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Rassegna Stampa di venerdì 27 febbraio 2015 · il Mattino 27/02/2015 TFR IN BUSTA PAGA, ECCO A CHI...

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Rassegna Stampa di venerdì 27 febbraio 2015 SNALS / CONFSAL Giornale di Sicilia - Ed. Agrigento 27/02/2015 OGGI ASSEMBLEA, ORARIO RIDOTTO ALL'ALBERGHIERO Il Messaggero - Ed. Rieti 27/02/2015 PRECARI DA IMMETTERE IN RUOLO TIMORI DI CGIL E SNALS PER RIETI Messaggero Veneto 27/02/2015 SINDACATI ALLA PROVA DEL VOTO CON L'INCUBO DELLE ASTENSIONI Gazzetta del Sud 27/02/2015 VOGLIONO TOGLIERE A MESSINA ANCHE LA SEDE DI BANKITALIA! Il Cittadino (Lodi) 27/02/2015 POSTE A RISCHIO, FUMATA, NERA: I SINDACATI ROMPONO LA TRATTATIVA La Sicilia - Ed. Caltanissetta/Gela 27/02/2015 SETTE LISTE E 35 CANDIDATI La Sicilia - Ed. Ragusa 27/02/2015 BANKITALIA SE NE VA E VENDE L'IMMOBILE Gazzetta del Sud - ed. Cosenza 26/02/2015 PARISE: LE DIVISIONI PENALIZZANO LA CITTA' +++ Scuola, Formazione, Università, Ricerca il Sole 24 Ore 27/02/2015 SCUOLA, RESTA IL NODOD DEGLI INDENNIZZI CONCORSO PER 60MILA la Stampa 27/02/2015 DOPO GLI ALUNNI, I DOCENTI NUOVO ORRORE IN MESSICO la Stampa 27/02/2015 IL LICEO CLASSICO NON TROVA UN INSEGNANTE DI FRANCESE il Giornale 27/02/2015 TROPPE DONNE, IL MALE OSCURO DELLA SCUOLA il Giornale 27/02/2015 SULLE ASSUNZIONI GOVERNO NEL CAOS GIA' SVANITA LA PROMESSA AI 150.000 l'Espresso 05/03/2015 IN CLASSE TI INSEGNO IL LAVORO Avvenire 27/02/2015 A VOI LA PAROLA-SCUOLA: ALL'ORIGINE CI FU LA CHIESA, NON LO STATO Avvenire 27/02/2015 "LA BUONA SCUOLA NON IGNORA LE PARITARIE" Avvenire 27/02/2015 "NOI, PROF PRECARI DELLE NON STATALI PENALIZZATI DUE VOLTE" Internazionale 05/03/2015 VALORI BRITANNICI CERCANSI il Foglio 27/02/2015 ALTRO CHE EUROPA. LA BOCCIATURA CHE RISCHIA RENZI E' SULLA SCUOLA Corriere della Sera 27/02/2015 "UNIVERSIDAY" PER STUDENTI VETRINA WEB DELLA CREATIVITA' la Stampa 27/02/2015 IL GIP LASCIA AGLI ANARCHICI L'AULA OCCUPATA DAL 1989 I PM: "VA SEQUESTRATA" Sette (Corriere della Sera) 27/02/2015 ITALIANS-LOTTA ALL'INGLESE? SOLO SE SI ECCEDE il Tempo 27/02/2015 DA SCELTA CIVICA A "SCIOLTA" LA CIVICA DI MONTI ORA NON ESISTE PIU'++
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Page 1: Rassegna Stampa di venerdì 27 febbraio 2015 · il Mattino 27/02/2015 TFR IN BUSTA PAGA, ECCO A CHI CONVIENE il Mattino 27/02/2015 PRIMO ESPERIMENTO NELLA PA NEL MIRINO ANCHE I RITARDATARI

Rassegna Stampa di venerdì 27 febbraio 2015

SNALS / CONFSAL Giornale di Sicilia - Ed. Agrigento 27/02/2015 OGGI ASSEMBLEA, ORARIO RIDOTTO ALL'ALBERGHIERO Il Messaggero - Ed. Rieti 27/02/2015 PRECARI DA IMMETTERE IN RUOLO TIMORI DI CGIL E SNALS

PER RIETI Messaggero Veneto 27/02/2015 SINDACATI ALLA PROVA DEL VOTO CON L'INCUBO DELLE

ASTENSIONI Gazzetta del Sud 27/02/2015 VOGLIONO TOGLIERE A MESSINA ANCHE LA SEDE DI

BANKITALIA! Il Cittadino (Lodi) 27/02/2015 POSTE A RISCHIO, FUMATA, NERA: I SINDACATI ROMPONO

LA TRATTATIVA La Sicilia - Ed. Caltanissetta/Gela 27/02/2015 SETTE LISTE E 35 CANDIDATI La Sicilia - Ed. Ragusa 27/02/2015 BANKITALIA SE NE VA E VENDE L'IMMOBILE Gazzetta del Sud - ed. Cosenza 26/02/2015 PARISE: LE DIVISIONI PENALIZZANO LA CITTA' +++ Scuola, Formazione, Università, Ricerca il Sole 24 Ore 27/02/2015 SCUOLA, RESTA IL NODOD DEGLI INDENNIZZI CONCORSO

PER 60MILA la Stampa 27/02/2015 DOPO GLI ALUNNI, I DOCENTI NUOVO ORRORE IN MESSICO la Stampa 27/02/2015 IL LICEO CLASSICO NON TROVA UN INSEGNANTE DI

FRANCESE il Giornale 27/02/2015 TROPPE DONNE, IL MALE OSCURO DELLA SCUOLA il Giornale 27/02/2015 SULLE ASSUNZIONI GOVERNO NEL CAOS GIA' SVANITA LA

PROMESSA AI 150.000 l'Espresso 05/03/2015 IN CLASSE TI INSEGNO IL LAVORO Avvenire 27/02/2015 A VOI LA PAROLA-SCUOLA: ALL'ORIGINE CI FU LA CHIESA,

NON LO STATO Avvenire 27/02/2015 "LA BUONA SCUOLA NON IGNORA LE PARITARIE" Avvenire 27/02/2015 "NOI, PROF PRECARI DELLE NON STATALI PENALIZZATI DUE

VOLTE" Internazionale 05/03/2015 VALORI BRITANNICI CERCANSI il Foglio 27/02/2015 ALTRO CHE EUROPA. LA BOCCIATURA CHE RISCHIA RENZI E'

SULLA SCUOLA Corriere della Sera 27/02/2015 "UNIVERSIDAY" PER STUDENTI VETRINA WEB DELLA

CREATIVITA' la Stampa 27/02/2015 IL GIP LASCIA AGLI ANARCHICI L'AULA OCCUPATA DAL 1989

I PM: "VA SEQUESTRATA" Sette (Corriere della Sera) 27/02/2015 ITALIANS-LOTTA ALL'INGLESE? SOLO SE SI ECCEDE il Tempo 27/02/2015 DA SCELTA CIVICA A "SCIOLTA" LA CIVICA DI MONTI ORA

NON ESISTE PIU'++

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Economia, Lavoro, Previdenza il Sole 24 Ore 27/02/2015 "DAI SINDACATI SERVE SENSIBILITA' DIVERSA" il Sole 24 Ore 27/02/2015 IL SOMMERSO CRESCE ANCORA il Sole 24 Ore 27/02/2015 UN AVVOCATO NON E' UN NOTAIO il Sole 24 Ore 27/02/2015 JOBS ACT, LE NOVITA' SU LICENZIAMENTI, NASPI E

COINTRATTI il Sole 24 Ore 27/02/2015 SENZA RIQUALIFICAZIONE ADDIO NASPI Corriere della Sera 27/02/2015 STRUMENTI ANTI-CORRUZIONE, PIU' PERSONALE E RISORSE LA

SFIDA DELLE TOGHE AL GOVERNO Corriere della Sera 27/02/2015 POLETTI APRE SULLE PENSIONI DEI "NUOVI" ESODATI la Repubblica 27/02/2015 TG, ARRIVA IL CONCORSO PER I DIRETTORI la Stampa 27/02/2015 FCA-SINDACATI, ACCORDO A MELFI STABILIZZATI MILLE

NUOVI ASSUNTI Italia Oggi 27/02/2015 JOBS ACT, NUOVI OBBLIGHI Italia Oggi 27/02/2015 IL DEMANSIONAMENTO PREVISTO DAL JOBS ACT SI APPLICA

ANCHE ALLA P.A. il Giornale 27/02/2015 BERSANI SGAMBETTA RENZI SU ITALICUM E JOBS ACT l'Espresso 05/03/2015 CALDORO FINTO LAVORO il Mattino 27/02/2015 LA CORRUZIONE NON SI VINCE CON LE SPIE il Mattino 27/02/2015 TFR IN BUSTA PAGA, ECCO A CHI CONVIENE il Mattino 27/02/2015 PRIMO ESPERIMENTO NELLA PA NEL MIRINO ANCHE I

RITARDATARI Sette (Corriere della Sera) 27/02/2015 ITALIANS-TASSISTI, COMBATTETE: PER LA CONCORRENZA Corriere della Sera 27/02/2015 AIUTI ALLA GRECIA LA LEGITTIMA DEMOCRAZIA DEI

CREDITORI

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SCUOLA Preoccupano alla Cgil le sorti dei precari della scuola alla luce delle recenti affermazioni del ministro Giannini. Nel ricordare che al po­polo dei precari che affolla le gra­duatorie di tutte le Provincie italia­ne è stato riconosciuto il diritto al­la stabilizzazione del posto di lavo­ro, la Cgil concentra le sue atten­zioni sulla provincia reatina. «Do­po l'annuncio del Governo Renzi di un piano per le immissioni in ruolo di 150mila precari - spiegano dal sindacato - il ministro Stefania Giannini, durante un'audizione in Senato sugli esiti della consultazio­ne pubblica la «Buona Scuola», ha fatto alcune affermazioni che han­no destato timori. Il ministro ha annunciato che verrà fatta una mappatura precisa del fabbisogno degli istituti e degli studenti tenen­do conto delle differenze territoria­li. Considerando che i fabbisogni non sono uguali e le cattedre sco­perte non sono distribuite unifor­memente su tutto il territorio na­zionale, nell'assegnare i docenti al­le scuole, ma anche a reti di scuole, si terrà conto delle differenze terri­toriali e di alcune esigenze specifi­che. Un obiettivo fondamentale del decreto è quello di combattere la dispersione scolastica. La prima cosa che ci è venuta in mente è che in provincia non abbiamo, per for­tuna, un tasso di dispersione scola­stica confrontabile con quello di al-

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tre aree del Paese. Non abbiamo zone a rischio d'infiltrazione ma­fiosa o malavitosa e le nostre scuo­le, disperse su un territorio vasto e in prevalenza montuoso, contano un numero limitato di alunni. Non vorremmo che i numeri delle im­missioni in ruolo dei precari in provincia possano risultare infe­riori a quelli che verranno attribui­ti in altre realtà». La Cgil auspica poi che si faccia marcia indietro ri­spetto agli scempi operati dai vari dimensionamenti scolastici che hanno portato in pochi anni da 39 a 29 le istituzioni scolastiche in provincia e a chiudere un numero non facilmente quantificabile di plessi scolastici. Anche lo rmmliJ a Rieti si è mosso col segretario Lu­ciano Isceri che ha ribadito le sue perplessità sull'immissione in ruo­lo dei docenti inseriti nella gradua­torie Gae che, se pur ritenendolo auspicabile, finirebbe per lasciare comunque fuori altri 15-20mila do­centi abilitati nei vari percorsi for­mativi.

S.A. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

I CRITERI DI MASSIMA ANNUNCIATI DAL MINISTRO GIANNINI POTREBBERO PENALIZZARE Il NOSTRO TERRITORIO

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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t-f essaggeroVeneto Data 27-02-2015 Pagina 15 Foglio 1

Sindacati alla prova del voto con l'incubo delle astensioni Sfida tra le organizzazioni per il rinnovo delle rsu in programma dal 3 al 5 marzo Alle urne quasi 60 mila lavoratori. Pesano le riforme di sanità ed enti locali

di Elena Del Giudice t UDINE

Conto alla rovescia per le ele­zioni delle Rsu nel pubblico im­piego. In Friuli Venezia Giulia, come nel resto d'Italia, si vota il 3, 4 e 5 marzo per eleggere i delegati di quella che, nel suo complesso, è una delle maggio­ri categorie del lavoro, dove il "principale" è rappresentato dallo Stato e dalle sue articola­zioni.

Alle urne in regione, poco meno di 60 mila persone: stan­do ai dati relativi alla tornata precedente svoltasi nel 2012 e nel 2011 suddivise tra dipen­denti delle Agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, del De­manio, del Territorio, le Doga­ne i Monopoli) che contano cir­ca mille 600 addetti; il parasta -to, ovvero gli enti previdenziali

e assicurativi (Inps, Inail), me­no di un migliaio di addetti in Fvg; i ministeri, mille 800.

La pattuglia più consistente di elettori riguarda però il co­siddetto "comparto unico" ov­vero i dipendenti di Regione, Province, Comuni - più di 15 mila persone - a cui sommare i 16 mila 500 dipendenti del comparto sanità. Chiude l'elenco delle categorie, la scuola con più di 21 mila aven­ti diritto.

In campo sono scesi da tem­po i sindacati, da quelli confe­derali, Cgil, Cisl e Uil, agli auto­nomi a quelli categoriali (come il Nursind in sanità). I dati delle ultime elezioni confermano l'appeal del sindacato confede­rale che prevale sulle altre orga­nizzazioni, anche se con alcuni distinguo. In sanità, ad esem­pio, il maggior numero dei con-

sensi non è andato alle sigle della triplice, e nella scuola lo ml!è al terzo posto dopo Cgil e Cisl. E se in alcune categorie la voglia di votare è abbastanza forte, proprio in sanità i votanti sono molti di meno degli aven­ti diritto. E anche negli enti lo­cali 11 mila votanti su 15 mila 500 aventi diritto non è certo una percentuale elevatissima.

Non a caso c'è chi rileva una nuova debolezza del sindacato nel suo complesso, non sem­pre in grado di rispecchiare le esigenze dei lavoratori.

