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PERCORSO CONCETTUALE · il mondo del ‘900 nell’inno delle mondine e nel ... totalitarismi e non...

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PERCORSO CONCETTUALE EVEN T OUR 2 GIUGNO FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA 2018 Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018 PROGETTO di Maddalena Laura Maria Brunasti © 2018 INDICE INTRODUZIONE STUDIO PRELIMINARE pianificazione dell’evento / 2 GIUGNO STUDIO PREPARATORIO progettazione del percorso / ITINERARIO GEO-STORICO IL TERRITORIO la pianura vercellese-alessandrina, da terre d’acqua a “terre di risaia” EX-CURSUS STORIOGRAFICO il Monferrato, da lande desolate a campagna IL CAVALIERE E LA REGINA-SANTA generatori di progresso agricolo e cultura rinascimentale LE GIORNATE il parametro locale per la misurazione del tempo e dei terreni LE GRANGE l’architettura del paesaggio rurale territoriale I CANALI la costruzione dei campi, dalla bonifica all’irrigazione artificiale dei terreni LE TESTIMONIANZE strumenti di lavoro e mappe geo-storiche e antropologiche del territorio IL GENIUS LOCI mappe concettuali ( strumenti cognitivi, informativi e operativi ) 8 MARZO il mondo del ‘900 nell’inno delle mondine e nel film Riso Amaro 2 GIUGNO mille anni di storia italiana nelle biografie di Aleramo a Mario Maratelli MATERIALI DOCUMENTALI ~ BIBLIOGRAFICI ~ ICONOGRAFICI ~ AUDIOVISIVI
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PERCORSO CONCETTUALE EVENTOUR 2 GIUGNO ● FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA 2018

Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018

PROGETTO di Maddalena Laura Maria Brunasti © 2018

INDICE

INTRODUZIONE

STUDIO PRELIMINARE pianificazione dell’evento / 2 GIUGNO

STUDIO PREPARATORIO

progettazione del percorso / ITINERARIO GEO-STORICO

IL TERRITORIO

la pianura vercellese-alessandrina, da terre d’acqua a “terre di risaia”

EX-CURSUS STORIOGRAFICO

il Monferrato, da lande desolate a campagna

IL CAVALIERE E LA REGINA-SANTA

generatori di progresso agricolo e cultura rinascimentale

LE GIORNATE

il parametro locale per la misurazione del tempo e dei terreni

LE GRANGE

l’architettura del paesaggio rurale territoriale

I CANALI

la costruzione dei campi, dalla bonifica all’irrigazione artificiale dei terreni

LE TESTIMONIANZE

strumenti di lavoro e mappe geo-storiche e antropologiche del territorio

IL GENIUS LOCI

mappe concettuali ( strumenti cognitivi, informativi e operativi )

8 MARZO

il mondo del ‘900 nell’inno delle mondine e nel film Riso Amaro

2 GIUGNO

mille anni di storia italiana nelle biografie di Aleramo a Mario Maratelli

MATERIALI

DOCUMENTALI ~ BIBLIOGRAFICI ~ ICONOGRAFICI ~ AUDIOVISIVI

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Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018

INTRODUZIONE

Un programma evenTour consiste in una serie di attività culturali e turistiche

congruenti, perciò pianificate congiuntamente o in successione consequenziale.

Il primo organizzato in Monferrato propone un INCONTRO CONVIVIALE “nella cornice” della

mostra TAVOLE A TAVOLA, in esposizione all’art-hotel LOCANDA DELL’ARTE di Solonghello,

un antico borgo tipico del territorio rurale compreso nel sito seriale UNESCO Paesaggi

Vitivinicoli, e un’ESCURSIONE in aree individuate nella Custodia di San Germano V.se e

nei pressi del mulino museale a Fontanetto Po per osservare risaie e canali di irrigazione

usando come mappe alcuni documenti d’epoca: le testimonianze (registri) compilate

dagli acquaioli negli ultimi decenni dell’Ottocento e primi del Novecento e la biografia di

Mario Maratelli, un agricoltore di Asigliano Vercellese vissuto dal 1879 al 1955.

Rivolto al pubblico, anche di turisti a cui può venire offerto in un “pacchetto”, il format è

stato accuratamente progettato con studio del percorso concettuale delineato da contenuti

e finalità delle attività in programma: trascorrere momenti di svago e socializzazione nelle

modalità tipiche delle locali tradizioni comunitarie di produzione, trasformazione e

consumo del cibo, e sperimentare l’esplorazione del territorio rurale con utilizzo di

documenti d’epoca e testi storiografici come mappe di orientamento e con cui rilevare le

specificità geografico-biologiche dei patrimoni ambientali e individuare le particolarità

storico-biografiche dei beni archeologici ed etnografici.

Organizzate per dare ad abitanti del luogo e turisti in soggiorno nella località opportunità

di osservare la realtà territoriale da un prospettiva “integrale”, che permette di

coglierne e comprenderne quanti più aspetti possibile (geografici, ecologici, storici,

antropologici, archetipici, culturali, sociali, economici,…), le attività sono state approntate

predisponendo apposite mappe concettuali - strumenti cognitivi, didattici e operativi

che permettono ai partecipanti di elaborare e condividere le esperienze prima, durante e

dopo l’esplorazione e l’incontro conviviale. Grazie alla collaborazione di Nova Coop, che ha

generosamente fornito allo scopo 40 stampe edite dal gruppo, a ciascuno verrà consegnata

una copia della Costituzione Italiana. Infatti, dai materiali storiografici e bibliografici,

iconografici e audiovisivi raccolti con la ricerca preliminare ed elaborati nello studio

condotto per lo sviluppo del progetto risaltano evidenti l’importanza e il valore del lavoro

svolto nel “mondo del riso” da generazioni di contadini, braccianti, artigiani e operai,

imprenditori, tecnici, artisti… protagonisti dell’iniziativa che è stata pianificata a svolgersi

nella data di sabato 2 GIUGNO 2018, giornata il cui la festività nazionale coincide con

l’Anno Europeo dei Patrimoni Culturali e l’Anno del Cibo Italiano, per realizzarsi come

celebrativa della Festa della Repubblica italiana “nello spirito” della sua Costituzione.

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In tanti anni, nel 2018 esattamente 70 dal 1948, il 2 GIUGNO è una festività civile che,

sebbene la principale della nazione, non è sentita e vissuta con trasporto emotivo da tutti

gli italiani. La maggior parte dei cittadini trascorre la giornata come una vacanza, di riposo

dal lavoro e come occasione per fare una gita “fuori porta”, in particolare “andare al mare”,

consuetudine diventata proverbiale in riferimento al comportamento di chi non esercita i

diritti di cittadinanza oppure diserta le urne proprio per annullare l’esito di un’elezione o

un referendum. Ciò avviene per molte ragioni, molte contingenti e alcune storiche, che

trascinano nel presente criticità non risolte nel passato, tra cui la “spaccatura” politica

rispecchiata nell’esito delle votazioni del 1946 e la forma, perciò sostanza, della

celebrazione ufficiale per la festa nazionale della Repubblica come una parata militare, una

manifestazione palesemente rappresentativa del patriottismo che infervora nazionalismi e

totalitarismi e non della coscienza collettiva che anima la "Repubblica democratica fondata

sul lavoro" (Art. 1), come nel 1976 ha evidenziato Lelio Basso - un estensore della

Costituzione italiana, in particolare autore dell'Art. 3 - auspicando che la sfilata del 2

GIUGNO fosse invece «composta da tutte le forze del lavoro che hanno edificato questa

nazione con la loro fatica, con le loro tasse, con i loro sacrifici, con le loro sofferenze».

