Sezione Interni; parere 11 gennaio 1901; Comune di San Sebastiano PoSource: Il Foro Italiano, Vol. 26, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1901),pp. 83/84-85/86Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23106930 .
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83 PARTE TERZA
cui furono parificate, e perciò di dieci nelle Fa
coltà di giurisprudenza. Se la diversità delle une
dalle altre era sorta dalla legge del 1862 per il
differente trattamento dei professori; se le leggi di pareggiamento tolsero in modo espresso code
sta differenza, è arbitrario sostenere che esse ab
biano altresì voluto adeguare gli organici o che
tale adeguamento sia essenziale alla decretata equi
parazione. Le Università pareggiate continuarono
anche per altro rispetto a essere diverse dafle
maggiori, non avendo esse tutte le Facoltà che in
queste ultime esistono ; Che sebbene non possa disconoscersi che i do
cumenti e le discussioni parlamentari da cui è
uscita la legge di pareggiamento, e a cui larga
mente attinse la valorosa difesa del ricorrente,
offrano autorevoli manifestazioni a favore della sua
tesi, dalla lettura di essi si trae altresì il convin
cimento che unanime fu il consenso su un punto:
cioè che le spese di pareggiamento dovessero tutte
sopportarsi dal consorzio e che lo Stato non avesse
a risentirne il minimo aggravio finanziario. Alle
gata alla relazione presentata alla Camera dei de
putati dalla Commissione, che esaminò il progetto
ministeriale, figurava la tabella nella quale era
indicato il modo di erogazione del contributo della
provincia e del Comune, quasi tutto rivolto al mi
glioramento degli stipendi dei professori, e in essa
è determinato il numero de' professori ordinari,
degli straordinari e degli incaricati; e quello dei
primi per la Facoltà di giurisprudenza è fissato in
nove. Vero è che codesta tabella non figura allegata
alla legge; ma se i suoi calcoli offrono i coefficienti
di cui è composta la somma del contributo degli
enti locali, e se il contributo fu in quella misura
indicato nella legge di pareggiamanto, ne risulta
tutta l'importanza della tabella stessa per l'efficacia
dell' argomento che se ne trae ad interpretazione
dell'atto legislativo;
Che, invece, l'aumento di posti di ordinario ol
tre i limiti segnati nella tabella, e che per la Fa
coltà di giurisprudenza sarebbe di uno, andrebbe
a carico dello Stato, come, in sostanza, ammette
il ricorrente stesso, non potendosi attendere alla
ipotesi, pur da esso presentata, che siasi provve
duto alla maggiore spesa con le economie derivanti
dalle vacanze, potendo queste essere poche e di
breve durata, e, ad ogni modo, offrendo esse un
dato troppo incerto.
Per questi motivi respinge il ricorso, ecc.
CONSIGLIO DI STATO. Sezione Interni; parere 11 gennaio 1901; Comune
di San Sebastiano Po.
Diritti di segreteria — Istruzione elementare
Inferiore — Certificati per l'ammesilone alle scuole — Gratuita.
In ossequio al principio della obbligatorietà e as
soluta gratuità, dell' istruzione elementare infe riore sancito dalla legge 15 luglio 1877, deb bono esser rilasciati senza pagamento di diritti di segreteria i certificati di nascita per l'am missione alle rispettive scuole, così a favore delle
persone agiate come dei poveri.
La Sezione, ecc. — Sul ricorso del Comune di San Sebastiano Po contro il decreto del prefetto di Torino che annullava la deliberazione con la
quale la Giunta municipale autorizzava il segreta rio comunale a non percepire alcun diritto di se
greteria nel rilascio dei certificati di nascita ri chiesti dai privati per l'ammissione alle scuole elementari inferiori;
Premesso che il prefetto di Torino con decreto del 28 settembre 1900 annullava la detta delibe
razione, perchè, a suo avviso, costituiva un atto di liberalità non consentito dalla legge, dovendosi i diritti di segreteria per i richiedenti non poveri ridurre alla metà, secondo le norme speciali stabi
lite in calce alla tabella n. 5, allegata al regola mento per la esecuzione della legge com. e prov.;
Che contro siffatto annullamento ricorre il Co
mune sostenendo che gli atti per l'ammissione alle
scuole elementari inferiori, esenti dal bollo per le
disposizioni della legge 4 luglio 1897, n. 414, deb
bono altresì essere esenti da qualsiasi diritto di
segreteria, perchè l'istruzione elementare essendo
obbligatoria, costituisce un servizio pubblico, e l'art.
