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Razzismo e xenofobia negli Stati membri dell’UE Tendenze ... · Relazione annuale 2005 –...

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Relazione annuale 2005 – Sintesi – EUMC 1 Razzismo e xenofobia negli Stati membri dell’UE Tendenze, sviluppi e buona prassi EUMC – Relazione annuale 2005 Sintesi
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Relazione annuale 2005 – Sintesi – EUMC

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Razzismo e xenofobia negli Stati membri dell’UE

Tendenze, sviluppi e buona prassi

EUMC – Relazione annuale 2005

Sintesi

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Relazione annuale 2005 – Sintesi – Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia

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Indice

Indice 2

Premessa 3

Introduzione 5

1. Iniziative legislative e istituzionali contro il razzismo e la discriminazione 7

2. Il razzismo e la discriminazione nel settore dell’occupazione e le iniziative di prevenzione 9

3. Il razzismo e la discriminazione nel settore dell’abitazione e le iniziative di prevenzione 11

4. Il razzismo e la discriminazione nel settore dell’istruzione e le iniziative di prevenzione 13

5. Violenza e reati di matrice razzista 15

6. Conclusioni 17

6.1. Allargamento 17 6.2. Sviluppi positivi e negativi 18 6.3. Integrazione e lotta alla discriminazione 20 6.4. Raccolta di dati 21

7. Pareri 23

7.1. Commento generale 23 7.2. Iniziative legislative e istituzionali contro il razzismo e la xenofobia 24 7.3. Lotta alla discriminazione razziale nel settore dell’occupazione 25 7.4. Lotta alla discriminazione razziale nel settore abitativo 25 7.5. Lotta alla discriminazione razziale nel settore dell’istruzione 25 7.6. Lotta alla violenza e ai reati di matrice razzista 26

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Relazione annuale 2005 – Sintesi – EUMC

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Premessa Premessa di Anastasia Crickley, presidente del consiglio di amministrazione, e di Beate Winkler, direttore dell’EUMC. La presente relazione annuale dell’EUMC per il 2005 è la prima dall’allargamento dell’Unione europea del 2004. È quindi la prima panoramica completa sulla discriminazione razzista, xenofoba, antisemita e anti-musulmana, e sulle relative risposte, a interessare tutti e 25 gli Stati membri dell’Unione europea. La relazione prende in considerazione gli eventi occorsi nel 2004, che è stato anche il primo anno completo dall’entrata in vigore della direttiva 2000/43/CE del Consiglio (la cosiddetta direttiva sull’uguaglianza razziale). Uno degli obiettivi della relazione di quest’anno è quindi quello di descrivere le conseguenze pratiche del recepimento della direttiva da parte degli Stati membri, in termini di meccanismi giuridici e istituzionali introdotti. Tema ricorrente di questa relazione annuale è la presenza di “messaggi contraddittori” in diversi settori, anche in risposta alla direttiva. Se da un lato, alla fine del 2004, la maggioranza degli Stati membri aveva già recepito la direttiva sull’uguaglianza razziale, dall’altro lato quattro paesi erano stati invece rinviati alla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto dei requisiti della direttiva stessa, e alcuni Stati membri non avevano ancora istituito un organo specializzato per fornire assistenza alle vittime della discriminazione e per promuovere la parità di trattamento. Nel corso del 2004 si sono visti anche altri messaggi contraddittori. Se, in risposta alla direttiva, la maggior parte degli Stati membri ha rafforzato la propria legislazione in materia di lotta contro la discriminazione e alcuni hanno introdotto misure più severe contro i reati di matrice estremista e razzista, altri hanno invece introdotto norme che limitano i diritti e le opportunità degli immigrati e delle minoranze su questioni quali l’accesso alla cittadinanza o il diritto di indossare capi d’abbigliamento rappresentativi della propria fede religiosa. Inoltre, con l’introduzione delle nuove legislazioni alcuni Stati membri hanno lasciato intendere che, per motivi politici o economici, non sono disposti ad accogliere altri immigrati. Un atteggiamento questo che stride con la crescente domanda di forza lavoro in diversi settori che non può essere soddisfatta a livello nazionale. A ciò si aggiunga un atteggiamento politico di ostilità nei confronti dell’immigrazione, che rende le cose più difficili per chi deve lottare contro la discriminazione e per l’accettazione della diversità in Europa. L’adesione dei 10 nuovi Stati membri ha contribuito ad attirare l’attenzione sui problemi delle minoranze nazionali perché fossero inseriti nell’ordine del giorno della tematica antirazzista e anti-discriminatoria. In alcuni nuovi Stati membri dell’Europa centrale e orientale vivono comunità rom molto numerose. Se è vero

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che gli attuali trattati dell’Unione europea non menzionano la protezione delle minoranze nazionali né i diritti positivi delle minoranze, è anche vero che minoranze quali rom, sinti, zingari e nomadi sono tutelati dalle misure anti-discriminazione. La presente relazione annuale registra gli episodi di discriminazione subiti da queste popolazioni in tutti i settori di sostanziale interesse per la relazione (vale a dire occupazione, abitazione e istruzione) e dimostra come queste siano regolarmente vittime delle violenza razzista. Le direttive dell’Unione europea contro la discriminazione sono quindi potenzialmente fondamentali per queste minoranze, perché contribuiscono a interrompere il circolo vizioso di povertà, pregiudizio e discriminazione in cui attualmente questi gruppi della popolazione sono invischiati. Due incidenti che hanno avuto ripercussioni sull’esternazione di sentimenti razzisti nel corso del 2004 sono stati le bombe sui treni di Madrid a marzo e l’assassinio di Theo van Gogh ad Amsterdam a novembre. Nella presente relazione sono citati episodi di violenza di matrice razzista contro persone o cose che si sono manifestati come conseguenza diretta di questi eventi, anche al di fuori della Spagna e dei Paesi Bassi. Il capitolo sulla violenza e i reati di matrice razzista specifica quali dati sono disponibili sul problema della violenza razzista all’interno dell’Unione europea. Anche per quanto riguarda le statistiche in questo campo il messaggio generale è piuttosto contraddittorio. Mentre in sette Stati membri esistono statistiche adeguate a dare un quadro generale della tendenza delle violenze e dei reati di matrice razzista, in molti altri paesi si accusa un’assoluta carenza di dati usufruibili. Solo quando un numero maggiore di Stati membri inizierà a registrare con più rigore gli incidenti di matrice razzista sarà possibile stimare l’esatta portata del problema e stabilire misure adeguate per fronteggiarlo. È chiaro che l’Unione europea deve dare priorità alla lotta contro il razzismo e la xenofobia al fine di dare sostanza a un dialogo positivo con l’opinione pubblica sulla diversità e l’uguaglianza. L’EUMC, dal canto suo, si adopererà anche in futuro per sostenere l’Unione europea e i suoi Stati membri a sradicare il razzismo, la xenofobia, l’islamofobia e l’antisemitismo dalla società europea. Infine, vorremmo cogliere l’occasione per ringraziare il consiglio d’amministrazione e il personale dell’EUMC per il loro enorme impegno e per l’importante lavoro svolto negli ultimi 12 mesi. Per il prossimo anno ci auguriamo di assistere ad altri positivi sviluppi e al raggiungimento di nuovi obiettivi. Anastasia Crickley Beate Winkler Presidente del consiglio di amministrazione Direttore dell’EUMC

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Relazione annuale 2005 – Sintesi – EUMC

