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PARTE V RISPOSTE CARATTERISTICHE, RETI DUE PORTE, LINEE · 2017. 4. 6. · G. V. Pallottino –...

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G. V. Pallottino Maggio 2011 Appunti di Elettronica - parte V pag. Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica 1 PARTE V RISPOSTE CARATTERISTICHE, RETI DUE PORTE, LINEE 1. Funzioni di rete: funzioni immettenza e funzioni di trasferimento I rapporti tra le trasformate di due grandezze elettriche (tensioni e correnti) di un circuito lineare e stazionario prendono in generale il nome di funzioni di rete. Queste si distinguono in funzioni immettenza e in funzioni di trasferimento. Le prime rappresentano rapporti fra trasformate di grandezze elettriche che sono entrambe relative a una stessa porta di una rete (si tratta perciò di ammettenze o di impedenze d'ingresso, da cui il nome immettenza). Le seconde rappresentano invece rapporti fra grandezze elettriche relative a due porte diverse. Queste ultime si distinguono in impedenze e ammettenze di trasferimento, e in funzioni prive di dimensioni (rapporti fra le trasformate di due tensioni o di due correnti). Tutte queste funzioni, definite come rapporti fra trasformate di grandezze elettriche, possono essere interpretate in vari modi. La prima interpretazione è quella di risposta, nel dominio di s, a una eccitazione impulsiva unitaria, ossia di trasformata della risposta all’impulso. Consideriamo per esempio la funzione di trasferimento H(s), definita dal rapporto fra le trasformate della tensione alla porta 2 e di quella alla porta 1 di una rete: 2 1 V s Hs V s E' evidente che quando v 1 (t) = (t), e quindi V 1 (s) = 1, la V 2 (s) coincide con H(s), che quindi rappresenta la trasformata della risposta impulsiva h(t) della rete. 2. Risposta in frequenza Una seconda, importantissima, interpretazione delle funzioni di rete, e in particolare delle funzioni di trasferimento, riguarda la risposta in frequenza, cioè la relazione fra l'ampiezza e la fase del segnale di risposta e le corrispondenti grandezze del segnale di eccitazione, quando quest'ultimo sia costituito da un segnale sinusoidale di frequenza fissa.
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G. V. Pallottino – Maggio 2011 Appunti di Elettronica - parte V pag. Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica

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PARTE V

RISPOSTE CARATTERISTICHE, RETI DUE PORTE, LINEE

1. Funzioni di rete: funzioni immettenza e funzioni di trasferimento

I rapporti tra le trasformate di due grandezze elettriche (tensioni e correnti) di un circuito

lineare e stazionario prendono in generale il nome di funzioni di rete. Queste si distinguono in

funzioni immettenza e in funzioni di trasferimento. Le prime rappresentano rapporti fra trasformate

di grandezze elettriche che sono entrambe relative a una stessa porta di una rete (si tratta perciò di

ammettenze o di impedenze d'ingresso, da cui il nome immettenza). Le seconde rappresentano

invece rapporti fra grandezze elettriche relative a due porte diverse. Queste ultime si distinguono in

impedenze e ammettenze di trasferimento, e in funzioni prive di dimensioni (rapporti fra le

trasformate di due tensioni o di due correnti).

Tutte queste funzioni, definite come rapporti fra trasformate di grandezze elettriche, possono

essere interpretate in vari modi. La prima interpretazione è quella di risposta, nel dominio di s, a una

eccitazione impulsiva unitaria, ossia di trasformata della risposta all’impulso. Consideriamo per

esempio la funzione di trasferimento H(s), definita dal rapporto fra le trasformate della tensione alla

porta 2 e di quella alla porta 1 di una rete:

2

1

V sH s

V s

E' evidente che quando v1(t) = (t), e quindi V1(s) = 1, la V2(s) coincide con H(s), che quindi

rappresenta la trasformata della risposta impulsiva h(t) della rete.

2. Risposta in frequenza

Una seconda, importantissima, interpretazione delle funzioni di rete, e in particolare delle

funzioni di trasferimento, riguarda la risposta in frequenza, cioè la relazione fra l'ampiezza e la fase

del segnale di risposta e le corrispondenti grandezze del segnale di eccitazione, quando quest'ultimo

sia costituito da un segnale sinusoidale di frequenza fissa.

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Qui ricordiamo una proprietà fondamentale dei sistemi lineari e stazionari: se eccitati con un

segnale sinusoidale, la loro risposta non può che essere sinusoidale, della stessa frequenza. Tant'è

vero che qualsiasi deviazione della risposta dalla legge sinusoidale può essere assunta come una

efficace misura della nonlinearità (o della non stazionarietà) del sistema. Infatti, per determinare la

nonlinearità di un amplificatore si applica di solito al suo ingresso una sinusoide e si osserva il

contenuto di armoniche presente all'uscita, che rappresenta appunto la cosiddetta distorsione

dell'amplificatore, più precisamente la distorsione nonlineare.

In generale, data una funzione di rete (e in particolare una funzione di trasferimento)

espressa in funzione della variabile complessa s = + j, la corrispondente risposta in frequenza si

ottiene semplicemente ponendo = 0, ossia s = j.

Questo si dimostra come segue. Consideriamo la funzione di trasferimento di un sistema

all'ingresso del quale è applicato un segnale esponenziale complesso:

(1) v1(t) = V exp(jt)

con trasformata di Laplace

(2) 1

VV s

s j

La risposta sarà evidentemente:

(3) 2

VV s H s

s j

con antitrasformata

(4) v2(t) = V[U0exp(jt) + i Uiexp(pit)]

dove la sommatoria è estesa a tutti i poli pi della funzione di trasferimento (qui supposti distinti, per

semplicità). Se il sistema è stabile, cioè le parti reali di tutti i suoi poli sono negative, allora a tempi

sufficientemente lunghi i termini relativi alla sommatoria nella (4) sono tutti destinati a svanire,

mentre sopravviverà solo il primo termine. Il coefficiente di quest'ultimo, calcolato al solito modo,

vale

(5) U0 = [H(s)]s=j = H(j)

sicchè per t la tensione d'uscita, espressa nel dominio del tempo, assume la forma

(6) v2(t) = V H(j) exp(jt) = V |H(j)| exp(j H(j)) exp(jt)

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Si conclude che l'ampiezza e lo sfasamento della sinusoide d'uscita, rispetto ai

corrispondenti valori della sinusoide d'ingresso alla frequenza angolare , sono determinati dal

valore (in generale complesso) della funzione di trasferimento calcolata per s = j. In particolare, il

modulo dell'amplificazione è dato dal modulo della H(j), lo sfasamento è dato dalla fase della

stessa funzione.

Si potrebbe pensare di calcolare la risposta in regime sinusoidale permanente di una rete di cui sia nota la funzione di

trasferimento H(s) antitrasformando il prodotto di tale funzione per la trasformata di Laplace di una sinusoide

o/(s²+o²). Va notato tuttavia che il segnale così ottenuto rappresenta la risposta desiderata (cioè la risposta in regime

permanente sinusoidale) soltanto dopo un certo tempo. Il motivo è che la "sinusoide" così applicata non è un segnale

armonico puro, ma il prodotto di un segnale armonico per un gradino unitario a t = 0, a cui è associata una risposta

transitoria che si esaurisce soltanto dopo un tempo sufficientemente lungo (3-5 volte, in pratica) rispetto alla più lunga

delle costanti di tempo in gioco (determinate dalle parti reali dei poli della funzione di trasferimento).

Si noti che il fenomeno è del tutto analogo a quanto si verifica nelle misure di risposta in frequenza,

l’esecuzione di ciascuna delle quali, come è noto, richiede un certo tempo (con particolare riferimento ai sistemi

risonanti ad altissimo Q e ai sistemi “lenti”, come quelli termici). E del resto al tempo t dopo l’applicazione della

“sinusoide” il segnale effettivamente applicato al sistema non è altro che un pacchetto d’onda di durata t, il cui

contenuto spettrale non è certamente una riga.

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RISPOSTE CARATTERISTICHE DEI CIRCUITI

3. Le risposte caratteristiche

Per quanto si è detto in precedenza la caratterizzazione della risposta di un circuito può

essere rappresentata in termini:

a) delle funzioni di rete (funzioni di trasferimento e funzioni immettenza) espresse come

funzioni reali della variabile s oppure come funzioni complesse della variabile , in

quest’ultimo caso intese come risposte in regime permanente sinusoidale;

b) delle risposte indici nel dominio del tempo (risposte impulsive e risposte indiciali),

calcolate risolvendo le equazioni del circuito oppure, più spesso, mediante

antitrasformazione delle corrispondenti funzioni di rete:

risposta impulsiva: h(t) = L-1

[H(s)] risposta indiciale: hu(t) = L-1

[H(s)/s]

impedenza impulsiva: z(t) = L-1

[Z(s)] impedenza indiciale: zu(t) = L-1

[Z(s)/s]

ammettenza impulsiva: y(t) = L-1

[Y(s)] ammettenza indiciale: yu(t) = L-1

[Y(s)/s]

Notiamo che queste due caratterizzazioni sono formalmente equivalenti, dal momento che è

sempre possibile passare dall'una all'altra mediante trasformazione o antitrasformazione. Ma non

sempre, in pratica, il passaggio dall'una all'altra è immediato, in particolare quando la

caratterizzazione del circuito (nel dominio del tempo o in quello della frequenza) è stata eseguita

sperimentalmente e i dati sono allora disponibili in forma di grafici o tabelle, e non in forma

analitica.

La forma delle funzioni di rete, che sono sempre funzioni reali della variabile s, dipende

dalla natura dei circuiti. Nel caso dei circuiti a costanti concentrate esse sono funzioni razionali

fratte di s, a coefficienti costanti reali1; nel caso dei circuiti a costanti distribuite, come per le linee

di trasmissione, funzioni trascendenti di s.

Nel primo caso, del quale ci occupiamo in quanto segue, il numero di singolarità (poli e zeri)

è finito, nel secondo, invece, generalmente infinito (il numero di variabili di stato è infatti infinito

1 I coefficienti sono costanti dato che i circuiti sono stazionari (e del resto le funzioni di rete sono definite soltanto per

circuiti lineari e stazionari). I coefficienti sono reali dato che sono reali i parametri (R, C, L, ecc.) degli elementi che

costituiscono i circuiti.

