sentenza 7 novembre 1979, n. 929; Pres. De Roberto, Est. Lodi; Brazzo (Avv. Levi Carati) c.Ospedale di Niguarda (Avv. Varaldo) e Min. tesoro (Avv. dello Stato Tallarida)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 413/414-415/416Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171233 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
e chi deve eseguirli, dovendosi al contrario considerare anche i
luoghi e le circostanze nei quali le funzioni direttive sono svolte. Dall'insieme di questi elementi risulta più che giustificata la
pretesa dell'amministrazione di una prestanza fisica, in chi si ac
cinge alla carriera di commissario di p. s., maggiore di quella richiesta da altri dipendenti dello Stato.
5. - Le considerazioni innanzi esposte consentono una agevole definizione del terzo motivo.
Nessuna influenza può esercitare, agli effetti del decidere, la
circostanza che nell'ipotesi di passaggio dalla carriera di concetto
a quella direttiva nel corpo di polizia femminile l'amministra
zione per prassi non sottoponga a visita medica attitudinale la
vincitrice del concorso. Nella specie la visita sanitaria risulta
giustificata dall'esigenza di verificare il possesso da parte della
ricorrente (assistente di polizia) dei più severi requisiti fisici
richiesti per l'accesso alla carriera di commissario di p. s.
6. - Per le ragioni innanzi indicate il ricorso deve essere ri
gettato. Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; sentenza 7 novembre 1979, n. 929; (Pres. De Rober
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; sentenza 7 novembre 1979, n. 929; (Pres. De Rober
to, Est. Lodi; Brazzo (Avv. Levi Carati) c. Ospedale di Ni
guarda (Avv. Varaldo) e Min. tesoro (Avv. dello Stato Tal
lariba).
Sanitario — Religiosa infermiera — Servizio presso pubblici
ospedali — Convenzione con l'ordine religioso — Rapporto di
pubblico impiego — Sussistenza — Anzianità (Legge 12 feb
braio 1968 n. 132, enti ospedalieri e assistenza ospedaliera, art.
40; d. pres. 27 marzo 1969 n. 130, stato giuridico dei dipendenti
degli enti ospedalieri, art. 3; legge 3 maggio 1956 n. 392, per l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e tuberco
losi ai religiosi che prestano attività di lavoro presso terzi, art.
unico).
Il servizio di assistenza infermieristica prestato da una suora (poi laicizzata) in ospedali pubblici, in forza di convenzione tra
questi ed ordine religioso, nel concorso degli altri necessari re
quisiti, integra un rapporto di pubblico impiego e deve essere
valutato a tutti gli effetti dell'anzianità di servizio (compresi classi di stipendio e aumenti periodici). (1)
11 Tribunale, ecc. — (Omissis). 4. - La richiesta dell'interessa
ta è tesa, in concreto, ad accertare la natura di rapporto di pub blico impiego del servizio in precedenza prestato presso diversi
istituti quale suora infermiera, affinché possano trovare appli
cazione, nei suoi confronti, le disposizioni di cui all'art. 40 del
contratto collettivo per i dipendenti ospedalieri (diretto a dare
concreta attuazione all'art. 34 d. pres. 27 marzo 1969 n. 130). Trattasi delle norme secondo cui i servizi di ruolo e non di
ruolo resi anche frazionatamente presso gli ospedali debbono es
sere valutati per intero — se il servizio è stato prestato nella
stessa qualifica — a tutti gli effetti dell'anzianità di servizio,
compresa l'attribuzione delle classi stipendiali e degli aumenti
periodici.
(1) In senso conforme, cfr. Pret. Bologna 12 novembre 1976, Foro
it., Rep. 1977, voce Previdenza sociale, n. 140; Cons. Stato, Sez. II, 30 gennaio 1973, n. 1922, id., Rep. 1974, voce Sanitario, n. 154; Cass. 7 aprile 1978, n. 1624, id., 1979, I, 2128, con nota di richiami di dottrina e giurisprudenza.
