Sezione V; decisione 9 aprile 1932; Pres. Pironti, P., Est. Coffari; Società anonima Consorzioimportatori latte (Avv. Cattini, Del Rio e Fiastri) c. Comune di Sesto San Giovanni e Prefettodi Milano (Avv. dello Stato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 57, PARTE TERZA. GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1932),pp. 419/420-423/424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23127674 .
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PARTE TERZA
confronto di quella del corrispondente art. 63 del decreto
n. 2960 del 1928, può autorizzare conclusioni diverse da
qmlle sovra esposte. L'art. 101, infatti, prevede che lo
agente ferroviario possa essere provvisoriamente sospeso
dal grado con privazione dello stipendio nei casi in cui
esso sia citato con mandato di comparizione o sia altri
menti sottoposto a giudizio per uno dei delitti che dànno
luogo alla destituzione, oppure quando sia implicato in
fatti che possono dar luogo alle punizioni disciplinari della
revocazione o della destituzione o determinare il provve dimento dell'esonero dal servizio perchè giudicato non più meritevole della fiducia necessaria per esservi conservato.
La sospensione provvisoria può, in altri termini, essere
disposta quando si preveda che per il fatto addebitato al
l'agente debbasi giungere ad un provvedimento definitivo, come conseguenza di una sentenza penale o del giudizio in sede disciplinare od amministrativa che porti alla ces
sazione del rapporto di impiego ; ed è in relazione a ciò
che va interpretato il quarto comma dell'art. 101, il quale
dichiara che nessun rimborso di stipendi perduti a causa
della sospensione preventiva spetta agli interessati, salvo
che il procedimento penale o quello amministrativo abbia,
termine con un provvedimento definitivo che escluda la
esistenza del fatto imputato o la partecipazione ad esso
dell'incolpato. Tale comma va inteso nel senso che il rim
borso degli stipendi, dovuto quando in via definitiva sia
materialmente esclusa la responsabilità dell'impiegato, non
spetta, invece, quando si verifichi la ipotesi per la quale, secondo il primo comma, è consentito disporre la sospen sione provvisoria, quando, cioè, il provvedimento definitivo,
nel quale deve risolversi quello provvisorio di sospensione dal grado e dallo stipendio, sia quello più grave della re
vocazione o della destituzione, che può retroagire al mo
mento del preventivo allontanamento dall'ufficio, con la
risoluzione del rapporto d'impiego e la conseguente cessa
zione dei relativi vantaggi economici, o quello della di
spensa dal servizio, che, pur non essendo provvedimento
disciplinare, ad esso si equipara negli effetti pratici. Non
può il comma in parola intendersi nel senso che, anche
nel caso in cui, accertata la responsabilità dell'agente,
questo sia punito con la pena della sospensione per una
durata inferiore a quella già sofferta, possano negarsi gli
stipendi per il periodo di tempo per il quale la sospen sione provvisoria non è stata confermata col provvedi mento definitivo ; perchè a una siffatta interpretazione si
oppongono: il terzo comma dell'art. 101, il quale dichiara
che la sospensione di cui trattasi dura finche non venga
meno la ragione che la motivò, e viene, quindi, a cessare
quando non si verifichi la ipotesi, in considerazione della
quale potè essere disposta a carico dell'agente, che il fatto
addebitatogli portasse ad un provvedimento di risoluzione
del rapporto ; l'ultimo comma dell'articolo stesso posto in
relazione col comma terzo anzidetto, il quale dispone che
all'agente sospeso per effetto di esso articolo, e poscia de
finitivamente punito con la sospensione stessa per un tempo
determinato, questa viene computata nel periodo di quella
già sofferta ; e il principio fondamentale di diritto puni
tivo che, riconosciuta adeguata alla colpa commessa una
determinata punizione, non può per quella stessa colpa es
sere inflitta, neppure indirettamente, una pena diversa o
maggiore. Il ricorrente, sottoposto a procedimento penale, fu so
speso a tempo indeterminato dal grado e dallo stipendio a decorrere dal 13 ottobre 1927 ; assolto con la formula
che il fatto ascrittogli non costituiva reato non acquisi cer
tamente il diritto al rimborso degli stipendi perduti a causa
di detta sospensione per effetto della assoluzione, non ri
correndo la ipotesi del quarto comma dell'art. 101 del
regolamento, ma, poiché la formula assolutoria non esclu
deva che egli fosse chiamato a rispondere disciplinarmente del fatto ascrittogli, e il giudizio disciplinare esperito a
suo carico si concluse con la irrogazione della pena della
sospensione dal grado e dallo stipendio per un mese, san
zione ritenuta adeguata all'entità della colpa accertata, il Ferrato doveva dal 13 novembre 1927 essere rimesso
nel grado e nel godimento degli stipendi, detratte soltanto
dall'ammontare di questi le somme corrisposte a titolo
di assegno alimentare, essendo venuta meno la causa giuri
dica che poteva giustificare il mantenimento della pena della sospensione, provvisoriamente decretata nell'ottobre
1927, per una durata maggiore di quella di un mese con
cui il Ferrato venne definitivamente punito. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 9 aprile 1932 ; Pres. Pirontt, P., Est. Coffari ; Società anonima Consorzio importatori
latte (Avv. Cattini, Del Rio e Fiastri) c. Comune
di Sesto San Giovanni e Prefetto di Milano (Avv.