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Introduzione La relazione annuale 2005 dell’EUMC riporta le informazioni e gli sviluppi del 2004 sulle manifestazioni razziste, xenofobe, antisemite e anti-musulmane nei 25 Stati membri dell’UE e le risposte date dai paesi interessati. Come nella relazione dello scorso anno, le cinque tematiche trattate sono quelle relative a legislazione, occupazione, abitazione, istruzione e violenze e reati di matrice razzista. A differenza degli anni passati, tuttavia, quest’anno la relazione non si concentra su una tematica in particolare, ma le tratta tutte in ugual misura. Al di là di questo, vi sono tuttavia alcune tematiche che inevitabilmente si pongono in maggiore evidenza, vale a dire le implicazioni dell’allargamento dell’Unione europea con l’ingresso dei dieci nuovi Stati membri nel 2004 e la vigile attenzione sulle conseguenze delle direttive contro la discriminazione. Le conclusioni della relazione di quest’anno sono il frutto della continua raccolta di dati da parte della Rete informativa europea sul razzismo e la xenofobia (RAXEN) dell’EUMC. Nell’ambito di questa rete viene individuato in ciascuno dei 25 Stati membri un punto focale nazionale responsabile della raccolta dei dati sotto titoli comuni in ognuna delle cinque aree tematiche. I punti focali nazionali sono consorzi generalmente costituiti da organismi quali ONG anti-razziste, centri di ricerca universitari, istituti per i diritti umani o organizzazioni affiliate al governo. La stesura della relazione annuale inizia con l’approvazione dei contenuti, della struttura e del calendario da parte del consiglio d’amministrazione dell’EUMC. Successivamente, ai punti focali nazionali è chiesto di raccogliere informazioni da una serie di fonti, in collaborazione con vari attori e organizzazioni nazionali, e in conformità con linee guida specifiche e comuni. Ogni punto focale nazionale redige una “Relazione nazionale”; a partire dalle informazioni contenute in questi documenti si producono i capitoli tematici, alcuni internamente, altri con la collaborazione di contraenti esterni. Al tempo stesso, agli ufficiali di collegamento governativi di ogni Stato membro è affidato l’incarico di verificare l’esattezza delle informazioni riportate. Entro il mese di giugno di ogni anno l’EUMC presenta una prima bozza completa per la revisione da parte del consiglio d'amministrazione, che dovrà successivamente approvare la bozza finale entro il mese di ottobre dell'anno di pubblicazione. In seguito all’adesione dei dieci nuovi Stati membri il 1° maggio 2004, la raccolta dei dati per la relazione di quest’anno ha subito un importante cambiamento, per l’aggiunta di dieci nuovi gruppi di informazioni da raccogliere per ciascuna tematica. Sebbene non tutti e dieci i nuovi Stati membri siano stati in grado di offrire dati completi per ciascuna delle cinque aree tematiche principali, la quantità di nuovi dati inclusi nella relazione è risultata comunque notevole.

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Benché si possano individuare esempi di “buone” prassi o di prassi promettenti in tutte e cinque le aree tematiche principali sia per l’Europa dei 151 sia per i nuovi Stati membri, è evidente che alcuni Stati membri, a differenza di altri, sono relativamente attivi in iniziative contro il razzismo e la discriminazione. L’allargamento dell’Unione europea pone nuove sfide nel campo della raccolta dei dati, anche per la presenza di gruppi come i rom, che sono particolarmente esposti a forme di razzismo. Pur con lacune nella raccolta di dati in taluni settori, la relazione di quest’anno offre la prima panoramica completa sulla discriminazione razziale, xenofoba, antisemita e anti-musulmana in tutti e 25 gli Stati membri dell’Unione europea, e sulle risposte a questi problemi.

1 L’espressione “Europa dei 15” è usata come abbreviazione per indicare i “vecchi” Stati membri

dell’Unione europea, prima dell’allargamento del 2004 a 25 paesi. Di conseguenza, l’espressione “Europa dei 10” si riferisce ai 10 nuovi Stati membri.

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1. Iniziative legislative e istituzionali contro il razzismo e la discriminazione

Nella relazione annuale dell’EUMC dello scorso anno il capitolo relativo alla legislazione si concentrava principalmente sul recepimento di due nuove direttive sull’uguaglianza razziale: la direttiva 2000/43/CE del Consiglio (che attua il principio della parità di trattamento indipendentemente dalla razza) e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio (la cosiddetta direttiva sull’occupazione). Il capitolo di quest’anno esamina lo stato attuale del recepimento delle direttive dopo il primo anno completo di validità e ne osserva le forme di attuazione pratica. RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE DELL’UNIONE EUROPEA Le relazioni dei punti focali nazionali RAXEN indicano che la maggior parte dei 25 Stati membri ha recepito integralmente le direttive. Tuttavia, quattro Stati membri (Germania, Lussemburgo, Austria e Finlandia) sono stati deferiti alla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto dei requisiti della direttiva sull’uguaglianza razziale prima e della direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione poi. Alcuni Stati membri non hanno inoltre creato un organo specializzato responsabile della promozione della parità di trattamento e dell’assistenza alle vittime della discriminazione. In quasi la metà degli Stati membri tali responsabilità sono state affidate a organismi già esistenti. Altri hanno istituito un organismo nuovo, che in molti casi ha competenze molteplici per trattare tutti i possibili motivi di discriminazione indicati nelle direttive. Ciò ha generato un dibattito su vantaggi e svantaggi dell’avere organismi per la promozione della parità di trattamento competenti in più settori o specializzati in un unico settore. Altri aspetti critici riguardano l’ambito di applicazione della legislazione introdotta, che in alcuni paesi ha dato adito a critiche perché sembra ignorare particolari settori, nonché il problema dell’adeguatezza dei cambiamenti relativi all'onere della prova e della reale "dissuasività" delle sanzioni previste. Nonostante le differenze evidenti tra gli Stati membri in termini di recepimento delle direttive, tali differenze non tracciano una demarcazione netta tra i paesi dell’Europa dei 15 e i “nuovi” Stati membri. NUOVA LEGISLAZIONE SULLE MINORANZE Sebbene gli Stati membri abbiano introdotto una normativa che favorisce una maggiore protezione delle minoranze razziali/etniche e dei gruppi di immigrati in conformità con le direttive dell’Unione europea, alcuni paesi hanno scelto di

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adottare anche altri strumenti legislativi volti a limitare diversi diritti e opportunità degli immigrati e delle minoranze su questioni quali l’ammissione e la cittadinanza o la libertà di indossare indumenti rappresentativi della propria fede religiosa. In alcuni Stati membri si è assistito anche al tentativo di ridefinire le minoranze nazionali, a vantaggio di alcuni gruppi rispetto ad altri. Se adottati, tali strumenti andrebbero a minare in più di un caso i diritti della popolazione rom. Si osservano allo stesso tempo segni incoraggianti, come la normativa in fase di approvazione in alcuni Stati membri volta a colpire i responsabili di reati di matrice razzista. o la normativa e altre iniziative in atto in altri Stati membri per combattere e punire l’uso illegale di Internet da parte di estremisti dell’estrema destra. Infine, sono stati fatti diversi tentativi tra gli Stati membri per facilitare la persecuzione dei reati di matrice razzista e inasprire le relative pene.

