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partito di corte, (La monarchia italiana e la situa Le ...Questa comunicazione è dedicata alla...

Date post: 08-Oct-2020
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V ittorio P armentola CONTRIBUTI REPUBBLICANI Questa comunicazione è dedicata alla memoria di Giulio Andrea Bei- Ioni, di Giovanni Conti, di Ferruccio Valobra. Dal materiale che andiamo raccogliendo per corrispondere alle solle- citazioni di Giulio Andrea Belloni ad integrare la storia del repubblicane- simo italiano con i contributi da esso dati all’Antifascismo e alla Resistenza, stralciamo queste brevi note. E’ evidente che la trattazione dell’attiva pre- senza dei repubblicani, in organizzazioni proprie, o affini o concentrazioni- stiche, in Italia e all’Estero, durante il periodo 1918-1945, oltre a richiedere spazio, tempo e lavoro ingenti, esulerebbe dal tema di questo Convegno. Ci limiteremo pertanto a richiamare l’attenzione su due documenti che ne pongono in evidenza la posizione, che è tradizionale, risalendo agli albori del Risorgimento, di fronte al problema istituzionale. Posizione ine- quivocabile, che risulta dalla stessa denominazione, di repubblicanesimo pregiudiziale, di opposizione, per motivi d’ordine politico e sociale, all’isti- tuto monarchico e, per motivi di ordine storico, alla dinastia che lo rappresenta. Il repubblicanesimo italiano, fonda, tradizionalmente, la sua ragione d’essere sull’indissolu'bilità dei problemi politici morali e sociali, per cui l’attuazione della sovranità popolare ossia la soluzione del problema istitu- zionale in senso repubblicano non è se non la premessa a radicali riforme politiche, amministrative, sociali ed economiche. La monarchia non era considerata nella sola persona del re, ma, quale personificazione del privilegio, e quale trincea di tutti i privilegi econo- mici, politici, burocratici; punto di convergenza di tutte le correnti rea- zionarie che si concretavano in quel partito di corte, che fu una realtà anche se molti valentuomini, pur democratici e socialisti, non ne valutarono ap- pieno l’importanza. A questa interpretazione dell’istituto monarchico aveva dato il suo apporto Guglielmo Ferrerò. (La monarchia italiana e la situa- Zione presente. - Roma - Divenire Sociale 1905 e Le dittature in Italia Depretis, Crispi, Giolitti, Mussolini - Assoc. It. per il Controllo Democra- tico - Milano 1924). Mentre per la scarsità di uomini sinceramente e concretamente demo- cratici fallivano, all’indomani della prima guerra mondiale, tutti i conati • di rinnovamento, sorgeva, quale prodotto di tutti i mali millenari della
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V itto rio P a r m e n t o l a

CONTRIBUTI REPUBBLICANI

Questa comunicazione è dedicata alla memoria di Giulio Andrea Bei- Ioni, di Giovanni Conti, di Ferruccio Valobra.

Dal materiale che andiamo raccogliendo per corrispondere alle solle­citazioni di Giulio Andrea Belloni ad integrare la storia del repubblicane­simo italiano con i contributi da esso dati all’Antifascismo e alla Resistenza, stralciamo queste brevi note. E’ evidente che la trattazione dell’attiva pre­senza dei repubblicani, in organizzazioni proprie, o affini o concentrazioni- stiche, in Italia e all’Estero, durante il periodo 1918-1945, oltre a richiedere spazio, tempo e lavoro ingenti, esulerebbe dal tema di questo Convegno.

Ci limiteremo pertanto a richiamare l’attenzione su due documenti che ne pongono in evidenza la posizione, che è tradizionale, risalendo agli albori del Risorgimento, di fronte al problema istituzionale. Posizione ine­quivocabile, che risulta dalla stessa denominazione, di repubblicanesimo pregiudiziale, di opposizione, per motivi d’ordine politico e sociale, all’isti­tuto monarchico e, per motivi di ordine storico, alla dinastia che lo rappresenta.

Il repubblicanesimo italiano, fonda, tradizionalmente, la sua ragione d’essere sull’indissolu'bilità dei problemi politici morali e sociali, per cui l’attuazione della sovranità popolare ossia la soluzione del problema istitu­zionale in senso repubblicano non è se non la premessa a radicali riforme politiche, amministrative, sociali ed economiche.

La monarchia non era considerata nella sola persona del re, ma, quale personificazione del privilegio, e quale trincea di tutti i privilegi econo­mici, politici, burocratici; punto di convergenza di tutte le correnti rea­zionarie che si concretavano in quel partito di corte, che fu una realtà anche se molti valentuomini, pur democratici e socialisti, non ne valutarono ap­pieno l’importanza. A questa interpretazione dell’istituto monarchico aveva dato il suo apporto Guglielmo Ferrerò. (La monarchia italiana e la situa- Zione presente. - Roma - Divenire Sociale 1905 e Le dittature in Italia Depretis, Crispi, Giolitti, Mussolini - Assoc. It. per il Controllo Democra­tico - Milano 1924).

Mentre per la scarsità di uomini sinceramente e concretamente demo­cratici fallivano, all’indomani della prima guerra mondiale, tutti i conati • di rinnovamento, sorgeva, quale prodotto di tutti i mali millenari della

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società italiana, il fascismo. Il problema della convocazione della Costi' Utente, posto dai repubblicani, era caduto per colpa di un estremismo ver- baie privo di effettiva volontà rivoluzionaria e di un riformismo sviriliz- zato da mezzo secolo di trasformismo.

Ma l’analisi della genesi e dell’avvento al potere del fascismo è già stata fatta: ci basti qui osservare come il nazionalismo imperialista e la reazione dei ceti capitalisti convergevano con l’orientamento della cornpa- gine militare e civile dello Stato, non sempre incorrotta, quasi sempre as­servita ai detentori del potere economico e politico. Pesò qui la volontà del partito di corte : in « alto loco » (questa è l’usuale locuzione) il fascismo fu ben accolto. Errore considerarlo come una cesura nella vita costituzionale italiana; esso ne è invece lo svolgimento.

Onde l’antifascismo dei repubblicani non poteva essere se non uno svolgimento del loro antimonarchismo : fu consequenziale. I temi della loro secolare agitazione trovavano la più clamorosa conferma e vennero ribaditi qui ed all’estero.

La dura esperienza del ventennio doveva vieppiù arricchire i motivi dottrinari e storici dell’opposizione repubblicana. Così che quando, con la seconda guerra mondiale la crisi italiana andò precipitando, i repubbli­cani non poterono se non negare la fiducia agli uomini della dinastia, al regime che sostanzialmente sopravviveva al 25 luglio, ai generali della mo­narchia; non potevano se non assumere una posizione antibadogliesca, rifiu­tando gli appelli alla concordia interessatamente lanciati da molti fautori della monarchia che erano stati fascisti finché era convenuto al re di essere fascista; una concordia che minacciava di dare un ritorno puro e semplice all’Italia prefascista la quale una democrazia non era, anche se, contraria­mente a quanto avviene oggi, vi si trovavano molti spiriti democratici.

Se era stato utile che i repubblicani della tradizione storica entrassero in talune organizzazioni dell’antifascismo al fine di determinarne o per lo meno di accentuarne gli orientamenti antimonarchici, era necessario che una formazione, sia pur esigua, continuasse intransigentemente, a costo di parere fuori della realtà dell’ora, la protesta risorgimentale repubblicana.

