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sentenza 31 dicembre 1987, n. 394; Pres. Grassi, Est. Di Sciascio; Soc. industria farmaceuticaLucana e Soc. laboratori Don Baxter (Avv. Bruseschi) c. Usl n. 11 «Pordenonese» (Avv. Merusi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 405/406-413/414Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179343 .
Accessed: 28/06/2014 09:48
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
professori associati, e, ovviamente, non solo a loro, sono quelli,
genericamente considerati, di insegnamento e ricerca. È quindi
innegabile che la prescrizione di relazionare il trattamento econo
mico a quelle che sono le funzioni istituzionali e imprescindibili di qualsiasi appartenente al ruolo dei professori universitari non
può considerarsi un criterio direttivo.
Ne consegue che viene a mancare, sia per gli ordinari che per
gli associati, qualsiasi indicazione dei principi e criteri direttivi
cui il governo si sarebbe dovuto attenere nel determinare il tratta
mento economico «base», cioè quello su cui operare l'aumento
percentuale a favore del personale che optava per il regime a tempo
pieno. In detta mancanza è compresa anche, in quanto assorbita
nella carenza di ordine generale, anche quella relativa alla fissa
zione di criteri direttivi nel senso della differenziazione del tratta
mento economico degli appartenenti alle due fasce.
Ad avviso della sezione l'art. 12, 1° comma, lett. o), 1. 21 feb
braio 1980 n. 28, si pone quindi in contrasto con l'art. 76 Cost,
e comporta, come inevitabile conseguenza, che anche l'art. 36
d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in cui fissa il trattamento
economico base dei professori universitari di prima fascia, rap
portandolo a quello del dirigente generale di livello A dello Stato, e quello dei professori appartenenti alla seconda fascia rappor tandolo a quello dei primi, nonché determina le modalità di pro
gressione economica dello stipendio, violi gli art. 76 e 77 Cost.
Il collegio, pertanto, riconosciuta la non manifesta infondatez
za e la rilevanza ai fini della decisione dei ricorsi in esame della
questione di costituzionalità dell'art. 12, 1° comma, lett. o), 1.
21 febbraio 1980 n. 28, in relazione all'art. 76 Cost, e dell'art.
36 d.p.r. 11 luglio 1980, n. 382, in relazione agli art. 76 e 77
Cost., sospeso il giudizio in corso, rimette la questione stessa al
l'esame della Corte costituzionale ai sensi dell'art. 134 Cost., del
l'art. 1 1. Cost. 1/48 e dell'art. 23 1. 87/53.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI-VENEZIA GIULIA; sentenza 31 dicembre 1987, n.
394; Pres. Grassi, Est. Di Sciascio; Soc. industria farmaceuti
ca Lucana e Soc. laboratori Don Baxter (Avv. Bruseschi) c.
Usi n. 11 «Pordenonese» (Avv. Merusi).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER FRIULI-VENEZIA GIULIA; sentenza 31 dicembre 1987,
Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — Lici
tazione privata — Riserva a favore di imprese del Mezzogiorno — Amministrazione di regione non meridionale — Omissione — Illegittimità (D.p.r. 6 marzo 1978 n. 218, t.u. delle leggi
sugli interventi nel Mezzogiorno, art. 1, 113; 1. 1° marzo 1986
n. 64, disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mez
zogiorno, art. 17). Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — Lici
tazione privata — Riserva a favore di imprese del Mezzogiorno — Omissione — Illegittimità (D.p.r. 6 marzo 1978 n. 218, art.
1, 113; 1. 1° marzo 1986 n. 64, art. 17). Comunità europee — Divieto di restrizioni alla libera circolazio
ne delle merci e di distorsione della concorrenza — Violazione
da parte di legislazione nazionale sui contratti pubblici — Rile
vabilità da parte del giudice nazionale — Esclusione (Trattato
Cee, art. 30, 31, 92; d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218, art. 1, 113;
1. 1° marzo 1986 n. 64, art. 17).
Giustizia amministrativa — Istruzione probatoria — Affermazio
ne dell'amministrazione resistente — Difetto di prova — Fatti
specie (Trattato Cee, art. 93; 1. 1° marzo 1986 n. 64, art. 17).
Mezzogiorno (provvedimenti per il) — Contratti della pubblica
amministrazione — Disciplina in favore del Mezzogiorno —
Violazione dell'autonomia regionale — Questione manifesta
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 117; 1. cost. 31
gennaio 1963 n. 1, statuto speciale della regione Friuli-Venezia
Giulia, art. 5; 1. 1° marzo 1986 n. 64, art. 17).
Il Foro Italiano — 1988 — Parte ///-18.
È illegittimo l'invito ad una licitazione privata per la fornitura ad ospedali di materiale sanitario, che abbia omesso di riser
varne il trenta per cento ad imprese aventi stabilimenti e im
pianti fissi nel Mezzogiorno, anche se l'invito sia stato bandito
da amministrazione avente sede altrove (nella specie, Usi del
Friuli-Venezia Giulia). (1) È illegittimo l'invito da parte della Usi ad una licitazione privata
indetta nel 1986 per la fornitura ad ospedali di materiale sani
tario, che abbia omesso di riservarne il trenta per cento ad
imprese aventi stabilimenti e impianti fissi nel Mezzogiorno, anche se nessuna previsione in tal senso era stata inserita nel
bilancio preventivo. (2)
(1-2) La 1. 64/86 ha operato una riformulazione completa dei tratti
fondamentali dell'intervento statale a favore dell'economia del Mezzo
giorno. In particolare l'art. 17 assolve una funzione di diritto transitorio, par
zialmente modificando, ai commi 16° e 17°, la normativa contenuta nel
l'art. 113 t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno n. 218/78 con
cernente la riserva del trenta per cento delle forniture e lavorazioni delle
amministrazioni pubbliche a favore delle imprese industriali operanti nel
Mezzogiorno. La prima questione che si è posta è quella dell'ambito di operatività
della 1. 64/86, per la quale è necessario risalire all'art. 1 del citato t.u., vista l'indubbia connessione tra le disposizioni.