147 del regolamento sull'ordinamento dello stato
civile dichiara espressamente che le copie ed i cer
tificati occorrenti per servizio pubblico devono es
sere rilasciati gratuitamente, ed il n. 6 dell'elen co n. 5 annesso al regolamento comunale esonera dai diritti di segreteria gli atti richiesti nell'inte
resse dei servizi pubblici. Ciò premesso, la Sezione ha considerato:
Che male a proposito il Comune ricorrente in
voca a sostegno della sua tesi il regolamento sul
l'ordinamento dello stato civile e il n. 6 delle nor
me speciali in calce all'elenco n. 5, allegato al
regolamento per la esecuzione della legge com.
prov. ; perchè nell'art. 47 del primo regolamento si dice che debbonsi rilasciare gratuitamente gli atti e certificati occorrenti per servizio pubblico, ma solo a persone povere, e nel n. 6 delle citate
norme speciali si dichiara che nessun diritto di
segreteria è dovuto per gli atti richiesti d'ufficio nell'interesse dello Stato e dei servizi pubblici;
Che, per altro, non può non ammettersi col Co
mune ricorrente che il principio della obbligato rietà e dell'assoluta gratuità dell'istruzione ele
mentare inferiore, sancito dalla legge 15 luglio
1877, n. 3961, porta alla necessaria conseguenza del rilascio gratuito per tutti dei certificati di na
scita necessari per l'ammissione alle scuole ele
mentari inferiori.
E dal fatto che la legge sul bollo esenta dalla
relativa tassa gli atti e gli scritti occorrenti per
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
l'ammissione alle dette scuole non si deve dedurre
che i richiedenti non poveri debbano pagare i di
ritti di segreteria ridotti a metà, ma invece che
nessun diritto di segreteria è dovuto per i certi
ficati medesimi. Imperocché se lo Stato, in osse
quio al principio dell'assoluta gratuità dell'istru
zione elementare obbligatoria, ha esentato dalla
tassa di bollo gli atti per l'ammissione ed anche
gli attestati degli esami sostenuti nelle scuole sen
za distinguere i poveri dagli agiati, i Comuni
debbono per la stessa ragione esentare tutti i
cittadini dal pagamento dei diritti che potreb bero considerarsi come un impedimento all'adem
pimento di un obbligo imposto dalla legge. Anche
la leva è obbligatoria come l'istruzione elementa
re, e perciò nel n. 7 dell'elenco descrittivo delle
tasse e degli emolumenti che i Comuni sono auto
rizzati ad esigere, e che trovasi allegato al rego
lamento per la esecuzione della legge com. prov., si dichiara espressamente che gli stati di famiglia
per i militari debbono rilasciarsi gratuitamente.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO. Parere 17 ottobre 1900; Ministero dell'Interno.
Cittadinanza — Rinunzia per ottenere 11 divor zio all'estero — Ricupero — Permissione spe ciale del Governo a rientrare nel Regno (Cod. civ., art. 13).