Una Risoluzione del 14 ottobre 1943 era chiarissima: respingeva l’in­vito « di Churchill all’unione degli Italiani intorno all’inesistente re e al maresciallo Badoglio » e considerava la dichiarazione di guerra alla Ger­mania una nuova infamia in quanto voluta « dal decaduto monarca per insidiosamente riaffermarsi (...) titolare di una sovranità inequivocabilmente decaduta » ed impegnava gli aderenti « a sostenere i partiti promotori della formazione di un governo provvisorio » per il « compito supremo della lotta contro l’invasore nazista » e per guidare « il popolo italiano libero ed arbitro del suo destino nella Assemblea Costituente alla conquista delle istituzioni repubblicane, mezzo e strumento della più alta giustizia sociale ». Nessuna collusione cioè con la dinastia che, come era nelle sue tradizioni, aveva, nel corso della guerra, cambiato campo. Ma anziché continuare in

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frammentarie, seppure interessanti, citazioni presentiamo {’Indirizzo del Partito Repubblicano al Congresso di Bari del quale diamo il testo com­pleto (Appendice I).

Apparve sulle due edizioni della Voce Repubblicana del febbraio 1944, ma fu anche largamente diffuso in foglio volante. Seguiva su quella ro­mana un commento : « Non si è udita la voce del Partito Repubblicano Ita­liano : il suo inviato non ha evidentemente raggiunto Bari in tempo utile ». In realtà, colui che doveva esserne latore, l’ing. Giorgio di Ricco, era stato arrestato dai nazi-fascisti durante il tentativo di oltrepassare la linea del fuoco.

Secondo il commentatore, si era « trattato più che di un Congresso, di un solenne comizio. L ’assenza farà dispiacere ai Repubblicani d’Italia, ma essa non menoma il compito [...] non si è udita la voce dei partito ma essa era ed è nell’atmosfera di tutta Italia ». Anche il commento dell’edizione milanese era severo: « Il Congresso di Bari doveva essere la Pallacorda del popolo italiano e tutto concorreva perchè lo fosse ». Seguiva una rapida elencazione di « elementi destinati a creare il fatto della storia. Ed invece il Congresso fu un episodio della cronaca ». Che doveva dare, si legge più tardi nell’edizione romana, «al Franceschiello savoiardo [...] animo e forza». Al congresso di Bari erano cozzate due tendenze: quella che mirava ad un vero rinnovamento, trasformando il Congresso « in Assemblea rappresen­tativa dell’Italia liberata » come recita l’ordine del giorno da essa presen­tata al Congresso e quella che tale ordine del giorno definiva « semplice­mente cretino » (Croce, Quando l’Italia era tagliata in due) e che chiedeva l’accantonamento di Vittorio Emanuele III per poter salvare la monarchia e con essa il vecchio stato italiano. I motivi contenuti nell’indirizzo, conti­nuarono ad essere agitati, sempre al fine di « semplificare i termini della lotta » fino alla liberazione di Roma e, dopo questa, sulla Voce Repubbli- cana quotidiana, in opposizione al governo divenuto luogotenenziale, e quindi ancora sino al 2 giugno 1946.

L ’altro contributo all’agitazione del problema istituzionale destinato ad ambienti di maggiore e più specializzata preparazione culturale è dato dai Lineamenti Costituzionali della Repubblica Italiana, con annesso Questio­nario che diamo integralmente (Appendice II).

Si fonda sul principio che la Costituzione di uno stato monarchico e quella di uno stato repubblicano non differiscono soltanto nel titolo o in pochi articoli, ma sono sostanzialmente e totalmente diverse. E’ cioè un lavoro preparatorio non per una qualsiasi costituzione, cosa impossibile seppur sostenuta da molti, ma per una costituzione repubblicana.

Venne elaborato da un Comitato di Studi politici e sociali, formatosi nell’estate del 1943 in Roma, sotto l’impulso di Giovanni Conti.

Consta di trentatrè punti nei quali erano posti tutti i problemi con­cernenti la struttura dello stato. Non si tratta di un progetto di Costitu­zione, ma di un sommario di idee e di vedute sull’assetto costituzionale

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dello Stato repubblicano che la Costituente sarebbe stata chiamata a fondare.« Il Comitato, di proposito » non aveva voluto, « sviluppare le sue

idee su diversi punti dell’esposizione; anzi su taluni di essi » aveva « pro­spettato la possibilità » di soluzioni varie : il suo intento « era soprattutto quello di promuovere un attento esame del problema ed un’ampia discus­sione ».

Era un richiamo alla discussione e alla concretezza, rivolto ai Partiti affinchè si ponessero, « sul sodo terreno delle idee e delle precisazioni e preparassero davvero e seriamente gli elementi e le forze per la costru­zione del nuovo Stato ».

Il questionario è formato da trenta domande.L’opuscolo, formato in Vili, venne distribuito nel settembre 1943.Le prime risposte vennero stilate nel periodo dell’occupazione tedesca:

talune, anzi, come quella di chi scrive, circolarono ripetutamente dattilo­grafate a catena, a scopo propagandistico, al Nord, dopo la liberazione di Roma. Dopo il 25 aprile 1945 le risposte vennero raccolte; quelle che non si limitavano a semplici espressioni di consenso o di dissenso, vennero pub­blicate, nell’autunno di quell’anno sul quindicinale « La Costituente » di­retto da Giovanni Conti. Servirono, con altri testi, ad un valoroso giurista, Giulio Andrea Belloni, quale materiale per l’elaborazione della sua rea­zione sul Progetto di Costituzione repubblicana dello Stato al XVIII Con­gresso nazionale del P.R.I. (Roma, 9 febbraio 1946).

Fonti utilizzabili sono innanzitutto i giornali clandestini:La Voce Repubblicana: con la testata del vecchio quotidiano uscito

in Roma dal 1921 al 1926 e ripreso dopo la liberazione di Roma, ebbe inizio il i° agosto 1943. Direttore Giovanni Conti. Collaboratori Giorgio Braccialarghe (comandante le squadre cittadine), Cino Macrelli, Giorgio di Ricco, Lamberto Sivieri, Tancredi Tixi.

Dal dicembre 1943 uscì in Milano La Voce Repubblicana edizione per l’Italia settentrionale. Riproduceva anche scritti originali di vari tra cui Francesco Perri.

L ’Italia del Popolo, testata tradizionalmente milanese, sostituì il prece­dente giornale, sia perchè la federazione repubblichina aveva intitolato Voce Repubblicana il suo settimanale, sia per precostituire il diritto alla testata; subì anche questo giornale, l’insulto di vedere assumere il suo titolo dall’organo del movimento pseudosocialista sorto in seno al regime salotino prossimo alla fine e diretto dal filosofo partenopeo Edmondo Cione. L’or­gano repubblicano milanese doveva riprendere la testata del primo organo del P.R.I. fondato nel 1897 da G. B. Pirolini: Il Popolo Sovrano.

Il Guerrigliatore (poi Guerrigliero) organo delle Brigate Mazzini, nuovo nome delle Brigate Mameli che erano originate dai GARAL (Gruppi Azione Repubblicana Antifascisti Lombardi) sorti nel 1943.

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La Voce Repubblicana fu il titolo di un foglio romagnolo. Di formato minore dei precedenti, aveva una chiara intonazione socialista mazziniana.

Ebbero varie edizioni, a Roma e al Nord, prima e dopo la Liberazione, con opportuni rimaneggiamenti ed aggiunte ed anche con titolo variato, due opuscoli scritti da Giovanni Conti: Per l’Italia di Domani e Ti posso parlare?; il secondo dei quali popolarissimo per lo stile. Un opuscolo di quattro pagine in fitta composizione Spunti Programmatici fu largamente diffuso al Nord.