Il T.A.R. Friuli ha ritenuto che all'obbligo della riserva siano tenuti
tutti gli enti pubblici, cosi come individuati dall'art. 17, 16° comma, a
prescindere dal territorio ove siano ubicati.
Ciò giustamente interpretando il testo e la ratio della normativa sugli interventi nel Mezzogiorno che è quella di favorire le imprese situate in
zone individuate dall'art. 1 del t.u., indipendentemente dall'ubicazione
degli enti obbligati alla riserva (contra Merusi, Interventi a favore del
Mezzogiorno, riserve obbligatorie e servizio sanitario nazionale, in Dir.
economia, 1988, 35, il quale ritiene che alle riserve siano tenuti solo gli enti operanti nel Meridione, considerando che le leggi in esame sono ec
cezionali e non possono, secondo il disposto dell'art. 14 disp. sulla legge in generale, applicarsi oltre i casi in essa considerati).
Peraltro, l'art. 17 ha apportato alcune innovazioni al testo dell'art.
113 del t.u. riguardanti gli enti e le amministrazioni pubbliche tenute
alla riserva, il cui numero risulta ampliato e meglio definito, essendovi
esplicitamente ricomprese le università, gli enti territoriali e quelli auto
nomi ospedalieri (non risulta più necessaria poi alcuna attività d'indivi
duazione degli enti obbligati ad opera di un apposito decreto del presi dente del consiglio dei ministri).
È stato inoltre allargato il concetto di impresa beneficiaria, prevedendo la partecipazione alle gare riservate non solo di imprese di natura indu
striale ma anche agricole ed artigiane consentendo inoltre che tutte possa no eseguire anche solo parte della lavorazione negli impianti situati nel
territorio individuato dall'art. 1 t.u. cit.
La sentenza riportata prende una netta posizione anche rispetto ad un'al
tra questione di applicabilità dell'art. 17 1. 64/86 e dell'art. 113 t.u. 217/79, concernente il calcolo della percentuale del trenta per cento da eseguirsi sulla somma delle quantità delle forniture richieste dalle p.a. nell'anno
finanziario.
Il T.A.R. ha considerato prima di tutto la ratio della normativa di
cui all'art. 113, la quale tende ad assicurare che comunque la quota del
trenta per cento delle lavorazioni venga affidata alle imprese benefi
ciarie.
Infatti, la mancata previsione della riserva per quelle forniture tecnica
mente non frazionabili o che non possono essere effettuate dalle imprese beneficiarie va compensata con l'incremento della percentuale oltre il trenta
per cento nelle residue gare da svolgersi nel corso dell'anno finan—
ziario.
L'obbligo previsto dall'art. 17, 17° comma, va perciò riferito alle sin
gole lavorazioni; l'eventuale mancato rispetto della percentuale, non do
vuto alle cause prima indicate, si traduce nell'illegittimità del procedi mento di gara.
Di avviso contrario, in dottrina, Merusi (Interventi a favore del Mez
zogiorno, cit.) il quale sostiene che l'obbligo della riserva si riferisce alla
globalità delle forniture, per cui da ogni singola gara d'appalto non è
possibile stabilire se sia stata o meno rispettata la percentuale stabilita
dalla legge, dovendo valutarsi, invece, tutto l'anno finanziazio.
Ciò anche alla luce del sistema di controllo sul rispetto dell'obbligo della riserva, il quale è demandato dall'art. 113 agli organi (collegio dei
revisori ed organi di vigilanza) che hanno poteri di controllo sull'attività
globale dell'ente e non sui singoli atti (sulla responsabilità di tali organi, v. Annesi, Mezzogiorno (legislazione), voce dell' Enciclopedia del diritto,
Milano, 1959, XXVI, 211; sulla riserva in generale, cfr. Annesi, Il «nuo
vo» intervento straordinario nel Mezzogiorno, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1986, 981).
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PARTE TERZA
Impugnato davanti al giudice amministrativo l'invito da parte della
Usi ad una licitazione privata per la fornitura ad ospedali di
materiale sanitario, perché aveva omesso di riservarne il trenta
per cento ad imprese aventi stabilimenti e impianti fissi nel Mez
zogiorno, è improponibile la domanda dell'amministrazione re
sistente di disapplicazione delle disposizioni legislative che la
prevedono, per l'asserita violazione delle norme del trattato isti
tutivo della Comunità europea, concernenti il divieto di restri
zioni alla libera circolazione delle merci e il divieto di conces
sione di aiuti suscettibili di falsare la concorrenza. (3)
Impugnato l'invito da parte della Usi ad una licitazione privata
per la fornitura ad ospedali di materiale sanitario, perché ave
va omesso di riservarne il trenta per cento ad imprese aventi
stabilimenti e impianti fissi nel Mezzogiorno, il giudice ammi
nistrativo non può valutare gli effetti della mancata notifica
alla commissione della Comunità europea dell'adozione delle
norme legislative che la prevedono, che l'amministrazione resi
stente afferma insussistente, in difetto da parte sua di un prin
cipio di prova di tale omissione. (4)
(3-4) La sentenza si occupa altresì' di una problematica concernente
il diritto comunitario.
In particolare è sorta la questione circa la compatibilità dell'art. 17
1. 64/86 con gli art. 30, 31, 92, 93 del trattato Cee, in materia di divieti
alla libera circolazione delle merci ed alla concessione di aiuti suscettibili
di falsare la concorrenza (questione già sorta dinnanzi al T.A.R. Toscana
che, con ordinanza 23 ottobre 1987, n. 1167, Foro it., 1987, III, 590, ha deciso di sospendere il processo ed adire la Corte di giustizia per otte
nere una pronuncia interpretativa; cfr. anche Cass., ord. 22 luglio 1982, n. 671, id., 1982, I, 3034, con nota di richiami ed osservazioni di C.
