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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres....

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sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De Roberto, Est. Salamone; Leuzzi, De Agazio (Avv. Lavaggi, Monaco) c. Min. grazia e giustizia, Siniscalchi (Avv. Comandini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990), pp. 39/40-43/44 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182964 . Accessed: 28/06/2014 09:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.160 on Sat, 28 Jun 2014 09:31:38 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De Roberto, Est. Salamone; Leuzzi, DeAgazio (Avv. Lavaggi, Monaco) c. Min. grazia e giustizia, Siniscalchi (Avv. Comandini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 39/40-43/44Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182964 .

Accessed: 28/06/2014 09:31

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PARTE TERZA

fino al soddisfo; b) i singoli crediti per detta indennità, da corri

spondere anch'essi rivalutati secondo gli indici Istat e gli interessi

legali, con decorrenza dalle date della loro maturazione secondo

i tempi dell'originaria erogazione dell'indennità fino all'effettivo

pagamento.

Va, infine, dichiarata improponibile la domanda di risarcimen

to di ulteriore danno, rientrando essa nella cognizione del giudice ordinario.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De

Roberto, Est. Salamone; Leuzzi, De Agazio (Avv. Lavaggi,

Monaco) c. Min. grazia e giustizia, Siniscalchi (Avv. Co

mandini).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De r» T7.1 r . . t : t~\ _ a : „ /a t .... -

Nome, cognome e pseudonimo — Affiliato — Domanda di di

smissione del cognome dell'affiliante — Diniego — Illegittimi tà — Fattispecie (R.d. 9 luglio 1939 n. 1238, ordinamento dello

stato civile, art. 153, 157; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, art. 77, 79).

È illegittimo il diniego opposto dal ministro di grazia e giustizia alla domanda dell'affiliato di mutare il proprio cognome, sop

primendo l'aggiunta di quello dell'affiliante, con cui era entra

to in grave contrasto, tenuto conto anche che aveva già dismes

so di fatto tale aggiunta nella vita professionale e privata, e

che la domanda non era diretta a pregiudicare il prestigio della

famiglia dell'affiliante, il quale non aveva potuto dimostrare

un interesse qualificato che giustificasse la sua opposizione. (1)

Diritto. — 1. - Il ricorso è fondato.

In ordine al primo motivo di gravame il collegio è dell'avviso

che assumono indubbio rilievo le modifiche introdotte dalla 1.

(1) Nell'iter argomentativo della sentenza, appaiono significativi soprat tutto i passaggi relativi all'unilateralità stabilita dall'abrogato art. 408 c.c. alla domanda dell'affiliante di far aggiungere il proprio cognome a quello dell'affiliato, il quale, d'altro canto, non poteva opporvisi; alla

soppressione dell'istituto dell'affiliazione, operata dall'art. 77 1. 4 maggio 1983 n. 184, perché non rispondente più allo spirito dei tempi e al mag giore rilievo dato alla volontà dell'affiliato dall'art. 79, 3° comma, per le successive vicende delle affiliazioni già pronunciate al momento della sua entrata in vigore.

I precedenti del Consiglio di Stato citati in motivazione (sez. IV 14 febbraio 1964, n. 56, Foro it., Rep. 1964, voce Stato civile, n. 12; 30 marzo 1976, n. 228, id., Rep. 1976, voce cit., n. 10), sono in senso con trario alla modificazione del cognome dell'affiliato, ma nell'ipotesi inver sa di dismissione di quello originario, col mantenimento di quello dell'af filiante.

Poiché l'affiliato, per poter ottenere la dismissione del cognome del

l'affiliante, ha dovuto intraprendere il procedimento di mutamento del

proprio cognome secondo gli art. 153 ss. r.d. 9 luglio 1939 n. 1238, la decisione ora riportata va inquadrata nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che è intervenuta in relazione a tale procedimento, sia in sede

consultiva, in caso di esistenza di opposizioni alla domanda, secondo la

previsione dell'art. 157, ultimo comma, r.d. cit., che in sede giurisdizionale, su ricorso contro il provvedimento conclusivo di esso.