dello Stato).
C^omiine — {Contratti — Diniego di visto di eseculo
rieiA — Forme (E.. D. 30 dicembre 1923, n. 2839,
riforma della legge com. e prov., art. 53).
Atto ammlnlstràtlvo — Motivazione — Riferimento
«I previo parere relativo — Legittimità.
4 'aniline — Contratti — Visto di esecutorietà —
Contratti per cni è necessario (R. D. 30 dicembre
1923, n. 2839, di riforma della legge com. e prov.,
art. 52 e 53). Connine — Contratti — Concessione di approvazione
alia deliberazione -— Diniego di visto di esecuto
rietà — Ammissibilità.
Sanità pubblica — Comune — Vendita di latte in re
gime di monopolio — Necessità di istituzione della
centrale del latte — Concessionario che ha isti
tuito la centrale del latte in nitro Comune — Le
gittimità (R. D. 9 maggio 1929, n. 994 per la vigi
lanza igienica del latte, art. 27 e 28).
Comune — Contratti — Diniego di visto di esecutn
rietà — Motivi di convenienza economica — Le
gittimità (R. D. 30 dicembre 1923, n. 2839, riforma
della legge com. e prov., art. 52 e 53).
La legge non stabilisce altre forme per il diniego del
visto di esecutorietà che la forma scritta e la moti
vazione. (1) Un atto amministrativo ben può per la motivazione ri
ferirsi al previo parere relativo. (2)
E' necessario il visto di esecutorietà ai contratti di qual
(1) Cfr. V Sezione, 28 maggio 1932, retro, col. 331, e note
di richiami.
(2) V. in senso conforme: IV Sezione, 5 dicembre 1931, re
tro, col. 164, e nota di richiami, e da ultimo: IY Sezione, 2
aprile 1932, Foro amm., 1932, I, 1, 130. Per la possibilità di in
tegrare la motivazione di un atto con quella degli atti su cui
esso si fonda, vedi : V Sezione, 23 gennaio 1932, retro, col. 177, e nota relativa.
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421 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 422
siasi genere dei Comuni, ove essi superino il valore
stabilito dalla legge per la categoria cui appartiene il Comune. (3)
Non c'è contradizione nella approvazione data dal Pre
fetto come presidente della Giunta prov. amm. alla
deliberazione relativa ad un contratto e il rifiuto del
visto di esecutorietà dato dal Prefetto allo stesso
contratto, diversa essendo la portata e la funzione dei due istituti.
Può un Comune concedere in regime di monopolio la
vendita del latte anche a chi non abbia la centrale
del latte nel suo territorio, ma in quello di un Co
mune finitimo. (4) Il visto di esecutorietà ai contratti può esser rifiutato
anche per motivi di convenienza economica. (5)
La Sezione, ecc. (Omissis) — Osserva il Collegio che
nessuna disposizione legislativa o regolamentare prescrive una particolare forma di cui debba essere rivestita la de
terminazione di volontà del Prefetto che nega la esecu
torietà di un contratto. Per la manifestazione estrinseca
di tale volontà è requisito necessario e sufficiente la for
ma scritta. Requisito a cui, nel caso di diniego del vi
sto, in applicazione dell'art. 53 del regio decreto 30 di
cembre 1923, n. 2839, è da aggiungere la indicazione dei
motivi di ordine legale, per inosservanza di forme pre
scritte, ovvero di grave interesse pubblico e del Comune, che inducono l'Autorità governativa di vigilanza a ren
dere ineseguibile un contratto in qualsiasi forma stipulato. A questi due requisiti, della forma scritta e della moti
vazione, pienamente corrisponde la nota 14 giugno 1930, n. 21540, del Preletto di Milano diretta al Commissario
di Sesto San Giovanni, e con la quale il Prefetto dichia
rava di accettare integralmente, tanto nel suggerimento finale quanto nei motivi, il parere del Consiglio di Pre
fettura, parere che alla nota anzidetta veniva allegato in
copia conforme.