M. Barone). Il T.A.R. Friuli ha ritenuto compatibili gli aiuti al Mezzogiorno italia
no con la disciplina del trattato (in termini, v. T.A.R. Veneto 10 giugno
1987, n. 616, id., Rep. 1987, voce Contratti della p.a., n. 36; contra
T.R.G.A. Trento 30 giugno 1987, n. 221, ibid., n. 119, il quale ha dichia
rato l'inefficacia degli art. 113 t.u. 217/78 e 17 1. 64/86 perché contrasta
ti col principio della par condicio tra i partecipanti ad una gara pubblica, enunciato dall'art. 92 del trattato e dalle direttive Cee, recepite con 1.
587/77 e 113/81). Per quanto riguarda gli art. 30-31 del trattato, è la stessa direttiva 77/62,
emanata ai fini del controllo dell'osservanza da parte degli Stati membri
del divieto di restrizione alla libera circolazione delle merci, ad autorizza
re l'applicazione delle norme vigenti sugli interventi del Mezzogiorno (cfr. Corte giust. Ce 10 novembre 1982, causa 261/81, id., 1983, IV, 345, con nota di richiami circa la nozione di misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi dell'art. 30 del trattato).
Il preteso contrasto con l'art. 92 del trattato, concernente il divieto di aiuti nazionali suscettibili di falsare la libera concorrenza, non è stato
poi preso in considerazione dal T.A.R. Friuli visto che la giurisprudenza comunitaria è costante nel ritenere che ai singoli è preclusa la possibilità di adire il giudice comunitario, essendo tale questione di competenza del la commissione ex art. 93 del trattato (v., tra le altre, Corte giust. Ce 19 giugno 1973, causa 77/72, id., 1973, IV, 132; 22 marzo 1977, cause 74/76 e 78/76, id., 1977, IV, 282).
In tale ipotesi, infatti, non si verifica un contrasto tra norma comuni taria e norme interne italiane (come ha invece ritenuto il T.R.G.A. di Trento con la sentenza del 30 giugno 1987), risolto, secondo gli ormai consolidati indirizzi della giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. 8 giugno 1984, n. 170, id., 1984, I, 2062; 23 aprile 1985, n. 113, id., 1985, I, 1600) e della Corte di giustizia Ce (orientamento costante dalla sent. 17 dicembre 1970, in causa 33/70, id., 1971, IV, 97), con il ricono scimento della diretta efficacia della normativa comunitaria e con la con
seguente disapplicazione del diritto interno. La sentenza riportata ha inoltre disatteso un'altra eccezione, concer
nente la mancata comunicazione da parte dello Stato italiano alla com missione Cee (in violazione dell'art. 93 del trattato) del nuovo progetto di aiuti del Mezzogiorno, concretizzatosi poi nella 1. 64/86.
Nella fattispecie la p.a. resistente non ha provato in alcun modo l'as senza della comunicazione, per cui il T.A.R. ha dato applicazione ai principi concernenti l'onere delle prove.
È stato ritenuto che la comunicazione, pur inserendosi nella procedura prevista dall'art. 93 del trattato, non sia un provvedimento comunitario, come tale oggetto della diretta cognizione del giudice ma costituisca una manifestazione di conoscenza alla commissione da parte dello Stato mem
bro, sul quale ricade perciò il relativo onere della prova. Diretta efficacia ha invece la comunicazione della commissione ex art.
93 (pubblicata sulla G.U.C.E. del 29 settembre 1987, n. 259) accertativa
Il Foro Italiano — 1988.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio
nale, in riferimento all'art. 117 Cost, e all'art. 5 dello statuto
speciale per il Friuli-Venezia Giulia, dell'art. 17, 16° e 17° com
ma, 1.1° marzo 1986 n. 64, che riservano il trenta per cento
delle lavorazioni e delle forniture pubbliche (quindi, ivi com
prese quelle di materiale sanitario a ospedali) a imprese aventi
stabilimenti e impianti fissi nel Mezzogiorno, per l'asserita vio
lazione della competenza regionale legislativa concorrente in ma
teria di assistenza sanitaria e ospedaliera, in quanto le disposi
zioni legislative suddette devono considerarsi norme di princi
pio, vincolanti in quanto tali anche tale competenza regionale. (5)
di una serie di incompatibilità col trattato. In tal senso si pongono la
dottrina prevalente (cfr. Migliazza, La efficacia diretta delle norme co
munitarie, in Riv. dir. proc., 1985, 15; Capuzzi, Diritto comunitario e
diritto interno nella giurisprudenza della Corte costituzionale e delle Co
munità europee, in Riv. guardia fin., 1987, 657 ss.; Monaco, Il rapporto
fra diritto comunitario e diritto interno, in Manuale di diritto comunita
rio, Torino, 1983, 259 ss.; Luzzato, La diretta applicabilità del diritto
comunitario, 1980, 70) e la giurisprudenza italiana e comunitaria (cfr. Corte cost. 170/84 e 113/85, cit., e Corte giust. Ce 17 dicembre 1979,
cit.) che riconoscono efficacia diretta alla normativa comunitaria com
prendendovi non solo i regolamenti ma anche le decisioni, le sentenze
interpretative della Corte di giustizia ed ogni altro atto che costituisca
«una normativa compiuta e immediatamente applicabile dal giudice interno».
Il giudice nazionale deve perciò prendere in esame direttamente tale
normativa in applicazione del fondamentale principio iura novit curia es
senziale al concetto stesso di giurisdizione, in quanto non può soffrire
di alcuna limitazione nella ricerca e nella conoscenza della norma giuridica.
(5) L'art. 117 Cost, devolve alla potestà legislativa concorrente regio nale il settore dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera.
Lo Stato, nelle materie demandate a tale competenza regionale, può emanare i principi fondamentali cui deve attenersi la legislazione di tali
enti territoriali (c.d. leggi cornice). Nel settore dell'assistenza sanitaria, peraltro, il legislatore ha provve
duto in tal senso con la 1. 833/78.
Agli art. 15 e 50 di detta legge si precisa come la competenza normati
va circa «l'organizzazione, la gestione e il funzionamento delle unità sa
nitarie locali e dei loro servizi» spetti alle regioni. L'intervento della legislazione statale in tali materie, ed in particolare,
riguardo ai contratti di fornitura (che la stessa Corte cost. 5 novembre
1984, n. 245, Foro it., 1985, I, 14, con nota di Romboli, ritiene facciano
parte del più ampio settore della contabilità devoluta alle regioni) è stato
considerato, da parte della dottrina, incostituzionale (v. Merusi, cit.) sul
presupposto che la normativa contenuta all'art. 17 1. 64/86 costituisse una legislazione di dettaglio.