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dal momento che tale è il numero degli elementi in grado di immagazzinare energia). Queste

singolarità possono, in generale, trovarsi in qualsiasi posizione del piano complesso, ma già

sappiamo che la stabilità impone che i poli si trovino esclusivamente nel semipiano di sinistra.

Dalle posizioni dei poli

delle funzioni di rete dipende in

modo decisivo la forma delle

corrispondenti risposte indici,

come illustrato nella figura per la

risposta impulsiva:

a poli reali corrispondono

andamenti esponenziali,

a coppie di poli complessi

corrispondono andamenti

oscillanti,

Dal valore della parte reale dei

poli dipende poi la convergenza

(se negativo), la costanza nel

tempo (se nullo) o la divergenza

(se positivo) degli andamenti anzidetti.

Qui notiamo che le funzioni di trasferimento relative alle reti passive possono avere soltanto

poli con parte reale negativa o nulla. Ma siccome i poli con parte reale nulla derivano dalla presenza

di elementi reattivi ideali (senza dissipazioni) ne consegue nei circuiti passivi reali i poli hanno

sempre parte reale negativa. Soltanto nel caso delle reti attive si possono avere poli con parte reale

positiva, e in tal caso esse sono instabili.

4. I circuiti RC

Considerariamo il circuito costituito dalla disposizione in serie di un resistore R e di un

condensatore C. Esso presenta impedenza

(7) Z(s) = R + 1/sC

e ammettenza, avendo posto = RC:

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(8) 1 1

1/ 1 1

sC sY s

R sC sRC R s

L'ammettenza

indiciale, cioè la

corrente che scorre nel

circuito quando esso è

eccitato da una tensione

a gradino unitario, è

(9) 1 1 1

1u

Y sy t L L

s R s

Il valore iniziale e il valore finale si ottengono immediatamente applicando i teoremi del

valore iniziale e del valore finale:

(10) lim lim

0

0 1 ; 0u us s

y Y s R y Y s

All'atto dell'applicazione del gradino il condensatore si comporta infatti come un cortocircuito

sicchè la corrente è 1/R (per un gradino unitario). Ai tempi lunghi, invece, il condensatore si

comporta come un circuito aperto e la corrente pertanto si annulla.

L'espressione completa dell'ammettenza indiciale, ottenuta antitrasformando la (9), è

(10)

1 expu

Y s u ty t L t

s R

L'ammettenza impulsiva y(t), cioè la corrente che scorre nel circuito quando esso è eccitato da una

tensione impulsiva unitaria, si può ottenere antitrasformando la Y(s) oppure derivando rispetto al

tempo l'ammettenza indiciale:

(11) expt u t t

y tR R

Questo andamento si interpreta

come segue. La tensione

impulsiva d'ingresso provoca il

passaggio di una corrente

anch'essa impulsiva che carica

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positivamente il condensatore; successivamente l'ingresso si porta a zero e allora il condensatore si

scarica esponenzialmente a zero attraverso il resistore, con una corrente di segno opposto a quella

iniziale.

Il circuito CR si

ottiene dal circuito precedente

disponendolo come mostrato

nella figura, realizzando così

una rete a due porte. La

funzione di trasferimento è la seguente

(12) 1

sH s RY s

s

Si noti che per |s| << 1/ (cioè ai tempi lunghi) tale funzione si può approssimare con s, che

rappresenta la funzione di trasferimento di un derivatore. Per questo il circuito CR viene anche

denominato "quasi derivatore".

La risposta impulsiva e quella indiciale si ottengono moltiplicando per R le corrispondenti

funzioni y(t) e yu(t) trovate prima:

(13) expu t t

h t Ry t t

(14) expu uh t Ry t u t t

Esaminando la risposta

impulsiva, si nota che

all’istante iniziale l'uscita

riproduce la funzione

impulsiva d'ingresso mentre

la corrente impulsiva carica istantaneamente il condensatore, portando a tensione negativa

l'armatura collegata al nodo d'uscita; successivamente, di conseguenza, l'uscita assume valore

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negativo tendendo poi esponenzialmente a zero. Esaminando la risposta indiciale si nota che ai

tempi lunghi essa tende ad annullarsi, pertanto approssimando bene la derivata temporale del

gradino d'ingresso.

La risposta in regime sinusoidale permanente si ottiene dalla (12) ponendo s = j:

(15) 1

jH j

j

(16) 2 2

; arctan21

H j H j

La risposta in ampiezza si annulla in continua, dove il circuito presenta un anticipo di fase di

/2; mentre ad alta frequenza la risposta in ampiezza è unitaria e lo sfasamento si annulla. Il circuito

si comporta come "passaalto".

Scambiando fra loro il resistore e il condensatore si ottiene il circuito RC passabasso, già

considerato più volte in precedenza. La funzione di trasferimento si ottiene moltiplicando per 1/sC

l'ammettenza Y(s) del bipolo RC

(17) 1 1

1H s Y s

sC s

Si noti che per |s| >> 1/ (cioè ai tempi brevi) tale funzione si può approssimare con 1/s, che

rappresenta la funzione di trasferimento di un integratore. Per questo il circuito RC viene anche

denominato "quasi

integratore".

La risposta impulsiva e

quella indiciale si ottengono

dalla (17) mediante

antitrasformazione:

(18) 1

expu t th t L H s

(19)

1 1 expu

H sh t L u t t

s

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Sviluppando in serie per t << gli esponenziali nella (18) e nella (19) si trova che ai tempi brevi la

risposta impulsiva approssima bene l'integrale nel tempo dell'impulso d'ingresso, mentre la risposta

indiciale approssima bene l'integrale del gradino d'ingresso, come risulta anche dai grafici delle

funzioni.

La risposta in regime sinusoidale permanente si ottiene dalla (17) ponendo s = j:

(20) 1

1H j

j

(21) 2 2

1; arctan

1H j H j

La risposta in ampiezza assume il valore massimo, unitario, in continua, dove il circuito

presenta sfasamento nullo; mentre ad alta frequenza la risposta in ampiezza si annulla e lo

sfasamento tende a -/2. Il circuito si comporta come "passabasso".

5. Il circuito RLC serie

Il bipolo in figura rappresenta il circuito RLC serie, ottenuto

disponendo in serie i tre elementi passivi fondamentali. Esso

presenta impedenza Z(s) = sL + R +1/sC e ammettenza

(22) 2 2

1 1

1 1

sC sY s

Z s sRC s LC L LC sR L s

con uno zero all'origine e due poli

(23) p1,2 = - R/2L ± ½[R2/L

2 - 4/LC]

½

Notiamo subito che i poli dell'ammettenza Y(s) sono anche i poli delle funzioni dei circuiti

che si ottengono disponendo i tre elementi in modo da realizzare una rete a due porte, come negli

esempi mostrati nella figura a pagina seguente: un filtro passabasso, un passabanda e un passaalto.

Le funzioni di trasferimento dei tre circuiti sono date infatti dal prodotto di Y(s) per l'impedenza del

ramo trasversale. Si trova poi che quando il fattore di merito del circuito, così definito,

(24) 1oL L

QR R C

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è molto maggiore

dell'unità, la risposta in

frequenza di tutti e tre i

circuiti considerati sopra

presenta un picco attorno

alla frequenza angolare

(25) o = 1/(LC)

con larghezza di banda o/Q (fo/Q, esprimendo la banda in hertz). Essi si comportano cioè (per

Q >> 1) come passabanda attorno a o, pur presentando, per che tende a zero e all'infinito, le loro

diverse proprietà caratteristiche (rispettivamente, passabasso, passabanda e passaalto).

Fissiamo ora l'attenzione sul denominatore della funzione Y(s) data dalla (22), che

costituisce un funzione del secondo ordine in s. Questo, oltre che nella forma fattorizzata

(s - p1)(s – p2) (A)

viene espresso di solito nell'una o nell'altra delle due forme standard

(26) s2 + os/Q + o² (B)

(27) s2 + 2os + o² (C)

dove si è introdotto il fattore di smorzamento

(28) = 1/2Q

I poli della Y(s), dati dalla (23), si esprimono come segue in termini dei parametri o, Q e :

(29) 2 2

1,2 1 1 4 12

o

o op QQ

e sono dunque

reali distinti per R2 > 4L/C Q < 0,5 > 1

reali coincidenti per R2 = 4L/C Q = 0,5 = 1

complessi coniugati per R2 < 4L/C Q > 0,5 < 1

Quando i poli sono complessi, si può esprimerli come segue in termini della loro parte reale

e di quella immaginaria :

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(30) p1,2 = ± j

Sviluppando il prodotto (s - p1)(s - p2), si ottiene una terza forma standard:

(31) s2 – 2s +

2 +

2 (D)

Uguagliandola alle precedenti, si ottengono le seguenti relazioni fra i parametri:

(31a) o2 =

2 +

2

(32) = -o/2Q = - o

(33) = o (1 - 1/4Q²)/2

= o (1 - ²)/2

Se il circuito RLC è costituito da elementi passivi reali, esso è sicuramente stabile: ne

consegue che deve essere < 0, e quindi anche Q > 0, > 0.

E' interessante esaminare come i poli si spostano nel piano complesso al variare del fattore

di merito Q, assumendo o costante. Il grafico nella figura, tracciato utilizzando le relazioni (32) e

(33), mostra che i poli, supposti inizialmente reali e distinti con Q < 0,5 , al crescere di Q si

spostano sull'asse reale, avvicinandosi fino a coincidere per Q = 0,5. Successivamente essi invece si

allontanano fra loro,

muovendosi sulla

circonferenza di raggio

o, fino a raggiungere,

quando Q assume

valore infinito, l'asse

immaginario. Il

prolungamento delle

traiettorie nel

semipiano di destra,

che rappresenta il caso

di una rete attiva

sempre più fortemente

instabile, corrisponde a

valori negativi di Q, di

valore crescente (decrescente in modulo) a partire da -: all'attraversamento dell'asse immaginario

corrisponde infatti a una discontinuità di Q da + a -).