Sull'argomento, in dottrina, v. anche F. Finocchiaro, Convenzione tra enti religiosi ed enti ospedalieri per attività prestate da personale religioso in ospedali pubblici, in Dir. eccles., 1966, 86; 1967, 69; Levi
Sandri, Istituzioni di legislazione sociale, 1963, 13; Del Giudice, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano, 1964, 180; Buscaroli, in Dir. eccles., 1961, II, 249; Cataldi, Gli ecclesiastici e i religiosi in genere nei riguardi delle assicurazioni sociali, in Riv. trim. prev. soc., 1959, 195; Musumeci, Rapporti di lavoro di religiosi e tutela
previdenziale, in Dir. eccles., 1957, II, 100. Sulla parziale incostituzionalità della legge n. 392 del 1956, cfr.
Corte cost. 9 giugno 1977, n. 108, Foro it., 1977, I, 1597, con nota di richiami.
Per riferimenti, nel senso che rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, stante la natura di ente pubblico non economico del Pio istituto di Santo Spirito ed ospedali riuniti in
Roma, la cognizione delle controversie, anche di natura patrimoniale, instaurate da un dipendente, v., tra le tante, Cass. Sez. un., 12 gen naio 1977, n. 120, id., 1978, I, 792, con nota di richiami.
Può subito rilevarsi la infondatezza della richiesta di riconosci mento del servizio prestato dalla predetta interessata presso l'ospe dale San Giuseppe Cottolengo di Torino (relativamente al perio do dal 2 luglio 1953 alla fine agosto 1954) trattandosi di un ospe dale appartenente all'ordine religioso di cui faceva parte, all'epo ca, la ricorrente, e non di una struttura avente natura pubbli cistica.
È chiaro, infatti, che difetta certamente, in quel caso, un ele mento pacificamente ritenuto come essenziale per la costituzione di un rapporto di pubblico impiego.
Per quanto riguarda, poi, i successivi servizi presso enti ospe dalieri pubblici (ospedale civile S. Croce di Moncalieri, dal 3
maggio 1954 al 15 marzo 1959; ospedale consorziale d? Bentivo
glio, dal 20 marzo 1959 al 30 settembre 1969; ente ospedaliero ostetrico ginecologico S. Anna di Torino, dal 1° novembre 1970 al 3 maggio 1972) le amministrazioni resistenti oppongono che costituirebbe ostacolo insuperabile all'accoglimento della richie sta della ricorrente la circostanza che la medesima abbia pre stato la propria opera non a seguito di regolare assunzione, ma
sulla base di un rapporto convenzionale stipulato direttamente tra gli ospedali e l'ordine religioso cui la predetta all'epoca ap parteneva.
5. - Ad avviso del collegio, tuttavia, la surriportata tesi delle dette amministrazioni non può essere condivisa.
Può osservarsi che, in linea di massima, la sussistenza della
convenzione tra ordine religioso ed ente ospedaliero non esclu de la configurabilità di un rapporto di pubblico impiego, allor
ché sia dato di concretamente individuare, nel contempo, la pre senza di elementi idonei e sufficienti a configurare, appunto, un
rapporto di lavoro a carattere pubblicistico (cfr. Cons. Stato, Sez.
II, 1922 del 30 gennaio 1973, Foro it., Rep. 1974, voce Sanita
rio, n. 154). Ed infatti, secondo un ormai consolidato indirizzo giurispru
denziale, ai fini della qualificazione di un rapporto di pubblico
impiego, prescindendosi da elementi nominalistici, occorre ave
re riguardo ai termini effettivi della prestazione, che va qualifi cata come rapporto di pubblico impiego laddove siano riscontra
bili taluni specifici requisiti, quali: la natura pubblicistica del
l'ente presso cui si presta l'attività, la collaborazione con i fini
istituzionali dell'ente, la continuità della prestazione, la subordi
nazione gerarchica e la predeterminazione della retribuzione (v.
Cass., Sez. un., 8 novembre 1971, n. 3144, id., 1972, I, 54; Cons.
Stato, Ad. plen., 28 luglio 1971, n. 4, id., 1972, III, 49).
Può quindi ritenersi che, nell'ambito degli enti ospedalieri, le
convenzioni con gli ordini religiosi — alla stregua delle dispo sizioni contenute nell'art. 42, n. 1, legge 12 febbraio 1968 n.
