sezione I; sentenza 3 settembre 1990, n. 711; Pres. Scognamiglio, Est. Amodio; Chianchettini(Avv. Alessandrini) c. Usl RM-2Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 143/144-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183169 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
L'art. 15, 3° comma, 1. 477/73 si pone in contrasto con la
predetta disposizione costituzionale, non consentendo il conse
guimento del diritto alla pensione minima da parte di quei lavo
ratori che, entrati in ruolo successivamente al 1° ottobre 1974, ad età avanzata, non riuscirebbero a completare il periodo di
servizio necessario per ottenere, in base alla vigente normativa, il trattamento minimo di quiescenza, e ciò soltanto per pochi
anni, se non addirittura per qualche mese e o per alcuni giorni. Tale disposizione, peraltro, contrasta anche sotto un ulteriore
profilo con i precetti contenuti negli art. 3 e 38, 2° comma, Cost.: nel senso che il dipendente, assunto successivamente al
1° ottobre 1974 e che non abbia, al compimento del 65° anno,
raggiunto il minimo della pensione, viene escluso dal godimento di quello stesso trattamento previdenziale a cui egli ha contri
buito e che la Costituzione riconosce come un diritto inerente
allo status di lavoratore (e che pur la 1. 477/73 riconosce, trami
te la permanenza di attività, ai dipendenti in servizio al 1 ° otto
bre 1974), contestualmente venendo altresì «espropriato» dei con tributi versati senza ottenere alcun indennizzo e senza alcuna'
plausibile ragione. In base alle considerazioni che precedono, il sospetto di inco
stituzionalità dell'art. 15, 3° comma, 1. 477/73, nella parte in
cui sono esclusi dalla possibilità di rimanere in servizio oltre
il 65° anno di età i dipendenti scolastici assunti a tempo inde
terminato successivamente al 1° ottobre 1974, appare non ma
nifestamente infondato.
Circa la rilevanza ai fini della decisione della questione pro
spettata, va evidenziato che la sorte del ricorso è indissolubil
mente legata all'esito del giudizio di costituzionalità del citato
art. 15, 3° comma, 1. 477/73, dal momento che la domanda
della ricorrente può essere accolta solo in quanto risulti fondata
la sollevata questione di legittimità costituzionale.
Ili
Fatto. — L'odierna ricorrente, bidella di ruolo dal 10 settem
bre 1979 presso il liceo statale «Carducci» di Milano, in data
18 dicembre 1986 — essendo prossima al compimento del 65°
anno di età, e quindi al collocamento a riposo — faceva istan
za, non avendo ancora maturato l'anzianità di servizio necessa
ria al conseguimento della pensione minima, di mantenimento in servizio fino al 70° anno, ai sensi dell'art. 15 1. 477/73, al fine, appunto, di conseguire il diritto al minimo pensionistico.
Precedentemente, l'interessata aveva prestato la propria atti
vità, in qualità di bidella supplente con nomina a tempo deter
minato, fin dall'11 ottobre 1974.
Con provvedimento 18 febbraio 1988, n. 721/87 — oggetto di separato contenzioso — il provveditorato agli studi respinge va la domanda di proroga in servizio motivando con la circo
stanza che l'interessata non era in servizio alla data del 1° otto bre 1974, cosi come espressamente richiesto dall'art. 15, 3° com
ma, 1. 477/73. (Omissis) Diritto. — Il disposto del 3° comma dell'art. 15 1. 477/73
è chiaro ed univoco nella sua formulazione: il diritto alla proro ga in servizio fino al 70° anno di età compete unicamente al
personale, docente e non docente, in servizio alla data del 1° ottobre 1974, subordinatamente alla circostanza di non aver ma
turato, alla scadenza del 65° anno, l'anzianità necessaria per il conseguimento del limite massimo, o, rispettivamente, mini
mo della pensione. Ma l'odierna ricorrente non era in servizio alla data del 1°
ottobre 1974: onde corretto si appalesa, pertanto, il provvedi mento di collocamento a riposo adottato nella fattispecie dal
l'amministrazione. Con la conseguenza che il ricorso andrebbe, sotto tale aspetto, rigettato. (Omissis)
IV
Previa sospensione dell'esecuzione del d.m. 27 aprile 1990 e della nota lì luglio 1990 (n. 20448) del ministero di grazia e
giustizia, per effetto dei quali il ricorrente non è stato trattenu to in servizio oltre il 65° anno di età.