Queste elezioni sono più che mai importanti per misurare la rappresentatività del sindaca­to, il "peso" delle organizzazio­ni al tavolo della trattativa, sia con il governo che con la Regio­ne e gli enti locali. E con il pri­mo interlocutore il confronto certamente non è facile, come

Risultati del 2012 in FVG (Fonte: Cgil Fvg)

AWl!Nii 1·1 '11"0'1'11 = ·~· m1uno \IAUl'.li ~- llllllUl:D --·~-* _ •• * ALTRI

----------·· ____ [____!!l!l__l_'lLL ____!!l!l__~l-~I % _l____!!l!l__l_'lLL __J\genzie Fiscali 1.520 1.251 251 333 105 -~--1

Parastato 815 [I 637 l-l-----i421-[ 198 I 33 I I 264 I L Ministeri 1.888 1.497 399 544 180 374 1

Enti locali 15.428 [] 11.231] I 4.453 [ 2.966 ] 801 [ I 3.011 j Sanità · 16.525 · 9.995 · 2.359 · 2.831 1.729 3.076 !

TOTALE FVG • 36.176 24.611 - ~60~ 30,9011 6.8721 '1,92- 2.848 11~7 -7.2J29,61 'Totale enti 371 I

Scuola 21.174 14.459 5.400 35,30 3.407 24,03 1.118 7,89 2.935 20,70 ______ I I

ricordano i leader nazionali. I temi in agenda sono molti,

iniziando dal rinnovo dei con­tratti per arrivare alle assunzio­ni, ferme da tempo, e al preca­riato nella pubblica ammini­strazione, per iniziare dai dirit­ti, non dimenticando le tante questioni aperte su produttivi­tà, efficienza, misurazione dei risultati. Per quel che riguarda la scuola, l'ennesima riforma si profila dietro l'angolo, e come le precedenti non sarà indolo­re.

La competizione, dunque, è ai banchi di partenza con i sin -dacati pronti alla conquista del maggior numero di consensi possibile al quale sarà parame­trato il numero di delegati asse­gnati a ciascuna organizzazio­ne. Lo scopo finale è misurare il consenso e, quindi, il potere contrattuale di ogni organizza­zione.

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Il Sole?]{! mmrn

Ieri il vertice Renzi-Giannini a Palazzo Chigi

Scuola, resta il nodo degli indennizzi Concorso per 60mila

Eugenio Bruno Claudio lucci ROMA

Di vertice in vertice le nubi sul decreto Scuola si diradano. E anche i numeri della'maxi-ope­razione precari cominciano ad assumere un contorno più pre­ciso. Sia nella loro composizio­ne totale (12omila unità) che nel­le varie categorie di stabilizzan­di interessati ( Gae, iscritti in se­conda fascia, idonei dell'ultima selezione targata Profumo). Co­sì come appare ormai chiaro che dal 2016 nella scuola si entrerà solo per concorso. Dovrebbero essere infatti 6omila i posti mes­si a bando per il prossimo trien­nio, in base al turn-overprevisto.

Di tutto questo siè parlato ieri pomeriggioapalazzoChigiinun summit tra il premier Matteo Renzi, il ministro dell'Istruzio­ne, Stefania Giannini, e il sotto­segretario Davide Faraone. Nel corso della riunione sono stati esaminati (manon ancora sciolti del tutto) anche i nodi che anco­ra avvolgono la riforma. A co­minciare dal maxi-indennizzo (su cui si veda Il Sole Ore del 24 febbraio) per i supplenti con

Il piano assunzioni

contratto a termine superiore ai 36 mesi (e a forte rischio conten­zioso dopo la sentenza U e del 26 novembre).

L'indennità (nella versione 2,5 mensilità, 6 mensilità addirittu­ra lo mensilità, per i "super pre­cari") avrebbe superato il vaglio politico. Ma resta quello tecnico visti anche !rilievi sulle copertu­re postimercoledì seradai tecni­ci del Mef che hanno espressa­mente chiesto al Miur di indica­re la platea esatta dei potenziali beneficiari del risarcimento e l'onere finanziario che in ogni caso, trapela da Via XX Settem­bre, dovrà essere a carico del bi­lancio dell'Istruzione.

La dote complessiva per la «Buona Scuola» è stata fissata nella legge di stabilità: I miliar­do per il 2015 e 3 miliardi a regi­me. E oltre questi importi (mai stanziati finora per la scuola) non si potrà andare.

Soldi che dovranno servire soprattutto per il maxi-piano di stabilizzazione di precari. Da quanto si apprende, alla quota di uomila si arriverebbe assumen­do i umila tra vincitori e idonei del "concorsone" Profumo del 2012, a cui si aggiungerebbero gli 80/ 9omila precari storici inseri-

Si resta sui 120mila docenti interessati: 80-90mila dalle graduatorie a esaurimento, 12mila dal bando «Profumo» e il resto dalle liste d'istituto

tinelle Gae e altri2omila circa tra i supplenti annuali delle Gra­duatorie d'istituto. L'operazio­ne dovrebbe costare poco meno di 700 milioni nelzo15 (i docenti

in più sul sostegno sono finan­ziati dal decreto Carrozza) e un paio dimiliardiaregime.

Le risorse restanti serviran­no per il nuovo concorso da bandire quest'anno per 6omila posti da spalmare nel triennio 2016-2019. Inoltre 40 milioni so­no impegnati per il potenzia­mento dei laboratori (a livello territoriale) e altri 50 milioni per la formazione dei docenti. Per i professori - l'ha conferma­to ieri il ministro Giannini -cambierà la carriera: gli aumen­ti stipendiali saranno per il 70% legati al merito(l'anzianità di servizio peserà per il restante 30% mentre oggi vale il 100%).

Il decreto scuola conterrà pu­re un rafforzamento di alcune materie. Si parte dalla musica, che potrebbe guadagnare un'ora in quarta e quinta ele­mentare. E, passando per l'edu­cazione fisica e l'utilizzo di un docente «esperto» (un laureato

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in scienze della formazione pri­maria con l'abilitazione in edu­cazione motoria), si arriva alle lingue straniere. Che significa­no soprattutto adozione della metodologia Clil per insegnare in lingua inglese le altre discipli­ne. E ciò per due ore a settimana in quinta elementare dall'anno scolastico 2015/2016 e poi anche in quarta dal 2016/2oq Queste misure prese nel loro comples­so porterebbero a un ripristino (almeno di fatto) della compre­senza abolita dalle riforma Gel­mini. A cui si sommerà il poten­ziamento di storia dell'arte, di­ritto ed economia nelle scuole secondarie di II grado.

Confermato anche il raffor­zamento della scuola-lavoro. Due le novità principali conte­nute nel testo. Da un lato, l'estensione ai licei dei periodi di formazione on the job fino a un massimo di200 ore. Contem­poraneamente negli istituti tec­nici e professionali si passerà dalle 100 ore attuali a400 nel tri­ennio (e non 600 ). Con la possi­bilità, nei territori a bassa indu­strializzazione, di svolgerle nel­le Pa che sottoscriveranno una convenzione ad hoc.

li'.!RJPROOUZIONE.RISERVATA

Il pacchetto di maxi- La seconda tranche di Il maxi-piano di In contemporanea con il assunzioni di 120mila precari stabilizzazioni riguarderà i stabilizzazione dei precari, il1° maxi-piano di stabilizzazioni si compone soprattutto dei 12mila tra vincitori non settembre, si completa con partirà un nuovo concorso. "precari storici" delle Gae: ancora assunti e idonei del a Imeno 20mila supplenti Che potrebbe mettere in verranno stabilizzati tra gli concorso ne Profumo del iscritti nelle Graduatorie palio 60mila posti nell'arco 80-90rnila a seconda del 2012. Circa un terzo di queste d'istituto che otterrebbero del triennio2016·2019 per fabbisogno degli istituti. Le persone è anche iscritto nelle però dei contratti annuali di cui effetto del turn-over stimato Gae non si svuoteranno Gae tener conto nel nuovo concorso nello stesso periodo

I.A PLATEA POTENZIAI.E I BENEflClAIU Il. NUMERO MINIMO POSTI NEI. TRIENNIO

80/90mi1a 12mila 20mila 60mila Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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LA STAMPA

Cuneo Il Liceo classico non trova un insegnante di francese

e ercasi (( disperatamente docente della lingua di Flaubert e Hugo». Da 10 giorni è impossibile trovare un insegnante laureato in lingua e letteratura francese, per le classi del corso Esabac del Liceo classico di Cuneo. La scuola ba tentato in tutti i modi: graduatorie degli anni scorsi, graduatorie di «terza fascia» (cioè i professori non abilitati), i singoli laureati che avevano chiesto per le supplenze. Nulla, nessuno è disponibile. Niente in tutta la provincia, da Cuneo ad Alba, da Ceva a Saluzzo. Nulla

anche nelle scuole del Torinese dove si insegna francese, come il liceo europeo Altiero Spinelli e l'Umberto I. In compenso ci sono diversi laureati in russo, giapponese, cinese. Ma dalle scuole non li cerca nessuno. Germana Muscolo è la dirigente della scuola, il liceo Peano Pellico. Dice: «Esabac è uri corso bilingue francese, di eccellenza. Ogni anno non c'è mai stabilità di organico, ma ora la situazione è disperata. Il professore ba chiesto l'aspettativa ed era un supplente. Ma si tratta di una cattedra "completa": diciotto ore settimanali nelle classi».

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il Giornale

LA PROVOCAZIONE

Troppe donne, il male oscuro della scuola

dildaMagli

no degli aspetti peggio­ri dell'assolutezza dit­tatoriale di Matteo Ren­

zi è la sua indifferenza ai signifi­cati che ogni comportamento assume per gli esseri umani. La

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cosiddetta «riforma della scuo­la» ne rappresenta forse la pro­va più evidente. «Via i precari» è la parola d'ordine; «tutti saran­no assunti per concorso»; «de­ve essere garantita la qualità culturale della scuola». Benissi­mo. Ma Renzi sa che l'85% per cento del personale di ruolo nel-

le scuole è di sesso femminile? Sa cosa comporta questo dato difatto?Imaschinon possiedo­no più nessun sapere da tra­smettere ai figli? Non hanno più nessun interesse al futuro della Nazione? Una ( ... )

segue a pagina 12

LA PROVOCAZIONE Dopo la riforma annunciata da Renzi

Troppe donne in cattedra Così la scuola va a picco L'infornata di precari conferma il trend.· pochissimi gli insegnanti uomini Anche il sapere diventafemmina. Ed ecco perché le ragazze hanno voti più alti

di Ida Magli

( ... )riflessione sull'allontana­mento quasi totale dei maschi dall'educazione e dal sapere deifiglipermetterebbedicapi­re che fa parte di quello stesso allontanamento testimoniato dall'omosessualità maschile, dalcoito sterile, della quasias­solutaincapacitàcreativadel­la società italiana di oggi. In un certo senso testimonia lari­bellione dei maschi al predo­minio e all'obbedienza verso le donne imposto loro dallana­scita fino alla fine della scuola secondaria superiore.

Dall'età neonatale a tutta la prima infanzia i bambini ven­gono lasciati nei nidi e negli asili per la maggior parte del giorno dove il personale che li assiste è tutto femminile ed esercita un'assoluta autorità.

Per tutto il ciclo scolastico poi il predominio del personale insegnante femminile impedi­sce ai maschi il contatto con una personalità maschile con la quale identificarsi, nella quale credere; ma soprattutto impedisce lo sviluppo del tipo di pensiero maschile, rivolto alla profondità e all'analisi in modo molto diverso da quello femminile. Infine c'è l'aspet­to più grave di una scuola affi­data quasi del tutto alle don­ne: gli allievi, maschi o femmi­ne che siano, non possono ap­prezzare, stimare, credere nel «sapere». Tutto quello che le donne insegnano non è stato né creato né scoperto da loro. Socrate era maschio, Omero era maschio, Virgilio era ma­schio, Galileo era maschio, Le­onardo era maschio, Mozart era maschio, Einstein era ma­schio ... Non si può insegnare bene nulla di ciò che non si è in grado di «pensare», di «crea­re». (Spero che le donne capi­scano lo spirito con il quale faccio questa affermazione e non se ne offendano). Si affer-

ma di solito - e le statistiche lo esporrebbero conlasemplici­provano - che le studentesse tàelachiarezzachecontraddi­

stinguono coloro che sono as­solutamente padroni di ciò che dicono, i diversi cicli di le­zioni, di cui la Società diedi­zione curerebbe la traduzio­ne nella lingua italiana per quanto riguarda gli specialisti stranieri. Questo permette­rebbe di accompagnare con le immagini adatte ogni argo­mento e non ci sarebbe stu­dente che non ricordi, anche senza studiarlo, ciò che ha vi­sto: che si tratti di un castello sulla Loira o di un carme di Ca­tullo.

sono più brave degli studenti. Noncipotrebbeessereunadi­mostrazione migliore che vie­ne fornito un insegnamento più adatto alle menti femmini­li che a quelle maschili in quanto è diverso il modo con il quale i maschi guardano ai problemi, li «penetrano» ( ter­mine significativo con il quale abbiamo sempre qualificato l'intelligenza).

Ma poi, che cos'è questa tan­to vantata riforma della scuo­la? L'idea più vecchia e più stantia di scuola che si possa avere nel 2000. La novità sa- Ilruolodegliinsegnantipo­rebbe invece quella di proiet- trebbe essere quindi quello di tare cicli di lezioni televisive assistereinsiemeaglistuden­preparate da una società ad ti alle lezioni televisive e poi hoc con i maggiori specialisti discuterle e, se necessario, del mondo nelle singole disci- spiegarle nelle ore a ciò predi­pline. Non ci sarebbero più le sposte. La scuola sarebbe co­logoreripetizionidiinsegnan- sì, finalmente, ricca di figure ti che per trenta o quarant' an- maschili, non soltanto nelle ni parlano sempre delle stesse lezioni televisive, ma anche cose, ma i più grandi storici, i nelleauleperchédoveilsape­più grandi matematici, i più re è «sapere», vivo e profon­grandi architetti, i più grandi do, i maschi non mancano musicisti d'Italia e del mondo mai.

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Sulle assunzioni governo nel caos Già svanita la promessa ai 150.000

Francesca Angeli

Roma La scuola di Matteo Ren­zi: da «buona» a «insufficien­te». Le promesse fiorite a set­tembre non hanno retto i rigori dell'inverno e sono sfiorite pri­ma ancora di vedere la luce. I provvedimenti sulla scuola do­vrebbero andare in consiglio dei ministri il prossimo marte­dì, salvo ulteriori slittamenti, ma i contenuti non corrispon­dono al piano presentato nel settembre scorso.