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La prima celebrazione ufficiale della Festa della Repubblica italiana si svolse a Roma nel

1948, dopo che il 1° gennaio dello stesso anno era entrata in vigore la Costituzione e nella

seconda ricorrenza del 2 giugno 1946, prima giornata di due - una domenica e il lunedì

successivo - in cui gli italiani andarono a votare e lo stato venne proclamato una

repubblica. Dopo la seconda guerra mondiale, in Italia conclusa il 25 aprile 1945 con la

Liberazione dall'occupazione nazista e dalla dittatura fascista, il popolo venne chiamato

alle urne per eleggere i propri rappresentati all'Assemblea Costituente e, con il

referendum, scegliere il tipo di ordinamento istituzionale della nazione esprimendo la

propria preferenza tra monarchia oppure repubblica.

Su circa 30 milioni di votanti, oltre 12 scelsero e affermarono la repubblica, mentre più di

10 confermarono la monarchia e quasi 8 si astennero, lasciando segno di dubbi e timori,

perplessità e indifferenza sulla decisione. Inequivocabile, ma non plebiscitario, l'esito

elettorale rifletteva la "spaccatura" dell’opinione pubblica, un divario documentato anche

dalla diffusione di una falsa notizia - fake-news - divulgata dal quotidiano torinese, e filo-

sabaudo, che in prima pagina annunciò il risultato "ribaltando" i numeri a favore dei

Savoia e la vittoria del re italiano come un successo accolto con compiacimento dal

presidente degli Stati Uniti d'America, cioè del paese che nello scenario internazionale

post-bellico si era imposto come la maggiore potenza mondiale e del XX secolo.

Emersa durante la grande guerra del '14-18, dal Regno d'Italia combattuta come ultima

battaglia risorgimentale, la forza economica e militare statunitense aveva predominato nel

conflitto globale del '39-45, in particolare sul fronte italiano, dove gli scontri erano stati

intensi, cruenti e devastanti. Nel drammatico e caotico periodo tra l'8 settembre 1943 e il

25 aprile 1945 la dinastia sabauda aveva perso autorevolezza e, nonostante gran parte della

popolazione gli fosse rimasta fedele, il referendum del 1946 ne decretò il decadimento.

Anche spinta dall'entusiasmo per la sconfitta delle egemonie del Vecchio Mondo, la

maggioranza degli italiani il 2 GIUGNO 1946 guardava alla nazione statunitense come un

modello, "il" modello di prima repubblica democratica d'epoca moderna e contemporanea.

Infatti, come negli Stati Uniti d'America la ricorrenza del 4 LUGLIO è commemorativa

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dell'indipendenza nazionale, proclamata nel 1776 con la Dichiarazione sottoscritta dai

rappresentanti degli stati, da allora ex colonie inglesi, sancendo per la prima volta nella

storia che «tutti gli uomini sono creati eguali (...) dotati di certi inalienabili diritti (...) la

Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità», la data del 2 GIUGNO in Italia è

rievocativa della scelta dalla popolazione per la forma, e sostanzialità, della nazione

italiana come una repubblica democratica, la cui istituzione è emblematicamente

contrassegnata dalla data che sancì la formazione dello stato governato dai suoi cittadini e

ordinato da una legge scritta e promulgata dal popolo, tramite l'Assemblea Costituente,

eletta nello stesso giorno del referendum.

La carta istituzionale, il cui testo fu elaborato dalla Commissione detta "dei 75" e

dal Comitato di redazione formato da 18 estensori, venne approvata dall'Assemblea

Costituente il 22 dicembre 1947. Il 27 successivo fu sottoscritta dal capo provvisorio dello

stato, Enrico De Nicola, e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (un'edizione straordinaria, la

n° 298), per entrare in vigore dal 1º gennaio 1948. Sei mesi dopo, nella ricorrenza del 2

giugno le massime autorità dello Stato presenziarono una parata militare ai Fori Imperiali

della capitale e da allora questa manifestazione è la celebrazione ufficiale della ricorrenza,

nel 1949 dichiarata la festa nazionale della Repubblica e della "sua" Costituzione.

Casualmente nel 2018 la ricorrenza “cade” di sabato, inducendo molti cittadini a

trascorrere la giornata come di proverbiale vacanza. L’occasione rende possibile farlo con

attività di svago congruenti al “tema” della data emblematica, quest’anno particolarmente

significativa perché è l'ANNO EUROPEO DEL PATRIMONIO CULTURALE, a cui nella

Costituzione italiana sono rivolte cure particolari (Articoli 4 e 9), in Italia declinato come

ANNO DEL CIBO ITALIANO, cioè focalizzando l'attenzione sulle tradizionali colture di

prodotti agro-alimentari e sulla cultura dell'agricoltura e dell'alimentazione che, insieme ai

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beni paesaggistici, archeologici, artistici e artigianali, costituiscono l’enorme ricchezza (e

un’importante risorsa economica) del Belpaese. Molti argomenti contenuti nei due ambiti

tematici permettono di contrassegnare il 2 GIUGNO 2018 con lo svolgimento di iniziative

che, coniugando lo svago alle finalità didattiche, assumono funzioni celebrative. Esplicito

riferimento alla ricorrenza può venir dato a programmi le cui attività diano evidenza

all’attualità dei principi costituzionali su cui è fondata la Repubblica italiana ponendo

risalto alla memoria storica delle persone che, con la propria fatica e il proprio impegno,

hanno materialmente e concretamente “fatto” la nazione italiana, oggi anche uno stato

dell’Unione Europea, ovvero della comunità economica fondata a con il trattato siglato a

Roma nel 1957 e della federazione istituita nel 1993 con l'entrata in vigore del trattato

siglato a Maastricht nel 1992, alla cui realizzazione hanno contribuito anche molti patrioti

italiani risorgimentali e repubblicani.

Ciò è quanto ho pensato possibile, pertanto proposto di esprimere, con l’organizzazione e

l’attuazione di un’iniziativa, l’evenTour in Monferrato che, per l’occasione, è delineato

come un percorso composto da un’escursione esplorativa nelle risaie vercellesi e un

incontro conviviale nella “cornice” di una mostra esposta in un art-hotel in collina.

L'idea del programma - ovvero del format emblematicamente denominato evenTour - è

nata da un'altra, anzi molte altre, generate da alcune "scoperte", in particolare le giornate e

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le testimonianze, che ho fatto di persona nelle mie girovagazioni, cioè da quanto ho

appreso in una serie di incontri con tante persone sensibili e generose. In ordine

temporale, grazie a:

Mauro Gradano, che con sua madre Lucia e la sua famiglia possiede e gestisce come un

sito archeologico-museale il mulino dell'antica riseria San Giovanni a Fontanetto Po;

Giacomino Mezza, che mi ha spiegato il significato della parola giornata e mostrato il

proprio Castello di Sali, un maniero rurale nel cui ingresso principale è incastonata una

serie di formelle di ceramica dipinta che raffigurano i versi del Cantico delle Creature /

Laudato Si' di Francesco d'Assisi (il santo patrono d'Italia) e una tenuta dove nel 1910

fondatore della locale associazione degli agricoltori, Eusebio Saviolo, avviò un'azienda

che, come lui stesso ha descritto nell'autobiografia Il dono del mio lavoro ed è stato

messo in risalto da alcuni (ancora pochi) studi, è un modello d’impresa tuttora attuale;

Piero Rondolino, che mi ha mostrato le antiche architetture rurali da lui conservate

intatte nella sua proprietà, la Tenuta Colombara dove coltiva il riso e lo trasforma in un

prodotto innovativo e portabandiera del comparto agroalimentare italiano;

Vittorina Maratelli e suo marito Paolo, che insieme "animano" l'Associazione

Culturale Riso Maratelli 1914 per tramandare la storia del riso Maratelli che, come

sottolinea Bruno Gambarotta, è un paradigma del nostro tempo;

un acquaiolo, che mi ha mostrato una testimonianza del 1915.

Alcune "cose" che ho raccolto in tutti questi incontri sono state raccontate, descritte e

illustrate alla presentazione della mostra TAVOLE A TAVOLA nella galleria dell'art-hotel

LOCANDA DELL'ARTE, un evento conviviale pianificato per svolgersi il 3 marzo in

concomitanza con l'8 MARZO, ma una nevicata ha reso impraticabili le strade per cui è

stato rimandato, ed è avvenuto il 7 APRILE scorso.

