Sezione III; sentenza 18 dicembre 1978, n. 1017; Pres. Battara, Est. Amoroso; Dannamaria (Avv.Moscarini) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Ferri), e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 27/28-33/34Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171109 .
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PARTE TERZA
che lo scopo di tali formalità sarebbe costituito dal portare l'atto « introduttivo del processo » a conoscenza « a mezzo di funziona
rio abilitato » attribuisce ad esse, con palese petizione di princi
pio, uno scopo qualificato che non si rinviene nel sistema né ap
pare necessitato dalie esigenze del contraddittorio. In altri ter
mini la petizione di principio consiste nel fatto che la criticata
affermazione ha in buona sostanza questo significato: poiché la
legge pone delle norme sulla competenza degli ufficiali giudiziari in materia di notifica, lo scopo della formalità della notifica non
è il portare l'atto a conoscenza ma quello di portarlo a cono
scenza a mezzo del funzionario competente. Una volta costruito in modo cosi' apodittico tale scopo quali
ficato, viene perciò a togliersi valore, nell'ipotesi considerata, al
principio generale di ermeneutica processuale (art. 156, 3° comma, cod. proc. civ.) secondo cui la nullità non può essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato.
Ma va altresì osservato che l'art. 156, T comma, cod. proc. civ.
stabilisce che la nullità per inosservanza di forme processuali non
può essere pronunciata, se essa non è comminata dalla legge, mentre proprio in materia di notificazioni l'art. 160 cod. proc. civ. stabilisce che la notificazione è nulla solo se non sono osser
vate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere conse
gnata la copia o se vi è incertezza assoluta sulla persona cui
è fatta o sulla data, sempre che l'atto non abbia ugualmente rag
giunto il suo scopo. Prendendo allora in esame le norme che
disciplinano l'ordinamento degli ufficiali giudiziari, l'art. 106
d. 1. 15 dicembre 1959 n. 1229 stabilisce che «l'ufficiale giudi ziario compie con attribuzione esclusiva gli atti del proprio mi
nistero nell'ambito del mandamento ove ha sede l'ufficio al quale è addetto ». Dispone poi il 2° comma dell'art. 107 che « tutti
gli ufficiali giudiziari possono eseguire, a mezzo del servizio po
stale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti rela
tivi ad affari di competenza dell'autorità giudiziaria della sede
alla quale sono addetti ».
Dalle norme suddette e dall'intero testo legislativo che le con
tiene risulta che la competenza degli ufficiali giudiziari è dise
gnata, ad instar della organizzazione della giurisdizione del giu dice ordinario, che spesso non è coincidente con quella del giu dice amministrativo. Trattasi quindi di circoscrizioni fra loro ete
rogenee, il che già porta di per sé ad escludere l'applicabilità dei
principi sulla competenza modellata per un ordinamento diverso
da quello del giudice amministrativo.
Ma inoltre nessuna delle norme richiamate commina la nulli
tà per le notifiche effettuate da ufficiale giudiziario incompe
tente, dal che deriva che tali norme indicate conducono solo
all'obbligo da parte dell'ufficiale giudiziario, che ne sia richiesto, di rifiutare la notifica di un atto diverso da quello nelle norme
stesse indicate.
È difatti il successivo art. 108 che indica le conseguenze per l'inosservanza delle suddette disposizioni, ma tali conseguenze consistono solo nella previsione di sanzioni disciplinari a carico
dell'ufficiale giudiziario, senza comminare nullità.
Né d'altronde le norme sul processo amministrativo dettate
nella legge del 1971 n. 1034, successive al nuovo ordinamento
sugli ufficiali giudiziari del 1959, fanno riferimento alla compe tenza di questi, il che conferma che trova applicazione il regime
precedente sulla notificazione dei ricorsi amministrativi dettato
dal regolamento di procedura del 1907, il cui art. 8, cosi come
aveva già esattamente rilevato la citata decisione dell'adunanza
plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 20 febbraio 1957, non
fa riferimento, in tema di notifiche, ad una particolare compe tenza territoriale dell'ufficiale giudiziario che deve effettuarle.
Dimostrata dunque ampiamente l'erroneità delle richiamate de
cisioni della V sezione, in contrasto con il pacifico indirizzo già indicato dalle autorevoli precedenti pronunzie dell'adunanza ple naria del Consiglio di Stato, sembrano utili talune considerazioni
che, qualora risultasse ancora qualche residuo dubbio circa la
tesi qui sostenuta e che conduce ad affermare la validità della
notifica del ricorso, come effettuata, dovrebbero ugualmente con
durre a far disattendere il contrario indirizzo rigoristico. Va in primo luogo rilevato come le norme che disciplinano
il processo hanno contenuto formale e non sostanziale, nel
senso cioè che non sono poste a tutela dell'uno e dell'altro inte
resse di ordine sostanziale, ma sono dettate per aprire ai sog
getti dell'ordinamento la strada della tutela giurisdizionale. Specie in tema di processo amministrativo in cui nel campo dei rapporti sostanziali uno dei due soggetti, cioè la pubblica amministrazio
ne, è titolare di poteri amministrativi autoritativi idonei ad in
cidere sulla sfera soggettiva dei cittadini in posizione di supre
mazia, si manifesta al massimo l'esigenza di consentire al sog
getto che si trova nella posizione di soggezione di adire il giu
dice, ove ritenga la propria sfera sacrificata dall'amministrazione
contra legem.