In motivazione, sono richiamate come particolarmente pertinenti sez. IV 15 novembre 1977, n. 946, id., Rep. 1978, voce cit., n. 24 e sez. II 22 giugno 1977, n. 968/76, id., Rep. 1981, voce cit., n. 25.

Per altri riferimenti, sez. Ili 4 dicembre 1984, n. 1492, id., Rep. 1987, voce cit., n. 14; 13 novembre 1984, n. 1374, id., Rep. 1986, voce cit., n. 14; sez. IV 6 ottobre 1984, n. 750, id., Rep. 1984, voce cit., n. 48; sez. Ili 15 luglio 1980, n. 432/80, id., Rep. 1982, voce cit., n. 35; 20 febbraio 1979, n. 554/78 (che ha negato il mantenimento alla donna di vorziata del cognome del marito, malgrado che questi vi avesse consenti

to), id., Rep. 1981, voce cit., n. 31; 27 marzo 1979, n. 846/76, ibid., n. 24; 15 maggio 1979, n. 9/79, ibid., n. 27; sez. IV 25 novembre 1975, n. 1136, id., Rep. 1975, voce Nome, n. 4; sez. IV 11 dicembre 1973, n. 1220, id., 1974, III, 221, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1990.

4 maggio 1983 n. 184 alla disciplina dell'affiliazione contenuta

negli art. 404 ss. c.c.

L'art. 77 1. n. 184 del 1983 abroga gli art. 404, 413 c.c., sop

primendo l'istituto dell'affiliazione di remota origine non più ri

tenuto rispondente alle mutate esigenze della realtà sociale.

Tale scelta normativa, significativamente, viene operata tenen

do conto che le linee evolutive della legislazione civile muovono

verso una maggiore valorizzazione dell'istituto della famiglia ed

assecondano l'esigenza di adeguare la disciplina del codice civile

ai principi costituzionali sanciti dall'art. 29 Cost, per quanto ri

guarda il riconoscimento dei diritti della famiglia come società

naturale fondata sul matrimonio e dell'art. 30 Cost, per quanto

riguarda il riaffermato principio dovere e diritto dei genitori a

mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del ma

trimonio.

Anche l'ipotesi di incapacità dei genitori ad assolvere a tale

diritto dovere è disciplinata ormai dall'ordinamento mediante lo

strumento dell'adozione che consente, a differenza dell'affiliazio

ne, di costituire veri e propri rapporti di famiglia tra adottanti

e adottato.

È questo un dato normativo dal quale non può prescindersi al fine di valutare le ragioni che possono essere poste a fonda

mento di una domanda di autorizzazione alla dismissione di un

cognome aggiuntivo imposto in sede di affiliazione.

Dato normativo che viene evidenziato dal combinato disposto

degli art. 77 e 79 1. n. 184 del 1983, allorché si prevede che sono

fatti salvi i rapporti di affiliazione sorti anteriormente con possi bilità di concessione in rapporto di adozione.

Purtuttavia una importante novità viene introdotta nel sistema

dalla 1. n. 184 del 1983, allorché, all'art. 79, 3° comma, subordi

na ogni modifica del rapporto di applicazione al consenso del

l'affiliato ultraquattordicenne. Ad avviso del collegio quest'ultima disposizione, mentre ade

gua la normativa dei principi costituzionali per quanto riguarda la libertà di autodeterminazione riconosciuta in modo pieno ai

giovani che hanno già compiuto i quattordici anni, copre una

grave lacuna nel sistema dell'affiliazione, quale era disciplinato dal codice civile, che fondava l'instaurazione del rapporto di affi

liazione con tutti gli effetti conseguenti (ivi compresa l'eventuale

imposizione del cognome aggiuntivo) su un mero diritto potesta tivo dell'affiliarne, negando ogni rilievo alla volontà del minore.

Giova ricordare a tal proposito che l'attribuzione del cognome dell'affiliato non è un effetto naturale dell'affiliazione in quanto è del tutto eventuale e dipende dall'esclusiva volontà del richie

dente ai sensi dell'art. 408 c.c.

