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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione V; decisione 15 novembre 1991, n. 1308; Pres....

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sezione V; decisione 15 novembre 1991, n. 1308; Pres. Gessa, Est. Piscitello; Di Tria (Avv. Marzano, Giardini) c. Comune di Torino (Avv. Bruzzone, Angeletti, Lubrano). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 23 febbraio 1985, n. 64 Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992), pp. 259/260-261/262 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187458 . Accessed: 24/06/2014 23:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.101 on Tue, 24 Jun 2014 23:51:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V; decisione 15 novembre 1991, n. 1308; Pres. Gessa, Est. Piscitello; Di Tria (Avv.Marzano, Giardini) c. Comune di Torino (Avv. Bruzzone, Angeletti, Lubrano). Conferma TarPiemonte, sez. I, 23 febbraio 1985, n. 64Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 259/260-261/262Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187458 .

Accessed: 24/06/2014 23:51

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PARTE TERZA

ad una eventuale sentenza soggetta a revocazione ai sensi del

l'art. 395, n. 5, c.p.c.). La preclusione è infatti totale dal momento che, come sopra

rilevato, la causa è del tutto identica, quanto ai soggetti, al peti tum e alla causa petendi, a quella già decisa con la già citata

decisione della sezione VI 7 maggio 1991, n. 275.

In questa situazione, non resta all'adunanza plenaria che di

chiarare la improcedibilità dell'appello indicato in epigrafe.

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 15 novembre

1991, n. 1308; Pres. Gessa, Est. Piscitello; Di Tria (Avv.

Marzano, Giardini) c. Comune di Torino (Avv. Bruzzone,

Angeletti, Lubrano). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 23

febbraio 1985, n. 64.

Impiegato dello Stato e pubblico — Dispensa dal servizio per scarso rendimento — Numerose assenze brevi per malattia — Sufficienza (L. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impie

gati civili dello Stato, art. 129).

Legittimamente la dispensa dal servizio per scarso rendimento

si basa su un abnorme numero di assenze brevi per malattia

effettuate con modalità tali da ledere in maniera particolar mente grave le esigenze di funzionalità dell'ufficio, a prescin dere da ogni considerazione delle «colpe» del dipendente. (1)

Fatto. — L'appellante sig. Rita Di Tria è stata assunta alle

dipendenze del comune di Torino in qualità di «accompagnatri ce» dal 1° ottobre 1968 e successivamente (dal 1° novembre

1971) ha prestato servizio in qualità di «operatrice scolastica».

Con i provvedimenti impugnati avanti il Tar Piemonte (nota 22 dicembre 1982, n. 8042 e delibera g.m. 20 dicembre 1982) la ricorrente è stata dispensata dal servizio per scarso rendimen

to. (Omissis) E pacifico — osserva la ricorrente — che essa si è assentata

dal servizio per malattia giustificata e accertata e quindi per motivi di salute che hanno reso impossibile la prestazione lavo

rativa.

D'altra parte non sono mai state fatte all'interessata conte

stazioni in merito alla fondatezza o meno dei motivi di assenza

(1) Sulla stessa linea Cons. Stato, sez. IV, 21 novembre 1990, n. 918, Foro it., 1991, III, 233, e Tar Veneto, sez. II, 3 settembre 1987, n. 687, id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 1116, che hanno ritenuto legittimo il licenziamento per scarso rendimento dell'impiegato pubblico che si sia spesso assentato dal servizio — anche usufruendo di tutte le possibilità legalmente offertegli dall'ordinamento — lascian do accumulare un notevole arretrato di lavoro; di norma, per la legitti mità del licenziamento de quo è richiesta una pluralità di episodi dai

quali si possa evincere sia l'inidoneità dell'impiegato all'espletamento delle mansioni affidategli sia la compromissione delle esigenze di fun zionalità dell'ufficio (Cons. Stato, sez. V, 13 ottobre 1988, n. 560, ibid., n. 1190), indipendentemente dalla rilevanza dei fatti nella sfera discipli nare (Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 1990, n. 347, id., Rep. 1990, voce cit., n. 1134).

Nella giurisprudenza ordinaria, invece, in riferimento a dipendenti di aziende municipalizzate ed alla disposizione di cui all'art. 27, lett. d), regolamento allegato al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, si rinvengono pronunzie contrastanti: nel senso della decisione in epigrafe, Trib. Tori no 12 febbraio 1987, id., Rep. 1987, voce Ferrovie e tramvie, n. Ili; Pret. Torino 23 marzo 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 83; contra, Pret. Pisa 16 gennaio 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 139 e 11 luglio 1985, inedita, che hanno ritenuto non integranti gli estremi dello scarso rendimento di cui alla citata norma le reiterate assenze per malattia e infortunio anche unite alla ricorrenza di più provvedimenti disciplina ri, sulla base del presupposto che per il settore speciale degli autoferro tramvieri è prevista una disciplina ad hoc sul comporto per malattia e sulla recidiva disciplinare con sanzioni che si esauriscono nel campo disciplinare.