Le norme che disciplinano il processo amministrativo sono
dunque poste per spianare al massimo la strada alla tutela giu
risdizionale, non per impedirla, dal che la conseguenza che esse
devono essere interpretate con la massima apertura possibile e
quindi in senso preclusivo della garanzia giurisdizionale solo
quando sia legalmente stabilita oppure quando esse appaiono spe
cificamente poste a tutela di interessi di ordine sostanziale.
Ad esempio la norma, la quale impone che il ricorso deve es
sere proposto entro un determinato termine, tutela un interesse
sostanziale che è quello di determinare, specificamente, con il
regime dell'inoppugnabilità, la certezza delle situazioni giuridiche
che traggono origine da un provvedimento amministrativo.
Altre norme che disciplinano il processo hanno invece esclu
sivamente una funzione ordinatoria litis, nel senso cioè di indi
rizzare il processo verso la sua naturale conclusione nel rispetto
dei principi fondamentali di esso, quali quello del contradditto
rio, dell'iniziativa di parte, dell'impulso processuale e via di
scorrendo.
Orbene, una volta rispettati questi principi fondamentali, ap
pare del tutto indifferente la scelta fra più interpretazioni possi
bili, di una norma ordinatoria, di una o di un'altra tesi inter
pretativa. E se quindi il giudice, fra le varie interpretazioni, ne sceglie
una e specie poi se questa scelta è compiuta da parte di un
giudice particolarmente qualificato (quale è appunto l'adunanza
plenaria del Consiglio di Stato nel processo amministrativo) che
è proprio chiamato dall'ordinamento a sciogliere con la sua auto
revolezza i contrasti interpretativi della giurisprudenza, egli in
buona sostanza indica le regole del gioco cui da quel momento
si atterrà, creando un affidamento nei confronti di coloro che
in prosieguo avranno bisogno di adire la tutela giurisdizionale.
Ma, una volta che quella scelta sia stata compiuta e che si sia creato questo affidamento, fondato anche su di una prassi pro cessuale che assume carattere consuetudinario, ci si viene a tro
vare certamente in presenza di un fatto di produzione normativa
in ordine alla disciplina processuale, che non sembra più consen
tito al giudice di modificare per dire al cittadino che vi si sia per fettamente uniformato: « ti dò torto perché ti sei comportato nel modo che fin ora ti era stato indicato di seguire per adire la
via giurisdizionale ».
Ciò comunque non senza considerare che se il Consiglio di
Stato a sezione semplice avesse ritenuto errato il precedente indi
rizzo, sorretto dall'interpretazione dell'adunanza plenaria, avreb
be avuto l'obbligo di investire il collegio regolatore della giu
risprudenza amministrativa, indicando l'interesse d'ordine sostan
ziale che riteneva ingiustamente leso dall'osservanza dell'indi
rizzo in precedenza insegnato, per un eventuale riesame del
problema. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione III; sentenza 18 dicembre 1978, n. 1017; Pres. TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione III; sentenza 18 dicembre 1978, n. 1017; Pres.
Battara, Est. Amoroso; Dannamaria (Avv. Moscarini) c. Min.
finanze (Avv. dello Stato Ferri), e altri.
Impiegato dello Stato e pubblico — Concorso a dirigente supe riore — Graduatoria — Qualifica di « esercitatore » universi
tario — Omissione della valutazione — Illegittimità — Pub
blicazione in collaborazione con altri — Omissione della va
lutazione — Illegittimità (Legge 24 febbraio 1967 n. 62, isti
tuzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di as
sistente universitario e nuove discipline degli incarichi di in
segnamento universitario e degli assistenti volontari, art. 23; d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580, misure urgenti per l'università, art. 3, 5; legge 30 novembre 1973 n. 766, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580, art. unico).
È illegittima la graduatoria del concorso a dirigente superiore se non sia stata valutata la qualifica del ricorrente di « eserci
tatore » presso una università riconosciuta, pur essendo prevista nei criteri di massima la valutabilità dell'incarico di assisten
te universitario. (1)
(1) La massima non trova precedenti; in motivazione, l'assunto è
giustificato con l'affermazione che agli esercitatori, più che agli as
segnisi e contrattisti, sarebbe assimilabile la figura dell'assistente volontario.
L'assistente volontario (che non è legato da un rapporto di pubblico impiego con l'università, Cons. Stato, Sez. IV, 18 aprile 1978, n. 346, Foro it., Rep. 1978, voce Istruzione pubblica, n. 400; Sez. VI 5 lu
glio 1977, n. 731, id., 1978, III, 233) è una figura soppressa dal
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
È illegittima la graduatoria del concorso a dirigente superiore, se non sia stata valutata una pubblicazione del ricorrente, per ché essa è stata scritta in collaborazione con altri, senza che siano state distinte le parti dovute ai vari autori. (2)
Il Tribunale, ecc. — Il ricorso è fondato e va accolto. Si osserva al riguardo, e preliminarmente, che la sussistenza di
un esiguo divario tra il punteggio riportato dal ricorrente e gli altri candidati vincitori del concorso per cui è causa, comporta che — tenuto conto dei coefficienti stabiliti nei criteri — l'acco
glimento di alcuni soltanto fra i punti che formano oggetto di
impugnazione, valga a determinare la caducazione del concorso
nella sua interezza, secondo quanto preteso dal ricorrente.
