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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 28 aprile 1934; Pres. Pironti,...

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Sezione V; decisione 28 aprile 1934; Pres. Pironti, P., Est. Isacco; Comune di Sassari (Avv. Ponzi e Bua) c. Tomalino (Avv. Storoni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1934), pp. 339/340-341/342 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23128931 . Accessed: 24/06/2014 22:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.76 on Tue, 24 Jun 2014 22:14:34 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 28 aprile 1934; Pres. Pironti, P., Est. Isacco; Comune di Sassari (Avv. Ponzi e Bua) c. Tomalino (Avv. Storoni)

Sezione V; decisione 28 aprile 1934; Pres. Pironti, P., Est. Isacco; Comune di Sassari (Avv. Ponzie Bua) c. Tomalino (Avv. Storoni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1934),pp. 339/340-341/342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23128931 .

Accessed: 24/06/2014 22:14

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE TERZA

consenta il ricorso gerarchico contro un provvedi mento precedentemente considerato definitivo, va ap

plicata anche ai ricorsi già presentati. (8) E' scusabile Verrore di aver adito il Consiglio di Stato

contro un provvedimento non definitivo, se quando

fu prodotto il ricorso esso era considerato tale. (4)

La Sezione, eoo. (Omissis) — Attesoché il ricorrente,

come meglio chiarisce nella memoria depositata il 17

aprile, domandi che questo Collegio, in via principale,

pronunziando in Camera di consiglio ai sensi delle dispo

sizioni degli art. 41 e 27, n. 6, del testo unico 26 giu

gno 1924, n. 1054, annulli l'impugnato provvedimento

prefettizio e, in riforma di esso, approvi la deliberazione

podestarile 27 dicembre 1933, e, in via subordinata, e

qualora il Collegio non ritenga la propria competenza a

decidere nel merito, voglia rinviare l'esame del ricorso

ad udienza pubblica, agli efletti delle disposizioni dell'ar tioolo 26 del testo unico predetto, per l'esame della le

gittimità della impugnata decretazione prefettizia. Attesoché i termini delle domande, principale e su

bordinata, importino la preliminare disamina sul punto

di diritto se questo Collegio abbia giurisdizione imme diata per conoscere del ricorso.

Considerato che, ove si tratti di applicare l'art. 27,

n. 6, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054 (ricorsi contro il diniego di autorizzazione a stare in giudizio ad

enti giuridici sottoposti alla tutela della pubblica Ammi

nistrazione), come si invoca in linea principale dal ricor

rente, il provvedimento impugnato non potrebbe ritenersi

definitivo, per la considerazione che il n. 6 dello art. 27

predetto presuppone l'atto di negazione « della autoriz

zazione a stare in giudizio », che, secondo il sistema della

legge, è atto dell'organo caratteristico della tutela am

ministrativa, e, cioè, della Giunta prov. amm. Ora, l'as

similazione del provvedimento prefettizio all'atto previsto

nell'art. 27, n. 6, predetto, quand'anche possa ammet

tersi, non giustifica la impugnativa diretta della decre

tazipne prefettizia avanti a questo Collegio ; poiché il

provvedimento similare della Giunta prov. amm. non era,

come non lo è tuttora in virtù dei nuovi ordinamenti co

munali, definitivo, per essere il medesimo passibile di ri

oorso gerrchico.