La giurisprudenza ha sempre ritenuto sufficientemente
motivato il provvedimento della Amministrazione che si
riferisca, adottandolo, al parere di un corpo consultivo,
come, del resto, avviene nella prassi comune. Nè, nel
caso in esame, può valere a menomare la validità della
motivazione la circostanza che il parere, comunicato alla
Amministrazione comunale, non fu in primo tempo reso
noto alla parte interessata ricorrente. Il provvedimento
prefettizio era dal lato formale giuridicamente perfetto al
momento della sua emanazione ; e tale rimane, anche se
poi mancò, per parziale notificazione, la integrale cono
scenza di esso a una delle parti interessate. Perchè l'atto
fosse completo, era necessaria la esistenza della motiva
zione. Nè la mancata notificazione di questa può produrre
quella nullità dell'atto che la Società ricorrente deduce
col primo mezzo del ricorso.
Nemmeno sembra che meriti accoglimento il secondo
mezzo.
Vorrebbe la Società ricorrente dedurre la nullità del
l'impugnato provvedimento dalla considerazione che que
sto sia conseguenza del parere del Consiglio di Pref'et
(3) Ctr. IY Sezione, 26 settembre 1931, retro, col. 36 e la
relativa nota di richiami nonché la decisione che segue.
(4) Questione nuova per quel che consta.
(5) Gfr. V Sezione, 28 maggio 1932, retro, col. 331, e nota di richiami, e specialmente: V Sezione, 1 aprile 1934, retro, col. 307, e nota di richiami, nonché la decisione che segue.
tura ; il quale consesso si sarebbe pronunciato senza le
gale competenza ed intempestivamente. A dimostrare come mal si regga questo motivo, basta
considerare :
a) che il diniego del visto di esecutorietà da parte del Pretetto non è una conseguenza necessaria del parere de! Consiglio di Prefettura. Tra parere e provvedimento non c'è relazione di causa ed effetto: il primo è servito
ad illuminare, non a determinare il secondo ; ha avuto il
valore di atto consultivo, che poteva anche non essere
accolto dal Prefetto nella sua libertà di decisione ;
b) che il Prefetto, in ogni tempo e per qualunque
ragione, in virtù dell'art. 5 della legge comunale e pro
vinciale, ha facoltà di chiedere il parere del Consiglio di
Prefettura su atti sottoposti al suo esame. Nella specie, 11 Prefetto chiedeva parere su un contratto già stipulato e per l'esercizio del delicato potere affidatogli dall'arti
colo 53 del citato regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2839.
Pertanto, l'intervento dell'organo consultivo era richiesto
dal disposto dell'art. 177, ultimo capoverso, del regola
mento 12 febbraio 1911, n. 297.
Ritiene, pertanto, il Collegio che sia priva di base
giuridica la pretesa nullità del provvedimento, che si vor
rebbe derivare dalla incompetenza del Consiglio di Pre
fettura e dalla intempestività del suo parere. Nel terzo mezzo, col quale la Società ricorrente de
nuncia il diniego prefettizio per eccesso di potere, si pre
mette, anzitutto, che la convenzione in esame, per la sua
fisonomia giuridica speciale e singolare, sfuggiva al con
trollo demandato al Prefetto dall'art. 177 del citato re
golamento 12 febbraio 1911; controllo che riguarderebbe
semplicemente una limitata categoria di coni ratti del Co
mune, e, cioè, le alienazioni, le locazioni, e gli appalti
per i quali occorrono pubblici incanti.