Per riferimenti sulla dispensa dal servizio per scarso rendimento se condo l'art. 129, 2° comma, d.p.r. 3/57, v. la nota di richiami a Cons. Stato 918/90, cit.; sulla dispensa per infermità, Tar Lazio, sez. II, 3

giugno 1988, n. 761, id., 1989, III, 294.

Il Foro Italiano — 1992.

dal servizio. Dalla documentazione prodotta dal comune, e, in

particolare, dalla motivazione della deliberazione 20 dicembre

1982 della g.m. sembrerebbe, invece, che la sig. Di Tria si sia

assentata senza serie ragioni, facendosi riferimento ad un conte

gno scorretto, a notevole tensione nell'ambiente di lavoro ed

al malcontento dei colleghi. Tali indicazioni non troverebbero riscontro in alcun fatto do

cumentato e tanto meno nei pareri, assolutamente immotivati, della commissione consultativa.

L'amministrazione, comunque, sarebbe stata indotta a pro nunziare la dispensa dal servizio per scarso rendimento non tanto

in relazione alle assenze per malattia considerate nel loro dato

oggettivo, quanto piuttosto in relazione agli altri elementi sopra

considerati, connessi — secondo l'amministrazione stessa — al

le assenze.

Della dispensa non sussisteva, quindi, alcun presupposto, in

base all'art. 135 reg. gen. personale del comune di Torino. Nes

sun rilievo di carattere disciplinare è stato mai contestato alla

sig. Di Tria; nessuna motivazione concernente la quantità e la

qualità delle prestazioni lavorative della ricorrente o l'attitudine

di questa all'impiego è stata posta a fondamento della delibera

zione di dispensa. I pareri della commissione consultativa ai quali la delibera

zione impugnata ha fatto riferimento, inoltre, non sono moti

vati. (Omissis) Diritto. — L'appellante, nell'impugnare la sentenza del Tar

Piemonte che ha ritenuto legittimo il provvedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento adottato nei suoi confronti

dal comune di Torino ed infondate le censure da essa formulate

sia in sede di ricorso introduttivo che di motivi aggiunti, si sof

ferma essenzialmente, con riguardo alla motivazione, ad affer

mare la necessità che questa sia «autonoma, idonea e sufficien

te», oltre che «specifica ed articolata», con riferimento alle esi

genze funzionali dell'ufficio che verrebbero lese dallo scarso

rendimento.

In proposito va rilevato invece che, come correttamente os

servato dal giudice di primo grado, la nota di comunicazione

alla dipendente risponde alla limitata funzione di informare la

medesima dell'avvenuta adozione del provvedimento, mentre i

pareri della commissione consultiva sono atti infraprocedimen tali per i quali non è indispensabile una particolare motivazio

ne, che rappresenta invece requisito essenziale del provvedimen to conclusivo del procedimento, impugnabile in giudizio (nella

specie la deliberazione della g.m. di Torino del 20 dicembre

1982). È pertanto a quest'ultimo che occorre guardare per veri

ficare la sufficienza e la congruità della motivazione medesima.

Detta verifica non consente l'accoglimento delle doglianze avanzate dalla dipendente, attuale appellante, concernenti vizi

formali della motivazione, in quanto l'amministrazione indica

chiaramente i presupposti sui quali fonda la decisione di di

spensare la stessa dal servizio, individuati nelle assenze «brevi»

ripetute (anche in periodi immediatamente precedenti o succes

sivi a festività) e nei conseguenti gravi disservizi, ritenuti confi

guranti lo «scarso rendimento» di cui all'art. 135 reg. gen. per sonale comune di Torino.

Né appaiono fondati gli altri rilievi di tipo procedurale, ri

proposti in appello come tutti i motivi del ricorso introduttivo, in quanto dalla delibera della g.m. del 20 dicembre 1982, come

ritenuto in prime cure, emerge la correttezza dell 'iter seguito dall'amministrazione (accertamento sanitario, convocazione della commissione consultiva, controdeduzioni dell'interessata, nuo

va riunione della commissione). Si deve pertanto passare all'esame delle censure di carattere

sostanziale.

E in primo luogo insussistente il denunziato vizio di eccesso

di potere che deriverebbe dalla «inattualità» delle valutazioni su cui la pubblica amministrazione ha fondato il provvedimento

impugnato.

