sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De Roberto, Est. Salamone; Leuzzi, DeAgazio (Avv. Lavaggi, Monaco) c. Min. grazia e giustizia, Siniscalchi (Avv. Comandini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 39/40-43/44Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182964 .
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PARTE TERZA
fino al soddisfo; b) i singoli crediti per detta indennità, da corri
spondere anch'essi rivalutati secondo gli indici Istat e gli interessi
legali, con decorrenza dalle date della loro maturazione secondo
i tempi dell'originaria erogazione dell'indennità fino all'effettivo
pagamento.
Va, infine, dichiarata improponibile la domanda di risarcimen
to di ulteriore danno, rientrando essa nella cognizione del giudice ordinario.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De
Roberto, Est. Salamone; Leuzzi, De Agazio (Avv. Lavaggi,
Monaco) c. Min. grazia e giustizia, Siniscalchi (Avv. Co
mandini).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione I; sentenza 16 dicembre 1988, n. 1801; Pres. De r» T7.1 r . . t : t~\ _ a : „ /a t .... -
Nome, cognome e pseudonimo — Affiliato — Domanda di di
smissione del cognome dell'affiliante — Diniego — Illegittimi tà — Fattispecie (R.d. 9 luglio 1939 n. 1238, ordinamento dello
stato civile, art. 153, 157; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, art. 77, 79).
È illegittimo il diniego opposto dal ministro di grazia e giustizia alla domanda dell'affiliato di mutare il proprio cognome, sop
primendo l'aggiunta di quello dell'affiliante, con cui era entra
to in grave contrasto, tenuto conto anche che aveva già dismes
so di fatto tale aggiunta nella vita professionale e privata, e
che la domanda non era diretta a pregiudicare il prestigio della
famiglia dell'affiliante, il quale non aveva potuto dimostrare
un interesse qualificato che giustificasse la sua opposizione. (1)
Diritto. — 1. - Il ricorso è fondato.
In ordine al primo motivo di gravame il collegio è dell'avviso
che assumono indubbio rilievo le modifiche introdotte dalla 1.
(1) Nell'iter argomentativo della sentenza, appaiono significativi soprat tutto i passaggi relativi all'unilateralità stabilita dall'abrogato art. 408 c.c. alla domanda dell'affiliante di far aggiungere il proprio cognome a quello dell'affiliato, il quale, d'altro canto, non poteva opporvisi; alla
soppressione dell'istituto dell'affiliazione, operata dall'art. 77 1. 4 maggio 1983 n. 184, perché non rispondente più allo spirito dei tempi e al mag giore rilievo dato alla volontà dell'affiliato dall'art. 79, 3° comma, per le successive vicende delle affiliazioni già pronunciate al momento della sua entrata in vigore.
I precedenti del Consiglio di Stato citati in motivazione (sez. IV 14 febbraio 1964, n. 56, Foro it., Rep. 1964, voce Stato civile, n. 12; 30 marzo 1976, n. 228, id., Rep. 1976, voce cit., n. 10), sono in senso con trario alla modificazione del cognome dell'affiliato, ma nell'ipotesi inver sa di dismissione di quello originario, col mantenimento di quello dell'af filiante.
Poiché l'affiliato, per poter ottenere la dismissione del cognome del
l'affiliante, ha dovuto intraprendere il procedimento di mutamento del
proprio cognome secondo gli art. 153 ss. r.d. 9 luglio 1939 n. 1238, la decisione ora riportata va inquadrata nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che è intervenuta in relazione a tale procedimento, sia in sede
consultiva, in caso di esistenza di opposizioni alla domanda, secondo la
previsione dell'art. 157, ultimo comma, r.d. cit., che in sede giurisdizionale, su ricorso contro il provvedimento conclusivo di esso.
In motivazione, sono richiamate come particolarmente pertinenti sez. IV 15 novembre 1977, n. 946, id., Rep. 1978, voce cit., n. 24 e sez. II 22 giugno 1977, n. 968/76, id., Rep. 1981, voce cit., n. 25.