Visti gli atti e documenti presentati col ricorso; vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedi
mento impugnato, presentata in via incidentale dai ricorrenti; visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni
intimate;
Il Foro Italiano — 1991.
udito il relatore dott. Raffaele Potenza; ed uditi, altresì', per le parti gli aw. M. Trotta Albenzio e P. Gentile dell'avvocatura di Stato;
considerato che, in relazione agli elementi di causa, sussisto
no i presupposti per l'accoglimento della domanda incidentale
in esame, ai sensi dell'art. 21, ultimo cpv., 1. 6 dicembre 1971 n. 1034;
per questi motivi, accoglie la suindicata domanda incidentale
di sospensione.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 3 settembre 1990, n. 711; Pres. Sco
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 3 settembre 1990, n. 711; Pres. Sco
gnamiglio, Est. Amodio; Chianchettini (Aw. Alessandrini) c. Usi RM-2.
Giustizia amministrativa — Comitato regionale di controllo —
Deliberazione — Annullamento giurisdizionale — Ricorso per
l'ottemperanza al giudicato — Inammissibilità — Fattispecie.
È inammissibile il ricorso per l'ottemperanza alla sentenza con
cui il tribunale amministrativo regionale ha annullato una de
liberazione negativa di un comitato regionale di controllo, pro
posto dal beneficiario del provvedimento cosi divenuto irre
versibilmente efficace (tranne annullamento d'ufficio), per ot
tenerne l'attuazione da parte dell'amministrazione locale
controllata che lo aveva emanato. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER II. MO LISE; sentenza 22 maggio 1990, n. 141; Pres. Meaie, Est.
Basila vecchia; Di Florio (Aw. Bucci, Guastadisegni, Rus
so) c. Prefetto di Campobasso (Aw. dello Stato Scolpini).
Giustizia amministrativa — Giudicato — Ricorso per l'ottem
peranza — Ammissibilità — Pendenza di azione avanti il giu dice ordinario — Irrilevanza (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 37).
Giustizia amministrativa — Espropriazione per pubblico inte
resse — Annullamento da parte del giudice amministrativo — Ricorso per l'ottemperanza al giudicato — Inammissibilità — Fattispecie (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 37).
È ammissibile il ricorso al giudice amministrativo per l'ottem
peranza ad un suo giudicato, anche se sia pendente l'azione che il ricorrente aveva intentato avanti il giudice ordinario. (2)
È inammissibile il ricorso per l'ottemperanza da parte dell'am
ministrazione espropriante alla sentenza con cui il giudice am
ministrativo ha annullato il decreto di espropriazione di un
bene ormai in possesso del terzo beneficiario dell'espropria zione stessa. (3)
(1, 3) La sentenza del Tar Lazio basa il suo dictum sul carattere autoesecutivo della sentenza di annullamento della deliberazione negati va del comitato regionale di controllo, e sull'assenza di suoi contenuti ulteriori, in particolare conformativi della successiva attività dell'ammi nistrazione, oltre il suo effetto annullatorio; quanto al primo profilo, v., nello stesso senso, Tar Lombardia, sez. Brescia, 31 ottobre 1986, n. 600, Foro it., Rep. 1987, voce Giustizia amministrativa, n. 990. Per il profilo dell'impossibilità da parte dell'organo regionale di controllo, dopo l'annullamento giurisdizionale di una sua determinazione negati va, di riprendere in esame la legittimità sotto diversi profili del provve dimento controllato divenuto cosi irreversibilmente efficace, la questio ne di costituzionalità della relativa normativa era stata dichiarata non manifestamente infondata da Tar Piemonte, sez. II, 29 ottobre 1988, n. 405, id., 1989, III, 445, con nota di richiami, e inammissibile, per difetto di rilevanza nel caso, da Corte cost. 18 luglio 1989, n. 413, ibid., I, 3024, con nota di richiami.