Ciò consente ai collegio di portare il proprio esame sui punti
maggiormente significativi del gravame, indipendentemente dal
l'ordine delle censure, cosi come risultanti dall'atto introduttivo del giudizio.
Va in primo luogo considerata la mancata valutazione del ti
tolo costituito dalla qualifica di « esercitatore » rivestita dal
ricorrente presso l'Università G. D'Annunzio (università rico
nosciuta).
Al riguardo si rileva che, non risultando impugnati i criteri di
massima regolativi del concorso, occorre verificare analiticamente
se detto titolo rientri o meno fra quelli previsti dai predetti criteri.
Va sicuramente escluso che esso possa rientrare nella categoria seconda (sottocategoria c), in quanto essa si riferisce agli inca
richi di docenza relativi ai corsi istituiti dalle amministrazioni e
diretti all'aggiornamento del personale statale e tra i quali non
può rientrare l'incarico in parola per gli ovvi, peculiari caratteri
dell'insegnamento universitario.
Deve invece riconoscersi che esso rientra nel gruppo dei titoli
indicati dalla IV categoria (sottocategoria b): « titoli inerenti alla
formazione professionale (massimo punti tre) », e ciò in quanto,
l'art. 22 legge 24 febbraio 1967 n. 62; l'art. 22 citato consentiva agli assistenti volontari di concorrere all'assegnazione di borse biennali di «addestramento didattico e scientifico», istituite dall'art. 21 stessa
legge, mentre l'art. 5 dei « provvedimenti urgenti », approvati con d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580, consentiva agli stessi assistenti volontari di concorrere all'attribuzione di un contratto quadriennale.
L'art. 23 legge n. 62 del 1967 conferiva agli assistenti ordinari, in
caricati, straordinari ed ai borsisti le funzioni inerenti alle esercita zioni pratiche degli studenti; ove essi non fossero stati in numero
sufficiente, la medesima attività l'avrebbero svolta gli assistenti volon
tari, e, in ulteriore subordine, dei laureati (c.d. «esercitatori»). Anche gli « esercitatori » (per i quali è stata esclusa la qualità di
pubblici dipendenti, Pret. Roma 4 luglio 1978, id., 1978, I, 1804) avevano titolo a concorrere ai contratti quadriennali.
I titolari di borse biennali di addestramento didattico e scientifico, invece, diventarono titolari di contratti quadriennali, mediante gra duatorie nazionali, compilate in base all'anzianità di godimento delle borse da parte di ciascuno, sempre ai sensi dell'art. 5 d. 1. n. 580 del 1973: il rapporto dei contrattisti con l'università è stato qualifi cato di pubblico impiego da Cass. 19 marzo 1979, n. 1585, id., 1979, I, 937, con nota di richiami; v. anche Pret. Torino 31 marzo 1979, id., 1979, I, 1318, con nota di richiami, cui adde in dottrina, da ultimo, D. Bonamore, Principio e fine del pubblico impiego nelle vertenze
fra « precari » e università, in Riv. giur. scuola. 1979, 482 ss. L'art. 6 dei « provvedimenti urgenti » ha istituito, poi, assegni bien
nali, rinnovabili, « per la formazione scientifica e didattica di giovani laureati »; gli assegnisti « partecipano ai seminari e alle esercitazioni
per gli studenti », e non sono considerati pubblici dipendenti da T.A.R. Toscana 22 marzo 1978, n. 119, Foro it., 1978, ILI, 417, con nota di richiami.
(2) La massima contrasta con l'orientamento giurisprudenziale do minante.
Si afferma, infatti, che i lavori eseguiti in collaborazione sono va
lutabili, in un pubblico concorso, soltanto se è distintamente indivi duabile la parte frutto del lavoro di ciascuno, Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 1976, n. 604, Foro it., Rep. 1976, voce Concorso a pubblico impiego, n. 128; Sez. I 26 luglio 1974, n. 1964, id., Rep. 1976, voce Istruzione pubblica, n. 103; T.A.R. Emilia-Romagna 20 no vembre 1974, n. 152, id., Rep. 1975, voce Concorso a pubblico im
piego, n. 120; Cons. Stato, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 622, id., Rep. 1972, voce cit., n. 99; Cons, giust. amm. sic. 13 luglio 1968, n. 312, id., 1968, IH, 477, con nota di richiami.
Vi è, però, un orientamento che appare in parte difforme, in
quanto afferma che rientra nella potestà discrezionale della commis sione giudicatrice ii valutare, o meno, i lavori in collaborazione: Cons.