Per altri riferimenti, sez. Ili 4 dicembre 1984, n. 1492, id., Rep. 1987, voce cit., n. 14; 13 novembre 1984, n. 1374, id., Rep. 1986, voce cit., n. 14; sez. IV 6 ottobre 1984, n. 750, id., Rep. 1984, voce cit., n. 48; sez. Ili 15 luglio 1980, n. 432/80, id., Rep. 1982, voce cit., n. 35; 20 febbraio 1979, n. 554/78 (che ha negato il mantenimento alla donna di vorziata del cognome del marito, malgrado che questi vi avesse consenti
to), id., Rep. 1981, voce cit., n. 31; 27 marzo 1979, n. 846/76, ibid., n. 24; 15 maggio 1979, n. 9/79, ibid., n. 27; sez. IV 25 novembre 1975, n. 1136, id., Rep. 1975, voce Nome, n. 4; sez. IV 11 dicembre 1973, n. 1220, id., 1974, III, 221, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1990.
4 maggio 1983 n. 184 alla disciplina dell'affiliazione contenuta
negli art. 404 ss. c.c.
L'art. 77 1. n. 184 del 1983 abroga gli art. 404, 413 c.c., sop
primendo l'istituto dell'affiliazione di remota origine non più ri
tenuto rispondente alle mutate esigenze della realtà sociale.
Tale scelta normativa, significativamente, viene operata tenen
do conto che le linee evolutive della legislazione civile muovono
verso una maggiore valorizzazione dell'istituto della famiglia ed
assecondano l'esigenza di adeguare la disciplina del codice civile
ai principi costituzionali sanciti dall'art. 29 Cost, per quanto ri
guarda il riconoscimento dei diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio e dell'art. 30 Cost, per quanto
riguarda il riaffermato principio dovere e diritto dei genitori a
mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del ma
trimonio.
Anche l'ipotesi di incapacità dei genitori ad assolvere a tale
diritto dovere è disciplinata ormai dall'ordinamento mediante lo
strumento dell'adozione che consente, a differenza dell'affiliazio
ne, di costituire veri e propri rapporti di famiglia tra adottanti
e adottato.
È questo un dato normativo dal quale non può prescindersi al fine di valutare le ragioni che possono essere poste a fonda
mento di una domanda di autorizzazione alla dismissione di un
cognome aggiuntivo imposto in sede di affiliazione.
Dato normativo che viene evidenziato dal combinato disposto
degli art. 77 e 79 1. n. 184 del 1983, allorché si prevede che sono
fatti salvi i rapporti di affiliazione sorti anteriormente con possi bilità di concessione in rapporto di adozione.
Purtuttavia una importante novità viene introdotta nel sistema
dalla 1. n. 184 del 1983, allorché, all'art. 79, 3° comma, subordi
na ogni modifica del rapporto di applicazione al consenso del
l'affiliato ultraquattordicenne. Ad avviso del collegio quest'ultima disposizione, mentre ade
gua la normativa dei principi costituzionali per quanto riguarda la libertà di autodeterminazione riconosciuta in modo pieno ai
giovani che hanno già compiuto i quattordici anni, copre una
grave lacuna nel sistema dell'affiliazione, quale era disciplinato dal codice civile, che fondava l'instaurazione del rapporto di affi
liazione con tutti gli effetti conseguenti (ivi compresa l'eventuale
imposizione del cognome aggiuntivo) su un mero diritto potesta tivo dell'affiliarne, negando ogni rilievo alla volontà del minore.
Giova ricordare a tal proposito che l'attribuzione del cognome dell'affiliato non è un effetto naturale dell'affiliazione in quanto è del tutto eventuale e dipende dall'esclusiva volontà del richie
dente ai sensi dell'art. 408 c.c.
