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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione I; sentenza 10 aprile 1989, n. 405; Pres. De...

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sezione I; sentenza 10 aprile 1989, n. 405; Pres. De Roberto, Est. Borioni; Furiani ed altri (Avv. Gioia) c. Pres. cons. ministri ed altri (Avv. dello Stato Russo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991), pp. 51/52-55/56 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183153 . Accessed: 25/06/2014 06:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.36 on Wed, 25 Jun 2014 06:01:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione I; sentenza 10 aprile 1989, n. 405; Pres. De Roberto, Est. Borioni; Furiani ed altri (Avv. Gioia) c. Pres. cons. ministri ed altri

sezione I; sentenza 10 aprile 1989, n. 405; Pres. De Roberto, Est. Borioni; Furiani ed altri (Avv.Gioia) c. Pres. cons. ministri ed altri (Avv. dello Stato Russo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 51/52-55/56Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183153 .

Accessed: 25/06/2014 06:01

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PARTE TERZA

residente nell'ambito comunale scorporata da quella in età pe diatrica.

La Usi, nel determinare i posti carenti per i medici generici, aveva scorporato dalla popolazione residente quella compresa tra 0 a 6 anni; l'organo di controllo provvede ad annullare la

citata delibera considerando in età pediatrica gli individui sino a 14 anni di età, come tra l'altro acclarato dall'assessorato alla

sanità della regione Puglia con nota circolare del 5 ottobre 1987

n. 24/30370/116/17. In detta nota, versata agli atti di causa, ed emanata proprio al fine di ovviare a difficoltà delle Usi in ordine all'applicazione dei d.p.r. nn. 289 e 290 del 1987 riguar danti rispettivamente i medici generici ed i medici pediatri, l'as sessorato precisava la fascia di età da qualificarsi pediatrica (da 0 a 14 anni) giusto quanto disposto dall'art. 1 d.p.r. n. 290

del 1987 specificando che ciò costituiva una innovazione rispet to al precedente d.p.r. n. 884 del 1984 che collocava la popola zione pediatrica nella fascia sino ai 12 anni.

La decisione dell'organo di controllo viene ora impugnata con

tre motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente, e

con cui si deduce violazione di legge (d.p.r. n. 289 del 1987, art. 5; d.p.r. n. 290 del 1987, art. 1, 3, 4, 5, 7) ed eccesso

di potere sotto vari profili. L'età pediatrica — a dire dei ricorrenti — è definita dal 3°

comma dell'art. 4 d.p.r. n. 290 del 1987 che indica quali sono

gli assistibili da parte dei medici pediatri e cioè i residenti in età compresa tra 0 a 6 anni. Seguendo la tesi del Coreco si

avrebbe una fascia di popolazione sfornita di assistenza medica.

Né, continuano i ricorrenti, può farsi riferimento all'art. 1 d.p.r. n. 290 del 1987 in quanto detto articolo determina l'ambito di

operatività dei pediatri ma non l'età pediatrica, nella considera

zione anche che il successivo art. 4 individua gli assistibili in quelli compresi tra 0 a 6 anni e che solo transitoriamente, nelle

regioni con difficoltà tecniche per l'aggiornamento degli elenchi delle scelte in carico ai pediatri (e non è il caso della regione

Puglia), la fascia di età è elevata ai 14 anni. La tesi dei ricorrenti non può essere accolta; essa infatti pre

senta degli evidenti vizi di interpretazione logico-sistematica delle

norme invocate.

Considera il collegio che la qualificazione pediatrica sta ad indicare la fascia d'età dell'individuo alla cui tutela dal punto di vista sanitario è preposto, dall'ordinamento, un medico spe

cialista, appunto il pediatra; superata detta fascia di età, alla

tutela sanitaria del soggetto è competente il medico di medicina

generale. Premessi detti concetti di comune accezione, osserva

il collegio che l'età pediatrica viene individuata nel citato d.p.r. n. 290 in riferimento alla fascia di età che va fino ai 14 anni,

comprensiva cioè oltre che dell'infanzia anche dell'età evolutiva.

Ed infatti nell'art. 1 si afferma che i medici specialisti in pe diatria sono parte attiva e qualificante del servizio sanitario na

zionale, per il settore preposto alla tutela dell'infanzia e dell'età

evolutiva da 0 a 14 anni; in ciò innovando ed estendendo prece denti disposizioni che limitavano l'età in argomento a 12 anni.