La sentenza del Tar Molise fonda esplicitamente solo in parte sul carattere autoesecutivo della pronuncia cui ottemperare, il suo analogo dispositivo di inammissibilità del proposto giudizio di ottemperanza al giu dicato, e mette piuttosto in rilievo che l'adozione dei provvedimenti con
seguenziali all'annullamento giurisdizionale del decreto di espropriazione
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
I
Diritto. — 1. - Il ricorrente, collaboratore amministrativo del
l'Usi RM/2 (succeduta all'Usi RM/4), chiede che si ordini al l'ente sanitario di ottemperare al giudicato nascente della sen
tenza di questo tribunale (sez. I n. 1718 del 6 dicembre 1988), che ha annullato l'atto di controllo negativo assunto dal Coreco
sulla deliberazione n. 912 in data 24 settembre 1986 del comita
to di gestione, concernente il di lui inquadramento nella posi zione funzionale di vice direttore amministrativo, in applicazio ne dell'art. 1 1. 20 maggio 1985 n. 207; che si ordini, quindi, allo stesso ente di emettere, in esecuzione dell'indicata delibera
zione, gli atti e i provvedimenti necessari affinché gli sia attri
buita la qualifica superiore, corrispondente al IX livello retribu
tivo, con tutte le conseguenze economiche e normative di legge in ordine alla ricostruzione della carriera e alle differenze retri
butive maturate e maturande e che si nomini, ove occorrente, un commissario ad acta.
Con la citata pronuncia il giudice ha caducato la misura ne
gativa dell'autorità tutoria per un vizio formale, accogliendo il primo (ed assorbente) motivo dedotto (violazione e falsa ap
plicazione degli art. 59 1. 10 febbraio 1962 n. 62 e 24 1. reg. Lazio 20 dicembre 1979 n. 74), sul punto di perentorietà del
termine del controllo e dell'inidoneità della reiterata richiesta
di chiarimenti ad interrompere il decorso, osservando comun
que che l'organo di controllo con il suo operato, in violazione
della normativa in materia di controllo, aveva sostanzialmente
consentito l'operatività di una deliberazione viziata, ancorché
i vizi fossero noti a tale organo e agevolmente rinvenibili anche
a seguito della prima richiesta di chiarimenti, trasmettendo gli atti alla procura generale della Corte dei conti e alla procura della repubblica.
2. - Il ricorso è inammissibile, perché nei confronti delle sen
tenze c.d. autoesecutive, nel cui novero rientra la sentenza in
oggetto, non è consentito esperire il rimedio del giudizio di ot
temperanza, il quale presuppone che la sentenza di annullamen
to contenga, anche implicitamente, ulteriori statuizioni volte ad
ordinare alla pubblica amministrazione, il compimento di una
conseguenziale attività materiale ovvero giuridica al fine di at
tribuire al ricorrente l'utilità effettiva che egli ha inteso conse
guire con la proposizione del ricorso e che alle doverose succes
sive prescrizioni l'autorità amministrativa non abbia dato spon tanea esecuzione e sia rimasta inottemperante.
Nel caso di specie, la sentenza della quale è chiesta l'esecuzio
ne, avendo eliminato dal mondo giuridico l'atto di controllo
negativo, ha comportato ex se l'efficacia del provvedimento con
trollato, con la conseguenza che si è ripristinata direttamente
ed immediatamente la situazione giuridica preesistente all'atto
lesivo, senza che occorra in concreto l'adozione di un successi
vo atto amministrativo.