La permissione speciale del Governo a rientrare
nel Regno, che, a tenore dell'art. 13 n. 1 cod.
civ., costituisce una delle condizioni per il ri
cupero della perduta cittadinanza italiana, non
deve essere accordata a chi, trasferendosi al
l'estero, vi abbia conseguito la cittadinanza al
manifesto scopo di ottenere il divorzio, non con
sentito dalle vigenti leggi patrie. (1)
La Commissione speciale, istituita con decreto
presidenziale del 17 settembre anno corrente : Vista la relazione del Ministero dell'Interno del
27 agosto anno corrente, con cui si sottopone al
Consiglio di Stato un quesito riguardante l'inter
pretazione dell'art. 13 cod. civ., in ordine alla nuova concessione della cittadinanza a quelle persone che, per sciogliersi dai vincoli matrimoniali, vi avevano
rinunciato, trasferendosi ed acquistando in altri Stati la cittadinanza, a fine di ottenere il divorzio, in quelli consentito;
Ritenuto che il Ministero espone che è accaduto, e accade tuttavia, che cittadini del Regno, volendo
sciogliersi dai vincoli del matrimonio, rinunziarono alla cittadinanza italiana, acquistarono la cittadi nanza in Stati nei quali è consentito il divorzio e,
ottenuto il divorzio nonché l'annotazione della re lativa sentenza estera sui registri dello stato civile in Italia, si fecero a chiedere nuovamente la cit tadinanza italiana, o, ciò che vale lo stesso, il per messo di rientrare nel Regno agli effetti dell'art. 13 cod. civile;
Ritenuto che il Ministero vede non poche diffi coltà ad assecondare siffatte domande ed espone nella relazione sovra menzionata i suoi dubbi in
proposito ;
Considerato che in linea di diritto non solo non vi è ostacolo al ricupero della cittadinanza italiana da parte di chi l'abbia perduta, ottenendo la cit tadinanza in paese estero, ma può dirsi anzi che il nostro legislatore contemplò con particolare fa vore la condizione degli italiani naturalizzati stra nieri che vogliano far ritorno alla patria d'origine, non richiedendo per essi una nuova concessione della cittadinanza, ma ammettendone il ricupero, purché sieno soddisfatte le condizioni poste dal l'art. 13 cod. civ., tra cui la principale è che il già cittadino, divenuto straniero, rientri nel Regno con permissione speciale del Governo. E tali dispo sizioni ben si giustificano e si comprendono quando si pensi che spesso la rinunzia alla cittadinanza originaria non è prova di poco affetto o di poca ri verenza verso la patria, ma è necessità imposta da condizioni di famiglia o da strettezze economiche.
Considerato per altro che l'ipotesi alla quale si riferisce l'odierno quesito del Ministero dell'Interno
appare del tutto speciale, in quanto che in essa
l'acquisto della cittadinanza estera è determinato non già dalla seria intenzione di trasferire in paese estero la propria dimora per rimanervi stabilmente, ma soltanto dal movente di ottenere all'estero il divorzio, sottraendosi all'impero della legge patria, che consacra il principio della indissolubilità dei vincoli matrimoniali.
Considerato che per molto tempo le Corti giudi ziali italiane chiamate al giudizio di delibazione di sentenze di divorzio pronunziate all'estero, nega rono quasi sempre di dare forza esecutiva a tali sentenze nel Regno, e non solo se proferite tra ita liani naturalizzati stranieri, ma anche se pronun ziate tra stranieri di origine. E questa giurispru denza fondavasi essenzialmente sull'art. 12 del ti tolo preliminare del codice civile, secondo il quale in nessun caso le leggi, gli atti e le sentenze di un paese straniero possono derogare alle leggi proi bitive del Regno che concernano le persone, i beni o gli atti, nè alle leggi riguardanti in qualsiasi modo l'ordine pubblico ed il buon costume.
Se non che più recentemente non sono mancate sentenze delle Corti d'appello italiane che consen tirono l'annotazione in Italia sui registri dello stato civile di sentenze di divorzio pronunziate all'estero, e ciò prendendo le mosse specialmente dall'art. 6 del citato titolo preliminare, secondo cui lo stato e la capacità delle persone ed i rapporti di fami glia sono regolati dalla legge della nazione a cui
(1) È questo l'importante parere del Consiglio di Stato a cui accenna il chiaro prof. Bozzati nella sua elabo rata nota alla sentenza della Cassazione di Torino 21 novembre 1900, inserita in questo stesso volume (I, 227), e che ci affrettiamo a pubblicare ora che il Ministero ha consentito che sia reso di pubblica ragione
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