Infatti, a prescindere dal fatto che — come sottolineato nella

sentenza impugnata — anche nel periodo febbraio/dicembre 1982

la ricorrente ha fatto registrare quarantotto giorni di assenza

per malattia, il lasso di tempo intercorrente tra i fatti valutati e l'adozione del provvedimento impugnato non è tale da deter

minare la lamentata incongruenza, essendo ampiamente giusti ficato dalle ordinarie necessità operative di una amministrazio

ne pubblica.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

La ricorrente lamenta poi che il suo comportamento, rien

trante a tutto concedere nel c.d. assenteismo, non avrebbe po tuto dar luogo a dispensa per scarso rendimento, ma all'instau

razione di un procedimento disciplinare. Anche questo rilievo è infondato.

Al riguardo si deve infatti osservare che l'istituto della di

spensa dal servizio per scarso rendimento — secondo il costante

insegnamento giurisprudenziale — non ha carattere sanzionato

rio, bensì di autotutela della pubblica amministrazione e, come

tale, esso è diretto alla cura di uno specifico interesse pubblico e presuppone la constatata inettitudine dell'impiegato (anche sen

za sua colpa) a raggiungere il normale rendimento richiesto dal

tipo di mansioni inerenti al suo ufficio (Cons. Stato, sez. VI,

20 novembre 1979, n. 789, Foro it., Rep. 1980, voce Impiegato dello Stato, n. 1185; sez. V 13 ottobre 1988, n. 560, id., Rep.

1989, voce cit., n. 1189). L'ipotesi di scarso rendimento, idonea

a giustificare la risoluzione immediata del rapporto di pubblico

impiego, non si esaurisce del resto in un unico episodio, ma

va configurata in relazione ad una molteplicità di fatti — atti

nenti alla qualità e quantità delle prestazioni lavorative del di

pendente — che vanno considerati nel loro insieme e che posso no anche rimanere, come si verifica nella presente fattispecie, al di fuori della sfera disciplinare.

L'appellante sostiene altresì che nell'ipotesi di assenze, anche

ripetute, per malattia — oltrettutto sempre giustificate — la di

spensa dal servizio per scarso rendimento sarebbe ingiustificata

ed arbitraria, in quanto l'eccessiva mobilità è prevista, e sanzio

nata da norme specifiche, che l'amministrazione avrebbe dovu

to, al ricorrere dei presupposti, attivare.

Anche detto rilievo non ha pregio. La sezione ritiene che la valutazione di «scarso rendimento»

possa derivare anche da un abnorme numero di assenze «brevi»

per malattia, nella specie effettuate con modalità tali da ledere

in maniera particolarmente grave le esigenze di funzionalità del

l'ufficio. Non ha rilievo in contrario la circostanza che dette assenze

siano giustificate e che le disposizioni contemplino specifiche

conseguenze in ipotesi di eccessiva mobilità.

Quanto al primo aspetto si è già rilevato che la dispensa pre

scinde da ogni considerazione delle «colpe» del dipendente e

consegue all'oggettiva insufficienza dell'apporto collaborativo

dello stesso, secondo la discrezionale valutazione dell'ammini

strazione, che nella fattispecie risulta in concreto esente dai vizi

denunziati (sulla possibilità di valutare le assenze legittime dal

servizio ai fini del giudizio di scarso rendimento, v. Cons. Sta

to, sez. IV, 16 gennaio 1973, n. 24, id., Rep. 1973, voce cit.,

n. 637). In ordine al secondo rilievo va infine precisato che le disposi

zioni richiamate dalla ricorrente determinano — decorso un de

terminato periodo di assenza per malattia — l'automatica inter

ruzione del rapporto, mentre con l'istituto della dispensa l'am

ministrazione interviene con autonomo potere di autotutela al

ricorrere di diversi presupposti (nell'ipotesi de qua lo scarso ren

dimento). In definitiva, tutte le argomentazioni con le quali l'interessata

ha tentato di dimostrare l'illegittimità del provvedimento impu

gnato risultano infondate, come già ritenuto dal giudice di pri

mo grado, che le ha compiutamente analizzate e disattese in

maniera convincente.

Per le considerazioni sopra esposte l'appello in esame deve

essere rigettato.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 16 ottobre 1991, n. 648; Pres. Ruoppolo, Est. Adamo; Min. pubblica istruzio

ne (Avv. dello Stato Giordano) c. Battaglia (Avv. U.M. Giu

gni, Coderoni). Conferma Tar Lazio, sez. Ili, 25 giugno 1987,

n. 1191.

Impiegato dello Stato e pubblico — Missione all'estero — Ob

bligo di reciprocità — Trattamento ridotto — Legittimità —

Esclusione (R.d. 3 giugno 1926 n. 941, indennità al personale

Il Foro Italiano — 1992.

dell'amministrazione dello Stato incaricato di missione all'e

stero, art. 6; 1. 18 dicembre 1973 n. 836, trattamento econo

mico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali, art.

9).