Considerato, d'altra parte, il ricorso sotto l'aspetto

della domanda subordinata, non può per altro ragiona

mento ritenersi allo stato ammissibile a tenore dell'arti

colo 34 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054. La giu

risprudenza elaboratasi intorno all'art. 11 del regio de

creto-legge 3 settembre 1926, n. 1910, ritenne definitivi

i provvedimenti di sindacato di approvazione prefettizia

sulle deliberazioni podestarili. I nuovi ordinamenti comu

nali, però, introdotti nel testo unico 3 marzo 1934, nu

mero 383, li dichiarano, invece, non definitivi (comma secondo dell'art. 343) quando si risolvono nella disappro

vazione, ed essendo, quindi, impugnabili in sede gerar

(3) Non risultano precisi precedenti editi sulla questione. Vedi per l'immediata efficacia delle norme procedurali; C. Re

gno, 10 febbraio 1933, Foro it., Rep. 1993, voce Legge, n. 33; Id. 22 dicembre 1932, id., Hep. 1932, voce cit., n. 21. E per le norme che regolano il procedimento avanti la Corte dei

Conti vedi : 0. conti, I Sezione, 27 febbraio 1934, Corte conti,

1934, 194.

(4) Circa l'errore scusabile per aver ritenuto definitivo un

provvedimento che non lo era, e circa i suoi limiti vedi, oltre

la decisione della Y Sezione, 28 aprile 1934 ric. Crocè, che pub blicheremo anche V Sezione, 23 febbraio 1934, retro, col. 190 e

nota relativa.

chica, non sono passibili di ricorso immediato al Consiglio di Stato. A questa disposizione, in mancanza di norma

transitoria che regoli il rapporto di competenza di questo

Collegio sui ricorsi presentati anteriormente alla entrata

in vigore della legge nuova, non può ohe riconoscersi ef

ficaoia attuale nei riflessi della giurisdizione di questo Collegio. La relazione procedurale, invero, tra la norma

diohiarativa della definitività o non dell'atto ammnistra

tivo e la norma dell'art. 34 del testo unico 26 giugno

1924, n. 1054, che consente o non l'esplicamento della

giurisdizione di questo Collegio, a seconda del carattere

dafinitivo o non del provvedimento impugnato, è per sè

stessa evidente.

Che, in conseguenza delle premesse considerazioni, il

ricorso, sotto qualunque dei due aspetti in cui è formu

lato, non possa, in atto, essere conosciuto da questo Col

legio, e debba, quindi, essere dichiarato inammissibile.

Che, però, lo speciale carattere della controversia e

l'indole delle questioni che ad essa ineriscono giustifi

chino la concessione del beneficio della riammissione in

termini, in conformità all'art. 34 del testo unico 26 giu

gno 1924, n. 1054, modificato dalla legge 8 febbraio 1925, n. 88, onde il ricorrente sia messo in grado di provocare

il sindacato gerarchico.

Che non ha luogo pronunzia di spese, non essendovi

costituzione di parte resistente.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DISTATO.

Sezione V ; deoisione 28 aprile 1934 ; Pres. Pironti,

Est. Isacco ; Comune di Sassari (Avv. Ponzi e

c. Tomalino (Avv. Storoni).

Giustizia amministrativa — Ricorso al Consiglio di

Slato — Decisione della Giunta prov. amili. —

Decisione presa a maggioranza — Nullità — Rin

vio alla Giunta (R. d. 17 agosto 1907, n. 643, reg.

di proc. avanti la Giunta prov. amm., art. 65; t. u.

26 giugno 1924, n. 1058, sulla Giunta prov. amm.,

art. 19 e 22).

È nulla la decisione della Giunta prov. amm. presa a

maggioranza. (1) Il Consiglio di Stato adito in sede di appello deve in

tal caso annullare la decisione impugnata e rin

viare alla stessa Giunta. (2)

La Sezione, eoo. (Omissis) — Il mezzo di impugna

tiva formulato per ultimo dal Comune ricorrente, cioè la

nullità della decisione della Giunta prov. amm. perchè in

essa è dichiarato che fu presa a maggioranza, deve es

sere, invece, esaminato per primo. E questo mezzo real

mente appare fondato.