Stato, Sez. V, 27 aprile 1971, n. 391, id., Rep. 1971, voce cit., n. 90. Non si ritengono valutabili i lavori realizzati in collaborazione con
uno dei commissari: T.A.R. Emilia-Romagna 20 novembre 1974, n.
152, cit.; Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 1971, n. 734, id., Rep. 1971, voce cit., n. 91; nel senso, invece, che tale situazione determina una incompatibilità, Cons. Stato, Comm. spec., 15 novembre 1973, n. 24, id., Rep. 1976, voce Istruzione pubblica, n. 104 (con riferimento ad un concorso universitario).
come si evince dal verbale n. 6 pag. 2 dei criteri, risulta prevista — n. 3 — la valutabilità, con un massimo di punti 0,80, dell'in carico di « assistente universitario ».
Si osserva al riguardo che la dizione generica di assistente universitario comporta un sicuro riferimento alla figura del l'* assistente volontario » che è sussistita, fino a tempi recenti, nella struttura dell'insegnamento superiore. Ciò in quanto non sa rebbe possibile ritenerla rivolta alla qualifica di assistente ordina
rio, poiché questa figura, essendo incompatibile con altre forme di pubblico impiego, non avrebbe alcun senso nel contesto valu tativo di uno scrutinio riguardante dipendenti pubblici mini steriali.
La qualifica in oggetto è stata recentemente eliminata a seguito di varie innovazioni dell'organizzazione universitaria (tutte ante riori al concorso per cui è causa), onde occorre esaminare se essa abbia o meno cessato radicalmente di sussistere senza dar
luogo a qualifiche equivalenti (e dunque manchi una pratica possibilità di valutazione se non quanto a titoli di assistentato volontario eventualmente posseduti — nel passato — da taluni dei candidati), ovvero si sia trasfusa in nuove forme, sul pre supposto della insostituibilità della funzione pratica tradizional mente assolta dall'assistente volontario e richiedente perciò un
corrispondente sostitutivo anche nel regime innovatorio venutosi a determinare.
Ciò con la conseguenza della valutabilità di quella qualifica ve nuta a risultare come surrogatoria.
Al riguardo il collegio ritiene che il titolo di assistente univer
sitario, cui fanno riferimento i citati criteri di massima, tro
vi un corrispondente attuale e debba essere rapportato, per vario ordine di ragioni, ad una tra le varie forme di collabora
zione all'insegnamento universitario oggi riscontrabili nell'ambito
delle strutture dell'insegnamento superiore. Tali ipotesi sono sostanzialmente riconducibili alla figura del
l'esercitatore (v. infra) dell'assegnista o del contrattista, e ciò
senza riguardo ad altre forme (borsista, ecc.) di nessuna rilevanza
ai fini della presente causa.
Al riguardo è da chiedersi se la voce dei criteri di scrutinio
possa essere riferita genericamente ad una qualsiasi di dette qua lifiche in via cumulativa, ovvero se sussista una alternativa nella
corrispondenza tra la vecchia figura ed una (e una soltanto) di
quelle attuali.
Deve dunque stabilirsi se il ricorrente, quale esercitatore, rientri nella nozione di assistente volontario, ovvero se questa
possa o debba circoscriversi agli altri casi o qualifiche, con conse
guente esclusione dell'interessato da ogni diritto a punteggio per il proprio titolo.
Criterio risolutore del problema non può che consistere nel
l'indagine circa la maggiore o minore affinità di attribuzioni con
crete, nonché astratti profili giuridici, tra l'assistente volontario e le altre figure di docente.
Il collegio ritiene al riguardo che la comparazione fra le ri ferite ipotesi comporta l'individuazione di sicuri elementi quali ficativi in favore della figura dell'esercitatore e ciò per una as sai ampia serie di considerazioni che finisce per concludere per una connotazione caratteristica equivalente (e anche più am
pia) di quella dell'assistente volontario.
Va preliminarmente osservato che questa figura, nonostante una diversa concreta esperienza venutasi a creare in ordine alle sue funzioni, aveva, in origine, un ridotto ambito di operatività, conformemente ai bisogni cui si ispirava la stessa sua istituzione.
Si trattava infatti di far fronte, con la creazione di tale quali fica, a bisogni di collaborazione specifica di questo o di quel professore ordinario, per tutto quanto concerneva l'attività dello
stesso, venendosi con ciò a determinare un caso di dipendenza prettamente personale che poneva in atto la sussistenza di un
rapporto bilaterale tra singoli soggetti (e non tra soggetto e isti
tuzione), di natura, alquanto ambigua e che bene si esprimeva nella dizione « assistente del professore di cattedra » per ciò in tendendo significare l'evidente collegamento personale e funzio nale con il titolare della stessa e al quale l'assistente forniva il necessario supporto in relazione ad una investitura proveniente unilateralmente dall'autorità accademica e senza nemmeno una domanda in tal senso proveniente dall'interessato.
Il tutto con la precisazione che detta nomina, se da un lato mirava a sopperire a situazioni di necessaria collaborazione, era tuttavia preordinata all'espletamento di una sorta di tirocinio di dattico in vista di più penetranti profili di collaborazione (assi stentato ordinario, ecc.) e si configurava — in buona sostanza —
come un periodo propedeutico a sviluppi a venire e dal cui su
peramento dipendeva l'accesso alla vera e propria carriera uni versitaria.