Non ignora il collegio che la disciplina codicistica trovava ra
gione innanzitutto negli effetti del rapporto dal quale le obbliga zioni nascevano solo a carico dell'affiliante, sia per quanto ri
guarda l'obbligo di assistenza, sia per quanto riguarda l'esercizio
della patria potestà. Purtuttavia alla luce del riconoscimento costituzionale che han
no avuto i diritti della personalità, che non possono subire restri
zione alcuna al di fuori dei limiti fissati dalla legge e sempre in
relazione a principi di analogo rango costituzionale, non può di
sconoscersi che la superata concezione dei rapporti di affiliazione
non contemperava in alcun modo l'interesse dell'affiliato alla con
servazione del cognome derivante dai rapporti di famiglia con
la potestà dell'affiliante di imporre in aggiunta il proprio. 2. - La giurisprudenza, con indirizzo ormai consolidato ha af
fermato l'esistenza di un diritto assoluto di personalità, inteso
come diritto alla libertà di autodeterminazione nello svolgimento della personalità come singolo, nel quale si inseriscono, senza esau
rirlo, le particolari situazioni disciplinate dalle norme volte alla
tutela del nome, dell'immagine, della segretezza della corrispon
denza, ecc. (Cass. 20 aprile 1963; n. 990, Foro it., 1963, I, 877). Il fondamento positivo di questo diritto assoluto è individuato
nell'art. 2 Cost., il quale dispone che «La repubblica riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità». Individuato il contenuto del diritto di personalità nella tutela
dell'interesse dell'uomo alla libertà di autodeterminazione nello
svolgimento della propria personalità (intesa come potenzialità di pensiero e di azione del soggetto), risultano determinati sia
il contenuto del potere che l'area del divieto di ingerenza, la qua le si estende ad ogni comportamento che, fuori dei casi previsti dalla legge, sia volto a restringere la libertà del singolo di essere
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
o di apparire, in sé o nei suoi rapporti con altri, quale è e quale vuol dimostrare di essere.
Si viene cosi a configurare un sistema all'interno del quale le
lesioni del diritto dell'individuo alla propria personalità trovano
risposte diverse da parte dell'ordinamento.
Nel rapporto di affiliazione l'esigenza di garantire al minore
l'esercizio dei diritti della persona non trovava tutela alcuna nella
disciplina codicistica cosicché non era data all'affidato alcuna fa
coltà di contrastare la potestà di imposizione del cognome del
l'affiliante (anche se in aggiunta a quello di famiglia). Una tutela piena, invece, assicura il citato art. 79 1. n. 184
del 1983 allorché subordina, in regime transitorio, la modifica
dei rapporti di affiliazione al consenso del minore ultraquattor dicenne.
Pur tuttavia, come bene mette in luce la difesa dei ricorrenti
in relazione alla potestà unilaterale di attribuire il cognome del
l'affiliante, esercitata prima dell'entrata in vigore della 1. n. 184
del 1983, lesiva potenzialmente del diritto al nome quale porzione del più ampio diritto della personalità, l'unica tutela riconosciuta
all'affiliato non è tanto la richiesta di revoca dell'affiliazione (di
sciplinata dall'art. 412 c.c.), bensì la richiesta di modificazione
del cognome ai sensi dell'art. 153 s. r.d. 9 luglio 1939 n. 1238
in conseguenza della quale l'amministrazione viene ad avere non
più una discrezionalità amministrativa piena bensì una discrezio
nalità valutativa.
L'amministrazione, infatti, in ordine alla domanda di conferi
mento del cognome deve semplicemente valutare la serietà dei
motivi e nessun altro aspetto di pubblico interesse è, per essa,
da prendere in considerazione.
Ed in tale valutazione importanza preponderante deve assume
re la circostanza che il prof. Leuzzi al momento dell'affiliazione,
nell'anno 1961, nonostante il compimento del diciottesimo anno
di età, non ha potuto esercitare il diritto alla conservazione del
proprio nome di origine opponendosi all'attribuzione di un co
gnome aggiuntivo. A ciò deve aggiungersi che la giurisprudenza, allorché ha esa
minato questioni relative alla dismissione di nomi da parte degli
affiliati, ha sempre evidenziato che rispetto all'esigenza di agevo lare l'individualità della persona fisica assumono preminenza le
esigenze collegate alla conservazione dei vincoli con il nucleo fa
miliare.
In tal senso è, peraltro, orientata da tempo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, allorché ha negato la sussistenza di un
apprezzabile interesse morale alla dismissione dal cognome del
l'affiliato, costituito da quello del padre legittimo e da quello
dell'affinante, del primo, e cioè quello di famiglia, non ritenen
dosi tale quello di conferire una artificiosa unità al nucleo fami
liare irregolarmente costituito nel quale è stato introdotto (Cons.