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2. Il razzismo e la discriminazione nel settore dell’occupazione e le iniziative di prevenzione

I messaggi sono contraddittori: da una parte, politiche per combattere la discriminazione nel mercato del lavoro; dall’altra parte, in alcuni Stati membri, politiche che limitano i diritti dei cittadini dei paesi terzi e che, per esempio, ostacolano il ricongiungimento dei familiari e il matrimonio per gli stranieri. Si evidenzia dunque una forte contraddizione tra la domanda di manodopera di immigranti, che avrebbero l’opportunità di lavorare senza discriminazione, e il desiderio degli Stati membri di dimostrare di voler in qualche modo limitare e controllare l’immigrazione. Quindi, benché la consapevolezza dell’illegalità della discriminazione razziale appaia in lenta crescita, un numero cospicuo di lavoratori si trova in condizioni tali (per esempio, il fatto di possedere un permesso di lavoro limitato) da renderli più vulnerabili allo sfruttamento e alla discriminazione; questa situazione, soprattutto nel caso dei lavoratori non regolari, genera emarginazione e l’emarginazione a sua volta alimenta l’atteggiamento razzista nella maggioranza della popolazione. MERCATI DEL LAVORO SEGMENTATI Le relazioni nazionali della maggior parte degli Stati membri concordano ampiamente sull’esistenza sempre più diffusa di mercati del lavoro segmentati in base all’origine etnica o nazionale. Gli immigrati o le minoranze etniche sono sproporzionatamente raggruppati nelle categorie occupazionali più basse e nei settori d’impiego meno prestigiosi. Sia pur con le peculiarità proprie di ogni Stato membro, in generale taluni gruppi sono maggiormente vittima di trattamenti discriminatori nel mondo del lavoro. Generalmente, i lavoratori più discriminati sono gli immigrati provenienti dall’Africa, dal Medio Oriente, dall’Asia e dall’America centrale o meridionale. Recentemente la discriminazione sembra colpire anche gli immigrati provenienti dai paesi dell’Europa orientale, come la Russia o l’Ucraina. In alcuni dei nuovi Stati membri i rom sono particolarmente esposti alla discriminazione sul lavoro e sono soggetti a livelli elevatissimi di disoccupazione. È inoltre dimostrato che le maggiori difficoltà che i cittadini dei paesi terzi sperimentano sul mercato del lavoro sono simili a quelle dei cittadini europei nati oltreoceano o comunque con origini non europee e con tratti somatici visibilmente diversi. Per esempio, se in Finlandia il tasso di disoccupazione dei cittadini iracheni è del 72%, il tasso di disoccupazione dei cittadini finlandesi figli di iracheni è comunque del 64% rispetto al 9% dei finlandesi.

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TEST DI DISCRIMINAZIONE La discriminazione sul lavoro viene spesso spiegata esclusivamente con riferimento al “capitale umano” delle persone, per esempio al livello di istruzione. Questa giustificazione molto parziale è sempre più oggetto di indagine critica da parte dei ricercatori, con l’introduzione per esempio di esperimenti quali il “test di discriminazione”; nel 2004 diversi Stati membri hanno riferito esperimenti di questo tipo. Rispetto all’anno precedente nel 2004 i punti focali nazionali hanno presentato molti più esempi di forme diverse di test di discriminazione. I ricercatori dell’Università di Parigi, per esempio, hanno esaminato i curricula vitae in risposta a 258 annunci di lavoro e hanno notato come le maggiori vittime dei trattamenti discriminatori fossero i candidati con disabilità, seguiti da quelli con origini africane o nordafricane. Altri test sono stati condotti in Danimarca, Germania, Ungheria, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito. Degno di nota è il fatto che molti di questi test non sono stati condotti da ricercatori ma da giornalisti e che mettono in luce risposte discriminatorie dei datori di lavoro ai candidati appartenenti a minoranze etniche. Sempre i giornalisti hanno scoperto in Danimarca che le agenzie di collocamento sia pubbliche che private accettavano le richieste dei datori di lavoro di non selezionare candidati immigrati. Si sono inoltre avuti casi specifici di discriminazione sul lavoro con trattamenti ingiustificabili, persecuzioni a sfondo razzista e licenziamenti, venuti alla luce nel corso del 2004 dai processi nei tribunali. È sorprendente riscontrare esempi palesi di rifiuto ad assumere persone di origine rom, dal momento che la discriminazione diretta al momento dell’assunzione è generalmente occulta e invisibile per la vittima. BUONE PRASSI C'è da dire, a questo punto, che i punti focali nazionali hanno riferito anche di prove incoraggianti di iniziative di vario genere volte a contrastare la discriminazione sul lavoro. Molte di queste sono legate ai finanziamenti europei e/o ai programmi nazionali che impongono l’attuazione delle direttive europee. In alcuni Stati membri, i governi, le associazioni degli imprenditori e le singole imprese hanno elaborato regolamenti, codici o incentivi di buona prassi contro il razzismo e la discriminazione. Si riferisce anche di progetti specifici che mirano ad accrescere l’accesso all’occupazione per i rom, tra cui iniziative finanziate dai programmi comunitari PHARE e EQUAL.

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3. Il razzismo e la discriminazione nel settore dell’abitazione e le iniziative di prevenzione

Le informazioni disponibili per i 25 paesi dell’Unione europea indicano che, nel settore abitativo, le minoranze, gli immigrati, i rifugiati e gli stranieri in cerca d’asilo sono costantemente soggetti a discriminazioni e a forme di razzismo. È altresì ampiamente dimostrato che, in questo settore, le popolazioni rom sono quelle più esposte ai trattamenti discriminatori e razzisti. ACCESSO LIMITATO ALL’ABITAZIONE Secondo fonti sia ufficiali che non, gli esempi diretti di discriminazione si manifestano in vario modo. Numerosi punti focali nazionali riferiscono limitazioni esplicite all’accesso all’abitazione sulla base dell’etnia o della nazionalità. Gli esempi comprendono avvisi pubblicitari discriminatori, discriminazioni nella gestione delle liste d’attesa per l’assegnazione degli alloggi e netti rifiuti da parte dei proprietari, degli agenti immobiliari e delle cooperative edilizie. Come per il settore dell’occupazione, anche in questo caso sono stati condotti test sperimentali sulla discriminazione per individuare forme di discriminazione diretta nel settore abitativo. In Danimarca, i test condotti da una testata giornalistica presso le cooperative edilizie hanno dimostrato che in tutti i casi un candidato con un nome danese riceveva le informazioni più velocemente; un esperimento analogo condotto in Spagna ha messo in evidenza che le agenzie immobiliari sono meno disposte a offrire appartamenti agli immigrati piuttosto che ai cittadini di origine spagnola. CONDIZIONI ABITATIVE INADEGUATE In parte a causa di questi fenomeni di emarginazione, gli immigrati e le minoranze devono spesso accettare condizioni abitative inadeguate. Alcuni punti focali nazionali presentano statistiche da cui si evince che, nella popolazione in generale, è più facile che siano gli stranieri a vivere in appartamenti piccoli e sovraffollati, con pessime condizioni igieniche e con infrastrutture carenti. I punti focali nazionali di alcuni Stati membri come la Grecia, l’Irlanda e Cipro riferiscono in particolare di alloggi sovraffollati o in pessime condizioni per i richiedenti asilo e i rifugiati nei centri di accoglienza e altrove. Da alcuni Stati membri arriva infine il dato che agli stranieri vengono chiesti canoni di affitto più elevati rispetto ai cittadini d’origine. I punti focali nazionali di alcuni Stati membri danno notizia di condizioni contrattuali inaccettabili e persino dell’assenza di un contratto di qualsiasi sorta nel caso di affitto agli stranieri. Gli stranieri possono a volte essere costretti a versare anticipi esorbitanti oppure si vedono rifiutare un garante o devono produrre documenti sovrabbondanti e inutili.