Tra l'altro, quanto dedotto a riguardo dagli stessi ricorrenti, che leggono le disposizioni in esame come ambito di operatività dei pediatri, è illogico in quanto surrettiziamente si asserisce

una dicotomia tra ambito di operatività e contenuto e/o ogget to della stessa. Né vale a dimostrare la citata distinzione il ri

chiamo della disposizione che a dire dei ricorrenti individua gli assistibili nei soggetti da 0 a 6 anni. Detta disposizione e cioè il 3° comma dell'art. 4 citato d.p.r. è del seguente tenore: «Il

numero dei pediatri iscrivibili in ciascun comune. . . è determi nato in base al rapporto di un medico per 600 o frazione supe riore a 300 assistibili residenti in età compresa tra 0 a 6 anni».

Considera il collegio che detta norma, attesa anche la sedes ma

teriae e cioè l'art. 4 della rubrica «rapporto ottimale», lungi dall'individuare l'età pediatrica serve solo a determinare le uni

tà dei pediatri iscrivibili in ciascun comune che per scelta legi slativa viene rapportato ad un certo numero di assistibili, cioè

soggetti sino a 6 anni di età. Per dirla in altre parole gli assisti bili sino a 6 anni non sono tutti i soggetti in età pediatrica ma quella quota parte che serve a calcolare il rapporto ottimale.

La limitazione in argomento risponde a finalità operativa in cui è riscontrabile a parere del collegio un presupposto di neces

1l Foro Italiano — 1991.

saria stabilità numerica di assistibili ai fini della determinazione dell'organico dei pediatri atteso il naturale evolversi dell'età ed

il passaggio al compimento dei 14 anni alla successiva (e defini

tiva) fascia di età rientrante come tutela della salute nella com

petenza dei medici di medicina generale. La circostanza poi che l'individuo dai 7 ai 14 anni debba essere assistito dal pediatra e non già dal medico di medicina generale è un portato di tutto

il sistema cosi come delineato dai richiamati d.p.r. citandosi a riguardo e solo come esempio la disposizione di cui all'art.

7, ultimo comma, che consente al pediatra che abbia raggiunto il suo massimale di acquisire nuove scelte previa ricusazione di

un pari numero di scelte da scegliere esclusivamente tra gli assi

stiti di età non inferiore a 13 anni. In conclusione, non ha valenza la tesi dei ricorrenti e bene

ha fatto quindi l'organo di controllo ad annullare la delibera

della Usi n. 586/P del 28 settembre 1987 che nel determinare

i posti dei medici generici detraeva la popolazione in età pedia trica individuata in quella compresa tra gli 0 e 6 anni anziché

tra 0 a 14 anni.

Il ricorso, assorbita ogni altra prospettazione di censura, va

quindi respinto.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 10 aprile 1989, n. 405; Pres. De Ro

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER EL LA ZIO; sezione I; sentenza 10 aprile 1989, n. 405; Pres. De Ro

berto, Est. Borioni; Furiani ed altri (Aw. Gioia) c. Pres.

cons, ministri ed altri (Aw. dello Stato Russo).

Impiegato dello Stato e pubblico — Retribuzione — Progressio ne per anzianità — Determinazione — Regolamentazione pat tizia — Parametri predeterminati — Inesistenza (L. 29 marzo

1983 n. 93, legge-quadro sul pubblico impiego, art. 2, 3; d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, norme risultanti dalla disciplina pre vista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relati

va al comparto del personale dipendente del servizio sanitario

nazionale, art. 45). Sanitario — Servizio sanitario nazionale — Personale dipen

dente — Regolamentazione pattizia — Accordi triennali —

Proroga degli effetti economici oltre il triennio — Illegittimi tà (L. 29 marzo 1983 n. 93, art. 13; d.p.r. 20 maggio 1987

n. 270, art. 1).