132 — rispondono soprattutto all'esigenza di consentire — in de
roga al tassativo principio generale delle assunzioni per concor
so — l'utilizzazione del personale qualificato di frequente messo
a disposizione dei menzionati ordini religiosi, senza alcun pre
giudizio, però, per la sussistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro, ove ne ricorrano, nei singoli casi, le condizioni.
Va soggiunto, infine, ad ulteriore conferma dell'assunto che il
meccanismo delle convenzioni in parola non vieta, di per sé, la
instaurazione di un rapporto di pubblico impiego, che in siffatta
prospettiva si pone, chiaramente, una disposizione della già ci tata legge n. 392/1956, nella quale — sia pure ai soli fini previ denziali — viene testualmente affermato quanto segue: «... si
considera sussistente un rapporto di lavoro dipendente retribuito
anche se le modalità delle prestazioni di lavoro sono pattuite di
rettamente fra il datore di lavoro e l'istituto religioso cui appar
tengono le religiose ed i religiosi occupati e se la remunerazione
delle prestazioni stesse è versata dal datore di lavoro all'istituto
predetto ».
6. - Ciò premesso, può ora esaminarsi se nella specie ricorrono
i necessari presupposti per ravvisare un rapporto di pubblico
impiego, tenuto conto, tra l'altro, degli elementi istruttori acqui siti in base alla precedente decisione interlocutoria di questo tribunale.
Non vi è dubbio, invero, che — in relazione alle mansioni
esercitate dalla ricorrente presso i summenzionati enti pubbli ci —: sussista, in tutte le ipotesi considerate, una stretta correla
zione delle dette funzioni (di infermiera professionale) con i fi
ni istituzionali (di assistenza ospedaliera) degli enti in parola; va anzi soggiunto che questi ultimi hanno in genere anche prov veduto ad inserire con una certa stabilità la medesima ricorrente
nei posti che le venivano assegnati, posti talora specificatamente individuati negli organici come di pertinenza del personale re
ligioso. Né sembra che si ponga in urto con una configurazione del
rapporto di pubblico impiego la previsione — che si rinviene in
tutti i casi — di speciali funzioni demandate alla superiora lo
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PARTE TERZA
cale, incaricata di sovraintendere all'attività delle suore; ed in
fatti la detta religiosa, per efletto proprio della convenzione, diviene in sostanza un elemento della organizzazione ospedalie
ra, e tramite gerarchico dell'istituzione stessa, che non esclude, ma anzi conferma, il vincolo di subordinazione delle singole
religiose nei confronti dell'ente ospedaliero. In particolare, poi, quanto ora si è precisato porterebbe tra
l'altro ad escludere che possa sussistere, in situazioni siffatte, una
figura di appalto di servizi tra l'ente ospedaliero e l'ordine reli
gioso. Tale conclusione, d'altronde — a parte il problema della
compatibilità di un simile strumento con l'attività di carattere
pubblicistico degli enti in questione — sarebbe in ogni caso pre clusa nella specie, difettando, nelle convenzioni in parola, qual siasi previsione volta ad escludere la diretta responsabilità de
gli enti ospedalieri per le prestazioni effettuate dal personale
religioso. Esaminando, infine, l'elemento della retribuzione, può osser
varsi che questa è specificamente prevista per le varie suore as
segnate, in tutte le convenzioni, pur se viene stabilita parte in
natura e parte — in misura modesta — in valuta.
Né può condurre a modificare la natura precipuamente retri
butiva di quest'ultima prestazione patrimoniale il fatto che essa, in alcuni casi, venisse corrisposta all'ordine, invece che a ciascu
na delle religiose, dipendendo ciò — con ogni evidenza — solo
dalla particolare posizione di dette religiose nell'ordinamento ca
nonico, nel quale le stesse continuavano nel contempo a per manere.
