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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 27 febbraio 1991, n. 119; Pres....

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sezione VI; decisione 27 febbraio 1991, n. 119; Pres. Laschena, Est. Zucchelli; Regione Liguria (Avv. Petrocelli) c. Camera di commercio, industria e artigianato di Savona (Avv. Acquarone, Villani). Conferma Tar Liguria 9 febbraio 1985, n. 38 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991), pp. 421/422-423/424 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183218 . Accessed: 25/06/2014 08:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.54 on Wed, 25 Jun 2014 08:08:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 27 febbraio 1991, n. 119; Pres. Laschena, Est. Zucchelli; Regione Liguria(Avv. Petrocelli) c. Camera di commercio, industria e artigianato di Savona (Avv. Acquarone,Villani). Conferma Tar Liguria 9 febbraio 1985, n. 38Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 421/422-423/424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183218 .

Accessed: 25/06/2014 08:08

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — Gli appellanti chiedono l'annullamento della sen

tenza del Tar Lazio, sez. Ili, che ha dichiarato il proprio difet

to di giurisdizione in ordine al ricorso da essi proposto avverso

il provvedimento di consiglio di amministrazione dell'Ina, con

il quale era stato stabilito di cedere un certo numero di azioni

Assitalia ai dirigenti, al personale amministrativo e di produzio ne ed agli agenti generali in servizio alla data del 6 marzo 1986,

presso il menzionato istituto e le Assicurazioni d'Italia.

Essi si dolgono di tale decisione, rilevando che la giurisdizio ne del giudice amministrativo non può essere negata nel caso

presente, perché l'attribuzione di parte del capitale sociale di

una società controllata ad opera dell'Ina non costituirebbe, co

me erronamente ritenuto dal tribunale, mero esercizio del pote re imprenditoriale, bensì' attività connessa all'esercizio del suo

potere di autorganizzazione, riguardando l'assetto che l'istituto

ha inteso dare ai propri rapporti con le società controllate o

partecipate e con le persone fisiche appartenenti alla sua stessa

struttura burocratica.

La scelta delle categorie beneficiate dalla ripartizione dei tito

li sarebbe perciò atto, che inciderebbe direttamente nella sfera

giuridica dei soggetti, quali i ricorrenti che ne sono stati esclusi, e l'interesse da questi dedotto in giudizio non avrebbe consi

stenza di diritto soggettivo, non avendo una specifica determi

nazione in una norma che lo contempla. La censura non è fondata essendo agevole obiettare come nella

prospettazione degli appellanti il loro interesse sarebbe privo di un riferimento normativo e resterebbe quindi allo stato di

mero interesse di fatto non tutelabile certamente in questa sede

giurisdizionale. La verità è che, come ha esattamente statuito il tribunale am

ministrativo, la cessione di azioni Assitalia ai dipendenti dell'i

stituto non si configura come attività discrezionale di carattere

autoritativo nello svolgimento della potestà organizzatoria per la cura dell'interesse generale, destinata ad incidere nella sfera

degli interessi legittimi dei destinatari. Essa risulta essere, inve

ce, espressione tipica del potere imprenditoriale dell'istituto e

perciò atto di gestione capace di incidere su rapporti privatistici

intersoggettivi, la cui cognizione indubbiamente ricade nell'am

bito della giurisdizione del magistrato ordinario.

L'appello in esame deve essere dunque respinto, restando con

fermata la sentenza impugnata.

amministrativo, pur riaffermando la distinzione in via astratta tra prov vedimenti attinenti alla potestà di autorganizzazione dell'ente pubblico economico ed atti espressione del potere imprenditoriale privatistico del

l'ente stesso.