A parte il diverso orientamento della Corte costituzionale (sent. 22 lu
glio 1985, n. 214, Foro it., 1986, I, 1812; vedi anche Carlassarre, La
preferenza come regola dei rapporti tra fonti statali e regionali nella pote stà legislativa ripartita, in Regioni, 1986, 236) che ammette, successiva mente all'emanazione di leggi regionali, l'intervento della legislazione sta tale di dettaglio qualora diverse esigenze di politica legislativa lo richieda
no, va posto in risalto come l'intera legislazione sul Mezzogiorno debba essere considerata normativa fondamentale, rientrante fra gli obiettivi pri mari del paese, e si ponga quindi come un limite all'attività legislativa delle regioni (v. Giovenco, Regioni, voce del Novissimo digesto, Torino, 1980; Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, 1976, 929; Paladin, Dirit to regionale, Padova, 1973, 70) in modo che «lo svolgimento concreto delle funzioni regionali abbia ad essere armonicamente conforme agli in teressi unitari della collettività statale» (Corte cost. 4 marzo 1971, n. 39, Foro it., 1971, I, 1180).
Il problema dei rapporti di collaborazione fra governo nazionale e go verni regionali ha comunque assunto dimensioni notevoli anche in altri settori: l'edilizia residenziale, la sanità, l'agricoltura, l'urbanistica (v. Tor
chia, La collaborazione tra Stato e regioni nella politica di intervento straordinario del Mezzogiorno, in Regioni, 1984, 825; Cassese-Serrani, Regionalismo moderno: cooperazione fra Stato e regioni e fra regioni in Italia, id., 1980, 398; Persegati, La competenza delle regioni in mate ria di espropriazione: vicende e stato attuale, in Ammin. it., 1986, 622).
La Corte costituzionale, più volte chiamata a decidere in che senso dovessero essere interpretate le disposizioni concernenti i settori devoluti alla legislazione regionale, ha preferito seguire un criterio normativo ed
oggettivo escludendo l'ammissibilità d'interpretazioni in senso finalistico
(sent. 18 febbraio 1970, n. 20, Foro it., 1970, I, 687, in materia di agri coltura e foreste).
La dottrina prevalente (Rolla, Il privato e l'espropriazione, 1982, 101; Mortati, op. cit., 951) propende invece per un'interpretazione teleologi ca ritenendo che debbano essere ricondotte alla competenza regionale an
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — (Omissis). 2. - I ricorsi nn. 1 e 171/87, presentati dalla Ifl-Industria farmaceutica lucana s.p.a., in quanto censura
no, nei termini, rispettivamente gli atti di invito alla licitazione
de qua e la sua aggiudicazione, con riferimento altresì' anche ai
connessi atti infraprocedimentali, devono essere esaminati nel
merito.
Con un unico motivo di gravame, sostanzialmente identico in
entrambi i ricorsi, la ricorrente Ifl s.p.a. contesta la violazione
dell'art. 17, 16° e 17° comma, 1. 64/86. Con esso si censura l'am
ministrazione intimata per aver escluso l'applicabilità alla licita
zione per l'acquisto di materiale sanitario che ne occupa della
riserva del 30% della prevista fornitura a favore delle imprese
invitate, fra cui essa stessa, ricorrente, che avessero stabilimenti
fissi e impianti ubicati nei territori di cui all'art. 1 d.p.r. 218/78.
In particolare, tale violazione si concreterebbe nell'aver rifiutato,
nonostante i reclami delle ditte interessate, di bandire apposita
gara riservata alle imprese aventi i prescritti requisiti per l'asse
gnazione del 30% del fabbisogno annuale dei materiali sanitari
predetti, provvedendo invece all'aggiudicazione in un'unica solu
zione dell'intera fornitura.
I motivi per cui l'Usi non ha ritenuto di dover applicare, nella
fattispecie, l'anzidetta riserva, si ritrovano nell'ordinanza, da ri
tenersi anch'essa impugnata, del suo presidente n. 34078 del 1°
dicembre 1986.
Con tal provvedimento si è disposta la modifica delle lettere
di invito, che avevano ammesso una limitata applicazione, nel
solo ambito del territorio di Trieste, della riserva di che trattasi,
escludendo che l'art. 17 1. 64/86 potesse concernere la gara in
questione. Si doveva infatti, sulla base di un parere della direzione regio
nale dell'igiene e della sanità, in primo luogo ritenere che, ai sen
si dell'art. 113, 2° comma, d.p.r. 218/78, di cui la norma appena citata costituirebbe nulla più di un'integrazione, il calcolo della
riserva del 30% non fosse da riferire ad ogni singola fornitura
ma all'intero anno finanziario, previa programmazione di ciascu
na amministrazione.
In secondo luogo il frazionamento della gara, con l'introduzio
ne di una procedura separata per l'assegnazione della quota riser
vata contrasterebbe con la 1. 30 marzo 1981 n. 113 — e con le
direttive comunitarie di cui essa è attuazione — che disciplina
le modalità di aggiudicazione delle forniture di valore superiore
alle 200.000 unità di conto, come quella di che trattasi.
La difesa dell'Usi ha ulteriormente precisato e integrato la mo
tivazione testé descritta, osservando: che l'ambito territoriale di
validità della 1. 64/86, in quanto questa modifica il d.p.r. 6 mar
zo 1978 n. 218, va limitato, ai sensi dell'art. 1 del predetto decre
to presidenziale, ai territori meridionali e alle altre zone ad essi
assimilate, cosi come risulta dalla disposizione da ultimo ci
tata.
Soltanto le gare per il fabbisogno delle amministrazioni ope
ranti nei territori ora menzionati sarebbero pertanto soggette al
l'obbligo della riserva.