L'occasione ha dato opportunità per un ulteriore proficuo scambio con i partecipanti, la

condivisione di conoscenze storiche e sulle realtà locali e globali nel "mondo" del cibo

e, in particolare, del riso. Insieme a Giovanna Ceccherini, con cui dal 2014 svolgo ricerche

e studi sull'ICH UNESCO Dieta Mediterranea, ho sviluppato un progetto abbozzato un paio

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d'anni fa con Vittorina Maratelli e suo marito Paolo, che dal canto loro hanno avuto modo

di conoscere Maria Palumbo Sormani e "scoprire" la sua LOCANDA DELL'ARTE.

Sul tema del riso negli anni precedenti all’art-hotel sono state presentate mostre e svolte

attività proposte nei programmi di manifestazioni locali dedicate all’enogastronomia del

territorio, il festival Golosaria in Monferrato e la kermesse Riso & Rose. Una location

ideale per la mostra TAVOLE A TAVOLA, dove è in esposizione fino al 3 giugno 2018, ,

LOCANDA DELL’ARTE è stato il “terreno fertile” per lo sviluppo del progetto e

rappresenta l’ambientazione adatta per l’attuazione dell'iniziativa che, nella fusione delle

idee, è stata concepita per realizzarsi il 2 GIUGNO, pertanto come avvenimento

emblematicamente celebrativo della Festa della Repubblica nell'Anno Europeo dei

Patrimoni Culturali e del nazionale Anno del Cibo Italiano.

Pianificato come conclusivo dell'esposizione della mostra TAVOLE A TAVOLA, che

presenta una serie di disegni artistici appositamente creati a raffigurare le ricette della

cucina tipica locale raccolte in libri di recente pubblicazione, perciò progettato sul modello

dell'evento conviviale del 7 APRILE che ne ha costituito il momento clou, inizialmente il

programma per l’iniziativa in programma per sabato 2 GIUGNO è stato proposto come una

"prova tecnica" della partecipazione dell'Associazione culturale RISO MARATELLI 1914

alla vendemmia che di consueto riunisce all'art-hotel LOCANDA DELL'ARTE familiari ed

amici dei gestori e che per gli ospiti dell'albergo costituisce l'occasione di fare una diretta

esperienza della raccolta dell'uva come nell'antica e "genuina" tradizione italiana.

Infatti, per permettere l'immediata pigiatura degli acini, il lavoro nella vigna va svolto

celermente, e allo scopo da quanti più vendemmiatori possibile, e se nelle grandi tenute era

un mestiere che dava impiego ai braccianti stagionali, anche ragazzi e bambini, nei piccoli

poderi l'attività veniva svolta con l'aiuto di familiari e amici, ai quali in riconoscenza il

padrone della tenuta offriva un pranzo, di solito consumato in tavolate apparecchiate

nell'aia della cascina, che poi diventava una festa con canti e balli... come permetterebbe la

collaborazione con l'Associazione culturale RISO MARATELLI 1914, che tra le proprie

attività organizza anche i concerti di un gruppo musicale locale che interpreta i canti di

risaia, le canzoni con cui le mondine scandivano il ritmo dei gesti ripetitivi del proprio

lavoro, un faticoso mestiere manuale (vedi sotto SON LA MONDINA). L’idea della “padrona di

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casa” Maria Palumbo Sormani è che per la vendemmia 2018 il pranzo sia composto da un

menu di risotti, pietanze tipiche della cucina locale in cui riso e vino si amalgamo perché -

come dice il proverbio - il riso nasce nell'acqua e muore nel vino e le ricette raccontano

molta storia della vita rurale in Monferrato, dove - come testimoniato da Giovanna

Ceccherini nella prefazione a LE VIE DEL RISO - i contadini migravano dalle colline in

pianura per il raccolto del riso e, viceversa, dalla pianura in collina per la vendemmia: «Di

riso e risaie parlava spesso mia nonna, in gioventù mondina nel vercellese… portava il

riso a casa per mangiare, almeno una volta al giorno. In mancanza d’altro, alla minestra

si dava sapore aggiungendo un po’ di vino rosso, ottenendo così la sürbija … Per la sua

famiglia, il riso valeva quanto la moneta: lo si barattava per zucchero, sale, acciughe…».

L’organizzazione del pranzo per la vendemmia 2018 a LOCANDA DELL’ARTE come un

menu di risotti con il vino “della casa” e il riso Maratelli ha dato spunto per proporre un

“pacchetto” turistico confezionato con un nuovo, e innovativo, itinerario su un tracciato

storico e così realizzare un progetto che da anni è tra i miei “sogni nel cassetto”: la

passeggiata al passo delle testimonianze che consiste in un percorso breve, di mezza o

un’ora al massimo, lungo gli argini dei canali artificiali che irrigano i terreni coltivati.

Pianificata con attenta e accurata programmazione, l’escursione permette di conoscere "sul

campo" la storia e realtà delle attività in passato e attualmente svolte nelle risaie. In

ciascuna tappa della gita, in cui la camminata nei campi e lungo i canali che li attraversano

è una, ma non l’unica, delle attività proposte, vengono illustrati diverse fasi del lavoro e

vari "passaggi" della storia della risicoltura in Italia.

Ciò si rende possibile tramite l’illustrazione della storia dell’origine e della coltivazione di

una particolare varietà di riso, il Maratelli, "selezionato" allo scopo per molte ragioni.

Principalmente perché è una pianta ibrida nel 1914 spontaneamente germogliata in una

risaia, un campo in zona Bosco di Asigliano Vercellese, ovvero proprio nel cuore della zona

in cui nel medioevo i terreni cominciarono ad essere coltivati con sistemi intensivo-

estensivi e la vallata del Po è stata trasformata in Pianura Padana e dove il riso è stato

“trapiantato” ed è diventando una produzione tipica locale e rappresentativa

dell’agricoltura e cultura gastronomica italiana. Nel Novecento il riso Maratelli è stato

molto importante, infatti è menzionato nella voce dell’Enciclopedia Italiana Treccani

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compilata nel 1936 da Novello Novelli: «In Italia attualmente si coltivano circa 50 varietà,

ma solo una decina hanno una reale importanza nella produzione. Esse sono: precoci -

Bertone, Allorio, Maratelli e Agostano; di stagione - Vialone, Americano 1600,

Chinese originario, Mantova; tardive - Roma e Bologna». Inoltre il riso Maratelli è una

tipologia di riso che ha superato test molto importanti: in passato della resa agricola e

della qualità alimentare, recentemente quello della sostenibilità.

La storia di Mario Maratelli, che lo ha scoperto e, dando alla semente il proprio nome

senza vincolarne l'uso con un brevetto, ha agevolato gli agricoltori a coltivarlo e permesso a

varie generazioni di italiani di superare tante difficoltà nei periodi cupi seguiti alle guerre

mondiali - racconta tutto, proprio tutto, di ciò che è maggiormente importante da sempre,

attualmente con particolare valore. Nella prefazione alla biografia del suo “scopritore”,

scritta nel 2013 dal nipote, Augusto Maratelli, un documentarista del Novecento, il

giornalista astigiano Bruno Gambarotta, osserva: «La storia del riso Maratelli è un

paradigma del nostro tempo». Leggendo il libro ho rilevato che i dati sul riso danno spunto

a molti esercizi didattici e che la biografia di Mario Maratelli oltre del presente spiega

molto anche del passato, perciò che può venire letta come una narrazione esemplare, che

ha funzioni didattiche e, con un termine adesso “di moda” nel turismo, uno story-telling

che illustra il territorio in cui è ambientato il racconto. La sua trama infatti è uno

strumento efficace con cui orientarsi nei luoghi d’origine del riso italiano e capire il

significato di molte tracce di epoche remote impresse nei solchi dei campi, nei corsi di

fiumi e canali, nelle mura di case, cascine e castelli,… un millennio di storia che “ruota”

intorno alla vita di Mario Maratelli e della portentosa piantina di cui nel 1914 lui ha notato

la singolarità, una spiga nata “spontaneamente” in una risaia del Piemonte Orientale.