Scopriamo le differenze. Il primo impegno che riguarda­va lo svuotamento delle Gra­duatorie ad Esaurimento con 150 mila assunzioni in blocco non verrà mante-nuto. Sicuramen-te si era trattato di una promessa fatta senza tene-re conto della re-altà ovvero sen-za sapere quali varietà di profili

Troppi prof che non insegnano da anni, altri di materie ormai sparite

Ministro dell'Istruzione Stefania Giannini

professionali an­che dal punto di vista di una pre­senza concreta nella scuola era­no presenti den­tro quelle gra­duatorie. Infatti ora il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, dice «nelle graduatorie c'è anche chi non insegna da anni e quindi non verràincluso». Come principio è condivisibile ma a settebre era stata detta un'altra cosa e quello chepermesi è stato dato come fatto certo ora è diventa­to una balla.

Il problema è che il ministero si è reso conto tardi delle conse­guenze inevitabili della senten­za europea sul precariato emes­sa il 26 novembre scorso che in sostanzahafornitoil presuppo­sto legale a tutti i precari con al­meno 36 mesi di servizio per fa­re causa allo Stato con la certez­za di vincerla ed essere assunti a tempo indeterminato. Ed in-

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fatti i ricorsi sono fioccati e le carriera. Anche prime sentenze a favore dei pre- ieri il sindacato cari stanno arrivando con l' ag- Anief ha nuova­gravante che lo Stato oltre a do- mente accusato vere immettere in ruolo il do- il governo di vo-cente deve restituire pure tutti ler procedere alle assunzioni gli arretrati. Se tutti i precari «acostozero»risparmiandosu­aventidiritto facessero causalo gli stipendi dei docenti. L'ipote­Stato finirebbe per dover tirare si sarebbe quella di bloccare gli fuori3 miliardi di euro.Non so- stipendi allungando il primo lo. Esiste pure il problema delle gradone di carriera a 12 anniol­classi di concorso. Alcuni do- tre a congelare le ricostruzioni centi sono abilitati in materie dicarriera,rimandandoirisar­che non si insegnano più. Inol- cimenti dovuti a data da defini­tre per alcune materie ci sono re.Non solo, il governo stareb­troppi docenti per altre troppo be pure pensando a ridurre ul­pochi. Dunque ad esempio per teriormente il fondo d'istituto le scientifiche si dovrà pescare dalle Graduato­rie d'Istituto a se­conda del fabbi­sogno locale.

L'altro capito­lo spinosissimo riguarda le retri­buzioni degli in­segnanti e la co­struzione della

già ora considerato assoluta­mente insufficiente.

Ultimo problema non da po­co è la pressante richiesta da partedelNcd, sostenuta ovvia­mente dal ministro Giannini e dal sottosegretario Gabriele Toccafondi, di inserire nel prov­vedimento pure uno sgravio fi­scale per le rette scolastiche chelefamigliepaganoallepari­tarie.Iniziativachehagiàscate­nato una guerra interna al Pd.

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IN CLASSE TI INSEGNO IL

DI STEFANO VASTANO FOTO DI LORENZO MACCOTIA PER L'ESPRESSO

ono le I O e 15 e nella classe "A 30 I" una ventina di ra­gazze svolgono i compiti nel silenzio più assoluto. Colpisce che siano di nazio­nalità e di età diverse, bam­bine dai 1 O sino a ragazze

sui 16 anni. E, tra i banchi, quei box di plastica pieni di schede colorate. «Sono i nostri "box di apprendimento"'" spiega Miriam Pineau, da 8 anni insegnante di tedesco e francese alla Anne-Frank Realschule. «Ogni giorno li riempiamo con esercizi diversi a seconda delle ra­gazze che si sono prenotate alle ore di lingua». E già, perché in questa Real­schule, o istituto tecnico professionale, a Pasing, un quartiere a nord di Mona­co, sono le studentesse a scegliere, all'i­nizio della settimana, sia il ciclo di le­zioni che il professore con cui studiarle. E mentre nelle scuole italiani gli istituti professionali per-dono posizioni a favore dei licei (ve-di riquadro a pagina 78), questo di Pasing è diventato un esempio del suc­cesso della scuola tedesca.

"Da noi il docente svolge il ruolo di Tutore o assistente alle lezioni che le ra­gazze si scelgono», spiega Eva-Maria Espermùller, preside dell'istituto femmi­nile, «e le lezioni sono blocchi da 90 mi-

nuti perché stimolano di più il loro ap­prendimento». Anche voti e pagelle sono stati aboliti dalla Anne-Frank Schule, come i compiti a casa o per l'appunto la divisione in classi di età. Ma la vera dif­ferenza rispetto alle scuole superiori ita­liane è un'altra: «Nelle vostre scuole i ragazzi sgobbano da soli sui libri; noi puntiamo sul lavoro di squadra, e a svi­luppare l'autonomia <lei singolo alunno abolendo del tutto l'insegnamento fron­tale». Nelle 23 aule dell'istituto le catte­dre ci sono, ma solo per poggiarvi i com­puter su cui le ragazze configurano il piano-settimanale o fissano le verifiche con gli insegnanti.

No, l'edificio non è il top dell'architet­tura, ma uno scatolone anni '60 in cui l'unica macchia di colore, all'esterno, è il murales blu di Anna Frank che sorride alle 640 ragazze e 63 docenti di questa Realschule. In Germania ce sono 2.400 di istituti professionali come questo; più altre 3.200 cosiddette "Hauptschule" o scuole di base che, dalla quinta alla deci­ma classe, avviano i ragazzi alla scelta dì una professione. Di istituti superiori cor­rispondenti ai nostri licei (chiamati Gym­nasium) ce ne sono 3.200. Quest'anno è stata la Anne-Frank di Monaco a spun­tare l'ambito premio che la Fondazione Bosch assegna alla "migliore scuola" di Germania. Un assegno da centomila euro

consegnato dal ministro degli Esteri frank-Walter Steinrneier.

Superato alla decima classe, quindi a 16 anni, l'esame della Realschule, i ragaz­zi sono pronti per affrontare il cosiddetto "Dual Studium ": ad apprendere cioè, lavorando sino ad 8 ore al giorno, un mestiere ìn due anni e mezzo di "Praktikum" o tirocinio in un 'azienda (ma con l'obbligo di ritornare, un giorno a settimana, sui banchi di scuola). Protet­ti da un vero e proprio contratto di ap­prendistato giovanile, alla tìne ottengono il titolo di "Meister", che li dichiara arti­giani qualificati in una delle 330 profes­sioni riconosciute oggi in Germania. «È questa figura del Mastro, con la sua peri­zia, a rendere grande la Germania'" spie­ga lo storico Michael Sti.irmer, «è questo che nel mondo ci invidiano». Oggi Srur­rner è un famoso intellettuale: «Ma mio padre, un generale della Bundeswehr, ha voluto che apprendessi un mestiere e così da ragazzo, per due anni, ho lavora­to da un fabbro>" ricorda.

Il primo vantaggio che il modello tede­sco offre con lo "Studio duale" è la sim­biosi scuola-azienda, o meglio azienda­società (visto i "Patti di lavoro" che go­verno e sindacati stringono con le impre­se per specializzare i giovani usciti dalle Realschule). «Noi della Anne-Frank­Schule siamo partner della Bmw e di altre

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imprese nella regione Baviera», dice la preside Espermiiller, «e ogni anno alle­stiamoa scuola un "Forum del Lavoro"in cui le aziende si presentano ai ragazzi». li bello di questi forum è che non sono solo i manager a decantare le aziende e pro­spettare agli studenti un tirocinio, ma gli stessi Azubi, come vengono chiamati i ragazzi che vi stanno svolgendo il "Praktikum", a spiegare agli studenti le varie fasi dell'apprendistato. E il sistema Duale funziona eccome in Germania. Canno scorso gli Uffici di collocamento tedeschi hanno registrato 5 30. 700 giova­ni che hanno ultimato i due anni e mezzo del tirocinio (e non bastano mai: sempre l'anno scorso nelle aziende tedesche ri­sultavano vacanti 33.500 posti di ap­prendistato). Sono in particolare i po­tenti sindacati, che in Germania siedono nei Consigli di sorveglianza delle azien­de, a sostenere questo modello di forma­zione: nel gruppo Volkswagen, ad esem­pio, più che solo su aumenti salariali, «noi sindacati abbiamo spesso richiesto all'azienda nuovi posti di formazione per i più giovani», spiega Franco Garip­po dei sindacati della Vw. Per il 2015 Thomas Sigi, responsabile del personale Audi, ha già garantito «la formazione di altri 700 giovani nei nostri due impianti in Germania».

Non è un caso allora se, invece di ~ greco, latino o filosofia, siano le materie tecniche le più gettonate nelle varie Real­schule. «Nella nostra scuola», spiega la preside Eva-Maria Espermiiller, «oltre il 50 per cento delle ragazze si iscrivono ai corsi di matematica, fisica, biologia o in­formatica». È solo un mito quindi che le scienze siano un dominio dei ragazzi. l tre piani della Anne-Frank almeno sono sud­divisi per colori: il terzo, in cui si studiano lingue straniere, è lilla e dedicato alla figu­ra di Nikì de Saint Phalle. Il secodo, ispira­to a Rosalind Franklin, è verde perché lì si studiano scienze e sperimentano tecnolo­gie; e al primo, azzurro e ispirato all'atti­vista Rosa Parks, le scienze sociali.

Oltre a scegliere individualmente lezioni e docenti, nei loro" Log Buch" o schede di valutazione (ogni settimana devono fir­marle sia i genitori che gli insegnanti), le ragazze sono tenute ad "auto-stimarsi", a dare un giudizio sui test svolti e prefiggere obiettivi per il mese in corso. «Devo riusci­re ad essere più puntuale e fare più sport», leggiamo tra gli "Obiettivi" del mese nel "Buch" di Lisa T. Ha 11 anni, il papà è tedesco e la mamma indonesiana. Non siamo nei quartieri-bene di Monaco: «Qui il 60 per cento delle ragazze ha almeno un genitore straniero», spiega la professores­sa Pineau, «ma sinora le abbiamo portate tutte al decimo anno". Quello decisivo appunto, in cui gli alunni delle Realsclrnle optano o per l'esame integrativo che gli

consentirà il passaggio ai due anni di liceo (e quindi <llle università); o la via dell'ap­prendistato per ritrovarsi, già a 20 anni, con un mestiere in mano.

«Anche questo sistema duale» ,spiegano al ministero della Cultura di Berlino, «ha aiutato la Germania a superare la crisi economica». Sicuramente ad abbattere la piaga della disoccupazione giovanile, che nel paese della Merkel è al di sotto dell'8 per cento e quindi tra le più basse in Euro­pa. Non per niente anche la Kanzlerin è entusiasta dei risultati spuntati con questo modello scolastico. "Da ragazza avrei studiato molto volentieri in questo istitu­to», ha ammesso di recente Merkel dopo una visita alla "Lisa-Meitner Schule", uno degli istituti professionali (con indirizzo chimico) a Berlino.Anche Anna Freudberg, che ha compiuto 18 anni, è molto sicura della scelta fatta: "Non volevo continuare la routine scolastica, ma imparare un me­stiere in una vera azienda», dice lei che si è diplomata due anni fa allaAnne-Frank. «A scuola ho puntato tutto sui corsi di mate­matica e fisica», spiega, «e nell'ultimo an­no ho frequentato corsi per saper scrivere domande di lavoro ed affrontare colloqui nelle aziende». Era indecisa se svolgere il tirocinio alla Bmw o alla Webasto, una delle imprese bavaresi nell'indotto delle quattro ruote. Alla fine Anna ha scelto la Webasto, «dove ho passato il primo anno nella segreteria dell'ingegner Reimer, pre­sidente del!' azienda,,.

Secondo gli esperti, come Uwe Lehmpfuhl dell'Istituto di formazione a Bonn, in queste scuole si insegna «un sa­pere molto orientato alla praxis a caratte­rizzare il sistema duale tedesco». Il concre­tissimo vantaggio di questo percorso è che, sin dai primi giorni, è retribuito: nei primi dodici mesi di tirocinio Anna Freudberg ha percepito 848 euro al mese. Al secondo anno - «in cui ho lavorato in tutti gli altri settori dell'azienda", ricorda - il mensile era salito a 895 euro. Ora che è all'ultimo semestre prende sui 920 euro, «ma il pun­to essenziale è la garanzia di un posto nell'azienda che mi ha formato, che cono­sco e in cui tutti mi conoscono».

La prospettiva del posto più o meno si­curo non è l'ultimo dei vantaggi del "Dua­les Studium ". Caltro è che, entrato nell'a­zienda, al giovane lavoratore non si pre­cludono per sempre le porte dell'universi­tà. «Mio fratello Johannes», continua Anne, «dopo Realschule e tirocinio è ora meccanico alla Bmw, ma ha appena deciso di iscriversi ad ingegneria all'università di Monaco». È la stessa azienda che, tramite modelli flessibili di lavoro, spinge i più giovani operai a specializzarsi. «Due di­plomi nel giro di 3 anni?», si legge nel dépliant che la Bmw ha affisso nella bache­ca della Anne-Frank Schule. «Se vuoi col­legare lavoro e teoria», propone il dépliant,

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«il Gruppo Bmw ti offre la possibilità di conseguire, dopo il tirocinio in due anni, anche la maturità per il Bachelor>>. Sbocchi professionali e opportunità per i più gio­

vani non mancano, almeno nel Land più ricco della Germania; persino nel giorna­letto scolastico della Anne Frank Schule vi sono annunci («cerchiamo ragazzi per il tirocinio in meccanica e logistica negli impianti di Monaco e Landsberg», dice quello della Iwis, azienda di macchinari con mille dipendenti).