Il dipendente statale in missione all'estero (nella specie, inse

gnante accompagnatore di alunni in soggiorno studio negli

Stati uniti d'America organizzato dal comune di Roma ed

autorizzato dal ministero della pubblica istruzione) ha diritto

al trattamento integrale di missione, senza la riduzione previ sta dall'art. 6, 4° comma, r.d. 3 giugno 1926 n. 941, allor

ché, per l'obbligo di reciprocità di ospitalità gratuita nei con

fronti di impiegati dello Stato estero, non sussista una reale

gratuità del trattamento di vitto e alloggio fruito. (1)

Fatto. - Il consiglio dell'istituto professionale di Stato di via

Aquilonia n. 30, in Roma, ha disposto con deliberazione del

13 settembre 1984 la partecipazione della prof. Elisabetta Batta

glia, insegnante di ruolo di lingua inglese, in qualità di accom

pagnatrice, ad un soggiorno studio, qualificato come scambio

culturale di classi, con una scuola degli Stati uniti, nel periodo

28 settembre-19 ottobre 1984, organizzato tramite l'agenzia in

tercultura di Roma. E ciò sulla scorta di una circolare del co

mune di Roma, che prevedeva scambi internazionali con ospita lità offerta reciprocamente dalle famiglie dei ragazzi dei paesi

interessati.

Il ministero della pubblica istruzione autorizzava l'iniziativa

dell'istituto professionale, estendendo l'autorizzazione anche agli

accompagnatori. Nella seconda fase dello scambio, attuata in Italia, dal 1°

aprile al 20 aprile 1985, la prof. Battaglia ospitò, perciò, nella

propria abitazione di Roma, l'insegnante statunitense accompa

gnatrice, prof. Carr Mary Sue.

Il preside dell'istituto, con provvedimento del 6 agosto 1985,

prot. n. 5868, richiamandosi alla circolare del ministero della

pubblica istruzione 16 febbraio 1985, n. 66, prot. 1011/22-2,

non dava luogo all'intero pagamento dell'indennità di missione,

sostenendo che la ricorrente avrebbe avuto diritto solo al tratta

mento ridotto ad un quarto, a norma dell'art. 6 r.d. 3 giugno

1926 n. 941.

Avverso i sopracitati provvedimenti la prof. Battaglia ha pro

posto ricorso al Tar del Lazio, adducendo la violazione ed ine

satta applicazione dell'art. 6 r.d. 3 giugno 1926 n. 941; la viola

zione dell'art. 9 1. 18 dicembre 1973 n. 836; ed eccesso di potere

per ingiustizia manifesta, illogicità e disparità di trattamento.

Ha anche chiesto la declaratoria del diritto ad ottenere l'inden

nità nella misura intera, con condanna dell'amministrazione al

pagamento della somma spettante, rivalutata e con gli interessi.

L'impugnata circolare ministeriale al paragrafo 3.4 avrebbe

dettato i criteri orientativi per le scelte degli insegnanti accom

pagnatori prevedendo anche la possibilità dello scambio di ospi

talità fra gli insegnanti accompagnatori.

In tali ipotesi, giusta l'impugnata circolare, l'indennità di mis

sione andrebbe ridotta sino ad un quarto nel caso in cui si fruisse

di vitto ed alloggio gratuito e ciò sulla scorta del dettato del

l'art. 6 r.d. 3 giugno 1926 n. 941.

Ma, nel caso di specie, secondo la ricorrente, la prestazione

di cui essa ha fruito non potrebbe ritenersi gratuita, in quanto

posta in posizione di assoluto sinallagma con la prestazione

erogata. Gli impugnati provvedimenti sarebbero anche in contrasto con

il 3° comma dell'art. 9 1. 18 dicembre 1973 n. 836 che prevede

(1) In termini, Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 1988, n. 1264,

Foro it., Rep. 1989, voce Istruzione pubblica, n. 172, sul presupposto che — di norma — il trattamento di ospitalità connesso agli scambi

scolastici ha carattere di reciprocità; nonché, Corte conti, sez. I, 13

gennaio 1984, n. 10, id., Rep. 1984, vocecit., n. 275, secondo cui devo

no riconoscersi idonei al perseguimento dei fini istituzionali le forme

di ospitalità od atti di cortesia svolti per consuetudine o per motivi

di reciprocità in occasione di rapporti a carattere ufficiale tra organi

rappresentativi dell'università ed omologhi esteri.

Sull'indennità di missione dei dipendenti pubblici, v. la nota di ri

chiami a Tar Emilia-Romagna 27 novembre 1975, n. 555, id., 1977,

III, 106; nonché Di Stilo, Le indennità di missione, in Italia e all'este

ro, di trasferimento e di prima sistemazione, Maggioli, Rimini, 1988.

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