Ed un po’ ovunque, fogli volanti stampati, ciclostilati, dattilografati.Nell’estate del 1943 la Libreria Politica Moderna, fondata da Giovanni

Conti prima del 1915-18, ebbe una ripresa di attività, con la ripubblica- zione di alcuni volumi dedicati alle questioni istituzionali : tra gli altri, due di A. Ghisleri: Il fallimento del Parlamentarismo in Italia e Lo Stato Ita- liano ed il problema del decentramento.

A Milano, approfittando del fatto che il governo si denominava repub' blicano, la Libreria Editrice Milanese lanciò vari volumi, che per il loro contenuto venivano a costituire il migliore antidoto alla propaganda dei metodi dittatoriali di quello che non era se non la monarchia fascista ri' masta priva del suo re. I reggitori del tempo erano, evidentemente, troppo buoi per accorgersene.

Utile pure l’opuscolo: P. R. I. - Convegno Nazionale in Roma 26-27 maggio 1945. Relazioni sul lavoro dal 1943 al maggio 1945. Interessante quella politica del Conti, nella quale sono riprodotti i testi dell ’Indirizzo al Congresso di Bari e di vari manifesti, e quella militare del Braccialarghe.

A P P E N D I C I

I.

IL PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO

AI PARTITI POLITICI D EL CONGRESSO DI BARI

Sulla grave ora che il Paese attraversa, separati, noi e voi, dalle linee della bat' taglia, senza rapporti e con le notizie informi e spesso contradditorie della radio, e pur nella necessità di comunicazione e di scambio delle idee e dei propositi delle correnti politiche delle nostre e delle vostre regioni, sentiamo il bisogno di riassumere idee, convincimenti, punti di vista del Partito Repubblicano Italiano, che vi pre- ghiamo di considerare con sereno ed aperto animo.

Il Partito Repubblicano Italiano non ha propositi e intenti di conquista dei pub­blici poteri; concorre con gli altri partiti all’opera di ricostruzione del Paese; vuole illuminare con le proprie idee la pubblica opinione, avviare il popolo italiano alla suprema decisione repubblicana. Il Partito non rappresenta nè sostiene interessi di gruppi, di ceti, di categorie: considera il problema della ricostruzione strettamente connesso con il problema politico istituzionale e questo considera come fatto che tocca gli interessi di tutte le classi produttrici e non parassitarie, tutte avendo la necessità della edificazione di una forma di governo con istituzioni schiettamente e

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modernamente democratiche, capaci di assecondare la soluzione dei problemi econo- mici delle regioni, capaci di promuovere le soluzioni delle questioni sociali, le paci­ficatrici transazioni della lotta delle classi, le trasformazioni che il tempo reclama.

Il più evidente dovere dei partiti in azione per la salvezza del Paese, è quello dell’ interpretazione serena ed onesta dell’anima del popolo italiano. Esso ha con­dannato con fiero ed irrevocabile giudizio il fascismo e la monarchia; respinge il passato della dominazione monarchica, che sottrasse all’ Italia i vantaggi materiali e morali di un regime di democrazia; respinge ogni idea di adattamento, giungendo ad auspicare rivolgimenti dei quali non scorge e non misura i risultati e gli effetti nella realtà italiana.

Il sentimento è universale e non è impulsivo: è determinato da riflessione più di quanto non si creda : è determinato da quelle intuizioni dell'anima popolare che è debito di tutti apprezzare e considerare con attenzione e sopratutto con accorto senso politico.

Quel sentimento può essere promessa di atteggiamenti e inclinazioni preziose per l ’ avvenire. Sarebbe più che errore delitto corrompere e snaturare con artifici, sofismi, tortuosità il sentimento e il pensiero del popolo; contrastarne l’attuazione con machiavellismi e intrighi, per la difesa di uomini, di istituzioni e situazioni indi­fendibili, creando il malessere, il malcontento, l’amarezza adirata che le delusioni provocano ed ingigantiscono.

Le generazioni che verranno condannerebbero gli uomini e i partiti responsabili del fatale accecamento, se nell’ora storica che passa uomini e partiti piegassero ancora la Patria alla rinuncia della libertà, ad un nuovo periodo di servitù.

Un altro altissimo dovere è connesso con quello ora indicato e incombe in que­st’ora, sugli uomini politici i quali si arrogano di dirigere la ripresa della vita nazio­nale: il dovere di intendere e di comprendere le aspirazioni sociali del popolo lavo­ratore e produttore. Esso, e ij proletariato ardentemente, vagheggia attende e vuole una effettiva, seria e sensibile trasformazione economica e sociale, quella che fu tante volte promessa e sempre mancò per impotenza istituzionale o per cieche e violente reazioni.

Sono i partiti di destra in grado di sentire la voce del tempo, la voce che diverrà urlo di folle, e chiamerà ad una lotta atroce milioni di uomini sempre reietti e pur consapevoli del loro essere e dell'immensa forza dell’unione delle loro volontà?

Il passato risponde con il ricordo della costante, ostinata incomprensione delle classi dirigenti italiane e dei partiti di destra. Il loro atteggiamento ciecamente con­servatore, la loro insensibilità storica e politica, l’ assenza di veraci convinzioni libe­rali, la inconsapevole fusione dell’idea liberale con quella monarchica, egoismi, insi­pienza ed inerzia, oblio delle aspirazioni pure vigorose dej pensiero politico liberale e democratico del Risorgimento generarono le cause, le condizioni, l’occasione della crisi del 1919, risolta dalla monarchia con la chiamata al potere del fascismo: la forza reazionaria che infuriò con le medesime passioni — si consideri il rilievo — della rivoluzione mancata. Dove sono fremiti e speranze, i governi liberi guidano alle soluzioni: i governi del privilegio reprimono, credendo di fermare la storia.

E vedono i partiti di destra il problema italiano nell’ ambito del problema euro­peo e mondiale e intendono che nella nuova società internazionale, negli Stati Uniti d’Europa, nella Santa Alleanza dei Popoli del mondo, una Italia retriva, naziona­lista, monarchica, se pur avrebbe ingresso, non avrebbe il credito, il posto, la fun­zione che la tradizione gloriosa del Risorgimento le assegna?

Debbono dunque, i dubbiosi vincere in se stessi i fatali errori del passato, su­perare le esitazioni, non cedere all’ assurdo divisamento di una restaurazione mo­narchica per la quale vana, inutile sarebbe la lotta contro il fascismo, poiché i prin­cipi autoritari, antiliberali, antidemocratici, nazionalisti del fascismo sono i principi della monarchia, la quale per quelli deviò la rivoluzione unitaria, per quelli volle e conservò il fascismo al potere fino al disastro nazionale.

Illusione funesta è il disegno di sottomettere la monarchia, di governarla, di subordinarla; le istituzioni oppongono incompatibilità invincibili: la dinastia chedominò sulla nostra Patria smentisce l'illusione con tutta la sua storia.

Ma si consenta un’altra parola schietta al nostro vecchio partito: si lasci espri-

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mere l’apprensione suscitata dal comportamento dei partiti l ’ indomani e dopo il 25 luglio.

Troppo, osiamo dire, si è ricaduti nei costumi e nella pratica politica della vecchia Italia del tempo prefascista. Troppo le correnti politiche si sono frantumate e divise in partiti e in gruppi: pieno di pericolo il precipitarsi in tanti all’occupa­zione di pubblici uffici ed istituzioni. Le conquiste degli individui sono fatali: pre­parano situazioni disgregatrici e crisi che trascinano alle disfatte e al disarmo.