Nel caso di che trattasi, la Us! n. 11 doveva conformarsi alla
legge tutt'al più per il fabbisogno dei soli enti operanti nel terri
torio di Trieste; in quanto integrativi dell'art. 113 d.p.r. 218/78, i commi 16°
e 17° 1. 64/86 si riferirebbero, come già esplicitato dal provvedi
mento presidenziale sopra menzionato, a una riserva del 30% sul
l'ammontare delle forniture che, per ogni anno finanziario, sono
indicate dai bilanci di previsione. La norma in questione opere
rebbe perciò non direttamente sulla contrattazione ma sul bilan
cio preventivo e la sua prima applicazione avrebbe perciò interes
sato l'esercizio finanziario 1987, il primo a tale legge successivo,
mentre la licitazione de qua è stata bandita nel 1986. In ultima
analisi — come rilevato nella memoria conclusiva — ne derive
rebbe altresì' l'inammissibilità dei ricorsi perché la mancata previ
sione della riserva costituirebbe semmai un vizio del
che attribuzioni di per sé non rientranti nelle materie elencate dall'art.
117 Cost, ma ad esse connesse per la funzione strumentale che vengono a svolgere (cfr. anche Paladin, Sulle funzioni statali di indirizzo e di
coordinamento nelle materie di competenza regionale, in Giur. cost it.,
1971, 189).
Il Foro Italiano — 1988.
bilancio di previsione, che non risulta impugnato, e non della
procedura di licitazione;
la 1. 64/86, come già rilevato nella citata ordinanza del presi
dente dell'Usi, violerebbe le direttive comunitarie in base alle quali è stata emanata la 1. 113/ 81, che regola il procedimento delle
gare che, come quella che ne occupa, hanno per oggetto beni
di valore superiore alle 200.000 unità di conto.
Nei successivi scritti difensivi si è aggiunto che la legge di che
trattasi si porrebbe in contrasto altresì' con il trattato istitutivo
della Cee e precisamente: a) con gli art. 30 e 31, che vietano
le restrizioni all'importazione e qualsiasi misura di effetto equi valente fra gli Stati membri, b) con l'art. 92, che considera in
compatibili con il mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati
sotto qualsiasi forma, idonei a falsare la concorrenza.
Ad avviso della difesa dell'Usi non si potrebbe invocare la si
tuazione particolare del Mezzogiorno né nei confronti del divieto
sub a), in quanto fra le relative eccezioni, tassativamente previste dal trattato all'art. 36, essa non può essere fatta rientrare, né
dell'incompatibilità sub b). Le deroghe all'art. 92 sono possibili soltanto previo esperimento di una particolare procedura che lo
Stato italiano non avrebbe nemmeno iniziato.
In presenza di simili violazioni alla normativa della Cee il giu dice nazionale dovrebbe disapplicare la 1. 64/86 e seguire le nor
me comunitarie e quelle nazionali che vi danno attuazione: l'art.
17 1. 64/86, sarebbe invasivo delle competenze in materia di con
tabilità delle Usi e quindi di assistenza sanitaria e ospedaliera, che l'art. 117 Cost, demanda alla competenza regionale. La re
gione Friuli-Venezia Giulia avrebbe, in materia, potestà legislati va esclusiva. In ogni caso, una volta che la legislazione statale
di principio (nella fattispecie la 1. 23 dicembre 1978 n. 833) ha
demandato — art. 15, 9° comma, e 50, 1° comma — alle regioni la organizzazione, gestione e funzionamento delle Usi, materia
nella quale rientrano anche i contratti di forniture, non sarebbe
più lecito allo Stato stesso disciplinare nuovamente, con norme
di dettaglio, la medesima materia.
Si solleva pertanto formale eccezione di incostituzionalità del
l'art. 17, 16° e 17° comma, 1. 64/86 per contrasto con l'art. 117
Cost.
Ritiene il collegio, ai fini della verifica della fondatezza dell'as
sunto della ricorrente, secondo cui l'Usi n. 11 «Pordenonese»
avrebbe dovuto dare senz'altro applicazione, nel bandire, disci
plinare e aggiudicare la contestata licitazione, all'art. 16, 16° e
17° comma, 1. 64/86 più volte ricordata, di esaminare partita
mente le'singole obiezioni ed eccezioni che ad esso vengono mos
se dal ricordato provvedimento dell'amministrazione intimata co
si come integrato dalle argomentazioni difensive.
3. - Appare non meritevole d'esser condivisa la tesi difensiva
tendente a delimitare l'efficacia territoriale della norma in discus
sione. Ciò, si afferma, non solo e non tanto per la sua palese
infondatezza, emergente dall'esame e del 17° comma dell'art. 17
1. 64/86 e dell'art. 113 d.p.r. 218/78, che impone un limite terri
toriale soltanto ai fini di individuare l'ubicazione delle imprese
beneficiarie della riserva e non certo per identificare gli enti ob
bligati alla stessa. Il principale vizio dell'argomentazione è costi
tuito invece dal fatto che essa si pone in aperto contrasto con
il comportamento della stessa Usi.
Essa, dopo aver in un primo tempo seguito tale tesi, invitando
le ditte concorrenti, in possesso dei necessari requisiti, a una gara
separata per il 30% del fabbisogno dei soli enti aventi sede nel
territorio di Trieste, unica zona della regione a cui vantaggio ope
rerebbe la 1. 64/86, l'ha poi, con atto formale, abbandonata, ne
gando in toto l'applicabilità di detta normativa alla gara di che
trattasi per i motivi sopra ricordati. Non potendo, pertanto, di
fendersi in sede giudiziale, tesi diversa da quella emergente dagli
atti dell'amministrazione rappresentata, non deve il collegio nem
meno prendere in considerazione l'argomento testé esposto.