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PARTE TERZA
È allora evidente come in un'ottica tanto specificamente puntua
lizzatile, la giurisprudenza avesse posto l'accento su tale sa
liente carattere per negare il profilo pubblico del rapporto in
oggetto, ciò che per altro fece in via sempre incidentale, al di
fuori di una piena consapevolezza, quale unicamente poteva deri
vare da pronunzie rese ex professo, in base ad una analisi com
piuta ed esauriente.
Trasferendo adesso l'esame sulla figura dell'esercitatore, deve
rilevarsi che questa figura non solo ha storicamente e giuridica mente ereditato tutte le competenze dell'assistente volontario, ma
ha ricevuto una positiva determinazione ampliativa delle attri
buzioni di quello', assumendo una chiara rilevanza a tutti gli ef
fetti (dunque anche a quelli per cui è causa) specie per il fatto
che la connotazione del suo rapporto si è inequivocabilmente evolu
ta verso sfere marcatamente pubblicistiche, di cui sono individua
bili tutti i caratteri (v. infra). È invero sicura la transizione dell'esercitatore dal collegamento
personale con il professore di cattedra al riferimento alla strut
tura universitaria nel suo complesso considerata e pertanto l'acqui
sizione di compiti di partecipazione piena al « servizio » uni
versitario che è quanto sostanzia la funzione dell'istituto.
È infatti certo che la figura dell'esercitatore fuoriesce da qual
siasi schema di «previdenze universitarie», ovvero da quelle for
me di partecipazione alle attività che rappresentano una sorta
di prosecuzione ideale della laurea verso forme ancor più raffi
nate di acculturamento tecnico. In buona sostanza perciò, se pur
appariva contestabile il criterio dell'utilità meramente personale delle attività prestate per stabilire il carattere del rapporto del
vecchio assistente volontario, è evidente che esso non operi in
alcun modo nei confronti dell'esercitatore che è investito di com
piti specifici, e la cui prestazione è totalmente devoluta a bene
ficio dell'istituzione presso cui opera, anche in riferimento con
un atto di nomina che è in tal senso specificamente attributivo
di uno status che contempla una piena bilateralità di rapporto con assoluta immedesimazione del soggetto nella funzione e sen
za margini di rilevanza per alcun esclusivo beneficio dell'esercita
tore la cui attività non è affatto preordinata ad un arricchimento
personale di prestigio, ma serve invece a fronteggiare bisogni
permanenti e rimarchevoli del « servizio » universitario.
A riprova dell'assunto si consideri quanto segue: con legge 24 febbraio 1967 n. 62, art. 23, si procedette da parte del le
gislatore, alla creazione di una figura nuova di docente universi
tario individuata nel « laureato con funzioni inerenti alle eserci
tazioni pratiche agli studenti ». Con successivo d. 1. 1" ottobre
1973 n. 580 (misure urgenti per l'università) venne stabilita (art.
5) la previsione di concorsi per ottomila contratti quadriennali ai quali erano ammessi, tra gli altri, i laureati con funzioni di
esercitatore di cui alla citata legge 62/1967. In particolare (art. 5, lett. e) i predetti docenti venivano qualificati « incaricati di eser
citazioni pratiche ».
Ad essi (art. 3, 14° comma) veniva consentita la partecipazione ai concorsi per i posti di assistente ordinario che si sarebbero
resi disponibili fino al quarto anno successivo all'entrata in vigore del provvedimento in parola.
Si determinava pertanto un notevole afflusso di elementi aventi
la riferita qualifica, sul presupposto della rilevanza attribuita alla
stessa dalla nuova normativa. Afflusso, questo, coevo con -la eli
minazione della vecchia qualifica di assistente volontario. I carat
teri salienti della figura dell'esercitatore evidenziano profili mar
catamente pubblicistici. E invero dalla relativa nomina derivano le seguenti conse
guenze: 1) l'assunzione per il tramite di un formale provvedi mento risalente all'università ed in conseguenza del quale si pro cedeva all'affidamento delle funzioni (sicuramente pubbliche) im
postate dall'art. 23 legge 62/67; 2) la sussistenza di una forma
di retribuzione per tali prestazioni, prevista in forma determinata
e continuativa (art. 23, 4J comma, legge 62/67) in misura non
inferiore a lire 2.000 (duemila) per ogni esercitazione; 3) la
correlazione tra dette prestazioni e le finalità dell'organismo uni
versitario concretantesi in attività di insegnamento e di ricerca;
4) la sussistenza di un vincolo di subordinazione della posizione dell'esercitatore nei confronti delle strutture dell'insegnamento uni
versitario; 5) la continuità delle prestazioni svolte dall'esercita
tore a seguito della propria nomina. Ciò in quanto il proprio
rapporto con l'università non sembra richiedere, ex lege, alcuna
annuale conferma, proseguendo fino ad eventuale cessazione da
disporsi con apposito atto e con l'eventuale rispetto delle norme
che regolano l'estinzione del rapporto di servizio dei pubblici di
pendenti. Deriva da ciò che esso inerisce a bisogni temporanei, ma assolve a compiti istituzionali, connaturali alle esigenze del
l'insegnamento in senso generale. Deve pertanto ritenersi che, sia con riferimento alla cessata
qualifica di assistente volontario, cui di fatto sopperisce e che
cronologicamente segue, sia in relazione ai caratteri ora sinte
tizzati circa la funzione degli esercitatori, la figura di questo nuovo docente, di cui la legge non ha circoscritto le mansioni,
venga ad essere dotata di notevole ampiezza in quanto la locu
zione « addetti alle esercitazioni » non assume alcun carattere in
trinsecamente limitativo nei confronti delle funzioni cui assolve e che — come detto — deriva sicuramente dalla figura dell'assi
stente volontario in quanto le mansioni di questi, lungi dall'essere
superabili, sono state di fatto rese ancor più necessarie per
l'imponente accesso agli studi universitari, senza che venisse isti
tuita alcuna struttura sostitutiva a fronte dei bisogni dell'inse
gnamento rimasti privi di copertura.