Anche senza risalire al principio statutario che la giu

stizia emana dal Re ed è amministrata dai giudici in Suo

nome, è sicura e manifesta la necessità di mantenere ri

gidamente, fermo e integro, anche nella forma, il carattere

assoluto e unitario delle pronuncie giurisdizionali, si chia

mino pure decisioni ancorché sentenze, come quelle degli

organi di giustizia amministrativa. Tale carattere è intac

cato, e, quindi, violato, ogni qual volta dalla sentenza o

(1) Non risultano precisi precedenti editi.

(2) Per il rinvio alla Giunta a seguito di annullamento di

decisione per vizio di forma vedi : V Sezione, 9 febbraio 1934,

retro, col. 164 e nota relativa.

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decisione apparisca o trasparisca alcunché capace di mo

strarla come opinione o volontà non dell'intero Collegio

giudicante, ma di una parte soltanto di esso. La votazione

a maggioranza è un mezzo, anzi il solo mezzo pratico per arrivare ad una conclusione in caso di dissenso ; ma, rag

giunta che sia la maggioranza, e formata, cosi, la delibe

razione, ogni traccia di quel dissenso deve scomparire, e

la decisione deve presentarsi alle parti ed a chiunque

altro con impronta ed efficacia di verità e forza giuridica

indiscussa.

Questo principio astratto piuttosto si intuisce e si sente

ohe non si spieghi o si dimostri precisamente; ma esso

trova perfetto riscontro nelle norme positive di legge,

specie in quelle sulla segretezza con cui devono essere

deliberate le sentenze. La qual segretezza potrà anche

corrispondere ad altri intenti, quale quello di salvaguar

dare la libertà e la indipendenza dei giudici; ma sopra tutto mira appunto a non lasciare indebolire l'autorità del

giudizio collegiale con la notizia delle incertezze o dei

contrasti manifestatisi nel suo processo preparatorio e for

mativo.

Invero, l'art. 55 del regolamento di procedura davanti

alla Giunta prov. amm. in sede giurisdizionale (regio de

creto 17 agosto 1907, n. 643), riproducendo l'art. 358

cod. proc. civ., dispone che la deliberazione si fa in se

greto. Questa disposizione, intesa secondo il suo spirito, chiaramente significa che la segretezza deve essere osser

vata non soltanto nella discussione (porte chiuse, parte

cipazione dei soli giudicanti, ecc.), ma anche nel contesto

della decisione; e cosi non avviene quando, come nella

specie attuale, il dispositivo, pur senza nominare i sin

goli assenzienti o dissenzienti, espressamente dichiara es

sere stata la decisione adottata non già alla unanimità, ma a semplice maggioranza. Il solo caso in cui la legge

ammette che possa farsi constare la decisione a semplice

maggioranza è quello del lodo arbitrale che alcuno degli

arbitri ricusi di sottoscrivere (art. 21, capoverso ultimo,

cod. proc. civ.); ma, lungi dal potersi estendere per ana

logia, questa eccezione è una riprova della contraria ed

assoluta norma che vige per le sentenze o decisioni dei

magistrati ordinari ed amministrativi.

Troppo semplicista e superficiale sarebbe la obiezione

che nè l'art. 361 cod. proc. civ. nè l'art. 19 del testo

unico 26 giugno 1924, n. 1058, annoverano espressamente fra le cause di nullità delle sentenze o delle decisioni

una qualsiasi contestuale violazione della segretezza. Per

chè non può credersi che la inosservanza di una norma

cosi fondamentale e imperativa rimanga senza pratico ef

fetto, e può credersi, invece, che l'espresso richiamo sia

stato reso inutile da ciò appunto ohe trattasi di un vero

e proprio presupposto per la validità della sentenza o de

cisione, di oui il legislatore non ha nemmeno ipotizzato la mancanza, o, comunque, di uno di quegli elementi es

senziali per la cui mancanza l'art. 57 cod. proo. civ.

ammetta in forma generalissima (sotto il titolo, cioè, delle

disposizioni generali per l'ordine e la forma dei giudizi) l'annullamento di qualsiasi atto processuale anche se la

nullità non sia dichiarata dalla legge.