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IL TERRITORIO

DA TERRE D’ACQUA A TERRE DI RISAIA

La vasta zona di risaie che, quando allagate, diventano una distesa di specchi d'acqua, nella

provincia vercellese è denominata terre d'acqua. Non so da quando sia in uso e da chi sia

stata concepita questa fascinosa definizione poetica, ma son certa sia stata adottata senza

immaginare che avrebbe creato problemi di identificazione del luogo e per l’emersione

(oggi infelicemente detta "valorizzazione") delle sue specificità e biodiversità. Ciò accade

perché nel villaggio globale della comunicazione planetaria, in cui predomina l’inglese, il

termine water-lands (terre d’acqua) - o wet-lands (terre bagnate) - indica aree paludose

come le Everglades in Florida, gli indiani Ramsar, la provenzale Camargue e il MAB

UNESCO Delta del Po. Invece nella zona di terre d’acqua vercellesi e alessandrine, in gran

parte compresa nel Parco Fluviale del Po e dell'Orba, le paludi sono state bonificate da

secoli e l'originale ecosistema autoctono è stato soppiantato dalla distesa di risaie a cui il

fotografo documentarista del Novecento Gianni Berengo Gardin ha dedicato un celebre

reportage efficacemente intitolato TERRE DI RISAIA.

EX-CURSUS STORIOGRAFICO - Le terre d'acqua intorno al Po erano una selva

paludosa, insalubre e insidiosa, infatti nella preistoria scarsamente popolata e dove,

secondo una delle varie versioni della leggenda, si avventurarono gli Argonauti nel loro

errabondo viaggio di ritorno a Iolco, nella Tessaglia, dopo aver raggiunto la Colchide, un

regno affacciato sulle coste del Mar Nero (geograficamente e storicamente l'estrema

regione europeo-caucasica, al confine con Asia e Medio-Oriente, attualmente lo stato della

Georgia), in cui Giasone aveva conquistato il vello d'oro. Impresa che l'eroe greco compì

superando prove del tutto simili, praticamente identiche, a quelle affrontate da Cadmo, il

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mitologico fondatore di Tebe, nella regione greca della Beozia, arrivando dalla fenicia (ora

libanese) città di Tiro nella vana ricerca della sorella Europa rapita da Zeus, che per

sottrarla ai guardiani si era tramutato in un bue bianco, e dal dio condotta a Creta, dove la

principessa divenne regina, madre di Minosse, padre del Minotauro. Aiutato dalla maga

Medea, principessa della Colchide, Giasone riuscì a soggiogare dei terribili tori e arare un

campo sacro a Marte dove, dopo aver ucciso un drago, ne seminò i denti, da cui

"germogliò" una schiera di guerrieri invincibili, che l’eroe sconfisse facendoli combattere

l'uno contro l'altro.

Curiosamente, fu proprio Luigi Schiaparelli, paleografo nativo di Cerrione, una località nel

Piemonte Orientale, a "scoprire" un’enigmatica nota a margine del codice LXXXXIX

(Orazionale mozarabico) conservato alla Biblioteca Capitolare di Verona il cui testo è

considerato la più antica scrittura in lingua romanza, il celebre indovinello veronese - “Se

pareba boves, alba pratàlia aràba et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba” - la

cui metafora illustra la scrittura alfabetica, che greci e romani hanno "ereditato" dai fenici

come Cadmo, che a loro volta l'appresero rielaborando i caratteri babilonesi, cioè del regno

persiano che in antichità comprendeva la Colchide, dove gli Argonauti conquistarono il

vello d’oro, come la semina in un campo arato, ovvero l'atto che Dante (soggiornato spesso

e a lungo a Verona) nel II canto del Paradiso della Divina Commedia ha descritto

compiuto da Giasone "fatto bifolco". E proprio il bovino fassona, una razza tipica del

Monferrato, è caratteristico per la mole e il manto bianco, grandezza e colore distintivi del

leggendario animale divino nel mito del “ratto d’Europa”.

Anche figura mitologica simbolica della scrittura, il binomio “campi e buoi” è un’immagine

rappresentativa del rapporto tra agricoltura e allevamento, per millenni interdipendenti

come mostrano le architetture delle cascine storiche delle tenute risicole, agrarie e

vitivinicole del Piemonte Orientale, in cui una vasta porzione degli ambienti erano i locali

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in passato adibiti a stalle, e come il nipote Augusto ricorda nella biografia del nonno,

descrivendo che l’allevamento di bovini da traino e per la produzione di latticini era

un’attività svolta da Mario Maratelli nella propria tenuta ad Asigliano Vercellese, dove da

oltre mezzo millennio (più di 580 anni) nella seconda domenica di maggio si svolge la

folcloristica “corsa dei buoi”.

L'attuale zona di risaie vercellesi e alessandrine è un territorio la cui storia è documentata

in molti modi. La leggendaria selva in cui si avventurarono Giasone e gli Argonauti è un

luogo che comincia ad essere descritto nei testi e disegnato nelle mappe geografiche

denominato come Gallia Cisalpina, un’area abitata da tribù celtiche e in cui i romani

stabilirono i propri avamposti militari tra i domini peninsulari e il continente europeo, sul

confine con la Gallia Transalpina. Nel III secolo a. C. la zona tra Torino e Piacenza fu un

teatro della seconda guerra punica: dove Annibale condusse l’esercito di truppe ed

elefanti nella celebre marcia dall’impero cartaginese (che aveva epicentro nell’attuale

Tunisia), attraverso la Spagna, i Pirenei e le Alpi.

La storiografia classica identifica i campi raudii in un'area vercellese che - come narrato da

Sebastiano Vassalli nel romanzo Terre selvagge costruito sulle vicende della guerra - nel

101 a. C. fu il campo di una battaglia annoverata tra le più cruente dell'antichità, vinta

dall’esercito romano contro le tribù dei cimbri. Partiti in massa dallo Jutland (l’attuale

Danimarca), i clan si espansero in tutto il continente europeo e, oltrepassato il passo del

Brennero, si divisero: alcuni si stabilirono in Lessinia, dove si mescolarono pacificamente

ai veneti, e altri tentarono di insediarsi nella vallata del Po, dove vennero combattuti, e

sterminati, dai romani.

Nel medioevo una zona marginale dei domini longobardi e in mappe e documenti

indicata come di lande desolate, al cui “centro” nel X secolo venne fondato un territorio,

il marchesato del Monferrato. Istituita ex-novo nell’arco di una 30ina d’anni, dal 933

al 967, che coincidono con i conclusivi del periodo di anarchia feudale dal crollo

dell’impero carolingio e gli iniziali del Sacro Romano Impero, la marca aleramica venne

formata come un feudo "cuscinetto" intorno a Pavia, all'epoca capitale del Regno d'Italia

insidiato da un lato dagli unni, dall'altro dai saraceni e all’interno dalle rivalità per il trono,

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conteso da Berengario I del Friuli e suo nipote Berengario II d'Ivrea alla dinastia reale dei

burgundi, sovrani delle Borgogne, e alla casata dei bosonidi, duchi d'Arles e di Toscana.

Il primo nucleo del marchesato fu la corte Auriola, da secoli scomparsa dalle mappe e,

fermo restando che fosse nei pressi dell'attuale Trino Vercellese, per la sua localizzazione le

ipotesi oscillano tra le attuali Leri e Lucedio.