Deriva da ciò che gli esercitatori evadendo dalle proprie fun
zioni, senza con ciò determinare in atto alcun abusivo svolgi mento, da un lato assolvono a compiti di evidente, esclusivo be
nefìcio per l'istituzione, costituendo attività funzionali di questa, dall'altro forniscono un supporto pratico indispensabile e non
devoluto, nella sua interezza, in via organica, a nessuna delle altre categorie di collaboratori, i cui compiti, più esattamente de
finiti, non ricomprendono tali mansioni in via continuativa e
regolare. Peraltro, essendo evidente la natura pubblicistica del rapporto
corrente tra esercitatore e università, deve ammettersi una sicura
rilevanza — in senso ovviamente pubblicistico — dell'incarico in
parola, sembrando del tutto innaturale ogni difforme conclusione
che finirebbe con il condurre ad una impostazione « privatistica »
del rapporto, comunque bisognevole di una specifica qualifica zione non vaga o puramente teorica.
Conclusione questa che comporterebbe (v. Pret. Roma 4 lu
glio 1978, Foro it., 1978, I, 1804) aberranti conseguenze sul
piano pratico e ohe traviserebbe la reale portata della funzione
degli esercitatori, smentendo il carattere organico certamente vo
luto dal legislatore nel contesto del sistema e certamente inne
gabile, sol che si consideri l'immedesimazione delle prestazioni di docenza in oggetto con la finalità pubblica dell'insegnamento.
Finailtà che non potrebbero ammettere partecipazione o colla borazione di sorta, disgiunte dalle garanzie del pubblico rapporto e nei cui confronti sarebbe incompatibile qualsiasi interferenza di funzioni retta da criteri privatistici contrastando con la com
pleta pubblicità dell'insegnamento universitario.
Gli esercitatori pertanto, in virtù di quel pregnante collega mento funzionale che li àncora indissolubilmente alla struttura
universitaria, esercitano le funzioni di rilevanza esterna prece dentemente assolte dagli assistenti volontari del passato regime normativo, ed in tutto e per tutto impegnative per l'università, secondo i consueti schemi in argomento di pubblico impiego.
A fronte di tale evidenza potrebbe tuttavia venirsi ad ingene rare perplessità, con altre qualificazioni di collaborazione univer
sitaria che si potrebbe sostenere abbiano assunto le funzioni
degli assistenti volontari.
Si intende con ciò fare riferimento allo stato giuridico degli altri docenti, comunemente qualificati « precari » quali i con trattisti.
L'eventuale assunto in tal senso sarebbe comunque erroneo.
Ciò in quanto, a tacer d'altro, il rapporto di questo personale ha una sicura durata predeterminata essendo legato a scadenze
di termini (non importa se prorogabili) e non esprime alcun ca
rattere « autoritativo » del momento di insorgenza (atto di nomina
investitura) e non inserisce di fatto il soggetto nel complesso in
discriminato dell'attività universitaria, avendo un carattere evi dentemente limitativo in riscontro ad un oggetto, o tipo predeter minato di collaborazione.
Il contrattista, pertanto, sembra finire con il penetrare nella
struttura universitaria senza tuttavia parteciparvi.
Del pari fuori causa — ai fini di quella assimilazione con l'as
sistente volontario — è la figura sia dell'« assegnista » che « bor
sista » in quanto l'erogazione dei mezzi economici che sottende tali qualifiche (ed in cui si esauriscono entrambe) non è prevista come corrispettivo o correlata ad una prestazione resa a favore
dell'università, ma come un aiuto finanziario diretto a favorire la
formazione scientifica e didattica dei giovani laureati (art. 6 d. ì.
1973 n. 580 e art. 21 legge 1967 n. 62). Sul ohe, autorevolmente Cons. Stato, parere 30 aprile 1976, n. 515/75.
Deve dunque concludersi per l'assimilazione, al fine che ne
occupa, della figura dell'esercitatore con quella dell'assistente di
cui ai criteri riferiti del concorso per cui è causa.