Stato, sez. IV, 14 febbraio 1964, n. 56, id., Rep. 1964, voce Sta
to civile, n. 12; 30 marzo 1976, n. 228, id., Rep. 1976, voce cit., n. 10).
Peraltro, in tali casi giustamente è stata ritenuta lesiva dell'isti
tuto familiare la pretesa al mutamento del cognome finalizzata
ad affievolire i rapporti familiari che, come già si è detto, godo
no di una particolare tutela giuridica di rango costituzionale.
A tal proposito è opinione comune che nel vigente ordinamen
to il cognome della persona fisica non ha soltanto la funzione
di contraddistinguere un soggetto, ma assume un particolare ri
lievo nel quadro della tutela dell'istituto familiare sul quale tutto
ra poggia l'ordinamento della società.
Pertanto, mentre è legittimo il diniego dell'aggiunta ad un co
gnome legalmente spettante, in quanto corrispondente allo status
di figlio legittimo, di altro appartenente a persona estranea al
nucleo familiare (Tar Lazio, sez. I, 16 gennaio 1980, n. 70), per altro verso deve ritenersi meritevole di considerazione la doman
da di segno opposto, diretta a qualificare e privilegiare il rappor to familiare, diretta a dismettere l'aggiunta di cognome imposta in forza di un istituto, quale quello dell'affiliazione, ormai sop
presso e che nella disciplina abrogata non attribuiva alcun rilievo
all'eventuale volontà contraria dell'affiliato alla modifica del
cognome. 3. - Il provvedimento impugnato — conformandosi al parere
acquisito nel corso del procedimento, — ha portato il suo esame
esclusivamente sulle ragioni dell'affermazione dell'affiliato ing.
Siniscalchi, il quale intravede nella pretesa dei ricorrenti un peri colo alla propria onorabilità.
In effetti il provvedimento, mentre ritiene in astratto proponi
li. Foro Italiano — 1990.
bile l'istanza per la dismissione del cognome aggiuntivo, indivi
dua quale causa ostativa all'accoglimento l'insussitenza di reali
gravi ragioni, in quanto il prof. Leuzzi non avrebbe fornito «al
cuna obiettiva prova (o alcun riscontrabile principio di prova)». In ordine al contenuto della determinazione predetta sono fon
date le censure mosse con il secondo motivo di gravame. Si è già evidenziato come costantemente la giurisprudenza del
Consiglio di Stato ha ritenuto un valore non vulnerabile la tutela
dei rapporti familiari e, conseguentemente, non degne di conside
razione pretese alla modifica del cognome (anche con aggiunta) che fossero idonee a far obliterare tali rapporti familiari (sez. IV 15 novembre 1977, n. 946, id., Rep. 1977, voce Stato civile, n. 24; sez. Ili 15 maggio 1979, n. 9/79, id., Rep. 1982, voce
cit., nn. 18, 19; sez. II 22 giugno 1977, n. 968/76, id., 1981, voce cit., n. 25).
Peraltro, ad avviso del collegio l'istanza del prof. Leuzzi non
solo astrattamente è proponibile come ha ritenuto il Consiglio di Stato in sede consultiva, ma è sostenuta da una documentazio
ne comprovante le ragioni morali del prof. Leuzzi.
Tale documentazione fornisce una prova consistente in ordine
alla dismissione di fatto del cognome aggiuntivo da parte del prof. Leuzzi sia nelle relazioni private che nei rapporti professionali
(e ciò può rilevarsi anche da documenti pubblici). A ciò deve aggiungersi che il cognome aggiuntivo non viene
utilizzato nemmeno dal figlio Giuliano (anche in tal senso viene
prodotta ampia documentazione). Assume indubbio rilievo inoltre la circostanza che l'affiliazione
del prof. Leuzzi è avvenuta quando quest'utlimo aveva già l'età
di diciassette anni.