Spetta alla contrattazione collettiva determinare le modalità di

applicazione della progressione economica per anzianità che

costituisce un profilo essenziale del trattamento retributivo nel

sistema articolato su livelli e qualifiche funzionali ma per il quale non si rinvengono nell'ordinamento parametri prede

terminati, dopo la delegificazione operata dall'art. 3 l. 29 mar

zo 1983 n. 93; pertanto, quelle modalità stabilite in sede di

contrattazione collettiva non possono formare oggetto di sin

dacato di legittimità, salvo che per vizi di palese illogicità e di evidente travisamento. (1)

(1) Per l'affermazione, nella disciplina del pubblico impiego statale e non statale, del principio che alla maggiore anzianità deve corrispon dere una migliore retribuzione rispetto ai dipendenti meno anziani, v. Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 1986, n. 376, Foro it., Rep. 1986, voce

Impiegato dello Stato, n. 683; 8 luglio 1985, n. 253, id., Rep. 1985, voce Sanitario, n. 178; 22 dicembre 1982, n. 904, id., Rep. 1983, voce

Impiegato dello Stato, n. 377; Tar Lazio, sez. Latina, 18 novembre

1983, n. 359, id., Rep. 1984, voce cit., n. 598; per l'affermazione del

parallelo principio della proporzionalità della retribuzione alla qualifi cazione del lavoro di cui all'art. 36 Cost., v. Tar Piemonte 27 gennaio 1982, n. 68, id., Rep. 1982, voce cit., n. 565; è stata, comunque, ritenu ta legittima la disposizione dell'art. 27 d.p.r. 7 novembre 1980 n. 810 che ha equiparato in via generale la posizione degli impiegati comunali e provinciali più anziani, rispetto a quella degli impiegati con maggiore anzianità di servizio, da Corte conti, sez. I, 18 gennaio 1984, n. 15,

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

È illegittimo l'art. 1,2° comma, d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, che disciplina il trattamento economico del personale del ser

vizio sanitario nazionale per il triennio 1985-1987, nella parte in cui prevede la proroga degli effetti economici contrattuali

fino al 30 giugno 1988, con superamento dell'arco triennale

di riferimento e l'invasione del triennio successivo, in viola

zione dell'art. 13 l. 29 marzo 1983 n. 93. (2)

Diritto. — Il ricorso ha per oggetto il d.p.r. 20 maggio 1987

n. 270 che disciplina il trattamento economico del personale del servizio sanitario nazionale per il triennio 1985-1987.

Alla prima eccezione di inammissibilità opposta dall'avvoca tura dello Stato va replicato, anzitutto, che l'art. 9 1. 29 marzo

1983 n. 93, come sostituito dall'art. 1 1. 8 agosto 1985 n. 426, non richiede nessun atto di ricezione da parte delle unità sanita

rie locali; in secondo luogo, che le norme censurate, stante la

loro concreta e vincolata forza precettiva, sono esse stesse im

mediatamente lesive della sfera giuridica dei dipendenti delle Usi.

Per quanto concerne la seconda eccezione è sufficiente osser

vare che l'art. 17 dell'accordo intercompartimentale recepito con

il d.p.r. 1° febbraio 1986 n. 13 si limita a prevedere l'inserimen to negli accordi di comparto di «sistemi di riconoscimento del l'anzianità che affievoliscono gli attuali automatismi», sicché, per il suo carattere meramente programmatorio, non era suscet

tibile di autonoma ed immediata impugnazione. Il primo e terzo motivo di ricorso, che possono essere esami

nati congiuntamente, investono l'art. 45 d.p.r. n. 270 del 1987, il cui disposto, in quanto esclude incrementi di retribuzione per anzianità nell'anno 1987, sarebbe affetto dal vizio di violazione

di legge, con riferimento agli art. 3 e 36 Cost, ed altri art. 2

e 3 1. n. 93 del 1983, e dal vizio di eccesso di potere sotto

vari profili. Le censure sono infondate. Anche se può convenirsi che la

progressione economica per anzianità costituisce un profilo es

senziale del trattamento economico nel sistema articolato su li

velli e qualifiche funzionali, deve tuttavia osservarsi che nell'or

dinamento non si rinvengono parametri predeterminati in ordi

ne alla concreta estensione del principio dopo che la materia

relativa al regime retributivo è stata delegificata dall'art. 3 1.

n. 93 del 1983. Ne consegue che le modalità stabilite in sede di contrattazio

ne collettiva costituiscono il frutto di scelte ampiamente discre

zionali e non possono formare oggetto di sindacato nel giudizio di legittimità, salvo che presentino vizi di palese illogicità o evi dente travisamento.