Nella classe "A 301 "intanto, l'undicenne Lisa è alle prese con la grammatica francese e sulla lavagna ha scritto: «Help!, ho pro­blemi con la traduzione». Nel corridoio al terzo piano ci sono i banchi dove le ragazze più grandi aiutano le più giovani come Lisa a risolvere i problemi della lezione. «Noi professori siamo gli ultimi a cui le ragazze devono rivolgersi», spiega la professoressa Pineau. «Devono provare tra loro a scio­gliere i nodi che incontrano». La preside Espermiiller giura che «l'importante è che i giovani apprendano l'autostima, il lavoro di gruppo e la curiosità per il sapere tecnico e interdisciplinare. È questo che le aziende cercano nei loro tirocinanti». •

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SCUOLA: ALL'ORIGINE Cl FU LA CHIESA, NON LO STATO Caro direttore, quanto sto per scrivere nasce, lo ammet­to, da un sano "risentimento" nei con­fronti di quanti contestano le scuole pa­ritarie, in particolare quelle di fonda­mento cattolico. Questi signori dovreh­bero studiare un po' di storia, poiché, da­ti alla mano: il mio bisnonno, nato nel 1825, sapeva leggere e far di conto grazie all'insegnamento del parroco; il mio non­no nato nel 1858 altrettanto; mio padre, nato nel 1892, poté vantarsi di aver rag­giunto la classe quinta elementare grazie ai Salesiani, perché a inizio Novecento la scuola elementare obbligatoria era fino alla terza elementare e a quei tempi era­no più quelli che non la frequentavano di quanti avevano la fortuna di farlo. Que­sti sono riferimenti storici che andreb­bero ricordati, senza dimenticare che gli asili infantili erano, perlopiù, di stampo parrocchiale e non statali, e sono diven­tati tali usufruendo spesso di edifici par -rocchiali (come nel paese dove abito). O­ra è chiaro che, all'inizio, a curarsi della cultura popolare non fu lo Stato, ma la Chiesa o i privati motivati. Questo non può e non deve essere disconosciuto e invito quanti non volessero accettarlo a studiare la Storia per comprendere quan­to certo "illuminismo" sia in ritardo sui principi evangelici. Un caro saluto da un abbonato: apprezzo molto ''.A..vvenire" che prosegue e rinnova la tradizione de "1'.I­talia'' a cui era ab banato mio padre. i: au­gurio è di continuare nel rispetto del Van­gelo, così come state facendo.

Pietro Giudice Rogoledo di Cosio (So)

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PAOLO f EIUIARIO struzione, Stefania Giannini, confer­mando l'impegno a mettere sul tavolo del governo la detrazione fiscale delle rette, «Un completamento» del decreto che dovrebbe essere varato il 3 marzo.

Giannini: Buona scuola non ignora gli istituti paritari

«Con la Buona scuola non ignoriamo le paritarie». Rassicura le famiglie delle scuole non statali, il ministro dell'I-

«La Buona scuola A PAGINA 10

non ignora le paritarie» Giannini apre sull'ipotesi della detrazione Mauro: «Senza, fuori dalla maggioranza»

MILANO

on la Buona scuola non ignoriamo le paritarie». Rassicura le famiglie delle scuole non statali, il ministro dell'I­

struzione, Stefania Giannini, confermando l'im­pegno a mettere, sul tavolo del Governo, la detra­zione fiscale delle rette, «un completamento» del decreto che sarà varato dal Consiglio dei ministri il 3 marzo. Anche di questo ha parlato, ieri in serata, con il premier Matteo Renzi, a cui spet­ta l'ultima parola sulla questione. Il premier non avrebbe nascosto la delicatezza del tema, confermando che verrà discusso in Consiglio. Un ulteriore dibattito si svilupperà questa mattina, nell'incontro che Renzi avrà con i parlamentari democratici. «Del ruolo indispensabile delle paritarie nel si­stema nazionale d'istruzione, con Renzi abbia­mo discusso spesso trovandoci in piena sintonia», ricorda la senatrice Pd Rosa Maria Di Giorgi, già assessore all'Istruzione di Firenze quando l'at­tuale premier era sindaco del capoluogo toscano. «La detrazione delle rette dalle tasse - prosegue la parlamentare democratica - può costituire senz'altro un segnale forte e un riconoscimento importante per queste scuole che, se non ci fos­sero, metterebbero in seria difficoltà lo Stato. A Firenze, per esempio, senza le materne paritarie, il Comune non avrebbe la possibilità di garantire un posto a tutte le famiglie che chiedono il servi­zio per i propri figli». La senatrice Di Giorgi non nasconde che, dentro il Pd, ci sono ancora forti resistenze a riconosce­re la funzione pubblica del servizio svolto dalle paritarie. «C'è ancora chi pensa che la scuola pubblica possa essere soltanto stata-

le - ricorda - ma sono convinzioni antiche e fuori dal mondo. Nel partito si è aperto un confronto, ma sono fiduciosa circa una po­sitiva conclusione di questa vicenda». Una forte sollecitazione a Palazzo Chigi affinché accolga positivamente la richiesta del Ministero dell'Istruzione di istituire un fondo sulla cui base calcolare la percentuale di detrazione delle rette, è arrivata ieri mattina dal presidente dei Popola­ri per l'Italia, il senatore Mario Mauro, che ha in­viato questo tweet direttamente a Renzi: «Ehi, Matteo! Mettiamo le detrazioni nel dl "Buona scuola". Più società fa bene allo Stato». «Fin dal primo giorno del suo governo - ricorda Mauro - Renzi ha posto la scuola in cima alla lista delle priorità e noi siamo d'accordo con lui. Ora, però, si tratta di capire che tipo di riforma ha in mente. Noi gli diciamo chiaramen-te che se la cosiddetta "Buona scuola" si limitasse ad arginare un problema di precariato di Stato, si porterebbe die-tro tutte le contraddizioni di un mo-dello statalista, che impiega il 98% del-le risorse per pagare stipendi. La "Buo-na scuola" che abbiamo in mente è quella che, per esempio, promuove una reale concorrenza tra istituti». Al premier, il senatore centrista chiede di «fare un passo in avanti» per non ridurre la riforma della scuola a «operazione gattopardesca» e legando all'inserimento nel decreto della detrazione fi­scale delle rette la permanenza dei Popolari per l'Italia nella maggioranza che sostiene il governo. «Se questa misura non ci fosse - avverte Mauro -verrebbe meno l'unico motivo perrestare in mag­gioranza. Ci aspettiamo quindi che Renzi getti il cuore oltre l'ostacolo e vari un provvedimento davvero significativo e coraggioso».

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Un appello al Governo arriva anche dal vicese- delle strade percorribili- sottolinea - ma va com­gretario vicario dell'Ude, Antonio De Poli. «Non pletata e integrata con altre misure, come il fi­può ignorare il sistema delle scuole paritarie», si nanziamento alle famiglie, attraverso un voucher, legge in una nota, mentre la responsabile scuola o direttamente alle scuole paritarie. In questo mo­e università di Forza Italia, Elena Centemero, os- do - aggiunge don Macrì - non si andrebbe ape­serva che «le scuole paritarie sono finalmente en- nalizzare le famiglie che non hanno capacità fi­trate nel dibattito politico e si sta comprendendo scale e, quindi, non possono detrarre nulla, per­che la scuola pubblica è di tutti, non dello Stato». ché non hanno reddito. Le nostre scuole cattoli­Favorevole alla detrazione delle rette è anche don che - conclude - sono nate proprio per offrire un Francesco Macrì, presidente della Fidae, la Fede- servizio alle fasce più povere della popolazione». razione dei gestori delle scuole paritarie. «È una ©RIPRoouzioN•R•SERVATA

La senatrice renziana Di Giorgi: «Col premier piena sintonia sul ruolo di questi istituti»

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«Noi, prof precari delle non statali penalizzati due volte» DI MONICA FALCINI

nsegno nella scuola pubblica da 26 anni. So­lo che la mia scuola è salesiana. Gran bella co­sa, mi pare. Se lo avessi desiderato, avrei potu-

to andarmene con onore ogni volta che il mini­stero dell'Istruzione mi ha offerto una cattedra di ruolo per le mie diverse abilitazioni. Ma non l'ho mai fatto e ne sono contenta. E sono in buona compagnia. Ho studiato nella scuola cattolica, do­ve ho trovato ottimi docenti, che mi hanno mo­strato la differenza tra fare e essere insegnante. Fre­sca di lamea, sono stata assunta dalle Figlie di Ma­ria Ausiliatrice, dove ho apprezzato la bellezza del carisma salesiano e la forza della pedagogia d'am­biente, che si fa vero e proprio lavoro di squadra. Mi è sembrato soprattutto di capire che lavorare per formare buoni cristiani e onesti cittadini, se­condo il noto invito di don Bosco, sia un gran bel­l'impegno, una sfida non facile, ma tuia risposta dovut•1 alle urgenze della nostra società. La scuola cattolica è paritaria, ma è ben lontana da una posizione effetlivamente corrispondente all'attributo che la qualifica. Mi fa so1Tidere che quanti apprezzano e si servono della sanità con­venzionata, d1e alleggerisce lonere di quella pub­blica, guardino con diffidenza all'ipotesi di una scuola cattolica convenzionata. Per non parlare di quanti, pur se1vendosene, inorridirebbero al­l'idea che lo Stato stipendiasse i docenti della stes­sa. Il Governo intende operare migliaia di assunzio­ni tra le folte file del precariato scolastico. La no­tizia è che lì ci siamo and1e noi, d1e magari ab­biamo firmato da decenni un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Purtroppo la nostra con­dizione è meno felice e sicura di quella dei nostri colleghi statali (rispetto ai quali non ci sentiamo inferiori né superiori). La scuola di Stato non chiu­derà mai, fino a che ci sarà ancora un ragazzo da educare e istruire. Le nostre scuole, invece, devo­no fare conti importanti con la crisi economica, che impoverisce non di poco la loro unica fonte di sostentamento: le famiglie. E molte non ce la fanno. Vorrei che le nostre scuole, presso cui prestiamo servizio per reale condivisione della proposta for­mativa che esse offrono, dovessero fare i conti più con la crisi di valori d1e con quella economica. Per questo guardo con apprensione all'ipotesi che molti miei colleghi, di evidente professionalità, competenza e sensibilità, possano lasciare il loro posto per un altro più stabile, un po' meglio re­munerato, ma poco effettivamente desiderato. Sarà una grande perdita, che potrebbe essere evi­tata. Per questo sogno che alle nostre scuole sia riconosciuto lo status di pubbliche, come real­mente sono. A fare di una scuola un'ottima isti­tuzione non sono le casse dell'economato, priva­te o statali che siano, ma le persone che vi opera­no. Queste si trovano un po' ovunque, per fortu­na, e qualsiasi scuola ha bisogno di loro. Riman­go fiduciosa; non sarebbe la prima volta che un sogno si reaJizza.

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Scuole Tullio De Mauro

Valori britannici cercansi

Le scuole devono "promuovere attivamente i fondamentali valori britannici". Così aveva proclama­to Michael Gove, ministro dell'istruzione nel governo Came­ron fino ali' estate 2014 quando è stato nominato capogruppo dei conservatori in parlamento. Il mu­tamento d'incarico non è separa­bile dai malumori che le sue indi­cazioni avevano suscitato in tutte le scuole e le organizzazioni di in­segnanti. La ministra che gli è succeduta, Nicky Martin, ha rin­verdito le dichiarazioni di Gove. E

le critiche a questa posizione sono ricominciate. Susanne Rustin, editor del Guardian, è andata nel­le scuole a verificarne la portata.

Nel Regno Unito le scuole so­no un arcipelago complicato, il lo­ro grado di autonomia è superiore non solo a sistemi centralistici co­me quello francese, ma anche ai sistemi federalistici tedesco o sta­tunitense. Un blando limite sono le ispezioni dell'Office for stan­dard education (Ofsted), che rife­risce al governo, pur restandone indipendente. E l'Ofsted ha regi-

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strato malumori e proteste, non solo per il rischio di lesione all'au­tonomia. Nel Regno Unito una co­stituzione non c'è. Ci si chiede al­lora quali siano i valori britannici. Quelli dell' equality act contro le discriminazioni adottato nel 2010? O gli interventi militari e la fornitura di armi a dittature? Un motivo ricorrente, affiorato di re­cente anche in Francia, è che i va­lori non s'insegnano, ma, se ci si riesce, si praticano. E, senza una costituzione, non possono essere altro che i diritti umani. +

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Altro che Europa. La bocciatura che rischia Renzi è sulla scuola ISTRUZIONE. DIECI CDSE NON RETORICHE CHE IL GOVERNO DEVE FARE PER NON PERDERE LA FACCIA SULLA RIFORMA DELLE RIFORME

L a politica degli annunci non è una cosa buona, ma se c'è un contesto nel quale

occorrerebbe rigorosamente astenersene è quello dell'istruzione. La scuola è stata tra-

m GIORGIO IsRAEL

fitta per decenni da politiche di annunci che si sono tradotte in nocive sperimentazioni o sono finite nel nulla, come il progetto di riforma dei cicli di Luigi Berlinguer. Il caso più clamoroso è quello di un'intera riforma - la Moratti - che, in assenza di decreti at­tuativi, è rimasta sulla carta. Molti di questi "annunci" erano espressioni delle teorie di pedagogisti di stato organici alla classe po­litica al governo. Ora, a giudicare da quel che è venuto fuori dalla presentazione pro­mossa dal premier Renzi siamo passati al­l'annuncio di un collage di pezzi mal conge­gnati tra loro e provenienti da strani pensa­toi. Sta di fatto che la scuola, a forza di an­nunci, di riforme mai fatte e di sperimenta­zioni avventate è diventata un terreno mel­moso su cui anche il governo più determi­nato rischia di lasciare le penne, soprattut­to se si avventura a indicarlo come decisivo per il futuro del paese. Certo, bisognerà at­tendere il testo dei decreti o disegni di leg­ge per un giudizio definitivo, ma gli annun­ci non indicano un pensiero progettuale chiaro. Proviamo a elencare una decina di punti che destano più perplessità.

Edilizia. E' il tema su cui Renzi si è speso fin dalla sua nomina, un anno fa e su cui, puntualmente, non è successo nulla. Non so~ lo perché non è chiaro da dove verrà fuori il miliardo necessario, ma perché non si è affrontata di petto la questione delle moda­lità degli appalti, delle procedure, ecc. Trop­pi sono i casi di scuole che hanno iniziato ristrutturazioni finite nel nulla - come i tronconi di autostrada finiti per aria - per non considerare questa questione come prioritaria. Quando si sente di discussioni bizantine circa le modalità di gestione del­le ristrutturazioni, se da affidare ai singoli istituti o a gruppi territoriali di istituti di cui uno avrebbe la funzione direttiva, viene da tremare.