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6. Il circuito RLC parallelo

Il bipolo in figura, ottenuto disponendo in parallelo i tre

elementi passivi fondamentali, rappresenta il circuito RLC

parallelo, che costituisce il circuito duale di quello esaminato

prima. Esso presenta ammettenza Y(s) = sC + 1/R + 1/sL e

impedenza Z(s) = 1/Y(s) con uno zero all'origine e due poli.

Esprimiamo l'impedenza nella forma standard più usuale:

(34) 2 2 2 2

1 1

1 1 o o

sL s sZ s

sL R s LC C LC s RC s C s s Q

dove la frequenza angolare caratteristica è data ancora dalla (25), mentre il fattore di merito, a

differenza di prima (ma coerentemente con la definizione (19) a pag. 17 della parte I), è dato

dall'espressione

(35) o

o

RQ RC

L

Si noti che in questo circuito (sempre quando Q > 0,5) è l'impedenza, e non l'ammettenza, che

presenta risonanza, anche qui con larghezza di banda o/Q.

In pratica, nei circuiti reali, il valore della resistenza R non è una costante, ma dipende dalla

frequenza. Tale resistenza, infatti, non rappresenta soltanto quella del resistore in parallelo, che

spesso è addirittura assente, ma anche le dissipazioni associate agli elementi L e C, che in genere

dipendono dalla frequenza. Spesso poi la resistenza parallelo R dipende sopratutto dalle perdite

dell’induttore, che si rappresentano, come sappiamo, con una resistenza equivalente serie RL a cui

corrisponde il fattore di merito QL=L/RL. Uguagliando a QL il fattore di merito espresso dalla (35),

si ricava la seguente relazione fra R ed RL

(35a) R = Q2RL

Esempio. Esaminiamo l'effetto delle dissipazioni associate ai tre elementi sul fattore di merito

complessivo di un circuito RLC parallelo reale.

Rappresentiamo le dissipazioni degli elementi reattivi con resistenze disposte in serie a

ciascuno di essi: RL e RC. Nella approssimazione di alto Q, chiamando V l'ampiezza della tensione

oscillante ai capi del circuito alla frequenza di risonanza, le correnti che scorrono attraverso i tre

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elementi hanno intensità (valori di picco): IR = V/R, IL = V/oL, IC = VoC = V/oL. La potenza

dissipata nel circuito è dunque:

2 2 2 2 2 2

2 2 2 22 2 2 2 2 2

R L L C C L CR L C

o o

I R I R I R V V R V RP P P P

R L L

Attribuendo tutte le dissipazioni a un'unica resistenza equivalente Req disposta in parallelo a

elementi reattivi ideali, dalla precedente espressione si ricava:

2 2 2 2

1 1 CL

eq o o

RR

R R L L

Utilizzando la precedente, il fattore di merito complessivo Q = Req/oL può essere espresso nella

forma seguente, nella quale si individuano i contributi dei fattori di merito associati ai tre elementi

reali

1 1 1 1o o CL

eq o o R L C

L L RR

Q R R L L Q Q Q

Questo risultato, assai importante, può essere generalizzato a) a un risonatore di qualsiasi natura

fisica, b) al caso di accoppiamenti “parziali” di elementi dissipativi a un risonatore principale, in tal

caso pesando nell’espressione precedente i fattori di merito di tali elementi con dei fattori di

accoppiamento energetico di valore opportuno (inferiori all’unità). Per esempio, nel caso di un

cristallo di quarzo (pag. 24, parte III), chiamando QM il fattore di merito della parte meccanica e QE

quello della parte elettrica (che rappresenta le dissipazioni associate alla capacità C2), si ha 1/Q =

1/QM + /QE, dove il fattore d’accoppiamento è =C1/(C1+C2). Tale espressione vale anche nel caso

di un’antenna gravitazionale risonante, rappresentando la dipendenza del Q totale del modo

meccanico dalle dissipazioni elettriche.

Ricaviamo in quanto segue una espressione approssimata per l'impedenza del circuito RLC parallelo

nell'intorno della frequenza angolare di risonanza o. Nella (34), espressa in funzione di j, sostituiamo con o + .

Sviluppando i calcoli nella approssimazione << o si ottiene:

(36) 1 2 1

o

o

QL RZ j

j Q j

con = 2Q/o. Questa espressione approssimata risulta assai utile grazie alla sua semplicità. Usiamola, per esempio, per

calcolare la risposta normalizzata in regime sinusoidale di un circuito RLC con Q = 50, che risuona a 1 MHz. In questo

caso la larghezza di banda totale è 1 MHz/50 = 20 kHz, la semilarghezza 10 kHz (data da 1/2). Di conseguenza alla

frequenza di 1010 kHz (e di 990 kHz) la risposta si riduce di -3 dB, a 1100 kHz (e a 900 kHz) si riduce di -20 dB.

Quesito. Perché calcolando come sopra la risposta del circuito a 2 MHz otteniamo un risultato insensato?

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14

RETI DUE PORTE

Ci occupiamo qui delle reti a due porte (vedi Parte II) lineari e stazionarie, intese come

scatole nere, cioè prescindendo dalla loro costituzione interna, considerando pertanto come

accessibili soltanto le grandezze elettriche relative alle porte, attraverso cui queste reti possono

interagire con altri circuiti. L'obiettivo è quello di rappresentarle mediante equazioni e circuiti

equivalenti, ricavare espressioni per le loro funzioni di rete, individuarne certe proprietà interessanti

ed esaminare alcuni casi particolari.

In quanto segue trascureremo quasi sempre, per semplicità, di indicare esplicitamente la

dipendenza dalla variabile complessa s (o dalla frequenza angolare complessa j) delle grandezze

elettriche, delle funzioni di rete e dei parametri caratteristici delle reti. In altre parole, invece di

scrivere, per esempio, Z(j) o Z(s) scriveremo semplicemente Z.

7. Rappresentazione delle reti due porte

Nella caratterizzazione delle reti a due porte si individuano quattro grandezze elettriche, cioè

quattro variabili: le due tensioni e le due correnti relative alle due porte. Perchè queste grandezze

variabili siano tutte determinate, occorre stabilire due relazioni2, evidentemente lineari e a

coefficienti costanti, fra due coppie di esse, esprimendo cioè due grandezze, scelte come variabili

dipendenti, in termini delle due restanti, scelte come variabili indipendenti; e individuando di

conseguenza i quattro coefficienti a ciò necessari. Questo si può fare in sei possibili modi diversi3, a

ciascuno dei quali corrisponde un diverso sistema di equazioni e conseguentemente un diverso

insieme di parametri caratteristici della rete.

2 Per determinare quattro variabili occorrono quattro equazioni indipendenti fra esse. Alle due equazioni che

rappresentano la rete si aggiungono infatti le due equazioni che ne descrivono le condizioni di terminazione, mettendo

così in relazione fra loro la corrente e la tensione a ciascuna delle due porte o stabilendone altrimenti i valori.

3 Oltre alle sei rappresentazioni fondamentali se ne usano anche altre. La più diffusa fra queste è quella detta in base S,

(basata sulla matrice di diffusione o di scattering), che tratta le grandezze elettriche in termini di onde.

I1 I2

+ +

V1 porta 1 RETE porta 2 V2

- DUE PORTE -

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15

Le rappresentazioni più usate in pratica sono le tre seguenti, dove si considerano come

variabili indipendenti, rispettivamente, le correnti di porta, le tensioni di porta, la corrente della

porta 1 e la tensione alla porta 2:

(37) V1 = Z11 I1 + Z12 I2 ; V2 = Z21 I1 + Z22 I2

(38) I1 = Y11 V1 + Y12 V2 ; I2 = Y21 V1 + Y22 V2

(39) V1 = H11 I1 + H12 V2 ; I2 = H21 I1 + H22 V2

Nelle (37) i parametri hanno tutti le dimensioni di un’impedenza (rappresentazione in base Z), nelle

(38) di un’ammettenza (base Y); nelle (39) (base H) si parla di parametri ibridi, dato che uno dei

parametri è un'impedenza, un altro un'ammettenza e gli altri due sono adimensionali.

La scelta fra le diverse rappresentazioni dipende da varie considerazioni. Per esempio, se alle porte della rete sono

collegati dei bipoli in parallelo, può essere conveniente la rappresentazione in base Y; se i bipoli sono collegati in serie,

la rappresentazione in base Z. Un altro aspetto riguarda il comportamento naturale della rete, che può essere tale che in

una rappresentazione occorra tener conto di tutti e quattro i parametri, mentre in un'altra possa bastarne un numero

minore. Questo è il caso della rappresentazione linearizzata dei transistori bipolari: qui, in prima approssimazione, ma

soltanto nella rappresentazione in base H, può essere sufficiente considerare solo uno o due parametri (H21, che

rappresenta il guadagno in corrente, e subordinatamente l’impedenza H11).

Per quanto detto la caratterizzazione completa di una rete due porte richiede in generale la

conoscenza di quattro parametri, più precisamente di quattro funzioni di s o di j, dato che in

generale i parametri saranno funzioni della frequenza, oppure di quattro operatori

integrodifferenziali (esprimendo nel dominio del tempo le relazioni (37), (38), (39)).

Notiamo innanzitutto che, salvo particolari casi degeneri, quando si conoscono i parametri

relativi a una certa rappresentazione è sempre possibile calcolare quelli relativi a un'altra, con

opportune trasformazioni. Ma notiamo anche che non tutte le reti due porte ammettono tutte e sei le

rappresentazioni fondamentali. Questo è

quanto si verifica, ad esempio, per il

trasformatore ideale e per i generatori

controllati ideali, e in tutti i casi in cui la

rete due porte degenera in un bipolo.

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16

A ogni sistema di equazioni corrisponde un

determinato circuito equivalente, che si ricava

immediatamente da esse. Nelle figure a destra sono

mostrati i tre circuiti equivalenti relativi alle tre

rappresentazioni su base Z, Y e H.

Esaminando le equazioni, o i corrispondenti

schemi equivalenti, è immediato stabilire il significato

fisico dei parametri. Per esempio Z11 rappresenta

l'impedenza della rete alla porta 1 quando la porta 2

viene lasciata aperta: infatti quando I2 = 0 la prima

equazione si riduce a V1 = Z11 I1 e si ha quindi

Z11 = V1/I1. Ragionando similmente si trova che Y11 rappresenta l'ammettenza della rete alla porta 1

quando la porta 2 si trova in cortocircuito (e questo chiarisce che Z11 è cosa ben diversa da 1/Y11).