La riscossa e la rinascita debbono essere il trionfo di idee: e della libertà, della moralità, della giustizia.

Un ordine nuovo deve sorgere fondato su questi immortali principi: non si deve preparare una ridda di fazioni e un’ingannatrice rivoluzione di faziosi assetati di potere e di ricchezze: non il trionfo di un partito; non nuove sopraffazioni dopo tanta sopraffazione.

Riecheggia nell’anima del Partito Repubblicano Italiano la voce ammonitrice di Giuseppe Mazzini, che vorremmo aleggiasse sujla fronte dei congressisti di Bari.

« La bandiera repubblicana innalzata in Roma dai rappresentanti del popolo non rappresenta il trionfo di una fazione di cittadini sopra un’altra: rappresenta un trionfo comune, una vittoria riportata da molti, consentita dalla immensa maggio­rità; del principio del bene su quello del male; del diritto comune sull’arbitrio di pochi, della santa eguaglianza che Dio decretava a tutte le anime umane, sul privi­legio e sul dispotismo. Noi non possiamo essere repubblicani senza essere e dimo­strarci migliori dei poteri rovesciati per sempre... ». Così Mazzini alla Costituente Romana del 18-9.

E ancora una parola ci sia consentita : essa va all’intelletto e alla sapienza degli uomini e dei partiti.

L ’Italia non vuole più promesse; non più doni di potenti; non i miracoli delle ideologie. Vuole libertà, giustizia, pace e lavoro. Bisogna organizzare la libertà e la giustizia nelle nuove istituzioni repubblicane. Queste bisogna dare all’Italia non più rinnegando le tradizioni e le vocazioni onde fu nella sua storia libera e prospera, ma assecondando aspirazioni, interessi, attitudini, voleri.

Sulle rovine della Monarchia accentratrice, autoritaria, burocratica, fiscale, mili­taresca si deve edificare Io Stato dei Comuni, delle Regioni, lo Stato delle libere assemblee, perchè l’intelligenza e la saggezza ed il coraggio del popolo costruiscano l’ avvenire.

Può, taluno, respingere le idee che abbiamo espresso e chiedere al Partito Re- pubblicano di rinunciarvi, pensare ch’esso possa, ancora una volta, in nome di una assurda concordia, tacere, come nel 1859, nel ’60, nel ’66, nel 19 15 : sempre? No, Signori, la concordia che potè vincere l'anima repubblicana in momenti di fatali illusioni, non si realizza, oggi, intorno al cadavere della monarchia, che portò l’ Italia alla rovina.

Oggi, i fautori della monarchia, se il patriottismo è nelle loro coscienze, debbono, essi, rinunciare, finalmente, al loro programma.

L'esempio di uomini, che l’Italia ammira per il sapere, ed ama per la nobiltà del pensiero e l’ardore italiano, sia guida a tutti gli onesti.

Concluda il Congresso i suoi coscienziosi lavori con la giusta decisione: Go­verno provvisorio, oggi, per la guerra liberatrice con un Esercito finalmente N azio ­n a le : C ostituen te, dom ani, per la pace e per l’ Italia nuova!

La monarchia è condannata per il suo delitto: l ’Italia deve risorgere libera, giusta, repubblicana.

Roma, 22 gennaio 1944.La Direzione del P. R. I.

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I2Ó Vittorio Parm entola

II.

LIN EA M EN TI CO STITUZIO N ALI D ELLA REPUBBLICA IT A LIA N A

LA ST R U T T U R A DELLO STA TO

Premesse

1 . - La nuova Costituzione oltre stabilire gli organi costituzionali, dovrà, anzi' tutto determinare la struttura dello Stato in armonia con le concrete esigenze delle caratteristiche geografiche, economiche e storiche dell’Italia. Le carte costituzionali sono spesso ricalcate su modelli stranieri, ma ciò che garantisce la vitalità di una costituzione è la sua aderenza alle particolari condizioni del paese, per il quale è fatta.

Uno dei problemi fondamentali della nuova costituzione italiana è di costruire un ordinamento istituzionale che si adatti al fatto storico, che l ’Italia è una nazione la cui unità risulta da una ricca varietà regionale: Piemonte o Sicilia, Sardegna o Lombardia, Puglie o Toscana non sono semplici espressioni geografiche, ma nomi che evocano i profili di unità organiche, ciascuna delle quali si distingue per condì' zioni geografiche ed economiche, per tipo ed indole degli abitanti, per dialetto, per tradizioni e costumi. Se lo Stato deve esprimere l ’unità della Nazione, ciò non signi' fica che il suo ordinamento debba disconoscere la realtà storica della varietà delle regioni.

Lo Stato italiano, come si costituì nel 1860-61, volle deliberatamente ignorare le regioni, perchè il suo ordinamento non fu l'espressione di una libera Costituente in­vocata per dare l’ assetto giuridico all’Italia unificata, ma quello imposto dalla monar- chia piemontese, che istintivamente portata a disconoscere le particolarità defie altre regioni italiane, abusando delle circostanze del momento, estese a tutto il Regno gli ordinamenti dello Stato sardo.

La nuova Costituzione, non influenzata dalle preoccupazioni partigane che pre­valsero allora, deve riparare quell’errore, di cui ottant’anni di esperienza hanno con­fermato i danni preveduti, e dare riconoscimento giuridico alle Regioni, come uno degli elementi della membratura dell’unità nazionale. Essa non deve aver a fonda­mento la paura di pericoli contro l’unità, ma una sicura fiducia nella valorizzazione delle energie regionali, di cui l ’unità nazionale è la sintesi. Essa deve dare allo Stato italiano un ordinamento che all’attuale pesante accentramento sostituisca un sistema snodato che nei Comuni e nelle Regioni autonome abbia le sue articolazioni vitali.

ISTITU ZIO N E D ELLA REGIONE E SUA CO M PETENZA

2. - Il riconoscimento delle regioni si concreta nel fare della Regione un ente di diritto pubblico, al quale siano attribuite alcune funzioni, che sono ora accentrate nello Stato.

Il punto centrale della costruzione dell’ordinamento regionale è, quindi, quello di determinare la competenza del nuovo ente territoriale, intermedio fra i comuni e le provincie e lo Stato, mediante l’ elencazione delle materie di interesse regionale per le quali la Regione sarà dotata di poteri di amministrazione ed anche di legisla­zione nei limiti dei principi posti dalla stessa Costituzione o in leggi dello Stato.

L ’elencazione delle materie di competenza delle regioni deve essere fatta nella costituzione nazionale. E ', infatti, nel valore costituzionale delle norme che deter­minano tale competenza che sta la garanzia giuridica dell’ esistenza e del funziona­mento delle regioni di fronte allo Stato anche nella sua funzione legislativa ordinaria. Non è, invece, necessario nè opportuno che la Costituzione contenga anche un’elen­cazione delle materie attribuite allo Stato, essendo sufficiente che la competenza dello Stato risulti solo delimitata indirettamente dalla determinazione costituzionale di quella delle Regioni.

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3. ' La competenza delle Regioni dovrà farsi dalla Costituzione in modo da comprendervi quelle materie rispetto alle quali le caratteristiche proprie di ogni regione hanno una decisiva influenza sulla concreta indicazione dei criteri da seguire nella disciplina giuridica di esse e nell’attività amministrativa ad esse relativa.