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Questa situazione è aggravata dal fatto che in alcuni Stati membri gli stranieri non hanno diritto a una casa popolare e, di conseguenza, per trovare alloggio sono costretti a rivolgersi al settore immobiliare privato, dove gli affitti possono essere spinti al rialzo. In merito a un altro aspetto del settore abitativo, quello cioè della proprietà, le informazioni provenienti da Stati membri come la Germania e il Regno Unito indicano che la proprietà immobiliare è meno diffusa tra le minoranze etniche e tra gli stranieri. SEGREGAZIONE La segregazione nel settore abitativo è molto diffusa in tutta l’Unione europea. Esempi di segregazione si possono riscontrare in Spagna, Cipro, Portogallo e Svezia. La segregazione territoriale sembra particolarmente critica per le popolazioni rom nella Repubblica ceca, in Spagna e in Ungheria. Rispetto a quanto si è detto, gli esempi di discriminazione indiretta nel settore abitativo sembrano molto meno frequenti, ma si può notare come l’accesso all’abitazione sia concesso in base alla nazionalità, alla durata della residenza e alle condizioni economiche e finanziarie del richiedente. INIZIATIVE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE Le autorità locali e nazionali e le ONG danno conto di iniziative di “buona prassi” nel settore abitativo. Alcuni programmi prevedono la costruzione di alloggi o l’acquisto e la ristrutturazione di appartamenti dimessi allo scopo di metterli a disposizione delle minoranze emarginate nell’ambito di iniziative specifiche. In Austria alcune municipalità hanno creato politiche specifiche per ovviare alla più “normale” esclusione dei cittadini di paesi terzi dall’assegnazione di case popolari e per rendere quindi parte di questi alloggi disponibili agli stranieri. I progetti di alcuni paesi nel settore abitativo prevedono la definizione di accordi e contratti destinati ai proprietari di immobili allo scopo di migliorare l’accettazione della diversità e di contrastare il razzismo, nonché codici di buona prassi ad uso delle municipalità per combattere la discriminazione nell’assegnazione degli alloggi.

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4. Il razzismo e la discriminazione nel settore dell’istruzione e le iniziative di prevenzione

Dove i dati sono disponibili è evidente che i risultati ottenuti nel settore dell’istruzione da diversi immigrati e minoranze sono inferiori a quelli della maggioranza della popolazione degli Stati membri. È dimostrato inoltre che le minoranze sono soggette a trattamenti discriminatori. RISULTATI SCOLASTICI INFERIORI ALLE ATTESE I risultati più scarsi sul piano dell’istruzione sono quelli ottenuti in particolare da immigrati provenienti dai paesi terzi o appartenenti ad alcune minoranze nazionali. La posizione svantaggiata sul piano educativo degli alunni provenienti da famiglie di immigrati si deduce anche dai risultati dello studio dell’OCSE/PISA, pubblicato nel dicembre 2004. In generale, la stessa situazione è valida anche per gli studenti che, pur avendo genitori stranieri, sono cresciuti nel paese di accoglienza, dove hanno frequentato l’intero corso di studi. I gruppi più esposti a forme di razzismo e discriminazione sul piano dell'istruzione sono i rom e i nomadi. Tuttavia, nei singoli Stati membri altre minoranze non migranti risultano essere particolarmente svantaggiate in questo settore, per esempio la minoranza musulmana in Grecia. SOVRARAPPRESENTAZIONE NEI PROGRAMMI DI ISTRUZIONE SPECIALE Nelle relazioni sulle disparità sul piano dell’istruzione, due delle preoccupazioni principali riguardano la segregazione, da un lato, e la sovrarappresentazione di certi gruppi nei “programmi di istruzione speciale”, dall’altro lato. Sebbene alcuni Stati membri riferiscano questi aspetti come problematici soprattutto per alcuni gruppi di immigrati o minoranze, il numero di gran lunga più elevato interessa in particolare le popolazioni rom. Alcuni Stati membri segnalano concentrazioni sproporzionatamente elevate di alunni rom in talune classi e un’estrema facilità a definire i bambini rom come studenti svantaggiati e con difficoltà di apprendimento. SIMBOLI RELIGIOSI NELLE SCUOLE Nel corso del 2004 la questione dei simboli religiosi nelle scuole, e in particolare l’uso del velo, ha sollevato accesi dibattiti in alcuni Stati membri (anche se non in tutti). Proprio nel 2004 è entrata in vigore in Francia la legge che vieta l’ostentazione di simboli religiosi nelle scuole. Si hanno inoltre notizie di singoli casi di controversie sullo stesso tema in una scuola del Belgio, in una scuola francese a Madrid e in una scuola catalana. Alle scuole di Paesi Bassi e Svezia è

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stata concessa la possibilità di proibire certi capi di abbigliamento, ma solo se si può dimostrare che creano problemi specifici. In Austria, il tentativo del preside di una scuola di proibire a una ragazza di indossare il velo in classe è fallito dopo che le autorità scolastiche hanno dichiarato che tale divieto avrebbe costituito una violazione alla libertà religiosa. Nel Regno Unito vige una generale tradizione di tolleranza nei confronti dell’uso dei simboli religiosi, che tuttavia non ha impedito nel 2004 di accendere il dibattito nelle aule dei tribunali per il desiderio di un’alunna di indossare un abito lungo fino alle caviglie per motivi religiosi. INIZIATIVE SUL PIANO DELL’ISTRUZIONE Le relazioni nazionali descrivono una serie di iniziative in atto nel settore dell’istruzione. Alcuni Stati membri stanno introducendo un nuovo curriculum scolastico interculturale, che prevede la trattazione di argomenti specifici sul tema del razzismo e dell’antisemitismo. Vengono riferite numerose iniziative volte a combattere la discriminazione dei bambini rom, come ad esempio il progetto di integrare questi bambini nel sistema scolastico tradizionale in Slovenia, che sta già dando risultati positivi, e una nuova legge entrata in vigore nella Repubblica ceca diretta a risolvere il problema dell’estrema segregazione dei bambini rom nelle scuole. In Slovacchia il tentativo di abolire la segregazione dei bambini rom segue due strade diverse. Da un lato, si punta alla motivazione, premiando i progetti che mirano a formare insegnanti specializzati nell’insegnamento ai bambini rom; dall’altro lato si sfruttano sistemi coercitivi, avviando ad esempio azioni legali contro i dirigenti scolastici formalmente responsabili del trasferimento dei bambini in scuole speciali. Le relazioni dei punti focali nazionali suggeriscono che i progetti sostenuti dall’Unione europea per l’istruzione delle minoranze hanno buone probabilità di avere un impatto positivo nei “nuovi” Stati membri, stimolando dibattiti e spianando la strada a un dialogo più aperto sulle minoranze. Prima dell’adesione di questi Stati membri all’Unione europea erano già stati condotti alcuni progetti di questo tipo, molti dei quali sostenuti dal programma comunitario PHARE.

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5. Violenza e reati di matrice razzista

Nel corso del 2004 si è registrato un certo numero di incidenti che hanno avuto ripercussioni sulle relazioni intercomunitarie e che hanno dato origine a manifestazioni di sentimenti e reati di matrice razzista a livello dei singoli Stati membri e non solo, in particolare le bombe sui treni di Madrid (marzo 2004) e l’assassinio di Theo van Gogh nei Paesi Bassi (novembre 2004). REGISTRAZIONE DEGLI INCIDENTI Tra i paesi dell’Europa dei 15 non esistono dati ufficiali disponibili sui reati e le violenze di matrice razzista compiuti in Grecia, Spagna, Italia e Portogallo. Il Regno Unito2 mette invece a disposizione la raccolta più completa di dati ufficiali sui reati e le violenze di questo tipo, che dà conto di un ampio ventaglio di incidenti di matrice razzista. La Germania e l’Austria concentrano la propria attività di raccolta dei dati su un numero più ristretto di condotte illegali, ossia sugli atti a carico dei gruppi estremisti (estrema destra), mentre il Belgio, il Lussemburgo e i Paesi Bassi reperiscono dati ufficiali su una gamma di episodi discriminatori che comprende reati e violenze di matrice razzista. Secondo le informazioni fornite dai punti focali nazionali della rete RAXEN, tra i nuovi Stati membri la Repubblica ceca, l’Ungheria, la Polonia e la Slovacchia raccolgono dati ufficiali sui reati e le violenze di matrice razzista (e sulle attività collegate) in quantità superiore rispetto alle informazioni provenienti da altri paesi, che si limitano ai casi giudiziari. Gli Stati membri con sistemi efficaci di raccolta dei dati e definizioni giuridiche allargate di “incidenti di matrice razzista”, come il Regno Unito, promuovono anche la raccolta e la registrazione di questi episodi. Di conseguenza, il Regno Unito, con 52.694 incidenti a sfondo razzista denunciati alla polizia nel periodo 2003-2004, è il paese dell’Europa dei 25 che riporta il maggior numero di episodi razzisti. Segue la Germania, con 6.474 reati registrati alla voce “reati di matrice politica – estrema destra” nei primi 10 mesi del 2004. In confronto, la Francia, che pure ospita una numerosa popolazione rappresentativa di più minoranze etniche, ha registrato nel 2004 solamente 1.565 atti e minacce a sfondo razzista, xenofobo e antisemita. Tra i dieci nuovi Stati membri, le registrazioni ufficiali sui reati di matrice razzista, xenofoba e religiosa vanno da 25 dell’Ungheria (2004) a 209 della Repubblica ceca (gennaio-novembre 2004). In generale, le enormi differenze che si riscontrano nei 25 Stati membri dell’Unione europea in termini di numero di reati e violenze di matrice razzista registrati sono indicative piuttosto dell'inadeguatezza e dell'incoerenza dei sistemi di raccolta dei dati che non della reale portata dei fenomeni razzisti in seno all’UE.

