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Principi di deontologia medica

Date post: 29-Jun-2015
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Principi generali L’articolo 1 del Codice Deontologico definisce la deontologia medica come l’insieme dei principi e delle regole che il medico chirurgo e l’odontoiatra debbono osservare nell’esercizio della professione. Rispetto alle regole deontologiche generali, la deontologia medica è caratterizzata dal carattere umanitario e dai fini che si propone. Le deontologia medica contempla i doveri del medico, dettando norme di comportamento inerenti l’esercizio della medicina. Le norme di corretta condotta investono i rapporti con il malato, con i colleghi e con la società. Molte regole comportamentali proprie della deontologia medica trovano rispondenza in leggi penali, civili ed amministrative dello Stato, con obblighi e divieti per il medico ed implicano sanzioni giuridiche in caso di inadempienza. Se la deontologia medica riguarda i contenuti etico-sociali della professione, la deontologia medico-legale considera gli aspetti propriamente legali della professione, disciplinati da norme giuridiche , inerenti gli obblighi che il medico ha nei confronti dello Stato e delle autorità pubbliche (amministrative, sanitarie, giudiziarie),
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Page 1: Principi di deontologia medica

Principi generali

L’articolo 1 del Codice Deontologico definisce la deontologia medica come l’insieme dei principi e delle regole che il medico chirurgo e l’odontoiatra debbono osservare nell’esercizio della professione.

Rispetto alle regole deontologiche generali, la deontologia medica è caratterizzata dal carattere umanitario e dai fini che si propone.

Le deontologia medica contempla i doveri del medico, dettando norme di comportamento inerenti l’esercizio della medicina. Le norme di corretta condotta investono i rapporti con il malato, con i colleghi e con la società.

Molte regole comportamentali proprie della deontologia medica trovano rispondenza in leggi penali, civili ed amministrative dello Stato, con obblighi e divieti per il medico ed implicano sanzioni giuridiche in caso di inadempienza.

Se la deontologia medica riguarda i contenuti etico-sociali della professione, la deontologia medico-legale considera gli aspetti propriamente legali della professione, disciplinati da norme giuridiche , inerenti gli obblighi che il medico ha nei confronti dello Stato e delle autorità pubbliche (amministrative, sanitarie, giudiziarie), comprendendo anche i divieti imposti ai medici sia nell’esercizio privato sia in strutture pubbliche.

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Codice Deontologico

Il Codice Deontologico comprende quattro tipi di regole:

• norme generali di carattere etico-sociale;

• norme con riscontro in disposizioni giuridiche (segreto professionale, obbligo di denunce;

• norme che regolamentano i rapporti medico-paziente;

• norme derivanti dal rapporto medico–Servizio Sanitario Nazionale o altri Enti della Medicina Socializzata.

Le norme generali derivano direttamente dalla tradizione e dall’esperienza secolare dell’esercizio della professione, hanno carattere etico-sociale ve vanno adeguate alle esigenze attuali.

I principi deontologici vanno integrati con le esigenze interne della professione, con quelle legali e sindacali e, pertanto, sono strettamente legate alle responsabilità del sanitario. Di particolare importanza sono quelle situazioni in cui norme giuridiche possono essere in contrasto con quelle deontologiche o con gli scopi della professione. In tali casi saranno gli ordini professionali a tutelare la libertà etica dei singoli professionisti, mentre il compito di evitare contrasti spetta direttamente al Legislatore (es. prevedere l’obiezione di coscienza da parte del medico in caso di interruzione volontaria di gravidanza).

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Comportamenti professionali disciplinati dalla deontologia medica

• l’attività esercitata con rapporto di lavoro dipendente o in strutture pubbliche o provate, al fine di vigilare sul corretto comportamento del sanitario, anche in difesa del decoro e del’indipendenza della professione;

• l’attività svolta in rapporto di lavoro autonomo (medici convenzionati con il SSN), al fine di imporre il rispetto degli obblighi deontologici a tutela dell’autonomia, della libertà e della dignità del medico e a garanzia dei diritti dell’assistito;

• l’esercizio della libera professione, fondato sulla libertà e l’indipendenza del medico, che deve ispirarsi alle conoscenze scientifiche ed alla propria coscienza ed assumere valore fondamentale il rispetto della vita e della persona.

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Segreto professionale

In generale, costituisce segreto tutto ciò che non deve essere divulgato ed, in particolare, ciò che una persona vuole sottrarre alla conoscenza di altri

In quanto tale, il segreto investe qualunque cosa attinente la sfera intima del soggetto (salute, onore, famiglia, credo religioso, ideologia politica ecc).