Due principi dovranno guidare questa determinazione. Uno è quello dell'auto' governo, secondo il quale gli interessi locali sono meglio curati da coloro che più direttamente Ji sentono e li conoscono: l ’altro è quello delle esigenze dell’unità na- zionale, la cura delle quali costituisce la funzione propria dello Stato.

Un equilibrato contemperamento di questi due principi egualmente essenziali dovrà costituire l ’obbiettivo della nuova Costituzione, che col decentramento regio- naie darà allo Stato un ordinamento di tipo federale.

4. - Nel determinare la competenza delle regioni, la Costituzione, sempre ispi­randosi al contemperamento dei due principi anzidetti, potrà seguire procedimenti diversi.

Essa elencherà in primo luogo, le materie di interesse più strettamente regionale, rispetto alle quali ogni regione avrà una larga libertà di legislazione e di amministra­zione, quali ad esempio, i lavori pubblici regionali, le vie di comunicazione nel ter­ritorio della regione.

Per altre materie, per le quali non è possibile una netta distinzione, fra l’inte­resse regionale e quello nazionale, la Costituzione potrà stabilire che le regioni, pur essendo dichiarate competenti, dovranno conformare il regolamento giuridico di esse ai principi, che saranno fissati dalle leggi dello Stato.

Questo sistema, secondo il quale lo Stato legifera su una determinata materia ponendo norme di carattere fondamentale e direttivo, lasciando ad ogni regione di integrare la disciplina giuridica di esse in modo di meglio adattarla alle particolari e variabili esigenze regionali, potrà utilmente essere seguito in vari campi, quali l’or­dinamento dei comuni e delle provincie e la vigilanza su di essi, l’ istruzione profes­sionale, la legislazione agraria, forestale e mineraria, la pesca nelle acque lacuali e fluviali, la caccia, ecc.

Le regioni, poi, avranno quelle funzioni amministrative che saranno ad esse attribuite per l’esecuzione di leggi dello Stato.

5. - Nel determinare la competenza delle regioni non è necessario che la Costi­tuzione si attenga rigorosamente al criterio di stabilirla in modo che sia uguale per tutte le regioni. E ’ un problema che merita di essere attentamente considerato quello di vedere se a talune regioni, che presentano speciali condizioni geografiche (es., la Sicilia e la Sardegna), sia opportuno di attribuire la competenza per qualche materia che non è compresa nella competenza delle altre regioni. 6

6. - La Costituzione, in correlazione con la sfera di funzioni e di servizi pub­blici devoluti alla competenza regionale, determinerà anche i principi fondamentali della finanza delle regioni, specificando quali fonti di imposizione saranno lasciate alla legislazione tributaria delle regioni per assicurare a queste la capacità finanziaria cor­rispondente alle esigenze delle funzioni pubbliche ad esse devolute.

Così Je imposte dirette reali sui terreni e sui fabbricati sono particolarmente in­dicate ad essere lasciate al potere tributario delle regioni con addizionali a favore dei comuni e delle provincie. Per altre imposte, quale, ad esempio, quella sui redditi di ricchezza mobile, dovrebbe essere prevista una quota del provento a favore delle regioni.

Le norme sull’ordinamento tributario delle Regioni dovranno essere integrate da appropriate disposizioni intese ad evitare le doppie imposizioni.

Lo Stato, in nome della solidarietà nazionale, assegnerebbe, poi, in via straordi­naria, speciali contributi per determinati fini pubblici a quelle regioni che .per le particolari loro condizioni economiche, non fossero in grado di farvi fronte con le sole loro forze finanziarie.

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128 Vittorio Parm entola

ORGANIZZAZIONE D ELLE REGIONI

7. - La Costituzione determinerà l’organizzazione delle regioni.Ciascuna di esse avrà un’Assemblea elettiva, dalla quale sarà nominato un or.

gano collegiale con funzioni di governo.Ad ogni regione potrà, tuttavia, essere lasciata la facoltà di integrare mediante

un proprio statuto organico le norme relative alla sua organizzazione, rendendo cosi anche possibile, che negli ordinamenti regionali si introducano gli istituti del refe- rendum e del diritto d ’iniziativa, attraverso i quali si attua in maniera diretta la partecipazione popolare al governo della cosa pubblica.

Fra le molteplici considerazioni che consigliano specialmente in Italia la costitu­zione delle regioni, non ultima è quella che il decentramento istituzionale delle fun­zioni pubbliche è una condizione per realizzare un’effettiva democrazia.

Ora istituti quali il referendum ed il diritto d ’iniziativa popolare, come lumino­samente dimostra l ’esperienza della Svizzera, sono strumenti vitali di educazione po­litica e di autogoverno solo quando hanno una frequente possibilità di funziona­mento, la quale non si può avere se non sono adottati, anzitutto, negli ordinamenti degli enti locali.

8. - Gli organi deliberativi ed esecutivi delle regioni, come quelli dei comuni e delle provincie, saranno costituiti, per mezzo di elezioni, dalla stessa Regione, e perciò saranno indipendenti da quelli dello Stato.

RA PPR ESEN T A N ZA D EL GOVERNO N A ZIO N ALE

9. - Il sistema di mettere a capo delle regioni come enti autonomi un governa­tore nominato dal Governo centrale non sarebbe conforme ai principi dell’autogo­verno nè, d’altra parte, potrebbe considerarsi richiesto da imperiose esigenze del­l ’unità dello Stato.

Nella capitale d ’ogni regione, tuttavia, avrà sede un rappresentante del Go­verno nazionale come organo di collegamento col governo regionale e come organo di coordinamento e di vigilanza sui servizi direttamente gestiti dallo Stato nel ter­ritorio della regione.

Allo stesso organo dovrebbero essere devolute varie attribuzioni esercitate dai Ministeri, realizzandosi così anche un ampio decentramento burocratico nell’esercizio delle funzioni amministrative dello Stato.

D ETERM IN AZIO NE D EL TERRITORIO D ELLE REGIONI

10. - La determinazione del territorio delle singole regioni dovrebbe essere fatta con legge dello Stato, tenendosi adeguatamente conto dei vari fattori geografici ed eco­nomici che concorrono a definire le unità regionali.

Non è da escludersi che qualche regione di minore estensione che mancasse delle condizioni necessarie per formare un vitale organismo autonomo sia aggregata ad altra regione confinante.

1 1 . - Le eventuali successive modificazioni del territorio delle regioni dovrebbero essere fatte con legge dello Stato col consenso delle regioni interessate.

CO N FLITTI DI CO M PETENZA FRA LE REGIONI E LO STA TO

12. - I conflitti di competenza fra le Regioni e lo Stato, risolvendosi nell’ inter­pretazione delle norme costituzionali che delimitano la competenza delle regioni, sa­ranno risoluti dalla Corte costituzionale, di cui la Costituzione dovrà prevedere l'istituzione.

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Contributi repubblicani 12 9

L ’ O RGANIZZAZIONE CO STITUZIO N ALE

Il Parlamento

13. - Il criterio direttivo, al quale deve ispirarsi la Costituzione nel determinare gli organi ai quali sarà attribuito, come competenza principale, l’esercizio della fun­zione legislativa, è quello di dare ad essi una conformazione tale da essere per se stessa una garanzia che il procedimento attraverso il quale si forma la legge, cioè l’ atto che crea le norme giuridiche regolatrici della società nazionale, abbia ad assi­curare un’adeguata considerazione dei diversi interessi, dei quali la legge deve rego­lare il contemperamento. L ’utilità generale che le leggi risultino ponderatamente ela­borate e perciò più stabili e più spontaneamente osservate, ha manifestamente un valore più alto che non la velocità del meccanismo che le produce.