Concorsi e precari. Questa è la madre di tutti gli annunci: non si accederà al ruolo di insegnante se non per concorso. Peccato che questo accadrà dopo una colossale inforna­ta ope legis di precari, non è chiaro se del­l'ordine di 120.000 o più. Un paradosso de­gno delle filosofie antiche. Oltretutto, questa assunzione ope legis sarà un gigantesco tap­po che renderà virtuale il bando di nuovi concorsi: un infimo rivoletto contrabbanda­to per rivoluzione epocale. Di fatto, per mol­ti anni, non vi sarà spazio per l'ingresso di nuovi insegnanti, altro che "largo ai giova­ni". Certo, qualcosa si doveva fare, a fronte di graduatorie immense di aventi diritto, ma

una via era stata indicata a fine 2008 con l'introduzione del Tfa (Tirocinio formativo attivo), il ritorno ai concorsi, e la prospetti­va di ripartire a metà l'assunzione dei nuo­vi docenti tra giovani e iscritti alle gradua­torie. Il Tfa è stato strangolato e, dopo sette anni si ripropone il problema di assumere i precari d'un colpo solo. Non è colpa di que­sto governo, d'accordo, ma non si venga aga­bellare questa scelta come il trionfo della meritocrazia solo perché in un lontano fu­turo si tornerà a qualche sparuto concorso.

Assunzione degli insegnanti per merito. Il merito è il tema cruciale. Nulla si può obiet­tare contro il principio che un insegnante deve essere scelto per il suo merito. In linea di principio, neppure si può obiettare con­tro l'idea di attribuirne il potere al dirigen­te scolastico. A una serie di condizioni, che sono anni luce lontane dai propositi circo­lanti. La prima condizione è che il dirigen­te scolastico sia un solido competente, il pri­mo degli insegnanti della scuola per cultu­ra e autorevolezza: un vero e proprio presi­de e non un manager stile "dirigente Asi". Insomma, un personaggio ben diverso da quello disegnato dall'ultimo scandaloso con­corso per dirigenti scolastici: un mix di ca­pacità da quiz televisivo e di competenze tecno-didattiche-pedagogiche stabilite nei pensatoi ministeriali con stile da regime so­vietico. In secondo luogo, vi è qualcosa che occorre dire senza insopportabili ipocrisie: il nostro sistema, come in gran parte d'Eu­ropa, non è privatistico, ma è un sistema pubblico a prevalenza statale. Blaterare di "autonomia" come se le scuole fossero enti privati che si autofinanziano è una inde­cente presa in giro. Uno stato che paga un istituto non può non controllarne in qualche modo la gestione: vi saranno certamente isti­tuti in cui il preside agirà secondo criteri ineccepibili, altri in cui - pur essendo di in­discussa probità personale - si troverà sot­toposto a pressioni insostenibili. Vogliamo offrire un altro terreno di affari alla crimi­nalità organizzata? Il minimo che andrebbe previsto - senza tornare a centralismi mini­steriali - è una commissione di assunzione composta dal preside e da altri due prove­nienti da altre città. E' costoso? Le nozze non si fanno con i fichi secchi.

Carriera degli insegnanti per merito. An­che qui nascono obiezioni analoghe a quel­le sollevate al punto precedente, con due ag­gravanti. Su che basi saranno valutati gli in­segnanti per la progressione della carriera? Sulla base delle loro competenze nelle di­scipline d'insegnamento e della qualità del­la loro didattica, o sulla capacità di orga­nizzare attività collaterali o di sostegno, co­me è stato adombrato? Nel secondo caso, sarà premiato chi organizza ricerche sulla sostenibilità ambientale o sulla teoria del

gender e penalizzato il poveretto che ha "perso" tempo a seguire un corso universi­tario su argomenti di matematica o di lette­ratura. E chi valuterà? Il profilarsi delle fi­gure dei docenti "tutor" e "mentor" fa rab­brividire, in un paese in cui ogni incarico di­venta subito un privilegio castale. E' facile prevedere il formarsi di camarillas formate dal dirigente scolastico e dai suoi mentor che mettono all'angolo chi non si adegui al­le loro direttive didattiche pur se discutibi­li. Ci si dovrebbe mettere in mente che la va­lutazione dei docenti non può prescindere da un giudizio "peer to peer" (tra pari) de­rivante da commissioni composte oltre che

dal preside, da docenti di altre scuole e città, in modo da favorire, nel confronto, l'u­nico obiettivo che dà senso alla valutazione: la crescita culturale. E' costoso? Valga quan­to detto al punto precedente. Dicevamo di sperimentazioni nefaste, annunci di leggi abortite e ora di un collage di annunci fu­mosi. In verità, in mezzo a questa nebbia, l'u­nico nucleo che emerge come una conqui­sta politicamente condivisa a destra e sini­stra, l'unico solido trionfo (purtroppo) delle politiche berlusconiane è la scuola delle tre "i", che ormai tutti accettano. Vediamo co­me si configura la scuola delle tre "i" nella politica renziana degli annunci.

Internet. Neanche il più incallito dei con­servatori può negare la necessità di infor­matizzare la scuola. Ma c'è modo e modo. Pa­re che ora si prenda atto del fallimento del­l'introduzione delle Lim (Lavagne interatti­ve multimediali) e si proponga in cambio l'autonomia completa. Ogni istituto si digi­talizza come gli pare. Così avremo l'istituto dove si usa solo carta e penna, quello dove si preferiscono i computer, quello dove si opta per una miscela di libri e tablet, e quel­lo dove si adotta il tablet puro. Bisognereb­be poi vedere che tipo di tablet, perché se ogni studente fosse libero di scegliersi il suo modello, si perderebbe metà dell'anno a sta­bilire un linguaggio comune, per non dire del dramma di chi passi da un istituto a un altro ... Immaginiamo anche quale prolife­razione demenziale di "libri" e supporti di­dattici seguirebbe da una simile liberaliz­zazione. Non siamo fautori del modello ci­nese, in cui esiste un solo manuale di mate­matica per le primarie in tutto il paese, ma esistono vie di mezzo ragionevoli.

Coding. V'è un'altra dimensione del­l'informatica che si parla di introdurre nel­le scuole: lo studio dell"'informatica" come materia, attraverso l'addestramento ai pro­cedimenti logici che presiedono alla forma­zione dei programmi ("coding"). A parte che questa, se fatta seriamente, è roba di livel­lo universitario, si potrebbe accettare che i principi di base della programmazione ven­gano spiegati ai ragazzi, a condizione di non pretendere che ne diventino soggetti attivi.

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Di fatto, sembra che si tratti di un ristretto modulo di insegnamento di logica che, in as­senza di risorse, dovrebbe essere svolto dal­l'insegnante di filosofia. Così il minimalismo si associa allo scempio culturale, simile al­l'introduzione della materia "geostoria" nel­la riforma Gelmini. E qui è ancor peggio, perché si finisce col contrabbandare l'idea che la filosofia sia nient'altro che filosofia analitica - una visione che oltre a essere ob­soleta è comunque talmente discutibile da non poter essere introdotta di straforo per via burocratica.

rie giuridiche - e fin qui passi, a condizione che si dica chi "paga" nell'invariato monte ore - e altre da cui sarebbe meglio tenersi alla larga, come educazione alla cittadinan­za ed ecologia: l'educazione civica nasce dalla coscienza storica e non dalle prediche politicamente corrette. Più in generale, in questo confuso panorama, non si spende una parola per l'educazione al pensiero cri­tico. Qualche buontempone continua a voler far credere che questa educazione si ridu­ce alla capacità di risolvere problemi, il "problem solving". Peccato che, anche nel­la matematica, la scienza che dà più certez-

Inglese. La situazione è analoga a quella ze, esistono molti problemi che non si pos­dell'informatica e del coding. Un conto è sono risolvere ed è proprio riflettendo at­promuovere l'insegnamento dell'inglese a torno a questi problemi che si acquisisce un tutti i livelli, a condizione di farlo seriamen- pensiero critico e competenze scientifiche te con insegnanti adeguati. Ma qui si vuol fa- Coltre a cogliere il profondo legame tra la re molto di più, e cioè - seguendo sconside- cultura scientifica e umanistica). Ma di que­rate scelte che hanno adottato paesi a scar- ste "chiacchiere" sembra che non importi a so spessore culturale e che mai adottereb- nessuno. bero paesi con una più consistente tradizio-ne letteraria e culturale - insegnare intere materie in inglese. E' il cosiddetto Clii (Con-tent and language integrated learning). Qual-siasi cosa se ne pensi, anche una cosa del ge-

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nere non si realizza con i fichi secchi. Quan­do si apprende che l'insegnamento Clil di una materia dell'ultimo biennio delle scuole superiori è per ora sospeso per carenza di in­segnanti preparati, mentre il governo pro­spetta di introdurre una materia in inglese per il 3° e 4° anno delle scuole elementari, non si sa se ridere o piangere. Dove trovare i maestri destinati a insegnare matematica o

Edilizia? Non è chiaro da dove verrà fuori il miliardo necessario. E non si è affrontata la questione delle modalità degli appalti. Il dirigente scolastico sia un solido competente non un burocrate. Dare una coscienza nazionale agli immigrati attraverso l'insegnamento dell'italiano. Che c'è di vero?

storia a bambini di 8-9 anni che non sanno ancora parlare in italiano, mentre, d'altro la-to, si straparla di dare una coscienza nazio-nale agli immigrati attraverso l'insegnamen-to dell'italiano a scuola? Sembra di vivere in un film di Alberto Sordi.

Impresa. Ci inchiniamo al valore dell'im­presa, ma non siamo propensi ad accettare le teorie secondo cui la scuola si salva con­siderandola un'impresa, perché la cono­scenza non è un prodotto, gli insegnanti non sono produttori e alunni e famiglie non sono utenti. Non insistiamo su questo punto toc­cato molte volte perché tanto non c'è peg­gior sordo di chi non vuol sentire. Ciò non to­glie che l'idea di creare una connessione tra scuola e lavoro, attraverso un'alternanza tra didattica ed esperienze in azienda, è buona. Ma anche qui occorre essere chiari e di chiarezza non se ne vede punto, perché non sono precisate le modalità e i contesti in cui dovrebbero realizzarsi queste esperienze, e la loro differenziazione secondo i vari tipi d'istruzione. Oppure si vuole soltanto far passare la sciagurata idea secondo cui il ra­gazzo deve decidere cosa fare entro i 14 an­ni e usare la scuola come piattaforma di creazione di addetti per le imprese, a costo zero, secondo un tipico stile italico?

Nuove materie. La sensazione che si voglia sgretolare l'assetto disciplinare, colpendo le materie fondamentali, come matematica, storia, letteratura, scienze, si fa forte quan­do si prospetta un affollamento di altre ma­terie, come storia dell'arte, economia, mate-

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« Universiday» per studenti vetrina web della creatività

Il progetto

lì «Universi­day» è il progetto del Corriere della Sera che ha visto la luce l'ottobre scorso in collaborazione con gli atenei milanesi e con Miworld, Camera di Commercio e Comune

I; L'obiettivo è valorizzare la città come polo accademico internazionale e creare una comunità tra studenti

li A Milano ci sono 170.000 studenti (di cui 16.000 stranieri) iscritti in 12 tra atenei e accademie

Musica, fotografia, scrittura, videomaking e urban art. Sono 5 gli ambiti nei quali gli studenti possono mettersi alla prova, dando visibilità alle proprie idee e al proprio talento. Entra nel vivo il progetto Universiday del Corriere della Sera, nato l'ottobre scorso in collaborazione con gli atenei milanesi e con Miworld, Camera di Commercio e Comune, per valorizzare la città come polo accademico internazionale e creare una comunità tra studenti. Per partecipare basterà caricare entro il 15 aprile i propri contenuti sulla piattaforma di Universiday, realizzata in collaborazione con Zooppa (http:j/universiday. it/contests ). I migliori prodotti, selezionati dagli utenti del web e da una giuria di qualità, dalle canzoni ai racconti, dalle webserie ai reportage, verranno pubblicati sili sito di Corriere. it. I ragazzi avranno a disposizione una sala di registrazione con fonico, la realizzazione e la promozione di un ebook con il supporto di un editor professionista, la produzione di un servizio fotdgrafico con il supporto di un esperto e l'aiuto di un art director per realizzare un video professionale. La città della moda, del design e dell'arredamento, degli affari, dello shopping, del Teatro e, tra due mesi sede di Expo, non può nascondere la propria vocazione universitaria e creativa. Come testimoniano i 170.000 studenti, 16.000 stranieri, che ogni giorno frequentano i suoi 12 atenei e accademie. Un unico grande Campus sotto la Madonnina, una «città nella città», una seconda casa per i fuorisede.

Silvia Morosi ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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LA STAMPA

UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

Occupazione Un momento di una protesta studentesca all'interno della Università di Bologna

Il gip lascia agii anarchici l'aula occupata dal 1989 I pm: "Va sequestrata"

FRANCO GIUBILEI BOLOGNA

artelli appesi alla porta avver­tono che nell'aula Cdi Scienze politiche, occupata ininterrot­tamenté dal 1989, cioè dai tempi del movimento della Pantera, non sono ammessi poliziotti, fasci o giornalisti. In realtà i soli a poterci fare quel che vogliono - dalle assem­blee ai rave party a tutto volu­me che fanno imbestialire il vicinato - sono i collettivi anarchici. Nell'ultimo anno la situazione è degenerata, pri­ma con il blitz contro il profes­sor Angelo Panebianco, cui gli antagonisti hanno murato lo studio, e poi con l'aggressione al cronista del Resto del Carli­no in occasione della visita di Matteo Salvini al campo no­madi, lo scorso novembre. In entrambi i casi, sembra che i responsabili orbitassero in­torno all'aula occupata. Dai responsabili della Facoltà so­no partite le denunce per l'uso improprio degli spazi univer-

sitàri e si è mossa la Procura, che ha chiesto il sequestro pre­ventivo dell'aula c dopo che la polizia ha individuato una deci­na di studenti. Il gip però ha ri­gettato 'l'istanza e qui sono co­minciate le sorprese perché è stata la stessa Facoltà, nel 1995, ad autorizzare la gestione del­l'aula da parte degli occupanti, con tanto di regolamento.