Deve anche osservarsi che il procedimento normativo previ sto dalla 1. n. 93 del 1983 è diretto a ricomporre in un quadro unitario ed organico valutazioni estese all'intero triennio di riferi

id., 1984, III, 301, con nota di Verrienti, cui si rinvia per riferimenti

in ordine al principio della discrezionalità dell'amministrazione nel de

terminare i livelli di trattamento economico del personale dipendente (in particolare nel settore sanitario), alla delegificazione operata in ma teria di determinazione del trattamento economico dei dipendenti pub blici dagli art. 2 e 3 1. 93/83, ai principi della proporzionalità delle

retribuzioni rispetto ai livelli funzionali ed all'anzianità di servizio; sul

riconoscimento degli effetti dell'anzianità nell'ambito della carriera e

della retribuzione dei pubblici dipendenti v. anche Cons. Stato, ad. plen., 4 marzo 1986, n. 2, id., 1986, III, 245, con nota di richiami; per riferi

menti di ordine generale, v. S. Piasco, Retribuzione dei pubblici dipen denti, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1986, VI, 687.

(2) Giurisprudenza costante: per ogni riferimento, v. Tar Lazio, sez.

I, 17 dicembre 1987, n. 1986, Foro it., 1988, III, 517, con nota di

richiami, cui adde, in riferimento a disposizioni regolanti la retribuzio

ne individuale di anzianità, Corte conti, sez. contr., 1° luglio 1987, n. 1793, 3 luglio 1987, n. 1805 e 26 maggio 1987, n. 1773, id., Rep.

1988, voce Impiegato dello Stato, 862, 975, 695 (rispettivamente, per il personale dei ministeri, delle aziende ed amministrazioni dello Stato

ad ordinamento autonomo, della scuola). Per altri riferimenti, sulla natura dei decreti presidenziali recettivi de

gli accordi collettivi nell'ambito del pubblico impiego e per la legittimi tà del sistema, con particolare riguardo al settore della sanità, v. Corte

cost. 26 luglio 1988, n. 891 e 16 giugno 1988, n. 656 id., 1989, I, 3080, con nota di richiami; Tar Lazio, sez. I, 1° febbraio 1989, n. 99, ibid.,

HI, 476; sulla disciplina del personale sanitario nell'ambito del servizio

sanitario nazionale, Tar Lazio, sez. I, 20 marzo 1990, n. 299, id., 1990,

III, 499.

Il Foro Italiano — 1991.

mento della negoziazione sindacale, onde l'esatta portata delle

determinazioni adottate non può essere percepita isolando sin

gole previsioni concernenti una frazione del triennio, ma occor

re aver riguardo alla formulazione complessiva della norma in

se stessa e nel contesto in cui è inserita.

Secondo il disposto del citato art. 45 i dipendenti del servizio sanitario fruiscono degli importi corrispondenti all'anzianità ma

turata fino al 31 dicembre 1986, commisurati ai livelli stipen diali previgenti, mentre non ottengono nessun ulteriore benefi

cio per l'anzianità maturata nell'anno 1987. L'art. 42 dello stes

so decreto stabilisce aumenti degli stipendi tabellari per tutti

i livelli funzionali, ripartiti in tre decorrenze (1° gennaio 1986, 1° gennaio 1987, 1° gennaio 1988).

È agevole intendere che in tal modo si è inteso privilegiare, nell'ambito del programmato obiettivo del contenimento della

spesa pubblica, ed in linea con quanto previsto dall'art. 17 d.p.r. n. 13 del 1986, la remunerazione della professionalità a scapito

degli incrementi retributivi automatici. Ciò posto, deve rilevarsi, in primo luogo, che l'art. 45 non

ha soppresso la progressione economica ma ha stabilito una va

lutazione ridotta dell'anzianità rispetto alla disciplina precedente. Pertanto, è inconferente il richiamo all'art. 36 Cost., tanto

più che il principio di adeguatezza ivi sancito riguarda, come la giurisprudenza ha ripetutamente avvertito, il complessivo equi librio del sinallagma fra prestazione lavorativa e retribuzione,

onde non è comunque idoneo ad imporre il mantenimento in

favore del lavoratore del rapporto fra anzianità e stipendio isti

tuito in una determinata epoca.

Deve, altresì, rilevarsi sul piano sostanziale che la norma è

fornita di un'attendibile base giustificativa alla quale dà coeren

te sviluppo precettivo. A questa soglia si arrestano i poteri di cognizione del giudice

amministrativo, giacché il congegno contrattivo degli effetti del

l'anzianità prescelto in concreto esprime una valutazione di me

rito, riconducibile a ragioni di politica sindacale. Egualmente infondato è il secondo motivo, con il quale si

deduce l'illegittimità dello stesso art. 45 per l'ingiustificata di sparità di trattamento che ne deriva ai ricorrenti rispetto alla

disciplina dettata per il personale medico dell'art. 92, 5° com ma, d.p.r. n. 270 del 1987.