Sistema bicamerale

14. - Questo criterio direttivo per la costruzione degli organi legislativi porta a due conseguenze, fra loro connesse.

In primo luogo, esso rende preferibile il sistema bicamerale, lasciando vedere come sia viziato da un evidente semplicismo il noto ragionamento col quale si pre­tendeva di condannare tale sistema.

D ’altra parte, quello stesso criterio indica la necessità che i modi di formazione delle due Camere parlamentari siano differenti, perchè esso sarebbe fondamental­mente disconosciuto se una Camera non fosse che una seconda edizione dell’altra. Ciascuna di esse per il modo della sua costituzione, deve dare affidamento di appor­tare al processo di formazione della legge un concorso ispirato alla considerazione di interessi, esigenze e punti di vista che meritano di essere tenuti in conto per essere composti nell’ interesse generale della Nazione.

Il sistema bicamerale, avuto riguardo anche all’esperienza dei diversi paesi, si raccomanda inoltre come più adatto ad assicurare un conveniente esercizio di quelle funzioni di controllo politico (e specialmente di quelle relative alla gestione finan­ziaria ed alle relazioni internazionali) che costituiscono l ’altro compito, non meno politicamente importante, del Parlamento.

Secondo tali criteri la Costituzione dovrebbe istituire una Camera dei deputati ed un Senato.

La Camera dei deputati

15. - La Camera dei deputati avrebbe il carattere di un organo rappresentativo della Nazione nella sua unità, cioè come collettività dei cittadini. Essa sarebbe eletta, a suffragio universale, diretto e segreto, da collegi elettorali nei quali si distribui­scono territorialmente i cittadini aventi il diritto di voto. Sarebbe composta di 400 membri e nominata per quattro anni.

Il sistema di elezione dei deputati e la formazione delle liste elettorali e dei col­legi elettorali sarebbero regolati dalla legge elettorale, essendo opportuno che i par­ticolari di questa materia non siano pregiudicati da disposizioni aventi la rigidità delle norme costituzionali.

Il Senato

16. - Il Senato avrebbe, invece, il carattere di una Camera rappresentativa della Nazione come si presenta differenziata nelle varie forme di organizzazioni ed istitu­zioni in cui si esplica la vita sociale.

Nel modo di formazione del Senato dovrebbe aversi, anzitutto, uno dei riflessi costituzionali del riconoscimento delle regioni come enti di diritto pubblico.

Il Senato dovrebbe essere una Camera destinata in prima linea, a rappresentare l’organo nel quale l ’ indirizzo dell’attività politica legislativa dello Stato si determina tenendo conto delle diverse esigenze regionali.

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Non è però necessario che il criterio regionale sia adottato come criterio unico ed esclusivo per la formazione del Senato. Sarebbe conveniente attribuire l’elezione di una parte dei senatori ad altri enti, nei quali si concreta sotto altri aspetti la diffie- renziazione della società nazionale.

Secondo tali criteri, la costituzione determinerebbe il numero dei senatori da eleggersi dalle Regioni e quello da eleggersi da altri enti, quali le organizzazioni sindacali nazionali, le università.

11 numero complessivo dei membri dej Senato potrebbe essere fissato a 300.Il numero dei senatori eletti dalle regioni dovrebbe non essere inferiore ai due

terzi. Si può considerare se convenga, come in Svizzera e negli Stati Uniti, attribuire a ciascuna regione l ’elezione di un numero eguale di senatori o se, invece, non sia più opportuno che la distribuzione dei seggi senatoriali fra le regioni sia da farsi tenendo conto delle diversità di estensione geografica e di popolazione delle varie regioni. L ’elezione dei senatori di questa categoria sarebbe attribuita all’assemblea della Regione alla quale prenderebbero parte anche delegati dei Consigli comunali della regione.

11 criterio indicato come direttivo della formazione del Senato non esclude, poi, in linea di principio, che si consideri anche la convenienza di attribuire allo stesso Senato od al Capo dello Stato la nomina di un ristrettissimo numero di senatori a vita, in modo da permettere di assicurare al Senato il concorso di personalità emi­nenti, che per ragioni diverse non sarebbero utilizzate col sistema elettivo.

I senatori sarebbero eletti per 6 anni e si rinnoverebbero per metà ogni 3 anni.

Formazione delle leggi

17. - La Camera dei deputati ed il Senato concorrerebbero, come organi distinti, alla formazione delle leggi, le quali sarebbero sanzionate e promulgate dal Capo dello Stato.

La Costituzione dovrebbe stabilire che il Capo dello Stato quando ritenga di rifiutare la sanzione, deve rinviare il disegno di legge alle Camere con messaggio motivato : se ciascuna di queste approva di nuovo il disegno di legge a maggioranza dei due terzi, il Capo dello Stato sarebbe obbligato a promulgare la legge.

Procedura d’urgenza

18. - A questa procedura normale per la formazione delle leggi la Costituzione potrebbe prevedere una deroga per il caso di urgente necessità.

In questo caso l’ approvazione di ciascuna delle due Camere su un disegno di legge sarebbe data da una Delegazione permanente nominata annualmente da cia­scuna di esse nel suo seno con sistema proporzionale. Se l ’urgente necessità non è preliminarmente riconosciuta dalla Delegazione di una Camera, la procedura nor­male di approvazione della legge dovrebbe essere osservata.

Con questa disposizione, la Costituzione, mentre escluderebbe la facoltà del Governo di emanare decreti-legge, istituirebbe un procedimento accelerato, che as­sicura la possibilità di una pronta emanazione di provvedimenti legislativi che fossero richiesti da una effettiva urgente necessità.

Limiti costituzionali della legge ordinaria

19. - La legge ordinaria, quanto al suo contenuto, deve essere subordinata alla Costituzione, nel senso che essa non può creare norme che modifichino la Costitu­zione o che siano contrarie a principi costituzionali. E ’ questa un’esigenza essen­ziale, imposta da due ordini di considerazioni.

In primo luogo, il riconoscimento costituzionale delle Regioni, la cui competenza è determinata dalla Costituzione, esige la garanzia che la legge ordinaria dello Stato non possa modificare lo stato giuridico delle Regioni. Senza questa garanzia costi­tuzionale l ’autonomia delle Regioni sarebbe malsicura.

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In secondo luogo, la Costituzione deve avere un valore superiore a quello della legge ordinaria per assicurare, da un lato, che l ’ordinamento costituzionale sia più stabile e le modificazioni siano attuate con un procedimento speciale adeguato all’im- portanza della materia, e, dall’altro, che alcuni principi enunciati nella Costituzione come guarentigie dei cittadini siano muniti di effettiva efficacia giuridica, che si concreta nel funzionare come limiti la cui inosservanza è causa di invalidità non solo degli atti della pubblica amministrazione, ma anche delle leggi ordinarie dello Stato.

Leggi costituzionali

20. - Tale esigenza fondamentale importa che la Costituzione, sottraendo se stessa al potere della legge ordinaria, istituisca un procedimento speciale per la for­mazione delle leggi costituzionali.

Sul modo di differenziare il procedimento di formazione delle leggi costituzionali da quello delle leggi ordinarie si possono considerare diversi sistemi.

Così potrebbe ritenersi sufficiente stabilire che le leggi costituzionali devono essere approvate alla maggioranza dei due terzi dei membri in carica delle due Camere. La garanzia risultante dall’ esigenza di una maggioranza qualificata potrebbe essere sostituita ovvero rafforzata prescrivendosi che le leggi costituzionali siano sottoposte all’approvazione delle assemblee delle regioni, assicurandosi con ciò particolarmente una garanzia per lo stato giuridico costituzionale delle regioni.

