stessa sembra risolversi in una
violazione del precetto costituzionale di eguaglianza. Vale richiamare in proposito — per l'analogia del dato di fondo,
pur nella specificità delle situazioni — la sentenza della Corte costitu zionale 117/90 (id., 1990, I, 2431), con la quale è stato dichiarato costi
tuzionalmente illegittimo, proprio sotto il profilo ora considerato, l'art.
23 1. 17 maggio 1985 n. 210, istitutiva dell'ente Ferrovie dello Stato, nella parte in cui sottraeva al pretore competente secondo le regole ge nerali (art. 413 c.p.c.), per devolverla al pretore del luogo sede dell'av vocatura distrettuale dello Stato (in buona sostanza, cioè, alla stregua della regola del foro erariale), la competenza sulle controversie di lavo ro relative ai dipendenti dell'ente predetto.
4.3. - Altro profilo d'incostituzionalità sembra configurarsi in rap
porto all'art. 24 Cost., in quanto lo spostamento di competenza, di
cui all'art. 4 1. 74/90 relativamente alle controversie ivi previste, appare suscettibile di incidere sul diritto degli interessati (quanto meno, tutti
quelli in servizio al di fuori del distretto di Roma) ad agire in giudizio,
per il costo più elevato e le maggiori difficoltà connessi alla necessità di adire, anche per il giudizio di prima istanza, un Tar diverso da quel lo della sede di servizio.
4.4. - Viene poi in rilievo l'art. 125, 2° comma, Cost., ai sensi del
quale «nella regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di
primo grado . . .».
Tale norma sancisce, fondamentalmente, il principo del decentramento a livello regionale della giurisdizione amministrativa; principio cui si è pienamente adeguata la 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei tri bunali amministrativi regionali, la quale, nel generalizzare il doppio grado di giudizio, ha stabilito un complesso ed articolato sistema di riparto della competenza territoriale (art. 2 e 3), volto a favorire (mediante i criteri dell'efficacia dell'atto e della sede di servizio del pubblico di
pendente) la localizzazione presso i tribunali amministrativi regionali
Il Foro Italiano — 1992.
periferici anche delle controversie relative a provvedimenti degli enti e degli organi centrali a livello nazionale.
L'art. 4 1. 74/90 attua una deroga al predetto principo, che, in quan to non rispondente — come s'è visto — a specifiche esigenze o peculiari situazioni, appare ingiustificata; ciò che legittima il sospetto di incosti
tuzionalità della stessa anche sotto il profilo ora in esame.
4.5. - Va considerata, infine, la particolare posizione del Tar Sicilia, in relazione all'ordinamento della giustizia amministrativa in Sicilia.
In attuazione dell'art. 23 dello statuto speciale della regione siciliana
(r.d. leg. 15 maggio 1946 n. 455) — il quale al 1° comma prevede che «gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione» — è stato istituito, con
d.leg. 6 maggio 1948 n. 654, il Consiglio di giustizia amministrativa
per la regione siciliana, organo che costituisce, si, articolazione del Con
siglio di Stato, ma con una speciale composizione, dato che, oltre a
componenti togati (consiglieri di Stato), ne fanno parte componenti lai
ci designati dal governo regionale. A seguito della 1. 1034/71, e della
sentenza della Corte costituzionale 61/75 (id., 1975, I, 785, che, dichia
randone incostituzionale l'art. 40, ha posto il Tar Sicilia sullo stesso
piano di tutti gli altri tribunali amministrativi regionali), il Consiglio di giustizia amministrativa è divenuto giudice (solo) d'appello, con com
petenza su tutti gli appelli, senza eccezioni, proposti avverso sentenze
del Tar Sicilia (Cons. Stato, ad. plen., 4 luglio 1978, n. 21, id., 1978,
III, 462). In relazione a che (soprattutto la speciale composizione del
predetto giudice d'appello), sembra doversi ritenere di natura funziona
le, e quindi inderogabile, la competenza del complesso Tar Sicilia - Con
siglio di giustizia amministrativa. D'onde, il sospetto d'incostituzionali
tà — per violazione dell'art. 23, 1° comma, dello statuto della regione siciliana, in rapporto al d.leg. 654/48 — di una norma, quale l'art.
4 1. 74/90, che, devolvendo al Tar Lazio una competenza che in base
alla normativa generale sarebbe propria del Tar Sicilia (per le contro
versie relative a provvedimenti riguardanti magistrati ordinari in servi
zio nell'isola), finisce con l'incidere anche sulla competenza del predet to giudice d'appello.
Non va sottaciuto peraltro che a seguito della citata sentenza della
Corte costituzionale 61/75, che, come si è rilevato, ha sostanzialmente
inciso sull'assetto della giustizia amministrativa in Sicilia, i cittadini del
l'isola hanno conseguito il non indifferente vantaggio della concentra
zione del doppio grado di giurisdizione nell'ambito della stessa regione,
vantaggio questo da cui invece ingiustificatamente sarebbero esclusi i
magistrati ordinari che prestano servizio nel territorio regionale siciliano.
5. - Alla stregua delle suesposte considerazioni appare non manifesta
mente infondata la questione di costituzionalità, sotto i profili sopra
specificati, dell'art. 4 1. 74/90.
La questione è altresì rilevante ai fini del presente giudizio, atteso
che solo a seguito della declaratoria d'incostituzionalità della norma
predetta l'adito Tar Sicilia — che allo stato dovrebbe declinare la pro
pria competenza in ordine al secondo dei ricorsi in epigrafe — potrebbe scendere all'esame del merito del medesimo.
Ciò posto, si ritiene di dover sollevare d'ufficio, ai sensi dell'art.
23, 3° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, siccome rilevante e non manife
stamente infondata, la questione di costituzionalità — in rapporto agli art. 3, 24 e 125 Cost, ed all'art. 23, 1° comma, r.d.leg. 15 maggio 1946 n. 455, in relazione al d.leg. 6 maggio 1948 n. 654 — dell'art.
4 1. 12 aprile 1990 n. 74, nella parte in cui dispone che vanno proposti avanti il Tar Lazio i ricorsi in primo grado avverso i provvedimenti riguardanti i magistrati ordinari.
Va pertanto disposta la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
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