Sussiste quindi piena prova che per una notevole durata della
vita di relazione il cognome aggiuntivo «Siniscalchi» non ha co
stituito un elemento utile all'identificazione del prof. Leuzzi e
della discendenza di questi ultimi.
In ordine inoltre alla sussistenza di gravi ragioni che sostengo no l'istanza non può disconoscersi che i ricorrenti si sono dati
carico di fornire ogni possibile elemento di prova con la dimo
strazione che tra affiliante ed affiliato si è determinata una radi
cale ed insanabile frattura nei rapporti personali. Né può fondatamente ritenersi che l'ing. Siniscalchi abbia for
nito dimostrazione di un interesse qualificato alla reiezione della
domanda dei ricorrenti.
Rileva il collegio che dai documenti prodotti in giudizio si evin
ce che il contrasto insanabile e la ragionevolezza della pretesa dei ricorrenti vengono riconosciuti sia nel parere espresso dal pro curatore generale presso la Corte d'appello di Roma che nella
relazione ministeriale.
È inoppugnabilmente dimostrato che lo stesso affiliante ing. Siniscalchi in varie occasioni aveva pubblicamente evidenziato il
sopravvenire di una disaffectio nei confronti dell'affiliato: ne so
no espressione la revoca del mandato generale conferito al prof. Leuzzi e soprattutto la lettera di giugno dell'ing. Siniscalchi, indi
rizzata «avvocato prof. Bruno Leuzzi» nella quale si preannuncia la decisione di non istituire quest'ultimo erede e di non ricono
scerlo più come figlio. Nella stessa approvazione (di oltre cento pagine) l'ing. Siniscal
chi ammette come il rapporto di affiliazione non rappresenta più
quel valore morale fondato sulla reciproca stima e affezione e
ne è ulteriore prova la evidenziazione di inimicizia estesa ai com
ponenti della famiglia del prof. Leuzzi.
Il contraddittorio comportamento dell'ing. Siniscalchi, al quale non possono disconoscersi i meriti acquisiti nei confronti del prof. Leuzzi per l'aiuto morale ed economico assicurato, non può tut
tavia sfuggire al fine di valutare l'interesse ad opporsi alla dismis
sione del cognome aggiuntivo. Ad avviso del collegio la domanda di dismissione del cognome
aggiuntivo da parte dell'affiliato costituisce esercizio del diritto
al nome quale esclusiva manifestazione di vincoli familiari ed in
quanto esercizio di un diritto non è idonea a vulnerare l'onorabi
lità dell'affiliarne. A ciò deve aggiungersi che l'ing. Siniscalchi ha più volte dimo
strato di non attribuire alcuna rilevanza a quei vincoli morali che
residuano dal rapporto di affiliazione svuotato ormai per i sog
getti che vi hanno dato vita di ogni contenuto sostanziale.
A questo punto l'opposizione dell'ing. Siniscalchi non è sup
portata da ragioni plausibili perché la richiesta del prof. Leuzzi
non è diretta a pregiudicare il prestigio della famiglia dell'oppo nente bensì' a garantire a sé e alla propria discendenza l'attribu
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PARTE TERZA
zione di un cognome esclusiva manifestazione dei vincoli fami
liari. Il collegio ritiene, pertanto, che un esame comparato delle esi
genze rappresentate dal prof. Leuzzi e di quelle rappresentate dal
l'ing. Siniscalchi, avrebbe dovuto indurre l'amministrazione a ri
tenere giuridicamente meritevoli di preminente considerazione le
prime che sono fondate su diritti costituzionalmente garantiti senza
che sia stato dimostrato il sacrificio di interessi pubblici.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO; sezione II; sentenza 2 dicembre 1988, n. 1556; Pres. Elefante, Est. Corsaro; Soc. Spica Motor-Gas (Aw. Acquarone, E.
Romanelli) c. Comune di Roma (Aw. Matarazzi).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO;
Concessioni amministrative — Determinazione del canone — Giu
risdizione amministrativa — Fattispecie (R.d. 8 dicembre 1933
n. 1740, t.u. delle norme per la tutela delle strade e per la
circolazione, art. 8; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei
tribunali amministrativi regionali, art. 5). Comune e provincia — Occupazione di suolo pubblico — Deter
minazione del canone — Provvedimento del sindaco — Illegit timità (R.d. 4 febbraio 1915 n. 148, t.u. della legge comunale
e provinciale, art. 131). Idrocarburi — Distributori di carburante — Occupazione di suo
lo pubblico — Determinazione del canone — Illegittimità —
Fattispecie (R.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, art. 8).