Che poi, col passar del tempo, la cosa si sia trasformata fino agli eccessi degli ultimi anni, con le feste di autofinanziamen­to e i danneggiamenti, per il giu­dice non è stato sufficiente per configurare un reato, proprio alla luce dell'accordo di 20 anni fa. I pm chiederanno di nuovo il sequestro a Riesame, mentre l'Università si limita a commen­tare che aspetta di poter legge­re il provvedimento del gip. E gli occupanti hanno appena finito una tre giorni «contro ogni sor­veglianza», fra cenni di autodi­fesa legale e workshop anti-re­pressione. Naturalmente all'in­terno dell'aula c

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«Dai sindacati ! serve sensibilità ' diversa>>

.,% La trattativa sul rinnovo contrattuale dei bancari «è molto complessa». E «l'auspi­cio è che la nostra sensibilità» nel dire «non vogliamo fare un contratto a costo zero» siarece­pita dai sindacati. E che questi, «superata questa pregiudizia­le»,minimizzinolerichieste,ha

i spiegato ieri dopo l'audizione alla commissione Finanze del Senato il presidente di Mps e delegato Abi, Alessandro Pro­fumo.

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Nelle 221.476 ispezioni il 64,1% delle imprese presenta anomalie - Evasi contributi per 1,5 miliardi

Il sommerso cresce ancora Totalmente in nero 77.387 lavoratori, 181.629 le posizioni irregolari Claudio lucci ROMA

111:~t Cala il numero di aziende ispe­zionate (221476 nel 2014 contro le 235.122 dell'anno prima) e di irrego­larità (anche per la diminuzione del perimetro occupazionale). Ma il "peso" dellavoro sommerso cre­sce: su 181.629 lavoratori irregolari ben 77-387 sono risultati totalmen­teinnero, parial42,6% (nelz013 ci si attestava al 36% - un aumento di circa 7 punti che si spiega con un maggioreaffinamentodeicontrol­li, ma anche con la crisi che porta «inun'ampiapercentualedicasi»a eludere le regole).

I contributi e i premi inevasi ac­certatinel2014daministero delLa­voro, Inps e Inail si attestano su 1'5 miliardidieuro(inmedia,neglian­ni precedenti, circail 50% viene poi effettivamente incassato per via dei lunghi contenziosi). L'edilizia si conferma un settore "a rischio" con il 59% delle imprese controlla­te irregolari ( + 1 punto percentuale

La vigilanza 2014

Dati nazionali

Organi Aziende

rispetto al 2013) e Lombardia, Pu­glia e Toscana sono le Regioni con il maggior numero di lavoratori "non in regola".

La fotografia sull'attività di vigi­lanza in materia lavoristica è stata scattata ieri, a Roma, dal titolare, Giuliano Po letti, e dal dg per l' Atti­vità ispettiva, Danilo Papa. Il tasso di irregolarità sul totale delle im­prese ispezionate tocca quota 641 % (in linea con il 2013) a testi­monianza «di interventi mirati e che colpiscono le aziende più nei guai», spiega il ministro Poletti. Si tratta comunque di «un numero esagerato di irregolarità - replica il presidente della commissione La­voro della Camera, Cesare Damia­no-. Le aziende non vanno demo­nizzate. Chi viola è una quota mi­noritaria che pratica concorrenza sleale nei confronti della stragran­de maggioranza di imprese rispet­tose dileggi e contratti».

Focalizzando l'attenzione sul-1' attivit~ degliispettoriministeriali

i Rècupero I

Aziende Lavoratori I contributi e di controllo Ispezionate Irregolari irregolari I premi evasi I ' 140.173

Il tasso di irregolarità Circa 2 aziende ispezionate su 3 sono irregolari, in lineaconildato2013

74.745 73.508 100,5 +--- -----~

47.044 48.658 1.316,80

42,61% Il "peso" del lavoro nero Più di 4 lavoratori su lOirregolari sono in nero(+ 7 punti sul2013)

(in totale 3-806 unità, compresi i militari dell'Arma dei carabinieri) spicca come lo scorso anno sono state irrogate41.030 ma.xi-sanzioni perlavoronero;unfenomenocheè maggiormente concentrato in Pu­glia (5.225 multe), Campania (4.600) e Calabria (4.236).

Le irregolarità contestate ri­guardano «significativi illeciti di natura sostanziale» (non quindi meri errori formali). E si abusa an­che della cassa integrazione: su i.308 accertamenti definitinelzo14 sono emersi 393 soggetti irregolari (e c'è stato il riscontro pure di 95 «fattispecie penalmente rilevan­ti»). Stanno funzionando le conci­liazioni monocratiche: sono state avviate 28.565 pratiche, e ben 7-733 si sono concluse con esito positivo per lavoratore e azienda. La partita è ora l'arrivo dell'agenzia unica per le ispezioni, prevista dal J obs act. Il Dlgs è pronto - annuncia Poletti -. Martedì incontrerò i sindacati».

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Un avvocato ' . non e un notaio

e liberalizzazioni fanno bene al mercato perché pro­ducono una diminuzione dei costi per imprese e con­sumatori. Se, invece, riducono e compromettono la

certezza dei diritti, allora le liberalizzazioni fanno male a tutti. Per questo motivo, ogni slancio verso il sacrosanto obiettivo dell'apertura dei mercati va perseguito con ra­zionalità e chiarezza. Il disegno di legge approvato il 20

febbraio dal Consiglio deiministrinonsembrasempre es­sere improntato a questi principi. Di certo non lo è quando · prevede di affidare anche agli avvocati la possibilità di au­tenticare le scritture per la cessione di immobili non abita­tativi, di valore catastale fino a 10omila euro. La questione non è la possibile contrapposizione tra professionalità og­gettivamente diverse. La questione è invece di tutelare i cittadini e gli operatori, assicurando loro rispetto delle re­gole e la qualità del risultato. Ma estendere parte delle competenze dei trasferimenti di immobili non sembra af­fatto funzionale a garantire né le parti né la collettività.

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Lavoro e previdenza

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LA GUIDA

Jobs act, le novità su licenziamenti, Naspi e contratti

Una guida - invendita online a 2,69 euro -per spiegare la riforma del

diritto del lavoro che ha l'obiettivo di spostare il baricentro dei contratti sul rapporto a tempo indeterminato. Sotto esame le tutele crescenti che "bilanciano", infatti, la. possibilità di avere, da parte delle imprese costi !=erti e commisurati all'anzianità lavorativa, nel caso di licenziamenti illegittimi. La reintegrazione, per i dipendenti del settore privato assunti dopo l'entrata in vigore della disciplina attuativa del J obs act, è infatti limitata sostanzialmente ai licenziamenti qualificati come discriminatori e ai casi in cui in giudizio è provata l'inesistenza della violazione disciplinare. Insieme con le nuove regole sui licenziamenti, il Consiglio dei.ministri del 20 febbraio ha approvato, in via definitiva, la nuova misura di sostegno per la disoccupazione involontaria: rispetto all'Aspi i presupposti contributivi sono meno esigenti ma la misura dell'assegno Naspi è rapportato alla retribuzione degli ultimi quattro anni. La durata del sostegno, invece, è tarata non sull'età del lavoratore ma sulla sua anzianità lavorativa: l'obiettivo è quello di indurre il lavoratore a essere attivo nella ricerca di nuova occupazione.

Una parte dello speciale è dedicata alla riformulazione dei contratti: dalle regole sul lavoro a termine alla cancellazione delle collaborazioni a progetto.

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Per beneficiare della nuova indennità di disoccupazione i lavoratori devono partecipare ai progetti di reinserimento

Senza riqualificazione addio Naspi Necessario anche rispettare i tempi limite previsti per richiedere il sussidio

Antonino Cannioto Giuseppe Maccarone

A partire da maggio, chi resterà senza lavoro per cau­se non dipendenti dalla pro­pria volontà riceverà la Na­spi. La neonata indennità pre­vista per chi è privo di occupa­zione, non ha di nuovo soltanto il nome ma si disco­sta dalla precedente Aspi per una serie di elementi. Tra tutti spicca la concreta volontà di fornire un sussidio di maggior entità a chi negli anni ha ver­sato più contributi.

Tuttavia, la regolamenta­zione del trattamento di so­stegno al reddito non dimen­tica di penalizzare coloro che non si allineano, alle previsio-

le caratteristiche

01 I REQUISITI Per accedere alla Nuova assicurazione sociale per l'impiego servono 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti la perdita dell'impiego e 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti

02 I DURATA Il sussidio viene erogato per la metà delle setti man€ di contribuzione che si possono far valere come requisito. Quest'anno e l'anno prossimo, quindi, la durata massima sarà di 104 settimane, ma dal 2017 non potrà comunque superare le 78 settimane, ossia un anno e mezzo

ni normative. E il caso, per esempio, di chi non partecipa regolarmente alle iniziative rivolte a favorire la ricolloca­zione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professio­nale proposti dai servizi competenti, vale a dire i cen­tri per l'impiego e gli altri or­ganismi autorizzati o accre­ditati a svolgere queste fun­zioni, in conformità alle nor­me regionali e delle Province autonome.

Sarà compito, poi, del de­creto delegato che verrà ema­nato ai sensi della legge dele­ga J obs act (legge 183/ 2014), di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro ,e di politiche attive. Trai prin­cipi posti dalla legge delega, figura anche quello che pre­vede la creazione di un'agen­zianazionale per l' occupazio­ne a cui verranno at,tribuite, tra l'altro, competenze ge­stionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e Aspi (domani Naspi).

Contravvenire alle regole proposte dagli organismi de-

putati a fornire formazione e ricollocazione lavorativa potrà comportare la perdita del sussidio anche se, per avere la certezza sulle conse­guenze della mancata attiva­zione dei lavoratori, occor­rerà attendere l'emanazione di un apposito decreto mini­steriale. Non trattandosi di una novità assoluta si spera che nel breve/medio perio­do, stante il riassetto degli uf­fici a cui le politiche attive del lavoro verranno deman­date, si pervenga a un' effetti­va applicazione della condi­zionalità rispetto a quanto fatto sino a oggi.

Il decreto che introduce la Naspi riporta anche le cause di decadenza dall'indennità. La prima di esse si aggancia alla presentazione della do­manda. Chi desidera ricevere l'aiuto deve, infatti, trasmet­tere all'Inps una domanda en­tro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il ter­mine di presentazione è fissa­to a pena di decadenza. Si per­de il diritto alla prestazione

anche nel caso in cui la do­manda telematica, tesa a otte­nere la liquidazione in unica soluzione dell'indennità (in­centivo all'autoimprendito­rialità), sia inoltrata oltre i 30 giorni dalla data di inizio dèl­l'attività lavorativa autono­ma o di impresa individuale o da quella di sottoscrizione di una quota di capitale sociale della cooperativa.

Vi sono altre cause di deca­denza in cui si può incorrere durante la fruizione della pre­stazione. È previsto che il la­voratore perda il diritto a rice­vere la Naspi se viene meno lo stato di disoccupazione; se inizia un'attività di lavoro su­bordinato, autonomo o in for­ma di impresa individuale senza darne comunicazione all'Inps. Inoltre, non ha più di­ritto al sostegno economico chi raggiunge i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, ovvero chi acqui­sisce il diritto alla pensione ordinaria di invalidità; in que­st'ultimo caso, tuttavia, è fatto salvo il diritto del lavoratore di optare per la Naspi.

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COBBIEBE DELLA SEBA

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di Lorenzo Salvia

Paletti apre sulle pensioni dei «:nuovi» esodati

S e ne parla dall'inizio del governo Renzi, un anno fa. E forse sulle

pensioni è arrivato davvero il momento di cambiare

qualcosa. <<Abbiamo un problema sul piano sociale ed è nostro dovere affrontarlo. Appena saremo nelle condizioni di aprire un confronto lo faremo» dice Giuliano Poletti. La questione, spiega il ministro del Lavoro, riguarda quelle «Persone che perdono il posto quando sono avanti con fetà ma non hanno ancora raggiunto i requisiti per~ trattamento previdenziale». Un buco fra stipendio e pensione che abbiamo già visto con gli esodati e che rischia di allargarsi con l'andare degli anni. Poletti ha parlato alla presentazione del rapporto sull'attività degli ispèttori di ministero, Inps e Inail. In

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tutto il 2014 sono state controllate 220 mila aziende: quelle irregolari erano il 64,1%. Più di una sue due. Un dato a prima vista incredibile ma in realtà in linea con quello del 2013. E che sì spiega con il fatto che i controlli sono mirati, quindi con buone probabilità di trovare qualche stortura. Colpisce, piuttosto, il numero sui lavoratori in nero: 77 mila, comunque tanti ma in calo del 10% rispetto all'anno prima. Una tendenza «connessa alla contrazione occupazionale», spiega il documento degli ispettori. Non c'è lavoro. Neanche in nero.

~1/1 lorenzosalvia ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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la Repubblica Data 27-02-2015 Pagina 4 Foglio 1 / 2

Tg, aniva il concorso peri direttori La rifonna delle news voluta da Gubitosi: ci si potrà candidare alla guida delle testate giornalistiche Le redazioni nazionali saranno ridotte a due, potenziata RaiNews24. ll no dell'Usigrai: "Così non si cambia"

ALDO FONTANAROSA

ROMA. Diventare direttore delle news della Rai per concorso, o quasi. Nel piano di riforma del­l'informazione - approvato ieri dal Consiglio di Viale Mazzini con 5 voti a favore e tre contrari - en­tra anche questa novità, sugge­stiva, simbolica. Il vertice di Viale Mazzini segnalerà i "posti vacan­ti" nelle testate, anche i più pre­stigiosi, in un sito creato ad hoc. E giornalisti interni ed esterni po­tranno inviare il curriculum, la lo­ro candidatura.

Il merito dell'innovazione è so­prattutto dei parlamentari della Commissionechevigilasulla tvdi Stato. I quali l'hanno suggerita nella loro delibera del 12 feb-

L'impostazione dell' ad confortata da un parere legale: "Pluralismo non è spartizione delle reti"

braio. VaanchedettochelaRaiha

Renzi lavora alle nuove regole per la Raie guarda a Grillo: "Su questo tema lo ascolterei volentieri"

già adottato questo modello di se­lezione per i capiredattori di 5 se­di regionali, tra cui Trento e Fi­renze. Oralalogicadelleselezioni pubblichesiallargaalleredazioni nazionali, che diventeranno sol­tanto due. La prima newsroom unirà il Tgl, il Tg2 e Rai Parla­mento mentre la seconda il Tg3, il canale di sole notizie RaiNews · 24 e la testata regionale Tgr.