7. - Essendosi cosi delineata, con sufficiente chiarezza, la na
tura di rapporto di pubblico impiego del rapporto costituitosi in
passato tra i menzionati enti e la ricorrente, può verificarsi, ora, se alla medesima sia in concreto applicabile la disposizione del
contratto collettivo, sopra menzionato, relativa alla valutazione
dei servizi precedentemente prestati dai dipendenti ospedalieri. Qualche dubbio al riguardo, infatti, potrebbe sorgere per la
circostanza che la norma stessa fa espressa elencazione (per
quanto riguarda il servizio non di ruolo: l'unico ad interessarci
in questa sede) soltanto dell'« incarico », dello « straordinariato »
e della « supplenza », forme di prestazione lavorativa che ap
paiono estranee al rapporto atipico che ha "interessato la ri
corrente.
Sembra tuttavia, al collegio, che la elencazione suddetta non
abbia valore di « numero chiuso », in quanto ciò si porrebbe in
evidente contrasto con la ratio della norma che appare rivolta
a valorizzare la qualificazione professionale comunque acquisita dai dipendenti ospedalieri; cosa ch^ comporterebbe il riconosci
mento delle pregresse anzianità relative ad analoghi lavori esple tati a qualsiasi titolo presso diversi enti ospedalieri.
8. - Sulla base delle suesposte considerazioni il ricorso deve
essere, dunque, accolto, e va per conseguenza affermato il di
ritto della ricorrente alla valutazione, ai chiesti effetti economici, del servizio da essa precedentemente prestato presso i suddetti
enti ospedalieri pubblici. 9. - Stante la novità delle questioni trattate, le spese e gli ono
rari del giudizio possono essere compensati tra le parti. Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CA
LABRIA; Sezione di Catanzaro; sentenza 11 luglio 1979, n.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CA
LABRIA; Sezione di Catanzaro; sentenza 11 luglio 1979, n.
243; Pres. Vaccaro, Est. Delfa; Regione Calabria (Avv. Ml
rigliani) c. Commissione statale di controllo sugli atti ammi
nistrativi della Regione Calabria (Avv. dello Stato Cri
scuoli).
Regione — Deliberazione regionale — Annullamento da parte della commissione statale di controllo — Mancato invio della
documentazione — Legittimità — Fattispecie (R. d. 23 mag
gio 1924 n. 827, regolamento per l'amministrazione del patri monio e per la contabilità generale dello Stato, art. 288, 289, 291; legge 10 febbraio 1953 n. 62, costituzione e funziona mento degli organi regionali, art. 45; legge 16 maggio 1970 n.
281, provvedimenti finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario, art. 20; legge 19 maggio 1976 n. 335, prin cipi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bi lancio e di contabilità delle regioni, art. 35).
È legittimo l'annullamento da parte della commissione statale di controllo della deliberazione con la quale la giunta regionale ha deliberato il pagamento di una fattura commerciale, se tale
fattura non sia stata trasmessa alla commissione stessa, mal
grado ne avesse fatto tempestiva richiesta (in motivazio
ne è stata affermata la irrilevanza del controllo sulla fattura, attestato dal presidente della giunta regionale, da parte di un
organo interno alla struttura regionale). ( 1).
Il Tribunale, ecc. — Con il ricorso in esame la Regione Cala
bria ha sostanzialmente lamentato che la commissione governa tiva di cui all'art. 41 legge 10 febbraio 1953 n. 62 abbia travali
cato dai limiti ai propri poteri di controllo sugli atti regionali, non esercitandoli per la realizzazione delle funzioni e finalità pub bliche cui essi sono correlati. Tale illegittimità di base si sarebbe
estrinsecata in vari profili di eccesso di potere, rilevati nei due
motivi di ricorso, nonché nella violazione e falsa applicazione del
l'art. 45 citata legge 10 febbraio 1953 n. 62.