Consegue da ciò che, essendo previsto per la sottocategoria in cui rientra la qualifica di « incaricato esercitatore » un punteg gio massimo di punti 0,80 ed essendosi il ricorrente collocato in
posizione di graduatoria a distanza di soli cinque centesimi di
punto da due dei vincitori dell'impugnato concorso, è sicuramente
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
accoglitele la censura di mancata valutazione del titolo e piana la via della radicale caducazione del procedimento concorsuale.
Giova tuttavia soffermarsi, unicamente per completezza di mo
tivazione, sulla doglianza relativa allo stralcio determinatosi in relazione alla valutazione di una pubblicazione redatta dall'autore in collaborazione con terzi. Al riguardo la pubblica amministra zione ha sostenuto l'esattezza del criterio seguito, sulla base del
l'argomentazione secondo la quale non è possibile giudicare — in caso di opera di autori — quale parte risalga ad uno o agli altri, con la conseguenza dell'impossibilità di esprimere un fon dato giudizio a prò di uno solo degli autori.
L'assunto è erroneo. E invero, sia secondo ovvi criteri di logica, che secondo con
sueta esperienza scientifica (v. in ispece le pubblicazioni di ma teria tecnica) l'opera risultante dalla collaborazione di più autori, allorché non risulta indicato espressamente quale settore appar tenga a ciascun autore, viene imputata, nel suo complesso, a ognu no di essi, i quali pertanto godtfno (o rispettivamente rispon dono) di qualsiasi pregio o difetto che sia riscontrabile nel con testo dell'opera, senza riguardo ad alcuna indagine circa l'effetti
va paternità specifica. Diversamente argomentando, si finirebbe per il concludere, as
surdamente, che l'opera scritta in collaborazione, non essendo
imputabile né all'uno né all'altro in conseguenza della ignoranza circa i rispettivi apporti, finirebbe con l'esser considerata tam
quam non esset, cosi negandosene in fatto la stessa esistenza ma
teriale sul piano della ascrivibilità.
Deriva da ciò un rafforzamento della pretesa del ricorrente (per altro già accoglibile per il precedente ordine di rilievi), che raf
forza il convincimento di fondatezza del ricorso. Fondatezza che
non viene in alcun modo scalfita dalla inconsistenza delle residue
censure proposte dal ricorrente.
E invero non risulta valutabile il preteso titolo inerente alla
partecipazione del Donnamaria alle riunioni del comitato tecnico
per la riforma tributaria (sottocomitato i.n.v.i.m.) in quanto non
può al riguardo trattarsi di un incarico speciale avuto riguardo al fatto che la presenza del ricorrente ai lavori del comitato
tecnico non costituisce partecipazione al comitato stesso, ma me
ra posizione esterna di supporto, senza che possa rilevare la par ticolare competenza espressa dall'interessato e che non appare valutabile nel contesto cui si fa riferimento (incarichi speciali).
Del pari priva di alcuna rilevanza è la partecipazione del Don
namaria ad un congresso notarile, trattandosi di attività di mera
presenza, senza espletamento di alcuna attività di partecipazione scientifica avente riferimento alle competenze istituzionali della
pubblica amministrazione e comunque senza alcuna diretta utilità
per l'amministrazione.
Per quanto poi concerne la censura rivolta a carico della valu
tabilità degli incarichi presso organi collegiali, in quanto dipen dente da un giudizio di « importanza » dell'organo, deve rile
varsi che, nonostante la genericità della dizione, sussiste al ri
guardo un incontestabile margine di discrezionalità che non può ritenersi comprimibile, onde libera resta per la pubblica ammi
nistrazione la possibilità di attribuire rilevanza a questo o quel titolo della categoria, in riferimento al criterio sopra indicato.
Vanno pertanto respinte le censure che il ricorrente ha al ri
guardo proposto sub 5) dei motivi di gravame, trattandosi di
materia incensurabile in riferimento a piena discrezionalità.
Il ricorrente ha inoltre lamentato (sesto motivo) l'arbitrarietà
della determinazione di un limite massimo di 2,50 punti in rela
zione ai titoli costituiti da incarichi di partecipazioni a commis
sioni di concorso e dagli insegnamenti espletati presso la scuola
centrale tributaria per il perfezionamento dei funzionari.
Ciò in quanto resterebbe pregiudicata la frequenza di assolvi
mento di tale incarico da lui ricoperto per oltre dieci anni.
L'assunto è infondato in quanto l'attività prestata rivela un si
curo carattere iterativo che non consente una valutazione rife
rita a ciascun anno di effettivo insegnamento, dovendosi valu
tare (per quanto adeguatamente) nella sua globalità.
Del tutto sguarnito di prova è poi quanto dedotto sub 7) dei
motivi di gravame, ove il ricorrente ha argomentato un pregiudi zio deliberatamente arrecato a suo carico da manipolazioni pre ventive delle valutazioni dei titoli, allo scopo di compromettere la propria promuovibilità.
Il ricorso è pertanto accolto per quanto di ragione. Per questi motivi, ecc.
Il Foro Italiano — 1980 — Parte III-3.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZ
ZO; Sezione di Pescara; sentenza 27 settembre 1978, n. 181;
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZ
ZO; Sezione di Pescara; sentenza 27 settembre 1978, n. 181; Pres. Piroso, Est. Cimmino; Luciano (Aw. Tatoni) c. Ispetto rato provinciale agricoltura di Chieti (Aw. Di Carlo).