Leri, probabilmente toponimo di sincresi da Aleramo, il nome del fondatore del

marchesato, è una tenuta che dal 1822 al 1861 è stata proprietà dei Cavour. Lucedio, ora

detto anche "principato", dal XIX secolo è suddivisa in due parti, la tenuta agricola e il

complesso abbaziale in cui sono sepolti alcuni marchesi del Monferrato. In entrambi i siti

nel XII secolo si erano stabilite comunità cenobitiche cistercensi che, avviando le opere di

bonifica delle paludi "insidiose" e di disboscamento delle foreste "selvatiche",

trasformarono le lande desolate in terreni agricoli, una distesa di campi fertili che presto

divenne la "dispensa" del prosperoso dominio della prestigiosa casata del Monferrato,

imparentata con tutte le grandi dinastie del medioevo: italiane (tra cui i milanesi Visconti e

torinesi Savoia), europee (reali di Francia e d'Inghilterra e sovrani del Sacro Romano

Impero), dell'Impero Bizantino e del Regno di Gerusalemme. Nel XVI secolo la

discendenza maschile si estinse e, con il matrimonio tra l'ultima marchesa - Margherita

Paleologa - e Federico II Gonzaga, celebrato nel 1531 il Monferrato nel 1533 venne

inglobato nel Ducato di Mantova. In seguito, con le progressive conquiste dei Savoia, i suoi

territori vennero gradualmente annessi al Regno di Sardegna e suddivisi tra le province di

vari capoluoghi piemontesi - Alessandria, Asti, Torino e Vercelli.

LE GIORNATE - La leggenda della fondazione del Monferrato narra che Aleramo,

capostipite della dinasta, venne insignito cavaliere per meriti che aveva conseguito in

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battaglia contro i saraceni, che allora facevano scorribande nelle terre del Regno d'Italia e,

come documentato dalla storiografia, in quel periodo si erano inoltrati fino a Vignale,

Frassinello ed Olivola, borghi ora sulle colline monferrine in provincia di Alessandria.

Inoltre, che al giovane e aitante paladino il re promise, e poi concesse e attribuì, tante terre

quante nel perimetro che fosse riuscito a percorrere cavalcando per tre giornate.

Questa immagine figurativa è rappresentativa dell’area del marchesato con l’uso di un

parametro di misura spazio-temporale, una giornata, che coincide con quello di giornata

che nel vocabolario degli agricoltori locali indica la superficie dei terreni coltivabili e le

quantità dei campi, in particolare le risaie. In questa accezione lessicale, giornata

significa "la terra che dal sorgere al calar del sole si riesce ad arare con una coppia di buoi",

curiosamente una raffigurazione che richiama alla mitologica impresa dell’eroe greco

Giasone e una parola della lingua italiana la cui etimologia “affonda” proprio nella storia

delle TERRE DI RISAIA vercellesi e alessandrine. Infatti, riferiti al lasso di tempo quotidiano

e distinto dalla notte, i sostantivi giorno e giornata, la cui forma deriva dall’avverbio

diuturno che discende dalla radice nominale dies, si diffusero con la “volgarizzazione” del

latino nel periodo della commistione della lingua antica con le lingue romanze, tra cui il

gallo-italiano parlato in Monferrato. La più remota testimonianza del vocabolo è attestata

nel Cantico delle Creature composto da San Francesco d'Assisi intorno al 1266:

«Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo

qual è iorno, et allumini noi per lui». Illustrata nella serie di formelle del Castello di Sali

Vercellese, una tenuta agricola poco distante da Lucedio, nel XX secolo un’azienda agricola

d’avanguardia e oggi sede di una società agraria fondata da Giacomino Mezza, che mi ha

“rivelato” il significato della parola giornata come misura dei terreni coltivati e delle risaie,

con il titolo Laudato Si' la lode ha ispirato papa Francesco I (italo-argentino la cui

famiglia, come indica il cognome Bergoglio, discende dai burgul, la tribus locis che nel XII

secolo abitava Bergolium e nel XVIII migrata Monferrato astigiano, aree in cui il passaggio

di San Francesco d’Assisi ha lasciato molti segni indelebili) per il proprio programma

ecumenico, l'enciclica per la Cura della Casa Comune, basato sul "modello" sociale ed

economico della ecologia integrale di cui è esemplare proprio il metodo di gestione del

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Bosco delle Sorti della Patecipanza di Trino, avviato nel 1275 e oggi ancora attuale sistema

di conservazione e amministrazione di un terreno forestale come un patrimonio collettivo

e delle sue risorse come un bene comune.

Con ricerche che sto elaborando, ho “scoperto” che il Bosco delle Sorti di Trino, oggi un

sito ambientale tutelato dall’organizzazione internazionale FSC, è proprietà della locale

partecipanza, un’associazione che, pur se non la prima, è tra le più perfezionate e apicali

forme storiche di aggregazione tra proprietari di terreni o fabbricati e una società privata di

diritto pubblico il cui assetto giuridico-amministrativo permette ai membri di sfruttare

perennemente i patrimoni - risorse naturali, produzioni, attrezzature, beni di consumo,… -

con criteri di sostenibilità ed equità. Formatesi sul modello delle regole delle congregazioni

religiose cristiane nei territori franco-burgundi e italiani durante il medioevo, ordinamenti

a loro volta plasmati sull’impianto giuridico del diritto romano e delle leggi saliche e

longobarde, le partecipanze si diffusero in Italia settentrionale tra il X e il XII secolo

parallelamente e insieme all’istituzione delle municipalità comunali. Alcune di queste

antiche associazioni locali sono sopravvissute a ogni cambiamento epocale e, con il proprio

ordinamento legale e amministrativo che ha superato la prova del tempo, hanno

tramandato tradizioni civili che in età moderna sono state applicate per l’avvio di società

cooperative, consortili e corporative come gli enti di categoria istituite nell’Ottocento e nel

Novecento e tuttora operanti nelle aree rurali vercellesi e alessandrine per gestire

l’erogazione dell’acqua nelle risaie del territorio e coordinare le locali attività produttive e

commerciali del riso. E proprio a Lucedio, forse la corte Auriola che fu il principale feudo

di Aleramo e dei suoi discendenti, oggi ha sede un’azienda agricola che vanta il primato di

prima italiana dove a inizio del XV secolo venne cominciato ad essere coltivato il riso. La

storia di questa lunga impresa svolta nell’arco di secoli da molte generazioni di frati e

contadini, nel tempo affiancati e poi sostituiti da ingegneri e operai, è inscindibile da quella

del Monferrato, nella cui fondazione spiccano le figure dei capostipiti di due dinastie.

IL CAVALIERE E LA REGINA-SANTA - Avo della casata dei marchesi del Monferrato,

Aleramo venne insignito del titolo ereditario nel 967, con un atto sancito da un edito

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imperiale in cui è specificato che il riconoscimento gli viene attribuito per “intercessione”

di Adelaide di Borgogna. Una figura storica di enorme spessore, come figlia erede di

Rodolfo II di Borgogna e moglie di Lotario d'Arles dal 947 al 950 Adelaide era stata regina

d'Italia, e in questa veste di Aleramo, che dal 930 circa era stato insediato vassallo al

governo della corte Auriola. Nel 950 spodestata dal trono italiano, sposandosi con Ottone I

di Sassonia nel 951 Adelaide riconquistò il Regno d’Italia e dal 962 al 996 divenne sovrana

dell’impero formato dalla sua unione con il re di Germania, successivamente denominato

Sacro Romano Impero, e su cui governò come co-reggente insieme al marito e come

reggente tutrice prima del figlio Ottone II e poi del nipote Ottone III. Una regina benvoluta

dal popolo, un’imperatrice saggia, lungimirante e munifica, fondatrice dell'Abazia di Seltz

in Alsazia, di cui fu badessa fino alla morte nel 999, e nel 1097 proclamata santa, Adelaide

fu una fervente sostenitrice della riforma cluniacense, da cui ebbe impulso il “movimento”

cistercense, la cui propagazione influì nello sviluppo dell'economia rurale e artigiana

in Europa e particolarmente in Italia, dove dagli epicentri di abazie e corti si diffusero

l'urbanesimo, l'arte romanica e la cultura rinascimentale, che in Monferrato si

sono espressi con caratteristiche proprie.