La obiezione non appare fondata ; giacché, se, da una
parte, la giurisprudenza si è affermata nel senso di non
distinguere nella loro figura giuridica i contratti, agli ef
fetti del sindacato del Pretetto per il visto di esecuto
rietà previsto dall'art. 53 del regio decreto n. 2839 del
1923, dall'altra la convenzione della quale trattasi nella
presente controversia non potrebbe non caratterizzarsi un
appalto di pubblico servizio, un contratto, cioè, esplici tamente considerato tanto dall'art. 177 del regolamento
12 febbraio 1911, n. 297, quanto dall'art. 52 del citato
regio decreto n. 2839 del 1923, al quale il successivo
art. 53 fa riferimento.
La ricorrente, proseguendo nelle sue censure, oltre
-che dalla mancanza di formale decreto e da difetto di
motivazione, argomenti dei quali il Collegio si è occupato esaminando il primo mezzo del ricorso, deriva la do
glianza di eccesso di potere da due ordini di considera
zioni : a) contrasto tra le successive manifestazioni di vo
lontà del Prefetto, che quale Presidente della Giunta
prov. amm. aveva approvato la convenzione, a cui, poi,
negava la esecutorietà; b) assenza di motivi validi a le
gittimare il rifiuto del visto.
Sul primo punto, occorre osservare come dal fatto che
la legge dispone due distinti controlli sullo stesso con
tratto, quello della Giunta prov. amm. per l'approvazione e quello del Prefetto per la esecutorietà, appaia evidente
la possibilità giuridica di determinazioni differenti dell'ano
e dell'altro organo. Superfluo e vanamente ingombrante
sarebbe l'esame del Prefetto su un atto ctie abbia ripor tato la approvazione della Giunta prov. amm,, se ad esso
fosse preclusa ogni indagine diversa dal constatare che
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PARTE TERZA 424
la Giunta prov. amm. abbia approvato. L'art. 58 del più
volte citato regio decreto n. 2839 del 1923, invece, at
tribuisce al Prefetto il delicato ufficio di accertare se,
indipendentemente da tutti gli atti già comp uti ed anche
dalla formale regolarità di essi, e indipendentemente da
tutte le valutazioni in precedenza fatte, esistano motivi
la cui gravità consigli, nel pubblico interesse, di non dare
esecuzione ad un contratto stipulato. E nulla vieta che,
per più ponderato esame, o per nuove considerazioni, o
per sopravvenute ragioni, ovvero per difforme valutazione
di circostanze, il giudizio del Prefetto, in sede di visto
di esecutorietà, sia diverso da quello del Consesso tuto
rio, in sede di approvazione. Il contrasto, quindi, tra le
due volontà, del Prefetto e della Giunta prov. amm., non
può assurgere per sè stesso ad eccesso di potere.
Riguardo alla doglianza che concerne i motivi sui quali
si basa il provvedimento impugnato, il Collegio osserva
che il rifiuto della esecutorietà ebbe un primo motivo di
ordine legale; in quanto che la convenzione apparve in
contrasto con gli art. 27 e 28 del regio decreto 9 mag
gio 1929, n. 994, i quali consentono la esclusività nella
vendita del latte pasteurizzato per quei Comuni che, da
soli o riuniti in consorzio, abbiano provveduto alla isti
tuzione della centrale del latte. Osservava il Consiglio di
Prefettura nel parere, cui il provvedimento prefettizio si
riferisce, che il Comune di Sesto San Giovanni non ave
va istituito la centrale, nè erasi consorziato per istituirla
col Comune di Monza. Mancavano, quindi, le condizioni
previste dall'art. 27 per riconoscere nella ditta importa
trice il diritto di privativa nella vendita del latte pasteu
rizzato, di cui all'art. 28 del predetto decreto : condizioni
che non potevano ricevere interpretazione estensiva, trat
tandosi di norma limitatrice della libertà di commercio.
Rileva il Collegio come, anche con interpretazione re
strittiva, non possa escludersi la specie in esame da
quelle previste dal citato art. 27 ; il quale, al quarto ca
poverso, dispone: «I Comuni possono affidare la costru
zione e l'esercizio di detti stabilimenti (centrali del latte)
ad enti o privati che offrano le garanzie necessarie ... ».