In tal senso Cass. 19 gennaio 1988, n. 391, id., Rep. 1988, voce cit., n. 161 (in tema di illegittimità delle norme regolamentari dettate dal

l'ente per disciplinare le prestazioni lavorative); 29 aprile 1988, n. 3261,

id., 1989, I, 460 (in tema di controversie sui diritti inerenti al rapporto di lavoro contemplati dal regolamento organico del personale); 12 no

vembre 1988, n. 6118 id., Rep. 1988, voce cit., n. 208 (relativa all'ac

certamento dei requisiti fisici di idoneità del candidato all'espletamento delle mansioni previste dal bando di concorso); 20 gennaio 1989, n.

295, id., Rep. 1989, voce cit., n. 199; 29 marzo 1989, n. 1537, ibid., n. 198 (sulle controversie relative all'assunzione in servizio); 18 novem

bre 1989, n. 4941, id., Rep. 1990, voce cit., n. 226 (in tema di esclusio

ne di un lavoratore da una promozione in suprannumero); 29 maggio

1990, n. 4989, ibid., n. 220 (esclusione da un concorso). Sulla configurazione dell'Assitalia come società collegata all'Ina, Cons.

Stato, sez. III, 2 maggio 1978, n. 276/78, id., Rep. 1980, voce Contrat

ti della p.a., n. 40.

Sulla natura di ente pubblico economico dell'Ina si possono consulta

re in giurisprudenza: Cass. 8 aprile 1961, n. 741, id., 1961, I, 1125, con nota di richiami; 19 maggio 1979, n. 2894, id., Rep. 1979, voce

Impiegato dello Stato, nn. 565, 584.

In dottrina, v. Ottaviano, Ente pubblico economico, voce dell'Enci

clopedia del diritto, 1965, XIV, 969; Landi, L'Istituto nazionale delle

assicurazioni nel sistema delle persone giuridiche, in Assicurazioni, 1947,

I, 11; Panpanin, La disciplina pubblica dell'attività assicurativa, Pado

va, 1967.

Per un esame della tipologia dei c.d. «agenti di assicurazione», San

toro, in Dizionario di dir. amm. a cura di Guarino, 1983, 85 ss.

Sull'applicabilità agli speciali agenti ex art. 15 r.d. 933/36 dello stes

so trattamento economico e di quiescenza dei dipendenti Ina, v. Cass.

19 maggio 1979, n. 2894, cit.

Il Foro Italiano — 1991.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 27 febbraio 1991, n. 119; Pres. Laschena, Est. Zucchelli; Regione Liguria

(Avv. Petrocelli) c. Camera di commercio, industria e arti

gianato di Savona (Aw. Acquarone, Villani). Conferma Tar

Liguria 9 febbraio 1985, n. 38.

Foreste — Zona boschiva colpita da incendio — Autorizzazione

a costruire — Legittimità — Limiti (L. 1° marzo 1975 n. 47, norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi, art. 9).

È legittima l'autorizzazione rilasciata dalla camera di commer

cio, per una costruzione da realizzarsi in zona boschiva colpi ta da incendio, se sia mantenuta entro i preesistenti limiti di

edificabilità ammessi dagli strumenti urbanistici e dal vincolo

forestale. (1)

Fatto. — In data 31 maggio 1982 Assunta Calcagno e Mar

cello Serra richiedevano l'autorizzazione forestale per eseguire in località Borgo degli Ulivi (Albisola) i movimenti di terra ne

cessari all'edificazione di una casa di civile abitazione.

Il luogo in questione era stato interessato da incendio boschi

vo in data 25 marzo 1982, come risulta dal verbale di verifica

zione del corpo forestale dello Stato e dal processo verbale in

data 11 maggio 1982 del comando stazione di Savona dello stes

so corpo.

L'ispettorato ripartimentale delle foreste di Savona ha espres so parere non favorevole ai lavori di sbancamento.

Con deliberazione n. 361 del 20 luglio 1983 la giunta camera

le concedeva a Serra e Calcagno l'autorizzazione richiesta.

Avverso tale provvedimento ricorreva la regione Liguria avanti

il Tar per la Liguria, lamentando: (omissis) Diritto. — Da respingere è l'eccezione d'inammissibilità di

parte appellata sul presupposto dell'inammissibilità del ricorso

di primo grado proposto dalla regione Liguria.