4. - Nemmeno appare atta a contrastare la censura addotta
con i ricorsi in esame la particolare interpretazione che l'Usi resi
stente fa propria della normativa in materia di riserva, riferendo
l'obbligo relativo non alle singole procedure di fornitura ma al
bilancio di previsione, nell'ambito del quale soltanto e a partire
evidentemente dal 1987 dovrebbe essere individuata la quota del
30% di cui si discute. In primo luogo va notato che appare invero singolare l'eccezio
ne di inammissibilità conseguente alla pretesa mancata impugna
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PARTE TERZA
zione da parte dei ricorrenti del bilancio di previsione 1986, in
cui evidentemente la quota di riserva non poteva in ogni caso
essere contenuta perché nessuna legge allora lo prevedeva. Anche
a voler immaginare che detto bilancio sia stato approvato dopo l'entrata in vigore della 1. 64/86, va rilevato che il provvedimento di aggiudicazione della licitazione qui in discussione (delib. comi
tato di gestione n. 3491 del 31 dicembre 1986) ha trovato corri
spondente impegno soltanto sul bilancio 1987.
Non si vede quindi quale lesione potesse derivare alla ricorren
te dal bilancio preventivo 1986, cosi da doversi ritenere sussisten
te un onere di impugnazione dello stesso a pena di inammissibili
tà. Infine la prospettata sussistenza di tale onere contrasta con
il merito dell'argomentazione difensiva qui discussa, secondo cui
la 1. 64/86 inciderebbe soltanto sull'esercizio 1987 e sul relativo
bilancio preventivo. È da aggiungere che il testo del 17° comma
dell'art. 17 1. 64/86, facendo riferimento all'«obbligo di fornirsi
per una quota pari ad almeno il 30% del materiale occorrente
da imprese: aventi stabilimenti ed impianti... ubicati nei territori
di cui all'art. 1 del citato testo unico nei quali sia eseguita lavora
zione... dei prodotti richiesti», appare esplicito nel porre in cor
relazione l'obbligo della riserva con la fornitura dei prodotti ne
cessari alle amministrazioni contemplate dal 16° comma e quindi con le relative procedure di contrattazione.
Del resto la menzione fatta dall'art. 113, 2° comma, d.p.r. 218/78 a una «quota non inferiore delle forniture e lavorazioni
di ciascun anno finanziario» per le quali — e cioè per ciascuna
delle quali deve bandirsi una «gara a parte» — oltre a conferma
re che anche con essa si intendono disciplinare gare per forniture
e non atti contabili, ha una sua chiara finalità.
Il riferimento all'anno finanziario vale ad assicurare che co
munque le amministrazioni obbligate devono riservare alle impre se beneficiarie il 30% (in valore) delle forniture e lavorazioni di
ciascun esercizio, nonostante l'esclusione dalla riserva di quelle non frazionabili e non effettuabili dalle predette imprese. Il rela
tivo meccanismo è spiegato dal successivo 3° comma dell'art. 113
citato, che prevede l'aumento proporzionale della riserva sulle gare non escluse dal relativo obbligo, se ciò appare necessario per rag
giungere la prescritta quota del 30% nell'anno finanziario.
Che tale disciplina si applichi, sia pure pro quota, anche alle
gare dell'esercizio finanziario 1986, appare del resto confermata,
indirettamente, dagli art. 7 e 10 d.p.r. 24 aprile 1967 n. 478,
regolamento di esecuzione in materia di riserva del 30%, previsto dall'art. 16, 5° comma, 1. 717/65, divenuto penultimo comma
dell'art. 113 t.u. approvato con r.d. 218/78 tuttora vigente. Tali norme invero prevedono che le amministrazioni tenute al
la riserva devono provvedersi «per ciascuna fornitura e lavora
zione» (art. 7) e devono tenere, ai fini della determinazione della
relativa quota, un elenco di «tutti i contratti stipulati». All'entra
ta in vigore della 1. 64/86 questi obblighi si applicano pertanto immediatamente a ciascuna gara. Del resto, anche a voler diver
samente opinare, nessun cambiamento di disciplina si verifiche
rebbe per la licitazione de qua, appartenente, come si è visto, all'esercizio 1987.
5. - Va ora esaminata l'eccezione relativa alla violazione, da
parte del 16° e 17° comma dell'art. 17 1. 64/86, della normativa
della Cee, di cui viene richiesta la disapplicazione nel caso de
quo, da parte di questo tribunale.
L'eccezione, come si è rilevato, nei successivi sviluppi delle ar
gomentazioni difensive dell'Usi, si articola contestando la manca
ta osservanza, da parte del legislatore italiano, della direttiva del
consiglio della Cee n. 77/62 del 21 dicembre 1976 — attuata con
la 1. 113/81 — nonché degli art. 30 e 31 e degli art. 92, 93 e
94 del trattato.
Deve innanzitutto rilevarsi al riguardo che i primi due profili di asserito contrasto con il diritto comunitario possono essere esa
minati congiuntamente, risultando in maniera chiara dalle pre messe della direttiva citata che essa è stata emanata ai fini del
controllo dell'osservanza da parte degli Stati membri della Cee
del divieto di restrizione alla libera circolazione delle merci, pre visto dagli art. 30 ss. del trattato, in materia di appalti pubblici di forniture, coordinando le relative procedure.
L'Usi resistente sostiene che tale direttiva sarebbe norma co munitaria di immediata e diretta applicazione per cui — secondo
Il Foro Italiano — 1988.
i principi dettati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 170
dell'8 giugno 1984 (Foro it., 1984, I, 2062; per la verità concer
nente i regolamenti) — sarebbe obbligo del giudice nazionale adi
to disapplicare il diritto interno con essa incompatibile, sia che
la preceda sia che la segua nel tempo. In tale condizione di in
compatibilità si troverebbe la contestata norma della 1. 64/86.
Il collegio condivide questa prospettazione, nella parte in cui af
ferma che la direttiva di che trattasi vincola il legislatore naziona
le a disciplinare la materia secondo i principi da essa det
tati.
In proposito è esplicito l'art. 2 della disposizione comunitaria
in questione, che testualmente recita: «Per aggiudicare gli appalti
pubblici di forniture i poteri aggiudicatori applicano le proprie
procedure nazionali, adattate alla presente direttiva».