Ora, se è vero che la pronuncia di annullamento dell'atto
di un bene ormai in possesso del terzo beneficiario, esulano dai poteri dell'amministrazione espropriarne convenuta; per qualche riferimento in proposito, Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 1989, n. 485, id., Rep. 1989, voce cit., n. 932, che ha affermato che il giudizio di ottemperan za ben può essere esperito nei confronti di un'amministrazione rimasta estranea al precedente giudizio, quando sia chiamata a porre in essere attività di sua competenza, necessarie per attuare il giudicato formatosi in quest'ultimo; nonché 9 novembre 1987, n. 646, id., 1989, III, 132, con nota di richiami, che, in una vicenda riguardante modifiche appor tate ad alloggi economici e popolari ormai divenuti di proprietà degli assegnatari, ha affermato che, in sede di giudizio promosso da altro
assegnatario per l'ottemperanza al giudicato che aveva prescritto il ri
pristino delle condizioni originarie dell'immobile, il giudice amministra tivo può disporre misure per la sua esecuzione da parte dell'ammini strazione. Circa la giurisprudenza della Cassazione riguardante la c.d. accessione invertita richiamata in motivazione, da ultimo, v. sent. 11
luglio 1990, n. 7210 (che ha allungato al decennio il termine di prescri zione della relativa azione risarcitoria), id., 1990, I, 2789, con nota
di De Marzo.
(2) La sentenza, in un caso in cui il concorso tra ricorso giurisdizio nale amministrativo e azione giudiziaria ordinaria si presentava piutto sto in termini invertiti, richiama la giurisprudenza (assia larga quella del giudice amministrativo, e più stretta quella della Cassazione), nel senso dell'esperibilità del ricorso al giudice amministrativo per l'ottem
peranza ad un giudicato ordinario di condanna dell'amministrazione al pagamento di una somma di denaro, su cui v. Cons. Stato, sez.
IV, 3 ottobre 1990, n. 740, in questo fascicolo, III, 113.
Il Foro Italiano — 1991 — Parte 7/7-6.
di controllo negativo si riflette necessariamente sull'efficacia del
provvedimento controllato, è altrettanto vero che il giudicato
copre un'area definita nei limiti in cui si è formato, cioè in
relazione all'atto impugnato ed ai motivi dedotti, anzi dei moti
vi o del motivo accolti dal giudice, onde non può ritenersi ri
compresa nell'accertamento giurisdizionale sulla pronuncia ne
gativa di controllo anche la legittimità dell'atto controllato ri
masto estraneo al giudizio, ancorché divenuto efficace per effetto
della sentenza.
Invero, posto che la validità del provvedimento amministrati
vo sta su un piano diverso da quello dell'efficacia, per cui un
atto può essere efficace nonostante la sua invalidità, occorre ribadire che nel caso in esame l'atto di controllo negativo, che
aveva precluso la produzione degli effetti giuridici della delibe
razione di inquadramento, è stato annullato per un vizio mera
mente formale (tardività della decisione), facendo solo cosi con
seguire ad essa l'efficacia, e nel contempo la sentenza ha accer
tato in via incidentale la sostanziale invalidità del provvedimento, ancorché efficace.
Sotto ogni profilo, nessun obbligo di attività giuridica o ma
teriale scaturisce, pertanto, dal tipo di giudicato in questione, essendo evidente che gli unici adempimenti che possono essere
adottati dalla Usi RM/2 sono quelli che nascono dalla propria deliberazione ora divenuta efficace, sicché allo stato, per otte
nere che la pubblica amministrazione dia corso a quanto da
essa stessa deliberato, non rimane all'interessato che sollecitare
l'ente sanitario di appartenenza ad applicare il contenuto del
proprio provvedimento. Resta ovviamente salva la potestà dell'unità sanitaria di riesa
minare la legittimità dell'atto emanato e fare opportuno uso
del potere di autotutela e quindi eventualmente eliminare l'atto
anche se questo è divenuto efficace a seguito dell'accoglimento del ricorso (Tar Calabria, sez. Catanzaro, n. 21 del 15 febbraio
1979), considerata altresì la chiara indicazione incidentalmente
prospettata dal giudice della palese illegittimità della delibera
zione adottata, anzi della sua assoluta nullità, come sancito dal
1° comma dell'art. 14 1. 20 maggio 1985 n. 270 per gli atti
e i provvedimenti applicativi con la stessa contrastanti.