LE GRANGE - La coltivazione del riso in Italia venne avviata dai cistercensi, che agli inizi

del XII avevano fondato l'abazia nel “cuore” del Lucus Dei (bosco sacro), di cui ora è

rimasto un solo relitto, il Bosco delle Sorti acquisito e conservato dalla locale partecipanza

per preservare intatta una parte della foresta che per gli abitanti di Trino era

un’indispensabile riserva di legna e cacciagione. Con la progressiva messa a coltura dei

terreni nell'area delle terre d'acqua vercellesi e alessandrine, ad opera dei cistercensi

cominciarono a venire costruiti cascinali, denominati grange, edificati con accurata

progettazione architettonica delle strutture e pianificazione urbanistica, tra l'uno e l'altro a

regolata distanza, anch'essa misurata in giornate, ovvero come il percorso per andare e

tornare dall'uno all'altro in un’unica giornata di cammino.

I CANALI : Il ruolo dei cistercensi fu fondamentale per la trasformazione delle terre

d'acqua vercellesi e alessandrine in una distesa di terreni coltivati, all'inizio campi fertili

ricavati bonificando le paludi e abbattendo la brughiera, dal XV secolo risaie irrigate

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convogliando le acque fluviali e sorgive in canali artificiali. Dal 1851 la complessa rete di

corsi artificiali che porta l'acqua alle risaie vercellesi e alessandrine è gestita dal Consorzio

di irrigazione che aggrega gli agricoltori della zona, fruitori della risorsa idrica e perciò che

si sono uniti nell'associazione privata di diritto pubblico che ne gestisce l'erogazione.

Interamente realizzata con lavoro manuale, la costruzione dei canali in Italia settentrionale

è stata un’opera colossale, la cui storia è ampiamente documentata in molti testi e in

sintesi è “fotografata” nella frase scritta da Arthur Young nel proprio diario, il resoconto

del Viaggio in Italia dove l'agronomo inglese soggiornò nel 1789, esposta in una

trascrizione calligrafica al mulino museale dell'Antica Riseria San Giovanni a Fontanetto

Po: Non vi è in tutto il mondo un sistema di irrigazione confrontabile con quello esistente

nel nord dell’Italia e si può praticamente affermare che non vi sarà giammai.

LE TESTIMONIANZE : Quando gli ho parlato delle mie girovagazioni nel mondo delle

risaie attorno al significato della parola giornata e della mia curiosità per le centraline

telefoniche d'epoca che avevo notato in un angolo della sede del Consorzio, il papà di un

compagno di calcio di mio figlio me ne ha spiegato la funzione raccontandomi la storia

della sua famiglia, da generazioni una “genia” di acquaioli, cioè addetti al monitoraggio e

alla manutenzione dei canali. Dalle rispettive postazioni periferiche gli acquaioli devono

comunicare con la sede "centrale" quotidianamente, per trasmette ai tecnici e dirigenti

dati, continuamente monitorati, sul livello dell'acqua e sulla sua forza di scorrimento dei

flussi nei canali. Un'attività necessaria a garantire ai soci l’approvvigionamento idrico nei

terreni, in particolare nel periodo dell’allagamento delle risaie, e per evitare tracimazioni e

inondazioni nelle fasi di “piena” dei fiumi, da cui l’acqua è attinta e fatta defluire.

Un’associazione privata di diritto pubblica formata il 22 settembre 1851 nella seduta del

Consiglio Provinciale di Vercelli presieduta da Camillo Benso di Cavour, allora

proprietario della tenuta di Leri e ministro dell’agricoltura e del commercio del Regno di

Sardegna, e istituita con la legge n.1575 del 3 luglio 1853, tra fine XIX e inizio XX secolo il

Consorzio dell’Ovest Sesia si è attrezzato di innovativi sistemi telefonici con centraline

d'avanguardia, come le apparecchiature d’epoca che hanno attirato la mia attenzione,

strumenti telematici di vecchia generazione oggi sostituiti dalle app, applicazioni

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informatiche digitali con puntamento geo-satellitare e connesse direttamente e

automaticamente ai computer della sede centrale che funzionano sui dispositivi cellulari.

Pure se con strumenti del mestiere diversi da quelli usati dai loro predecessori, le nuove

“leve” di acquaioli svolgono le stesse mansioni che impegnavano i loro colleghi del passato

e il sistema di catalogazione e registrazione dei dati che raccolgono quotidianamente nelle

giornate di lavoro è rimasto invariato, anche perché i canali, le chiuse e i pozzetti sono gli

stessi da sempre. Invece a cambiare talvolta sono i proprietari dei terreni che il sistema

idrico artificiale attraversa e irriga, perciò che dirigenti, tecnici e addetti del Consorzio

devono consultare per ogni intervento che si renda necessario, spesso con urgenza, e per

farlo usano le testimonianze, cioè i registri, nel XIX e per la maggior parte del XX

secolo compilati e trascritti a mano, in cui sono riportate tutte le informazioni, con

annotazioni su ogni dettaglio, che riguardano tutte le pertinenze dei canali, principali e

secondari, in particolare su ogni chiusa che regola l'afflusso dell'acqua ai terreni.

Questo aspetto del lavoro degli acquaioli a me è stato spiegato dal padre del compagno di

calcio di mio figlio mostrandomi copie di testimonianze del 1915 che suo padre aveva

diligentemente conservato in casa, un "casotto" di controllo su un canale. Notando che le

distanze sono calcolate in "passi", ho avuto l'idea di proporre itinerari turistici "al passo"

delle testimonianze, ovvero percorsi esperienziali di camminate nelle risaie e lungo i canali

che le attraversano con i documenti d'epoca come mappe e guide turistiche.

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LE MAPPE CONCETTUALI DEL GENIUS LOCI

STRUMENTI COGNITIVI, DIDATTICI E OPERATIVI

La documentazione raccolta per l’occasione dell’evenTour del 2 GIUGNO 2018 descrive il

territorio evidenziandone diversi aspetti - geografici, ecologici, storici, antropologici,

archetipici, culturali, sociali, economici,… Illustrate metodologicamente, in materiali che le

presentano in modo sistematico e atto allo scopo, conoscenze che permettono di osservare

il luogo da vari “punti di vista”.

Gli strumenti di lavoro degli acquaioli hanno funzionalità molto versatili, in particolare

per l’osservazione della morfologia di risaie e canali realizzata da plurime

prospettive cognitive e percettive tramite pratiche esperienziali: la comprensione tecnica

dei principi scientifici applicati nei metodi di agricoltura e nei sistemi irrigazione tramite la

sperimentazione “sul campo” del loro impiego; la visualizzazione geo-storica del luogo,

tramite la visione sinottica della sua odierna conformazione e delle sue dinamiche

evolutive; l’introiezione antropologica del posto, tramite l’ascolto delle sue descrizioni fatte

da chi ci ha vissuto e operato nel passato (testimonianze) e, congiuntamente, dei resoconti

e racconti (story-telling) narrati di persona da chi ci abita e lavora adesso.

Contenendo molte spiegazioni dettagliate sulle vicende, alcune biografie di personaggi

locali, come Mario Maratelli, offrono indicazioni utili con cui focalizzare l’attenzione sul

ruolo dell’operato umano a conservazione e modifica dell’ambiente e tramite le quali

rilevare particolari in cui si evidenziano alcune specificità paesaggistiche e architettoniche

della località, perciò sono funzionali mappe concettuali di orientamento nel territorio

con comprensione del suo genius loci.

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Il programma per il 2 GIUGNO 2018 è delineato dal percorso concettuale sviluppato con la

ricerca di documenti storici e storiografici e il loro studio con elaborazione dei contenuti

finalizzata alla produzione di materiali informativi, didattici e operativi per

l’occasione e, in prospettiva, fruibili da molteplici utilizzatori, in particolare guide

turistiche, docenti e ricercatori. La predisposizione di tali strumenti infatti delinea un

itinerario per gite turistiche, anche scolastiche e di interesse professionale per tecnici

esperti in molti campi, non solo dell’agricoltura. Un format che costituisce uno specifico e

innovativo modello di attività turistica economica, ecologica e sostenibile il cui

svolgimento è profittevole per varie imprese locali (strutture ricettive - ristoranti, alberghi,

b&b e agriturismi, inoltre aziende agricole, laboratori, parchi e musei) e incentivante lo

sviluppo di professionalità nel campo di un settore emergente, il turismo a “basso impatto”

ambientale e “alto profilo” socio-culturale, che inoltre offre l’opportunità di sfruttare

proficuamente sul campo le perizie delle risorse umane territoriali e per l’impiego in loco

di giovani alle prime esperienze lavorative e adulti disoccupati.