Il segreto diviene un vincolo con cui ci si impegna a non rivelare ciò che si è appreso in via confidenziale o per motivi collegati alla professione.

Il medico può apprendere segreti in modo diretto (visita, anamnesi, cartella clinica, prendendo visione degli esami) o in modo indiretto (confidenze ed indiscrezioni che il paziente fa o, semplicemente, il medico può intuire delle cose dalla frequentazione della casa del malato/assistito).

Il segreto professionale assume per i medici la massima latitudine, visto che non si limita ai dati personali o di salute, ma si estende ad ogni altra nozione morale o materiale che il paziente non voglia diffondere.

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Oggi la distinzione tra violazione del segreto e semplice indiscrezione del medico è molto criticabile, pertanto va posta da parte del sanitario la massima attenzione nel parlare o rivelare anche semplici dettagli inerenti i propri pazienti.

Il segreto professionale è rilevante sia per la deontologia medica, sia per il diritto: Il Codice penale prevede proprie sanzioni per rafforzare l’obbligo del sanitario alla fedeltà e segretezza nei confronti dell’assistito.

A parte i casi in cui la rivelazione del segreto è espressamente un reato, l’obbligo di mantenere il segreto professionale è sempre un imperativo morale e professionale.

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L’obbligo al rispetto del segreto professionale è regolamentato da norme

deontologiche: in quanto il segreto è parte della tradizione etica ed è contenuto nello stesso Giuramento di Ippocrate. Il medico è tenuto a non rivelare segreti né con parole, scritti, gesti, né allusioni nemmeno ad un singolo terzo soggetto. Tale obbligo si estende anche ai familiari, poiché il titolare del segreto è il solo assistito. Non si è tenuti a rivelare ai genitori i segreti di figli minori ove non lo si ritenga opportuno (es. nell’interesse dell’assistito, per esercitare il diritto alla querela, non previsto, invece, per i minori nei confronti dei genitori).

giuridiche: il Codice Penale prevede e punisce sia la violazione del segreto professionale sia di quello d’ufficio.

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Rivelazione del segreto professionale

La rivelazione del segreto professionale può verificarsi senza giusta causa oppure per un proprio o altrui profitto.

La rivelazione senza giusta causa avviene a persone estranee al rapporto confidenziale senza alcuna giustificazione giuridica o ragione plausibile per iscritto o a voce, tramite documenti (cartelle o esami clinici), la cui visione sia consentita a soggetti estranei al rapporto medico-paziente.

La rivelazione per proprio o altrui profitto comprende quei casi in cui il medico, a conoscenza di un segreto, senza rivelarlo a nessuno, lo usi per il proprio o l’altrui interesse (speculazioni finanziarie a proprio vantaggio e a danno del cliente).

La violazione del segreto professionale richiede il dolo, ovvero deve esistere oltre alla colpa, la volontà di rivelare una notizia sapendo che essa è segreta o di impiegarla per il proprio o l’altrui profitto, senza giusta causa, prescindendo dall’intenzione di recare nocumento (danno).

Non c’è violazione del segreto professionale quando esso venga trasmesso o per giusta causa.

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Utilizzazione dei segreti d’ufficio

Tale reato rientra in quelli contro la Pubblica Amministrazione dello Stato e di altri Enti Pubblici.

Il dipendente che riveli o utilizzi notizie di ufficio che debbono restare segrete è punibile con reclusione da sei mesi ad un anno.

Si può procedere d’ufficio e non è ammessa agevolazione colposa.

Anche in questi casi il reato non sussiste per giusta causa o per trasmissione del segreto.

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Cause di giustificazione

Le situazioni in cui la violazione del segreto non sussiste per giusta causa sono tutte quelle in cui sia prevista una giustificazione legale, deontologica o morale.

Secondo il Codice Deontologico la rivelazione del segreto è consentita:

• nei casi imposti dalla legge (referti, denunce, certificazioni obbligatorie);

• se richiesta o autorizzata dall’interessato;

• se richiesta dal legale rappresentante nel caso di minori o incapaci, nei loro interessi.

Negli altri casi valuterà il medico sull’opportunità di rivelare il segreto (es. in caso di grave pericolo di vita o per tutelare la salute di soggetti terzi).

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Le cause di giustificazione previste per legge sono regolate da norme imperative o discriminative.