Non ignora il collegio che la disciplina codicistica trovava ra

gione innanzitutto negli effetti del rapporto dal quale le obbliga zioni nascevano solo a carico dell'affiliante, sia per quanto ri

guarda l'obbligo di assistenza, sia per quanto riguarda l'esercizio

della patria potestà. Purtuttavia alla luce del riconoscimento costituzionale che han

no avuto i diritti della personalità, che non possono subire restri

zione alcuna al di fuori dei limiti fissati dalla legge e sempre in

relazione a principi di analogo rango costituzionale, non può di

sconoscersi che la superata concezione dei rapporti di affiliazione

non contemperava in alcun modo l'interesse dell'affiliato alla con

servazione del cognome derivante dai rapporti di famiglia con

la potestà dell'affiliante di imporre in aggiunta il proprio. 2. - La giurisprudenza, con indirizzo ormai consolidato ha af

fermato l'esistenza di un diritto assoluto di personalità, inteso

come diritto alla libertà di autodeterminazione nello svolgimento della personalità come singolo, nel quale si inseriscono, senza esau

rirlo, le particolari situazioni disciplinate dalle norme volte alla

tutela del nome, dell'immagine, della segretezza della corrispon

denza, ecc. (Cass. 20 aprile 1963; n. 990, Foro it., 1963, I, 877). Il fondamento positivo di questo diritto assoluto è individuato

nell'art. 2 Cost., il quale dispone che «La repubblica riconosce

e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia

nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità». Individuato il contenuto del diritto di personalità nella tutela

dell'interesse dell'uomo alla libertà di autodeterminazione nello

svolgimento della propria personalità (intesa come potenzialità di pensiero e di azione del soggetto), risultano determinati sia

il contenuto del potere che l'area del divieto di ingerenza, la qua le si estende ad ogni comportamento che, fuori dei casi previsti dalla legge, sia volto a restringere la libertà del singolo di essere

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

o di apparire, in sé o nei suoi rapporti con altri, quale è e quale vuol dimostrare di essere.

Si viene cosi a configurare un sistema all'interno del quale le

lesioni del diritto dell'individuo alla propria personalità trovano

risposte diverse da parte dell'ordinamento.

Nel rapporto di affiliazione l'esigenza di garantire al minore

l'esercizio dei diritti della persona non trovava tutela alcuna nella

disciplina codicistica cosicché non era data all'affidato alcuna fa

coltà di contrastare la potestà di imposizione del cognome del

l'affiliante (anche se in aggiunta a quello di famiglia). Una tutela piena, invece, assicura il citato art. 79 1. n. 184

del 1983 allorché subordina, in regime transitorio, la modifica

dei rapporti di affiliazione al consenso del minore ultraquattor dicenne.

Pur tuttavia, come bene mette in luce la difesa dei ricorrenti

in relazione alla potestà unilaterale di attribuire il cognome del

l'affiliante, esercitata prima dell'entrata in vigore della 1. n. 184

del 1983, lesiva potenzialmente del diritto al nome quale porzione del più ampio diritto della personalità, l'unica tutela riconosciuta

all'affiliato non è tanto la richiesta di revoca dell'affiliazione (di

sciplinata dall'art. 412 c.c.), bensì la richiesta di modificazione

del cognome ai sensi dell'art. 153 s. r.d. 9 luglio 1939 n. 1238

in conseguenza della quale l'amministrazione viene ad avere non

più una discrezionalità amministrativa piena bensì una discrezio

nalità valutativa.

L'amministrazione, infatti, in ordine alla domanda di conferi

mento del cognome deve semplicemente valutare la serietà dei

motivi e nessun altro aspetto di pubblico interesse è, per essa,

da prendere in considerazione.

Ed in tale valutazione importanza preponderante deve assume

re la circostanza che il prof. Leuzzi al momento dell'affiliazione,

nell'anno 1961, nonostante il compimento del diciottesimo anno

di età, non ha potuto esercitare il diritto alla conservazione del

proprio nome di origine opponendosi all'attribuzione di un co

gnome aggiuntivo. A ciò deve aggiungersi che la giurisprudenza, allorché ha esa

minato questioni relative alla dismissione di nomi da parte degli

affiliati, ha sempre evidenziato che rispetto all'esigenza di agevo lare l'individualità della persona fisica assumono preminenza le

esigenze collegate alla conservazione dei vincoli con il nucleo fa

miliare.