Il legislatore italiano ha disciplinato di conseguenza la materia
con la 1. 30 marzo 1981 n. 113 — tenendo conto sia della citata
direttiva n. 77/62 sia della successiva n. 80/767 del 22 luglio 1980,
peraltro non riguardante le Usi — legge modificata in seguito dall'art. 17 1. 64/86 secondo i normali criteri di successione delle
leggi nel tempo, in mancanza, per le norme attuative di direttive
comunarie, di alcuna efficacia rinforzata.
Il collegio deve pertanto valutare se la modifica cosi introdotta
sia compatibile con la direttiva n. 77/62 e con gli art. 30 ss. del
trattato, nella parte in cui, nei termini più sopra indicati, essa
dà loro attuazione.
Alla questione, cosi come posta, non può, ad avviso del colle
gio, darsi senz'altro risposta negativa. Giustamente infatti osserva la società ricorrente che l'art. 26
della predetta direttiva consente esplicitamente allo Stato italiano
di continuare ad applicare le norme della 1. 6 ottobre 1950 n.
835 ancora vigenti al momento della sua adozione nonché le sue
successive modifiche, fatta salva, ovviamente, l'anzidetta compa tibilità con il trattato.
In sostanza la ripetuta direttiva conferma la validità delle di
sposizioni confluite nel r.d. 218/78, a sua volta modificato dalla
norma che ne occupa, salvo il controllo — affidato dal successi
vo art. 27 alla commissione — di conformità al trattato ai sensi
dell'art. 26 e il conseguente obbligo per gli Stati membri della
previa notifica delle nuove disposizioni nazionali alla stessa com
missione.
In questi termini non può farsi questione, davanti a questo
tribunale, della compatibilità della norma in discussione con la
direttiva n. 77/62 e con gli art. 30 ss. del trattato, che essa viene
ad attuare nella materia dei pubblici appalti.
Invero, producono effetti diretti nei confronti dei cittadini, at
tribuendo loro diritti individuali tutelabili dinanzi ai giudici na
zionali, soltanto quegli obblighi, previsti dal trattato, che non
siano accompagnati da alcuna condizione, né subordinati nei lo
ro effetti all'emanazione di alcun provvedimento da parte della
commissione o di altre istituzioni comunitarie (cfr. Corte giusti zia Ce 16 giugno 1966, in causa n. 57/65, id., 1966, IV, 185). Siffatta situazione non ricorre nel caso di specie, essendo consen
tito in linea di principio alla legislazione italiana relativa agli aiuti
al Mezzogiorno di incidere sulla disciplina comunitaria degli ap
palti di forniture, sotto il controllo della commissione, cui solo
compete, attraverso un apposito procedimento, promuovere gli eventuali provvedimenti per l'eliminazione di norme in contrasto
con il trattato.
In termini analoghi deve determinarsi questo tribunale in ordi
ne all'ulteriore preteso contrasto dell'art. 17, 16° e 17° comma, 1. 64/86 con l'art. 92 del trattato, che vieta agli Stati membri
di concedere aiuti suscettibili di falsare la concorrenza.
Invero anche detto art. 92 prevede, al punto 3, la possibilità
per gli Stati membri di deroghe, in particolare considerando com
patibile con il mercato comune «gli aiuti destinati a favorire lo
sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anor
malmente basso oppure si abbia una grave forma di sotto
occupazione», disposizione che perfettamente si attaglia alla fat
tispecie che ne occupa. Allo Stato italiano incombe soltanto l'obbligo, ai sensi del suc
cessivo art. 93, di notificare i relativi progetti di aiuti alla com
missione perché questa possa verificare la loro compatibilità con
il trattato.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
In materia la Corte di giustizia ha avuto più volte modo di
pronunziarsi (sent. 19 giugno 1973, causa 77/62, id., 1973, IV,
132; 22 marzo 1977, cause 74/76 e 78/76, id., 1977, IV, 282) nel senso che i singoli non possono contestare la compatibilità di un aiuto con il diritto comunitario davanti ai giudici nazionali, né chiedere loro di pronunziarsi in tal senso in via principale o
incidentale, salvo che in fattispecie qui non ricorrenti.
Non può quindi essere nemmeno accolta, perché improponibi
le, l'eccezione di incompatibilità della norma in esame con l'art.
92 del trattato.
Ulteriormente eccepisce però l'intimata Usi che lo Stato italia
no, in violazione dell'art. 93 del trattato, non avrebbe provvedu to a notificare alla commissione, ai fini della relativa declaratoria
di compatibilità, l'adozione della norma in discussione. Ne deri
verebbe l'inapplicabilità nei suoi confronti, dell'art. 92, punto 3, Iett. a), che considera potenzialmente compatibili con il mercato
comune gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo di regioni con
basso tenore di vita.
Peraltro, l'asserita mancata notifica dell'adozione delle misure
de quibus non trova riscontro in minimo principio di prova, no
nostante la facilità del relativo accertamento da parte di una p.a. In ogni caso, sotto il profilo del diritto comunitario, tale prete
sa violazione non sortirebbe gli effetti di incompatibilità dell'art.
17 1. 64/86 con il trattato, come pretende l'Usi, i quali potrebbe ro conseguire solo a un positivo accertamento della supposta in
compatibilità. Sulle conseguenze che produce in realtà detto vizio procedurale
il collegio non ritiene di doversi ulteriormente soffermare, non
avendo la parte che lo eccepisce adempiuto all'onere probatorio a suo carico, nei termini richiesti per provocare almeno l'inter
vento istruttorio del tribunale.
L'eccezione dev'essere pertanto disattesa.
6. - Da ultimo l'Usi intimata ha sollevato questione di legitti mità costituzionale dell'art. 17, 16° e 17° comma, 1. 64/86 per contrasto con l'art. 117 Cost., in quanto invasivo della compe tenza regionale in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera e di organizzazione delle Usi, comprendente anche la contabilità
delle stesse e le procedure di formazione dei contratti.
La questione va ovviamente riferita all'art. 5, punto 16, dello
statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, che conferisce
alla regione stessa potestà legislativa in materia di «igiene e sani
tà, assistenza sanitaria e ospedaliera». Tale potestà è peraltro da
esercitarsi «in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle
leggi dello Stato nelle singole materie». Si tratta all'evidenza di
potestà legislativa non esclusiva, come sostenuto dalla Usi n. 11, bensì concorrente.