Questi stessi ragionamenti sono utilizzati anche per stabilire le modalità di misura per

determinare sperimentalmente i valori dei parametri di una rete due porte. Per esempio, volendo

misurare la transimpedenza Z21, che in base alla seconda delle equazioni (37) è definita dal rapporto

V2/I1 quando I2 = 0, si disporrà un generatore di corrente alla porta 1 e si collegherà un voltmetro

alla porta 2.

Notiamo poi che se la funzione della rete è quella di trasmettere segnali da una porta

all'altra, per esempio dalla 1 alla 2, è evidente che rivestono particolare importanza i parametri con

indice 21, che determinano appunto come il circuito in cui è inserita la porta 1 influenza quello

collegato alla 2.

Notiamo infine che è molto diffusa anche una diversa notazione per gli indici dei parametri,

sopratutto per quanto riguarda i modelli linearizzati dei dispositivi attivi. Considerando la porta 1

come ingresso e la 2 come uscita, si usa spesso l'indice i (input, ingresso) al posto di 11, l'indice o

(output, uscita) al posto di 22, l'indice f (forward, diretto) al posto di 21 e l'indice r (reverse,

inverso) al posto di 12. Per esempio, H12 si indica con Hfe. I parametri H, inoltre, si indicano spesso

con lettere minuscole, considerati come costanti reali (hfe) che rappresentano relazioni fra grandezze

differenziali.

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17

Il numero di parametri (generalmente funzioni della frequenza) necessari a caratterizzare

una rete due porte è minore di quattro per reti dotate di proprietà particolari.

Nelle reti reciproche il numero di parametri essenziali si riduce a tre (su base Z e Y), dal

momento che, evidentemente, si ha Z12 = Z21 (e Y12 = Y21). Il numero dei parametri si riduce poi a

due nel caso delle reti simmetriche, nelle quali le due porte sono indistinguibili fra loro: si ha allora

Z11 = Z22, oltre che Z12 = Z21.

Il caso delle reti reciproche è piuttosto importante, dal momento che tali sono tutte le reti

passive, escluse quelle contenenti giratori, cioè le reti costituite dagli elementi passivi usuali:

resistori, condensatori, induttori e trasformatori (e induttori accoppiati). Ne consegue che queste reti

si possono rappresentare con schemi equivalenti più semplici, in cui intervengono soltanto tre

elementi, come è mostrato negli esempi della figura qui sotto che illustrano i due modelli detti a T e

a (che sono fra loro duali)chiamati rispettivamente stella e triangolo dagli elettrotecnici. I

parametri Z si esprimono assai semplicemente in termini dei parametri del modello a T, nel modo

seguente:

(40) Z11 = Z1T + Z2

T ; Z12 = Z21 = Z2

T ; Z22 = Z2

T + Z3

T

Analogamente, i parametri Y si esprimono così in termini dei parametri del modello a :

(41) Y11 = Y1 + Y2

; Y12 = Y21 = -Y2

; Y22 = Y2

+ Y3

Gli schemi qui sopra illustrano invece, anzichè modelli, alcune particolari strutture circuitali

interne usate nella realizzazione delle reti a due porte.

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Esercizio. Ricavare le espressioni necessarie per eseguire la trasformazione dei parametri del modello a T in quello a .

Calcolare quindi i valori dei parametri del modello a di una rete che nel modello a T presenta i seguenti valori dei

parametri: R1T

= 10 , R2T

= 100 , R3T

= 1000 .

8. Amplificazioni, impedenze e impedenze caratteristiche

Consideriamo una rete due porte generica, per

calcolarne le amplificazioni fra le porte e le impedenze

offerte alle porte utilizzando la rappresentazione a parametri

Z. A una porta (1) colleghiamo un generatore di tensione

ideale e all'altra (2) un carico ZL, che è descritto

dall'equazione V2 = -ZLI2. In queste condizioni la tensione

V1 risulta nota e le altre tre grandezze (V2, I1, I2) si possono calcolare dal momento che disponiamo

di tre equazioni.

Sostituendo nella seconda delle (37) l'espressione di V2 ottenuta dall'equazione del carico si

ha:

(42) - ZLI2 = Z21I1 + Z22I2

da cui si ricava immediatamente il rapporto fra le correnti alle due porte, cioè l'amplificazione di

corrente Ai:

(43) 2 21

1 22

i

L

I ZA

I Z Z

Notiamo subito che il "motore" del funzionamento della rete è costituito dalla

transimpedenza diretta Z21. Notiamo poi che il segno meno deriva dalla definizione del guadagno di

corrente come rapporto fra le due correnti di porta (entranti per convenzione); il segno sarebbe

infatti positivo se definissimo il guadagno come rapporto fra la corrente nel carico (IL = -I2) e quella

della porta 1.

Ricavando I2 dalla (43) e sostituendo nella prima delle equazioni (37) si ha:

V1 = Z11 I1 - (Z12Z21/(Z22+ZL)) I1

da cui si ricava la seguente espressione per l'impedenza d'ingresso alla porta 1:

(44) 1 12 2111

1 22

in

L

V Z ZZ Z

I Z Z

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E' interessante esaminare la dipendenza di Zin dal carico ZL. I due casi limite si hanno per ZL = 0,

quando Zin = Z11 - Z12Z21/Z22, e per ZL = , quando, come già sappiamo, Zin = Z11.

Una situazione assai particolare si verifica quando l'impedenza di carico è tale che

l'impedenza d'ingresso viene ad eguagliarla. Questa particolare impedenza prende il nome di

impedenza caratteristica e si indica di solito con il simbolo Zo. Si noti peraltro che per una rete

due porte si definiscono in generale due impedenze

caratteristiche, corrispondenti alle due porte. Queste sono: Zo1,

che è l'impedenza di carico ZL alla porta 2 per cui alla porta 1 si

ha Zin1 = ZL = Zo1, e Zo2, che è il valore dell'impedenza di carico

Zs (che generalmente ha il ruolo di impedenza di sorgente)

collegata alla porta 1 per cui l'impedenza offerta dalla porta 2

verifica l'uguaglianza Zin2 = Zs = Zo2.

L'impedenza caratteristica Zo1 si calcola sostituendo

nella (44) sia ZL che Zin con Zo1 e risolvendo l'equazione

quadratica

Zo12 + Zo1(Z22 - Z11) = Z11Z22 - Z12Z21

Da questa si ottiene

(45)

2

11 22 11 22 12 21

1

4

2o

Z Z Z Z Z ZZ

che per le reti simmetriche (Z11=Z22, Z12=Z21) si riduce a

(46) 2 2

1 11 12oZ Z Z

(e in questo caso, evidentemente, si ha Zo1 = Zo2). Entrambe le soluzioni della (45), in generale,

presentano significato fisico.

Quando l'impedenza di carico è uguale all'impedenza caratteristica Zo1 si dice che la rete è

adattata in uscita; quando l'impedenza di sorgente è uguale all'impedenza caratteristica Zo2 si dice

che la rete è adattata in ingresso; si dice poi che la rete è adattata quando entrambe le condizioni

sono verificate.

Esercizio. Considerate la rete resistiva simmetrica che nel modello a T ( pag. 17) ha i seguenti valori dei parametri:

R1T

= 100 , R2T

= 400 . Calcolate i valori dell'impedenza caratteristica, discutendo i risultati ottenuti.

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L'amplificazione di tensione di una rete due porte (cioè la funzione di trasferimento per la

tensione dalla porta 1 alla porta 2) si ricava usando l'equazione del carico per esprimere la tensione

V2 e scrivendo la tensione V1 come prodotto di I1 per l'impedenza d'ingresso (utilizzando le

espressioni (43) e (44) per il guadagno di corrente e l'impedenza d'ingresso):

(47) 2 2 21

1 1 11 22 11 12 21

L L Lv i

in in L

V Z I Z Z ZA A

V Z I Z Z Z Z Z Z Z

Anche qui è interessante esaminare l'andamento in funzione di ZL. Quando ZL = 0 si ha

evidentemente Av = 0, mentre quando ZL = si ha Av = Z21/Z11, che rappresenta il guadagno

massimo ottenibile dalla rete (con la porta 2 aperta). Se poi la rete è adattata in uscita, cioè si ha

ZL=Zo1 e quindi Zin = Zo1 = ZL, si trova che

(48) Av = -Ai

cioè l'amplificazione di tensione è uguale all'amplificazione di corrente cambiata di segno.

Si usa spesso anche un'altra definizione

dell'amplificazione di tensione, alternativa alla (47),

cioè l'amplificazione Avs fra la sorgente e l'uscita

(Avs = V2/Vs). Questa amplificazione si calcola assai

semplicemente sostituendo nella (47) Vs al posto di V1. Dato che

(49) Vs = ZSI1 + V1 = (Zs + Zin)I1

si ricava

(50)

2 2 21

1 11 22 12 21

L L Lv i

s in s in s s L

V Z I Z Z ZA A

V Z Z I Z Z Z Z Z Z Z Z

Allo stesso risultato si arriva direttamente sostituendo Z11 con Zs + Z11 nell'espressione finale della (47). Infatti,

sostituendo la rete originale con una che inglobi l’elemento Zs, i parametri Z restano immutati ad eccezione di Z11, a cui

si somma Zs. E se la (47) fosse stata espressa in termini di parametri Y?

9. Reti in cascata

Alcuni sistemi elettronici sono realizzati collegando in cascata, fra una sorgente e un carico,

un certo numero di reti due porte (amplificatori, attenuatori, linee di trasmissione, ecc.), che

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21

vengono così a costituire un'unica rete due porte. I parametri di questa rete, per esempio

l'amplificazione e l'impedenza d'ingresso, non si ottengono di solito in modo semplice in funzione

dei parametri delle singole reti. In particolare, se l'amplificazione di tensione complessiva è

certamente pari al prodotto delle amplificazioni locali, ciascuna di queste dipende però

dall'impedenza di carico, che è costituita dall'impedenza d'ingresso della rete che segue, la quale

può dipendere a sua volta dal carico finale della rete complessiva.