Rientra nella cognizione del giudice amministrativo il ricorso con
cui il concessionario di area comunale sulla quale è sito un
distributore di carburante impugna il provvedimento di ade
guamento del canone, anche se la concessione sia scaduta, poi ché l'accettazione di tale canone è condizione per la regolariz zazione e il rinnovo della concessione. (1)
(1) In termini, Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1977, n. 743, Foro it., Rep. 1977, voce Concessioni amministrative, n. 3; Tar Lazio, sez. Ili, 14 gennaio 1980, n. 68, id., Rep. 1980, voce Idrocarburi, n. 14; Tar Toscana 10 febbraio 1977, n. 114, id., Rep. 1977, voce Concessioni am
ministrative, n. 4 e Tar Lazio, sez. II, 4 febbraio 1981, n. 93, Trib. amm.
reg., 1981, I, 766; si veda anche Tar Sicilia 20 dicembre 1985, n. 2151, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 6 e Tar Abruzzo, sez. Pescara, 23 di cembre 1986, n. 661, id., Rep. 1987, voce cit., n. 5, entrambe nel senso di attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione sulle controversie
involgenti canoni di concessione qualora questi vengano determinati di screzionalmente dalla pubblica amministrazione; in dottrina, in senso dif forme, cfr. VrRGA, Diritto amministrativo, Milano, 1987, II, 288, secon do il quale l'art. 5 1. 1034/71 riserva «sempre» all'autorità giudiziaria ordinaria le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispet tivi ancorché questi siano determinati autoritativamente dall'amministra zione: conformemente alla giurisprudenza citata, v. invece Caturani, Le concessioni amministrative e la giurisdizione esclusiva dei Tar, in Giusi, civ., 1976, V, 48; cfr. anche Corasaniti, La nuova giurisdizione in mate ria di concessioni dopo l'art. 5 della l. n. 1034 del 1971, in Riv. trim, dir. pubbl., 1976, 199; Roehrssen, Brevi osservazioni sulla nuova giuris dizione in materia di concessioni, in Rass. lav. pubbl., 1976, I, 75 e Fa
vara, La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di rapporti di concessione e la concessione contratto, in Rass. avv. Stato, 1974, I, 1109.
Si segnalano, peraltro, Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 1980, n. 449, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 9 e Tar Campania, sez. I, 10 ottobre 1984, n. 442, Trib. amm. reg., 1984, I, 3832, le quali, nell'affermare la giurisdizione esclusiva dei Tar in materia tariffaria, che attiene ai rap porti tra utente e concessionario inerendo alle modalità di erogazione del servizio ed alla rispondenza del medesimo all'interesse pubblico, attribui scono al giudice ordinario «tutte» le questioni concernenti i rapporti pa trimoniali tra concedente e concessionario a prescindere dal tipo di posi zione soggettiva fatta valere da quest'ultimo.
(2) In termini, sulla competenza del consiglio comunale ai sensi del l'art. 131 t.u. 148/15 a provvedere in materia di distribuzione di carbu
rante, in quanto rientrante tra gli oggetti che sono propri dell'amministra
li, Foro Italiano — 1990.
È illegittima la determinazione del nuovo canone per la conces
sione di area comunale su cui è sito un distributore di carbu
rante, che sia stata operata dal solo sindaco (su parere della
commissione comunale stime), senza l'intervento del con
siglio. (2) È illegittima la determinazione del nuovo canone per la conces
sione di area comunale su cui è sito un distributore di carbu
rante, che sia stata operata in base alla quantità di carburante
erogata ed all'ampiezza della superficie occupata, e non con
riguardo alla soggezione derivata alla strada, nonché al valore
economico della concessione e al vantaggio che il concessiona
rio ne ricava. (3)
Diritto. — Oggetto della presente impugnativa è la nota della
ripartizione II demanio e patrimonio del comune di Roma (fir mata «p. il sindaco»), con la quale sono stati comunicati alla
società ricorrente i nuovi canoni per l'occupazione di suolo pub blico (determinati dalla commissione stime comunale), in relazio
ne alle concessioni di aree alla medesima società assentite (con la deliberazione di giunta n. 4011 del 1° luglio 1960) per l'instal
lazione di impianti di distribuzione di carburante.