In tal senso è, peraltro, orientata da tempo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, allorché ha negato la sussistenza di un

apprezzabile interesse morale alla dismissione dal cognome del

l'affiliato, costituito da quello del padre legittimo e da quello

dell'affinante, del primo, e cioè quello di famiglia, non ritenen

dosi tale quello di conferire una artificiosa unità al nucleo fami

liare irregolarmente costituito nel quale è stato introdotto (Cons.

Stato, sez. IV, 14 febbraio 1964, n. 56, id., Rep. 1964, voce Sta

to civile, n. 12; 30 marzo 1976, n. 228, id., Rep. 1976, voce cit., n. 10).

Peraltro, in tali casi giustamente è stata ritenuta lesiva dell'isti

tuto familiare la pretesa al mutamento del cognome finalizzata

ad affievolire i rapporti familiari che, come già si è detto, godo

no di una particolare tutela giuridica di rango costituzionale.

A tal proposito è opinione comune che nel vigente ordinamen

to il cognome della persona fisica non ha soltanto la funzione

di contraddistinguere un soggetto, ma assume un particolare ri

lievo nel quadro della tutela dell'istituto familiare sul quale tutto

ra poggia l'ordinamento della società.

Pertanto, mentre è legittimo il diniego dell'aggiunta ad un co

gnome legalmente spettante, in quanto corrispondente allo status

di figlio legittimo, di altro appartenente a persona estranea al

nucleo familiare (Tar Lazio, sez. I, 16 gennaio 1980, n. 70), per altro verso deve ritenersi meritevole di considerazione la doman

da di segno opposto, diretta a qualificare e privilegiare il rappor to familiare, diretta a dismettere l'aggiunta di cognome imposta in forza di un istituto, quale quello dell'affiliazione, ormai sop

presso e che nella disciplina abrogata non attribuiva alcun rilievo

all'eventuale volontà contraria dell'affiliato alla modifica del

cognome. 3. - Il provvedimento impugnato — conformandosi al parere

acquisito nel corso del procedimento, — ha portato il suo esame

esclusivamente sulle ragioni dell'affermazione dell'affiliato ing.

Siniscalchi, il quale intravede nella pretesa dei ricorrenti un peri colo alla propria onorabilità.

In effetti il provvedimento, mentre ritiene in astratto proponi

li. Foro Italiano — 1990.

bile l'istanza per la dismissione del cognome aggiuntivo, indivi

dua quale causa ostativa all'accoglimento l'insussitenza di reali

gravi ragioni, in quanto il prof. Leuzzi non avrebbe fornito «al

cuna obiettiva prova (o alcun riscontrabile principio di prova)». In ordine al contenuto della determinazione predetta sono fon

date le censure mosse con il secondo motivo di gravame. Si è già evidenziato come costantemente la giurisprudenza del

Consiglio di Stato ha ritenuto un valore non vulnerabile la tutela

dei rapporti familiari e, conseguentemente, non degne di conside

razione pretese alla modifica del cognome (anche con aggiunta) che fossero idonee a far obliterare tali rapporti familiari (sez. IV 15 novembre 1977, n. 946, id., Rep. 1977, voce Stato civile, n. 24; sez. Ili 15 maggio 1979, n. 9/79, id., Rep. 1982, voce

cit., nn. 18, 19; sez. II 22 giugno 1977, n. 968/76, id., 1981, voce cit., n. 25).

Peraltro, ad avviso del collegio l'istanza del prof. Leuzzi non

solo astrattamente è proponibile come ha ritenuto il Consiglio di Stato in sede consultiva, ma è sostenuta da una documentazio

ne comprovante le ragioni morali del prof. Leuzzi.

Tale documentazione fornisce una prova consistente in ordine

alla dismissione di fatto del cognome aggiuntivo da parte del prof. Leuzzi sia nelle relazioni private che nei rapporti professionali

(e ciò può rilevarsi anche da documenti pubblici). A ciò deve aggiungersi che il cognome aggiuntivo non viene

utilizzato nemmeno dal figlio Giuliano (anche in tal senso viene

prodotta ampia documentazione). Assume indubbio rilievo inoltre la circostanza che l'affiliazione

del prof. Leuzzi è avvenuta quando quest'utlimo aveva già l'età

di diciassette anni.