Questa situazione si semplifica grandemente quando tutte le reti che costituiscono il sistema

presentano alta impedenza d'ingresso e bassa impedenza d'uscita, con valori tali che

l'amplificazione complessiva sia semplicemente il prodotto delle amplificazioni a vuoto delle reti

costituenti, condizione peraltro difficilmente verificata in presenza di reti di tipo passivo

(attenuatori, linee di trasmissione, ecc.). Ma anche quando tutte le reti costituenti presentano la

stessa impedenza caratteristica.

In quest’ultimo caso l'insieme delle reti in cascata si presenta come un'unica rete due porte

con impedenza caratteristica data da quella delle reti costituenti e con amplificazione di tensione (in

condizioni di adattamento) pari al prodotto delle amplificazioni (sempre in condizioni di

adattamento) delle singole reti costituenti. Questo criterio trova numerose applicazioni pratiche,

come nei sistemi a 600 usati in telefonia, nei sistemi a 75 usati a radiofrequenza (antenna TV,

preamplificatore, cavo di discesa) e in quelli a 50 usati nella strumentazione fisica per

l'elaborazione di segnali veloci.

CONDIZIONI DI NON DISTORSIONE E SFASAMENTI

10. Condizioni di non distorsione

Per distorsione si intendono in generale le modifiche che subisce la forma dei segnali

quando attraversano un sistema. Queste possono essere dovute all’effetto di nonlinearità4

(provocando, per esempio, l’insorgere di armoniche di un segnale sinusoidale) oppure, come

vogliamo considerare qui, a effetti puramente lineari, provocati dalla dipendenza dalla frequenza

della risposta del sistema.

4 Vedi parte VII, pag. 13.

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22

Occupandoci della “distorsione lineare”, diciamo allora che un sistema con funzione di

trasferimento H(s) fornisce una risposta “fedele”, cioè indistorta, se per qualsiasi segnale d’ingresso

x(t) l’uscita y(t) ha la stessa forma dell’ingresso, ammettendo naturalmente un fattore di scala per le

ampiezze (amplificazione o attenuazione) e anche una possibile traslazione nel tempo

(evidentemente in ritardo). Ciò detto, si conclude che le condizioni di non distorsione possone

essere così formulate:

(51) (a) |H(j)| = Ho (b) /H(j

con i parametri Ho e T 0 reali e costanti. In tal caso si ha infatti: y(t) = Ho x(t-T). La funzione di

trasferimento deve dunque avere la forma:

(52) H(j) = Ho exp(-jT).

Le condizioni precedenti risultano verificate solo nei seguenti due casi: a) sistemi statici

(con H(j) = Ho e T=0), b) elementi di ritardo puro (con |H(j)| = Ho e T>0). E risultano verificate

soltanto per sistemi ideali, dato che sappiamo che ad alta frequenza qualsiasi oggetto reale introduce

attenuazione e sfasamento.

Le condizioni di non distorsione, in particolare, non sono mai verificate esattamente per i

sistemi dinamici a costanti concentrate. Esse possono essere tuttavia verificate approssimativamente

in determinati intervalli di frequenza. Prendiamo, ad esempio, la funzione H(j = 1/(1 + j). Si

osserva immediatamente che per << 1/ si ha: |H| 1, /H(j) = - arctang() -.

11. Relazioni fra ampiezza e fase

Senza in alcun modo approfondire l’argomento, diciamo qui che per una estesa classe di

funzioni di trasferimento vi sono delle relazioni fra l’andamento del modulo in funzione della

frequenza e quello della fase. Per esempio, negli intervalli di frequenza dove il modulo è costante la

fase è nulla; dove il modulo ha una data pendenza, la fase assume un valore costante (cioè a una

pendenza di 20 dB/dec nel diagramma di Bode corrisponde una fase di /2, ecc.).

Ciò si verifica in particolare per le funzioni di trasferimento razionali fratte in s prive di zeri

con parte reale positiva5 Tali funzioni si chiamano a minimo sfasamento, perchè sono quelle che, a

5 Attenzione: nulla a che vedere con la stabilità, che riguarda invece la presenza di poli con parte reale positiva.

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23

ogni frequenza, presentano il minimo sfasamento fra tutte le funzioni di trasferimento che hanno lo

stesso andamento del modulo in funzione della frequenza.

Due esempi di funzioni a sfasamento non minimo sono i seguenti:

a) H(j = (1 - jz)/(1 + jp), con z> 0 e p > 0, che è una funzione razionale fratta che

possiede uno zero con parte reale positiva, Tale funzione è chiamata “passatutto”. Perchè?

b) H(j) = Ho exp(-jT), che è una funzione trascendente di j.

12. Il problema della fase

La fase di un numero complesso è definita usualmente nell’intervallo -, . Ma molte

funzioni di trasferimento presentano sfasamenti che eccedono tale intervallo. Questo avviene, per

esempio, per le funzioni exp(-jT) e 1/(1 + j)3, la cui fase, al crescere della frequenza, raggiunto

-non ridiventa certamente positiva, ma continua a crescere in valore assoluto, tendendo a -∞ per

la prima, a –3/2 per la seconda.

L’impiego della funzione arcotangente per determinare la fase di un numero complesso

z = x + jy, inoltre, aggrava il problema, dato che l’arcotangente funziona soltanto nell’intervallo

-, (assegnando così, per esempio, la stessa fase ai numeri 1+j e –1-j). All’intervallo -, si

ritorna utilizzando funzioni a due argomenti che sono disponibili in vari linguaggi di

programmazione. Nel Fortran e nel C, per esempio, oltre alla funzione arcotangente standard

(ATAN(y/x), che ha un solo argomento), c’è la funzione ATAN2(y,x), che ha due argomenti e

fornisce quindi la fase giusta nell’intervallo -, .

Resta il problema, utilizzando il calcolatore, di determinare correttamente la fase in funzione

della frequenza per una generica funzione di trasferimento. Per quanto detto, evidentemente, ciò

non si può ottenere quando la funzione è espressa nella forma di rapporto di polinomiali in j con

grado maggiore di 2. In tali casi occorre fattorizzare la funzione, esprimendola cioè come prodotto

di più funzioni, ciascuna costituita da polinomiali di grado minore o uguale a 2. Calcolando

separatamente la fase per ciascuna funzione e poi sommando.

Lo stesso problema sorge nell’impiego dell’analizzatore di spettro per visualizzare la

caratteristica di fase della funzione di trasferimento di un circuito o di un sistema. Puo’ darsi, infatti,

che la fase ecceda l’intervallo -, e quindi, per esempio, superata la frequenza a cui vale -, essa

presenti una apparente discontinuità assumendo il valore . Sicchè tali grafici vanno interpretati con

la dovuta attenzione.

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24

LINEE DI TRASMISSIONE

13. Introduzione alle linee di trasmissione

Usciamo temporaneamente dal mondo dei circuiti a costanti concentrate per entrare in quello dei

circuiti a costanti distribuite. Per occuparci delle linee di trasmissione, modellizzate come strutture

unidimensionali usate per rappresentare sia linee vere e proprie, bifilari o coassiali, sia una varietà

di altre struttura, come le piste conduttrici realizzate su circuiti stampati o all’interno di circuiti

integrati.

Resistenza, induttanza, capacità e conduttanza sono

ora grandezze distribuite, definite per unità di lunghezza.

Un trattino elementare di linea si rappresenta come nello

schema in figura, dove gli operatori per unità di lunghezza e

le loro trasformate sono:

(53) ;z t R L y t G Ct t

(54) Z s R sL

(55) Y s G sC

Le grandezze R, L, G e C, che rendono conto delle caratteristiche elettriche della linea (resistenza e

induttanza dei conduttori, capacità e conduttanza fra essi), sono chiamate costanti primarie. Esse

sono definite per unità di lunghezza e in quanto segue sono considerate costanti lungo la linea.

Le grandezze elettriche delle linee, tensioni e correnti,

sono funzioni, oltre che del tempo, anche dello spazio, cioè

dell’ascissa definita lungo la linea. Considerando un trattino

elementare di linea di lunghezza dx, come nella figura a

fianco. si può scrivere:

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25

1

,2

A Bv t v t z t i x t dx ; ' '

1,

2B Av t v t z t i x t dx

Da queste, avendo posto v(x,t) = vA(t) – vA’(t) e v(x+dx,t) = vB(t) – vB’(t), si ha

, , ,v x t v x dx t z t i x t

e derivando rispetto a x si ricava infine:

(56)

, , ,

,v x t v x dx t v x t

z t i x tx dx

Procedendo analogamente si ricava

(57)

,

,i x t

y t v x tx

Derivando ancora rispetto a x la (56) e utilizzando la (57) si ottiene infine

(58)

2

2

, ,,

v x t i x tz t z t y t v x t

x x

che si può porre nella forma

2 2

2 2

, , ,( , ) ( )

v x t v x t v x tRG v x t LG RC LC

x t t

Analogamente si ottiene per la corrente

(59)

2

2

,,

i x tz t y t i x t

x

La (58) e la (59) sono state introdotte da Lord Kelvin e prendono il nome di equazioni dei

telegrafisti6. Trasformandole secondo Laplace e ignorando le condizioni iniziali si ha

(60)

2

2

,,

V x sZ s Y s V x s

x

(61)

2

2

,,

I x sZ s Y s I x s

x

La soluzione della (60) ha la forma generale

(62) 0 0( ) ( ), e e

s x s xV x s A B

6 In ricordo del successo di Lord Kelvin nella realizzazione del primo cavi telegrafico sottomarino attraverso

l’Atlantico.

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26

dove i due termini si interpretano come onde che viaggiano in sensi opposti, le grandezze A e B

dipendono dalla condizioni al contorno, cioè da come la linea è terminata ai suoi estremi e la

grandezza

(63) 0 ( )s Z s Y s

anch’essa definita per unità di lunghezza, prende il nome di costante di propagazione. Essa può

essere così espressa nel dominio della frequenza in termini della sue parti reale e immaginaria

(64) 0 0 0j j

Introducendo nella (63) le definizioni di Z(s) e Y(s) si ha:

(65) 0 0

R Gs R sL G sC s s

L C

avendo posto

(66) 0 LC

con il significato di ritardo per unità di lunghezza.