Il piano del direttore generale Gubitosi conferma, come già nel­le sue versioni provvisorie, che tutti i marchi resteranno in cam­po. In pratica, il telespettatore .a casa continuerà à vedere i noti­ziari del Tgl (sulla prima rete) o del Tg3, sullà terza. Ma dietro le quinte le novità saranno impor­tanti. Tgl, Tg2 e Rai Parlamento - che diventeranno una sola en­tità - non avranno più tre reda­zioni perseguire la politica, la cro­naca o gli esteri. In campo ci sarà una redazione unica per la politi­ca, una sola per la cronaca, e così via.

Per evitare un deficit di infor­mazione, la tv di Stato darà più mezzi e benzina al suo canale di sole notizie (Rai News 24), che si.

arricchirà di telegiornali locali (diversi in ogni regione italiana). Perdarevitaaquestomixdiinfor­mazione nazionale e regionale, Rai News 24 dovrà trasferirsi su un'altra delle reti di ripetitori di Viale Mazzini (che dovrà essere "segmentata") .Anchequestava­lorizzazionedellenewslocaliere­gionali è stata chiesta dalla Com­missione di Vigilanza Rai. Novità e tagli infine sul fronte delle pol­trone. Negli attuali tg ci sono 32 vice-direttori (di cui 29 attivi, no­minati). Si ridurranno a 12.

. Ma la Vigilanza preme anche perché il nuovo assetto dei tgnon. comprometta il valore supremo del pluralismo delle idee. A que­sto proposito, i consiglieri della televisione di Stato hanno ricevu­to unformalepareredeldirettore dell'Ufficio Legale della Rai, Sal­vatore Lo Giudice (di cui sono in possesso anche svariati parla­mentari). Il parere dà un pieno via libera al piano Gubitosi che non C:omprime - sostiene - la ric­chezza dell'offerta informativa. Lo Giudice si muove sulla linea della sentenza 03897 del Consi­glio di Stato che, tra le righe, I' an­no scorso, ha demolito lassetto

attuale delle news. Ha scritto la sentenza, e ripete adesso il pare­re, che il pluralismo non significa dare voce ai cattolici sul Tgl, ai conservatori sul Tg2 e ai progres­sisti sul Tg3. Una visione virtuosa richiede a tùtte le testate di rap­presentare ogni posizione politi­ca e culturale. E Lo Giudice spiega anche ·che la riforma delle news, 70 mUioni di risparmi, rientra tra le decisioni urgenti.

Sullariformacala però il "veto" dell'Usigrai: «Una riforma per non cambiare», la definisce il sin­dacato, perché «non interviene su elementi chiave come l'infor­mazione di rete, la presenza sul territorio e sul web».

SeViale Mazzini tenta la stra­da dell'auto-riforma, anche la po­litica si muove. Il premier Renzi lavora ventre a terra alle nuove regole per la Raie il sistem;;i tv, e intanto guarda a Grillo: «E una persona che ascolterei volentieri su questo tema, lui che è stato al­lontanato dalle reti pubbliche», nella sua precedente vita di comi­co. In mattinata, Grillo si era espresso per una riforma della"tv di Stato in termini non così lonta­ni da qt\elli cui pensa il monçio renziano.

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la Repubblica

m!DParlqmento

LA PRIMA NEWSROOM Unirà il Tgl, i1Tg2 e Rai Parlamento. I marchi saranno preservati, anche pet evitare una dispersione degli ascolti. Ma la redazione sottostante sarà unica

CINews24 LA SECONDA NEWSROOM Salderà il Tg3, Rai News 24 e la testata regionale Tgr. Ma i tempi non saranno immediati Soltanto nel 2016 tutte le sedi della Tgr avranno completano il passaggio al sistema digitale necessario all'unificazione

I CONDUTTORI I volti storici del T g 1 continueranno a leggere il telegiornale della prima rete e non potranno condurre il Tg2 La misura .serve a tutelare l'identità dei marchi nel nuovo assetto unitario

ILAVORIASAXARUBRA L'unificazion'e delle redazioni richiederà lavori nella sede di Saxa Rubra, dove oggi gli spazi sono frammentati La tv pubbljca inglese Bbc raccoglie i giornalisti in un edificio comune

VERRO IN CDA:"NIENTE DI CUI VERGOGNARMI" Chiamato a giustificare la sua lettera a Berlusconi del2010con accuse a ben 8 programmi Rai anti-governativi, ora Verro ribatte: "Denunciavo lo stesso in pubblico"

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Inaccettabile l'adempimento posto ancora a carico dei professionisti

Jobs act, nuovi obblighi Previsto il monitoraggio delle conciliazioni DI FRANCESCO LoNGOBARDI

PRESIDENTE ANcL

Con l'art. 6 comma 3 del decreto sulla di­sciplina delle tutele crescenti come sino­

ra anticipato, viene intro­dotta una nuova sanzione a carico del datore di lavoro e un nuovo adempimento a carico dei consulenti del la­voro, il tutto per alimentare l'operatività di un'altra esi­genza della pubblica ammi­nistrazione.

3. Il sistema permanen· te di monitoraggio e valu­tazione istituito a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il mo· nitoraggio sull'attuazione della presente disposi· zione. A tal fine la comu· nicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all'ar· ticolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, è integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella qua· le deve essere indicata l'avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui al comma 1 e la cui

omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l'omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis. Il modello di tra· smissione della comuni· cazione obbligatoria· è conseguentemente rifor· mulato. Alle attività di cui al presente comma si provvede con le risor· se umane, strumèntali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori· oneri per la finanza pubblica.

Pare oltremodo inaccetta­bile la persistente volontà del legislatore di percorrere la strada delle progressive complicazioni, il luogo della auspicata e solo paventata

semplificazione. Tale prov­vedimento si inserisce nella filosofia affatto condivisibile e già ampiamente rappresen­tata agli organi di governo, per la quale l'intermediario va considerato telelavoratore della pubblica amministra­zione.

Si invitano pertanto quanti nel loro potere a intervenire da subito per la cassazione di tale provvedimento, pre­vedendo che la necessità di monitoraggio delle concilia­zioni possa essere soddisfatta direttamente dalle commis­sioni stesse che dispongono fisiologicamente dei dati inerenti le conciliazioni con­cluse e non concluse.

Si auspica in proposito che si voglia dan~ un concreto segnale di coerenza e oppor­tunità.

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Data 27-02-2015 Pagina 42 Foglio 1

Il demansionamento, previsto dal Jobs act si applica anche alla p.a. Il demansionamento previsto dal terzo decreto attuativo della legge 18312014 (Jobs act) si applica anche al lavoro pubblico, pur se con diversi problemi. Come per la modifica alla disciplina dei licenziamenti indivi­duali, anche la modifica implicita all'articolo 13 dello Statuto dei la­voratori, pone il problema della sua este:iJ,dibilità anche ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Probabilmente il governo, per coe­renza con quanto sin qui dichiarato in merito agli effetti delle modifiche all'articolo 18 sul lavoro pubblico, affermerà che le modifiche alla di· sciplina delle mansiQni non valgano pèr il settore pubblico. Tuttavia, finché non si dimostri che le dichia­razioni e i comunicati stampa non assurgono a fonti di diritto, le di­sposizioni normative vigenti stabi­liscono altro. Tali disposizioni sono due, molto precise e si ritrovano nel dlgs 165/2001, cioè il testo unico sul lavoro alle dipendenze delle ammi­nistrazioni pubbliche.

La prima è l'articolo 2, comma 2, ai sensi del quale «i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazio­ni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell1impresa, fatte salve le ·diverse disposizioni contenute nel presente decretò, che costituiscono disposi­zioni a carattere imperative». Poiché l'articolo 13 'dello Statuto dei lavora­tori regola il contenuto dell'articolo 2013 del codice civile, ogni modifica

a queste disposizioni influisce diret­tamente sulla disciplina del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato. Ne dà conferma la seconda disposi­zione deld]gs 165/lOOl, l'articolo 51, eorrmtà 2, a mente del quale «la legge 20 maggio 1970, n.300, e successive modificazioni e integrazioni, si appli­ca alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipen­denti». Ogni modifica, dunque, allo Statuto dei lavoratori, dispone la legge di disciplina del lavoro pubbli­co, si riverbera automaticamente sul rapporto di lavoro pubblico.

Non vi sono, per altro, disposizio· ni normative derogatorie alla disci­plina del demànsionamento, tali da far ritenere che nel lavoro pubblico possano vigere regole differenti. In effetti, l'articolo 52 del dlgs 165/2001 disciplina in via particolare solo l'at­tribuzione delle mansioni superiori, peraltro in modo da vietare che, nel lavoro pubblico, lo svolgimento di mansioni superiori oltre il termine fissato comporti l'acquisizione au· tomatica del.livello superiore, come avviene nel privato. Esiste, poi, 1U1a disciplina del demansionamento, re­peribile nell'articolo 34, comma 4, sempre del dlgs 16512001, ma con un fine del tutto diverso da quello p:re­Visto dal terzo dec:reto attuativo del Jobs,act. Questo,.infatti; consente il demansionamento ~<in caso di modi­fica degli assetti organizzativi azien· dali che incidono sulla posizione del lavoratore». Uarticolo 34, comma 4, citato, invece si applica ai dipendenti pubblici in esubero ed inseriti nelle

liste di disponibilità, per facilitare l'assunzione in mobilità presso enti, appunto accettando di scendere di una categoria di inquadramento, con effetti sullo stipendio, che, invece, in teoria il Jobs act non prevede.

Se, allora, il quadro normativo indica che la disciplina del deman­sionamento si estepde alla pubblica amministrazionè, sicché per evitarlo occorrerebbe una legge di modifica degli articoli 2, comma .2, e fH, èQm­ma 2, del dlgs 165t.mo1, si debbono evidtinziare i problemi operativi che deriverebbero dall'applicazione del­la norma approvata dal Consiglio dei ministri. Essa, infatti, mira a man­tenere intatto il livello retributivo, pur in presenza di mansioni inferio· ri. Applicare simile regola nel lavo· ro pubblico può rivelarsi non così semplice, perché <fccorrerebbe di­mostrare alla Corte dei conti o altri organi di controllo di ben operare la gestione del denaro pubblico; con­tinuando a pagare a un Iavorat()f'e un certo tipo di trattamento econo­mico, chiedendogli però di svolgere un lavoro proprio di una categoria professionale inferiore.

È vero che questo potrebbe deter­minare l'abbassamento del salario accessorio legato in particolare ai risultati connessi proprio ai pro­getti di· produttività a loro volta connessi con la qualità delle man­sioni prestate, tuttavia si potreb· be trattare di risparmi non molto significativi, tali da non giustifica­re il demansionamento sul piano strettamente finanziario. Luigi Oliveri

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Bersani sgambetta Renzi su Italicum e Jobs Act L'ex segretario guida gli anti Matteo: «Non voterò la legge elettorale e la riforma del lavoro e incostituzionale». Nasce la corrente dei fedelissimi del premier: cento parlamentari

di Laura Cesaretti Roma

aunlatolafrondainagitazione, cheminacciarappresaglieanti­Renzisu tuttiifronti: dallaRaial­

l'Italicum al decreto Popolari, su cui an­cheFassina&Co.fannopiovereemenda­menti. Fino alla diserzione della riunio­ne dei parlamentari convocati da Renzi, annunciata da Bersani e imitato da molti altri dellaminoranzaPd: «Non ci sto a fa­reilfigurante», tuonai' exsegretariodeci­so a riprendersi almeno la leadership de­gli anti Renzi. Dall'altro il corpaccione renzianonelPdche si organizza, siraffor­zae allargala baseparlamentarepropre­mier, come si intuiva mercoledì sera al­l'affollata primaassembleadi «Spazio de­mocratico»,ilneonato «correntone» filo­Matteo. E lo stesso Renzi replica diretta­mente agli oppositori: «N essunohala ve­rità in tasca e nessuno vuole ricomincia-

Scatta anche l'offensiva sul fronte delle Popolari con una pioggia di emendamenti

re coni caminetti ristretti vecchia manie­ra: noi siamo per il confronto, sempre».

Insomma, il Pd è squassato da spinte contrapposteedacuriosiribaltamentidi fronte: ora, per esempio, è la minoranza a sperare ardentemente di poter siglare un «patto» con Silvio Berlusconi perriu­scire ad affossare lanuovalegge elettora­le. L'Italicum tornerà prima dell'estate a Montecitorio, eil premiervuolechesiala lettura definitiva (l'Italia è l'unico paese occidentale privo di legge elettorale). La minoranza - terrorizzata dalla possibile decimazione - vuole bloccarla, e lo stes­so Bersani va annunciando in giro: «lo quel pasticcio non lo voterò mai». E an­che sulJ obsAct attacca: «Fuori dall' ordi­namento costituzionale». Ma i voti della frondanonbastano,esullaleggeelettora­le la speranza è riposta nella Boldrini (che può assicurare copertura ai franchi tiratori col voto segreto) e soprattutto in Berlusconi, cheimessidellasinistrastan­no cercando, per vie traverse, di convin­cere a rinunciare ai capilista bloccati e far saltare l'Italicum.

In questo clima è nata l'iniziativa di un gruppo di renziani doc come Delrio, Ri­chettieRughetti: non unacorrente, giura­no (anche perché Renzi di correnti non vuol sentir parlare: «Ce ne sono troppe, e

lecorrentinonlefalamaggioranzainun partito»), ma un «laboratorio di idee». E certo non un raggruppamento «catto­renziano», come qualcuno l'ha bollato. Le adesioni, spiegano, sono arrivate da ogni parte: exSceltacivicacome Marane Romano, ex dalemiani come Agostini e Tidei, veltroniani come Verini e Moras­sut, cattolici democratici come Bazoli e Senaldi, exbindiani, exlettiani, exPpico­me Fioroni, ma anche i fuoriusciti di Sel. In tutto, calcolano, più di un centinaio di parlamentari. Dal Piemonte, anche Ser­gio Chiamparino benedice - con un filo d'ironia -la «intelligenteoperazioneneo­morotea».Adareilsegnaledellanonosti­lità renziana - ma anche a depotenziare l'idea che si tratti di una corrente - erano presenti alla riunione anche i numeri due del premier-segretario, Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Nel dibattito si è respi­ratala tensione che si vive nei gruppi par­lamentari rispetto alla costante fronda antigoverno dellaminoranzaPd. Malu­more renziano verso il capogruppo, Ro­berto Speranza: «È la prima volta che al­za la voce in un'intervista, e guarda caso lo fa contro il governo», ha denunciato un deputato. «Ha mai alzato la voce tutte levolteincuilaminoranzahannovotato contro le indicazioni del gruppo? Strano modo difareil capogruppo».