Ora, non sembra che possa essere considerato, agli efletti
legali, in modo diverso il caso di un Comune che affidi
la costruzione e l'esercizio della centrale del latte a un
privato da quello del Comune, che, come Sesto San Gio
vanni, affidi l'esercizio della centrale a una ditta privata
la quale già in precedenza aveva costruito in un Comune
contiguo lo stabilimento occorrente al servizio da disim
pegnare. Nè si dica che osti il fatto che lo stabilimento pree
sistente serviva ad altro Comune nel cui territorio sor
geva ; perchè non solo la legge non vieta che uno stesso
stabilimento serva a più Comuni, ma esplicitamente pre
vede, come ovvie considerazioni di economia consigliano,
che più Comuni si riuniscano in consorzio per il funzio
namento della centrale del latte. Risulta, d'altronde, dal
preambolo della deliberazione 26 novembre 1929 del Com
missario prefettizio di Sesto San Giovanni che egli aveva
preso col Podestà di Monza accordi tali da far fondata
mente ritenere, anche in assenza di una formale conven
zione, la esistenza di un consorzio di fatto fra i due Co
muni per il funzionamento del servizio anzidetto.
Corrispondendo, pertanto, la situazione prevista dalla
contestata convenzione alle ipotesi contemplate nel regio
decreto n. 994 del 1929, il Collegio non ravvisa vizio di
illegittimità nella concessione fatta dal Comune di Sesto
San Giovanni alla Società ricorrente, e ritiene che, sotto
il profilo del motivo di ordine legale, mal si regga l'im
pugnato provvedimento. Ma ad opposta conclusione il Collegio deve giungere
se considera il provvedimento al lume degli altri e pre valenti motivi di convenienza amministrativa che lo de
terminarono.
Al diniego del visto il Prefetto addivenne « astraendo
dalla legittimità della concessione», avendo ritenuto:
1°) che al vincolo imposto al Comune, per quindici anni, di provvedere direttamente o per mezzo di altri conces
sionari all'approvvigionamento e di determinare il prezzo di vendita al pubblico non corrispondesse alcun beneficio
per la finanza comunale nè un beneficio concreto per la
alimentazione cittadina; 2°) che le percentuali riservate
a favore del Comune sul prezzo di vendita del latte non
fossero adeguate alle obbligazioni ed alle spese che il
Comune veniva ad assumere.
L'accenno al difetto di beneficio per la alimentazione
cittadina può essere ritenuto incompatibile, come la ri
corrente rileva, con lo spirito e con la lettera del ripe tuto regio decreto 9 maggio 1929. Invece, le altre con
siderazioni non solo hanno base nella concreta realtà, in
quanto scaturiscono dalla osservazione delle clausole con
trattuali, mancanza di corrispettivo alla concessione vin
colativa, sproporzione tra le percentuali e gli obblighi e
le spese, ma derivano da ragioni che concernono la finanza
del Comune. Sono, quindi, motivi di opportunità e di
convenienza di carattere finanziario: motivi che, come la
recente giurisprudenza ha affermato, rientrano, accanto
ai casi di dolo, frode, allontanamento dagli incanti e si
mili casi gravi, nel sindacato attribuito ai Prefetti sui
contratti comunali agli effetti del ripetuto art. 53 del re
gio decreto n. 2839 del 1923.
Il Collegio, pertanto, ritiene concreti e validi i mo
tivi di convenienza amministrativa sui quali si adagia lo
impugnato provvedimento. La valutazione, poi, della entità di essi, considerati
dal Prefetto di Milano come gravemente dannosi per il
pubblico interesse e per il Comune, costituisce apprezza
mento di merito che sfugge alla competenza di legitti mità di cui questa sede nella presente controversia è in
vestita.
Per tutto l'anzidetto, è da concludere che anche il
terzo motivo del ricorso manchi di fondamento.
Considerato che le spese seguono la soccombenza.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
V Sezione, decisione 9 aprile 1932 ; Pres. Pironti, P., Est. Caruso; Società trasporti Ugolini Romagnoli(Avv
Gabrielli, Luciani e Silvestri) c. Prefetto di Pe
scara (Avv. dello Stato) e Comune di Pescara (Avv. Ma pei).
Calnsfizia amministrativa — Competenza del Consi
glio di Slato o dell'autorità giudiziaria — Diniego di visto di esecutorietà a contratto — Diritti su
biettivi dipendenti dal contratto — Inesistenza —
Competenza del Consiglio di Stato (L. 20 marzo
1865, n. 2248, al]. E, abolitiva del contenzioso am
ministrativo, art. 2 e 4 ; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054
sul Consiglio di Stato, art. 26).
Comune — Contratti — Diniego di visto di eseca
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