Precisati come sopra i termini di riferimento, la questione, ad
avviso del collegio, si appalesa manifestamente infondata. Deve
infatti rilevarsi che non può attribuirsi all'art. 17, 16° e 17° com
ma, la natura di semplice norma di dettaglio. Con essa lo Stato,
provvedendo indubbiamente a regolare una materia di sua com
petenza, qual è quella degli aiuti alle zone meno sviluppate del
paese, in quanto rispondente ad esigenze di carattere unitario,
per la prima volta utilizza, in modo pressoché generalizzato ed
obbligatorio, attraverso l'istituto della riserva, i pubblici appalti come mezzi di incentivazione per le zone suddette.
Se si pone mente alla vastità degli effetti del riservare ad azien
de che operano nel Mezzogiorno e nelle altre località a questo
equiparate il 30% delle forniture e lavorazioni, oggetto di presso ché tutte le pubbliche gare, si dovrà convenire che la relativa ma
teria ne viene ridefinita e modificata in modo tale da poter ben
far ritenere che se ne sono mutati in tal modo i principi fonda
mentali.
L'interferenza che si verifica, per l'incidenza anche sulle gare
delle Usi, fra la ricordata norma statale e i poteri regionali in
materia di organizzazione e contabilità delle unità sanitarie non
può che risolversi a favore dello Stato. Le disposizioni dell'art.
17 1. 64/86 trovano-infatti fondamento nella già rilevata esigenza
di soddisfare interessi di portata nazionale in tema di sviluppo
del Mezzogiorno ed aree equiparate. Data la competenza legisla
tiva secondaria attribuita dallo statuto alla regione Friuli-Venezia
Giulia nella materia di che trattasi, prevale la norma di principio
statale, né ha rilievo che nella specie si discuta della attribuzioni
di una regione ad autonomia speciale. Fuori dei casi di potestà legislativa esclusiva valgono per le re
gioni a statuto speciale gli stessi limiti che, in analoga fattispecie,
potrebbero opporsi a una regione a staturo ordinario (cfr. per
Il Foro Italiano — 1988.
es. Corte cost. 22 ottobre 1982, n. 162, id., 1983, I, 595). Del
resto appare al collegio assai dubbia la rilevanza della questione cosi come sollevata nel ricorso in esame, dove la gara è regolata
pressoché interamente secondo la disciplina della legge statale n.
113/81 e dove le norme regionali applicate non entrano in alcun
modo in contrasto, dato il loro carattere esclusivamente procedi
mentale, con l'art. 17 1. 64/86.
7. - Al fine dell'esecuzione della presente sentenza e, altresì, al fine della verifica della permanenza dell'interesse al ricorso fi
no al momento della decisione, il collegio deve rilevare che, nel
periodo intercorso tra l'udienza di discussione e la definitiva de
cisione in camera di consiglio del presente ricorso, è intervenuta
la comunicazione della commissione pubblicata sulla G.U.C.E.
del 29 settembre 1987, n. 259.
Con essa si dà atto che il governo italiano ha notificato a suo
tempo il progetto di aiuti, poi concretatosi nella 1. 64/86 e, accer
tata una serie di incompatibilità con il trattato, si rileva che «al
progetto in questione non può essere data esecuzione senza la
preventiva approvazione della commissione». Devesi peraltro esclu
dere che la disposizione che ne occupa sia coinvolta da tale so
spensione. La commissione fa applicazione invero nella specie dell'art. 93,
punto 3, del trattato che le fa obbligo, qualora tempestivamente informata di un progetto diretto a istituire o modificare aiuti, di avviare qualora lo ritenga incompatibile con il mercato comu
ne il particolare procedimento disciplinato dal precedente n. 2
dello stesso articolo. Allo Stato interessato compete l'obbligo di
non dare esecuzione alle misure progettate prima che la relativa
procedura abbia condotto a una decisione finale. L'effetto so
spensivo consegue, quindi, solanto all'avvio del procedimento di
cui all'art. 93, punto 2, del trattato.
Dall'esame della citata comunicazione risulta peraltro esplicita mene dichiarato che la commissione ha iniziato l'indicato proce dimento nei confronti degli art. 12, 13, 15 1. 64/86, nonché nei
confronti dell'art. 59 d.p.r. 218/78, oltre a contestare il livello
di aiuti concesso alle province di Frosinone, Pescara e Chieti e
l'inclusione, fra le zone beneficiarie, delle province di Ascoli Pi
ceno, Rieti, Roma, Latina, L'Aquila e Teramo, aprendo la ricor
data procedura anche nei confronti di tali aspetti della legge esa
minata.
Sulle altre disposizioni della 1. 64/86, fra cui in particolare quella che ne occupa, la commissione si riserva di pronunciarsi e non
ha pertanto, allo stato, iniziato alcuna procedura. Di conseguenza, l'attuazione dell'art. 17, 16° e 17° comma,
della legge predetta non è da considerarsi sospesa nella regione Friuli-Venezia Giulia.
8. - La norma ora menzionata, non potendo essere interpretata come vorrebbe l'Usi intimata, né dichiarata in contrasto col dirit
to comunitario, né essendovi gli estremi per promuovere in via
incidentale il giudizio di costituzionalità su di essa doveva essere
applicata, in base alle considerazioni che precedono, alla gara di che trattasi.
Risultano pertanto fondati i ricorsi nn. 1 e 171/87 promossi dall'Industria farmaceutica Lucana s.p.a., in quanto illegittima mente le è stata negata la partecipazione, cui aveva diritto, cosi'
come lo avevano tutte le ditte invitate che si trovavano nelle con
dizioni previste dall'art. 17, 16° e 17° comma, 1. 64/86, alla gara riservata per l'assegnazione quanto meno del 30% della fornitura
di materiali sanitari, oggetto della licitazione de qua. Per i motivi già precedentemente delucidati deve essere invece
dichiarato irricevibile il ricorso n. 182/87, promosso dalla labo
ratori Don Baxter s.p.a.
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