Sussiste quindi piena prova che per una notevole durata della

vita di relazione il cognome aggiuntivo «Siniscalchi» non ha co

stituito un elemento utile all'identificazione del prof. Leuzzi e

della discendenza di questi ultimi.

In ordine inoltre alla sussistenza di gravi ragioni che sostengo no l'istanza non può disconoscersi che i ricorrenti si sono dati

carico di fornire ogni possibile elemento di prova con la dimo

strazione che tra affiliante ed affiliato si è determinata una radi

cale ed insanabile frattura nei rapporti personali. Né può fondatamente ritenersi che l'ing. Siniscalchi abbia for

nito dimostrazione di un interesse qualificato alla reiezione della

domanda dei ricorrenti.

Rileva il collegio che dai documenti prodotti in giudizio si evin

ce che il contrasto insanabile e la ragionevolezza della pretesa dei ricorrenti vengono riconosciuti sia nel parere espresso dal pro curatore generale presso la Corte d'appello di Roma che nella

relazione ministeriale.

È inoppugnabilmente dimostrato che lo stesso affiliante ing. Siniscalchi in varie occasioni aveva pubblicamente evidenziato il

sopravvenire di una disaffectio nei confronti dell'affiliato: ne so

no espressione la revoca del mandato generale conferito al prof. Leuzzi e soprattutto la lettera di giugno dell'ing. Siniscalchi, indi

rizzata «avvocato prof. Bruno Leuzzi» nella quale si preannuncia la decisione di non istituire quest'ultimo erede e di non ricono

scerlo più come figlio. Nella stessa approvazione (di oltre cento pagine) l'ing. Siniscal

chi ammette come il rapporto di affiliazione non rappresenta più

quel valore morale fondato sulla reciproca stima e affezione e

ne è ulteriore prova la evidenziazione di inimicizia estesa ai com

ponenti della famiglia del prof. Leuzzi.

Il contraddittorio comportamento dell'ing. Siniscalchi, al quale non possono disconoscersi i meriti acquisiti nei confronti del prof. Leuzzi per l'aiuto morale ed economico assicurato, non può tut

tavia sfuggire al fine di valutare l'interesse ad opporsi alla dismis

sione del cognome aggiuntivo. Ad avviso del collegio la domanda di dismissione del cognome

aggiuntivo da parte dell'affiliato costituisce esercizio del diritto

al nome quale esclusiva manifestazione di vincoli familiari ed in

quanto esercizio di un diritto non è idonea a vulnerare l'onorabi

lità dell'affiliarne. A ciò deve aggiungersi che l'ing. Siniscalchi ha più volte dimo

strato di non attribuire alcuna rilevanza a quei vincoli morali che

residuano dal rapporto di affiliazione svuotato ormai per i sog

getti che vi hanno dato vita di ogni contenuto sostanziale.

A questo punto l'opposizione dell'ing. Siniscalchi non è sup

portata da ragioni plausibili perché la richiesta del prof. Leuzzi

non è diretta a pregiudicare il prestigio della famiglia dell'oppo nente bensì' a garantire a sé e alla propria discendenza l'attribu

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PARTE TERZA

zione di un cognome esclusiva manifestazione dei vincoli fami

liari. Il collegio ritiene, pertanto, che un esame comparato delle esi

genze rappresentate dal prof. Leuzzi e di quelle rappresentate dal

l'ing. Siniscalchi, avrebbe dovuto indurre l'amministrazione a ri

tenere giuridicamente meritevoli di preminente considerazione le

prime che sono fondate su diritti costituzionalmente garantiti senza

che sia stato dimostrato il sacrificio di interessi pubblici.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO; sezione II; sentenza 2 dicembre 1988, n. 1556; Pres. Elefante, Est. Corsaro; Soc. Spica Motor-Gas (Aw. Acquarone, E.