II
Diritto. — 1. - I due ricorsi vanno riuniti, per connessione
oggettiva e soggettiva e decisi in un'unica sentenza.
2. - Deve peraltro essere rilevata l'inammissibilità degli stessi, anche se ritualmente proposti, per l'insussistenza dei presuppo sti per l'instaurazione del giudizio di ottemperanza.
Il punto di partenza utile per la corretta soluzione del proble ma è senza dubbio la precisa individuazione degli effetti giuridi ci prodotti dalle sentenze per la cui esecuzione si agisce in que sta sede.
Al riguardo, è principio pacifico che «l'annullamento da par te del giudice amministrativo del decreto di espropriazione, quale che sia la causa, e, quindi, anche nel caso in cui venga disposto
per vizi formali del procedimento, afferenti l'esercizio e non
l'esistenza del potere ablatorio, restituisce alla posizione dell'e
spropriato, affievolita per effetto di detto provvedimento, l'ori
ginaria consistenza di diritto soggettivo, come tale tutelabile di
nanzi al giudice ordinario, oltre che con azione diretta a conse
guire la restituzione del bene anche con azione diretta al
risarcimento di ogni danno cagionato dell'illegittima compres sione» (Cass. 15 novembre 1983, n. 6766, Foro it., Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 224).
L'effetto della sentenza è dunque chiaramente enucleabile: l'at
to impugnato trasferisce coattivamente la proprietà di un bene,
ragion per cui il suo annullamento non può che comportare la reintegrazione, della sfera giuridica del ricorrente, vale a dire
il riacquisto, da parte di quest'ultimo, della titolarità giuridica del bene espropriato invalidamente, con il complesso delle fa
coltà giuridiche che sono comprese nel diritto di proprietà, nei
limiti ovviamente in cui queste risultano compatibili con even
tuali modifiche della situazione di fatto riguardante il bene stesso.
3. - Sulla base di tale ricostruzione, l'amministrazione resi
stente formula una serie di eccezioni che il collegio non ritiene
di poter condividere.
Sotto un primo profilo, si eccepisce la litispendenza, perché
dopo le sentenze di annullamento dei decreti di espropriazione, il ricorrente avrebbe preventivamente adito la magistratura or
dinaria.
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PARTE TERZA
L'eccezione non ha pregio, perché, a parte ogni altra consi
derazione in ordine all'identità delle due cause sotto i profili
soggettivo e oggettivo (petitum e causa petendi), deve rilevarsi
come la litispendenza presupponga, per costante affermazione
giurisprudenziale o dottrinale, la pendenza delle due cause da
vanti a giudici appartenenti allo stesso apparato giurisdizionale; diversamente, rileva il diverso problema dell'individuazione del
la giurisdizione. D'altra parte, il possibile concorso tra giudizio di ottempe
ranza e processo civile non è ignoto all'esperienza giurispruden
ziale, ad esempio in materia di esecuzione di sentenze di con
danna nei confronti della pubblica amministrazione, per cui an
drà comunque valutata la cumulabilità in concreto dei due mezzi
di tutela, non pregiudizialmente incompatibili tra loro.
Sotto altro profilo, eccepisce l'amministrazione il difetto di
giurisdizione, anche per l'operatività del principio di accessione
invertita.