Una situazione assai importante si verifica quando le costanti primarie della linea soddisfano

la cosiddetta condizione di Heaviside (che in particolare è sempre verificata in assenza di perdite,

cioè per R = 0, G = 0))

(67) R G

L C

In tal caso nella (65) il termine sotto radice si riduce a un quadrato perfetto e allora la

costante di propagazione assume la gradevole forma

(68) 0 0

R Rs LC s s

L L

E allora nel dominio della frequenza si ha

(68a) 0 0 0

Cj j R j LC

L

dove la parte reale α0 non dipende dalla frequenza e la parte immaginaria β0 = -ωτ0 è direttamente

proporzionale alla frequenza, con il significato, rispettivamente, di attenuazione e di sfasamento per

unità di lunghezza.

Quesito. Il rapporto β/α può essere assunto come fattore di merito di una linea. Come si giustifica ciò?

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27

Quando la condizione di Heaviside (67) è verificata, la forma del segnale si mantiene nella

sua propagazione lungo la linea, cioè sono rispettate le condizioni di non distorsione ( pp. 21-22),

come si dimostra sostituendo la (68) nella (62). Considerando in particolare l’onda diretta si ha

infatti: 0 0 0( )e e e

s x x s xA A

. Percorrendo uno spazio unitario lungo la linea, l’onda subisce il

ritardo 0 e quindi la sua velocità di propagazione è 01 .pv

Considerando un tratto di linea come una rete a due porte, la sua impedenza caratteristica è

(69) 0

Z s R sLZ s

Y s G sC

Questa, quando è verificata la condizione di Heaviside (67), assume un valore reale indipendente

dalla frequenza chiamato resistenza caratteristica:

(70) 0

LR

C

e in tal caso si ha 0 0 .R R

Si noti che l’impedenza (o la resistenza) caratteristica, a differenza di altre grandezze

relative alle linee, è una grandezza concentrata, che si esprime quindi in unità di ohm e non di

ohm/metro. Una espressione approssimata della (69), ottenuta sviluppandola in 1/s, è la seguente

(71) 0 0 0 0

1 1 11

1 2 eq

R sL R GZ s R R R

G sC s L C sC

costanti primarie (per unità di lunghezza)

R, L, C, G

da cui (per unità di lunghezza)

Z(s) = R + sL Y(s) = G + sC

costanti secondarie se valgono le condizioni di Heaviside

costante di propagazione (per unità di lunghezza)

0 ( )s Z s Y s

con attenuazione (per unità di lunghezza)

sfasamento (per unità di lunghezza)

e ritardo (per unità di lunghezza)

0 0 0 0 0j j j

0 0R L C R R

0 LC

0 LC

impedenza caratteristica

0 0( ) 1 eqZ s Z s Y s R sC

0R L C

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28

14. Qualche considerazione sulle costanti delle linee di trasmissione

Per una linea bifilare costituita da due conduttori paralleli di diametro d posti a distanza r >> d si ha:

0 0

2 1 2ln ln

2ln

r r

p

r r

r c rC L v R

r d c d

d

Per una linea coassiale, con diametro interno d1 e diametro esterno d2 si ha:

2 20 0

1 12

1

2 1ln ln

2 2ln

r r

p

r r

d dcC L v R

d c dd

d

Nelle espressioni precedenti ε e μ indicano la costante

dielettrica e la permeabilità magnetica del mezzo isolante (vuoto, aria,

…), c indica la velocità della luce nel vuoto, e la resistenza

caratteristica è calcolata in assenza di perdite (o per perdite

trascurabili). In pratica si ha sempre μr ≈ 1 e nell’aria εr ≈ 1, sicché

nelle linee bifilari la velocità di propagazione è vp ≈ c.

La costante dielettrica relativa dei materiali isolanti usati nei

cavi coassiali è tipicamente di poche unità sicché la velocità di

propagazione è poco inferiore a quella della luce, con ritardo per unità

di lunghezza 0 3,3 / .r rc ns m

La resistenza caratteristica dipende essenzialmente dal rapporto , l’impedenza

caratteristica del mezzo, che nel vuoto, e praticamente anche nell’aria, vale 376,7 , mentre

dipende solo debolmente dai parametri geometrici.

I parametri di un tipico cavo coassiale (RG58 C/U) sono i seguenti: C = 100 pF/m,

L = 250 nH/m, RDC = 50 m/m. E quindi si ha: R0 = 50 , 0 = 5 ns/m, αDC = 10-3

. Per un cavo di

100 m di lunghezza l’attenuazione è circa 5 dB a 10 MHz, 18 dB a 100 MHz, 60 dB a 1 GHz.

Esercizio 1. Calcolare la resistenza caratteristica di un cavo coassiale con diametro interno 3,6 mm, diametro esterno 1

mm e dielettrico con costante dielettrica relativa 2,3.

Esercizio 2. Calcolare, in unità di decibel, l’attenuazione di 100 metri di un cavo RG58 C/U a bassa frequenza.

Individuate, e giustificate, una legge approssimata per la dipendenza dalla frequenza del parametro R.

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29

Esempio. Una antica linea bifilare, usata in telefonia, è costituita da due conduttori in bronzo

fosforoso con raggio di 3 mm posti a distanza di 25 cm. Le costanti primarie reattive si ottengono

dalle formule date sopra: C = 3,14×8,85∙10-12

/ln(500/3) = 5,43 nF/km, L = 2,05 mH/km. I valori

delle costanti primarie dissipative, misurati alle frequenze telefoniche, sono: R = 5,4 Ω/km,

G ≈ 1 μS/km (con forte dipendenza dall’umidità). Le condizioni di Heaviside non sono verificate

dato che R/L = 2,64∙103 è alquanto maggiore di G/C = 184. Il valore approssimato della resistenza

caratteristica è 6 12

0 2,05 10 5,43 10 614 .R

Le costanti delle linee, in generale, non sono costanti. Le costanti primarie presentano infatti

dipendenza dalla frequenza, soprattutto alle frequenze più elevate, per vari effetti elettromagnetici;

nel caso di R, in particolare, interviene l’effetto pelle. E qui notiamo che nelle linee bifilari, come

nell’Esempio precedente, le condizioni di non distorsione non sono generalmente verificate7.

15. Linea di trasmissione di lunghezza infinita e casi particolari

Consideriamo una linea di trasmissione uniforme, cioè con costanti primarie indipendenti

dall’ascissa x, in condizioni di riposo, cioè con condizioni iniziali nulle. Valgono in tal caso le

equazioni (60) e (61) che qui ripetiamo per comodità:

(60)

2

2

,,

V x sZ s Y s V x s

x

(61)

2

2

,,

I x sZ s Y s I x s

x

Si tratta di equazioni differenziali a coefficienti costanti in x. Soluzione della (61) è la seguente

(72) 0 0

1 2, e es x s x

I x s C s C s

dove C1(s) e C1(s) dipendono dalle terminazioni della linea ai suoi estremi.

Trasformando la (56), si ha

,

,V x s

Z s I x sx

, da cui , ,V x s Z s I x s dx

sostituendo nella quale la (72) e integrando si ha:

0 0

1 2

0 0

, e es x s xZ s Z s

V x s C s C ss s

La precedente, essendo 0 0Z s s Z s , si può scrivere nella forma:

7 Per ottenerle, in alternativa ad aumentare la sezione dei conduttori (una scelta costosa) per ridurre R, in passato si è

utilizzata a lungo una tecnica (pupinizzazione) proposta dall’ingegnere serbo M. Pupin: disporre degli induttori in serie

alla linea ad intervalli regolari, in modo da accrescerne l’induttanza equivalente per unità di lunghezza.

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30

(73) 0 0

0 1 2, e es x s x

V x s Z s C s C s

Quando la linea viene eccitata

all’ascissa x = 0 da un generatore di tensione

F(s) con impedenza interna Zs(s), possiamo

considerarla come una rete a due porte, con la

porta 1 all’ascissa x = 0 e la porta 2 all’infinito, con le seguenti condizioni di terminazione8:

(74) 1 10, sV s V s F s Z s I s alla porta 1

(75) 2 2, 0 , 0V s V s I s I s alla porta 2

La (75) si giustifica ammettendo che il generatore fornisca alla linea energia finita e che la

linea, di lunghezza infinita, presenti dissipazioni non nulle, come è inevitabile, anche se

eventualmente piccolissime. Dalla (75) consegue che 2 0C s e quindi l’onda retrograda è

assente. Pertanto lungo la linea si ha:

(76) 0

0 1, es x

V x s Z s C s

0

1, es x

I x s C s

E quindi per qualsiasi x si ha: ,V x s / 0,I x s Z s .

La costante C1(s) è determinata dalla condizione (74). Sostituendovi 1 1I s C s e

1 0 1V s Z s C s si ricava

1

0 s

F sC s

Z s Z s

e quindi la tensione e la corrente lungo la

linea sono

(77)

0

0

, es

s xF sV x s

Z s Z s

(78)

00

0

, es

s xF s Z sI x s

Z s Z s

L’impedenza d’ingresso alla porta 1 è evidentemente

(79)

1

1 0

1

,

,

V s V x sZ s Z s

I s I x s

8 Nella trattazione delle linee di trasmissione si attribuisce segno positivo alla corrente uscente dalla porta 2, a

differenza di quanto previsto per le reti due porte a costanti concentrate.

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31

portando a concludere che la linea infinita si comporta come se fosse adattata in uscita. Se poi

Zs(s) = Z0(s) la linea è adattata in ingresso e in tal caso si ha

(80)

12

F sV s

Un caso particolare molto importante è costituito dalle linee non dispersive, per cui è

verificata la condizione di Heaviside (R/L = G/C). In tal caso, come sappiamo, l’impedenza

caratteristica è reale, data dalla (70), e la costante di propagazione è data dalla (69) che riscriviamo

nella forma

(81) 0 0 0s s

Sostituendo nelle (77) e (78), e considerando per semplicità il caso Zs(s) = 0, si ha

(82) 0 0, e ex s x

V x s F s

0 0

0

, e ex s xF s

I x sZ s

Passando nel dominio del tempo, si ha

(83) 0 0, expv x t f t x x

0

0

0

, expf t x

i x t xR

Cioè l’onda si propaga attenuandosi, ma preservando la

sua forma, senza distorsione, come mostrato nella

figura.