Romanelli) c. Comune di Roma (Aw. Matarazzi).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO;

Concessioni amministrative — Determinazione del canone — Giu

risdizione amministrativa — Fattispecie (R.d. 8 dicembre 1933

n. 1740, t.u. delle norme per la tutela delle strade e per la

circolazione, art. 8; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei

tribunali amministrativi regionali, art. 5). Comune e provincia — Occupazione di suolo pubblico — Deter

minazione del canone — Provvedimento del sindaco — Illegit timità (R.d. 4 febbraio 1915 n. 148, t.u. della legge comunale

e provinciale, art. 131). Idrocarburi — Distributori di carburante — Occupazione di suo

lo pubblico — Determinazione del canone — Illegittimità —

Fattispecie (R.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, art. 8).

Rientra nella cognizione del giudice amministrativo il ricorso con

cui il concessionario di area comunale sulla quale è sito un

distributore di carburante impugna il provvedimento di ade

guamento del canone, anche se la concessione sia scaduta, poi ché l'accettazione di tale canone è condizione per la regolariz zazione e il rinnovo della concessione. (1)

(1) In termini, Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1977, n. 743, Foro it., Rep. 1977, voce Concessioni amministrative, n. 3; Tar Lazio, sez. Ili, 14 gennaio 1980, n. 68, id., Rep. 1980, voce Idrocarburi, n. 14; Tar Toscana 10 febbraio 1977, n. 114, id., Rep. 1977, voce Concessioni am

ministrative, n. 4 e Tar Lazio, sez. II, 4 febbraio 1981, n. 93, Trib. amm.

reg., 1981, I, 766; si veda anche Tar Sicilia 20 dicembre 1985, n. 2151, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 6 e Tar Abruzzo, sez. Pescara, 23 di cembre 1986, n. 661, id., Rep. 1987, voce cit., n. 5, entrambe nel senso di attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione sulle controversie

involgenti canoni di concessione qualora questi vengano determinati di screzionalmente dalla pubblica amministrazione; in dottrina, in senso dif forme, cfr. VrRGA, Diritto amministrativo, Milano, 1987, II, 288, secon do il quale l'art. 5 1. 1034/71 riserva «sempre» all'autorità giudiziaria ordinaria le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispet tivi ancorché questi siano determinati autoritativamente dall'amministra zione: conformemente alla giurisprudenza citata, v. invece Caturani, Le concessioni amministrative e la giurisdizione esclusiva dei Tar, in Giusi, civ., 1976, V, 48; cfr. anche Corasaniti, La nuova giurisdizione in mate ria di concessioni dopo l'art. 5 della l. n. 1034 del 1971, in Riv. trim, dir. pubbl., 1976, 199; Roehrssen, Brevi osservazioni sulla nuova giuris dizione in materia di concessioni, in Rass. lav. pubbl., 1976, I, 75 e Fa

vara, La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di rapporti di concessione e la concessione contratto, in Rass. avv. Stato, 1974, I, 1109.

Si segnalano, peraltro, Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 1980, n. 449, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 9 e Tar Campania, sez. I, 10 ottobre 1984, n. 442, Trib. amm. reg., 1984, I, 3832, le quali, nell'affermare la giurisdizione esclusiva dei Tar in materia tariffaria, che attiene ai rap porti tra utente e concessionario inerendo alle modalità di erogazione del servizio ed alla rispondenza del medesimo all'interesse pubblico, attribui scono al giudice ordinario «tutte» le questioni concernenti i rapporti pa trimoniali tra concedente e concessionario a prescindere dal tipo di posi zione soggettiva fatta valere da quest'ultimo.

(2) In termini, sulla competenza del consiglio comunale ai sensi del l'art. 131 t.u. 148/15 a provvedere in materia di distribuzione di carbu

rante, in quanto rientrante tra gli oggetti che sono propri dell'amministra

li, Foro Italiano — 1990.

È illegittima la determinazione del nuovo canone per la conces

sione di area comunale su cui è sito un distributore di carbu

rante, che sia stata operata dal solo sindaco (su parere della

commissione comunale stime), senza l'intervento del con

siglio. (2) È illegittima la determinazione del nuovo canone per la conces

sione di area comunale su cui è sito un distributore di carbu

rante, che sia stata operata in base alla quantità di carburante

erogata ed all'ampiezza della superficie occupata, e non con

riguardo alla soggezione derivata alla strada, nonché al valore

economico della concessione e al vantaggio che il concessiona

rio ne ricava. (3)

Diritto. — Oggetto della presente impugnativa è la nota della

ripartizione II demanio e patrimonio del comune di Roma (fir mata «p. il sindaco»), con la quale sono stati comunicati alla

società ricorrente i nuovi canoni per l'occupazione di suolo pub blico (determinati dalla commissione stime comunale), in relazio

ne alle concessioni di aree alla medesima società assentite (con la deliberazione di giunta n. 4011 del 1° luglio 1960) per l'instal

lazione di impianti di distribuzione di carburante.