Anche tale eccezione va, peraltro, respinta; non vi è infatti
incompatibilità assoluta tra posizioni di diritto soggettivo, qua le è indubbiamente quella del ricorrente dopo l'annullamento
dei decreti di esproprio, e giudizio di esecuzione del giudicato
(per la distinzione tra esecuzione e ottemperanza, e per l'inqua dramento della prima nella giurisdizione esclusiva, v., da ulti
mo, Cons, giust. amm. sic. 27 gennaio 1989, n. 7, Foro it.,
Rep. 1989, voce Giustizia amministrativa, n. 821); il giudizio di esecuzione viene infatti ammesso, dalla giurisprudenza più
recente, anche come forma esclusiva, o complementare, di ese
cuzione dei giudicati che recano condanna dell'amministrazione
al pagamento di somme di denaro (v. Cons. Stato, ad plen., 9 marzo 1973, n. 1, id., 1973, III, 265; Cass. 3 febbraio 1988, n. 1074, id., 1989, I, 853), o per l'esecuzione di sentenze di
condanna al rilascio di un immobile detenuto in locazione dal
l'amministrazione (ad. plen. n. 15 del 1983, id., 1983, III, 373). Quanto poi alla prevalenza dell'opera di pubblica utilità sul
diritto di proprietà, che sarebbe a fondamento del verificarsi
dell'accessione invertita, l'accertamento di tale situazione deve
ritenersi senza dubbio riservato alla giurisdizione del giudice or
dinario restando ad essa estranea l'amministrazione; ma ciò non
esclude che, proprio per effetto della riacquistata proprietà del
l'immobile con effetto ex tunc, il ricorrente possa chiedere di
verificare, in sede di ottemperanza, se ed in quali forme l'am
ministrazione abbia l'obbligo di garantire l'esecuzione del giu dicato di annullamento.
4. - Tornando ad esaminare gli effetti delle sentenze di annul
lamento dei decreti di espropriazione, rileva il collegio che essi
si esauriscono, in buona sostanza, nel ripristino dell'originaria situazione di titolarità giuridica del bene. Si dice, in questo sen
so, che sentenze di tal fatta sono ascrivibili alla categoria delle
sentenze autoesecutive, nel senso che gli effetti riconducibili alle
stesse operano esclusivamente sul piano dei rapporti giuridici
ripristinati, senza necessità di un'attività veramente esecutiva, in senso materiale.
Nell'aderire a tale, prevalente, orientamento, ritiene, peral tro, il collegio di dover precisare che la qualificazione di tale
tipologia di sentenze come sentenze insuscettibili di una esecu
zione discenda non tanto dal fatto che gli effetti prodotti dalle
stesse siano squisitamente giuridici, quanto dal fatto che, in or
dine alle attività esecutive al cui compimento ha interesse il ri
corrente, la pubblica amminstrazione si trova in situazione di
carenza di potere.
L'equazione posta dal ricorrente, con apparente persuasività, tra potere di esproprio manu militari e potere di riconsegna da
esercitare in forme parimenti autoritative, previa espropriazione
dell'originario beneficiario dell'espropriazione, postula infatti l'e
sistenza in capo alla pubblica amministrazione di un generico ed illimitato potere di esercitare attività di segno negativo esat
tamente simmetriche a quelle invalidate dal giudice ammini
strativo.
La tesi non può, peraltro, essere condivisa, perché, anche quan do sia chiamata ad eseguire una sentenza, la pubblica ammini
strazione non può che esercitare i poteri che le siano normativa
mente attribuiti.
In tal senso va interpretata l'indicazione normativa per cui la decisione si esegue in via amministrativa (art. 88 reg. proc.); indicazione che si traduce nell'ordine, contenuto nella decisio
ne, di dare esecuzione alla sentenza, ordine diretto all'autorità
amministrativa. Ciò infatti non significa che l'amministrazione
si trasformi, indiscriminatamente, in un braccio esecutivo delle decisioni giurisdizionali; il valore precettivo della norma è infat
II Foro Italiano — 1991.
ti quello di far si che, nel successivo esercizio dei poteri ad essa
demandati, l'amministrazione assicuri il rispetto del dictum giu
risdizionale, ovviamente nei limiti delle proprie competenze. Ma, nella fattispecie, mentre non è dubbio che la pubblica ammini
strazione potesse espropriare il fondo del ricorrente per consen
tire la realizzazione di un'opera di pubblica utilità, è parimenti certo che essa non possa, ai fini di giustizia, operare coattiva
mente per assicurare a danno del terzo il trasferimento del be
ne, ai fini possessori, perché tale potere non è previsto da alcu
na norma: le ipotesi di retrocessione, anzi, sono rigorosamente
tipizzate dalla legge, ma su presupposti del tutto diversi da quello invocato in questa sede.