Tale tesi non può essere condivisa dal collegio. Giova osser
vare che la funzione di controllo di legittimità è volta ad accer
tare e ad assicurare che l'azione della pubblica amministrazione
si svolga in conformità del diritto vigente; e quindi si compie
rivedendo, riesaminando e ricostruendo non solo l'atto delibera
tivo della pubblica amministrazione ma anche i documenti che
sono citati in delibera e ne sono il presupposto. Cosi nel caso di
provvedimento che liquida una spesa l'prgano che esercita il con
trollo di legittimità deve necessariamente esaminare l'atto deli
berativo e i documenti comprovanti il diritto di credito acqui sito dal terzo. Cosi, il regolamento per l'amministrazione del pa trimonio e per la contabilità generale dello Stato approvato con
r. d. 23 maggio 1924 n. 827 che all'art. 288 dispone: « in ciascu
na amministrazione centrale gli uffici ai quali è affidata la tratta
zione amministrativa degli affari, fatta la liquidazione della spe sa da pagare o da rimborsare, trasmettono alla rispettiva ragione ria con apposito elenco il titolo di spesa unendovi a corredo i
necessari documenti». 11 successivo art. 289 precisa che «verifi
cata la legalità, la documentazione e la liquidazione della spe sa... il direttore appone il visto nel titolo di spesa».
E infine l'art. 291 stabilisce che: « i titoli di spesa sono tra
smessi dalla ragioneria alla Corte dei conti. A corredo dei titoli
stessa debbono essere trasmessi tutti i documenti giustificativi».
L'obbligo di corredare l'atto volitivo della pubblica ammini
strazione (il d. m. nello Stato; la delibera della giunta nell'ordi
namento regionale) con tutti i documenti giustificativi della spesa
appare pacifico ed incontrovertibile, ed è confermato anche nel
l'ipotesi di controllo successivo, nel caso cioè di rendiconti dei
funzionari delegati che debbono essere presentati all'organo di
controllo con tutti i documenti giustificativi. Può affermarsi che l'esame della documentazione giustificativa
della spesa costituisce una attività imprescindibile nell'attività di
controllo di legittimità sugli atti (com'è quello attribuito alla com
missione di controllo), non esiste controllo di legittimità sugli atti
senza l'esame di tutti gli atti che costituiscono la prova della le
gittimità della spesa. E pertanto le norme soprariportate del rego lamento di contabilità dello Stato disciplinano (a parte la pecu liarità del visto e della registrazione) il modo normale e unico
dell'attività di controllo di legittimità sugli atti. D'altra parte anche l'art. 20, 3° comma, legge 16 maggio 1970
n. 281, riguardante provvedimenti finanziari per l'attuazione delle
regioni a statuto ordinario, che stabilisce che: « fino a quando le leggi della Repubblica non provvederanno diversamente, si
osservano le norme sull'amministrazione del patrimonio e della
contabilità dello Stato, in quanto applicabili ».
L'art. 35, 2° comma, legge 19 maggio 1976 n. 335 prescrive
poi: « fino a quando la regione non abbia esercitato la propria
potestà legislativa nella materia di cui al primo comma (riguar dante anche la procedura di gestione del bilancio), si osservano
le norme della contabilità dello Stato, in quanto applicabili». Le disposizioni riferite confermano che le norme di contabili
tà dello Stato debbono regolare anche il procedimento di gestio ne del bilancio regionale e tale procedimento si conclude con
(1) Questione di specie su cui non constano precedenti in termini. Per riferimenti, con particolare riguardo all'obbligo di sottoporre
a controllo non solo la deliberazione di pagamento di spesa, ma an che tutta la documentazione che tale spesa giustifica e che ne com
prova la legalità e l'avvenuta liquidazione, cfr., pur con riferimento a fattispecie alquanto diversa (controllo da parte della Corte dei conti sul bilancio delle amministrazioni dello Stato), Corte conti, Sez. II, 23 maggio 1979, n. 15/79, Foro it., 1979, III, 654, con nota di ri chiami, cui adde, in motivazione, Sez. II 11 dicembre 1975, n. 655, id., Rep. 1976, voce Corte dei conti, n. 22, e, con riguardo al fatto che l'attività sindacatoria della commissione statale di controllo su
gli atti regionali su atti istruttori e preparatori dell'atto sottoposto a controllo non può essere sostituita dall'attestazione, da parte dell'auto rità emanante, della conformità degli atti stessi alla normativa vi gente, cfr. T.A.R. Umbria 14 luglio 1977, n. 324, id., Rep. 1978, voce
Regione, n. 186.
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