2 I riferimenti ai dati ufficiali del “Regno Unito” riguardano i dati sui reati penali commessi in

Inghilterra e Galles.

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GRUPPI DI VITTIME E AUTORI DEI REATI Secondo i dati ufficiali e non, i gruppi di vittime più esposti ai reati e alle violenze di matrice razzista nell’Unione europea sono le minoranze etniche delle popolazioni nazionali, gli immigrati clandestini, gli ebrei, i musulmani, i nordafricani, i cittadini dell’ex Unione sovietica e dell'ex Jugoslavia, i rifugiati/profughi e i rom/sinti/gitani/nomadi. I nuovi Stati membri, per la loro storia particolare e per le caratteristiche specifiche delle loro popolazioni, hanno spesso come obiettivo dei propri sentimenti e azioni a sfondo razzista le popolazioni dell’ex Unione sovietica. I dati riferiti all’Europa dei 15 indicano che i reati e le violenze di matrice razzista sono commessi sia da membri di organizzazioni politiche estremiste sia da giovani di sesso maschile e da altre persone non affiliate a questo tipo di gruppi. IL RUOLO DELLA POLIZIA Occorre aggiungere che un terzo dei 25 Stati membri dà notizia di azioni violente e aggressive contro minoranze etniche e gruppi di stranieri da parte di pubblici ufficiali, in particolare agenti di polizia e dei funzionari incaricati delle problematiche dell’immigrazione. In controtendenza rispetto a queste allarmanti relazioni, i punti focali nazionali riferiscono una serie di iniziative positive della polizia volte a combattere il razzismo all'interno della polizia stessa, a creare relazioni con la comunità e/o ad assistere le vittime dei reati e delle violenze di matrice razzista. Tra i nuovi dieci Stati membri sono nate alcune iniziative specifiche di “buona prassi” per cercare di risolvere il problema dei rapporti della polizia con la comunità rom.

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6. Conclusioni La relazione annuale dell’EUMC di quest’anno riguarda per la prima volta l’Unione europea allargata. Mentre la relazione dello scorso anno prevedeva, per i 10 paesi candidati all’adesione, una panoramica preliminare solo nel campo dell’istruzione, quella di quest'anno copre invece tutti e cinque i settori prioritari. 6.1. Allargamento Una delle conseguenze del processo di allargamento è la maggior portata della relazione di quest’anno rispetto all’anno scorso. All’interno dei paesi dell’Europa dei 15 esistono alcuni gruppi particolarmente esposti a forme di razzismo, xenofobia e discriminazione. Si tratta, da una parte, delle persone emigrate in cerca di lavoro nei tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale e dei loro discendenti (che hanno generalmente ottenuto la cittadinanza, ma che sono ancora identificati come appartenenti a una minoranza etnica) e, all’interno di questa più ampia categoria, delle persone di origine musulmana. Dall’altra parte, vi sono le minoranze che comprendono gli ebrei, le minoranze nazionali e rom, sinti, gitani e nomadi. Ci sono infine gruppi di immigrati più recenti, compresi i rifugiati. Talvolta le forme di razzismo e discriminazione colpiscono la totalità di questi gruppi, talvolta sono dirette perlopiù a un solo gruppo specifico, come i musulmani o gli ebrei. MINORANZE NELL’EUROPA DEI 10 Con l’allargamento a 25 Stati membri, il quadro si è naturalmente ampliato. Vi sono comunità rom in ben 24 Stati membri dell’Unione europea, ma è soprattutto nei nuovi Stati membri dell’Europa centrale e orientale (soprattutto nella Repubblica ceca, in Ungheria e in Slovacchia) che queste popolazioni sono maggiormente distribuite. Le altre minoranze, invece, non mostrano un livello significativo di dispersione tra i paesi dell’Europa dei 10. Nella maggior parte dei dieci nuovi Stati membri non vi sono ancora stati flussi immigratori di persone in cerca di lavoro comparabili a quelli che invece hanno interessato, a partire dal secondo dopoguerra, molti dei paesi dell'Europa dei 15, né si è osservata in questi Stati una conseguente crescita di nuove comunità di minoranze etniche, con tutte le problematiche legate alla cosiddetta “seconda generazione”. Nei paesi baltici è tuttavia presente una cospicua minoranza russa, per via del flusso di migrazione dai territori dell’ex Unione sovietica. Le comunità storiche di ebrei un tempo presenti in alcuni dei nuovi Stati membri sono state decimate durante l’olocausto. L’attuale popolazione ebrea è relativamente esigua e non si hanno notizie di manifestazioni di antisemitismo nelle relazioni dei punti focali nazionali di metà dei nuovi Stati membri. (Si registrano tuttavia aggressioni di matrice antisemita contro le persone o le cose nella Repubblica ceca, in Ungheria, in Lituania e in Slovacchia.) La popolazione musulmana nei paesi dell’Europa dei 10 è relativamente limitata e i

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punti focali nazionali non segnalano episodi gravi di razzismo ai danni dei musulmani. Come già si è detto nella relazione annuale dello scorso anno, il problema della scolarizzazione dei musulmani non è divenuto una questione pubblica nei nuovi Stati membri, a differenza di quanto è accaduto in molti paesi dell’Europa dei 15. LA QUESTIONE DEI ROM È per questa ragione che un numero così elevato di relazioni dei punti focali nazionali dei 10 nuovi Stati membri si concentra principalmente o esclusivamente sulla questione dei rom: non perché nella relazione annuale di quest’anno si sia stabilito di dare priorità ai rom piuttosto che ad altri gruppi, ma perché nei nuovi Stati membri i problemi relativi al razzismo e alla discriminazione hanno spesso come bersaglio esclusivo quest’unico gruppo. L’adesione dei 10 nuovi Stati membri ha contribuito ad attirare l’attenzione sui problemi delle minoranze nazionali perché fossero inseriti nell’ordine del giorno della tematica anti-razzista e anti-discriminatoria. Se è vero che gli attuali trattati dell’Unione europea non menzionano la protezione delle minoranze nazionali né tengono in considerazione i loro diritti positivi, è anche vero che minoranze come i rom sono tutelati dalle misure in materia di lotta alla discriminazione. Le direttive dell’Unione europea contro la discriminazione saranno quindi potenzialmente fondamentali per i rom, perché contribuiranno a interrompere il circolo vizioso di povertà, pregiudizio e discriminazione in cui attualmente questa comunità è invischiata. 6.2. Sviluppi positivi e negativi Il 2004 è stato segnato da episodi che hanno avuto ripercussioni anche al di fuori dei confini dei paesi nazionali. Le bombe sui treni di Madrid del marzo 2004, ad opera probabilmente di un gruppo di islamici radicali di origine marocchina, hanno ucciso circa 200 persone e sembrano aver dato il via, nei mesi successivi, al manifestarsi di aggressioni ai danni di musulmani ed ebrei in Francia. L’assassinio del regista olandese Theo van Gogh da parte di un islamico radicale con cittadinanza olandese e marocchina è stato seguito nei Paesi Bassi da un’ondata di violenza, in particolare contro i musulmani e le moschee, ma anche da minacce di morte ai politici in Belgio e da un forte impatto sul dibattito pubblico e politico sull'immigrazione e la religione in Danimarca e in Germania. DIRETTIVE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE Il 2004 è stato contrassegnato tuttavia anche da sviluppi positivi sul piano delle misure e delle attività contro la discriminazione. La maggior parte dei 25 paesi dell’UE ha recepito nei propri ordinamenti nazionali le direttive contro la discriminazione, ponendo in tal modo le basi per una maggiore consapevolezza e una più solida preparazione in questo campo. Ciò nonostante, una minoranza di quattro Stati membri (Germania, Lussemburgo, Austria e Finlandia) sono stati