Quest'ultima infatti non ha adito il tribunale in relazione a

competenze sue specifiche nella materia, che è di spettanza del

la camera di commercio, ma quale ente esponenziale della col

lettività regionale cui è affidata dall'art. 117 Cost, la tutela ge nerale del bene ambientale e paesaggistico.

Nel merito tuttavia l'appello è infondato.

La ratio della norma di cui all'art. 9 1. 1° marzo 1975 n.

47 è quella di impedire che l'azione criminosa costituita dall'in

cendio doloso allo scopo di distruggere un bosco e farne quindi cessare la destinazione onde procedere all'edificazione dei luo

ghi, sia frustrata dal divieto legislativo di insediarvi qualunque costruzione. Il divieto deve logicamente interessare una zona

che riceva una potenzialità edilizia direttamente ed in conse

guenza dell'incendio, si da elidere il rapporto causa effetto: di

struzione del bosco-edificazione. Appare quindi logico ritenere

che l'ultima parte dell'ultimo comma dell'articolo in esame, se

condo cui tali zone non possono comunque avere una destina

(1) Nello stesso senso, Tar Liguria 8 giugno 1987, n. 383, Foro it.,

Rep. 1988, voce Bellezze naturali, n. 52, che ha interpretato l'art. 9 1. 47/75 affermando la sua inapplicabilità ai terreni boschivi percorsi o danneggiati dal fuoco, in quanto già edificabili prima dell'incendio, in virtù di una specifica destinazione urbanistica; la pronuncia, peral tro, è intervenuta in un caso deciso con l'applicazione dell'art. 1, lett.

g, 1. 431/85.

Contra, Cons. Stato, sez. II, 12 luglio 1983, n. 339/83, id., Rep. 1986, voce Foreste, n. 5: si applica il divieto di costruire previsto dal l'art. 9 1. 47/75 anche se in epoca non sospetta fosse già avanzato l'iter amministrativo per pervenire all'edificazione, o addirittura fosse già stata rilasciata licenza edilizia. Questo parere si è orientato rigorosamente anche su altri punti: affermando l'applicabilità del divieto suddetto,

indipendentemente dalla causa dell'incendio, e pure se sia stata accerta ta la mancanza di responsabilità del proprietario; e anche se il danno sia limitato, con la possibilità di ricostituire il bosco in termini molto

brevi; ha anche sostenuto, però, che quel divieto cessa di essere applica bile quando il bosco sia stato ricostituito.

Il quadro normativo nel quale era stata emanata la 1. 47/75 è stato

modificato dall'art. 1 d.l. 27 giugno 1985 n. 312, disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1985 n. 431: la norma, aggiungendo una serie di commi all'art. 82 d.p.r. 616/77, ha assoggettato a vincolo

paesaggistico ai sensi della 1. 29 giugno 1939 n. 1497, tra l'altro (lett. g), nel testo definitivo: «i territori coperti da foreste o da boschi, an

corché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo

di rimboschimento»; sulla maggiore ampiezza del nuovo vincolo rispet to a quello previsto dalla 1. 47/75, cfr. Tar Liguria 383/87, sopra ri

chiamata.

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PARTE TERZA

zione diversa da quella in atto prima dell'incendio, deve essere

intesa quale complemento e specificazione della disposizione re

lativa al divieto edificatorio e non come disposizione aggiuntiva al divieto generale di edificare comunque. Ed in effetti anche

i terreni boschivi possono essere oggetto di attività edificatoria, nel rispetto degli strumenti urbanistici e delle norme di vincolo.