Né risulta che tali conclusioni siano contraddette da un orien
tamento giurisprudenziale contrario: il precedente del Consiglio di Stato (sez. IV 24 giugno 1960, n. 688, id., Rep. 1960, voce
Espropriazione per p.i., n. 246) non ha avuto realmente segui
to, a parte il richiamo, peraltro non sicuramente indicativo, con
tenuto nella decisione n. 15 del 1983 dell'adunanza plenaria (cit.). 5. - Giova brevemente osservare che, in senso contrario a
quanto affermato in precedenza, non vale il riferimento, su cui
insiste il ricorrente, alla giurisprudenza che ammette il ricorso
in ottemperanza per eseguire sentenze di condanna nei confron
ti delle pubbliche amministrazioni (oltre alla giurisprudenza, ri
chiamata nel par. 3, relativa alle sentenze di condanna al paga mento di somme di denaro, il ricorrente cita proprio l'ad. plen. n. 15 del 1983, relativa al rilascio, da parte della pubblica am
ministrazione, di immobile detenuto in locazione). Tali esempi, invero, confermano quanto sostenuto dal colle
gio, proprio perché l'obbligo di dare esecuzione viene afferma
to per casi nei quali la pubblica amministrazione era obbligata, 0 falcoltizzata, ad adottare certi comportamenti sicuramente ri
compresi nella sua sfera giuridica di pubblica autorità o di con
traente privato. 6. - Le profonde esigenze di una tutela incisiva ed effettiva,
che stanno a fondamento dei ricorsi in esame, sono d'altra par te recepite, come osserva la stessa difesa del ricorrente, in pro
getti di legge attualmente all'esame del parlamento, che preve dono il potenziamento e l'ampiamento dei poteri del giudice amministrativo in sede di ottemperanza. Tali circostanze dimo
strano, peraltro, come, de iure condito, le azioni proposte con
1 ricorsi in epigrafe siano inammissibili.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione III; sentenza 20 novembre 1989, n. 1947; Pres.
Farina, Est. Borea; Spezi e altri (Avv. U. e L. Ferrari, Bianchi, Nespor, Civitelli, Fezzi, Mazzone, Raffa, Oni
da, Campari, Leon) c. Min. lavoro, Inps (Aw. Marzi, Gior
dano, Falcini), Credito italiano (Avv. Guarino, Mercuri,
Merenzi, Spagnuolo Vigorita, Trifirò).
Previdenza sociale — Impresa industriale — Ammissione alla
cassa integrazione guadagni straordinaria — Ricorso dei di
pendenti sospesi — Giurisdizione amministrativa.
Rientra nella giurisdizione amministrativa, e non è inammissibi
le per carenza di interesse, il ricorso contro gli atti che hanno
ammesso un'impresa industriale alla cassa integrazione gua
dagni straordinaria, proposto dai dipendenti sospesi. (1)
(1-3) I. - Le sentenze in epigrafe evidenziano interessanti profili atti nenti all'istituto della cassa integrazione guadagni straordinaria, istituto che, risultato di una legislazione stratificata e farraginosa dettata da
pressanti ed urgenti istanze socio-economiche, appare caratterizzato da un'eccessiva e disorganica struttura procedimentale.
Le questioni affrontate dal Tar Lazio riguardano un aspetto tipica mente giurisdizionale ed un secondo attinente il procedimento finalizza to all'ammissione alla Cig.
II. - In primis viene riaffermata la giurisdizione amministrativa per i ricorsi contro i provvedimenti di ammissione alla Cig straordinaria, in totale adesione a Cass., sez. un., 20 giugno 1987, n. 5456, Foro
it., 1988, I, 2201, con nota di D'Antona e Saiimbeni. In tale sede la Suprema corte inaugurava la tendenza ad una ricostruzione unitaria
dell'istituto, assimilando l'intervento ordinario a quello straordinario,
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