Il tour organizzato sul modello di tale percorso concettuale rende concretamente possibile

l’attuazione di pratiche con cui fare conoscenza ed esperienza delle tradizioni, in

particolare delle produzioni agroalimentari e della cultura gastronomica, delle

TERRE DI RISAIA, un mondo “di” risicoltori, acquaioli, mondine... tanti lavoratori. Perciò

per la sua inaugurazione ho considerato adeguata, e ideale, la giornata del 2 GIUGNO

2018: oltre che forma innovativa della classica gita festiva, anche idonea a contrassegnare

il finissage della mostra TAVOLE A TAVOLA – che venerdì 11 maggio, verrà presentata al

Salone del Libro di Torino – e come iniziativa che, nella data in cui la ricorrenza si svolge

in concomitanza con l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale e l’Anno del Cibo Italiano,

si realizzerebbe come emblematicamente celebrativa della Festa della Repubblica.

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In considerazione di ciò, per il percorso della “passeggiata al passo delle testimonianze” ho

valutato due opzioni: nei pressi della cascina Valassa, registrata nei documenti del 1915 che

mi ha mostrato l’acquaiolo e dove sia in passato che recentemente è stato coltivato il riso

Maratelli, oppure nei pressi del mulino dell’Antica Riseria San Giovanni, un sito museale

di particolare interesse archeologico ed etnografico circondato da risaie e prospiciente al

Po, una struttura storica che sorge in un’area circoscritta nel comprensorio del Parco

Regionale locale e limitrofo a Lucedio, cioè al “centro” delle terre d’acqua e nel “cuore” del

Monferrato. Inoltre, ho ipotizzato che le guide turistiche del tour “nei luoghi d’origine della

coltivazione del riso” siano i lavoratori delle TERRE DI RISAIA: agricoltori, acquaioli e

addetti nelle riserie, coinvolti anche nella pianificazione del percorso e, soprattutto, nella

sua sperimentazione come iniziativa celebrativa del 2 GIUGNO, ricorrenza di cui sono i

principali protagonisti insieme a chi mantiene viva la memoria storica di figure ora

scomparse nel “mondo del riso”, come gli stallieri, i mugnai e, in particolare, le mondine.

Oltre a tante persone, anche moltissime “cose” nel mondo delle TERRE DI RISAIA vercellesi e

alessandrine raccontano della storia e della cultura della nazione, in particolare della sua

cultura popolare. A raccontare della storia e della cultura italiana nel mondo delle risaie è

anche la natura, con ogni suo elemento: terra, acqua e aria, oggi purtroppo molto

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inquinate, e fuoco, come si vede d’autunno quando, nonostante i divieti, nell’orizzonte dei

campi si innalzano i falò. Accanto ai personaggi storici e alle persone che oggi lo abitano, le

TERRE DI RISAIA sono la dimora di una fauna variegata: i buoi che nel passato trascinavano

gli aratri e trainavo i carri, la popolazione selvatica autoctona - tra cui spiccano poiane,

rondini, corvi, garzette, cicogne, “carabinieri”, libellule, farfalle, api, vespe, lepri, faine,

topi, bisce, rane, pesci, gamberetti,… e le fastidiose zanzare - e animali che sono immigrati

nel territorio, varie tipologie di aironi che si sono armoniosamente integrati nell’habitat e

le nutrie che invece devastano i campi e insidiano la fauna autoctona. E a illustrare le

caratteristiche del luogo è soprattutto il paesaggio, con la flora spontanea, ma curata, e le

distese di piantagioni d’alberi e campi, coltivati soprattutto a riso, di molteplici varietà,

ognuna con una propria storia e una, il riso Maratelli, con una storia molto particolare.

IL MONDO DEL NOVECENTO NELL’INNO DELLE MONDINE E NEL FILM RISO AMARO

La storia delle mondine è stata raccontata al mondo intero dal film RISO AMARO, girato

nelle risaie vercellesi, con il set ambientato in una cascina ora purtroppo diroccata, e

interpretato da un cast di attori tra cui, accanto alle celebrità italiane, c’era anche una star

americana, al cui seguito durante le riprese erano presenti Cesare Pavese e Robert Capa.

Un’opera considerata capostipite del neo-realismo, il genere cinematografico che ha

documentato la storia italiana durante la seconda guerra mondiale e negli anni della

ricostruzione del paese dopo il 1945 e nella seconda metà del Novecento.

Alle donne che in passato lavoravano nelle risaie era dedicata attenzione nell’evento

pianificato per l'inaugurazione della mostra TAVOLE A TAVOLA, progettato come celebrativo

dell'8 MARZO, festa della donna. Per la presentazione delle opere artistiche di Cecilia

Prete infatti avevo proposto il tema ARTE E CUCINA, UN BINOMIO "AL FEMMINILE",

argomento della tavola rotonda svolta invece il 7 aprile a cui, insieme all’artista e alla

gallerista Maria Palumbo Sormani con le donne Giovanna Ceccherini e Vittorina Maratelli

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intervennero anche Luigi Bruni, autore delle ricette illustrate dai disegni in esposizione, e

l’editore che ha pubblicato la serie di libri in cui sono raccolte.

Per la conversazione programmata nella data dell’8 marzo avevo prevista una "colonna

sonora", la canzone Son la mondina. Scritta nel 1950 dal sindacalista vercellese Piero

Besate in occasione del congresso di Federbraccianti, è un testo elaborato sulla melodia

di un canto corale che scandiva il ritmo del lavoro in risaia e diventato inno

d'emancipazione delle donne italiane, e di tutto il mondo: le sue parole infatti sono ispirate

a contenuti e storia della giornata (non "festa") della donna. Nel febbraio 1908 sulla

rivista The Socialist Woman l'americana Connie Brown scrisse che il Congresso del partito

non avrebbe avuto «alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare

per la propria liberazione» e lo ribadì quando, per l'assenza dell'oratore ufficiale designato

alla conferenza tenuta ogni domenica nel Garrick Theater, il 3 maggio intervenne

all'assemblea del Partito socialista di Chicago, e così la riunione si concluse

raccomandando a tutte le sezioni locali “di riservare l'ultima domenica di febbraio 1909

all'organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile”. La prima

ufficiale Women's Day negli Stati Uniti fu celebrata il 23 febbraio 1909 e nello stesso anno

il 22 novembre ventimila camiciaie di New York cominciarono uno sciopero che durò fino

al 15 febbraio 1910 e la domenica successiva, il 27 febbraio, alla Carnegie Hall confluirono

tremila donne della città. Sull'esempio delle americane, l'8 marzo 1917 (il 23 febbraio

secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia) a San Pietroburgo le donne

guidarono una grande manifestazione che propugnava la fine della guerra. Il canto italiano

SON LA MONDINA infatti recita: « c'è molto fango nelle risaie, ma non porta macchia il

simbolo del lavoro ... noi lotteremo per il LAVORO, per la PACE, il PANE e per la LIBERTÀ ... e

creeremo un MONDO NUOVO di GIUSTIZIA e di nuova CIVILTÀ ... dal vercellese al molinella

alla testa della nostra GIOVENTÙ ... se qualcun vuol far la guerra, tutti quanti uniti noi la

fermerem: vogliam LA PACE SULLA TERRA e più forti dei cannoni noi sarem ».