Un altro caso particolare riguarda le linee non induttive (L = 0), per cui si ha

0 s R G sC e 0

RZ s

G sC

Se una linea siffatta è eccitata da una sorgente impulsiva con f(t) = δ(t), F(s) = 1, e con

impedenza di sorgente nulla (Zs(s) = 0), si trova la seguente soluzione9 nel dominio di s

(84) , expV x s R G sC x

con antitrasformata

9 A. Alberigi Quaranta, B. Rispoli Elettronica, Zanichelli, 1960, pag. 139.

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32

(85) 2

3 2, exp ( )2 4

x RC G xv x t t t RC u t

C t

Questa risposta impulsiva, che (idealmente) si manifesta

istantaneamente lungo tutta la linea, è fortemente distorta, come

mostra la figura che la rappresenta a tre istanti successivi.

Di maggiore interesse è il caso delle linee RC, che

possiamo immaginare costituite da un numero grandissimo, al limite infinito, di cellette RC disposte

in cascata. Essendo L = 0 e G = 0, le costanti secondarie sono:

0 s sRC e 0

RZ s

sC

La risposta impulsiva a una sorgente con impedenza interna nulla si ricava dalla (85)

ponendo G = 0. La sua forma è simile a quella rappresentata nella figura a pagina precedente.

L’equazione differenziale che governa le linee RC si deduce dalla (58):

2

2

, ,v x t v x tRC

x t

Questo tipo di linee presenta ampio interesse. Per esempio ai fini della modellizzazione dei

resistori integrati, per la loro natura RC distribuita, come pure delle interconnessioni fra i diversi

elementi di un circuito integrato, che oggi introducono ritardi confrontabili con (o addirittura

maggiori di) quelli caratteristici dei dispositivi stessi. E anche perché il problema delle linee RC è

formalmente analogo a quello della trasmissione del calore per conduzione e della diffusione in una

dimensione, per cui si ha rispettivamente:

2

2

, ,T x t T x tC

x K t

2

2

, ,1x t x t

x D t

dove T è la temperatura assoluta, C il calore specifico, δ la densità e K la conducibilità termica del

conduttore termico; ρ è la concentrazione della specie che diffonde e D il suo coefficiente di

diffusione.

16. Linea di trasmissione di lunghezza finita collegata a un carico

Consideriamo ora una linea di

lunghezza finita l alimentata al suo

ingresso (porta 1) da un generatore e

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chiusa in uscita (porta 2) su un carico ZL(s), come mostrato nella figura.

Le condizioni di terminazione sono adesso le seguenti:

(86) 1 10, sV s V s F s Z s I s alla porta 1

(87) 2 2, LV s V l s Z s I s alla porta 2

Sostituendo nella (86) le espressioni di I1(s) e di V1(s) date rispettivamente dalla (72) e dalla (73) si

ottiene la relazione

(88) 1 0 2 0s sF s C s Z Z C s Z Z

Procedendo allo stesso modo per la (87) si ottiene

(89) 1 0 2 0

( ) ( )e e 0L L

s sC s Z Z C s Z Z

dove si è posto

(90) 0( ) ( )s s l

con il significato di costante di propagazione del tratto di linea di lunghezza l.

Se il carico è adattato, cioè ZL(s) = Z0(s), allora dalla (89) si ricava C2(s) = 0, con

1

0 s

F sC s

Z s Z s

come per la linea di lunghezza infinita. E quindi si ha soltanto l’onda diretta,

con impedenza d’ingresso Z0(s) alla porta 1.

Per trattare il caso generale, con impedenze di carico e di sorgente arbitrarie, si introducono

i coefficienti di riflessione relativi alle due porte del tratto di linea

(91)

0 0

1 2

0 0

;s L

s L

Z s Z s Z s Z ss s

Z s Z s Z s Z s

dove in particolare 1 0s se 0sZ s Z s (si ha adattamento in ingresso)

e 2 0s se 0LZ s Z s (si ha adattamento in uscita)

Sostituendo le espressioni (91) dei coefficienti di riflessione nelle relazioni (88) e (89) che

rappresentano le due condizioni di terminazione, si ricavano, risolvendo il sistema, le seguenti

espressioni per le costanti C1(s) e C2(s):

(92) 1

0 1 2

2 ( )

( ) 1( )

( ) ( ) 1 ( ) ( )es

s x

F sC s

Z s Z s s s

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34

(93) 22

0 1 2

2 ( )

2 ( )

( )e( )( )

( ) ( ) 1 ( ) ( )es

s x

s x

sF sC s

Z s Z s s s

Sostituendo i risultati precedenti nelle soluzioni generali della linea (72) e (73) si ha infine:

(94) 0 0

2

0 1 2

( ) ( )(2 )

2 ( )

e ( )e( )( , )

( ) ( ) 1 ( ) ( )es

s x s l x

s

sF sI x s

Z s Z s s s

(95) 0 0

0 2

0 1 2

( ) ( )(2 )

2 ( )

( ) ( ) e ( )e( , )

( ) ( ) 1 ( ) ( )es

s x s l x

s

F s Z s sV x s

Z s Z s s s

Queste espressioni consentono di calcolare tutto ciò che si desidera, come l’impedenza d’ingresso

(96) 20

1 2

2

2

1 ( )e(0, )( ) ( )

(0, ) 1 ( ) ( )ein

sV sZ s Z s

I s s s

e l’amplificazione fra l’ingresso e l’uscita della linea

(97) 2

2

1 ( )( , )( )

(0, ) e ( )ev

sV l sA s

V s s

Un punto fondamentale è la presenza di un’onda riflessa quando la linea non è adattata in

uscita, caso nel quale non rientra soltanto un carico diverso dall’impedenza caratteristica ma anche

qualsiasi apprezzabile discontinuità della linea, come una variazione locale dei suoi parametri e

quindi dell’impedenza caratteristica. E allora, quando l’onda diretta raggiunge l’uscita o una

discontinuità all’ascissa l, si crea un’onda riflessa. Questa, se la costante di propagazione è

ragionevolmente approssimata dalla (81), si manifesta poi all’ingresso con il ritardo 2τ0l.

Questo fenomeno è alla base della tecnica della riflettometria nel dominio del tempo (time

domain reflectometry), che utilizza la misura del ritardo fra l’applicazione di un impulso e

l’osservazione del corrispondente segnale riflesso all’ingresso della linea per determinare la

distanza a cui si trova la discontinuità e, per quanto possibile, la sua natura. Questa tecnica, che è

particolarmente utile per individuare i difetti di linee elettriche di grande lunghezza, trova impiego

anche nello studio delle caratteristiche elettromagnetiche dei materiali e dei terreni.

17. Risposta al gradino di un tratto di linea ideale

Consideriamo ancora una linea ideale, cioè non dispersiva e non dissipativa, di lunghezza l per cui

α0 = 0, γ0(s) = -sτ0, γ(s) = -sτ0l, Z0(s) = R0, con ingresso adattato (Γ1(s) = 0), discutendo due casi

particolari della terminazione d’uscita.

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35

1) Estremo in cortocircuito

Se ZL(s) = 0 si ha: Γ2(s) = -1, V2(s) = 0, Av(s) = 0 e 0

2 ( )

2 ( )

1 e( ) ( )

1 ein

s

sZ s Z s

. Quando la linea,

inizialmente a riposo, viene eccitata da un gradino unitario, con F(s) = 1/s, le corrispondenti

risposte, ottenute utilizzando le soluzioni generali (94) e (95), sono:

(98) 0 0 0 0

0

(2 ) (2 )1 1( , ) e e ( , ) e e

2 2

s x s l x s x s l xV x s I x s

s sR

Nel dominio del tempo l’onda diretta e quella riflessa (che ha origine al tempo t = τ0l) si

sovrappongono come descritto nella tabella che segue e illustrato nel grafico qui sotto.

Per t > τ0l l’onda riflessa di

tensione si sottrae gradualmente all’onda

diretta, fino a cancellarla su tutta la linea

per t = 2τ0l.

Per t > τ0l l’onda riflessa di

corrente si somma gradualmente

all’onda diretta, fino a raddoppiarla su

tutta la linea per t = 2τ0l.

Infine, per t > 2τ0l, lungo tutta la

linea, la tensione è nulla, la corrente ha

intensità 1/R0, come è intuitivo.

2) Estremo aperto

Se ZL(s) = ∞ si ha: Γ2(s) = 1 e 0

2 ( )

2 ( )

1 e( ) ( )

1 ein

s

sZ s Z s

. Quando la linea, inizialmente a riposo,

viene eccitata da un gradino unitario, con F(s) = 1/s, le corrispondenti risposte, ottenute utilizzando

tensione corrente

onda diretta

0

1( , ) ( )

2v x t u t x 0

0

1( , ) ( )

2i x t u t x

R

onda riflessa 0

1( , ) (2 )

2v x t u t l x 0

0

1( , ) (2 )

2i x t u t l x

R

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36

le soluzioni generali (94) e (95), sono:

(99 0 0 0 0

0

(2 ) (2 )1 1( , ) e e ( , ) e e

2 2

s x s l x s x s l xV x s I x s

s sR

Nel dominio del tempo l’onda diretta e quella riflessa (che ha origine al tempo t = τ0l) si

sovrappongono come descritto nella tabella che segue e illustrato nel grafico qui sotto.

tensione corrente

onda diretta

0

1( , ) ( )

2v x t u t x 0

0

1( , ) ( )

2i x t u t x

R

onda riflessa 0

1( , ) (2 )

2v x t u t l x 0

0

1( , ) (2 )

2i x t u t l x

R

Per t > τ0l l’onda riflessa di

tensione si somma gradualmente

all’onda diretta, fino a raddoppiarla

su tutta la linea per t > 2τ0l.

Per t > τ0l l’onda riflessa di

corrente si sottrae gradualmente

all’onda diretta, fino a cancellarla

su tutta la linea per t = 2τ0l.

Infine, per t > 2τ0l, lungo

tutta la linea, la tensione è unitaria,

la corrente è nulla, come è intuitivo.