In realtà, la norma anzidetta concorre a definire un regime retributivo che presenta caratteristiche proprie in ordine al pro

cedimento, poiché trae origine da una sede negoziale autono

ma; alle strutture, essendo il trattamento costituito da specifi che voci retributive; ai valori tabellari, che raggiungono nel com

plesso livelli ben più elevati di quelli riconosciuti al restante personale. In tale quadro la più vantaggiosa soluzione adottata

dall'art. 92, 5° comma, costituisce soltanto uno, e neanche il

più significativo, elemento di differenziazione della disciplina dettata per l'area medica, dove non appare irragionevole che

la conseguita maggiore remunerazione della professionalità ab

bia lasciato spazio, nell'utilizzazione delle disponibilità finan ziarie ad essa destinate, ad un riconoscimento più ampio della

progressione economica legata all'anzianità.

Non può quindi essere condivisa la prospettazione dei ricor

renti, poiché il vizio denunziato presuppone un'identità sia og

gettiva sia soggettiva di situazioni, non ipotizzabile nella specie, risultando il congegno previsto per i medici inserito in un trat

tamento troppo peculiare, sul piano formale e sostanziale, ri

spetto a quello degli altri dipendenti, per ritenere che sia stata

contraddetta la logica interna alla quale deve ispirarsi l'accordo

di comparto. Sotto un profilo più generale giova anche ricordare che la

previsione di un regime diversificato per il personale dell'area

medica è stata considerata, pur se ad altri effetti, non irraziona

le né arbitraria dalla giurisprudenza, in virtù della peculiarità della posizione funzionale rispetto ai fini istituzionali del servi zio sanitario nazionale (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile

1988, n. 305, Foro it., Rep. 1988, voce Sanitario, n. 162). Con l'ultimo motivo viene denunziata l'illegittimità, per con

trasto con l'art. 13 1. n. 93 del 1983, dell'art. 1 d.p.r. n. 270

del 1987, secondo il quale gli effetti economici hanno decorren

za dal 1° gennaio 1986.

Per quanto concerne la data della decorrenza la censura è

infondata.

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PARTE TERZA

La norma invocata prescrive soltanto che la contrattazione

collettiva debba assumere quale parametro di riferimento tem

porale il triennio, ma non impone né altre norme impongono, che i valori stipendiali debbano essere diversi da quelli del pre cedente triennio.

Nessun addebito può dunque essere mosso alla statuizione

impugnata, che, per l'appunto, esprime nella sostanza l'intento

di confermare, nel primo anno del nuovo triennio (1985-1987), il trattamento previgente.

La censura merita, invece, adesione per quanto concerne la

proroga. Il superamento dell'arco triennale di riferimento e l'invasione

del triennio successivo implicano, infatti, la violazione della nor

ma citata, che delimita in modo puntuale e vincolante l'ambito

temporale della disciplina («gli accordi hanno durata triennale»). Ne consegue l'accoglimento, per quanto di ragione, del ricor

so con l'annullamento dell'art. 1, 2° comma, d.p.r. n. 270 del

1981, laddove recita «... e si protraggono fino al 30 giugno 1988».

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VE NETO; sezione II; sentenza 8 marzo 1989, n. 395; Pres. Tri

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VE NETO; sezione II; sentenza 8 marzo 1989, n. 395; Pres. Tri

vellato, Est. Trizzino; Bonograzia e altri (Aw. Fiori, Mo

risi) c. Comune di Caerano S. Marco (Aw. Caccia villani).

Comune e provincia — Servizio di asilo-nido — Soppressione — Difetto di motivazione — Illegittimità — Fattispecie (L. 6 dicembre 1971 n. 1044, piano quinquennale per l'istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato, art. 1; d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, provvedimenti urgenti per il settore

della finanza locale per l'anno 1983, art. 6; 1. 26 aprile 1983

n. 131, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, art. unico; d.m. 31 dicembre 1983, indi viduazione delle categorie dei servizi pubblici locali a doman da individuale).