Quando tale destinazione sia antecedente all'evento incendiario

viene meno la ratio della norma, in quanto l'incendio non era

in grado in sé di raggiungere un risultato contrario all'interesse

pubblico essendo a suo tempo la zona già edificatoria. In linea

generale, quindi, la norma non ha inteso privare i soprassuoli dalla loro destinazione previgente, ed anzi ha chiarito il senso

della disposizione specificando che comunque la destinazione

della zona non può essere diversa da quella precedente. Orbene, se tale zona aveva precedentemente destinazione edificatoria,

pur con i limiti necessari, ne consegue che tale destinazione per mane e sarebbe quindi contraddittorio vietare ciò che, con la

conservazione della destinazione, si è inteso mantenere.

Non si può quindi ritenere che sussista un divieto assoluto

di edificazione dei soprassuoli interessati da incendi, ma solo

che la situazione quo ante non possa essere modificata in alcun

modo, né mediante l'edificazione diretta, né mediante la varia

zione di destinazione che preluda all'edificazione.

Costituisce allora una questione di fatto l'accertamento della

destinazione dell'area prima dell'incendio, e tale accertamento

deve essere eseguito alla stregua della situazione preesistente co

me se essa non fosse stata modificata dall'evento incendiario,

potendosi quindi verificare l'attività della pubblica amministra

zione sotto il profilo dell'eccesso di potere per travisamento dei

fatti o errore sui presupposti o difetto di motivazione sul punto. L'accertamento quindi dovrà implicare non solo il rispetto

delle destinazioni e dei limiti previsti dagli strumenti urbanistici e dalle varie leggi di vincolo, ma anche delle disposizioni che, esistente il bosco, limitavano o comunque disciplinavano varia

mente la costruzione. Costituisce quindi oggetto specifico della

motivazione del provvedimento, e che deve quindi essere sem

pre presente nella specie, il raffronto con la situazione origina ria e la valutazione dell'opera come se fosse integro il bosco

danneggiato o distrutto.

Tale motivazione è nella specie esistente e congrua. Infatti

risulta agli atti in maniera inequivocabile che la concessione edi

lizia di cui si tratta era già stata assentita in epoca precedente

all'incendio, e quindi essa era, a giudizio dell'organo competen

te, legittima e rispettosa delle norme di vincolo e di piano pur in presenza del bosco. Tale accertamento, contenuto nella moti

vazione del provvedimento impugnato, dà quindi sufficiente con

to di quanto sopra si è evidenziato si che anche il secondo moti

vo d'appello è da respingere. Il ricorso deve quindi essere respinto.

CONSIGLIO DI STATO; sezione III; parere 15 ottobre 1985, n. 1291; Min. tesoro.

Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendenti di enti pubblici

soppressi — Fondi previdenziali integrativi — Contributi ver

sati — Trasferimento a favore delle casse pensioni — Obbli

go a carico dell'ufficio liquidazioni presso il ministero del te

soro (L. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali, art. 2, 6, 8;

d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, art. 74, 75, 76).

Il ministero del tesoro è obbligato a trasferire in favore delle

casse pensioni interessate, amministrate dalla direzione gene rale degli istituti di previdenza, le contribuzioni complessiva mente versate da alcuni enti soppressi e dal relativo personale a fondi integrativi di quiescenza e di previdenza. (1)

(1) Sulla questione, conseguente all'obbligo sancito dal parere in epi grafe, circa il diritto dei dipendenti degli enti soppressi alla restituzione

Il Foro Italiano — 1991.

Premesso. — Il ministero del tesoro con ampia e motivata

relazione chiede il parere circa l'obbligo dell'ufficio liquidazioni

presso la ragioneria generale dello Stato di trasferire a favore

delle casse pensioni interessate, amministrate dalla direzione ge nerale degli istituti di previdenza, le contribuzioni complessiva mente versate da alcuni enti soppressi e dal relativo personale a fondi integrativi di quiescenza e di previdenza.

Considerato. — Occorre premettere che la disciplina legislati va in materia dei fondi integrativi di previdenza e di quiescenza esistenti presso alcuni enti pubblici prevista in modo organico dall'art. 1 quindicies introdotto dalla 1. 641/78 non è stata an

cora emanata.