Preliminarmente, il collegio deve verificare se nella controver

sia portata al suo esame sussista la giurisdizione del giudice am

ministrativo.

A norma dell'art. 5 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, sono devolute

alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi con

tro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni

e servizi pubblici (1° comma), restando salva la giurisdizione del

l'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti in

dennità, canoni ed altri corrispettivi (2° comma). Secondo un ormai consolidato orientamento giuridisprudenzia

le (Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1977, n. 743, Foro it., Rep.

1977, voce Concessioni amministrative, n. 3; Tar Lazio, sez. Ili, 14 gennaio 1980, n. 68, id., Rep. 1980, voce Idrocarburi, n. 14), il dettato del 2° comma del predetto articolo non opera l'attribu

zione di una competenza esclusiva del giudice ordinario per quanto concerne le indennità e i canoni di concessione, ma costituisce

affermazione di competenza del predetto giudice in ordine a que

gli oggetti dei quali, per il passato, era in grado di conoscere; sicché la competenza del giudice ordinario, per dette materie, de

ve intendersi limitata alle sole controversie nella quale si faccia

valere, da parte degli interessati, una posizione di diritto soggetti

vo, restando escluse quelle nelle quali si faccia questione circa

la correttezza o meno dell'esercizio del potere discrezionale della

pubblica amministrazione.

zione comunale e che non sono attribuiti alla giunta o al sindaco, Tar Lazio sez. I, 25 agosto 1988, n. 1140, Foro it., 1989, III, 453, con nota di richiami; Tar Piemonte 8 marzo 1983, n. 150, id., 1984, III, 153; Cons.

Stato, sez. V, 12 ottobre 1984, n. 747, id.. Rep. 1984, voce Comune, n. 161. La questione del riparto di competenza tra organi comunali tocca, tut

tavia, svariati aspetti, dato che il d.p.r. 616/77, che ha trasferito alle

regioni le funzioni amministrative esercitate dallo Stato nelle materie elen cate dall'art. 117 Cost., attribuisce genericamente ai comuni il potere di

provvedere in ordine a determinati settori; si veda ad esempio, per la

problematica concernente l'occupazione d'urgenza, ex art. 106 d.p.r. 616/77, Tar Veneto 25 agosto 1982, n. 604, id., 1983, III, 258, nel senso della competenza del sindaco, e Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1982, n.

233, id., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n. 176, orientato, inve ce, verso la competenza consiliare; cfr. ancora Cons. Stato, sez. IV, 22 settembre 1987, n. 539, id., Rep. 1987, voce Edilizia popolare, n. 126, sulla competenza del consiglio a revocare l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

(3) Ai sensi dell'art. 8, 5° comma, r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, l'am ministrazione competente alla determinazione del canone della concessio ne di spazi e di aree pubbliche deve stabilire la misura delle somme dovu te con riguardo alle soggezioni che derivano alle strade ed anche al valore economico della concessione ed al vantaggio che il concessionario ne rica va. Il comune deve perciò attenersi a tali criteri nel valutare la misura del canone «in maniera che ad essa concorrano congiuntamente sia il criterio principale e, in ogni caso, indefettibile dalle soggezioni che deri vano alla strada, sia gli altri due criteri accessori dettati dal legislatore» (cosi Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1977, n. 743, cit.). La necessità che tali criteri vengano rispettati anche in sede di adeguamento del canone è sottolineata da Tar Lazio, sez. II, 4 febbraio 1981, n. 93, cit., il quale ha dichiarato l'illegittimità di un provvedimento di adeguamento motiva to col solo riferimento al coefficiente di svalutazione monetaria medio

tempore intervenuto.

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