Comunità europee — Premio di riconversione — Estirpazione di vigneti — Diniego di autorizzazione dell'ispettorato del
l'agricoltura — Ricorso — Giurisdizione ordinaria.
Sfugge alla giurisdizione del giudice amministrativo, e rientra in quella del giudice ordinario il ricorso contro il provvedi dimento con il quale l'ispettorato provinciale dell'agricoltura subordina al consenso del mezzadro l'autorizzazione al pro prietario del fondo all'estirpazione di vigneti, al fine di otte nere il premio di riconversione concesso dalla Comunità eco
nomica europea, e la nega per altri vigneti, per il loro buono stato vegetativo, e per la loro produttività. (1)
Il Tribunale, ecc. — Il regolamento (CEE) n. 1163 del 1976
del Consiglio del 17 maggio 1976 prevede la concessione di un
premio di riconversione nel settore della viticoltura.
Con i provvedimenti nn. 28866 e 28878 del 14 dicembre 1976
l'ispettorato provinciale dell'agricoltura di Chieti: 1) ha autoriz
zato la ricorrente ad estirpare dei vigneti in terreni di sua pro
prietà condotti a mezzadria, subordinando, tuttavia, la determina
zione e la concessione del premio all'esibizione da parte della
ricorrente dell'assenso del mezzadro all'attuazione dell'operazio ne di riconversione colturale, chiesto ai sensi della legge 15 set
tembre 1964 n. 756; 2) ha negato la stessa autorizzazione per altri terreni per il buono stato vegetativo e di produttività dei
vigneti.
Oggetto del presente giudizio sono, pertanto, i predetti prov vedimenti nelle parti in cui impongono l'acquisizione di quell'as senso, la cui esistenza o meno non dovrebbe assumere, secondo
la ricorrente, alcuna rilevanza per la concessione del premio,
poiché l'assenso stesso riguarderebbe il rapporto di mezzadria, ed escludono dal premio la riconversione di taluni vigneti.
Va pregiudizialmente esaminata la questione, che il collegio solleva di ufficio, se sussista la giurisdizione del giudice ammi
nistrativo.
La erogazione del premio in esame è qualificabile come una
obbligazione di diritto pubblico a carico della pubblica ammi
nistrazione.
È noto che, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie
attinenti ad obbligazioni di diritto pubblico a carico della pub blica amministrazione, occorre distinguere le ipotesi in cui la fat
tispecie legale cui si collega la nascita dell'obbligo sia discipli nata in modo tassativo ed analitico, cosi da escludere qualsiasi
margine di apprezzamento discrezionale da parte dell'autorità
amministrativa, da quelle in cui, viceversa, le norme giuridiche lasciano a quest'ultima un margine di discrezionalità sia nel va
lutare se la fattispecie legale, solo genericamente delineata, si
è concretamente verificata, sia nel determinare la misura della
prestazione cui l'ente pubblico è tenuto. Nel primo caso, l'atti
vità della pubblica amministrazione è vincolata nell'interesse im
mediato e diretto del privato, per cui si è in presenza di norme
di relazione che attribuiscono a quest'ultimo un diritto sogget tivo tutelabile dinanzi al giudice ordinario, nel secondo caso,
invece, le norme vanno qualificate di azione ed attribuiscono al
privato un interesse legittimo. Il regolamento CEE n. 1163/76 del 17 maggio 1976 sta
bilisce che « i conduttori di vigneti della Comunità beneficiano,
a loro richiesta ed alle condizioni stabilite dal presente regola
mento, di un premio di riconversione, per altre destinazioni, del
le superfici investite a vigneti... », detta analiticamente le pre
(1) Sul caso di specie non si rinvengono precedenti in termini.
Per quanto attiene ad una analoga questione di giurisdizione sorta in
materia di diritto all'integrazione del prezzo dell'olio d'oliva, Cass.
17 marzo 1977, n. 1060, Foro it., 1977, I, 2509, con nota di richiami, cui adde Cass. 19 dicembre 1977, n. 5530, id., Rep. 1978, voce Co
munità europee, n. 245, che hanno riconosciuto la giurisdizione del
giudice ordinario sul presupposto che, trattandosi di attività vinco
lata della pubblica amministrazione, la posizione degli aventi diritto
all'integrazione non sia diversa da quella di un qualunque cittadino
che assuma di avere un credito verso l'amministrazione. Per altri riferimenti sui soggetti legittimati a richiedere l'integra
zione del prezzo dell'olio d'oliva, Corte giust. CE 8 novembre 1977, in causa 36/77, id., 1978, IV, 1, con nota di A. Tizzano.
In dottrina Berri, Sulla natura dei diritti soggettivi delle inte
grazioni di prezzo e delle sovvenzioni comunitarie e sulla nozione di
produttore di olio nel diritto comunitario (in nota a Cass. n. 1060/ 1977, cit.), in Giur. it., 1977, I, 1, 800, e, per un approfondimento della materia, Serrani, Lo Stato finanziatore, 1971.
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