18. Risposta di una linea in regime sinusoidale

Consideriamo ora il comportamento in regime sinusoidale permanente di una linea ideale, cioè non

dispersiva e non dissipativa, di lunghezza l, con ingresso adattato (Γ1(jω) = 0) e carico arbitrario,

per cui α0 = 0, γ0(jω) = - jωτ0, γ(jω) = - jωτ0l, Z0(jω) = R0. In questo caso l’impedenza d’ingresso

(96) e l’amplificazione ingresso-uscita (97) assumono le forme seguenti

(100) 0

0

20 0 2

2

2

2

1 ( )e( ) ( ) 0

1 ( )ein

j l

j l

jZ j R R se j

j

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(101) 22

2

1 ( )( ) e ( ) 0

e ( )ev

jA j se j

j

Si noti che l’impedenza d’ingresso è immaginaria sia quando la linea è aperta che quando è

in cortocircuito e quindi in entrambi i casi essa non assorbe energia dalla sorgente in regime

sinusoidale permanente.

Consideriamo ora in particolare una linea aperta. Ponendo Γ2 = 1 nella (100) si ha

(102) 0

00

0 2

0

21 e

( )1 e tan( )

in j l

j ljR

Z j Rl

che a frequenze sufficientemente basse ha natura capacitiva, riducendosi a 0 0R j l , con capacità

equivalente10

0 0l R . Quando la frequenza f supera il limite di 1/4τ0l, l’impedenza cambia segno e

diventa induttiva. L’andamento complessivo, come indica la (102), è periodico nella frequenza con

alternanza di regioni capacitive e induttive, separate da condizioni di risonanza, dove l’impedenza

tende all’infinito, e di antirisonanza, dove tende a zero.

E’ istruttivo esprimere l’impedenza d’ingresso in funzione della lunghezza d’onda λ invece

che della frequenza, ricordando che ω λ = 2πvp. L’argomento della tangente che figura nella (102),

essendo vp = 1/τ0, diventa allora: 2πl/λ. La prima risonanza si ha quando esso vale π/2, cioè l = λ/4,

la prima antirisonanza per l = λ/2.

L’amplificazione ingresso-uscita in regime sinusoidale, che si ottiene dalla (101) ponendo

Γ2 = 1

(103) 0

2 1( )

e e cosvA j

l

può essere maggiore11

o minore dell’unità, a seconda del valore dell’argomento del coseno. In

particolare, l’amplificazione tende all’infinito quando l = λ/4.

Un caso particolarmente interessante riguarda le linee in quarto d’onda con un carico

arbitrario ZL. Se l = λ/4 e quindi ωτ0l = π/2, dalla (100) si ha

(104) 2

0( )( )

in

L

RZ j

Z j

10

Si nota con letizia che questa capacità è esattamente quella che compete a un tratto di lunghezza l di una linea con

capacità C per unità di lunghezza.

11

Si parla in tal caso di effetto Ferranti dal nome dell’ingegnere inglese Sebastian de Ferranti, che osservò fenomeni di

amplificazione all’estremo di linee elettriche di grande lunghezza. Si noti che una vistosa amplificazione imprevista può

dar luogo a fenomeni di scarica per rottura dell’isolamento della linea.

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cioè il tratto di linea si comporta in modo simile a un trasformatore ed è pertanto utilizzabile per

realizzare un adattamento d’impedenza. Ma soltanto in una banda molto stretta, in un intorno della

pulsazione ω = π/2τ0l.

19. Breve cenno sulle antenne

In realtà si trova che le linee, incluse quelle con estremo aperto oppure cortocircuitato, e soprattutto

quelle bifilari, assorbono dalla sorgente più energia di quanto competa alle eventuali dissipazioni,

rappresentate dalla parte reale dell’impedenza d’ingresso calcolata con i metodi trattati nei paragrafi

precedenti. Il fatto è che una parte dell’energia assorbita dalla sorgente viene irradiata, attraverso un

fenomeno che NON è rappresentato nelle equazioni dei telegrafisti. Perché queste non sono state

ricavata direttamente dalla equazioni di Maxwell, ma ottenute con passaggi al limite da un modello

circuitale a costanti concentrate. Cioè in un ambito nel quale, come si è detto nella Parte II, i campi

elettrico e magnetico si ammettono racchiusi all’interno di elementi reattivi ideali mentre il campo

elettromagnetico semplicemente non trova spazio.

Le linee, in particolare quelle bifilari, si comportano come antenne, come avviene per

l’estesa varietà di configurazioni geometriche di conduttori metallici realizzate specificamente a

questo scopo. La parte reale della loro impedenza d’ingresso Zin(jω), considerata al netto del

contributo di eventuali dissipazioni, prende il nome di resistenza di radiazione, e non è una

resistenza fittizia, ma una ben misurabile. La potenza irradiata in regime sinusoidale è

(105) 2

Re2 inIP Z

dove I è la corrente12.

Il fenomeno ha natura reciproca, perché una antenna può funzionare sia come trasmittente

che come ricevente, sebbene in pratica le scelte di dimensionamento siano alquanto diverse nei due

casi.

Discutiamo ora brevemente la realizzazione di antenne per misurare campi elettrici e magnetici

variabili a frequenze molto basse.

In presenza di un campo elettrico uniforme variabile nel tempo ( )E t( )E t( )E t( ) , un conduttore

verticale di lunghezza l si comporta come una antenna “elettrica” a larga banda a bassissima

12 Si capisce che per massimizzare la corrente, e quindi la potenza irradiata, a parità di tensione applicata, conviene minimizzare la parte immaginaria dell’impedenza d’ingresso scegliendo la lunghezza della linea (o in generale ledimensioni dell’antenna) in modo da realizzare una condizione di risonanza.

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frequenza (λ >> l), cioè nella regione capacitiva

iniziale, dove manifesta la capacità Cant. La tensione

a vuoto ai terminali in figura è approssimativamente

El/2. Collegando i terminali a un amplificatore con

capacità d’ingresso Camp, si ha la tensione:

(106) ( )

( )2

ant

amp ant

E t Cv t

C C

E`evidente la necessità di impiegare un amplificatore a basso rumore, con alta impedenza e bassa

capacità d’ingresso.

La più semplice antenna “magnetica”, è costituita da una spira conduttrice immersa in un campo

magnetico, ai terminali della quale, per la legge di Faraday-Neumann, si crea la tensione

( )( ) cd t

v tdt

in presenza di variazioni del flusso

concatenato con essa e quindi la risposta è

direttamente proporzionale alla frequenza. Per una

bobina di n spire con sezione S disposta normalmente

alle linee di un campo magnetico uniforme variabile nel tempo con legge sinusoidale con induzione

di ampiezza B(jω), si ha:

(107) ( ) ( )V j nSB j

Anche qui occorre un amplificatore a basso rumore, con requisiti meno stringenti per

l’impedenza d’ingresso, notando tuttavia che la sua capacità d’ingresso pone un limite superiore alla

banda di osservazione.

20. Linee di ritardo a costanti concentrate e altre tecniche

I ritardi ottenibili usando le linee di trasmissione usuali13

, ricordando che 0 3,3 / ,r ns m sono

dell’ordine di 3-6 ns/m. Quando questi ritardi risultano insufficienti perché richiederebbero linee di

lunghezza incongrua, si può ricorrere a linee “artificiali” a costanti concentrate, costituite da una

molteplicità di celle disposte in cascata. Ad esempio, il comportamento di una struttura come quella

nella figura a pagia seguente approssima, se il numero delle celle è elevato, quello di una linea a

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costanti distribuite. Ma soltanto a frequenze

relativamente basse, cioè per 1/ .LC Dove ora

L e C sono i parametri di elementi concentrati, espressi

in H e in F. E allora si ha la resistenza caratteristica 0R L C e il ritardo per cella .LC

Esempio. Con L = 0,1 mH e C = 10 nF si ha R = 100 ohm, τ = 1 μs/cella. Ma solo per ω << 106

rad/s.

Ritardi maggiori, a frequenze relativamente basse, si possono ottenere con circuiti RC, notando

tuttavia che si tratta di realizzazioni intrinsecamente dispersive. La soluzione più semplice, sebbene

non particolarmente efficace, è data dalla funzione

(108)

1( ) e

1n

n sH ss

che approssima il ritardo T = nτ. A frequenze sufficientemente basse (ω << 1/τ) si ha infatti

/H(jω) = -n arctang(ωτ) ≈ -nωτ, con risposta in ampiezza approssimativamente unitaria.

L’approccio generale consiste nella ricerca di funzioni, rapporti di polinomiali in s, che

approssimino convenientemente lo sviluppo in serie dell’elemento fondamentale di ritardo e-sT

, e

che presentino risposta in ampiezza indipendente dalla frequenza, come nel caso delle funzioni

passatutto.

La figura di merito più importante di un dispositivo di ritardo è il rapporto fra ritardo e

tempo di salita, che nel caso ideale assume valore infinito. Nel caso della (108), per esempio,

essendo td = 0,69 nτ e tr = 2,2 √nτ, questo rapporto vale: td/tr = 0,31√n.

Fra le altre tecniche utilizzabili per realizzare elementi di ritardo ricordiamo le linee di

ritardo acustiche (a suo tempo usate come memorie nei primi calcolatori digitali), i registri di

scorrimento (shift register) analogici impieganti dispositivi ad accoppiamento di carica (charge

coupled devices, CCD), e naturalmente le soluzioni digitali impieganti registri di scorrimento o

microprocessori opportunamente programmati.

Menzioniamo infine i dispositivi a onde acustiche di superficie (surface acoustic waves,

SAW), che sfruttano la propagazione all’interfaccia fra due mezzi, consentendo di ottenere ritardi

13

Linee coassiali speciali, con il conduttore interno elicoidale anziché rettilineo, presentano elevata induttanza con

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relativamente elevati grazie alla bassa velocità di queste onde,

dell’ordine di quella del suono. La figura in alto rappresenta

schematicamente un elemento di ritardo, costituito da una sbarretta di

materiale piezoelettrico, con un elettrodo metallico di eccitazione e uno

di lettura. Questa tecnologia, impiegando elettrodi di forma opportuna,

consente di realizzare varie funzioni di elaborazione dei segnali, in

particolare filtri. La figura in basso rappresenta schematicamente un

integratore a finestra mobile.

ritardo per unità di lunghezza dell’ordine di 100 ns/m.


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