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deferiti alla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto dei requisiti della direttiva sull’uguaglianza razziale nel luglio 2004 e della direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione nel dicembre 2004. Il fatto che la maggior parte degli Stati membri dell’UE abbia ormai recepito queste direttive significa che la lotta alla discriminazione rientrerà d’ora in poi nell’ordine del giorno politico dei singoli Stati membri. Nel 2004 anche altre norme, non collegate alle direttive, hanno avuto sviluppi positivi. Alcuni Stati membri hanno introdotto leggi volte a punire i colpevoli di atti di razzismo, come quella che proibisce l’uso illegale di Internet da parte dei gruppi di estrema destra, mentre altri hanno inasprito le pene previste per i reati di matrice razzista. Inoltre, nel corso del 2004, la lotta alla discriminazione e la questione della parità hanno ottenuto uno spazio ancora più ampio nei programmi dell’UE. Il nuovo presidente della Commissione europea ha dichiarato nel 2004 che avrebbe adottato un pacchetto per accrescere il rispetto dei diritti umani e la lotta alla discriminazione in Europa, e la nuova Commissione si è impegnata a garantire una maggiore integrazione della lotta alla discriminazione in altri settori strategici politica e in altri strumenti d’azione. Nel maggio 2004 la Commissione ha lanciato una consultazione a livello europeo, con la proposta di un forte sostegno per ulteriori azioni volte a combattere le discriminazioni all’indomani dell’allargamento. Sempre nel 2004 è stata posta la questione se il campo di applicazione della direttiva contro la discriminazione sul lavoro dovesse essere esteso ad altri settori, quali l’accesso ai beni e ai servizi pubblici. MESSAGGI CONTRADDITTORI Non mancano segnali contraddittori emergenti dalle attività legislative condotte a livello nazionale. Accanto ai progressi normativi sul piano della lotta alla discriminazione, che in pratica rafforzano i diritti di immigrati e minoranze, si rilevano sviluppi che sembrano muoversi nella direzione opposta, e cioè verso una limitazione dei diritti e delle opportunità di questi gruppi della popolazione. In alcuni paesi, per esempio, sono entrate in vigore leggi che limitano i diritti matrimoniali per gli stranieri. Vi sono stati inoltre casi di leggi o sentenze che bandivano l’uso di indumenti rappresentativi del credo religioso (per esempio, il velo) nelle scuole o nei luoghi di lavoro, con la conseguente esclusione di chi non ha voluto conformarsi. In alcuni paesi si è assistito anche al tentativo di ridefinire le minoranze nazionali, favorendo alcuni gruppi rispetto ad altri e compromettendo, in alcuni casi, i diritti dei rom. In taluni Stati membri e in taluni settori si registra una domanda crescente di forza lavoro, che gli immigrati potrebbero almeno in parte soddisfare. Ciò nonostante, alcuni Stati membri stanno riducendo l’accesso al mercato del lavoro per i profughi e i rifugiati o lasciano intendere, con l’introduzione di nuove normative, che non sono disposti ad accogliere altri immigrati, per ragioni politiche piuttosto che economiche. Un ulteriore “messaggio contraddittorio” può essere generato dalle politiche sull’immigrazione che vengono elaborate accanto alle politiche contro la discriminazione (o a favore della diversità). Il problema non è l’esistenza di una politica di limitazione dell’immigrazione in sé, ma il fatto che in alcuni casi tale

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politica comunichi al pubblico un messaggio di intolleranza nei confronti degli immigrati, alimentando così i sentimenti razzisti. Questo “messaggio contraddittorio” è ulteriormente aggravato dal dibattito politico su queste questioni: un dibattito che compromette la qualità di vita dei discendenti degli immigrati che sono ora cittadini o residenti permanenti in uno Stato membro. RESTRIZIONI GIURIDICHE Oltre all’introduzione attiva di una nuova legislazione, esiste anche il risvolto passivo del problema, che consiste nella mancata abolizione di certe restrizioni giuridiche esistenti. Se da una parte le direttive contro la discriminazione conferiscono un pari diritto al lavoro anche ai cittadini dei paesi terzi, in alcuni Stati esistono altre restrizioni giuridiche che limitano l’accesso agli stranieri a certe posizioni (spesso nel settore pubblico) o vige l’obbligo di permessi che limitano la loro capacità di cambiare lavoro. Tali restrizioni giuridiche espongono un gran numero di lavoratori allo sfruttamento e alla discriminazione. Le direttive contro la discriminazione non riguardano il trattamento differenziato sulla base della nazionalità; di conseguenza, le norme o le restrizioni amministrative che limitano l’accesso degli stranieri all'occupazione sono, in linea di principio, legittime, a meno che non venga dimostrato che la discriminazione nasce da aspetti di carattere etnico o razziale. Ciononostante, si tratta pur sempre di strumenti che contribuiscono alla disparità sulla base dell’appartenenza a un gruppo sociale e sono considerate da alcuni come una forma di “discriminazione legale”. Tale “discriminazione legale” si manifesta anche al di fuori del settore dell’occupazione: nel settore abitativo, per esempio, in alcuni paesi gli stranieri non hanno diritto a una casa popolare e sono di conseguenza esposti a un maggior sfruttamento da parte del settore immobiliare privato. È interessante notare come alcuni esempi di “buona prassi” nel settore abitativo individuati nella presente relazione riguardino le municipalità che hanno superato questo problema con programmi specifici di assegnazione di appartamenti a stranieri. Nel settore dell’occupazione, la tolleranza passiva dei governi di fronte allo sfruttamento del lavoro sommerso, con stipendi bassi e in condizioni pericolose, crea quell'emarginazione che contribuisce ad alimentare il pregiudizio e il razzismo nella maggioranza della popolazione. È anche vero tuttavia che nel 2004 diversi paesi hanno permesso la regolarizzazione di numerosi immigrati clandestini. 6.3. Integrazione e lotta alla discriminazione A parte le attività di lotta alla discriminazione, l’altra importante area di sviluppo a livello di Unione europea è quella dell’integrazione. In seguito all’adozione del Programma dell'Aia, il 19 novembre 2004 il Consiglio ha accolto una serie di principi comuni di base per l’integrazione degli immigrati. Uno di questi era lo sviluppo di indicatori e meccanismi di valutazione dell’integrazione degli immigrati, considerati necessari per valutare i progressi, adeguare le politiche e rendere più efficace lo scambio di informazioni.