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IL ·'"~MATTINO me. Purtroppo, proprio in materia fiscale lo Stato ha la pessima abitudine dimet­tere i contribuenti gli uni contro gli al­tri. Lavoratori dipendenti contro auto­nomi. Percettori di reddito da lavoro

contro quelli da capitale. Lavoratori contro pensionati. E via proseguendo. Eviti ora di confondere la tutela di chi collabora con la giustizia con la dela­zione di massa. Perché quest'ultima è

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da sempre il sistema con cui autocra­zie politiche e religiose hanno allevato sudditi tremebondi, non cittadini con­sapevoli.

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i I conti in tasca con le nuove regole da marzo

Tfr in busta paga, ecco a chi conviene Marco Esposito

una semplice richiesta all'uffi­cio del personale della propria azienda. Non sono soldi in più -l'aumento è l'anticipo del Tratta­mento di fine rapporto - tuttavia siamo di fronte a un'opzione

che può diventare molto vantag­giosa per i lavoratori dipendenti del settore privato, soprattutto se consente di evitare di inde bi­tarsi, con benefici sulle finanze familiari che sono evidenti sui

redditi bassi e che appaiono sen­sibili anche su quelli fino a 55.000 euro annui. La novità scatta dal primo marzo e il bo­nus dura fino alla metà del 2018. LI occasione è ghiotta e non

ha precedenti: ottenere un aumento in busta paga con

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>Segue a pag. 13

Tfr in busta, ok se ci si libera dei debiti Dal primo marzo è possibile l'aumento di stipendio, ma occhio alle tasse

Marco Esposito SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Gli unici che non devono farsi tentare dalla novità sono i ludopati: i malati del gioco compulsivo butterebbero in videopoker ogni euro guadagnato. Per tutti gli altri ecco, caso per caso, come funziona l'anticipo del Tfr e a chi conviene davvero.

Quando. La domanda può essere presen­tata dal primo marzo. Il Tfr che maturerà da quel momento in poi sarà inserito in busta paga senza possibilità di ripensamenti fino al 30 giugno del 2018, quando si conclude questa interessante sperimentazione intro­dotta dal governo Renzi.

Come. È sufficiente una «istanza di acces­so» da presentare all'ufficio del personale della propria azienda. Possono farla tutti i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi agricoli, domestici e chi ha meno di sei mesi di servizio). Sono esonerate le azien­de in crisi.

Tfr o fondi pensione'? La liquidazione, o trattamento di fine rapporto, è una sorta di risparmio forwso. Sono cioè soldi del lavora­tore che l'azienda trattiene o per restituirli con gli interessi alla conclusione del rappor­to di lavoro o per versarli in un fondo di previ­denza, secondo la scelta del lavoratore. La prima opzione - quella preferita dalla mag­gioranza dci dipendenti - è in effetti la più oculata perché il Tfrviene incassato nel mo­mento in cui si interrompe il lavoro, il che può accadere molto prima dell'età di pensio­ne. Per esempio un lavoratore di 50 anni con 30 anni di servizio che vede la propria azien­da chiudere, se incassa la liquidazione può avviare un'attività in proprio, mentre se ha scelto il fondo pensione non rivedrà i suoi

soldi prima dei 67 anni. L'anticipo del Tfr in busta paga può effettuarlo sia chi ha scelto il Tfr tradizionale sia chi ha preferito i fondi.

La tassazione. Oggi il trattamento di fine rapporto è soggetto alla tassazione separata, cioè non si somma al reddito ordinario dell'anno. Ciò consente di applicare un'ali­quota pari al 23% peri primi 15.000 euro e al 27% per la quota tra i 15.000 e i 28.000 euro (di rado si va oltre). Con l'anticipo in basta paga, invece, i due redditi si sommano e la tassazione quindi diventa quella più alta in rapporto al reddito lordo annuo. In parole semplici, solo per redditi bassi, entro i 15.000 euro, c'è la certezza di non pagare più tasse e quindi conviene anticipare il Tfr e au­mentare il proprio tenore di vita. Ma non è detto che l'operazione non sia conveniente per redditi elevati.

Tfr o prestito'? Facciamo un esempio concreto su un reddito di 25.000 euro lordi. Il Tfr è pari al 6,91%ecioèa1.727 euro lordi. Portarli in busta paga significa farseli tassare al 27% e non al 23% e cioè pagare 466 e non 397 euro di tasse. Pur con l'aggravio di impo­ste, sono sempre 105 euro netti al mese. Se tali soldi non sono indispensabili, possono restare serenamente nel Tfr. Ma se i 105 euro sono utili - e per moltissimi lo sono - il con­fronto di convenienza va fatto con l'alternati­va di un prestito. La maggiore imposta, infat­ti, è di appena 4 punti percentuali e a quel tasso non c'è alcun prestito (eccetto i mutui, ma per importi molto diversi). Chiedere un finanziamento equivalente ai 105 euro al me­se, infatti, costa il 12,54% con la cessione del quinto e il 12,02% con un credito finalizzato. Farsi «prestare» i soldi da se stessi pagando il 4% invece del 12% è di lampante convenien­za.

Redditi bassi. Fino a 15.000 euro non c'è

alcun dubbio: incrementare la propria bu­sta paga è sempre vantaggioso, anche per­ché in questa fase di tassi di interesse molto bassi né i fondi pensione né il Tfr offrono ren­dimenti appetibili. Tra i 15.000 e i 28.000 eu­ro l'aliquota fiscale del 27% non è così lonta­na da quella del 23% per cui la convenienza è sostanzialmente intatta e diventa ancora più netta se l'incremento della busta paga consente di scongiurare un indebitamento.

Redditi medi. La convenienza resta evi­dente per molti redditi medi e medio alti, sempre se il confronto lo si fa con talune for­me di finanziamento. Per esempio un reddi­to di 40.000 euro lordi matura un Tfr di 2. 764 euro.Anche considerando l'aliquota piutto­sto salata, quella del 38%, restano 1. 714 euro all'anno ovvero 143 euro netti in più al me­se. È vero che il 38% di tasse è ben più caro del 23% però i 15 punti di differenza si con­frontano con il 15,96% che costa in media uno scoperto di conto corrente oppure con il 16,90% di un acquisto effettuato con una carta di credito del tipo revolving.

Redditi alti. Oltre i 55.000 euro di reddito lordo scatta un'aliquota del41 % (che sale al 43% oltre i 75.000) e cioè si pagano 18-20 punti in più rispetto al23% base. Chi ha biso­gno di incrementare momentaneamente il proprio tenore di vita può ricorrere con mi­nore spesa a una cessione del quinto dello stipendio, cercando bene però l'offerta più conveniente: il tasso (Taeg, quello compren -sivo di tutti i costi) su tale tipologia di prestiti in media è del 12,54% ma la soglia di usura arriva al 19,67% per cui ci sono banche e fi­nanziarie che possono chiedere un interes­se non lontano dal 20%. E in quel caso, se non si trova un'offerta migliore, il ricorso al Tfr torna un'opzione ragionevole pur di evi­tare di indebitarsi a tassi (quasi) da strozzini.

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IL ·'"~MATTINO

Tfr, a chi conviene portarlo in busta paga Il Tfr (trattamento di fine rapporto) è pari al

6,91°/o della retribuzione lorda annua

RENDIMENTO ATIUALE TASSATO

quota fissa

Il rendimento annuo lordo è pari a

1,5 punti fissi più l'inflazione delle famiglie di operai e impiegati

11o/o quota variabile

ali' totale

Fascia di reddito aliquota Convenienza Tfr Casi in cui applicata in busta paga è conveniente

0-15.000 euro 23% SEMPRE

15-28.000 euro 27% TALVOLTA Quando consente di evitare un prestito

28-55.000 euro 38% TALVOLTA Quando consente di evitare un prestito a un tasso (Taeg) di almeno il 15%

oltre 55.000 euro 41/43% MAI

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TASSI ATTUALI SUI PRESTITI (Taeg medio rilevato dalla Banca d'Italia)

tipologia importo

Credito revolving Unl);l!'S.òòò

Scoperti senza affidamento lln:111~J.5.0P

Scoperti senza affidamento tjltré1,soo

Credito revolving qtttn·ADQ

Cessione del quinto tifi .. ìi·a· 5 .. 000

Credito finalizzato 1iìiò~<i·D~ll

Crediti personali qµatsiasi

Cessione del quinto

Apertura di credito in c/c li'~'Q,·a,5,DOD

Apertura di credito in c/c l)Jtì:.~l'!,IJ'Oo

Credito finalizzato ì!ltr:e;S:ODQ

Anticipi e sconti fi!1J:ta5;0DO ·

Anticipi e sconti oltf\!5.DDO

Mutuo a tesso fisso qualgias!

Mutuo a tasso variabile qualsiasi

tasso

16,90

15,96

15,10

12,68

12,54

12,02

11,99

11,64

11,62

9,97

9,69

9,61

8,05

4,50

3,47

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Primo esperimento nella Pa nel mirino anche i ritardatari Mail criptate per segnalare i «furbetti del tornello>>

ROMA Rossella Orlandi nella sua circolare agli uffici è stata chiara. Nel programma di «whistle­blowing» dell'Agenzia delle Entra­te non andranno segnalati solo fat­ti che costituiscono reati. Anzi. L'elenco dei possibili illeciti che i dipendenti del Fisco potranno de­nunciare è lungo. C'è per esempio laccesso indebito al sistema infor­matico dell'Agenzia delle Entrate nel quale, è bene ricordarlo, sono contenuti dati sensibili dei cittadi­ni, dalle loro dichiarazioni dei red­diti fino ai saldi dei conti correnti. Si potranno, poi, denunciare an­che i furbetti del tornello, quelli cioè che commettono «irregolari­tà nell'attestazione delle presenze in ufficio», ossia che in pratica tim­brano il cartellino e poi sparisco­no. Ed ancora, i rapporti troppo stretti tra uno sceriffo del Fisco e un contribuente o un consulente, comportamento questo conside­rato sintomo di possibile corruzio­ne.

Così come sarà considerato «so­spetto» chi chiede continuamente informazioni su un determinato fa­scicolo. Interessante anche un al­tro inciso contenuto nella circola­re. Non sarà necessario che il di­pendente «abbia lassoluta certez­za dei fatti denunciati», basterà che alla base della segnalazione ci sia un «fondato sospetto». Nella circolare è spiegato poi, che la se­gnalazione dovrebbe essere firma-

ta, perché rappresenta «un mo­mento di effettiva realizzazione del senso civico del dipendente».

Senza tralasciare il fatto che il nome e il cognome di chi ha spor­to la denuncia rimarrebbero sem­pre tutelati dal segreto, protetto an­che attraverso un sistema crittogra­fato di comunicazione via mail. Tuttavia, precisa il manuale, an­che le segnalazioni anonime sa­ranno prese in considerazione. Ma chi sarà a ricevere le mail e le lettere con le soffiate? Potranno es­sere indirizzate al responsabile del­la prevenzione della corruzione. I dipendenti, insomma, potranno scavalcare il proprio superiore ge­rarchico, anche perché chi fa la sof­fiata potrebbe ritenerlo in qualche modo implicato, per esempio per non aver controllato adeguata­mente i suoi sottoposti.

La denuncia potrà essere invia­ta anche direttamente all'Agenzia anti-corruzione, l'organismo gui­dato dal super-magistrato Raffae­le Cantone. I funzionari che de­nunciano casi di presunta corru­zione, infine, non potranno in nes­sun modo essere discriminati. Non potranno cioè, subire azioni disciplinari ingiustificate o altre forme di molestia sulluogo dilavo­ro, così come non potranno subire ritorsioni di carattere organizzati­vo come per esempio può essere un trasferimento ingiustificato da un ufficio ad un altro.

«Non POSSO

che plaudire a questa iniziati­va, che auspico possa estender­si e ritengo parti­colarmente uti­le».Èquantoaf­ferma il presi­dente dell'Auto­rità Anticorru­zione, Raffaele Cantone. Ri­spetto alle ga­ranzie per il di-pendente «Voglio precisare un punto», aggiunge Cantone: «Si trat­ta di garantire non l'anonimato, ma la riservatezza». L'Autorità da lui guidata, tra laltro, si è già mos­sa su questo fronte, attivando una procedura specifica grazie alla quale i dipendenti pubblici posso­no inviare segnalazioni attraverso un'email che garantisce totale ri­servatezza. «Ene abbiamo già rice­vute un certo numero», afferma Cantone. È di pochi giorni fa inol­tre un protocollo d'intesa con la Re­gione Lazio. Più in generale «ab­biamo cominciato ad adottare - ag­giunge Cantone - linee guida in materia che sono ora in consulta­zione sul nostro sito e abbiamo in­viato anche agli enti, per una valu­tazione e uno scambio sull'attua­zione di questo strumento».

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La corsa del made in ltaly Il ministero dello Sviluppo economico ha dato il via a un piano per rilanciare l'export, col volano di Expo

Enel, cessione conclusa Il ministero del Tesoro ha chiuso il collocamento del 5,74% delle azioni Enel per 2,2 miliardi di euro

Atene guarda a Berlino Oggi il Bundestag voterà il prolungamento degli aiuti alla Grecia: l'ok è scontato nonostante il forte dissenso

Il monitoraggio I Lavori affidati senza garn d'appalto

Capoluogo regione

Ancona Aosta Bari

Catanzaro Firenze

Venezia

% procedure negoziate

Indagine dell'Autorità Anticorruzione

I funzionari che hanno segnalato illeciti non potranno essere discriminati

86,68 89,99 78,63 84,5 78,63 63,24 77,23 87,21 79,37 60,72 83,33 55,21 11,59 86,44 80,07 86,51 72,57 87,17 87,69 74,53

% importo

t-~~~~~-1 48,83 23

• 20,45 21,26

• 20,45 26,93

• 14,3 50,54 27,52 -li 30,84 14,29

• 17,85 ID 4,29 I 10,81

43,54 33,05 38,68 -'!ll 48,06 35,82 17,43

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Il direttore Rossella Orlandi, a capo dell'Agenzia delle entrate: ieri il manuale

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