Si può anche considerare se non convenga sottoporre le leggi costituzionali alla votazione diretta dei cittadini, esigendosi per l’ approvazione la maggioranza dei vo­tanti calcolata sia nazionalmente sia per Regioni.

L ’Assemblea nazionale

2 1. - La Costituzione, poi, prevederebbe che per talune attribuzioni, da essa determinate, la Camera dei deputati ed il Senato funzionerebbero riuniti insieme, costituendo l’Assemblea nazionale, che sarebbe presieduta dal Presidente del Senato.

Il Capo dello Stato

22. - IJ sistema di fare del Capo dello Stato l’organo che assume anche la fun­zione di Capo del Governo non sembra consigliabile. E ’ preferibile che le funzioni proprie di Capo dello Stato e quelle di Capo del Governo siano tenute distinte e perciò attribuite a due organi diversi.

Il Capo dello Stato, deve essere l’organo, che, oltre rappresentare l ’unità dello Stato all’interno ed all’estero, esercita una funzione moderatrice nel giuoco delle parti politiche che si alternano nella direzione del governo dello Stato, avendo so­prattutto il compito di essere il guardiano della Costituzione, cioè di assicurare che le norme costituzionali siano lealmente osservate a cominciare dal Governo.

23. - Sul modo di nomina del Capo dello Stato, dopo ponderata considerazione, si ritiene che l’ elezione del Presidente della Repubblica, anziché farsi direttamente dalla collettività di cittadini, sia da attribuirsi all’Assemblea nazionale costituita dalla riunione della Camera dei deputati e del Senato.

La durata in carica del Presidente dovrebbe fissarsi in 5 anni, sia per assicurare una certa continuità nelle funzioni, sia per fare in modo che l'elezione del Presi­dente non coincida, normalmente, con elezioni generali per la rinnovazione della Camera dei deputati o del Senato.

24. - 11 Presidente della Repubblica non risponderà personalmente per gli atti del Governo, salvo il caso di violazione della Costituzione o di alto tradimento.

Il Governo

25. - Il Capo dello Stato nominerà e revocherà il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

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I ministri saranno responsabili verso le Camere solidalmente per la condotta politica del Governo ed individualmente per gli atti del loro Ministero.

La responsabilità politica dei ministri si concreta nel principio che essi devono godere la fiducia delle Camere parlamentari.

La Costituzione, stabilendo questo principio, deve adottare alcune cautele per assicurare una conveniente continuità del Governo ed evitare che l’ applicazione pra­tica di quel principio porti a fenomeni di degenerazione parlamentaristica.

Ispirandosi a soluzioni esperimentate dalle costituzioni di diversi stati esteri, la Costituzione dovrà stabilire le modalità di presentazione e le condizioni di vota­zione di una mozione che implica dichiarazione di sfiducia verso il Governo o verso un ministro. Sarebbero così preclusi i voti di sorpresa, la cui possibilità è per se stessa un fomite di oscure manovre di corridoio. 11 voto di sfiducia importerà l ’ob­bligo costituzionale dei ministri di dimettersi solo quando sia stato adottato dalla maggioranza dei membri in carica della Camera dei deputati o del Senato ovvero dai due terzi dei partecipanti alla votazione, cioè quando è l’ espressione di un reale mutamento della situazione politica.

Con queste cautele il principio secondo il quale il Governo deve godere la fiducia delle Camere è il criterio che meglio assicura l’equilibrio politico fra il Governo e le Camere e quindi la coordinazione delle rispettive funzioni. Non è infatti praticamente possibile il normale funzionamento di un Governo dal quale le camere dissentano sull’ indirizzo politico generale. L ’esperienza storica, d ’altra parte, ha largamente dimostrato che quando il Governo si considera del tutto indipendente dal Parla­mento questo non esercita alcun efficace controllo, con grave danno per lo Stato e per la Nazione.

GLI ORGANI GIURISDIZIONALI

Garanzie d’indipendenza della giustizia

26. - La Costituzione dovrà stabilire alcuni principi generali sulla posizione degli organi di giurisdizione rispetto agli altri e sull’ esercizio della funzione giurisdizionale. In particolare dovrà enunciare come principi aventi valore costituzionale i seguenti:

— l ’indipendenza del giudice, il quale nell’esercizio della sua funzione è subor­dinato soltanto alle norme giuridiche;

— l ’inamovibilità dei giudici;— la libertà del giudice di interpretare il diritto, l’ interpretazione obbligatoria

delle norme giuridiche potendo essere stabilita soltanto da un valido atto di legi­slazione;

— il divieto di istituire tribunali eccezionali.

Corte di Giustizia costituzionale

27. - La Costituzione, inoltre, dovrà istituire una Corte di giustizia costituzionale alla quale sarebbe attribuita la competenza:

— di conoscere sui ricorsi di incostituzionalità delle leggi dello Stato e delle regioni;

— di decidere sui conflitti di competenza fra lo Stato e le regioni o fra queste;-— di giudicare il Presidente della Repubblica ed i ministri, contro i quali sia

promossa azione di responsabilità penale dalla Camera dei deputati.L ’ istituzione di un organo speciale di giurisdizione costituzionale è un’esigenza

essenziale per garantire l’ efficacia delle norme della Costituzione relative alla distri­buzione delle competenze fra lo Stato e le regioni e la subordinazione delle leggiordinarie dello Stato e quelle delle regioni ai principi costituzionali.

28. - La Costituzione nel determinare la composizione della Corte di giustizia costituzionale dovrà aver riguardo al carattere particolarmente delicato delle fun-

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ziom ad essa attribuite in modo da contemperare le esigenze della competenza tecnica e dell’ indipendenza dei giudici con quella di un adeguato spirito di comprensione delle materie, sulle quali la Corte è chiamata a giudicare.

Tenendo conto di tali criteri, sarebbe consigliabile che la Corte fosse costituita nel modo seguente: un presidente ed un vice-presidente nominati dall’Assemblea nazionale; due membri effettivi e due supplenti nominati dal Senato; due membri effettivi e due supplenti nominati dalla Camera dei deputati; due membri effettivi e due supplenti eletti nel suo seno dalla Corte suprema di cassazione; due effettivi e due supplenti dal Consiglio di Stato. Le nomine sarebbero fatte per la durata di io anni.

29. - Le norme sui procedimenti avanti la Corte di giustizia costituzionale sareb­bero stabilite con legge speciale.

GU AREN TIG IE COSTITUZIONALI

Principi fondamentali

30. - La Costituzione dovrà enunciare alcuni principi che per quanto formulati in termini generali, hanno una diretta efficacia giuridica come limiti alle leggi dello Stato e delle regioni e come criteri di valutazione della legittimità degli atti ammi­nistrativi. Attraverso questi principi, la cui osservanza è garantita in via giurisdi­zionale, la Costituzione si pone come legge superiore che vincola l’attività dello Stato e delle regioni e degli altri enti pubblici.

Sono particolarmente da affermarsi, con concrete precisazioni, i principi seguenti:— l’inviolabilità della persona e del domicilio;— la non punibilità per un fatto che al tempo in cui è stato compiuto non era

preveduto dalla legge come reato;—- la libertà di coscienza e di culto;— la libertà di stampa e di diffusione delle idee;— la libertà di riunione e di associazione;— l ’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge;— il divieto di far dipendere dalla confessione religiosa o dalla razza restrizioni

al godimento dei diritti civili ed all’ammessibilità dei cittadini ai pubblici uffici;— l'inviolabilità della proprietà privata, di cui nessuno può essere espropriato

se non per causa di interesse pubblico nei modi stabiliti dalla legge e previa adeguata indennità, salvo che sia diversamente stabilito nell’interesse dell’ordine sociale da una legge approvata a maggioranza assoluta.