Preliminarmente, il collegio deve verificare se nella controver
sia portata al suo esame sussista la giurisdizione del giudice am
ministrativo.
A norma dell'art. 5 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, sono devolute
alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi con
tro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni
e servizi pubblici (1° comma), restando salva la giurisdizione del
l'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti in
dennità, canoni ed altri corrispettivi (2° comma). Secondo un ormai consolidato orientamento giuridisprudenzia
le (Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1977, n. 743, Foro it., Rep.
1977, voce Concessioni amministrative, n. 3; Tar Lazio, sez. Ili, 14 gennaio 1980, n. 68, id., Rep. 1980, voce Idrocarburi, n. 14), il dettato del 2° comma del predetto articolo non opera l'attribu
zione di una competenza esclusiva del giudice ordinario per quanto concerne le indennità e i canoni di concessione, ma costituisce
affermazione di competenza del predetto giudice in ordine a que
gli oggetti dei quali, per il passato, era in grado di conoscere; sicché la competenza del giudice ordinario, per dette materie, de
ve intendersi limitata alle sole controversie nella quale si faccia
valere, da parte degli interessati, una posizione di diritto soggetti
vo, restando escluse quelle nelle quali si faccia questione circa
la correttezza o meno dell'esercizio del potere discrezionale della
pubblica amministrazione.
zione comunale e che non sono attribuiti alla giunta o al sindaco, Tar Lazio sez. I, 25 agosto 1988, n. 1140, Foro it., 1989, III, 453, con nota di richiami; Tar Piemonte 8 marzo 1983, n. 150, id., 1984, III, 153; Cons.
Stato, sez. V, 12 ottobre 1984, n. 747, id.. Rep. 1984, voce Comune, n. 161. La questione del riparto di competenza tra organi comunali tocca, tut
tavia, svariati aspetti, dato che il d.p.r. 616/77, che ha trasferito alle
regioni le funzioni amministrative esercitate dallo Stato nelle materie elen cate dall'art. 117 Cost., attribuisce genericamente ai comuni il potere di
provvedere in ordine a determinati settori; si veda ad esempio, per la
problematica concernente l'occupazione d'urgenza, ex art. 106 d.p.r. 616/77, Tar Veneto 25 agosto 1982, n. 604, id., 1983, III, 258, nel senso della competenza del sindaco, e Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1982, n.
233, id., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n. 176, orientato, inve ce, verso la competenza consiliare; cfr. ancora Cons. Stato, sez. IV, 22 settembre 1987, n. 539, id., Rep. 1987, voce Edilizia popolare, n. 126, sulla competenza del consiglio a revocare l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
(3) Ai sensi dell'art. 8, 5° comma, r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, l'am ministrazione competente alla determinazione del canone della concessio ne di spazi e di aree pubbliche deve stabilire la misura delle somme dovu te con riguardo alle soggezioni che derivano alle strade ed anche al valore economico della concessione ed al vantaggio che il concessionario ne rica va. Il comune deve perciò attenersi a tali criteri nel valutare la misura del canone «in maniera che ad essa concorrano congiuntamente sia il criterio principale e, in ogni caso, indefettibile dalle soggezioni che deri vano alla strada, sia gli altri due criteri accessori dettati dal legislatore» (cosi Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1977, n. 743, cit.). La necessità che tali criteri vengano rispettati anche in sede di adeguamento del canone è sottolineata da Tar Lazio, sez. II, 4 febbraio 1981, n. 93, cit., il quale ha dichiarato l'illegittimità di un provvedimento di adeguamento motiva to col solo riferimento al coefficiente di svalutazione monetaria medio
tempore intervenuto.
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