Questo Collegio deve, quindi, pronunziare in limine

la nullità della decisione impugnata, senza entrare in me

rito, e rimettendo, giusta l'ultima parte dell'art. 22 del

citato testo unioo n. 1058 del 1924, la controversia alla

Giunta prov. amm. per nuova decisione.

Data l'indole e gli efletti di questa pronunzia, le spese di primo e di secondo grado sono da compensare.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione Y ; decisione 10 marzo 1934 ; Pres. Pironti, Pv Est. De Simone; Piechele c. Prefetto di Trento.

Commercio di vendita ai pubblico — Divieto di aper tura di nuovi spacci di generi alimentari — Legge

relativa — Efficacia — Limiti (R. d. 1. 19 maggio

1930, n. 774 sul commercio di vendita al pubblico).

Non può ritenersi che la norma che vieta l'apertura di

nuovi spacci di generi alimentari non sia più appli càbile per le mutate condizioni del commercio o per aver conseguito lo scopo cui si ispirava, in quanto essa cesserà di aver vigore solo allo scadere del quin

quennio della sua pubblicazione. (1)

La Sezione, ecc. (Omissis) — Attesoché il ricorso non

merita accoglimento. Sostiene in sostanza il ricorrente

che il decreto prefettizio impugnato che ha annullato la

deliberazione della Commissione comunale riguardante la

concessione di licenza di commercio a di lui favore, è

legittimo anzitutto perchè il regio decreto n. 774 del 1930

sul quale il provvedimento poggia, avrebbe cessato di

avere vigore per le mutate condizioni generali del com

mercio e per il raggiungimento dello scopo cui si ispirava e poi perchè, comunque, il divieto ivi contenuto non è

assoluto ma suscettibile di eccezioni in relazione alle spe ciali condizioni di indole locale contingente, come quelle che esso ricorrente segnala per la borgata di Pondo, da

ritenersi per la sua importanza c centro di nuova costi

tuzione ».

Nè l'uno nè l'altro motivo regge. Il primo invero è

arbitrario poiché il regio decreto legge oitato ha una esi

stenza autonoma ed obbiettiva, come qualsiasi altra legge, e pertanto, come ogni legge, cessa di avere efficacia per

abrogazione espressa o tacita o per il decorso del tempo di durata in esso espresso, e non per la cessazione di

quei motivi di fatto che lo fecero emanare, anche se tali

motivi risultino evidenti e immediati, e possano essere

sempre dall'interprete stesso avvertiti, il che è invero a

dubitare.

Il citato decreto cessa di avere vigore il 20 giugno 1935 solo perchè in dato giorno scadrà il quinquennio dalla sua pubblicazione avvenuta appunto nella « Gazzetta

ufficiale » n. 143 del 20 giugno 1930. Cosi pure nessun fondamento ha il secondo argomento

in quanto l'art. 1 del decreto stesso testualmente sta

bilisce : « E vietato dal giorno di entrata in vigore del pre

sente decreto e per la durata di un quinquennio l'aper tura di nuovi negozi, salvo nei centri abitati di nuova

costituzione o quando trattisi di negozi gestiti da Coo

perative di consumo, di spacci interni di stabilimenti in

dustriali o di esercizi di vendita gestiti senza scopo di

lucro e posti sotto la vigilanza di pubbliche Amministra

zioni ». Ora la dizione della legge è tale da non prestarsi ad

equivoci; il divieto è assoluto, imperativo, categorico e

tale da non costituire eccezioni oltre quelle ivi espressa

mente stabilite, le quali, appunto perchè eccezioni, non

possono estendersi per via analoga ad altri ca^i come pre

tenderebbe il ricorrente.

Fra le eccezioni in detto articolo precisate non rien

tra il caso concreto.

E vano infatti parlare di centro di nuova costituzione

(1) Non ci risultano precisi precedenti editi.

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