L'inno delle mondine esprime le idee delle donne dei primi decenni del Novecento e anche

i principi fondamentali sanciti nella Costituzione Italiana, in particolare che l'Italia è una

nazione che "ripudia la guerra" (Art. 11) e nella cui repubblica "fondata sul lavoro" (Art.1) i

cittadini, tutti e ciascuno, senza nessuna discriminazione, hanno "pari dignità sociale ...

senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di

condizioni personali e sociali" - Art. 3). Inoltre la cui legge è atta a "promuove lo sviluppo

della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e

artistico della Nazione" (Art. 9) e, premettendo che "È compito della Repubblica rimuovere

gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza

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dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva

partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del

Paese" (Art. 3), richiama ogni cittadino al dovere morale di "concorrere al progresso

materiale o spirituale della società" (Art. 4).

MILLE ANNI DI STORIA ITALIANA NELLE BIOGRAFIE DI ALERAMO E MARIO MARATELLI

Come evidenziato da Bruno Gambarotta, la storia del riso Maratelli è «paradigmatica del

nostro tempo»: la vicenda della portentosa spiga diversa da tutte le altre, unica tra miriadi

di piantine simili, e dell’agricoltore che l’ha notata, raccolta e coltivata è affascinante, e una

chiave di lettura che dischiude al “senso” di avvenimenti e dinamiche epocali, perciò una

“mappa” che permette di rilevare nella realtà attuale le tracce del passato in paesaggi,

edifici, opere e tradizioni, e così di interpretare il significato dei segni sedimentati in vari

“campi” del patrimonio culturale italiano e capire la valenze dei simboli che evidenziano il

valore artistico, archeologico ed etnografico dei beni ambientali e storici locali e, insieme e

indissolubilmente, delle produzioni enogastronomiche e artigianali tipiche dei territori.

Sorprendentemente, anche per una curiosa “coincidenza” nella genetica del racconto e

nella genealogia dei suoi protagonisti: la vita di Mario Maratelli infatti è molto simile a

quella di Aleramo, antenato della dinastia di marchesi che dal X al XVI secolo dominò in

Monferrato, trasformando le paludose terre d’acqua in prosperose TERRE DI RISAIA e le

colline selvatiche in “esultante di castella e vigne suol d’Aleramo” descritto da Giosuè

Carducci nell’ode Piemonte, pubblicata nella raccolta Rime Nuove composta tra il 1861 e il

1887, dal 2014 l’area degli infernòt nel sito seriale UNESCO Paesaggi Vitivinicoli.

Ambedue erano orfani, neonati abbandonati dai genitori biologici che vennero allevati da

famiglie adottive: sulle origini di Aleramo la leggenda narra che nacque in Italia, figlio di

nobili germanici che, nel viaggio sulla via Francigena per andare in pellegrinaggio a Roma,

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lasciarono il bimbo in custodia a una balia del posto, ma non fecero più ritorno; l’atto

anagrafico del municipio di Vercelli riporta che Mario Maratelli nacque il 20 novembre

1879 all’ospedale di Vercelli da una donna nubile e residente nel circondario che “non

consente di essere nominata”. Ambedue da giovani svolsero mestieri umili: Aleramo

come carbunin in località indicate sulle colline del Monferrato e alle pendici degli

Appennini al passo del Turchino, di cui poi divenne marchese; Maratelli come bracciante

nei campi di Francesco Degrandi, fratello della madre adottiva, Gilda Cirio, le risaie che poi

ereditò. Ambedue compirono “grandi” imprese, che li hanno resi celebri, sostenuti dalle

mogli e aiutati dagli suoceri: secondo la leggenda, Aleramo fu insignito del feudo a

“riparazione” della fuga d’amore con una principessa, in realtà divenne marchese nel 962,

con la nomina imperiale che riconosceva i suoi titoli sui feudi che aveva ricevuto dai re

d’Italia tra il 930 e il 950 come vassallo di Rodolfo di Borgogna, Ugo d’Arles e Lotario II e

poi come marito di Gerberga, figlia di Berengario II, il marchese d’Ivrea sul trono italiano

dal 950 al 961; Mario Maratelli riuscì a coltivare le piantine e riprodurne le sementi dopo

aver fatto germogliare i chicchi della singolare spiga che nel 1914 aveva notato nella risaia

ereditata dalla famiglia adottiva e quando venne chiamato nell’esercito per la guerra, ad

occuparsi della tenuta e a coltivare il “portentoso” nuovo riso dal 1915 al 1918 fu suo

suocero Andrea Brusa, padre di Maria che aveva sposato nel 1908. A riconoscimento dei

loro “successi”, furono entrambi nominati cavalieri: Aleramo, nell’atto imperiale del 967

con cui fu conferito del titolo di marchese definito fidelis comes di Ottone e Adelaide,

secondo la leggenda fece “carriera” nell’esercito in cui si arruolò come stalliere, per il

coraggio mostrato in battaglia promosso paladino coppiere del re d’Italia; Mario Maratelli,

che, come sottolinea Bruno Gambarotta, «dopo essersi lasciato convincere a registrare con

il proprio cognome la varietà di riso, anziché vincolarla con un brevetto che l’avrebbe reso

milionario Mario, la mette a disposizione dei coltivatori di Asigliano, permettendo a tutti di

beneficiarne», dai compaesani grati per la sua generosità ripetutamente acclamato

presidente della Cooperativa Agricola Asiglianese, nel 1930 ricevette il Diploma di Gran

Merito con premio di £ 2˙000, a lui assegnato dalla Cattedra Provinciale di Agricoltura

vercellese come “Scopritore e selezionatore emerito della varietà di riso che porta il suo

nome”, e nel 1953 fu insignito Cavaliere al Merito della Repubblica italiana.

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Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018

PROGETTO di Maddalena Laura Maria Brunasti © 2018

ABSTRACT ~ sintesi info-grafica

MATERIALI

DOCUMENTALI

testimonianza della Custodia di San Germano Vercellese / 1915

voce “riso”, di N. Novelli - Enciclopedia Italiana Treccani / 1936

Costituzione della Repubblica Italiana (stampa edita da NovaCoop - 2016) / 1947

biografia di Mario Maratelli (Una storia importante di A. Maratelli - 2013) / 1879-1955

BIBLIOGRAFICI

Il dono del mio lavoro, di Eusebio Saviolo (1924) / 1937

Terre di risaia, fotografie (1960-70 circa) di G. Berengo Gardin e testi di A. Colombo / 2002

Terre d’acqua – I vercellesi all’epoca delle crociate, di Alessandro Barbero / 2007

Una storia importante di Augusto Maratelli con prefazione di Bruno Gambarotta / 2013

Terre selvagge, di Sebastiano Vassalli / 2014

Le vie del riso, di Alessandra Calzecchi Onesti con prefazione di Giovanna Ceccherini / 2015

Laudato Si’ - Enciclica per la Cura della Casa Comune di Francesco I (J. M. Bergoglio) / 2015

Alimentare l’umanità, di M. Brunasti e G. Ceccherini / 2016 < Gustolandia.it / 2015

Dieta Mediterranea e Laudato Si’ ⁄ Ecologia integrale di G. Ceccherini e M. Brunasti / 2016

Sulle strade dell’enoturismo, di Francesco Fravolini con prefazione di G. Ceccherini / 2016

Le giornate di Aleramo, di Maddalena L. M. Brunasti / 2017

La storia del marchesato in favole e gossip…, di Maddalena L. M. Brunasti / 2017

I piatti della cucina alessandrina, di Luigi Bruni con illustrazioni di Cecilia Prete - collana edita

da Soc. Coop. VICOLO DEL PAVONE / 2017-2018

ICONOGRAFICI gallery

AUDIO-VISIVI

SON LA MONDINA - Coro delle Mondine di Novi, Bentivoglio, Porporana e Nonantola / 2006

MARIO MARATELLI - documentario di Bruno Gambarotta / 2013

CAVALCATA DI ALERAMO - in “La Leggenda di Aleramo” di Roberta Romani / 2012

CORSA DEI BUOI ad Asigliano Vercellese - reportage di TeleMoranoPo / 2017


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