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Integrazione e lotta alla discriminazione sono aree di interesse importanti e fra loro collegate. Le politiche di integrazione riguardano principalmente i gruppi di immigrati e rifugiati arrivati più di recente. Sono invece meno rilevanti per i discendenti degli immigrati e per le minoranze etniche, per i quali molti aspetti di tali politiche, come lo studio della lingua, sono meno importanti. Gli ostacoli che essi devono superare vengono invece più probabilmente affrontati tramite le politiche di lotta alla discriminazione. La lotta alla discriminazione, più che l’integrazione, è rilevante anche per le minoranze, come quelle rom, che da tempo risiedono nello stesso paese. Naturalmente nella realtà i confini tra queste due categorie di politiche non sono così distinti: la lotta alla discriminazione può essere infatti sotto certi aspetti una parte importante delle politiche di integrazione, che altrimenti sarebbero meno efficaci. 6.4. Raccolta di dati Per il duplice aspetto dell’integrazione e della lotta alla discriminazione è importante anche la questione dell’inadeguata raccolta di dati. Uno dei temi ricorrenti in questa relazione dell’EUMC è il problema della mancanza di dati adeguati in base ai quali valutare i problemi e le politiche di base. L’inadeguatezza dei dati è tuttavia meno grave sul piano dell’integrazione che su quello della lotta alla discriminazione. I governi sono meno sensibili nei confronti della raccolta dei dati relativi alla dimensione più importante per l’integrazione, che è la nazionalità. Però, la variabile principale per la lotta alla discriminazione non è la nazionalità ma l’origine etnica/nazionale, perché i cittadini di un paese sono esposti alla discriminazione razziale tanto quanto le persone non in possesso della cittadinanza. Nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea si osserva tuttavia una certa riluttanza a raccogliere dati su queste linee. NECESSITÀ DI UN MONITORAGGIO ETNICO Il problema è che per avere dati affidabili sulla discriminazione è necessario avere informazioni sulle principali variabili di interesse: “razza”, origine etnica, provenienza nazionale o religione. Gli enti che operano nella lotta al razzismo e alla discriminazione sostengono da anni che la raccolta di questo tipo di dati è essenziale per lo sviluppo di politiche contro la discriminazione. L’ECRI3 del Consiglio d’Europa ha espresso una raccomandazione politica generale con la quale si chiede ai governi di raccogliere questo tipo di dati in modo da favorire la valutazione delle situazioni e delle esperienze di gruppi esposti al razzismo e lo sviluppo di politiche per la lotta al razzismo e alla discriminazione. Nelle sue relazioni sui singoli paesi4 l’ECRI raccomanda ai governi di raccogliere le informazione pertinenti suddividendole in categorie quali la nazionalità, l’origine etnica o nazionale, la lingua e la religione. Tali statistiche sono importanti per poter individuare indicatori di discriminazione, per valutare le politiche più efficaci per

3 Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza. 4 http://www.coe.int/T/E/human_rights/ecri/1-ECRI/2-Country-by-country_approach.

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la lotta alla discriminazione e per monitorare gli effetti della normativa contro la discriminazione. Le direttive del Consiglio contro la discriminazione rendono questo argomento più rilevante oggi rispetto a qualche anno fa. Le direttive si occupano, per esempio, della discriminazione indiretta, il cui impatto non sarebbe visibile in mancanza di dati che permettono di osservare il diverso impatto di disposizioni apparentemente neutrali. I cambiamenti intervenuti sul piano dell’onere della prova avranno probabilmente come effetto che verrà esercitata una maggiore pressione sui datori di lavoro per la registrazione di questo tipo di dati, forse a fini dell’“auto-difesa”. Le direttive consentono inoltre l’azione “positiva” come attività contro la discriminazione, un’azione che comporta generalmente un monitoraggio etnico. MANCANZA DI DATI STATISTICI Allo stato delle cose, la discriminazione sul piano dell’occupazione, dell’istruzione e dell’abitazione sono difficili da quantificare all’interno di un paese nonché da confrontare tra più paesi a causa della mancanza di dati statistici sulle origini etniche e nazionali. Come dimostra la presente relazione annuale, all’interno degli Stati membri la discriminazione è provata in vari modi, dagli episodi discriminatori alle denunce formali e alle azioni giudiziarie. Le ONG giocano un ruolo importante nella raccolta di informazioni in questo campo. Tutti gli Stati membri hanno svolto ricerche e indagini sulla discriminazione nei diversi settori. Tuttavia, senza statistiche ufficiali e organizzate sull’origine etnica e nazionale sarà difficile giungere a una reale comprensione del fenomeno della discriminazione e valutare il successo delle politiche tese a contrastarla. Lo stesso vale anche per la questione rom: senza una raccolta di statistiche che registrino l’origine rom è difficile monitorare adeguatamente l’esatta dimensione della discriminazione e i progressi e i benefici delle misure di lotta alla discriminazione. Allo stesso modo è difficile valutare la reale dimensione e la natura del problema della violenza e dei reati di matrice razzista, data la continua mancanza o l’inefficacia della raccolta di dati ufficiali o ufficiosi in molti Stati membri.5 Il capitolo sulla violenza razzista dimostra che, anche laddove esiste una raccolta di dati, resta difficile confrontare i risultati fra più Stati a causa della forte variabilità dei parametri utilizzati. Un passo importante verso il miglioramento di questa situazione potrebbe essere l’adozione della proposta di decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia presentata dalla Commissione,6 che mira a stabilire un quadro generale per punire la violenza di matrice razzista e xenofoba come reato penale. La decisione quadro garantirebbe agli Stati membri un impianto giuridico più coerente in fatto di reati a sfondo razzista o xenofobo e, se adottata, contribuirebbe a migliorare la raccolta di dati sui reati e le violenze di matrice razzista nell’intera Unione europea.

5 http://eumc.eu.int – Relazione comparative su “Violenza razzista nell’Europa dei 15”, capitolo 2. 6 Proposta di decisione del Consiglio sulla lotta al razzismo e alla xenofobia – COM(2001) 664 def.

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7. Pareri 7.1. Commento generale L’EUMC continua a rilevare lacune negli Stati membri in relazione alla raccolta dei dati, alla registrazione degli episodi discriminatori e al monitoraggio dei progressi per il superarmento degli ostacoli verso l’uguaglianza razziale sul piano dell’occupazione, dell’abitazione, dell’istruzione e della lotta alla violenza di matrice razzista. L’EUMC ritiene che l’interdipendenza tra i settori analizzati riporti l’attenzione sulla necessità di elaborare una politica trasversale tra i dipartimenti di governo e un approccio più integrato, dall’elaborazione della politica alla sua attuazione. L’integrazione è vista come una delle più grandi sfide per gli Stati membri dell’Unione europea. Le politiche prodotte dovrebbero quindi tenere in considerazione l’interdipendenza tra occupazione, istruzione e abitazione per garantire che l’integrazione vada di pari passo con l’uguaglianza e l’inclusione sociale. L’EUMC ritiene che sia necessaria una maggiore attenzione all’impatto prodotto sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze etniche dalle politiche nazionali, regionali e locali negli ambiti analizzati in questa relazione. È pertanto necessario provvedere a revisioni e valutazioni periodiche dell’impatto delle politiche nazionali, attivamente perseguite con il supporto delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Nella valutazione dell’impatto è necessario un maggior coinvolgimento di coloro che sono identificate come le vittime. SUPPORTO ALLE MISURE DI ATTUAZIONE Sebbene sia troppo presto per valutare appieno le conseguenze delle direttive sull’uguaglianza razziale e sulla parità di trattamento in materia di occupazione, l’EUMC ritiene che l’attuazione delle misure debba essere sostenuta da un processo di formazione e da una maggiore sensibilizzazione all’interno delle istituzioni pubbliche e dei settori chiave dell’economia sui vantaggi della lotta al razzismo per la politica pubblica e per l’economia. Il supporto dato all'attuazione delle misure antidiscriminatorie dagli organismi e dalle organizzazioni della società civile attivi nel campo della promozione della parità di trattamento risulta quindi di importanza fondamentale. Il recepimento delle direttive dovrebbe essere il primo passo verso lo sviluppo di un approccio globale alla lotta alla discriminazione razziale e alla creazione di indicatori visibili di progresso. L’EUMC ha messo in evidenza le iniziative di quegli Stati membri che, a suo giudizio, stanno compiendo passi in avanti per risolvere i problemi più spinosi dell’uguaglianza razziale; in molti casi queste informazioni sono contenute nelle conclusioni e nei pareri dell’EUMC. Inoltre, l’EUMC ha incoraggiato sviluppi più ampi nell’Unione europea, soprattutto grazie alla sua collaborazione con il Consiglio d’Europa. L’EUMC ritiene che, grazie a questi sviluppi, il quadro d’azione per la lotta al razzismo sarà pratico, costante e coerente.