È illegittima la deliberazione con cui un comune sopprime il

servizio di asilo-nido, pur in presenza di utenti, unicamente

per ragioni di carattere finanziario, e senza una valutazione

della maggiore utilità pubblica che deriverebbe da tale sop

pressione. (1)

(1) Non si rinvengono- precedenti editi. La sentenza in epigrafe si

segnala tuttavia per molteplici profili, rilevanti sia sotto l'aspetto più strettamente giuridico sia dal punto di vista politico-sociale.

Si pensi infatti, in primo luogo, alla complessa disciplina in materia di asili-nido la quale si intreccia con una non meno complessa e varie

gata disciplina economico-finanziaria e, segnatamente, si ricordi il d.m. 31 dicembre 1983, emanato in forza della delega di cui all'art. 6 1.

26 aprile 1983 n. 131, di conversione del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, ove si annoverano gli asili-nido fra i servizi pubblici a domanda indivi duale (cfr. in argomento, per la ricostruzione di tutta la normativa, nell'ambito della quale il testo più rappresentativo è sicuramente costi tuito dalla 1. 6 dicembre 1971 n. 1044, A. Rocceila, Asili nido, voce del Digesto pubbl., Torino, 1987, I, 418 ss.).

Si pensi infine alle argomentazioni logico-giuridiche che sorreggono la motivazione della sentenza in epigrafe, ossia alla dichiarata insuffi cenza del mero criterio contabile-finanziario allo scopo di decidere la

soppressione, oppure no, di un servizio pubblico a domanda individua

le; e si consideri tuttavia che l'economicità della gestione e la corrispon denza costi, ricavi appaiono comunque, almeno nel settore della sanità

pubblica, come tendenziali fattori di diritto positivo, alla luce dell'art.

11, 2° comma, lett. c), 1. 23 dicembre 1978 n. 833. [R. Ferrara]

Il Foro Italiano — 1991.

Diritto. — (Omissis). Passando al merito della proposta im

pugnativa, il collegio deve esaminare il primo motivo di ricor so con il quale si deduce il vizio di eccesso di potere per

travisamento dei fatti, motivazione illogica, contraddittoria e

carente.

Preliminarmente, il collegio rileva che il servizio di asilo nido rientra fra i servizi pubblici a domanda individuale, ri

compresi fra le categorie elencate nel d.m. 31 dicembre 1983

(emanato in forza della delega contenuta nell'art. 6 1. 26 aprile 1983 n. 131 di conversione del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55), il quale individua, inoltre, come tali tutte quelle attività gestite

direttamente dall'ente, che siano poste in essere non per obbli

go istituzionale, che vengono utilizzate a richiesta dell'utente

e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale

o regionale, per l'esercizio delle quali le amministrazioni sono

tenute a chiedere la contribuzione degli utenti — anche a ca

rattere non generalizzato — nella misura ritenuta idonea a

coprire almeno per una certa percentuale (fissata di volta in

volta dalla legge per la finanza locale) il costo di tutti i servizi

(a domanda individuale) erogati dal comune. La disciplina finanziaria dei servizi pubblici a domanda indi

viduale deve essere, poi, integrata con la specifica disciplina

dettata per ciascun servizio.

Per quanto riguarda gli asili nido comunali, l'istituzione dei

quali tende a soddisfare esigenze di politica familiare, specifi che disposizioni sono contenute nella 1. 6 dicembre 1971 n.

1044 e nella 1. reg. 25 gennaio 1973 n. 7 e successive integra

zioni e modificazioni. In particolare, l'anzidetta normativa esclude che l'ammini

strazione comunale, in presenza di utenti del servizio, possa

sopprimerlo senza alcuna specifica motivazione in merito al

l'interesse pubblico che sorreggerebbe il provvedimento, addu

cendo esclusivamente motivi di carattere finanziario, peraltro

facilmente superabili e non comparabili con l'utilità pubblica perseguita con il servizio.

Il comune di Caerano S. Marco, quindi, nell'ipotesi in cui

effettivamente il mantenimento del servizio pubblico a doman

da individuale di asilo-nido contrastasse con il pubblico inte resse, avrebbe dovuto fornire una congrua e specifica moti

vazione.

La delibera impugnata, al contrario, non contiene alcuna

valutazione in merito alla maggiore utilità pubblica derivante

dalla soppressione del servizio e, pertanto, sotto tale profilo

si palesa illegittima. La censura in esame va, pertanto, accolta. (Omissis)

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