La necessità che principi fondamentali come quelli enunciati abbiano nell’ordi­namento giuridico dello Stato il valore e le garanzie di principi costituzionali è abbondantemente dimostrata dalla recente esperienza storica, la quale ha rivelato a quali mostruose e tragiche conseguenze ha condotto in diversi paesi la svalutazione dei dileggiati « immortali principi ».

3 1 . - La Costituzione dovrà anche stabilire che l ’ordinamento dei comuni e delleprovincie deve essere determinato con legge ed esser informato ai principi diautonomia.

Costituzione e programmi sociali

32. - Non è, invece, consigliabile di imitare l’uso di varie costituzioni straniere di inserire, fra le proprie disposizioni, delle enunciazioni, che per la loro astrattezza ed il loro contenuto sono prive di valore giuridico o si limitano ad essere l’indica­zione generica di un programma di legislazione o di indirizzo politico o sociale.

La Costituzione, come insieme delle norme fondamentali dell’ordinamento di

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uno Stato libero, deve stabilire le norme che regolano il funzionamento dello Stato, la sfera della sua attività rispetto a quella degli altri enti, i limiti di essa per il rispetto della libertà dei singoli e dei gruppi.

Si può arrivare a comprendere che la stessa Costituzione precisi alcuni aspetti o direzioni della concreta finalità dello Stato in quanto tali direzioni siano storicamente diventate un’esigenza attuale della legislazione e dell’attività amministrativa dello Stato nel campo economico e sociale, ma se si oltrepassano questi limiti si esce dal campo proprio di una carta costituzionale.

Gli articoli di una Costituzione non possono considerarsi come iscrizioni di ipo­teche sull’ avvenire di un popolo nè tanto meno come spazi destinati all’affissione di manifesti programmatici di uno o più partiti, anche se si tratta dei partiti che, instaurato il nuovo ordinamento costituzionale, contano di prevalere negli organi dai quali dipende il concreto indirizzo della legislazione e dell’ attività politica ed ammi­nistrativa dello Stato.

La Repubblica attuerà un indirizzo in grado maggiore o minore socialista piut­tosto che liberista secondo le opinioni che dal libero giuoco delle forze politiche e sociali raccoglieranno di tempo in tempo l’adesione della maggioranza.

Ciò che essa deve essere in ogni momento è la casa di tutti, nella quale nessuno è predestinato al privilegio del comando, ma tutti, maggioranza e minoranza, siano tutelati nei loro diritti e possano liberamente concorrere a determinare l’indirizzo della politica dello Stato.

Assicurare queste condizioni fondamentali è il compito proprio della Costituzione, nella quale, perciò, si concreta l ’essenza stessa della Repubblica.

Q U E S T I O N A R I O

/ - La struttura dello Stato

1. - La Costituzione deve dare allo Stato italiano una struttura istituzionalmente decentrata mediante la creazione delle regioni come enti di diritto pubblico?

2. - Alle regioni sarebbe da attribuirsi anche una competenza legislativa nei limiti della Costituzione?

3. - Quali materie sarebbero da attribuire alla competenza delle regioni?

4. - Conviene prevedere che per certe materie la legislazione dello Stato stabi­lisca i principi generali e direttivi ai quali devono conformarsi le leggi regionali?

5. - La Costituzione, per quanto concerne la determinazione della competenza delle regioni, deve ispirarsi al principio della assoluta uguaglianza di competenza per tutte le regioni, oppure ammettere la possibilità che talune regioni (per esempio la Sicilia e la Sardegna) abbiano funzioni che non rientrano nella competenza delle altre regioni?

6. - La Costituzione deve determinare direttamente come devono essere costi­tuiti gli organi delle regioni? o lasciare, almeno in parte, ad ogni Regione la facoltà di regolare la propria organizzazione?

7. - Il capo di ogni Regione come ente autonomo deve essere nominato dallo Stato o dalla stessa Regione?

8. - Il governo centrale deve essere rappresentato da un proprio organo nei capo- luoghi delle regioni?

9. - Quali criteri devono adottarsi per determinare il sistema tributario delle regioni in rapporto a quello dello Stato?

10. - Quali criteri devono seguirsi per determinare il territorio delle singole regioni?

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Il - L ’organizzazione costituzionale dello Stato

i l . - Il Parlamento deve essere costituito secondo il sistema unicamerale o bica­merale?

12 - Adottandosi il sistema bicamerale, come deve essere costituito il Senato?

13. - L ’elezione dei senatori deve attribuirsi in tutto od in parte alle Regioni? Ad ogni Regione deve assegnarsi l’ elezione di un numero uguale di senatori oppure la ripartizione dei senatori da eleggersi dalle Regioni, deve farsi tenendo conto del­l ’importanza comparativa delle varie Regioni? Con quale procedimento deve farsi l ’elezione dei senatori regionali?

14. - Ammettendosi che una parte dei senatori sia nominata da altri enti, quali questi dovrebbero essere?

15 . - Conviene attribuire al Senato stesso od al Capo dello Stato la nomina di un ristretto numero di senatori a vita?

16. - Quale dovrebbe essere }a durata in carica dei senatori elettivi?

17. - Come deve essere costituita la Camera dei deputati?

18. - Conviene attribuire alcune funzioni all'Assemblea nazionale costituita dalla riunione del Senato e della Camera dei deputati?

19. - Conviene che il Caipo dello Stato ed il Capo del Governo siano organi distinti?

20. - Come deve essere eletto il Capo dello Stato?

2 1. - Il Capo del Governo ed i ministri devono essere nominati dal Capo dello Stato od eletti per un termine determinato dall’Assemblea nazionale?

22. - Come deve essere definita la posizione del Governo verso le Camere? La Costituzione deve espressamente stabilire l’obbligo costituzionale dei ministri di di­mettersi in seguito ad un voto di sfiducia di una o dell’altra Camera? Adottandosi il principio del governo parlamentare, si devono stabilire delle cautele circa l’approva­zione dei voti di sfiducia comportanti tale effetto costituzionale?

23. - Si deve attribuire al Capo dello Stato il potere di sciogliere la Camera dei deputati prima della scadenza del termine di nomina? Eventualmente, sotto quali condizioni?

24. - Nella formazione delle leggi, oltre le Camere, deve concorrere il Capo dello Stato con la sanzione? ovvero al Capo dello Stato deve attribuirsi solo la promul­gazione?

25. - Si deve prevedere un procedimento accelerato per le leggi ordinarie in caso di urgente necessità? quale?

26. - Quale deve essere il procedimento speciale per la formazione delle leggi costituzionali?

27. - Quale competenza deve attribuirsi alle Camere in materia di dichiarazione dello stato di guerra e di stipulazione di trattati internazionali?

28. - Si deve istituire una Corte di giustizia costituzionale? Come deve essere costituita? Quale ne deve essere la competenza?

Ili - Guarentigia costituzionale e principi generali

29. - La Costituzione deve contenere un’elencazione di principi generali per ga­rantire, anche di fronte al potere di legislazione ordinaria, i vari diritti di libertà?. Quali? ,3 ;

30. - La Costituzione deve enunciare dei principi direttivi e delle affermazioni programmatiche di politica sociale ed economica? Quali?


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