Essa, infatti, è collegata all'emanazione della legge di riforma

del sistema pensionistico tuttora in gestazione. Non rimane quindi all'amministratore che attenersi strettamente alle norme giuridi che speciali che regolano ogni singolo caso. La fattispecie in

esame concerne il personale di enti mutualistici trasferito alle Usi.

Essa, pertanto, è regolata dagli art. 74 e 75 d.p.r. 761/79.

Il 2° comma dell'art. 74 stabilisce l'obbligo dell'iscrizione, ai

fini del trattamento di quiescenza, alla cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali ovvero alla cassa per le pensioni ai sanitari.

Il 3° comma del citato art. 74 recita testualmente: «Per la

ricongiunzione di tutti i servizi o periodi assicurativi connessi

con il servizio prestato presso le amministrazioni o enti di pro venienza con iscrizione a forme obbligatorie di previdenza di

verse da quelle indicate nel precedente 1° comma, si applica l'art. 6 1. 7 febbraio 1979 n. 29. Lo stesso articolo si applica anche per la ricongiunzione di tutti i servizi o periodi ricono

sciuti utili a carico di eventuali fondi integrativi di previdenza esistenti presso gli enti di provenienza, nonché per il trasferi

mento alla gestione previdenziale di destinazione dei contributi

versati nei fondi stessi».

L'art. 6 richamato stabilisce al 2° comma che le gestioni assi

curative di provenienza devono versare — con determinate mo

dalità — a quello di destinazione i contributi di propria per tinenza.

Dal combinato disposto delle norme surrichiamate emerge chia

ramente l'obbligo dell'ufficio liquidazioni della ragioneria gene rale dello Stato di versare alle casse pensioni interessate i contri

buti costituenti i fondi integrativi di quiescenza e di previdenza

per la parte relativa ai dipendenti trasferiti alle Usi.

L'esistenza e la consistenza dei diritti patrimoniali degli inte

ressati gravanti sui fondi integrativi è questione che esula dalla

competenza dell'ufficio liquidazioni.

Infatti, con il trasferimento alle Usi il rapporto previdenziale o quello di quiescenza è stato trasferito ex legge, alla cassa di

previdenza per i dipendenti degli enti locali o alla cassa per le

pensioni ai sanitari. In conseguenza, l'obbligo gravante sull'ufficio liquidazione

di trasferire il fondo integrativo alla cassa pensioni interessata

non può essere eluso invocando l'applicabilità al caso in esame

dell'art. 8 1. 29/79 e alcune sentenze della magistratura ordina

ria peraltro appellate che ammettono la possibilità per i dipen denti trasferiti alle Usi, di richiedere la propria quota del fondo

integrativo del disciolto ente di provenienza. In entrambi i casi, infatti, si tratta di rapporti relativi alla

consistenza del diritto previdenziale scaturente dalle norme giu ridiche applicabili nella fattispecie, che hanno come soggetti le

casse, pensioni degli istituti di previdenza e gli interessati.

Rispetto a detti rapporti l'ufficio liquidazioni non ha alcuna competenza.

Comunque, per quanto concerne la rilevanza dell'art. 8 1.

29/79, la sezione conviene nelle considerazioni svolte nella rela

zione ministeriale.

L'art. 74 1. 761/79 richiama esclusivamente l'art. 6 1. 29/79

per la ricongiunzione di tutti i servizi o periodi riconosciuti utili a carico dei fondi integrativi. In conseguenza, non è lecito ai

dei contributi versati ai fondi integrativi costituiti presso gli enti di pro venienza, cfr. Cass. 4 giugno 1991, n. 6296, in questo fascicolo, I, 2414, che costituisce lo sviluppo coerente di quanto ritenuto dal Consiglio di Stato nel parere in epigrafe e contraddetto da alcune decisioni del

giudice amministrativo nella citata sentenza della Cassazione richiamate e confutate.

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