Norme imperative: provenienti, cioè, da disposizioni di legge, in base alle quali il medico è obbligato al dovere di informare (denunce, referti, rapporti, certificazioni, dichiarazioni) anche sul contenuto di notizie altrimenti coperte dal più rigoroso silenzio.

La giustificazione di tali rivelazioni è la salvaguardia di interessi di natura sociale (amministrazione giustizia, pubblica amministrazione, sicurezza sociale, salute pubblica ecc.).

Norme discriminative o permissive: previste dal Codice Penale per ogni tipo di reato, quindi, valide anche nel caso del segreto professionale.

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Tra le cause di giustificazione in base a norme discriminative si ricorda che:

• non è colpevole il medico che riveli una notizia dopo aver ricevuto il consenso del paziente;

• non c’è violazione del segreto per casi fortuiti o di forza maggiore;

• non c’è violazione se il medico è stato costretto mediante violenza fisica;

• non c’è violazione se il medico in buona fede incorre nell’errore di fatto;

• non c’è violazione se il medico è tratto in errore dall’altrui inganno (es. riferisce notizie a persone che si spacciano per familiari o congiunti del malato);

• non c’è violazione se il medico ha adempiuto ad un dovere o ha esercitato un proprio diritto imposto per legge;

• non c’è violazione se il medico è stato costretto da uno stato di necessità (rivelazione del segreto a terzi per prestare soccorso urgente ad un infermo);

Quindi, il discriminante è l’azione per cui il medico abbia rivelato il segreto per legittima difesa. Non è ritenuto motivo sufficiente per giustificare la rivelazione del segreto il pagamento del proprio onorario.

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Segreto professionale e testimonianza

I rapporti tra segreto professionale e testimonianza sono regolamentati dal Codice di Procedura Penale (art. 200).

Il medico, il chirurgo, l’ostetrica o ogni altro esercente una professione sanitaria non può essere obbligato a testimoniare e gli è riconosciuto il diritto ad astenersi, ad eccezione delle situazioni in cui vi sia un obbligo previsto per legge (obbligo di referto o di rapporto). Quindi, di volta in volta il sanitario potrà valutare sull’opportunità di rendere o meno la testimonianza.

Il Codice Deontologico, invece, è perentorio nell’escludere la possibilità di testimoniare su fatti inerenti l’esercizio della professione.

Va sottolineato che, di fronte alla dichiarazione di avvalersi del segreto da parte del sanitario per rifiutarsi di prestare una testimonianza, il Giudice può avviare indagini tese a verificare la fondatezza della scelta; in caso contrario, potrà disporre l’obbligo alla testimonianza.

Non ci si può esimere dalla testimonianza in caso di reati dirette all’eversione dell’ordinamento costituzionale.

I dipendenti del servizio pubblico per le tossicodipendenze non possono essere obbligati a deporre su quanto abbiano appreso nell’esercizio della professione.

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Cause di giustificazione sociali

Il problema della giustificazione per cause sociali si pone ogni volta che l’interesse privato del paziente contrasti con l’interesse della collettività.

Per alcuni casi tale contrato, in realtà, non si pone: obbligo di denunciare casi di malattie infettive ed infusive.

In altri casi dovrà scegliere il medico: rivelare patologie come l’epilessia, le turbe psichiche o altre che possano compromettere l’incolumità altrui se il paziente si rifiuti di curarsi, oppure l’opportunità di informare il partner dei rischi connessi alla sieropositività.

In tali casi, il medico potrà giustificare la decisione di rivelare il segreto invocando la causa socialmente rilevante o giusto fine, pur procedendo sempre con cautela, equilibrio e buon senso.

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Trasmissione del segreto

La trasmissione del segreto è diventata un’esigenza della moderna professione medica, che prevede un lavoro di equipe e la compartecipazione di più strutture ed enti assistenziali.

La trasmissione del segreto consiste nel rendere partecipe del segreto altre persone od Enti interessati allo stesso caso, che a loro volta saranno vincolati al rispetto dello medesimo segreto.

Le condizioni essenziali affinché il segreto sia trasmesso, ovvero ripartito tra più persone sono:

• il passaggio di notizie sia attuato col consenso implicito o esplicito dell’assistito;

• le notizie trasmesse restino circoscritte all’ambito di servizi sanitari ed assistenziali;

• la trasmissione avvenga tra persone abilitate a conoscere il segreto e vincolate dal rispetto dello stesso.


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