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7.2. Iniziative legislative e istituzionali contro il razzismo e la xenofobia

L’EUMC fa notare che la Commissione europea ha chiesto ad alcuni Stati membri che ancora non hanno recepito le direttive sull’uguaglianza di conformarsi alle stesse, e sollecita gli Stati membri che ancora non l’hanno fatto a recepire la direttiva 2000/43/CE del Consiglio e in particolare, in materia di religione, la direttiva 2000/78/CE del Consiglio e a considerare la possibilità di andare oltre i requisiti minimi legali. L’EUMC invita gli Stati membri: • ad assicurarsi che l’organo per la promozione della parità di trattamento

previsto dalla direttiva 2000/43/CE del Consiglio sia del tutto indipendente (indipendenza garantita dalla legge), che la sua composizione rifletta appieno la società in cui opera e che sia adeguatamente dotato delle risorse necessarie a svolgere le sue funzioni;

• ad assicurarsi che le competenze di tale organismo comprendano il potere di effettuare indagini e promuovere politiche e prassi in favore della parità di trattamento;

• a garantire che sia le vittime potenziali, sia gli autori di forme di discriminazione, siano pienamente consapevoli dei rispettivi diritti e obblighi ai sensi della legislazione, nonché a garantire l’applicazione integrale ed eloquente degli articoli 11 e 12 della direttiva 2000/43/CE del Consiglio sulla partecipazione delle parti interessate, delle ONG, delle parti sociali e di altri rappresentanti della società civile a un dialogo strutturato, continuativo e inclusivo;

• a intraprendere azioni per creare un obbligo positivo per la promozione della parità nel settore delle istituzioni pubbliche che offrono prodotti e servizi al pubblico.

L’EUMC è del parere che siano necessarie azioni più decise in fase di sviluppo della politica e di monitoraggio per garantire una migliore integrazione degli aspetti economici e sociali delle politiche sulla parità di trattamento e contro la discriminazione. Gli Stati membri dovrebbero istituire, all’interno del governo, gruppi di lavoro interministeriali con il compito di integrare gli aspetti economici e sociali della politica della lotta alla discriminazione e della promozione della parità di trattamento. Tale gruppo di lavoro interministeriale dovrebbe pubblicare regolarmente una relazione che comprenda, tra l'altro, la revisione e la valutazione delle politiche nazionali e locali sulla lotta alla discriminazione e sulla promozione della parità di trattamento.

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7.3. Lotta alla discriminazione razziale nel settore dell’occupazione

L’EUMC esprime il proprio compiacimento per i progressi compiuti per incorporare la situazione di immigrati/minoranze nelle strategie europee per l’occupazione. Nell’ambito dei piani nazionali d’azione sull’occupazione, gli Stati membri dovrebbero: • stabilire obiettivi chiari e quantitativi, nonché indicatori, nell’ambito degli

orientamenti riguardanti l’occupazione, che consentano di misurare i progressi compiuti nell’ottica di un miglioramento della situazione di immigrati/minoranze;

• introdurre misure operative specifiche contro la discriminazione e l’esclusione; • riferire regolarmente sull’impatto delle misure da loro assunte per la

promozione della parità di trattamento e la lotta alla discriminazione razziale. 7.4. Lotta alla discriminazione razziale nel settore

abitativo7 L’EUMC ha individuato una serie di prassi che compromettono il diritto all’abitazione e ne pregiudicano l’accesso da parte delle minoranze etniche. L’EUMC è dell’opinione che gli Stati membri, attraverso le rispettive autorità competenti, debbano provvedere a una revisione sistematica e regolare delle proprie legislazioni, politiche e prassi, e abolire tutti i provvedimenti e le pratiche amministrative che causano discriminazioni dirette o indirette nei confronti delle minoranze etniche, indipendentemente dal fatto che ciò risulti dall’azione o dall’inattività di attori statali o non statali. Gli Stati membri dovrebbero inoltre definire meccanismi adeguati e indipendenti o incaricare gli organismi per la parità di trattamento e la lotta alla discriminazione già esistenti di riferire sulla conformità con le misure di lotta alla discriminazione nel settore abitativo. Tali meccanismi o organismi dovrebbero riferire annualmente ai parlamenti nazionali sullo stato di attuazione e rendere pubbliche le proprie relazioni. Nell’adempimento delle proprie mansioni, tali organismi dovrebbero consultare le minoranze etniche e le organizzazioni competenti operanti in questo settore. 7.5. Lotta alla discriminazione razziale nel settore

dell’istruzione

7 Il termine “abitativo” si riferisce a tutti i tipi di alloggio.

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Relazione annuale 2005 – Sintesi – Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia

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L’EUMC ritiene che sia necessario attuare misure e iniziative politiche al fine di garantire a tutti la parità nell’accesso all’istruzione e di dare a tutti i membri della società la possibilità di beneficiare appieno dell'istruzione e avere quindi l'opportunità di realizzare il proprio potenziale. L’EUMC è quindi dell’opinione che gli Stati membri debbano assicurarsi che le loro politiche e prassi non comportino, seppur involontariamente, una segregazione delle minoranze etniche o una loro sovrarappresentazione nelle scuole di minor prestigio o con programmi speciali. Gli Stati membri dovrebbero esaminare le procedure che portano all’assegnazione di un numero sproporzionato di alunni provenienti da minoranze etniche, ad esempio rom, a scuole con programmi speciali o per studenti in difficoltà. Gli Stati membri dovrebbero provvedere a un controllo e a un monitoraggio periodici della situazione degli alunni provenienti da minoranze etniche, con una divisione in base ai risultati scolastici e all'avanzamento negli studi. 7.6. Lotta alla violenza e ai reati di matrice razzista La violenza di matrice razzista continua ad essere una realtà per i membri delle minoranze etniche e di certe comunità religiose. L’EUMC ritiene che le misure legislative, unitamente a una più efficace raccolta di dati e a iniziative di giustizia penale, possano contribuire a controllare, valutare e offrire una maggiore protezione alle vittime. Invita quindi gli Stati membri:

• ad adottare una definizione praticabile e sufficientemente ampia della definizione di “reato di matrice razzista” e a riconoscere la “matrice razzista” come aggravante per l’inasprimento della pena;

• a raccogliere e pubblicare statistiche dettagliate sui reati di matrice razzista per ogni fase del sistema di giustizia penale, che possano essere anonimamente disaggregati per ottenere informazioni sull’etnia, la “razza” e la religione delle vittime;

• a svolgere indagini sui reati/sulle vittime per fornire dati quantitativi e confrontabili sulle vittime dei reati di matrice razzista, in alternativa ai dati ufficiali;

• a promuovere corsi di formazione completi e continui per insegnare alla polizia come rispondere in modo efficace ai reati di matrice razzista sulla base di “buone prassi” che tengano in considerazione le esigenze sia del sistema di giustizia penale che delle vittime di tali reati.


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